Sì Alla Vita - n.5/2022

Poste Italiane S.p.A – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. N° 46 DEL 27/02/2004) ART. 1 COMMA 1 - S/NA/41/2017/C - ISSN 1970-8211 - Prezzo € 2,50

sìallavita n. 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 2022 • Anno XLIV | Rivista bimestrale a cura del MPV italiano

Costruttori di speranza 42° Covn egno aN zionale Carlo Casini

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p/24

Lettera al popolo della vita di Marina Casini Bandini

Gli italiani? Per lo più abortisti. Apparentemente di Giuliano Guzzo

Latte materno: alimento ecosostenibile di Donata Magnoni

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Editoriale di Elisabetta Pittino

Le Pillole del giorno dopo: "istruzioni per l'uso" di Nicola Natale

CORPI MIGRANTI Migranti e Rifugiati di Giuseppe Anzani

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Diario di Francesco Ognibene

Il vertice europeo dei Centri di Aiuto alla Vita di Soemia Sibillo

CORPI MIGRANTI Donne migranti/rifugiate e CAV di Giuliano Guzzo

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Piergiorgio Liverani e il valore assoluto della vita umana di Marina Casini

A Bucarest, l’incontro con l’Ucraina di Giovanna Sedda

Il Figlio nell’arte di Sandro Gazzola

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Piero Pirovano, un Amico per la Vita di Gianni Mussini / Giorgio Gibertini

Il rispetto della persona umana di Franco Vitale

Nel segno della vita. Donne e madonne al tempo dell’attesa di Ferdinando Sallustio

p/12 25 SETTEMBRE, il SIGNIFICATO di un VOTO di Pino Morandini

p/14 L’industria dell’aborto negli USA di Tony Persico

Terre degli Uffizi, Poppi Mostra

IN EVIDENZA

DAL MONDO

A TUTTA VITA

DAL MPV

BIOETICAMENTE

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SANTI ED EROI PER LA VITA Santi: Don Oreste Benzi Eroi:Dom Lucas Moreira Neves di Elisabetta Pittino

DALLE SEDI LOCALI Nuova casa di accoglienza per mamme a Olgiate Olona di Soemia Sibillo

Costruttori di speranza di Redazione

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C'È VITA SULLA TERRA Il papà dell’Europa a cura di Rosario Carello

L’operatore CAV e la magia del primo incontro di Lara Morandi

Per costruire un'Europa di Pace alziamoci in piedi per la vita di Redazione

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“CUORE A CUORE” ... e la bioetica della maternità di Elisabetta Pittino

DA LEGGERE La nuova Famiglia Cristiana La Famiglia non si tocca di M.E. Fiori

Intervista ad Elisabetta Pittino di Francesco Ognibene

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TENERAMENTE Laudato si’ a cura di Maria Pia Sacchi - Gianni Mussini

Un anno di Bellezza: gli scatti dei bambini... di Eleonora Ottoni

Storia di Shirley Testimonianza

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Siamo solo noi: l’Equipe si presenta! di Davide Rapinesi

Manifesto di San Felice sul lago di Garda di Redazione

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n. 5 del 2022 La rivista "Si alla Vita" è l'organo di stampa del Movimento per la Vita Italiano, Lungotevere dei Vallati, 2 Roma P.Iva 13815021004 - C.F. 03013330489 Registrazione al Tribunale di Milano al n. 255 del 19/06/1978 - Iscritto al Registro degli operatori di comunicazione n. 26459 del 01/06/2016 - ISSN 1970 8211 Prezzo € 2,50

Redazione Andrea Tosini, Elisabetta Pittino, Massimo Magliocchetti, Marina Casini Bandini, Giuseppe Grande, Rosario Carello, Giovanna Sedda, Soemia Sibillo.

Stampa e allestimento Media Servizi s.r.l.

Via Lombarda, 72 - 59015 Comeana – Carmignano (PO)

Presidente Movimento per la Vita italiano Marina Casini Bandini

Numero chiuso in redazione 19 ottobre 2022  siallavita@mpv.org  www.siallavitaweb.it

Direttore responsabile Elisabetta Pittino

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Vicedirettore Andrea Tosini

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Lettera al popolo della Vita

di Marina Casini Bandini, Presidente Nazionale Movimento per la VIta italiano

So bene che molti non vedono di buon occhio l’Ungheria di Viktor Orbán, al punto che anche chi è favorevole al diritto a nascere preferisce sorvolare sul decreto del Ministro dell’Interno, Sandor Pinter, il quale prevede, oltre ai requisiti già previsti, l’obbligo per i medici di presentare alle donne inclini all’aborto la prova “chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto”. In sostanza alla donna orientata ad interrompere la gravidanza verrà fatto ascoltare il battito del cuoricino del proprio figlio, sul modello della legge texana chiamata “heartbeat bill” che nega la possibilità di abortire di fronte all’accertamento dell’attività cardiaca. È una misura, quella ungherese, che si appella al consenso informato in medicina e ad una scelta che sia consapevole. Il presupposto è evidentemente lo sguardo sul figlio nel grembo della mamma, quello sguardo che la cultura dello scarto non tollera e rifiuta in molti modi anche ricorrendo ad argomenti spesso pretestuosi e/o 4

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menzogneri. Infatti, non sono state lesinate critiche e polemiche; né risparmiati pesanti attacchi da Amnesty International al Parlamento Europeo.

Eppure, la conoscenza dei “beni” in gioco quando si parla di aborto è nella linea della libertà di scelta, perché nascondere e censurare la realtà è esattamente ciò che limita l’orizzonte delle valutazioni.

La mentalità abortista che pretende il “diritto di aborto” non cancella il figlio solo fisicamente, ma prima ancora mentalmente, per questo l’ascolto del cuoricino del bambino ha suscitato tanto clamore: lui esiste, lui c’è, è uno di noi.

Meglio non vederlo, meglio non sentirlo.

Il sorso d’acqua con cui buttare giù la Ru486, il Norlevo (o il Levonelle), l’EllaOne risponde a questa logica. Certamente ci vogliono delicatezza, garbo, assenza di giudizio nei confronti delle donne che si trovano sulla strada dell’aborto; certamente non basta lo sguardo sul figlio che non sia anche sguardo sulla donna con la disponibilità al soccorso in caso di difficoltà ad accogliere il

figlio. Ma quel figlio non può essere cancellato. Da qualunque lato si prenda il tema dell’aborto, il punto focale resta lo sguardo sul figlio. Questo sguardo illumina tutto l’uomo e ha una forza rivoluzionaria. È stata proprio la Corte costituzionale ungherese ad affermare «Il concetto giuridico di uomo si dovrebbe estendere alla fase prenatale, fino al concepimento. La natura e la portata di tale estensione potrebbero essere paragonate soltanto alla abolizione della schiavitù, anzi sarebbero ancora più significative, perché la soggettività giuridica dell’uomo raggiungerebbe il suo estremo limite e la sua perfezione».

Quanto universo c’è in quel piccolo cuore che batte sotto il cuore della mamma!

Ecco perché la decisione ungherese andrebbe apprezzata e interpretata anche come via di libertà della donna dai condizionamenti che spingono all’aborto e dal dolore – anche a distanza di anni – se l’aborto è stato compiuto.

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La cellula e l’impulso alla donazione EDITORIALE Nella cellula, in ogni cellula umana e non, sembra esserci un «impulso alla donazione immesso nella natura, riscontrabile nella più piccola struttura vivente» scrive Giorgio Ricci, già professore Ordinario di Biochimica all’Università di Tor Vergata di Roma. Una “scoperta” scientifica recente.

Le due cellule della riproduzione, ovulo e spermatozoo, esprimono questo anelito alla donazione mirabilmente. Nell’incontro tra ovulo e spermatozoo si realizza un progetto di donazione molecolare «che presuppone un rischio e un andare verso l’altro, un donarsi e un morire per l’altro».

Infatti, entrambe le cellule rinunciano ad una parte del proprio DNA per unirsi.

Da questo dono, che è un rischio, grazie ad un rimescolamento genetico tra i 23 cromosomi maschili e i 23 cromosomi femminili, nasce un nuovo essere umano, unico e irripetibile. Appena nato, questo nuovo uomo o donna è un’unica cellula (con il suo DNA), dalla quale saranno prodotte le centomila miliardi di altre cellule che formano ogni persona. Tra l’altro il DNA è normalmente superprotetto, quindi il rimescolamento è un qualcosa di eccezionale, eppure necessario.

Da un punto di vista genetico, spiega Ricci, l’incontro tra le due cellule sessuali, l’incontro con il “totalmente diverso”, il rimescolamento del DNA, «rappresenta uno straordinario balzo verso l’ignoto».

Amarsi e concepire un figlio è entrare in una “precarietà genetica”, come la definisce Ricci, che però apre alla nascita IN EVIDENZA

delle nuove generazioni, apre all’ “alterità genetica”.

A quanto pare questa donazione presente nelle cellule «sembra essere un progetto ed una legge universale che è presente in natura». In un certo senso è l’albero della vita.

Ecco perché l’istante del concepimento è scientificamente una festa, ogni volta.

Infatti, al principio della vita corrisponde una esplosione di luce: milioni di atomi di zinco che liberano la loro energia producono come degli infinitesimali fuochi d’artificio, in più sequenze, tali che «è bello da vedere, sembra quasi una sinfonia». Ad affermarlo sono stati nel 2014 i ricercatori della Northwestern University, Illinois, Stati Uniti, che sono riusciti a fotografare questo attimo.

Noi siamo questo.

L’aborto è un atto contro natura, contro l’ecosistema, contro l’ambiente, contro ogni donna, contro l’accoglienza, contro la pace.

Noi vogliamo essere quello per cui siamo nati, iscritto in ogni nostra cellula, aperti all’altro, capaci di rischiare e di entrare nella precarietà perché ogni bambina e ogni bambino ci siano, capaci di fare festa. Questo cambia il mondo, questo sì costruisce la pace anche laddove sembra essere impossibile. La risposta alla fissione nucleare delle armi atomiche, che distrugge, è la fusione nucleare, che avviene nel concepimento, e che genera vita.

di Elisabetta Pittino SÌ alla VITA

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DIARIO di Francesco Ognibene

12 settembre 2022 Il presidente francese Emmanuel Macron annuncia di voler «modificare il quadro giuridico» sull’eutanasia e il suicidio assistito spiegando di essere «convinto che dobbiamo muoverci perché ci sono situazioni disumane che persistono e alle quali dobbiamo dare risposte». È la conferma di un impegno che aveva assunto durante la campagna elettorale che l’aveva confermato all’Eliseo nella primavera scorsa. Il giorno successivo il Comitato etico consultivo nazionale pubblica un parere nel quale – a maggioranza e con una forte divisione interna – si esprime a favore di una regolamentazione per legge di forme di eutanasia e aiuto medico al suicidio, sebbene “in un rigido quadro normativo”.

Macron – che può contare su un’ampia maggioranza parlamentare – dispone che venga avviata una consultazione nazionale in materia per giungere a una legge nel giro di qualche mese.

15 settembre 2022 Il governatore democratico della California Gavin Newsom lancia una campagna su scala nazionale per promuovere il suo Stato come meta per le donne americane che vogliono abortire ma che abitano in Stati nei quali vige una legge più o meno restrittiva in materia. La campagna tramite cartelloni e social network si basa sull’immagine delle mani di una donna ammanettata ed è diretta a 7 Stati repubblicani: Indiana, Mississippi, Ohio, Texas, Carolina del Sud, Sud Dakota e Oklahoma. Lo slogan è "personalizzato" per ogni Stato con un messaggio comune: “In California l’aborto è legale, sicuro e accessibile. Che viviate o meno qui, sappiate che vi copriamo le spalle”. L’iniziativa, che rimanda a un sito nel quale sono indicate le 166 cliniche californiane dove si può abortire, è costata un milione di dollari. Pochi giorni dopo Newson annuncia l’intenzione di correre alle primarie democratiche per l’elezione del presidente degli Stati Uniti nel 2024.

25 settembre 2022 Con il voto per il rinnovo del Parlamento, si conclude una campagna elettorale nel corso della quale il tema dell’aborto ha rivestito un ruolo centrale, aiutando a chiarire le posizioni di partiti e coalizioni su

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questioni abitualmente lasciate nell’ombra essendo considerate fortemente “divisive”. La persuasione delle forze di centro-sinistra che la sentenza della Corte Suprema Usa con la quale in giugno si era stabilita l’inesistenza di un “diritto federale” all’aborto, lasciando la materia ai singoli Stati, potesse essere il segnale di una volontà del centro-destra di percorrere la stessa strada e neutralizzare la legge 194 genera una polemica nella quale emerge la convinzione politica e la persuasione culturale di alcune forze e di quasi tutti i media che l’aborto sia un “diritto” e non una atto sottoposto a precise restrizioni, depenalizzato solo al verificarsi di esse.

30 settembre 2022 Nella corsa alla segreteria Pd per succedere a Enrico Letta, dimissionario, il candidato politicamente più accreditato – Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna – avanza la proposta di rendere effettivamente accessibile in consultorio la pillola abortiva Ru486, così come indicato dalle linee guida del ministro della Salute Roberto Speranza emanate nell’estate 2020. La sua uscita porta in evidenza vari tentativi locali di conseguire lo stesso risultato ma per strade diverse: al “modello-Emilia Romagna”, con veri e propri ambulatori allestiti in sedi consultoriali con attrezzature e protocolli di fatto ospedalieri, si contrappone il percorso del Lazio, dove il governatore Zingaretti – ex segretario Pd – autorizza la fornitura della pillola senza l’attivazione di alcuna procedura a tutela della salute della donna.

3 ottobre 2022 Il governo cileno apre la procedura per estendere l’accesso all’aborto sostituendo la legge vigente, che lo consente ma solo in casi estremi. Un tentativo analogo era naufragato in Parlamento nel dicembre 2021, mentre la bozza di nuova Costituzione nella quale veniva introdotto il “diritto d’aborto” aveva subito una clamorosa bocciatura referendaria (62% contro 38) il 4 settembre.

stato terminale o cronico, la cui condizione clinica è compatibile con il diritto al rifiuto del mantenimento artificiale”.

L’eutanasia disposta per legge regionale, senza attendere le indicazioni della legge nazionale sull’aiuto al suicidio chiesta dalla Corte Costituzionale con la sentenza Cappato-Fabo 242/2019, viene bocciata dalla stessa maggioranza di sinistra di cui il consigliere fa parte.

5 ottobre 2022 L’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) riunisce la Commissione tecnico-scientifica e la Commissione prezzi per decidere se e come rendere gratuita la pillola anticoncezionale classica per le donne sotto i 25 anni. Un’iniziativa non motivata da alcuna necessità di fatto, come invece accade per numerosi altri farmaci salvavita dei quali moltissimi pazienti attendono da tempo la dispensazione senza esborsi.

Nei giorni successivi argomentazioni di intellettuali da sempre convintamente a favore del “diritto d’aborto” mostrano come la “pillola gratis” sia vista come una conquista simbolica da piantare sul terreno dell’autodeterminazione femminile, rigettando qualunque altro concetto per declinarla alla luce della realtà, che tra le altre evidenze mostra un Paese in piena glaciazione demografica.

6 ottobre 2022 L’americana Planned Parenthood, il più grande network mondiale di cliniche per l’aborto, annuncia l’arrivo sul confine tra Kentucky (Stato a guida democratica) e Missouri (governatore repubblicano) di una clinica mobile per aborti, un camper con accettazione, sala visite, spazi per consulenza, prescrizioni e vendita di farmaci abortivi e, in prospettiva, una sala operatoria per eseguire aborti. L’iniziativa punta a venire incontro alle donne di Stati dove l’aborto è limitato per legge che vogliono abortire oltre i limiti stabiliti dalle regole in vigore nel territorio di cui sono cittadine.

4 ottobre 2022 Il Consiglio regionale della Puglia respinge una proposta di legge firmata dal dem Fabiano Amati “per aiutare alla morte serena e indolore le persone malate in

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Piergiorgio Liverani e il valore assoluto della vita umana Pensando a Pier Giorgio non posso non ricordare l’amicizia con mio padre, un’amicizia che risale ai primi passi del Movimento. Come ho scritto su Avvenire, si cercavano, si scrivevano, si confrontavano, si sostenevano, si stimavano, si fidavano l’uno dell’altro.

“Combattenti e costruttori”, come ha detto Luca Liverani. di Marina Casini Quanto ha scritto Pier Giorgio Liverani sulle pagine di Sì alla Vita! Del nostro giornale è stato Direttore responsabile dal 1993 al dicembre 2015. Sempre stato preciso, acuto, appassionato, puntuale, colto, pacato, coraggioso. Una sintesi armoniosa di professionalità e amore per la vita. Il suo “Diario”, la rubrica il cui testimone è passato a Francesco Ognibene, è stato una pietra miliare, i suoi scritti perle che non dovremmo lasciare nella dimenticanza. Aveva il gusto della ricerca, della notizia, della parola che dice la verità nella carità e fa crescere la cultura della vita.

Pensando a lui mi viene in mente quanto disse San Giovanni Paolo II in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2004: «Ogni comunicazione ha una dimensione morale. Come ha detto il Signore stesso, la bocca parla dalla pienezza del cuore (cfr Mt 12, 34-35). La statura morale delle persone cresce o si riduce a seconda delle parole che esse pronunciano e dei messaggi che scelgono di ascoltare […]. Da ciò appare l’importanza della formazione d’una opinione pubblica moralmente sana sui problemi che più da vicino toccano il bene dell’umanità nel nostro tempo. Tra questi beni poniamo 8

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i valori della vita, della famiglia, della pace, della giustizia e della solidarietà tra i popoli. È necessario che si formi un’opinione pubblica sensibile al valore assoluto della vita umana, in modo che sia riconosciuto come tale in tutti gli stadi, dal concepimento alla morte, e in tutte le sue forme, anche quelle segnate dalla malattia e dagli handicap fisici e spirituali. Si va, infatti, diffondendo una mentalità materialistica ed edonistica, secondo la quale la vita è degna di essere vissuta solo quando è sana, giovane e bella» (Giovanni Paolo II).

Ecco, il “nostro” Piergiorgio ha davvero contribuito a formare un’opinione pubblica sensibile al valore assoluto della vita umana e capace di essere la coscienza critica di un mondo che da questo valore sembra troppo spesso allontanarsi. E lo ha fatto in coerenza con la sua vocazione di giornalista: è stato Direttore del quotidiano Avvenire dal 1981 al 1983, per il quale ha curato per 34 anni la rubrica “Controstampa” (1.664 numeri; l’ultimo è del 24 dicembre 2017); ha scritto per la rivista mensile Studi Cattolici e per i Quaderni di Scienza e Vita di cui è stato direttore responsabile; ha coordinato il periodico bimestrale Regina degli Apostoli dei Pallottini ora affidato al

figlio Luca, anche lui giornalista.

La sua vocazione alla scrittura ha trovato felice riverbero nella pubblicazione di libri come quelli editi per i tipi della Ares: Aborto anno uno, Dizionario dell’antilingua, La società multicaotica, e poi Tutti i giorni della vita eterna (San Paolo 2010). A Madre Teresa Pier Giorgio ha dedicato uno dei suoi libri Dateli a me. Madre Teresa e l’impegno per la vita (Città Nuova 2003) con la prefazione di Carlo Casini che scrive «A Piergiorgio Liverani va espresso un forte ringraziamento per il suo lavoro, apparentemente semplice, ma in realtà complesso, perché si trattava di mettere la lente d’ingrandimento sul diritto alla vita dei non nati, senza dimenticare l’intero orizzonte contemplato da Madre Teresa e tuttavia senza mai smarrire il filo conduttore, che inevitabilmente termina nella preghiera e che giustifica un attributo già pensato quando il Movimento per la Vita italiano ha proclamato Madre Teresa di Calcutta presidente onorario di tutti i Movimenti per la Vita nel mondo: Madre Teresa della vita».

Pensando a Pier Giorgio non posso non ricordare l’amicizia con mio padre, un’amicizia che risale ai primi passi IN EVIDENZA

del Movimento. Come ho scritto su Avvenire, si cercavano, si scrivevano, si confrontavano, si sostenevano, si stimavano, si fidavano l’uno dell’altro.

“Combattenti e costruttori”, come ha detto Luca Liverani. Per decenni le loro vite si sono intrecciate in nome del comune appassionato servizio a favore del diritto alla vita e di una reale tutela della maternità durante la gravidanza.

Il Movimento per la Vita italiano li ha visti spessissimo insieme, fianco a fianco, in riunioni del Consiglio direttivo, convegni, assemblee. Ricordo che mio padre era molto contento della fattiva ed efficace partecipazione di Pier Giorgio, soprattutto per quanto riguarda la conduzione dell’allora mensile Sì alla Vita di cui Liverani è stato a lungo brillante e acuto direttore responsabile.

La gratitudine per l’amico giornalista che aveva compreso molto bene la tensione morale della comunicazione e della parola ricorre in diverse relazioni di mio padre alle assemblee annuali del MpV. Nel 2009, per esempio, ne sottolineò “la guida esperta e intelligente” e nell’ultima relazione del 2015 Piergiorgio Liverani fu tra le persone ringraziate “pubblicamente e sentitamente”. Prossimamente uscirà il volume curato da Francesco Ognibene IN EVIDENZA

che raccoglie molte testimonianze sul babbo; tra queste quella dell’amico Pier Giorgio. Leggerla sarà un modo per continuare a far vivere anche sulla terra un’amicizia nata per far vincere la vita.

Ora Pier Giorgio ha raggiunto l’amico in Cielo, dove è bello pensarli ancora insieme in un festante popolo per la vita.

Liverani non è stato solamente un maestro della comunicazione, ma anche una persona impegnata nel volontariato e sin da ragazzo ha militato nell’A zione Cattolica. Ma non basta: Pier Giorgio è stato – è – uno sposo, un padre e un nonno affettuoso e premuroso. Lui e la sua Ada hanno trascorso 64 anni insieme e insieme sono stati fino alla fine, l’uno accanto all’altra, custodendosi vicendevolmente, come se gli anni, il declino, gli acciacchi, la fatica di un quotidiano che non rende banale neanche alzarsi dalla poltrona, non avessero intaccato la freschezza del loro amore. C’erano la stanchezza e la preoccupazione, ma si chiamavano “amore” e si tenevano per mano. Così come mi ha colpito la tenerezza e la gratitudine con cui Pier Giorgio parlava dei tre figli, Paolo, Luca e Gianni: «tre bravi ragazzi che ci sono vicini e ci vogliono bene» e l’uguale trasporto

affettuoso verso le tre nuore: «siamo stati fortunati!». Parlare dei nipoti, poi, era l’occasione per vedere il volto di Pier Giorgio e di Ada illuminarsi. E poi la fede. Una fede profonda, fiducia vera, abbandono, certezza che il Padre ci ama.

Concludo con una riflessione di Liverani.

Commentando un pensiero di papa Benedetto XVI – «Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente … E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?»

– scrive: «Che è il principio della vita, è la sostanza della giustizia, è il collante della pace, è il canto della gioventù. […] È anche questo che induce a far nascere nei giovani, con uno sforzo educativo degli adulti, la fede nella vita, principio e garanzia di ogni speranza umana e sovrumana» (Sì alla Vita, febbraio 2012, p. 13).

Grazie, Pier Giorgio. È stato un onore averti come compagno di viaggio nel MpV. Il tuo costante e duraturo impegno non solo lascia una traccia, ma darà i suoi frutti.

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Piero Pirovano, un Amico per la Vita Piero Pirovano, già giornalista di Avvenire e primo Direttore di Sì alla Vita, è tornato alla casa del Padre il 9 settembre scorso.

Lo leggiamo nel ricordo di Gianni Mussini e Giorgio Gibertini. di Gianni Mussini

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e alla sua cooperativa di Amici per la vita che arrivarono in Italia i famosi “piedini preziosi”, oltre a diversi sussidi prodotti dal mondo pro life americano.

I miei primi incontri con Piero avvennero, tra Milano e Pavia, a partire dalla fine degli anni Settanta. Ne maturò un’amicizia pudica ma tenace. Magari non ci si sentiva per mesi, e subito si riprendeva il filo da dove lo si era lasciato.

Più di una volta cercò di coinvolgermi nei suoi progetti politici: sognava un partito democratico e cristiano che fosse votato alla difesa della vita, e sognava anche di sedere prima o poi in Parlamento.

Ricordo che qualche volta gli opposi un netto rifiuto, facendogli notare che il successo in politica è frutto della felice combinazione di ideali e interessi: il caso della DC nel 1948, modello che mi pareva improponibile nell’Italia contemporanea.

E citai Gramsci, secondo cui un partito è “passione organizzata”. Ma non ne volle sapere. A un certo punto gli scrissi che mi dispiaceva non essere d’accordo con lui, sul punto, e che speravo non se la fosse presa.

Arrivò subito una telefonata sorridente: «Guarda che io non mi arrabbio mai».

Che è una bellissima professione di cristianesimo, di cui molti – a partire dal sottoscritto – non sono tanto capaci.

Fu molto impressionato dal festival Cantiamo la vita, che dal 1996 al 2013 organizzammo a Pavia, nella sontuosa sede del Teatro Fraschini (e lui ben presto assunse il ruolo prezioso del fotografo). Dopo la prima edizione mi disse commosso: «È da una vita che aspettavo qualcosa di simile». Qualcosa che cioè superasse l’atavico inferiority complex dei cattolici rispetto al “mondo”.

Questo dice anche la modernità del nostro Piero. Che è quella degli animi semplici, cioè degli animi grandi.

Proprio come quello della sua Madre Teresa, con cui ora può conversare in Cielo.

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Per quelli di noi che sin dall’inizio si sono impegnati nella buona battaglia per la tutela del concepito, il nome di Piero Pirovano era tutt’uno con il Movimento per la Vita. C’erano Casini, Migliori, Ghielmi, Rocchi, Lucia Barocchi e tanti altri… E c’era lui, il primo direttore di Sì alla Vita e poi il responsabile della pagina vita di Avvenire, per diversi decenni “appaltata” al nostro Movimento (quante telefonate per concordare qualche pezzo!).

C’è una fotografia che definisce e riassume il ruolo di Piero: Milano, Piazza Castello la sera del 12 maggio 1979. Lui, sul palco, che introduce Madre Teresa di Calcutta, la campionessa mondiale del diritto alla vita che venne in Italia più di una volta a predicare il suo verbo (che, tra le pavidità di troppi, ebbe la faccia tosta di riproporre pochi mesi dopo addirittura a Oslo, nel momento di ricevere uno strameritato Nobel per la pace). Ecco Pirovano era lì, e quello rimase uno stigma indelebile nella sua vita, che ne ricevette un’inesauribile risorsa di grazia.

Fu proprio questa grazia a condurre Piero in tutta una serie di iniziative, sempre generose anche se talvolta un poco incaute. Fatto sta che però fu grazie a lui

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di Giorgio Gibertini

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sempre custodite dietro la lunga e grigia barba.

Si raccomandava sempre di scrivere, nelle Brevi della Pagina Vita, del “Manuale dei Willke” e delle piccole spille chiamate “Piedi preziosi”. Sono perfette riproduzioni dei piedi di un bimbo a dieci settimane dal concepimento e dagli Usa vengono diffuse in tutto il mondo per denunciare la realtà dell’aborto; ora continuano il loro cammino anche in Italia. Come riceverle? Vengono spedite in omaggio con posta prioritaria dagli «Amici per la vita» a chi richiede il Manuale sull’aborto di Jack e Barbara Willke.

Quante spille di quei piedini Piero ci ha regalato e ha voluto che regalassimo!

Riposa in Pace Piero, anche i tuoi piedi, ora stanchi, sono nell’eternità e ti portano verso quel Dio che hai amato e servito in ogni concepimento.

ASCOLTA L'AUDIO

Piero Pirovano per me è stato un vero maestro di giornalismo e non sto usando parole a caso o di circostanza solo per elogiarlo ora che è morto.

No, dico la verità e vi voglio raccontare questo fatto che mi ha coinvolto personalmente.

I primi tempi che iniziai a collaborare per la Pagina Vita di Avvenire, come praticante giornalista, gli mandavo i pezzi via mail e prontamente lui me li rimandava scrivendomi solo: «Correggi, non va bene». Così per almeno sei o sette volte. L'ho odiato per tutte le volte che mi ha “maltrattato” senza darmi troppe spiegazioni ma poi l'ho sempre ringraziato, dicendoglielo personalmente, perché mi ha insegnato la brevità e la chiarezza della notizia aiutandomi a sviluppare il dono della sintesi.

Andavo spesso a trovarlo in Redazione di Avvenire a Milano: mi accoglieva dalla sua scrivania, dietro innumerevoli carte, e mi raccontava un sacco di novità, sempre sul tema pro life, provenienti da tutto il mondo.

E poi sorrideva spesso e questo sorriso era più facile da vedere negli occhi, dietro quegli occhialoni, che sulle labbra

Andavo spesso a trovarlo in Redazione di Avvenire a Milano: mi accoglieva dalla sua scrivania, dietro innumerevoli carte, e mi raccontava un sacco di novità, sempre sul tema pro life, provenienti da tutto il mondo.

E poi sorrideva spesso e questo sorriso era più facile da vedere negli occhi, dietro quegli occhialoni, che sulle labbra sempre custodite dietro la lunga e grigia barba SÌ alla VITA

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25 SETTEMBRE, il SIGNIFICATO di un VOTO Il voto di settembre fa emergere una caratteristica del nostro popolo cioè l’essere segnato dall’umanesimo cristiano. Il compito immenso che la politica si trova davanti è quello di aiutare la cultura della civiltà cristiana a rinascere partendo dalla vita umana, dalla famiglia naturale, dalla libertà educativa. di Pino Morandini L’interesse dello scrivente per la politica nasce dalla passione per l’uomo, ed entro siffatta ottica anche l’occasione delle elezioni è stata, per chi si è impegnato in essa, preziosa occasione di incontro.

Non può quindi non salutarsi con favore la chiara maggioranza parlamentare scaturita dalla volontà del popolo, sia perché ciò conferisce stabilità al quadro politico, tanto più preziosa in vista di riforme importanti – si pensi all’attuazione del PNRR e alla correlata necessità di riformare la giustizia e la burocrazia, rilanciare l’industria, l’occupazione, il lavoro, ecc. – sia per il significato che il voto esprime.

Non si è trattato infatti, diversamente dalla narrazione dominante, di un voto di protesta né frutto della logica dell’alternanza figlia dell’assetto bipolare.

Si è trattato di un voto di civiltà politica, che ha fatto emergere una sensibilità caratteristica del nostro popolo: che la sua storia, la sua cultura, i suoi costumi, ecc. sono segnati dall’umanesimo cristiano.

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Il tutto in stridente contraddizione con quanto è invece emerso dalla cultura di sinistra, sovente dimentica delle concrete necessità della gente e tesa invece a promuovere, anche attraverso le leggi, i c.d. diritti civili, apparentemente presentati come eliminazione delle diseguaglianze, di fatto forieri di esiti spesso disumani oltreché ingiusti, che non fanno certo presagire buoni frutti per il futuro, a partire dai soggetti più deboli (bambini, anziani, tossicodipendenti, ecc.), il globalismo finanziario con le sperequazioni cui esso conduce, ecc...

E così, si è parlato molto di aborto, della legge che l’ha legalizzato, della denatalità, del fine vita, della pace, della necessità di custodire l’umano a partire dalle frontiere della vita più fragile, degli attacchi frontali alla famiglia perpetrati dalla cultura gender e dalla legalizzazione delle unioni civili….

A significare la centralità della c.d. questione antropologica, preconizzata da Benedetto XVI nella Caritas in veritate, stanno plurimi pronunciamenti

di Papa Francesco nel sottolineare il “cambiamento d’epoca” in atto e denunziando gli esiti esiziali che si profilano a danno della cultura dell’umano. Quella “cultura dell’umano” che la Chiesa “maestra in umanità” (S. Giovanni Paolo II), testimonia da secoli, anche attraverso numerose opere del laicato cattolico, come sono tra le altre i CAV e i MPV. La politica pertanto non può accantonare – tanto più con sufficienza e arroganza, come si è talvolta notato in vari atteggiamenti cari all'establishment – problemi che sono semplicemente nodali per le democrazie postmoderne, quali quelli suaccennati. Problemi e snodi che il popolo, gli elettori, hanno inteso riproporre con forza all’attenzione in queste elezioni.

Se la politica persistesse nel negligere tali esigenze, rischierebbe di divenire (anzi, purtroppo, di confermarsi) forte con i deboli e debole con i forti.

Anzi, sull’esempio di altri Paesi (USA, Francia, Spagna, Regno Unito), la IN EVIDENZA

biopolitica dovrebbe entrare nell’agenda elettorale e di Governo ed essere criterio - guida per formare le alleanze.

Non che altri problemi non siano importanti (l’energia, la congiuntura finanziaria, ecc.), anzi! Ma questi sono problemi contingenti, gli altri sono problemi strutturali, attengono cioè alle fondamenta dello Stato e del bene comune. Se non nascono figli, la società si estingue, con ricadute pesantissime sulle future generazioni. Se la famiglia naturale non è promossa con politiche adeguate, si perde una risorsa insostituibile per la persona e la società.

Se la vita concepita e quella terminale sono soppresse, si profila una società disumana. Se la libertà di educazione e quella religiosa sono violate, ne risente l’intero corpo sociale, a partire dai suoi membri più piccoli.

Ci resta un compito immenso, non facile, ma affascinante: quello di aiutare la cultura della civiltà cristiana a rinascere: a partire dalla vita umana, dalla famiglia naturale, dalla libertà educativa.

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Dobbiamo alimentare la conoscenza e la formazione in ordine alla dottrina sociale della Chiesa, a partire dai suoi cardini, che sono i principi antropologici. È da sempre la missione – cuore del MPV, dei Movimenti pro life e pro family.

Dobbiamo evidenziare l’originalità della cultura cattolica e soprattutto la custodia e la promozione dell’umano che la caratterizza, superando complessi d’inferiorità che spesso affiorano nel confronto col pensiero unico, che ritiene sovente di possedere l’esclusiva dell’etica, del progresso, della cultura e che manganella coloro che ritiene latori di dissenso.

Dobbiamo riempire il vuoto spirituale che accompagna l’epoca presente con la forza di una testimonianza autorevole.

Confido che il nuovo assetto politico scaturito dalle urne favorisca lo sviluppo dei fondamenti della nostra civiltà, della nostra cultura, della nostra storia.

Se non nascono figli, la società si estingue, con ricadute pesantissime sulle future generazioni.

Se la famiglia naturale non è promossa con politiche adeguate, si perde una risorsa insostituibile per la persona e la società SÌ alla VITA

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“Business is business”

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L’industria dell’aborto negli USA L’aborto è un’attività molto redditizia che segue la logica di mercato: domanda e offerta. Negli USA i servizi abortivi sono un’industria, che seppure in contrazione, ha entrate in aumento (3,7 miliardi di dollari nel 2022). Planned Prenthood, tra quote aborti e incentivi per aumentarli, è leader nel settore. Scopriamo come funziona l’industria dell’aborto, “animale feroce e difficile da tenere a bada”. di Tony Persico Le regole di mercato e l’aborto Il mercato è spietato, lo sappiamo.

Il mercato risponde alla logica della domanda e dell’offerta. Esiste, cioè, non per soddisfare bisogni, ma soddisfare solo quei bisogni per cui qualcuno è disposto a pagare. Un mercato è definito anche dalle regole del gioco che sono, in ultima analisi, il risultato di scelte politiche che creano, a loro volta, incentivi e distorsioni.

Questo schema vale anche quando è l’aborto ad essere gestito in modo privatistico, come negli Stati Uniti. Nel Paese, i servizi abortivi sono erogati da strutture pubbliche, da enti privati con finalità di lucro ed enti privati non profit; e sono proprio i privati a farla da padroni. Il settore delle cliniche per la pianificazione familiare e l’aborto comprende numerosi enti che operano principalmente su base ambulatoriale. Le entrate stimate sono aumentate a un tasso medio del 2% negli ultimi cinque anni raggiungendo i 3,7 miliardi di dollari nel 2022 (IBIS Industry Research Report 2022). Questo andamento si spiega con l'aumento dei finanziamenti pubblici, soprattutto per i programmi contraccettivi, dei fondi privati disponibili, oltre che dei costi 14

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delle procedure. Ma anche le regole possono essere spietate: in un contesto in cui l’aborto è un vero e proprio business, la strategia politica dei pro life è stata pressoché obbligata: puntare tutto sulla regolamentazione. Questo è stato possibile grazie alla presenza di amministrazioni con competenze e, dopo la sentenza della Corte Suprema del giugno 2022 che ha rovesciato le basi costituzionali dell’aborto, poteri pressoché incontrastati in materia.

Queste competenze hanno incontrato, in alcuni stati, amministrazioni fortemente pro life. Di fatto, l’industria dell’aborto ha dovuto fare i conti con regolamenti statali sempre più stringenti, sia in termini di requisiti delle strutture che di limiti legali all’aborto. La sentenza di giugno ha segnato una svolta storica dando l’opportunità a diversi stati di mantenere le limitazioni esistenti e anche di vietare l’aborto nel loro territorio. Di fatto, nonostante il settore in crescita, circa 200 cliniche hanno chiuso negli ultimi cinque anni, 43 hanno chiuso nei mesi successivi alla sentenza di giugno. I regolamenti stringenti e i costi legati a requisiti sempre più onerosi (per es. avere dotazioni simili a quelle delle sale operatorie ospedaliere), sono la causa

più comune dietro la chiusura degli ambulatori.

Chi paga gli aborti?

Viene naturale domandarsi chi paga: essendo la sanità statunitense prevalentemente privata, i costi dei servizi sanitari sono in maggioranza a carico delle assicurazioni, per chi ha una copertura pubblica o privata, o, semplicemente, a carico dell’utente finale. Questo vale anche per l’aborto ma con alcune eccezioni. La copertura delle spese di un aborto da parte dell’assicurazione pubblica di base (Medicaid) varia da stato a stato. Alcuni stati scelgono di utilizzare i propri fondi per coprire l'aborto, mentre rimane sempre vietato (con rare eccezioni) l'uso di fondi del governo centrale per l'aborto. Le assicurazioni spesso non coprono gli interventi, in metà degli stati non possono farlo per legge, e le spese restano spesso in capo alle utenti finali.

Il costo medio di un aborto negli USA si aggira sui 750 dollari, ma può arrivare anche a 5.000 dollari. Una spesa che può risultare proibitiva, soprattutto se pensiamo che tre quarti delle donne che abortisce negli USA vive sotto o sulla soglia di povertà (Guttmacher Institute).

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Per questo sono sorti, un po’ ovunque diversi abortion funds, associazioni che coprono le spese, in parte o interamente.

Tuttavia, come in un grande casinò, c’è chi vince sempre ed è il fornitore del servizio.

Planned Parenthood e il monopolio sugli aborti Come accade spesso in un determinato settore, uno degli attori privati è emerso come leader incontrastato: l’organizzazione non profit Planned Parenthood (PP) è divenuta quasi un sinonimo di servizi abortivi, nonostante offra anche altri servizi sanitari. A livello nazionale, il tasso di aborto è in continuo calo, i centri per l’aborto sono sempre meno, tuttavia, gli aborti nei centri della Planned Parenthood aumentano, così come la “quota di mercato” dell'organizzazione. Nel 2005 il 32% degli aborti censiti dalle statistiche nazionali sono stati eseguiti in centri di Planned Parenthood, nel 2016 questa percentuale raggiungeva il 52% (dati CDC, Heritage Foundation). Non stupisce che l’organizzazione, nel giro di dieci anni, abbia raddoppiato sia il patrimonio netto che i finanziamenti pubblici, e che i finanziamenti da privati siano addirittura IN EVIDENZA

triplicati. Il monopolio su metà degli aborti nazionali consente a PP di fronteggiare i maggiori oneri e limiti all’aborto di alcuni stati in un continuo braccio di ferro con le autorità. Nel 2021 l’organizzazione ha dichiarato guadagni per ben 134 milioni di dollari, a fronte di 1,7 miliardi di dollari in entrate, incluso donazioni, e un invidiabile patrimonio netto di 2,5 miliardi di dollari (Planned Parenthood 2020-2021 Annual Report).

Queste cifre sono il risultato di circa 8 milioni di prestazioni, tra queste circa 400 mila sono aborti.

Non si diventa leader del settore per caso: le regole del mercato danno vita come conseguenze, volute o no, a un sistema di incentivi e vince chi riesce ad aggiudicarseli tutti. Per esempio, una industria in contrazione, come quella dell’aborto, premia la concentrazione perché consente di sfruttare economie di scala e garantire i livelli di performance.

Planned Parenthood si regge sulle affiliazioni, quasi un franchising in cui organizzazioni affiliate gestiscono più di 600 dei circa 1500 centri in cui si può abortire. Ovviamente, l’incentivo per eccellenza è mantenere o aumentare il livello delle vendite, anche se quello che vendi non risponde al miglior interesse

del tuo cliente (avete presente l’industria del tabacco?). Questo avviene fissando per ciascun centro “quote”: Abby Johnson, ex direttrice della clinica PP di Bryan (una città di circa 70.000 abitanti in Texas) ha raccontato che il suo supervisore le aveva mostrato un budget che fissava una quota di oltre 1.300 aborti per il suo centro in quell’anno (era il 2010). Abby in una intervista ricorda: «La cosa mi aveva infastidita perché pensavo che il nostro obiettivo fosse ridurre il numero di aborti […] ma il supervisore ha riso e mi ha risposto: ma Abby, è con l’aborto che facciamo soldi».

Non solo, Abby ha testimoniato anche dell’esistenza di premi per quei centri che superano le quote loro assegnate.

D’altra parte Vicki Cowart, direttrice della clinica citata da Abby aveva commentato: «Certo che celebriamo i nostri progressi nel garantire a più persone l’accesso alla gamma completa di assistenza sanitaria riproduttiva, compreso l’aborto.

E continueremo a farlo».

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Planned Parenthood: le aree grigie Quando si è grandi lo spazio non basta mai, e spesso si finisce con il muoversi nelle aree grigie. Non stupisce che Planned Parenthood sia impegnata in una intensa attività di lobbying, con tanto di donazioni a candidati politici e futuri presidenti. Secondo OpenSecrets, il principale gruppo di ricerca per il tracciamento dei finanziamenti nella politica statunitense e dei suoi effetti sulle politiche pubbliche, l’organizzazione ha registrato spese di lobby per oltre 14 milioni di dollari negli ultimi dieci anni, un milione di dollari nel solo 2021 (l’80% sono state fatte dall’organizzazione centrale, il restante da sussidiarie). Ma le aree grigie sono molte… Per esempio, un’inchiesta del 2014 di Live Action, gruppo pro-life, mostra le impiegate dei centri impartire direttive su come raggirare la legge nel caso di minorenni incinte o di violenze sessuali su minori.

Ancora, nel 2015 ha fatto scandalo la notizia che l’organizzazione ricevesse dei discutibili “rimborsi” a fronte della “donazione” di tessuti e organi, con tanto di listino dei prezzi, a centri di ricerca.

Sull’onda dell’indignazione, e dopo essere finita al centro di ben quattro commissioni del Senato e della Camera, l’organizzazione ha deciso di rinunciare totalmente a questi rimborsi nel 2016.

Dobbs v. Jackson: il mondo che verrà Il mondo che verrà dopo la storica decisione della Corte di revocare la sentenza Roe vs Wade è ancora da costruire. Per ora la sentenza, rifiutando 16

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che l’aborto possa essere considerato un diritto garantito dalla Costituzione, demanda completamente la materia ai singoli stati: in alcuni sarà illegale abortire, in alcuni ci saranno nuove restrizioni, in altri sarà ancora consentito.

Questa geometria variabile ha generato un nuovo dibattito, ma la domanda resta ancora la stessa, chi paga? Perché dover viaggiare per abortire porta nuovi costi ed è cresciuta la pressione sui datori di lavoro, cui di solito fanno capo le assicurazioni sanitarie, perché se ne facciano carico. Ovviamente tale scelta porta con sé un merito politico-progressista, un incentivo forse imprevisto a cui pochi adesso vogliono rinunciare. Disney, Amazon, Tesla, Airbnb, Microsoft, Netflix, sono solo alcune delle aziende che hanno annunciato di voler garantire le eventuali spese per aborto.

Per ora sono solo promesse, c’è chi si chiede se le aziende siano effettivamente pronte ad affrontare le conseguenze legali di tali posizioni, senza contare le implicazioni in materia di privacy e sicurezza personale. Per Michelle Long, analista della Kaiser Family Foundation, «quasi sicuramente ci saranno tanti contenziosi in arrivo», specialmente in stati come il Texas e l'Oklahoma, che consentono ai privati ​​​​di citare in giudizio chiunque «aiuti e favorisca» una persona ad abortire. Ad esempio, l’amministratore delegato di Lyft (una compagnia simile a Uber), dopo un tweet in cui si schierava con gli altri big pro-aborto ha ricevuto una lettera dal parlamento texano che annuncia una risposta rapida e decisa: l’introduzione di «una legislazione che

vieta alle società di fare affari nello stato del Texas se pagano per aborti elettivi o rimborsano spese per aborto».

Nella stessa situazione si trovano anche alcuni abortion funds che hanno sospeso temporaneamente i finanziamenti alle cliniche abortive. Nel frattempo, non manca chi, come il gigante farmaceutico Eli Lilly, ovvierà al nuovo scenario assumendo nuovo personale solo negli stati dove si può ancora abortire.

L’industria dell’aborto è un animale feroce L’industria dell’aborto è un animale feroce e difficile da tenere a bada. Negli Stati Uniti i gruppi pro-life lo sanno bene: è per questo che gli attivisti sono sempre sul chi va là, pronti a una continua rincorsa di regolamenti e dispute legali. Da una parte, il fronte pro-life regge grazie a un diffuso supporto dell’opinione pubblica, ben più ampio di quello che traspare dai media tradizionali, e alla presenza di amministrazioni forti e amiche, ben testimoniata dalle ultime nomine dei giudici supremi. D’altra parte, il divieto di usare fondi governativi ha incentivato il settore privato con esiti spesso infausti.

Non solo, l’evoluzione a cui assistiamo è la crescita delle posizioni pro-aborto, finora piuttosto tacite, da parte delle grandi industrie nazionali, la cosiddetta corporate America. Una mobilitazione certamente politica, ma il cui beneficiario finale, ancora una volta, è chi gli aborti ha tutto l’interesse a farli. Come direbbe l’economista Milton Friedman, il business di chi fa business è il business.

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Gli italiani?

Per lo più abortisti.

Apparentemente di Giuliano Guzzo

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fare. Ed è la seguente: probabilmente gli italiani convinti che l’aborto dovrebbe essere illegale sono più del 13% citato sopra, visto che tale posizione è possibile sia condivisa da molta parte del 14% che ha deciso di non esprimere la sua opinione. Ciò è plausibile per almeno due ragioni. La prima è che, nel contesto attuale – con la cultura dominante, come noto, convintamente pro choice – chi è per l’aborto non è soggetto a stereotipi o invettive, per cui è più incline a dire la propria idea (mentre chi invece è contro è più facile taccia); la seconda è che esiste un sondaggio precedente che va in tale direzione.

Un sondaggio, attenzione, del tutto affidabile dato che risulta effettuato sempre da IPSOS MORI, precedente nome di IPSOS. Ebbene, con tale rilevazione, diffusa nel 2020 – non cento anni fa – si era visto come in Italia l’ostilità all’aborto legale fosse più radicata che altrove, raccogliendo il 30% dei consensi. Ora, guarda caso il 30% è una percentuale quasi collimante alla somma (27%) di quelli che oggi si dichiarano contro l’aborto legale o non rispondono.

Conseguentemente, possiamo dire

che oggi nel nostro Paese poco meno di un terzo degli italiani sono – più o meno apertamente – contrari all’aborto legale; due terzi abbondanti invece sono favorevoli.

Ci sono tuttavia ragioni per allargare ancora il ragionamento, come fatto dal giornalista Antonio Socci qualche anno fa nel suo libro Il genocidio censurato (Piemme, 2006) – in un capitolo intitolato Gli italiani: antiabortisti e non lo sanno –, e ipotizzare come anche tra i due terzi pro aborto legale, in verità molti non lo siano. Quanti, infatti, si direbbero ancora di tale idea se ben informati delle alternative che offre la legge (come il parto in anonimato) o il volontariato pro life (come le culle per la vita e i Centri di Aiuto alla Vita)? A naso, molti meno.

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Come la pensano gli italiani sull’aborto?

Sono tutti a favore? A giudicare dalla rappresentazione mediatica che sul tema viene data, non solo i nostri connazionali sono tutti abortisti, ma considerano oscurantista e medievale qualsivoglia ostilità alla pratica abortiva. Tuttavia, come spesso capita, la realtà dei fatti è un po’ diversa.

Secondo una ricerca effettuata mediante sondaggio d’opinione da IPSOS e diffusa questa estate, il 73% degli italiani sostiene la legalità dell’aborto e soltanto il 13% ritiene che l’aborto dovrebbe essere illegale; il restante 14%, invece, non esprime la propria opinione.

Ora questi sono numeri che, in effetti, sembrano suffragare il quadro mediatico di cui sopra. Ma anche rispetto a tali dati, possono essere rapidamente svolte alcune considerazioni. In primo luogo, rilevando come il favore verso l’aborto legale in Italia resti comunque più basso di quello di altri Paesi quali l’Inghilterra (74%), il Belgio e l’Olanda (78%), la Francia (83%) e la Svezia (86%). La cultura abortista, da noi, sembra dunque meno radicata che altrove.

Non solo, c’è un’altra considerazione da

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Le Pillole del giorno dopo: "istruzioni per l'uso"

La varietà di pillole “dei giorni dopo” e il rilevante aumento delle vendite porta grande vantaggio alle ditte produttrici ma grave danno soprattutto alle giovani donne. di Nicola Natale

Oggi abbiamo un gruppo di farmaci che si inseriscono tra la contraccezione intesa come tale, cioè come impedimento alla congiunzione dello spermatozoo con l’ovulo, e l’aborto chirurgico/ farmacologico (aborto con il Mifepristone, nome commerciale Mifegyne e comunemente chiamato RU486). Sono i farmaci che rientrano nella categoria della cosiddetta “contraccezione di emergenza” (abbreviato CE): “la pillola del giorno dopo” e “la pillola dei cinque giorni dopo”. Essi rientrano in questo gruppo assieme ad altri sistemi, come ad esempio la spirale intrauterina.

Per quanto riguarda l’RU con azione direttamente abortiva rimando ad altri articoli per una più approfondita conoscenza.

Passando invece a quella categoria intermedia tra i farmaci abortivi e contraccettivi, cioè la CE, ricordo con brevi note l’azione di questi farmaci (aspetti scientifici più approfonditi e dettagliati li troviamo negli articoli e libri di Bruno Mozzànega).

La “pillola dei 5 giorni dopo” e le sue conseguenze La “pillola dei 5 giorni dopo” (Ulipristal acetato con nome commerciale EllaOne) induce un ispessimento dell’endometrio che impedisce l’annidamento dell’em18

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brione. Agirebbe anche ritardando o bloccando il picco di LH che induce l’ovulazione, consentendo di evitare la gravidanza anche se assunta cinque giorni dopo il rapporto sessuale ritenuto a rischio. Quando l’impianto è già avvenuto impedisce al progesterone di esercitare la sua azione pro-gravidanza: l’embrione muore. Se immaginiamo un rapporto sessuale avvenuto il giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione anti-ovulatoria e anticoncezionale per un farmaco assunto fino a cinque giorni dopo quel rapporto e quindi tre giorni dopo il concepimento?

Nel 2015 in Italia ne sono state vendute 145.101 confezioni che sono progressivamente salite a 260.139 nel 2018 per poi stabilizzarsi su una lenta crescita (nel 2020 ne sono state vendute 266.567). Nel dicembre 2020 AIFA ha ritirato da commercio Esmya, che contiene una dose di Ulipristal 6 volte superiore a EllaOne, perché tossico per il fegato. Dopo l’assunzione della pillola si sono osservate emicranie, dolori addominali, nausea, tensione mammaria.

Come se non fosse un farmaco, AIFA con la Determina n.998 dell’8 ottobre 2020, ha anche sancito che non è più necessario

l’obbligo della prescrizione medica per dispensarlo alle minorenni.

La “pillola del giorno dopo” - Norlevo La “pillola del giorno dopo” (levonorgestrel LNG con nome commerciale Norlevo) agisce rendendo meno viscoso il muco cervicale e riducendo la capacità di penetrazione degli spermatozoi (quindi azione contraccettiva) ma aumenta il pH endometriale e rende impossibile la sopravvivenza degli embrioni neoformati, induce disfunzione ovulatoria ma non esclude la fecondazione, altera le integrine e quindi crea ostacolo all’impianto dell’embrione, riduce i recettori del progesterone e della glicodelina e quindi la protezione della gravidanza nella sua fase iniziale (azione abortiva) tanto che il Comitato Nazionale per la Bioetica il 28 maggio 2004 ha concluso: «... esaminata la letteratura scientifica in materia di contraccezione di emergenza, ed essendo emersa sia la possibilità di un’azione di interferenza con l’evento ovulatorio, …, sia la concreta possibilità postfertilizzativa (nota bene: dal momento della fertilizzazione inizia la storia del nuovo uomo!), ricollegabile in particolare alla modificazione della mucosa uterina o della motilità tubarica, …si è configurata unanimità sul fatto IN EVIDENZA

Aspetti psicologici di Domenico Bellantoni, psicologo e psicoterapeuta Il ricorso massivo a tali strumenti che possono essere abortivi, di fatto, privatizza e individualizza la scelta abortiva, con una serie di conseguenze: • contrariamente a quanto previsto dalla Legge 194/78 “Tutela sociale della maternità”, viene elusa la tutela sociale e da parte dello Stato; • convincendo la donna (la madre) che si tratti di contraccezione e non di aborto, fa vivere con un certo lassismo la decisione di rinunciare al bambino, e questo tanto da un punto di vista psicologico quanto da quello etico; • non permette il confronto con le reali motivazioni sottese all’aborto, facilitando vissuti post-aborto

che il medico il quale non intenda prescrivere o somministrare LNG in riferimento ai suoi possibili effetti postfertilizzazione abbia comunque il diritto di appellarsi alla “clausola di coscienza”, dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito (p.es.

Corte Cost. n. 35/1997)». Persino la Barr Pharmaceuticals produttrice di Plan B (versione americana di LNG) nella scheda tecnica afferma che esso «può impedire la fertilizzazione dopo l’ovulazione o l’annidamento di un embrione nell’utero».

Non si è riscontrata alcuna differenza in termini di numero di gravidanze tra chi assume e chi non assume il Norlevo (Cochrane Database Syst rev 2007), ma si è avuto un aumento degli atti sessuali non protetti che possono condurre a gravidanze non desiderate e che comportano un aumento di malattie sessualmente trasmesse (Raymond E et al. 2008).

L’aumento del consumo delle “pillole dei giorni dopo” e le conseguenze Questi farmaci vengono utilizzati con sempre maggiore frequenza: il 58% delle utilizzatrici della CE vi sono ricorse almeno due volte nell’ultimo mese e in media 3,8 volte nei sei mesi precedenti.

Le teen-agers sono le maggiori IN EVIDENZA

caratterizzati da rimorsi e sensi di colpa, che a volte richiedono di essere gestiti clinicamente.

Inoltre, va evidenziato l’errore di porre sullo stesso piano, da una parte il valore circa la qualità di vita della donna, dall’altra il valore della stessa vita fisica del concepito.

In conclusione, va ribadito che il tema del ricorso alle pillole “dei giorni dopo” e all’aborto farmacologico non può e non deve essere limitato al livello privato individuale, né tanto meno essere favorito dal ricorso a un farmaco “da banco”. Ciò che implicherebbe il venir meno di quella tutela sociale della maternità e della stessa vita fisica del concepito invocata dalla vigente Legge 194/78.

consumatrici di Norlevo, (55% delle 360.000 confezioni annue vendute). AIFA il 1° febbraio 2016 ha eliminato l’obbligo di prescrizione medica per le maggiorenni.

Nel 2001 la CE è stata introdotta come farmaco da banco in Inghilterra.

Risultato: nonostante gli enormi sforzi per informare i teenagers sul suo uso, la disponibilità della stessa e centinaia di migliaia di dosi vendute, il numero degli aborti continua a crescere (Stanford JB. 2008; Glasier A. 2006). In Scozia in 17.800 donne che hanno ricevuto gratuitamente la CE non vi sono state differenze nel numero di aborti rispetto a chi non le aveva ricevute (Glasier A et al. 2004). In Svezia, nonostante la disponibilità della CE, il numero di aborti è in continua crescita (Tyden T et al. 2002). Vi è quindi in tutto il mondo una forte evidenza che l’aumento della disponibilità della CE porta ad un aumento del suo uso ma senza in alcun modo ridurre il numero di aborti o di gravidanze non desiderate (Raymond E et al, 2007). Inoltre, l’accesso illimitato alla CE, a causa della sua falsa rassicurazione, ha portato ad un aumento degli atti sessuali non protetti che possono condurre a un incremento delle gravidanze non desiderate (Raymond E et al. 2008). Presso le teenagers sotto i 18 anni non vi sono differenze in termini di numero di gravidanza tra quelle che

possono accedere alla CE e quelle che non ne hanno la possibilità.

Un’altra conseguenza proviene dall’accesso facile alla CE: la maggiore, e meno controllata, attività sessuale aumenta del 12% i casi di malattie sessualmente trasmesse. Sono stati osservati casi di gravidanza tubarica (con rischio di emorragia interna e necessità di intervento chirurgico urgente) in numero superiore all’attesa. Altre complicanze osservate in oltre il 10% delle donne che hanno assunto CE (nessuno riporta le complicazioni che si sono manifestate in percentuali minori) sono state le assenze di mestruazione, cefalea, nausea, eccessi di sanguinamento mestruale, dolori addominali, ritardi mestruali.

AIFA e la allora ministro per la Salute Lorenzin si sono rifiutate di discutere il meccanismo d’azione e l’uso di queste due pillole e, soprattutto AIFA, ha addirittura liberalizzato il loro uso con grande vantaggio per le ditte produttrici ma con grave danno soprattutto per le giovani donne, in merito alla concezione della attività sessuale e della procreazione responsabile nonché sulla loro salute fisica.

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Il vertice europeo dei Centri di Aiuto alla Vita Testimonianze, impegno ed emozioni di chi opera a sostegno della Vita

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di Soemia Sibillo Dal 15 al 17 settembre 2022 si è svolto a Bucarest un interessante e significativo vertice europeo dei Centri di Aiuto alla Vita, l’European Pregnancy Help Leaders Summit, organizzato da Heartbeat International, rete mondiale che comprende oltre 3.000 organizzazioni di aiuto alla gravidanza. Ci siamo confrontati con altri Paesi (Germania, Malta, Serbia, Romania, Irlanda, Spagna, Bosnia, Albania, Grecia, Portogallo, ecc.), abbiamo partecipato a workshop formativi e abbiamo avuto modo di visitare un Centro di Aiuto alla Gravidanza a Bucarest.

Interessante anche la visita al patriarcato ortodosso.

Tra tante, vi riporto una bella testimonianza così come raccolta e descritta da Andrea Trudden, Vicepresidente di Heartbeat International, presente con noi al vertice europeo a Bucarest.

Passeggiando per strade trafficate. Dormire in un hotel con la musica in sala.

Il vertice europeo dei leader nell’ambito dell’aiuto alla gravidanza è stato qualcosa di molto diverso dalle sirene e dal caos che il team di Save a Life ha lasciato in Ucraina.

Alina era incinta di 39 settimane quando è iniziata la guerra. La sua stessa vita era a rischio e il pensiero che suo marito poteva essere mandato a combattere in guerra aumentava lo stress. Direttrice del Centro di aiuto alla gravidanza Save a Life a Zaporizhzhia, Alina conosce le pressioni di fronte a una gravidanza inaspettata a cui si aggiunge una guerra terribile.

Alina comprende ora più che mai che i 20

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centri per la gravidanza in Ucraina sarebbero stati necessari durante la guerra. E così, il suo lavoro è continuato. In mezzo alle sirene di guerra e alle vibrazioni delle esplosioni, Alina ha dato alla luce suo figlio, Mark, in un rifugio antiaereo improvvisato. È stato umiliante ma al contempo un grande ricordo della bellezza della vita. Questo piccolo bimbo ha portato una luce di gioia in un momento di oscurità. Con il piccolo appena nato, la figlia di due anni e il marito, Alina si è trasferita a ovest verso la salvezza. Qui, ha cercato un centro per continuare a servire le donne che chiedevano aiuto per la loro gravidanza. Con il suo bambino appena nato, Alina ha iniziato a incontrare le mamme – alcune del luogo, altre sfollate dal sud-est e dall'est del Paese – per fornire cure compassionevoli e ascolto mentre discutevano del loro futuro. Ci ha detto umilmente: «Per favore, non pensare che io sia un eroina. Non sono coraggiosa, perché volevo andarmene. Volevo scappare per il bene dei miei figli, ma avrei preferito morire piuttosto che disobbedire a ciò a cui Dio mi ha chiamato, che è restare».

Allo stesso modo, Alla, la direttrice nazionale che gestisce sette centri per la gravidanza in tutta l'Ucraina, vedova con un figlio sedicenne e uno undicenne, canalizza nel suo impegno a favore della vita le sue speranze e le sue energie. Sotto la sua guida, i centri Save a Life si sono espansi in tutto il Paese. Riconosce che la perdita del marito, a causa di un tumore quando i suoi figli erano piccoli, è stato uno stimolo a dedicarsi al

sostegno della gravidanza. Oggi i suoi figli la aiutano facendo volontariato proprio in questi centri.

Nadia viaggia tra l'Ucraina e gli Stati Uniti per contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica su Save a Life. Ad agosto hanno ospitato, nonostante la guerra, la loro conferenza annuale con oltre cento presenze.

Nonostante sia rischioso mettersi in viaggio in questo periodo in Ucraina, Alina, Alla e Nadia hanno partecipato al Vertice europeo di aiuto alla gravidanza di Bucarest, in Romania, dove erano presenti i rappresentanti di 17 Paesi. Qui, hanno potuto condividere la loro esperienza sia nel vivere in una zona di guerra sia nel prestare servizio, proprio lì tra sirene, timori e caos. Esempio di coraggio e di forza, donne, mamme in grado di compiere il lavoro cui sono chiamate.

Didascalia: da sx Soemia Sibillo, Elisabetta Pittino, Giovanna Sedda ed Eleonora Ottoni

DAL MONDO

A Bucarest, l’incontro con l’Ucraina

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di Giovanna Sedda Siamo arrivate in ritardo, conoscete Wizz Air? Stanche e distrutte, cerco di non farmi notare mentre mi dirigo al lato estremo della sala dove si sta svolgendo la cena. Appena il tempo di sedermi quando sento “Giovana”. Riconosco quella mancanza di doppia enne. È Jor-el, Presidente di Heartbeat International, che mi viene incontro con le mani aperte in un abbraccio. La faccio breve, gli abbracci sono stati tanti e mi hanno fatto cambiare idea, uno dopo l’altro: vale la pena mettere da parte la stanchezza in questi casi, se in premio c’è l’abbraccio di una persona che ti aspettava, che è dalla tua parte, con cui condividi una missione.

E poi arriva lei, aspettavo di conoscerla di persona da quando ci eravamo sentite, velocemente ma molto concretamente, per organizzare la spedizione per l’Ucraina. È Nadia Gordinsky, responsabile di Save a Life International per il paese. Dirige 5 centri in Ucraina e ha una realtà in costante crescita, nonostante la difficoltà della guerra. È un vulcano di parole, che riescono a raccontare solo in parte quanto la sua associazione si stia spendendo per il popolo ucraino, per garantire alle donne e alle mamme una sicurezza – per quanto sia possibile – e per garantire ai bimbi che vivono nel grembo delle proprie mamme o che verranno presto alla luce un luogo caldo, protetto e sereno. È uno sforzo sovrumano, sorretto da volontari di tutto il mondo e a cui anche il Movimento per la Vita Italiano, i nostri volontari e benefattori, hanno potuto contribuire.

Nadia mi presenta due volontarie dell’associazione, la prima stringe al petto una piccola meraviglia di sei mesi dagli occhi azzurro cielo ed è presto distratta dalla prima figlia, una piccola bambolina bionda che corre senza sosta per la sala.

Mi si riempie il cuore e cerco di trattenere la commozione, inghiottendo un boccone di cena messo da parte. Subito dopo arriva Elina, anche lei con parole di gratitudine che non voglio accettare: è troppo poco quello che abbiamo fatto. Ci racconta del centro di Zaporizhzhia, del suo andare avanti e indietro dai confini limitrofi, per trasportare gli aiuti materiali. Ci racconta di come le loro sedi di distribuzione siano costrette a cambiare DAL MONDO

molto spesso, per essere al riparo dalle bombe. Ci racconta delle case delle donne… Loro che, dopo essere state accolte nelle case di accoglienza per essere seguite durante il parto e i primi giorni di vita dei bambini, vogliono fare ritorno a casa ma trovano le abitazioni occupate da soldati russi.

Per un attimo mi estraneo dalla confusione e penso a quanto sia ingiusta la guerra, ma la dolcezza delle parole di Nadia è rassicurante. Mi ricordano quanto sia, in fondo, bella l’umanità, fatta di commozione, di speranza, di solidarietà. Le sue parole di gratitudine le giro a voi, a chi ha aiutato ad organizzare il convoglio umanitario del Movimento in Ucraina, dando quello che aveva ed il proprio tempo, ma anche a chi ha dedicato a queste mamme, a queste famiglie ucraine un pensiero, una preghiera di solidarietà. Da parte mia, non vedo l’ora di ritrovarla al Convegno Nazionale, in Sicilia, per continuare a restare rapita dalla bellezza che è la vita e dalla gioia gratuita che si riceve ogni volta che scegliamo di difenderla.

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Il rispetto della persona umana secondo l’art. 32, comma 2, della Costituzione Italiana di Franco Vitale

1. Il bene della salute È riconosciuto dall’art. 32 della Costituzione come diritto della persona ed interesse della comunità. La preoccupazione del Costituente è duplice: tutelare l’individuo e la collettività.

L’esigenza di provvedere al bene della salute del cittadino sussiste in contemporanea con la necessità di prendersi cura della collettività.

La persona si attua e si sviluppa nella comunità; il bene di questa è determinato dal bene delle persone.

L’elemento, o fondamento, comune delle due realtà predette è dato dal valore costituzionale della vita umana.

assicuri la guarigione, è rimesso al soggetto paziente.

L’art. 32, secondo comma, Cost., esclude l’obbligo «a un determinato trattamento sanitario»; ma si prevede la riserva di legge.

Il predetto obbligo può essere stabilito per legge per il bene dell’individuo e per tutela della collettività. Il male che affligga il singolo non deve trasmettersi ad altri conviventi di una società (si veda il contagio da virus).

Il secondo periodo del secondo comma dell’art. 32, Cost., stabilisce che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

2. Ogni individuo si prende cura della propria salute Ogni individuo, partecipe della comunità, si prende cura della propria salute, bene necessario che consente di vivere; mancando la salute l’essere vivente viene meno1.

Il diritto costituzionale alla salute è compreso nel diritto alla vita, valore indisponibile e base di una società.

Sottoporsi a terapie – disposte o consigliate dal medico – al fine di superare la malattia, uno stato cagionevole e di riacquisire una buona salute o accettare le cure anche quando la diagnosi non

3. Persona Umana È “persona umana” ciascun essere umano vivente, soggetto di ordine giuridico costituzionale per i diritti inviolabili allo stesso riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., cui si innesta il valore costituzionale dello sviluppo previsto dal predetto art.

2 Cost., e più ampiamente dal secondo comma dell’art. 3 Cost., ove si parla di «pieno sviluppo della persona umana»2.

“Rispetto” della persona umana significa aver riguardo della stessa.

Secondo il Costituente questa attenzione, vigilanza e difesa della persona comporta per il legislatore ordinario dei limiti che in

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nessun caso possono essere violati.

La violazione più evidente si verifica con l’omettere del tutto il rispetto della persona umana pervenendo a darne la morte.

Se, invece, il rispetto va inteso come deferenza verso la dignità della persona umana, occorre vedere che si intende per dignità, quali le condizioni per avere, godere della dignità umana.

Sul tema si ritiene valida e convincente la tesi di Carlo Casini secondo cui «l’esistenza umana è la condizione unica di dignità umana»3.

La vita conferisce all’uomo la sua dignità; con la vita egli acquisisce i diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dalla Costituzione.

La dignità dell’uomo è la vita.

Per salvare la dignità umana si è disposto il limite che non sia mai lecito dare la morte.

4. Trattamento sanitario non obbligatorio Le argomentazioni sopra addotte possono ritenersi valide anche nella ipotesi che il paziente adisca un trattamento sanitario non obbligatorio.

Il rispetto, la difesa della persona umana, stabiliti con il disposto dell’art. 32, secondo comma, secondo periodo, Cost., hanno un pieno valore costituzionale, cui non ci si può sottrarre anche a riguardo di BIOETICAMENTE

trattamento sanitario non imposto.

La necessità di attuare le terapie è in re ipsa al fine della guarigione, o di lenire il dolore.

Il paziente può rifiutare il trattamento sanitario ed attendere che la sua vita termini naturalmente; ma non si può contraddire alla norma cogente fissata dal Costituente che ha voluto fortemente tutelare la persona umana, tanto da impartire al legislatore ordinario di non violare in nessun caso la dignità umana.

Lo Stato, l’ordinamento giuridico, non possono in nessun modo togliere la vita della persona. Diversamente si cade nella più grave violazione della Carta Costituzionale.

5. Il dibattito per l’introduzione legale della eutanasia Con il trattamento eutanasico il limite posto dalla Costituzione per il rispetto della persona umana, cioè della sua vita, verrebbe superato in adesione all’autodeterminazione dell’individuo, con la conseguenza che lo Stato proceda a dare la morte, solo perché voluta dal singolo per un preteso diritto di morire.

Nella Costituzione Italiana vi è una precisa difesa della vita umana che non consente alcuna eccezione.

Ammettendo la pratica eutanasica si viola BIOETICAMENTE

il principio base dato dal valore della vita ed il conseguente principio del “non uccidere” che regge la collettività e la sottrae alle violenze che negano la pace.

6. Conclusione La rilevata gravissima contraddizione dell’istanza di eutanasia con le norme e lo spirito della Costituzione Italiana induce a respingere fermamente la irragionevole domanda di morte della persona umana, data da un terzo4 o, come si pretende, dallo Stato.

Quest’ultimo per sua imprescindibile vocazione e finalità difende la propria comunità e non può ad essa contraddire, negandone, anche in minima parte la consistenza e mettendone in rischio la stessa continuità.

Sul tema si ritiene valida e convincente la tesi di Carlo Casini secondo cui «l’esistenza umana è la condizione unica di dignità umana». La vita conferisce all’uomo la sua dignità; con la vita egli acquisisce i diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dalla Costituzione.

La dignità dell’uomo è la vita. Per salvare la dignità umana si è disposto il limite che non sia mai lecito dare la morte

Note 1 Cfr. Baldini, Il nascituro e la soggettività giuridica, in Diritto di famiglia e delle Persone, 2000, pag. 344.

2 Cfr. Nicolussi, Lo sviluppo della persona come valore costituzionale e il cosiddetto biodiritto, in Europa e diritto privato, 4/2009, pag. 1 e segg.

3 Cfr. Carlo Casini, in Avvenire del 6 ottobre 1988, pag. 10.

4 Cfr. Federico Stella, Il problema giuridico dell’eutanasia, in Il valore della vita, AA.VV., Vita e Pensiero, Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 1985, pag. 162 e segg.

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Latte materno: alimento ecosostenibile L’allattamento al seno è pratico ed economico, sempre disponibile e alla giusta temperatura, genuino, sicuro, inimitabile, totalmente ecosostenibile e a impatto zero sull’ambiente. È pure antidepressivo e antistress.

Ecco perché promuoverlo. di Donata Magnoni, pediatra e responsabile CAV Varese

Latte materno: un nutrimento naturale ed ecosostenibile Da sempre nutrire e preparare il cibo per qualcuno assumono un significato che va ben oltre il loro valore nutritivo e da sempre sono associati alla figura della donna o meglio ancora della madre (solo nel campo della ristorazione entra in gioco l’uomo) perché in queste attenzioni e in questi gesti ripetuti quotidianamente, si riconosce il senso semplice e profondo del prendersi cura dell’altro che caratterizza il ruolo materno. E questo significato raggiunge il suo apice nel farsi cibo per i propri figli: nutrirli nei giorni in cui sono più che mai affidati totalmente alle nostre cure con un cibo fatto esclusivamente per loro e che in millenni di selezione ha raggiunto l’adeguatezza perfetta che solo la natura può conferire, fornendo un alimento specifico destinato a soddisfare le esigenze di crescita del piccolo della specie umana, ben diverse da quelle di qualunque altro mammifero, e che oggi sappiamo addirittura specifico per quel bambino cui è destinato.

Cosa c’è di meglio per un neonato e di più naturale che nutrirsi del latte della mamma?

Allattamento al seno: un bene per mamma e bambino Allattare al seno è una pratica naturale, è raccomandato dall’OMS e dall’UNICEF. 24

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Apporta tutte le sostanze necessarie alla crescita, adattandosi ora per ora e giorno dopo giorno ai bisogni nutrizionali del bambino.

La sua particolare composizione garantisce importanti fattori protettivi in grado di salvaguardare la salute futura, inoltre, è fondamentale per la salute della mamma. La suzione soddisfa il bisogno psicologico di sicurezza e favorisce il legame di attaccamento tra mamma e bambino basato sul contatto fisico e lo scambio di sguardi.

Il latte materno non è un alimento qualunque: ha un valore che va oltre il nutrimento in quanto contiene alcune componenti che non possono essere riprodotte: milioni di cellule vive, più di 1000 proteine, più di 40 enzimi, anticorpi materni, acidi grassi a catena lunga, vitamine e minerali.

Accelera la ripresa dal parto e l’involuzione dell’utero e riduce il rischio di emorragia contribuendo al risparmio di ferro e riduce il rischio di mortalità. Favorisce la perdita di peso e il recupero del peso forma.

Riduce il rischio di insorgenza di cancro al seno prima della menopausa, alle ovaie e all’utero; riduce il rischio di contrarre malattie cardiache e diabete di tipo 2.

Alcuni studi, inoltre, hanno ipotizzato che l’allattamento al seno possa contribuire anche a ridurre il rischio di osteoporosi.

Durante il contatto pelle a pelle con

il neonato e durante l’allattamento, il corpo della madre risponde rilasciando ossitocina che oltre all’effetto di contrazione sulla muscolatura uterina, possiede un effetto antidepressivo perché svolge un importante ruolo di riduzione dello stress.

Il consumo del latte materno è privo di sprechi, pratico ed economico, senza costi di preparazione, sempre disponibile e alla giusta temperatura, genuino, sicuro, inimitabile ed è totalmente ecosostenibile e a impatto zero sull’ambiente.

Con queste premesse sarebbe naturale attendersi un’ampia adesione alla scelta di allattare il proprio bambino da parte delle mamme per un tempo anche prolungato ma la realtà è meno rosea: l'allattamento esclusivo che non prevede aggiunte di alcun tipo, né latte artificiale o altri alimenti, secondo l’OMS, andrebbe mantenuto per i primi sei mesi di vita del bambino, ma spesso finisce decisamente prima. In Italia una donna su tre lo abbandona già prima del terzo mese, mentre sono quasi due su tre quelle che non allattano più in modo esclusivo al compimento del quinto, e la durata dell'allattamento (9,1 mesi al centro, contro 8,2 nel Sud) non è poi così esaltante, considerato che sempre l'OMS lo raccomanda, ovviamente in associazione ad altri alimenti, per due anni o anche più.

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Promozione dell’allattamento al seno e corretta alimentazione nel primo anno di vita

I CAV, l’allattamento al seno e il sostegno alla donna-madre L’esperienza dei nostri CAV coincide con questi dati e anche in mamme di etnie che per tradizione e cultura praticano nei paesi d’origine un allattamento prolungato, e spesso non hanno un’occupazione lavorativa, verifichiamo una precoce introduzione di latte formulato. Perché si abbandona così precocemente l’allattamento al seno anche se entusiasticamente iniziato? Le difficoltà che inevitabilmente si incontrano nell’iniziare e mantenere l’allattamento, quali scarsa o tardiva montata lattea, difficoltà del bambino ad attaccarsi al seno, condizioni di salute della mamma, formazioni di ragadi, ingorgo mammario, difficoltà a uniformare i ritmi di riposo della mamma a quelli del bambino, richiedono per essere superate l’esistenza di una rete parentale e sociale efficace, un reale sostegno del padre. Solo così è possibile superare lo scoraggiamento e l’insicurezza che portano la mamma all’abbandono, vincendo anche una certa pressione consumistica e la difficoltà spesso a trovare un sostegno professionalmente qualificato facilmente disponibile.

Ogni mamma dovrebbe essere incoraggiata ad intraprendere questo percorso e a ricevere il sostegno da parte di tutti: la famiglia, il pediatra, gli operatori BIOETICAMENTE

sanitari, la comunità di appartenenza e anche i media. Supportare le madri, assecondare, ovunque e con ogni mezzo, l’allattamento al seno è fondamentale in un periodo della vita della donna di particolare sensibilità, come quello postparto.

Valore sociale della maternità In un’ottica di riconoscimento del valore sociale dell’accudimento dei figli, la promozione, protezione e sostegno dell’allattamento materno sono, dunque, una priorità per la salvaguardia della salute pubblica e un investimento positivo.

E la collaborazione tra tutti gli attori del sistema, e fra questi anche le volontarie dei CAV che hanno il privilegio di essere vicine alle mamme in gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino, è fondamentale per cercare di riuscire a raggiungere questo importantissimo obiettivo.

È possibile scaricare dal sito di Fedevita Lombardia, sezione documenti, materiale utile alla promozione dell’allattamento al seno: la finalità di questa iniziativa è quella di informare mamme, volontarie CAV e chiunque abbia a cuore questo obiettivo, per accompagnare le mamme verso una scelta consapevole, senza però creare un senso di frustrazione e inadeguatezza nelle donne che, per qualsiasi motivo, non possono allattare al seno. Un servizio in necessaria collaborazione con Pediatri di famiglia, Punti Nascita ospedalieri e Consultori Familiari che, in linea con le finalità dei CAV, permetta di costruire gradualmente quella relazione personale di attenzione e cura che resta l’obiettivo primario: latte e amore!

«La credenza più diffusa è che il neonato si attacchi al seno per fame: il vero motivo per cui il bambino si attacca alla madre è in realtà la necessità che si rinnovi quella simbiosi che esisteva prima del parto.

La nascita è solo un passaggio, che lo porta da una fusione passiva ad una fusione attiva. Ci vuole un lungo tempo affinché il neonato possa capacitarsi del cambiamento avvenuto e adattarsi alla nuova situazione … prima della fame e prima del nutrimento, il gesto stesso dell’allattamento al seno veicola e concentra in un tutt’uno l’accudimento fisico e affettivo essenziale per un neonato. L’atto stesso di allattare al seno infatti dà l’opportunità a mamma e bimbo di sperimentare gesti, sguardi, movimenti, ritmi, che vanno al di là della semplice nutrizione e che sono alla base di un profondo legame affettivo e di una sicura conoscenza del mondo».

Giuliana Mieli, filosofa e psicologa

Corpi migranti

Migranti e Rifugiati di Giuseppe Anzani

Lo sguardo, ecco il punto. Chi milita a favore della Vita lo sa. Lo sa e lo dice e lo scrive; lo ritrova negli scritti e nelle parole dei fondatori e degli animatori del Movimento, e lo ridice e lo riscrive. Il velo ideologico e la maschera verbale che toglie all’aborto il suo profilo di sangue e di morte consiste prima di tutto in un rinnegamento dello sguardo. Occhio non vede cuore non duole, forse. Al punto che i fautori dell’aborto non vogliono che la madre senta il battito del cuore del figlio: non c’è nessuno, non ci dev’essere nessuno, solo un grumo. Buio voluto, volto negato.

C’è una analoga cecità volontaria, altrettanto crudele e in certo modo obliquamente perversa, che nega il volto non più per uno sguardo mancato, ma per uno sguardo distolto. Distolto coscientemente dai volti di bimbi, di madri e di uomini che sono divenuti grumi di carne ammassata nel grembo di barconi alla deriva, che il naufragio abortisce. Ciò avviene sotto gli occhi del mondo, sotto gli occhi nostri, perché le 26

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cronache lo raccontano e ne fotografano la crudezza; ma molti chiudono gli occhi e persino negano approdi e apprestano blocchi in luogo di soccorsi. A salvarne quanti hanno la fortuna di imbattersi in navigli che seguono la legge del mare è quasi solo un volontariato per la vita, senza frontiere. Qualche brandello d’immagine buca pur tuttavia le palpebre chiuse e penetra come un brivido; come un tempo quel bimbo col viso affondato nella risacca sulla spiaggia di Bokum, o come poche settimane fa la bimba siriana torturata a morte per sette giorni dalla sete e dalla fame; insieme a una conta ormai infinita di disperati che gonfiano il numero delle stragi del mare. Dal 2014 ad oggi, 25mila morti.

Il 25 settembre si è celebrata la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Un tema immenso che chiede uno sguardo d’orizzonte grande come è grande il mondo, perché si tratta di 280 milioni di persone in cammino a cercar scampo, a cercare una terra d’uomini e non di lupi, a cercar vita. La parola rifugiato ha la

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Il MPV Italiano è stata una tra le prime associazioni di volontariato, attraverso i suoi CAV, ad affrontare l’arrivo di migranti e rifugiati. Dagli anni 90 in poi i CAV hanno accolto sempre più donne straniere. Prima l’ondata dei vari paesi dell’Est dopo la caduta dei regimi comunisti, poi dalla martoriata Africa, dall’Asia, dal Sudamerica,... Donne, persone, da sole, con figli, famiglie tutti in fuga da una disperazione o in cerca di un futuro migliore. Da subito i CAV si sono re-inventati per essere capaci di ascoltare e di accogliere. Ne sono nati progetti studiati su queste donne che venivano e che vengono da lontano: dalle scuole di italiano, alla formazione, all’aiuto per trovare un lavoro, al sostegno per i diritti loro spettanti, alle case di accoglienza, agli appartamenti, all’assistenza psicologica…

I CAV in questi 30 anni di migrazioni sono stati tramite per l’inclusione, per l’amicizia, si sono presi cura delle donne, delle famiglie, e dei loro bambini migranti e rifugiati. Non poteva altro che essere così perché chi rispetta e difende la dignità del bambino concepito sarà capace di accogliere l’altro in ogni sua forma perché persona.

stessa radice di fuga; e ogni fuga contiene lo strappo della paura della morte, sia dovuta alle bombe e ai massacri delle guerre, sia allo stento e alla miseria e alla disperazione. Cercar vita, ecco la parola, che muove l’attenzione di chi milita per la vita, e fa spalancare lo sguardo, come obiettivo indivisibile di aiuto e di soccorso. La vita, la fatica della vita, la novità della vita, il miracolo della vita salvata. Lo sanno bene i volontari dei CAV, che avvicinano e assistono sempre più numerose donne straniere.

Certo il problema delle migrazioni coinvolge l’intera terra. Ma a farne terra di uomini, e non tana di recinti ostili reciprocamente blindati, è l’opzione fondamentale del cuore fra cultura di accoglienza e cultura del respingimento.

Frutti di vita, o spinte di morte. Se poi qualcuno apre il Vangelo, trova scritto “ero forestiero e mi avete accolto” o “non mi avete accolto”. E ne viene benedizione o maledizione.

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Donne migranti/rifugiate e CAV di Giuliano Guzzo

Per i Centri di Aiuto alla Vita l’accoglienza non è uno slogan né una promessa elettorale, bensì una realtà concreta e consolidata; quotidiana, perfino.

Lo dimostrano le relazioni annuali sull’attività delle centinaia di CAV operanti nella nostra penisola, i quali offrono il proprio servizio a tutte le donne, senza distinzioni di ceto o di passaporto, di estrazione sociale o di etnia. Una gestante in gravidanza difficile o indesiderata può quindi rivolgersi alle volontarie e assistenti dei CAV certa che, in ogni caso, sarà accolta e ascoltata, cioè sostenuta davvero.

Questo è talmente vero che, nel corso dei decenni, le quota di donne straniere assistite dal volontariato pro life è aumentata moltissimo; se nel 1990, sul totale delle gestanti assistite, quelle di provenienza estera ammontavano al 16%, nel 1997 erano già lievitate al 54%, nel 2015 all’80% e negli ultimi anni tale tendenza è ulteriormente aumentata.

Nella gran maggioranza dei casi, queste mamme sono di origine africana, ma non A TUTTA VITA

è trascurabile anche la quota di gestanti provenienti dall’Europa, dall’America Centrale e Latina e dalla stessa Asia.

Ora, è evidente a tutti come questa trasformazione radicale nell’utenza dei CAV non si può spiegare solamente con trasformazioni sociali alla luce delle quali la componente straniera arriva, in Italia, a costituire non oltre il 10% del totale della popolazione. Come mai, allora, oggi quasi nove donne su dieci – se non di più – delle assistite dai CAV sono straniere? Le spiegazioni sono essenzialmente un paio e risultano strettamente connesse l’una all’altra. La prima è che sono straniere anche le donne che, in proporzione, abortiscono di più.

Lo si può leggere a pagina 5 dell’ultima Relazione del ministero della Salute all’applicazione della legge 194, là dove si afferma che, nonostante una leggera flessione di dati negli ultimi tempi, «le cittadine straniere permangono, comunque, una popolazione a maggior rischio di abortire rispetto alle italiane: per tutte le classi di età le straniere hanno

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Certo il problema delle migrazioni coinvolge l’intera terra. Ma a farne terra di uomini, e non tana di recinti ostili reciprocamente blindati, è l’opzione fondamentale del cuore fra cultura di accoglienza e cultura del respingimento

tassi di abortività più elevati delle italiane di 2-3 volte». Non deve quindi stupire che moltissime delle donne assistite dai CAV siano straniere di origine.

Ma ciò – ecco la seconda spiegazione – è frutto anche del fatto che spesso le donne sono tentate di abortire per motivi economici e di povertà. Questo le volontarie e i volontari pro life lo sanno benissimo come le stesse donne straniere, che spesso sono le più povere e che non a caso bussano alle porte dei CAV. Tale consapevolezza pare essere meno chiara allo Stato italiano, che dopo decenni fatica a rendere pienamente attuate le disposizioni della legge 194 che, all’articolo 5, prevedono aiuti anche economici alle gestanti tentate dalla drammatica e definitiva scelta dell’aborto.

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Il Figlio nell’arte Il valore di Maternità e Annunciazione dal Medioevo al Contemporaneo di Sandro Gazzola

Il “Figlio” è un tema di difficile argomentazione in qualsiasi secolo della Storia dell’Arte, assieme al valore della “natività”. Entrambi sono meritevoli di spazio infinito per come si presenta il loro mistero che si concretizza spesso nell’immagine della Maternità o dell’Annunciazione.

Il mistero del Figlio, narrato dalle rappresentazioni pittoriche attraverso l’Annunciazione e la maternità di Maria, è tema di ardua rappresentazione in qualsiasi secolo della Storia dell’Arte.

Il mistero del suo concepimento rende la vita difficile a molti artisti, perché darne raffigurazione concreta non è cosa facile e forse la soluzione più ragionevole è stata quella di rendere la luce protagonista e artefice dell’azione più significativa di tutta la storia dell’uomo.

Partendo da un esempio, in un mosaico della Basilica di San Marco a Venezia1, l’angelo è solo annunciante e giunge in un momento di quotidianità della vita di Maria, intenta a riempire un’anfora nel pozzo.

In altre immagini più recenti si tende ad esaltare la “magia” della luce. Nel caso di una miniatura2 della Biblioteca di Perugia, la Vergine viene colpita da raggi diretti finché l’angelo compie il suo dovere di messaggero, così come nell’Annunciazione3 del Beato Angelico, i raggi diventano un fascio di luce fecondatore, più realistico e razionale, tipico del primo Rinascimento.

Nell’eredità medievale si trasmette l’immagine della Maestà4 come nella Madonna di Ognissanti di Giotto, nella quale il bambino usa la gestualità benedicente tipica di un vescovo.

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Più affettuosa si rivela la Natività5 di Palermo nella chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio nella quale, oltre alla giovane madre intenta a sistemare il bimbo in fasce nella culla, abbiamo una tenerissima scena di “bagnetto” che stringe il cuore e che rende il valore del mistero più vicino alla vita.

Tale spontaneità dell’infante è uno dei temi caratteriali e anatomici approfonditi nella stagione rinascimentale, lontana dalla simbologia stretta di un bambino “adulto”. Il Quattrocento è un secolo di rinnovamento per le scelte iconografiche, fra cui la rappresentazione del Bambino nel grembo della Madre. Il cambiamento lo si deve agli studi di Leonardo Da Vinci. La caratteristica di Leonardo è la curiosità per ogni aspetto del creato, comprenderne origini e funzionamento, quindi nel caso del Figlio nell’arte, non è possibile trascurare gli studi di anatomia condotti dall’artista-scienziato, rivolti alle autopsie condotte sui cadaveri di donne gravide6 per comprendere lo sviluppo e la crescita del feto, in anni in cui ciò non era consentito.

Tali studi hanno stravolto il modo di interpretare l’anatomia e la simbologia del corpo, inducendo gli artisti a un maggiore naturalismo, più attento a una rappresentazione spontanea del bambino. Nella maternità di Leonardo, Sant’Anna, la Vergine e il Bambino7,

l’artista ha annullato le tradizionali simbologie cristiane per dare respiro ai movimenti, facendo emergere la gestualità da cui si nota una scena tipicamente genitoriale: la madre che tende a sollevare il bambino dalla schiena, mentre è perso a giocare con un animaletto, altrettanto cucciolo, che in questo caso è un agnellino, segno nefasto del destino della croce. Nella scena emerge la testa girata dell’infante rivolta alla madre, seguita da uno scambio di sguardi capaci di rendere la scena intensa. Leonardo dimostra come non sia necessario lavorare sulla forzatura di simboli sacri astratti, perché la spiritualità viene da sé nel rapporto fra donna e creato, dove i simboli si annunciano da sé come l’agnellino di Giovanni Battista.

Tale ricerca rinnova le arti figurative, e un altro celebre artista come Raffaello Sanzio si è dedicato ai rapporti giocosi fra bambini8, come nel caso del piccolo cardellino della Madonna omonima, che diventa motivo di altrettanta gestualità tenera e giocosa fra Gesù e Giovanni Battista, nonostante la dolcezza dell’uccellino dai toni rossi riveli il sacrificio già definito.

L’armonia fra madre e figlio, con lo sviluppo delle nuove scienze sviluppatesi nel XX secolo, viene ridiscussa grazie alla psicoanalisi e agli studi relativi a Dna e A TUTTA VITA

Vanessa Beecroft, White Madonna with twins

atomo. Anziché lavorare per la ricerca di nuova armonia, come ha fatto Leonardo, l’artista contemporaneo tenta di rivelare nuove verità, come nel caso di Salvador Dalì9 e la sua auto analisi “paranoicocritica”, oppure come nel caso della provocazione di Vanessa Beecroft10, attenta ai pregiudizi, purtroppo ancora attuali, della razza.

Anche attraverso queste due sole citazioni relative al mondo vastissimo dell’arte contemporanea, ci si rende conto come la rappresentazione del mistero della maternità di Maria nell’arte, o il concetto de “il Figlio nell’arte”, siano messi sottosopra dagli sviluppi delle scienze, grazie ai quali la società ha ottenuto molti benefici ma, sul piano umano, anche molti smarrimenti, soprattutto in merito al senso della vita.

Tuttavia, se si riconduce lo sguardo a forme d’arte del vicino passato, oggi rimaste latenti, scopriamo oggetti d’arte che sono capaci di raccontare molto bene la vita. Si tratta della dimenticata “tazza della puerpera”11, una scodella riccamente decorata, utilizzata nel passato per onorare le neo-madri, servite e riverite nel mese post-parto con il nutrimento migliore, il brodo di gallina e l’aiuto nella gestione del neonato. Il confronto con i nostri giorni fa sembrare la società presente un po’ persa, perché contrariamente agli anni A TUTTA VITA

Mosaici della Basilica di S. Marco, Annunciazione

della tazza, oggi si nota una maternità più accostata a un senso di solitudine di fronte al quale la coscienza sociale sembra far fatica a reagire.

Mosaici della Basilica di S. Marco, Annunciazione Note 1 Mosaici della Basilica di S. Marco, Annunciazione, XI secolo, Basilica di San Marco, Venezia.

2 Vanni di Badolo, Annunciazione, XIV secolo, Perugia, Biblioteca Augusta.

3 Beato Angelico, Annunciazione, tempera su tavola, 1435, Museo del Prado, Madrid.

4 Giotto, Madonna di Ognissanti, tempera su tavola, 1310, Galleria degli Uffizi, Firenze.

5 Natività di Cristo, mosaico, 1143-1151, Santa Maria dell’Ammiraglio, Palermo.

6 Leonardo da Vinci, Schizzi, disegni e appunti del feto nell’utero, Recto, inchiostro e gesso rosso e nero su carta. Cm 30,4 x 22. c. 1511, Royal Collection Trust, London.

7 Leonardo da Vinci, Sant’Anna la Vergine e il Bambino, olio su tavola, 1503-1519, Museo del Louvre, Parigi.

8 Raffaello Sanzio, Madonna del cardellino, olio su tavola, ca 1505-1506, Galleria degli Uffizi, Firenze.

9 Salvador Dalì, Enigma del Desiderio, mia madre… , olio su tela, 1929, Staatsgalerie Moderner Kunst, Monaco di Baviera.

10 Vanessa Beecroft, White Madonna with twins, foto, 2011 collezione privata.

11 Museo del Liceo de Fabris, Tazza della puerpera, Manifattura Antonibon, Ultimo quarto del ‘700, Porcellana.

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Nel segno della vita.

Donne e madonne al tempo dell’attesa Una mostra dedicata alla maternità, al suo mistero, alla sua centralità attraverso l’immagine della donna come sublime portatrice di vita, madre amorosa e consapevole, ma anche come vittima del pregiudizio. di Ferdinando Sallustio L'attesa della vita nascente è stata sempre un tema gradito agli artisti: basti pensare alla delicatezza con cui la mano di Santa Elisabetta si posa sul Ventre di Maria nella Visitazione di Rogier Van der Weyden o nella forza con cui Santa Elisabetta anziana, ed anche lei in attesa, stringe la mano della Vergine nella Visitazione di Raffaello.

La maternità, intesa come principio del mondo ed essenza dell’amore, è la protagonista della seconda tappa espositiva di Terre degli Uffizi (progetto curato dalle Gallerie insieme a Fondazione CR Firenze all’interno dei rispettivi programmi Uffizi Diffusi e Piccoli Grandi Musei) nella rocca di Poppi, nel Casentino, provincia di Arezzo, una cittadina di meno di seimila abitanti inserita fra i borghi più belli d'Italia. La mostra di intitola “Nel segno della vita. Donne e madonne al tempo dell’attesa”: aperta l’8 luglio chiusa il 1° novembre. La rassegna ruota intorno al dipinto raffigurante l’Eremita Torello da Poppi nell’atto di benedire una donna in avanzato stato di gravidanza (olio su tela, fine del XVIII sec.), iconografia unica nel panorama pittorico toscano.

Restaurata proprio in questa occasione, la grande tela, commissionata per la chiesa di Santa Trinità di Firenze, è attribuita al pittore fiorentino Santi Pacini ed è datata alla fine degli anni Settanta del Settecento, quando l’artista era impegnato ad eseguire gli affreschi nella volta e nel coro della chiesa di Camaldoli.

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La tela è stata riscoperta dall'ottima curatrice della mostra, la studiosa Alberta Piroci Branciaroli, ed è dedicata a Torello, eremita di Avellaneto nei pressi di Poppi, noto fin dal Duecento, secolo nel quale visse, come protettore delle partorienti e dei feti nel tempo dell’attesa; ad esaltare la raffigurazione di questo delicatissimo momento di vita quale metafora teologica del percorso di salvezza dell’umanità, vi è poi in mostra un gruppo di opere in prestito dalle Gallerie degli Uffizi, dedicate ai soggetti dell’Annunciazione di Maria ed alla Natività di Cristo.

La più significativa tra queste è l’Allegoria dell’Incarnazione e Sibille, raffinato dipinto che mostra il nomen sacrum (IHS), sigillo della Compagnia di Gesù, sul grembo della Vergine. Vi è poi l’Annunciazione, precedentemente attribuita a Bronzino e oggi ascritta al suo contemporaneo fiorentino Giovanni Bizzelli, e Il voto contro natura, grandiosa e provocatoria scultura dell’artista siciliano dell’Ottocento Salvatore Grita: una donna incinta in abito monacale accasciata contro un muro scrostato si fa portavoce di tutte quelle ragazze madri e femmine cadette che, forzatamente e contro natura, furono obbligate a prendere i voti.

"Lo scultore" spiega la dottoressa Piroci Branciaroli era figlio di una ragazza madre, costretta anche lei al convento, e solo da adulto seppe chi fosse suo padre.

«Nei secoli passati le invocazioni delle donne incinte e delle loro famiglie, ai santi, perché assicurassero gravidanze

serene e parti felici erano molto diffuseprosegue la dottoressa Piroci Branciaroliquindi anche nell'arte ne vediamo molti e luminosi esempi. Un episodio che pochi conoscono – ricorda ancora la curatrice – è il miracolo attribuito all'Arcangelo Michele che, secondo la tradizione, avrebbe consentito ad una donna con le doglie in corso di giungere sulla terraferma da Mont Saint Michel nonostante il sopraggiungere dell'alta marea».

«Per questo – conclude la studiosa – abbiamo inserito nel catalogo della mostra anche un saggio della professoressa Immacolata Aulisa del Centro studi micaelici dell’Università di Bari, relativo a Monte Sant'Angelo (Foggia), uno dei grandi centri del culto dell'Arcangelo Michele: la grotta a lui dedicata è inserita nelle lista del Patrimonio Unesco».

Da noi in passato (e in molti posti del mondo è così tuttora) «nasce l'uomo a fatica, ed è rischio di morte il nascimento» come scriveva Leopardi. Ma il miracolo dell'attesa e della vita si rinnova ad ogni nascita.

Il direttore degli Uffizi Eike Schmidt: ha dichiarato: «Tra le molte glorie del Casentino si conta anche il Beato Torello, punto di partenza per questa mostra dedicata alla maternità, al suo mistero, alla sua centralità. L’evento dunque ha un valore sia locale che globale, perché tocca argomenti che coinvolgono non solo i casentinesi, ma tutta l’umanità.

In un momento in cui il dibattito sulla A TUTTA VITA

libertà di scelta nella procreazione si accende di nuovo nel mondo, mentre al contempo le società avanzate, e l’Italia soprattutto, si trovano in una grande crisi di denatalità, le opere esposte offrono spunti di riflessione universali, attraverso l’immagine della donna come sublime portatrice di vita, madre amorosa e consapevole, ma anche come vittima del pregiudizio».

Il presidente della Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori: «Questa mostra – dichiara il Presidente di Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori – segna il felice ritorno al Castello di Poppi per ‘Terre degli Uffizi’. Il progetto ha infatti avuto inizio in questo luogo affascinante, proprio un anno fa, con un omaggio a Dante Alighieri».

Il sindaco di Poppi Carlo Toni: «Continua, e spero con altrettanto successo, l’interscambio culturale con le Gallerie degli Uffizi. Il castello si anima di opere che richiamano la maternità celebrando la Vita come frutto che nasce dall’Amore.

Un messaggio di speranza in tempi difficili, lo sguardo al futuro per affermare sempre di più il sacro universale valore della Pace che si costruisce nel rispetto della Vita, faticosamente, con sacrificio e determinazione, ma solo così se vogliamo e crediamo in un mondo migliore».

A TUTTA VITA

INTERVISTA ALBERTA PIROCI BRANCIAROLI CURATRICE

INTERVISTA EIKE SCHMIDT DIRETTORE UFFIZI

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SANTI ED EROI PER LA VITA |

a cura di Elisabetta Pittino

Santi per la Vita Don Oreste Benzi

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di Enrico Masini

La scelta Oreste Benzi nasce a San Clemente, un paesino nell'entroterra riminese, il 7 settembre 1925. «Che fortuna essere stato bocciato in prima elementare» sempre raccontava, «così ho avuto l'opportunità di incontrare la maestra Olga che in quinta elementare ci ha raccontato dell'esploratore, del prete e del pioniere. Così sono tornato a casa e ho detto alla mamma: io mi faccio prete».

Strapazzarsi per le anime diventa presto il suo motto, anche se il vescovo gli aveva chiesto di non dirlo per non mettere in difficoltà gli altri preti. Non aspetta la gente in parrocchia, ma la va a cercare, casa per casa. Coinvolge i parrocchiani in ogni decisione quando con altri 4 preti, nel 1968, fonda una nuova parrocchia nella zona più comunista di Rimini dove, seguendo le necessità della sua gente, costruisce l'asilo prima ancora della chiesa, continuando per anni a dir messa in un garage.

Animatore di Azione Cattolica, intuisce che i preadolescenti vivono una fase cruciale della loro vita, il momento in cui sceglieranno da che parte stare: se legarsi a Cristo per tutta la vita o abbandonare la fede. Capisce così la necessità di proporre loro un incontro simpatico con Cristo. Si reca due volte in America a chiedere l'elemosina per costruire un albergo a Canazei, dove portare in vacanza chi non se lo può permettere, a partire da giovani e disabili insieme. Nascono così i campi di condivisione e l'intuizione di fondare la Comunità Papa Giovanni XXIII, dove al centro si possa riconoscere il volto di Cristo in ogni uomo, a partire dagli ultimi, 32

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dai più poveri ed emarginati, dai disabili e dai bambini senza l'amore di una famiglia. È nel 1973 che nascono le Case Famiglia, luoghi per dare una famiglia amorevole a chi non ce l'ha, abitate da Fratelli che lì spendono la loro vita h24, 365 giorni all'anno. Nelle case famiglia non c'è chi aiuta e chi è aiutato, ma ci si salva insieme valorizzando al massimo le potenzialità di ognuno.

Ogni incontro col povero è per don Benzi l'opportunità di dare avvio a nuovi progetti. «Non dobbiamo dare ciò che ci fa comodo, ma ad ognuno ciò di cui ha davvero bisogno», ricorda costantemente. Attraverso la chiamata dei vescovi, la comunità parte in missione. Prima in Zambia e nei paesi più poveri, poi in ogni luogo, oggi in oltre 40 nazioni dei 5 continenti.

Il Servizio Maternità Difficile Nel 1996, durante una conferenza in occasione della Giornata per la Vita, dal pubblico giunge una provocazione: «Lei dice bene, don Benzi, ma cosa fa per questi bambini e queste mamme che subiscono l'aborto?». «Ha ragione», risponde, «sono solo parole, ma da oggi prometto che mi impegno davvero».

La sua coerenza fino alle estreme conseguenze lo porta a schierarsi senza paura, denunciando in ogni luogo e senza mezzi termini la terribile realtà dell'aborto. Contemporaneamente si rende disponibile in prima persona per aiutare ogni gestante tentata di sopprimere il suo bambino. Così nel 1997 fonda il Servizio Maternità Difficile.

Fin dal primo manifesto pretende vi sia scritto anche il suo numero di cellulare.

Già impegnatissimo su tantissimi fronti era irraggiungibile al telefono, eppure quando davvero si aveva bisogno di lui lo si trovava sempre, un vero dono della provvidenza. Per incontrare una donna in procinto di abortire era capace di mollare tutto e partire immediatamente, macinando centinaia di chilometri.

Consapevole dell'efficacia dei suoi interventi, desiderava parlare in prima persona con ogni madre considerata irremovibile dai suoi collaboratori. Si prendeva davvero a cuore la situazione di ognuno pur essendo costantemente a disposizione di tutti, sempre in viaggio per l'Italia e per il mondo. Intendeva dare subito la risposta necessaria perché il figlio che ogni gestante portava in grembo potesse essere accolto serenamente e in condizioni dignitose, ma, allo stesso tempo, agendo ad ogni livello, politico, culturale e sociale, per rimuovere le cause che provocano l'emarginazione.

Nel 2000 una donna incinta accolta in una delle sue Case Famiglia entra ed esce più volte dall'ospedale indotta ad abortire.

Don Oreste interviene efficacemente ogni volta, ma ad un certo punto si rende conto di non avere più risorse. Così si rivolge a Dio Padre, facendo dono di rinunciare al caffè per il resto della vita se quel bambino fosse nato. Chi lo ha conosciuto da vicino sa quanto costò quella scelta a lui che quasi mai dormiva nel suo letto, concedendosi per lo più brevi pisolini durante i continui spostamenti.

«Ho trovato il modo di fare cessare gli aborti», iniziò a sostenere nel 1998, «andiamo a pregare davanti agli ospedali». Una supplica a Dio unita alla denuncia del gravissimo delitto che si A TUTTA VITA

L'opera di don Benzi e le sue scomode battaglie non muoiono con la sua morte, come invece annunciava in prima pagina il Corriere della Sera del 3 novembre 2007, all'indomani della sua dipartita.

Al numero verde 800 035 036 continuano a rispondere fratelli disponibili ad ascoltare ed accogliere migliaia di gestanti in procinto di abortire, disorientate da un mondo che vorrebbe chiudere con una pillola la pagina più importante della loro vita.

sta compiendo: pregare sul marciapiede, nel luogo, giorno e ora in cui avviene il massacro degli innocenti. Come sotto la croce di Cristo, anche tendendo la mano alle gestanti mentre entrano in ospedale, per dare loro un'ultima opportunità.

Sente il grido di chi non ha voce, di ogni povero, così come dei bimbi allo stato embrionale abbandonati nei congelatori o scartati perché malati o scaduti. È così che ne promuove l'accoglienza al pari di ogni altro povero e fra gli ultimi atti della sua vita terrena avrà la gioia di battezzare il primo bimbo salvato dal ghiaccio.

Photo by wikipedia

I bimbi mai nati e un’opera che continua Non lasciare soffrire nessuno da solo è una sua priorità. Si accorge del tremendo dolore che vivono i genitori in lutto prenatale. Promuove quindi la sepoltura dei corpicini dei bimbi abortiti, sempre in accordo con i genitori, in aiuto o su loro delega. Il rispetto di quelle spoglie mortali offre dignità a chi vive un lutto profondo, negato e represso: solo facendolo emergere in modo condiviso se ne facilita l'elaborazione.

L'opera di don Benzi e le sue scomode battaglie non muoiono con la sua morte, come invece annunciava in prima pagina il Corriere della Sera del 3 novembre 2007, all'indomani della sua dipartita.

Al numero verde 800 035 036 continuano a rispondere fratelli disponibili ad ascoltare ed accogliere migliaia di gestanti in procinto di abortire, disorientate da un mondo che vorrebbe chiudere con una pillola la pagina più importante della loro vita.

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SANTI ED EROI PER LA VITA |

a cura di Elisabetta Pittino

Eroi per la Vita Dom Lucas Moreira Neves di Mauro Barsi, Presidente del Progetto Agata Smeralda ODV

L’eroe di questo SAV è il Card. Lucas Moreira Neves fondatore del Progetto Agata Smeralda. Lo racconta un suo caro amico Mauro Barsi, svelandone l’importante ruolo nella difesa e cura della vita in Brasile.

Sono trascorsi vent’anni dalla morte del Cardinale Lucas Moreira Neves. Non è facile per me scrivere di lui. Sono tanti gli episodi importanti che mi passano per la mente. Trent’anni di amicizia non sono uno scherzo! Ho seguito la sua malattia giorno dopo giorno, fino alla morte.

Appena rientrato dal Brasile, all’inizio del mese di agosto del 2002, un mese prima dalla morte, mi disse che presto sarebbe ritornato anche lui a Salvador. «Tu rimani qui a continuare questo meraviglioso lavoro che abbiamo iniziato insieme al servizio della vita e della dignità umana.

E vedrai che la Provvidenza di Dio non ti abbandonerà mai». Non riuscivo a capire quelle parole. Come sarebbe potuto ritornare in Brasile in quelle precarie condizioni di salute?

La sua morte avvenne nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa liturgica della Natività di Maria: l’8 settembre. Per suo desiderio, fu sepolto nella Cattedrale di Salvador Bahia, per rimanere in mezzo ai suoi poveri, a quel “gregge” da lui tanto amato che un giorno il Signore Gesù gli aveva affidato.

Alle persone che lo andavano a trovare in ospedale parlava con entusiasmo del Centro sociale a lui dedicato dalla grande famiglia di Agata Smeralda in occasione del suo 50° di Sacerdozio. Una struttura situata nella favela di Alto do Perù, a Salvador Bahia, dove si alternavano e si alternano ancora oggi tantissimi giovani 34

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provenienti dalle favelas poverissime, che si preparano ad affrontare la vita e ad inserirsi nel mondo del lavoro e anche nell’Università. Inoltre, in questo stesso Centro, moltissimi bambini vengono curati gratuitamente da validi medici odontoiatrici.

Spesse volte sono stato ospite del Cardinale nell’Arcivescovado di Salvador Bahia. Ricordo una porta sempre aperta, per tutti, ma in particolare per le ragazze madri e i loro bambini. Un giorno, mentre pranzavamo insieme, ancora stanchi per il lungo viaggio, si presentò alla porta una giovane donna incinta, che teneva per mano un bambino grandicello.

Chiedeva soltanto qualcosa da mangiare.

Il Cardinale non esitò a farla entrare in casa, e mi disse: «Dobbiamo dare un futuro anche a quella creatura che deve nascere. Pensa a quante immagini, anche di grandi artisti, ci sono a Firenze, che raffigurano Gesù. Ma nessuna è più vera di quella creatura!».

Dom Lucas fu grande amico di Papa Giovanni Paolo II e, come Lui, si è distinto in nome della difesa della vita dal concepimento alla morte naturale.

Non a caso, nella favela di Mata Escura, volle costruire un Centro sociale per assistere i poveri del luogo, che appunto porta il nome di Giovanni Paolo II, e che comprende anche 6 case di accoglienza per le ragazze madri. Spesso si trattava di ragazzine tolte dal marciapiede.

Ogni volta che gli parlavo dei nostri centri di accoglienza di bambini e bambine di strada, ci teneva ad evidenziare che ogni nostro centro fornisse un concreto aiuto alla vita.

Mai ci siamo dimenticati di questo suo desiderio. L’aiuto alla vita è infatti diventata la mission del Progetto Agata Smeralda. Si deve a Dom Lucas, al suo grande amico Carlo Casini e al sottoscritto, la nascita della nostra Associazione, che nel corso di trentuno anni ha seguito 36.000 bambini, nella crescita e nella formazione umana. Senza dimenticare le tante ragazze-madri che hanno appunto potuto dire “sì” alla vita.

Fu proprio Carlo Casini, insieme alla moglie Maria, a recarsi per primo in terra brasiliana e ad adottare a distanza i primi bambini. Un‘esperienza che i due coniugi ricordavano sempre con amore.

Il Card. Lucas Moreira Neves si sentiva molto legato alla città di Firenze. Era rimasto impressionato dallo Spedale degli Innocenti. Lo definì “un inno alla vita”. Gradiva mettere in evidenza, durante le sue conversazioni, che un’intera città già nel periodo del Rinascimento si faceva carico dei bambini appena nati e abbandonati Il Sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, volle consegnargli, in Palazzo Vecchio, il prestigioso riconoscimento del Fiorino d’Oro. A TUTTA VITA

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C'È VITA SULLA TERRA |

a cura di Rosario Carello

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Il papà dell’Europa Ha sognato per primo l’Unione Europea.

Ha lottato contro gli egoismi. Ha vinto.

E ora potrebbe salire agli onori degli altari.

Quando pensate all’Unione Europea a cosa pensate? Alla burocrazia? Ai decenni di pace e sviluppo che ha garantito? Alla tracotanza di certi Paesi e alle loro politiche a volte disumane?

A me, sono strano io, l’Unione Europea ricorda innanzitutto tre persone, quelle che l’hanno fondata: il tedesco Konrad Adenauer, l’italiano Alcide De Gasperi (che è servo di Dio), e il francese Robert Schuman, che è venerabile. Tre politici, tre statisti, tre cattolici, di cui due con un processo di beatificazione aperto.

Prendiamo Schuman, esempio di carità verso Dio e verso il prossimo, come l’ha definito la Congregazione per le Cause dei Santi.

I valori cristiani Nasce a Clausen, Lussemburgo, nel 1886. È un cittadino tedesco, ma quando nel 1919 la regione dell’Alsazia-Lorena viene restituita alla Francia, diventa francese.

Famiglia cristiana, messa e Rosario quotidiani. Devoto della Madonna, da ragazzo fa parte dell’associazione studentesca Unitas, il cui slogan è virtus, scientia et amicitia. Laurea in Diritto a Strasburgo. Si prepara alla vita con serietà e la vita lo trova preparato. I primi impegni sono ecclesiali, poi l’elezione a deputato. Durante la Seconda Guerra Mondiale viene arrestato dalla Gestapo, quasi un anno dopo fugge e trova riparo in conventi e monasteri. Nel 1945, a conflitto finito, viene eletto deputato all’A ssemblea costituente francese. Dal A TUTTA VITA

1946 sarà più volte ministro ma anche Presidente del Consiglio. Il suo lavoro è tutto per la crescita economica e sociale.

Il sogno europeo Il 9 maggio del 1950, da ministro degli Esteri, scrive: «Il governo francese propone di mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità» e invita gli altri Paesi europei ad aderire. L’idea, concretissima, è unire l’oro di quei tempi, la produzione di carbone e acciaio, in vista di una federazione europea. Nasce la CECA, il primo nucleo dell’attuale Unione, Paesi fondatori: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Grazie alla collaborazione di De Gasperi e Adenauer nel 1957 seguirà il trattato di Roma, che fonda la Comunità europea, e per acclamazione Schuman diventa il primo Presidente del nuovo Parlamento. Morirà nel 1963 a 77 anni d’età. «Infaticabile pioniere dell’Europa unita», lo chiamerà Paolo VI.

La fede nutrì il suo impegno a lavorare per un’Europa unita e riconciliata

Sarà santo. Ma perché?

La Congregazione vaticana spiega: «La scelta di impegnarsi in politica fu considerata come obbedienza alla volontà di Dio. La fede nutrì il suo impegno a lavorare per un’Europa unita e riconciliata. Uomo di governo al servizio di uno Stato laico, Schuman rispettava pienamente la laicità dello Stato, ma non acconsentì mai ad agire contro coscienza, formata all’obbedienza dei comandamenti di Dio e delle leggi della Chiesa». Rifletto che a scuola di questi statisti non si parla. Ma se se ne parlasse, cosa si direbbe di questa coscienza formata? Sarebbe valore o disvalore? Modernità o preistoria?

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CUORE A CUORE |

a cura di Elisabetta Pittino

cuore a cuore

...e la bioetica della maternità

Cuore a Cuore secondo Marianna Gensabella Furnari, docente di Filosofia Morale dell’Università degli Studi di Messina, membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, autrice de Il corpo della madre.

Per una bioetica della maternità.

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Può testimoniare, da studiosa e da donna, che il bambino, il concepito, è una persona, è uno di noi?

Naturalmente sono livelli diversi di percezione della vita prenatale o di riflessione su di essa. Come donna ho avuto la fortuna di sperimentare per due volte nella gravidanza la percezione di una vita altra da me che cresceva in me: un’esperienza esistenziale di particolare intensità. Devo dire che non mi sono posta il problema se fosse già persona, perché lo/la desideravo come figlio/figlia e lo/la sentivo come tale (ho avuto un maschio e una femmina).

Questa percezione comprendeva non solo l’amore, che certo aveva il primo posto, ma anche il sentirmi invasa da questa piccola vita altra. Penso che sia questo il mistero della maternità: la percezione di essere un corpo che si apre ad un altro, che sta facendo spazio ad un altro. Una percezione che è esposta ad ambivalenze più di quanto si pensi e più di quanto le stesse donne riescano ad ammettere.

Come studiosa di bioetica ho riflettuto a lungo sull’identità e sullo statuto dell’embrione umano, pensandolo ancor prima dell’impianto nel grembo, 36

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ottenuto (non riesco a dire prodotto) nel freddo di una provetta da un incontro di gameti maschili e femminili gestito da mani esperte. Quell’embrione è nudo più dell’embrione nel grembo, è esposto a tutto: alla diagnosi pre-impianto, alla possibilità di essere scartato, a quella di essere congelato. La frase che Lei cita, “è uno di noi”, si ritrova in un bel parere del Comitato Nazionale per la Bioetica di parecchi anni fa e dice una verità semplice, essenziale, che è sotto gli occhi di tutti, la stessa che possiamo ritrovare in Tertulliano: «è già uomo colui che lo sarà». Siamo stati tutti embrioni e anche il piccolo embrione esposto è ancor prima del fatidico 14° giorno, di cui tanto si parla, indiscutibilmente un embrione con un patrimonio genetico umano… se lo impiantiamo, lo lasciamo crescere e nascere sarà come noi. Il problema poi se sia “persona” è un problema divisivo in bioetica se e solo se si accetta che vi siano esseri umani non-persone, come sostengono Peter Singer e Hugo Tristram Engelhardt. Ma le loro tesi sono inaccettabili non solo per gli embrioni, ma per tutti gli esseri umani, perché creano discriminazioni tra chi, in base alle funzioni percettive

e cognitive, meriterebbe l’attributo di persona e chi non lo meriterebbe.

Il termine persona, che possiamo considerare come il nomen dignitatis dell’essere umano va attribuito a tutti.

Se questo non accade è perché a mio avviso questa verità semplice evidente è scomoda, molto scomoda. Impegna al rispetto dell’embrione umano, ne impedisce non solo la distruzione, ma anche l’uso: insomma come per tutti gli esseri umani deve valere anche per l’embrione l’imperativo kantiano: “agisci in modo da considerarlo anche come fine e mai solo come mezzo”. Molti interessi impediscono il rispetto di questo imperativo.

Qual è il significato esistenziale dell’esperienza di maternità durante la gravidanza?

Penso che sia l’ospitalità: nel senso primo, originario, perché si tratta di un’ospitalità in cui mettiamo a disposizione il nostro corpo.

Un’ospitalità che chiamerei totale: in genere riserviamo all’ospite una parte della nostra casa, col figlio questo non ci è possibile, dobbiamo mettergli a disposizione tutto.

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Penso che sia questo il mistero della maternità: la percezione di essere un corpo che si apre ad un altro, che sta facendo spazio ad un altro. Una percezione che è esposta ad ambivalenze più di quanto si pensi e più di quanto le stesse donne riescano ad ammettere.

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L’ospite è uno straniero accolto come amico, ma quante volte non accogliamo lo straniero e quante volte pur avendolo accolto temiamo che non sia proprio un amico? Anche nella gravidanza questo può accadere e se accade occorre che la donna sia compresa nelle sue difficoltà, aiutata, sostenuta.

Insomma, la gravidanza è veramente un’esperienza esistenziale unica, un privilegio, ma non credo sia un bene darne un’immagine solo positiva: vi è la luce dell’accoglienza, il sì luminoso di Maria all’annuncio dell’Angelo, ma vi è anche l’ombra e addirittura l’oscurità fitta del rifiuto, fino al gesto folle di Medea. Quell’ospite particolare di cui parla Virginia Vegetti Finzi, che il figlio è sì, a volte, l’ospite più atteso, ma può essere anche il più temuto. Il suo essere altro da noi è reso particolare dal suo legame con noi, dal suo poter crescere e nascere solo in noi e da noi.

Il corpo della madre è corpo che dice relazione, quanto la relazione tra madre e figlio embrione è fondante per la società?

Sarah Ruddick nel Pensiero materno collega la maternità alla pace. Un’altra A TUTTA VITA

femminista americana, Virginia Held, sostiene che si dovrebbe sostituire la relazione propria del contrattualismo, tra uomini uguali, liberi che si impegnano alla collaborazione reciproca, con la relazione madre figlio come relazione che fonda il nostro vivere sociale. Credo si tratti di una linea che potremmo definire di “pensiero utopico del materno”, che mette al centro del nostro vivere sociale non rapporti di reciproco scambio, ma rapporti di cura che possono essere, o che spesso sono, non-reciproci, come quello tra madre e figlio.

Se questo potesse realizzarsi almeno in parte, affiancando ad un’etica contrattualista un’etica della cura, come si propone da più parti, ci sarebbe più spazio per i più vulnerabili, come i bambini, gli anziani, le persone con disabilità, e per ognuno di noi ci sarebbe più respiro e più rispetto per le nostre vulnerabilità. Così come accade a tutti coloro che hanno la fortuna di essere amati come figli.

con l’altro, la più intima, possa avvenire senza perdersi».

Sì, nella gravidanza la donna deve anche raccogliersi in sé – è una suggestione che mi è venuta da Luce Irigaray – per non perdersi nell’altro, ma anche per poter darsi all’altro, per poterlo ospitare davvero come padrona di casa e metterlo al mondo come madre. È ciò che fa della gravidanza un’esperienza di crescita della donna, sempre a rischio, come tutte le esperienze di crescita, di perdita. Il raccogliersi in sé è necessario per non perdersi o per ritrovarsi dopo essersi perduta.

Il tempo dei 9 mesi della gravidanza è il tempo del «raccoglimento necessario perché quella relazione SÌ alla VITA

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TenerAmente |

a cura di Maria Pia Sacchi e Gianni Mussini

Laudato si’ Se è ineguagliabile il linguaggio poetico con cui San Francesco, nel suo Cantico delle creature, loda il Signore per tutto il creato, è stata geniale l’idea di Papa Francesco di tornare al Poverello di Assisi per guidare il popolo di Dio a una nuova consapevolezza nei confronti della natura che ci circonda.

L’enciclica Laudato si’ (24 maggio 2015) è stata una provocazione per il nostro mondo distratto dai propri doveri e piuttosto concentrato sui “diritti”.

L’impatto è stato dirompente, generando una più matura presa di consapevolezza, qualche virata nei comportamenti individuali e collettivi, accordi e prese di posizione anche a livello di Stati e di organizzazioni internazionali.

La questione ambientale esiste, eccome.

Proviamo allora a tornare alla Laudato si’ e a qualche suo passaggio da tenere davvero a mente.

Tra i paragrafi dal 117 al 120, per esempio, si legge: «La mancanza di preoccupazione per misurare i danni alla natura e l’impatto ambientale delle decisioni è solo il riflesso evidente di un disinteresse a riconoscere il messaggio che la natura porta inscritto nelle sue stesse strutture.

Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa».

Questo perché, aggiunge Francesco, tutto è connesso: «Se l’essere umano si dichiara autonomo dalla realtà e si costituisce dominatore assoluto, la stessa base della sua esistenza si sgretola».

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E ancora: «Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia. Quando la persona umana viene considerata solo un essere in più tra gli altri, che deriva da un gioco del caso o da un determinismo fisico, si corre il rischio che si affievolisca nelle persone la coscienza della responsabilità».

Francesco ci mette anche in guardia dall’illusione di «risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali», aggiungendo questo passaggio decisivo: «Quando il pensiero cristiano rivendica per l’essere umano un peculiare valore al di sopra delle altre creature, dà spazio alla valorizzazione di ogni persona umana, e così stimola il riconoscimento dell’altro».

Non si può infatti proporre una relazione con l’ambiente a prescindere da quella con le persone e con Dio.

Questo non sarebbe altro che «un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza».

Parole forti, che preparano quest’ultima esplosione di verità: «Dal momento che tutto è in relazione, non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà».

Ecco dove sta l’umanesimo integrale, senza censure, che solo può porci in pace con la natura, con noi stessi, con Dio. Quell’umanesimo integrale che con i nostri mezzi – spesso modesti ma mai arrendevoli – cerchiamo di mettere in atto nei nostri centri e movimenti.

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Siamo solo noi l’Equipe si presenta! di Davide Rapinesi, responsabile Giovani del MpV Italiano

Ci presentiamo e lo facciamo partendo dal dire cosa non siamo. Non siamo la sezione giovanile di un’associazione che ha un’illusione come fine. Il nostro fine è l’uomo in tutta la sua concretezza, che ci impegniamo a difendere su ogni fronte. Noi non siamo giovani fuori tempo e non siamo nemmeno quelli che costruiscono barricate, quelli, per intenderci, della logica stupida dei “prolife” contro i “pro-choice”, semmai siamo quelli che cercano di smontare, legno dopo legno, le barricate che incontriamo contro la vita. Noi non siamo il sogno che DAL MPV

gelosamente custodiamo o la fiammella flebile della dignità della vita umana che proteggiamo, ma al contrario siamo il sogno che condividiamo e l’incendio che accendiamo. Noi non apparteniamo ad un’associazione di reduci sconfitti dal passato, noi siamo la forza, il coraggio, la tenacia, la perseveranza che si respira in ogni Centro di Aiuto alla Vita ed è proprio a quest’ultimi che ci ispiriamo. È affascinante il loro insegnamento: ci sono dei CAV che da più di quarant’ anni non hanno mai taciuto con il loro operato. Il loro silenzioso impegno è un

fermento che ha portato al primo posto la validità della nostra causa attraverso la concretezza dell’azione. I CAV sono l’essenza, l’anima e lo stile che ci ispira.

L’Equipe è fatta da giovani donne e uomini che seguono le orme di quel Movimento giunto fino a noi, dall’ardore di quei primi passi di cui nessuno allora sarebbe stato in grado di misurare la portata. Una storia che ricordo è nata da giovani per i giovani: «I primi bambini salvati oggi hanno venticinque anni e vivono grazie all’azione e alla parola di tanti giovani SÌ alla VITA

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che, proprio venticinque anni fa, si sono battuti per le loro vite e per quelle delle loro madri. Hanno lottato insieme a quelle mamme che con coraggio hanno detto “sì alla vita”, nonostante le difficoltà» (Roberto Bennati).

Parlare al cuore dei giovani che incontriamo per conquistarli, è questa la sfida dell’Equipe. Noi tutti abbiamo il sogno di una società che si fondi veramente sulla giustizia, sull’amore, sulla libertà ma soprattutto sulla verità.

Siamo convinti, infatti, che un giorno l’umanità riconoscerà al concepito la sua

appartenenza alla famiglia umana, degno dell’amore e della tutela che merita ogni uomo. È un impegno il nostro. Giovanni Paolo II disse, in un suo discorso rivolto ai giovani, che la libertà non è fare quello che vogliamo ma ciò che dobbiamo ed il nostro è un servizio dovuto nei confronti di questa e delle generazioni future. Vogliamo esprimere tutto il nostro entusiasmo. Se vi capitasse di trovarvi in uno dei nostri seminari Vittoria Quarenghi sapreste certamente di che entusiasmo stiamo parlando.

L’Equipe ha soprattutto volti, nomi e

cognomi: Giuseppe Maria Forni, Irene Pivetta, Greta Gregoratti, Francesco Aviani Barbacci, Myriam Romano, Marco Alimenti, Alberto Siena, Antonella Chiavassa, Camilla Galuppi, Ivan La Torraca, Giuliano Guzzo, Cristina Forestiero, Rebecca Forestiero, Maria Faillaci, Emanuele Petrilli, Matteo Cioè ed il sottoscritto.

Ognuno di noi ha una storia diversa nel MpV ed un carattere unico che rende unica questa Equipe.

Le storie e le testimonianze di tre new entry nell΄Equipe Giovani Dominique Monteiro Barbosa «Grazie a una mia cara amica sono entrata in contatto con il CAV del mio comune, successivamente con il MpV e infine nell’Equipe Giovani. Quello che ho notato da subito all’interno dell’equipe è stato l’affiatamento tra i giovani che ne fanno parte e soprattutto la determinazione che caratterizza l’amore per la causa per cui mi spendo. L’equipe non è composta solo da ragazze e ragazzi che si riuniscono per discutere su temi inerenti al Movimento; l’equipe è un gruppo di donne e uomini che guardano alla vita come l’insieme di possibilità per un futuro migliore, in cui ogni individuo ha un valore essenziale per l’intera società, anche e soprattutto colui che non si vede e che di conseguenza ha bisogno più di tutti di essere difeso»

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Camilla Galuppi «Domenica 5 febbraio del 2017 mi sono imbattuta nella celebrazione della Giornata per la Vita organizzata dal CAV locale. Quel giorno ero uscita con mio nipote di quattro anni, così quando una delle volontarie mi offrì una primula mi sembrò urgente chiederle più informazioni sul tipo di volontariato che facevano perché quella vita che tenevo per mano mi aveva dato il coraggio, e continua a darmelo, di accogliere e tutelare il dono immenso che la vita è. Il giovedì successivo ero al CAV e continuo ad esserci oggi con tutto l’amore che posso»

Myriam Romano «Sono Myriam, ho 23 anni e faccio parte dell'equipe da poco più di un mese.

Sono arrivata qui tramite il Quarenghi. Il mio primo incontro è stato a sedici anni, e negli anni ho sempre voluto tornare lì dove il dibattito è aperto e la crescita continua, ogni posizione ascoltata, ogni debolezza è una forza e ogni persona si fa tuo prossimo. Col tempo non ho mai avuto modo di fare volontariato nei CAV, ma mi trovavo a sentire questa dimensione della difesa della vita nascente come profondamente vera e mia: non vuota retorica, ma impegno concreto per la costruzione di una società su basi solide. Se non maturo la consapevolezza che la Vita ha senso a prescindere dagli eventi, allora il rischio della tendenza alla sua svalutazione diventa troppo alto; se non parto dalla difesa della Vita, allora ogni altra battaglia è sterile. Questa per me è la battaglia più feconda che ci sia: l'unica che non ferisce ma lascia in Vita».

DAL MPV

Quarenghi 2022 Era il mio secondo Quarenghi. La prima volta è stata nel 2018 e ho voluto tornare proprio perché era stata veramente emozionante. Le attività sono molto interessanti. Parlare di temi importanti come l'aborto e l'eutanasia mi hanno permesso di pensare con una mentalità diversa, sicuramente più da adulto. La cosa però che mi sono portato a casa con più leggerezza è la consapevolezza di poter conoscere nuove persone e farsi nuovi amici. Anche se la maggior parte dei ragazzi erano abbastanza più piccoli di me ciò che conta è quello che una persona può dare agli altri.

Alberto Lentini

Riflessioni post Quarenghi '22 “…e navigar m’è dolce in questo mar!” di Barbara Orgiano, Cagliari Il “mare di coraggio” è quello in cui ci immergiamo ogni giorno, cercando di procedere, ma senza lasciare indietro nessuno.

Il “mare di coraggio” è quello in cui mi sono immersa decidendo, all’ultimo, di partire per questa nuova avventura, nonostante il clima torrido e la totale assenza di persone conosciute.

Non appena letto il programma, ho sentito la risposta che saliva dal profondo, immediata, convinta e positiva: Sì!

Cosi, di lì a una settimana, mi sono ritrovata a contatto con un gruppo di persone nuove ed affascinanti, ciascuna con il proprio bagaglio di esperienza, da condividere e portare insieme.

Tante risate, ma anche tanto confronto ed occasioni di riflessione.

Un gruppo eterogeneo per generi ed DAL MPV

età, per attività e professione, ma tutti uniti e concentrati sull’importanza dei temi trattati, essenziali in questa nostra esistenza: la vita, la morte e tutto ciò che separa l’una dall’altra.

Tanto ricchi gli argomenti, quanto più preparati e competenti i relatori.

Una settimana di esperienze e riflessioni, sia in aula che fuori, che hanno fortemente accresciuto la gratitudine per tutto quanto finora ricevuto dalla vita, unitamente alla consapevolezza che – proprio per tutto quanto ricevuto finora – non si può che diffondere l’inno alla vita!

Seppur rientrata nella mia quotidianità, la bellissima esperienza vissuta mi accompagna ancora oggi, nei ricordi, nei colori, nei volti delle persone che incontro ogni giorno! Sempre pronta ad

ascoltare ed a tendere la mano, in caso di necessità.

Perché navigare in questo bel “mare di coraggio chiamato vita” ti fa capire che non puoi e non devi “solo” nuotare, ma ogni occasione potrebbe essere quella buona per vincere una nuova sfida, per noi e per chi ci sta vicino!

Ed ecco che allora il “Naufragar” del Leopardi diventa un dolce “navigar”, senza senso di smarrimento alcuno, ma con grinta e determinazione verso la vittoria di una nuova sfida: Sì alla vita!

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RUBRICA

DALLE SEDI LOCALI

a cura di Soemia Sibillo

Nuova casa di accoglienza per mamme a Olgiate Olona È dedicata a Maria Gabriella Rimoldi L’Albero della Vita, la nuova casa di accoglienza madre-bambino in ristrutturazione a Olgiate Olona, in provincia di Varese.

L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra la Casa Gialla Onlus e il Centro di Aiuto alla Vita Anna e Giovanni Rimoldi ODV di Busto Arsizio.

Sabato 17 settembre 2022, dopo la Santa Messa delle 17.30, presso la Chiesa olgiatese di Santo Stefano, nel piazzale interno della stessa, un folto e attento pubblico con il cuore pieno di gioia ha seguito la lieta cerimonia della dedica a Maria Gabriella, unica figlia di Anna e Giovanni Rimoldi (nel cui ricordo opera il CAV bustese), nata il 22 dicembre 1995 e morta dopo 100 giorni il 1° aprile 1996.

L’Albero della Vita potrà accogliere in 5 appartamentini le mamme con il loro bambino in via Landriani 7/10, nei locali del vecchio oratorio femminile resi disponibili dalla sensibilità di Don Giulio Bernardoni, Parroco di S. Stefano a Olgiate Olona e della diocesi di Milano.

La conclusione dei lavori di ristrutturazione è prevista a primavera 2023 con un costo di 800 mila euro.

Presenti, tra gli altri, Natalia Marrese e Antonio Pellegatta, rispettivamente Presidente e Presidente Onorario del CAV di Busto Arsizio, Michele Bigonzi e Lia Silanos, Responsabili della Casa Gialla, Bruna Puricelli Scazzosi, in rappresentanza delle famiglie PuricelliRimoldi.

Nella cerimonia è emerso chiaramente 42

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il motivo dell’intitolazione della nuova struttura: l’amore cui Maria Gabriella è stata oggetto nei suoi cento giorni di vita.

Un amore e un impegno oggi che accomuna le Associazioni proponenti.

Il CAV aiuta le mamme nelle maternità difficili e la Casa Gialla apre le sue strutture accogliendo bambini, affidati dal Tribunale, in situazioni di temporanea difficoltà.

Presente anche Elisabetta Pittino, Presidente di FederVita Lombardia, in rappresentanza anche del Movimento per la Vita cui i coniugi Rimoldi hanno generosamente donato un robusto lascito per aiutare la nascita di queste case madre-bambino.

«Nella storia della comunità di accoglienza per minori La Casa Gialla sono state incontrate molte madri; nessuna di loro è mai sembrata “cattiva” ma semplicemente una persona sola con pochi legami, amicizie e aiuti. Da questi incontri è maturato il desiderio di poterle accompagnare a riscoprire la propria genitorialità» ha detto tra l’altro Lia Silanos responsabile dell’Associazione Casa Gialla con il marito Michele Bigonzi. «È da molto che stavamo lavorando per

dare una degna attuazione al lascito testamentario di Anna e Giovanni Rimoldi» ha detto Natalia Marrese, Presidente del CAV di Busto Arsizio - «prima il Covid, poi le pastoie burocratiche ma alla fine grazie alla preziosa collaborazione con la Casa Gialla abbiamo trovato la giusta strada».

Bruna Puricelli Scazzosi, sorella di Anna Puricelli Rimoldi, e gli altri familiari intervenuti hanno espresso la loro gioia nel vedere l’inizio della realizzazione del sogno di Anna e Giovanni.

Nella cerimonia è emerso chiaramente il motivo dell’intitolazione della nuova struttura: l’amore cui Maria Gabriella è stata oggetto nei suoi cento giorni di vita DAL MPV

DAL MPV

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L’operatore CAV e la magia del primo incontro di Lara Morandi

Essere operatore CAV è un’attività complessa e a volte complicata, fatta di gesti semplici fino ad arrivare a quelli che sembrano impossibili. Lo scopo principale, la fortuna principale, è quella di accogliere una donna ancora incerta sul portare avanti o meno la gravidanza.

Sono operatrice CAV da diciassette anni ed ancora, quando incontro una donna che sta prendendo tale decisione, ne percepisco la magia. Si crea qualcosa in questi momenti, fatti di ore, che mi impone la necessità di fermare le emozioni che mi riempiono, per non perderne la loro assoluta preziosità.

I colloqui “di scelta”, il tempo e le emozioni Nelle loro unicità, i colloqui “di scelta” seguono una specie di canovaccio, lo abbiamo imparato nella formazione.

I colloqui strutturati hanno delle fasi specifiche che si susseguono, allo stesso modo le emozioni hanno un andamento, seguono un percorso come il flusso della corrente di un fiume.

I colloqui “di scelta” a me sembrano durare pochi minuti e il mondo intorno si allontana fino a spegnersi, tutta la mia concentrazione è riservata alla persona che ho di fronte.

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Pronuncio frasi spesso simili, che fanno parte del mio repertorio consolidato dall’esperienza, ma anche altre che non ho idea da dove arrivino, ma che sento crearsi nella mia mente, captando i segnali che mi arrivano e seguendo un istinto guidato certamente dall’Alto.

Non nego un certo stupore nel notare il viso mutato della mia interlocutrice.

Percepisco le sue emozioni cambiare e, dopo la confusione e l’incertezza iniziale, il suo studiarmi, il suo tenere la borsa stretta in grembo o ancora sulla spalla, il suo giubbotto ancora chiuso nonostante il cambio di temperatura, con gioia vedo le sue spalle abbassarsi, la borsa posarsi sulla sedia accanto o per terra, la cerniera della giacca che scende un po’ fino anche ad aprirsi.

Anche i suoi racconti si aprono sempre più, si arricchiscono di particolari, di dettagli più precisi, permettendomi di crearmi un quadro più veritiero della persona che ho di fronte, della sua storia, così da favorire i primi cambiamenti.

Mentre tutto questo accade, mi stupisco del posto privilegiato in cui mi trovo, dove una perfetta estranea apre il suo cuore ad un’altra perfetta estranea, sento che quel momento potrebbe cambiare profondamente la sua vita, ma

non solo la sua, anche quella del piccolo essere ancora invisibile, ma presente.

Nonostante questo potere mi spaventi per la sua grandezza, sono grata di poterlo vivere.

L’alternativa…

L’alternativa, a pensarci, è così penosa!

Cosa accadrebbe se non ci fosse nessuno ad ascoltare l’angoscia, il dolore di queste donne in difficoltà?

Quanta solitudine ci sarebbe!

Sono chiamata ad un grande compito, complesso e speciale, ma come me ci sono tanti operatori che si mettono al servizio della persona che si trova davanti a loro. Sopraggiunge a volte la stanchezza, la delusione, talvolta la frustrazione e il senso di impotenza.

Soprattutto in questi momenti, è utile fidarsi della magia che altro non è che la prepotente energia che arriva dalla vita e così, giorno dopo giorno, cercare di fare la differenza nella vita di qualcuno.

Dopo un primo incontro con una donna incinta, si è in attesa del secondo, di questo parleremo in un prossimo articolo.

DAL MPV

RUBRICA

DA LEGGERE |

a cura di Maria Antonietta Trupia

La nuova Famiglia Cristiana www.famigliacristiana.it

Da quando a metà marzo scorso Don Stefano Stimamiglio, sacerdote della Società San Paolo, è diventato il nuovo direttore di Famiglia Cristiana, lo storico settimanale del Gruppo Editoriale San Paolo sta prestando una particolare attenzione ai temi della vita nascente e al MpV. Sono 21 da marzo ad ottobre gli spazi dedicati con interi servizi e articoli su FM cartaceo e web alla vita nascente, al MpV e CAV, all’aborto, con vari interventi di Marina Casini.

«Quel bambino è vita» dice don Stefano Stimamiglio, riferendosi al concepito, pertanto «l’aborto è un atto radicalmente ingiusto» come lo è «una legge che lo consente». Una chiarezza senza tentennamenti, secondo l’immutato magistero della Chiesa, che va di pari passo alla misericordia verso le donne che abortiscono.

Bisogna «astenersi dal giudizio, in primis verso le donne che accedono a tale pratica …-afferma Stimamiglio- A ciascuno di noi è chiesto di fare tutto il possibile perché ogni donna venga concretamente aiutata e ogni aborto venga evitato». Si capisce quindi la scelta del nuovo Direttore di dare spazio a queste tematiche, anche se possono infastidire qualcuno.

E allora anche Famiglia Cristiana sta «Dalla parte della vita, bene fragile e sacro».

La Famiglia non si tocca di M.E. Fiori | tratto da vitanews.org La prefazione di Maurizio Belpietro, giornalista, traversa, quasi senza prendere respiro, l’ordine del discorso stabilito dagli intellettuali progressisti sulla vita, l’unione uomo-donna, l’utero in affitto e frantuma ogni bavaglio concludendo che «difendere la vita e la famiglia non è una questione ideologica ma una questione di sopravvivenza a prescindere dalle posizioni politiche».

L’autore introduce lo scopo del suo scritto citando Joseph de Maistre: «la bugia, moneta falsa, rivestita della parvenza di vero… lentamente si trasforma in verità, per coloro che non si sottopongono alla fatica della verifica e della critica».

Lo scopo, quindi, è conoscere i dati reali in tema di psicologia dell’età evolutiva del bimbo/a per lasciare al lettore il compito di tirare le conclusioni sull’asserita equivalenza tra i genitori etero e omosessuali. È esclusa ogni discriminazione come dichiara l’etica e l’art.3 della Costituzione secondo cui discriminare significa trattare diversamente condizioni uguali.

Se alla fine del percorso si giunge alla DAL MPV

convinzione che coppia genitoriale etero o omosessuale non sono la medesima condizione, scegliere la prima non significa discriminare ma ribadire il diritto del bambino a poter crescere nelle condizioni esistenziali ottimali per il suo sviluppo perché l’unico interesse da tutelare è, e deve rimanere, quello del bimbo/a e di nessun altro.

Nel libro si esaminano anche le adozioni in coppie omosessuali con dati, percentuali e reali esperienze, la fecondazione eterologa con pronunciamenti vari nel tempo ed esperienze umane.

Di facile lettura, senza poter evitare una certa sofferenza, sono le adozioni e la crudele pratica dell’utero in affitto. Si affronta infine la denatalità in Italia, la figura della donna anche come madre, con dati e percentuali che inquietano il nostro tranquillo vivere.

Collana Pensiero Forte Ed. LaVerità/Panorama 136 pagine.

Autore: prof Massimo Gandolfini

SÌ alla VITA

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Un anno di Bellezza: gli scatti dei bambini aiutati dai nostri CAV nel calendario 2023 di Eleonora Ottoni Ogni volta che una volontaria segue una mamma e la accompagna fino al giorno del parto (e spesso oltre), assiste al miracolo della vita. Lo stupore, l’attesa e l’emozione sono sempre incontenibili e si vorrebbe gridare al mondo tutta quella bellezza. Non c’è argomento più efficace per testimoniare la sacralità della vita che la vita stessa.

Animato da questo desiderio forte nel cuore, Andrea Tosato responsabile del fundraising, ha avuto l’intuizione di fotografare alcuni bambini aiutati a nascere in Italia, per far conoscere e testimoniare il prezioso servizio offerto nei nostri CAV. Abbiamo indetto un concorso per tutti i CAV e poi individuato i bambini vincitori dello stesso.

Sorin Popa, vicepresidente del CAV di Timisoara, nonché fotografo professionista di calibro internazionale e pluripremiato, ormai un amico, ha realizzato il servizio fotografico. È stata un’avventura in tutti i sensi: i bambini hanno affrontato lunghi viaggi in treno o in aereo per approdare a Roma.

Caldo, crisi di pianto, colichette, una città accogliente, ma anche molto caotica per un bambino e il suo passeggino.

Le mamme, gagliarde e temerarie, si sono prestate a questo progetto sopportando gli imprevisti, consolando i pianti dei loro bimbi: puntualmente, come la mamma si allontanava per permettere lo scatto, la crisi di pianto del figlio/a incalzava. Era 46

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allora che Sorin sfoderava tutta la sua simpatia e, come per magia, entrava in empatia con i bambini, con smorfie, filastrocche ed esilaranti esibizioni canore.

Abbiamo scelto, come location per le foto, alcuni dei giardini più suggestivi di Roma come villa Borghese o villa Torlonia, abbiamo attirato l’attenzione dei passanti e destato curiosità.

Ora, la grande sfida è far arrivare questi calendari in tante case, tanti uffici, tanti luoghi in cui possano raggiungere i cuori di centinaia di persone per sensibilizzarle sul valore di ogni vita.

Chiunque senta di voler trasmettere questo messaggio, può richiedere il quantitativo dei calendari desiderati ordinandoli all’indirizzo ordini@mpv.org

DAL MPV

Sorin Popa, fotografo, quest’anno ha messo il suo talento a servizio del MPV e si è prestato, come volontario, a fotografare i bambini salvati dai CAV Italiani.

Già negli anni precedenti aveva collaborato con il Movimento, donando gli scatti realizzati ai bambini salvati dal CAV di Timisoara, di cui è vice presidente.

Ecco la sua esperienza Avevo sentito parlare del MPV in alcune conferenze ma, quando mi sono trovato a vedere come operano in Italia, sono rimasto meravigliato dalle persone e dal lavoro che svolgono! Incontrare i bambini per lo shooting del calendario è stata un’esperienza straordinaria! Posso affermare che non esiste un migliore soggetto con cui lavorare.

Penso che Dio benedica questi bambini con una speciale bellezza, grazia e fascino.

Le giornate romane sono state l’occasione per conoscere nuovi amici e nuovi modi che possiamo usare per salvare i bambini dall’aborto… sono tornato a casa arricchito!

Penso che noi, come CAV di Timisoara, abbiamo tanto da imparare dal MPV e sono davvero felice di essere stato parte di questa speciale operazione che potrà contribuire a salvare altri bambini. Grazie per questa preziosa opportunità.

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SÌ alla VITA

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Manifesto di San Felice sul lago di Garda

Approvato il Manifesto di San Felice, un «appello alla società e alle Istituzioni civili, affinché sia riconosciuto il diritto a nascere, quale pilastro della nostra società». di Redazione

Guardare la Vita in

profondità

I partecipanti al quinto Corso di Alta Formazione per operatori dei Centri di Aiuto alla Vita, conclusosi sabato 27 agosto a S. Felice del Benaco (BS), hanno approvato all’unanimità il Manifesto di San Felice sul lago di Garda.

Si tratta di un appello alla società e alle Istituzioni civili per il riconoscimento del diritto a nascere, quale pilastro della nostra società.

«Il diritto a nascere è il vero pilastro della vita sociale».

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SÌ alla VITA

Ecco il testo integrale.

DAL MPV

Costruttori di speranza Per un futuro di pace, difendiamo la vita Le parole di Marina Casini, presidente del MpV Italino, ci spiegano il senso della 42esima edizione del Convegno Nazionale dei movimenti, CAV e SAV, case di accoglienza e Movit.

«Quest’anno l’obiettivo del Convegno è alto: ci ritroviamo insieme per costruire speranza!

Il contesto in cui viviamo molto spesso mette a repentaglio entusiasmo e fiducia, lasciando affacciare qualche venatura di pessimismo: terribili vicende di cronaca, guerra, scenario politico, pretesi falsi diritti che schiacciano i più fragili… tutto questo può portare allo sconforto e non ci aiuta a vedere un futuro sereno. Non dimentichiamo però che il Movimento è stato costruito su un binomio: “le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita” e “la vita di ogni uomo è sacra”.

Permettetemi di fare due citazioni di Carlo Casini il cui nome è legato dal 2020 al nostro annuale convegno nazionale: «In nome della vita umana è urgente nella nostra nazione particolarmente segnata dal cristianesimo, una riconciliazione anche a livello sociale e politico. Strumento di riconciliazione sono sicuramente tutte le attività di condivisione volontaria delle difficoltà di una madre e di una famiglia per cui una nuova vita costituisce un problema»; «La società italiana è trasformata da una frammentazione priva di progetto in cui

DAL MPV

Di Redazione

l’ispirazione cristiana sembra costretta ad un ruolo marginale. Ma tutto il popolo della vita deve ripetere e tradurre in opere rinnovatrici il suo essenziale messaggio “per ritrovare speranza bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra!”».

Il popolo della vita c’è e il titolo del convegno di quest’anno rilancia la missione del Movimento: per un futuro di pace dobbiamo difendere la vita e così costruire la speranza.

Quale pace se non difendiamo ogni vita? …Non siamo soli nella costruzione della Speranza … Vogliamo fare squadra e, ognuno con la propria vocazione specifica, costruire un futuro che sappia accogliere tutti, a partire dal più povero dei poveri, da colui che la cultura dello scarto vuole cancellare al punto di non considerarlo nemmeno un essere umano, come lo siamo tutti.

Una delle ricchezze del programma di quest’anno viene anche da questa coralità di voci, da questo impegno condiviso».

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Per costruire un'Europa di Pace, di Redazione

alziamoci in piedi per la vita VI European Forum “One of Us”

Da sempre il MpV ha in se una vocazione europeista e internazionale. Infatti, uno dei primissimi congressi al suo inizio raggruppò le prime realtà pro life europee, grazie al caro Piero Pirovano, che dietro le quinte ebbe un ruolo fondamentale per quest’aspetto. Carlo Casini curò per tutta la sua vita l’internazionalità del Mpv fino a fondare One of Us, insieme ad Jaime Mayor Oreja, attuale presidente della federazione.

Per questo la collocazione del VI forum europeo di OneOfUs all’interno del convegno Cav 2023, è una reunion annunciata.

Il forum europeo Building a Europe of hope for a future of hope, stand up for LIFE, sarà a Palermo il 18 e 20 novembre prossimi.

Per costruire un Europa di Pace per un futuro di speranza, alziamoci in piedi per la vita, è la reazione culturale a quanto il presidente francese Emmanuel Macron aveva annunciato il 9 maggio a Strasburgo: la priorità di inserire l’aborto nella Carta Europea dei diritti fondamentali.

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SÌ alla VITA

Le aggressioni alla vita e alla famiglia in Europa e in Ue si fanno sempre più serie, aggressive e violente, sono una moda «ma la resistenza per la vita non sarà perdente perché è l’essenza della nostra civiltà» afferma Jaime Mayor Oreja presentando il Forum.

«Uniamo le nostre voci e le nostre azioni come stiamo facendo fin da quando abbiamo proposto Uno di Noi, l’Iniziativa Popolare Europea, che è stata la più firmata tra le ECI. È la nostra eredità, ma anche il nostro impegno e la nostra responsabilità. Uniti siamo più forti, e questa unione deve basarsi sul nostro incontro personale, sullo scambio di idee, sulla possibilità di entrare in relazione gli uni con gli altri.

Non perdiamo questa opportunità di incontrarci per la vita, per l’Europa, per ciascuno di noi» ha dichiarato il Presidente di One of Us.

DAL MPV

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Intervista ad Elisabetta Pittino di Francesco Ognibene

Nei giornali c’è una sola certezza: comanda il direttore. Su tutto il resto si può dissentire, su questo no. Un assunto che prescinde dal carattere di chi è stato designato dall’editore a guidare la redazione e a portare sulle proprie spalle la responsabilità della pubblicazione. Un concetto riassunto da una delle battute proverbiali tra chi fa informazione: in giro è rimasta una sola monarchia assoluta, il giornale... D’altra parte, quando c’è diversità di opinioni e di sensibilità qualcuno dovrà pur decidere per tutti, no?

Immaginiamo che Elisabetta Pittino sorrida di questi concetti: non è proprio il tipo da battere i pugni per ricordare che "qui comando io": almeno perché se c’è una cosa che si impara a memoria nel Movimento per la Vita è che chi guida una qualunque struttura associativa è il primo che serve gli altri. Ma resta il fatto che la nuova direttrice di «Sì alla Vita» – organo ufficiale del MpV nazionale – è lei.

Due chiacchiere con la giornalista che da poco tempo guida questo bimestrale sono più che utili per leggere la rivista più volentieri quando ci entra in casa, come accompagnata dal suo sorriso.

Possiamo chiederti di farci conoscere la nuova direttrice di «Sì alla Vita»? Dicono che tu la frequenti da un po’ di tempo...

«Sono Elisabetta, figlia unica ma con tanti cugini e amici molto cari. Amo la vita, anche se tante volte è faticosa. Cerco la giustizia, da sempre, battendomi per riparare le iniquità. Ho studiato Giurisprudenza per questo. La giustizia – quella vera, che non delude – l’ho poi trovata in Cristo crocifisso e risorto. La musica è l’arte che prediligo, mi piace suonare, soprattutto con gli altri. Amo lo sport (in particolare l’atletica), le passeggiate, i pellegrinaggi 52

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a piedi, nuotare, andare in bici. Mi piace il teatro, in particolare quello greco. Mi piace il cinema, quando racconta belle storie.

Leggo tanto, anche facendo notte, perché amo tanto la lettura. Mi piace cucinare, e anche mangiare. Mi piace viaggiare, conoscere luoghi e persone. Mi piacciono le stelle, tanto che dopo il liceo sono stata indecisa se studiare astrofisica... Ci sarebbe molto altro, ma mi fermo».

E al giornalismo come sei arrivata?

«Grazie a varie persone e a diversi incontri. È stato Piero Pirovano, da poco scomparso, a chiedermi nel 2004 di scrivere un articolo per l’allora pagina "Vita" di Avvenire sulla mia prima "Due giorni giovani" della Lombardia come responsabile dei giovani lombardi. Il titolo era "E le stelle stanno a guardare". Mi ricordo ancora l’emozione, la gioia e la fatica di stare in quelle che per me erano poche battute. È stato il mio primo articolo. Dopo quell’esordio Piero, oltre a chiedermi tanti altri "pezzi", mi ha corretto tante volte, ma sempre insegnandomi. Così ho cominciato a imparare. È grazie alla fiducia che mi ha dato allora che sono qui oggi».

Quali altri incontri ti hanno accompagnata lungo questa strada?

«C’è stato quello con Antonio Gaspari, che con grande entusiasmo, a partire dal 2007, mi ha fatto scrivere tantissimi articoli soprattutto per il sito informativo Zenit.org.

Facevo pure i commenti bioetici dei film...

Antonio mi ha permesso di fare molta esperienza. Dal 2013 con "One of Us" c’è stato l’incontro con te, che è stato molto importante: ho imparato (e sto imparando) molto, grazie ad Avvenire sono diventata giornalista pubblicista. L’incontro con Radio Mater, poi, è stato quasi un amore

a prima vista, mi sono trovata a mio agio già dalle prime trasmissioni. Da qualche anno conduco una trasmissione. Un grazie particolare, però, lo devo alla maestra delle elementari, Albertina Graz Gervasi, che apprezzava molto i miei temi, tanto da leggerli talvolta in classe. Non capivo perché, ma ero contenta. Credo di dovere la mia passione per il giornalismo anche a mio padre, scomparso ormai tanti anni fa, che aveva un grande interesse per le notizie, tanto da comprare ogni giorno più quotidiani (Corriere, Avvenire, Giornale di Brescia...), che leggeva e dei quali teneva da parte i contenuti più interessanti.

Il profumo dei giornali sfogliati e poi conservati sulla cassapanca riempiva casa nostra».

Quali letture ti hanno ispirata?

«Tante, tantissime. Quando leggo entro nel libro. Lo vivo. È un’esperienza. I miei genitori, in particolare mia madre, intellettuale appassionata e lettrice eclettica (tuttora), mi hanno iniziata alla lettura, posso dire fin dal grembo materno.

Sono stata "uditrice" di storie inventate dalla mamma, bellissime, anche a puntate, e delle letture per addormentarmi di mio papà. "Il Mago di Oz" mi fece sognare tante volte. "Il Corriere dei Piccoli" ha avuto un posto particolare nella mia infanzia.

Ho letto tutto Pirandello, le "Lettere di Berlicche" e il "Diario di un dolore" di C.S. Lewis, le tragedie greche di Eschilo, Sofocle ed Euripide, l’Odissea, "Il Conte di Montecristo", Tolstoj, Michael O’Brien. E poi, l’Evangelium Vitae di san Giovanni Paolo II, e sempre di Karol Wojtyla "Memoria e identità", "Amore e responsabilità" e le sue catechesi sull’amore umano. E ancora, "Storia di un’amicizia" e "Ho paura dei miei sogni" di Wanda Poltwaska e, ancora, Edith Stein e il "Diario" di Etty Hillesum, l’Humanae Vitae di Paolo VI... Passando DAL MPV

ai temi bioetici, che mi appassionano da oltre vent’anni, oltre al "Manuale" di Elio Sgreccia e al libro sull’"Identità e lo statuto giuridico dell’embrione umano", ho un elenco infinito, che continua ad aggiornarsi, di letture che mi hanno ispirata. Però ce n’è una che ha avuto un ruolo importante per la mia tesi, e quindi per il mio ingresso nel MpV: si tratta di un articolo di Avvenire – era il 1997 o 1998 – sulla tutela del concepito, scritto da Franco Vitale. Non sapevo che esistesse il MpV, non sapevo chi fosse Vitale, allora presidente di FederVita Lombardia, grazie al quale ho iniziato e continuato il mio percorso nel Movimento. Era un articolo della pagina Vita, curata da Pirovano.

Quella lettura mi ispirò: decisi il tema e il titolo della tesi, che si occupò del bambino concepito nell’ordinamento internazionale.

Fu così che conobbi il MpV».

"Sì alla Vita" è un’eredità preziosa per il "popolo del Movimento", e non solo.

Come intendi renderlo ancora di più "sé stesso"? E cosa dev’essere oggi?

«Innanzitutto intendo custodire questa identità preziosa affinché in un tempo di ambiguità e di relativismo come il nostro non si perda. Per essere "più sé stessi" bisogna sapere chi siamo e riscoprire la nostra identità. La rivista c’è dal 1978, cioè dall’inizio del MpV (il primo Cav invece era nato nel 1975): quindi partiamo da lì per ritrovare noi stessi, 44 anni dopo. "Il SaV è Il giornale che guarda alle vicende del mondo con la prospettiva del diritto a nascere", scriveva Carlo Casini. Questo in sintesi è quello che a mio parere la rivista dovrebbe essere oggi. Il SaV intende fare cultura della vita, esprimendo la linea del MpV nazionale. Lo fa attraverso l’approfondimento, la riflessione sui temi della vita, della bioetica e l’espressione del nostro pensiero alternativo. I fatti vengono letti e interpretati con il taglio positivo della buona notizia, secondo la linea del MpV. Denunciamo gli attacchi alla vita, ma sempre in chiave positiva e propositiva.

Intendiamo proporre un’interpretazione della storia e delle vicende alla luce del concepito e della maternità. Oltre a tutto questo, dobbiamo cercare di migliorare l’efficienza del servizio, tenendo presente che siamo tutti volontari».

DAL MPV

Oggi l’informazione corre su più canali: come pensi che debba cambiare l’informazione di "Sì alla Vita" nell’era digitale?

«Il SaV è la voce del Movimento in quanto suo organo di comunicazione ufficiale.

Dice ciò che il Movimento per la Vita pensa.

Oggi però il SaV deve essere pensato in rete con gli altri mezzi di comunicazione del Movimento. Bisogna dare una comunicazione compatta, altrimenti non riusciamo ad arrivare ai lettori. I SaV ha la necessità di intonarsi al mondo dei social network altrimenti diventiamo "un coro stonato". Per questo stiamo cercando di diventare una rivista che si legge, si sente, si vede per relazionarci meglio con chi ci segue».

Puoi spiegarci cosa intendi, nel concreto?

«Si legge: attraverso la pagina scritta e l’eventuale approfondimento in QR code. Si sente: rendendo fruibili gli articoli (alcuni o tutti) via audio sempre tramite QR code; dando la possibilità di ascoltare i podcast che verranno prodotti dal MpV, ancora attraverso QR code. Proprio da questo numero sarà già possibile ascoltare alcuni degli articoli. Infine, si vede: rendendo fruibili video, sempre in modalità QR».

Come può il "Sì alla Vita" diventare una lettura utile e interessante anche per chi è al di fuori dell’esperienza del

Movimento per la Vita?

«Credo che se riusciamo davvero a raccontare le "nostre" storie e a diffondere le numerose informazioni che riceviamo sui temi che più ci stanno a cuore possiamo diventare davvero utili e interessanti.

Bisogna "proiettare il nostro impegno per una comunicazione che riesca ad imporsi all’attenzione. La comunicazione viaggia su vari linguaggi e quindi bisogna ’esserci’, in particolare, sul digitale e attirare un pubblico che non ci conosce", come hai detto proprio tu. Questa è la formula vincente. Per realizzarla dobbiamo cercare di essere professionali anche se siamo volontari e creare una squadra completa (di giornalisti, ma anche con una struttura composta dalla segreteria di redazione e dall’amministrazione) che riesca a essere efficiente e performante».

Una promessa o un impegno che prendi con chi ci sta leggendo?

«Affronterò con passione questo impegno, che è molto bello, affascinante e molto impegnativo. Lo farò insieme alla redazione e al MpV. Insieme! L’impegno che prendiamo è di fare il possibile per poter andare nella direzione di quanto ho detto. Il nostro desiderio è fare una rivoluzione culturale, innescare un nuovo umanesimo a partire dal bambino concepito, uni di noi, che aprendo le menti e i cuori alla conoscenza sbaragli ogni cultura di morte».

SÌ alla VITA

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Storia di Shirley Shirley ha 37 anni, nubile, convivente, tre figli di 10 anni, 3 anni, e 11 mesi, di nazionalità ecuadoregna, colf, residente in regione Lombardia dal 2007; il convivente lavora con contratto a tempo indeterminato. La famiglia è seguita dalla Caritas locale, ed era già seguita dal nostro CAV a partire dalla terza gravidanza. Abitano in un appartamento in locazione.

La relazione con il convivente e padre dei suoi tre figli è buona. La quinta gravidanza giunge inattesa a meno di un anno dalla nascita dell’ultima bambina.

Le pressioni dei parenti, la contrarietà del convivente alla nuova gravidanza, le difficoltà economiche legate alle maggiori spese per i figli, i rischi per la sua salute, paventati dal ginecologo in occasione di una visita in P.S. (Shirley ha già effettuato 3 parti cesarei, l’ultimo un

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anno fa), inducono Shirley a contattare l’U.O. Ostetricia Ginecologia Ospedale dove fissa appuntamento per visita ginecologica per IVG. Riprende anche contatto con il nostro CAV che l’aveva accompagnata nel corso della precedente gravidanza. Giunge al nostro sportello interno all’Ospedale per un primo colloquio ed esprime tutte le sue difficoltà, il timore per i rischi legati alla gravidanza e al parto che gli sono stati presentati dai sanitari, la profonda sofferenza ancora presente per l’IVG effettuata a 19 anni e che lei vive tuttora come un lutto che neppure i tre figli avuti hanno saputo lenire, una scelta fatta in solitudine e frettolosamente. Capisce che adesso ha invece la possibilità di essere accompagnata e sostenuta: insieme si valutano i possibili sussidi alla maternità cui può accedere e si concorda una consulenza ginecologica presso il Consultorio Familiare, per valutare più approfonditamente i rischi per la sua salute legati a questa gravidanza. Al termine di questo percorso, rasserenata dalla consulenza ginecologica e informata della possibilità di aiuto, decide di rinunciare all’IVG, se sostenuta economicamente e moralmente in questo difficile periodo di transizione.

Il progetto che il CAV a preparato per lei prevede: un sostegno alla maternità con accompagnamento alla gravidanza in collaborazione con il Consultorio Familiare, una collaborazione con il Servizi Sociali del Comune di residenza per consulenza in merito alle misure socio-economiche previste a favore del nucleo famigliare e ricerca di un’abitazione in locazione più adeguata al reddito familiare, aiuti del CAV per la cura e l'accudimento del bambino, sostegno alla corretta alimentazione, supporto alla genitorialità e al controllo della fertilità.

Gravidanza e parto sono decorsi regolarmente e oggi il bambino ha già compiuto 2 anni.

DAL MPV

movimentoperlavita

LA TUA FIRMA PER IL 5X1000: Italiano UNA MANO TESA AD UN BAMBINO E LA SUA MAMMA Il MPV promuove e difende il diritto alla vita e alla dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, favorendo una cultura dell’accoglienza a 360°. Con 335 Centri di Aiuto alla Vita, 64 Case di Accoglienza e attraverso il numero verde e la chat SOS Vita offre un servizio puntuale e personalizzato dedicato alle gravidanze difficili. Destinando il 5x1000 al MPV sosterrai le attività dell’associazione e aiuterai a salvare migliaia di vite. Le mamme e i loro bambini sono i nostri testimonial: insieme diamo vita al loro domani!

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42° Convegno Nazionale Carlo Casini

Costruttori di speranza Per un futuro di pace, difendiamo la vita PALERMO | 18-20 novembre 2022

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Ogni due mesi contenuti esclusivi, nuova grafica e molto altro ancora.

Sì alla Vita è la rivista storica del Movimento per la Vita Italiano.

L’attuale direttore responsabile è il dott. Andrea Tosini.

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