Comprendo 46

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ARBUS

NO AI TAGLI ALLA SCUOLA ARBUS

I docenti della scuola media di Arbus hanno stilato un documento per protestare contro le disposizioni in merito alla decisione del governo di aumentare l’orario frontale di lavoro da 18 ore a 24 ore settimanali. Il provvedimento governativo determina: (1) un aumento del 30% del tempo di lavoro frontale con gli alunni: in proporzione sarebbe come portare il tempo di lavoro di un lavoratore da 38 a 50 ore settimanali. (2) uno stravolgimento dei rapporti contrattuali: si modifica il rapporto di lavoro senza alcuna consultazione con nessuna organizzazione sindacale. (3) una diminuzione del salario: la categoria è già da 6 anni senza rinnovo contrattuale; a suo tempo venne concessa una “vacanza contrattuale” di 6 euro al mese, ora decurtato dallo stipendio. È questo il principio per un prossimo e generale abbassamento di salari e pensioni? (4) il contratto di lavoro prevede 80 ore all’anno come orario funzionale, (riunioni consigli di classe, collegi, colloqui) oltre alle normali operazioni di scrutini ed esami. Ma soprattutto l’impegno dei docenti, oltre l’orario frontale in aula con gli alunni, è notevole (preparazione lezioni, verifiche, correzione compiti, ricerche, aggiornamenti, ecc.) elemen-

ti questi ignorati, volutamente o no, dal ministro e dagli uomini di governo. (5) si precluderebbe per anni la possibilità di nuove assunzioni nella scuola (in barba all’evento mediatico sui concorsi e sulle nuove assunzioni). (6) si determinerebbe, di fatto, un’espulsione di circa 25.000 precari che attualmente ricoprono i posti che il governo intende assegnare ai docenti in servizio con l’aumento delle 6 ore settimanali: sarebbe come chiudere un’azienda 20 volte l’Alcoa. Quest’ultimo punto sembra sia l’origine della grande pensata del Consiglio dei Ministri. Infatti, il licenziamento di 25.000 precari porterebbe ad un risparmio di diversi milioni di euro, per recuperare i quali sarebbe stato sufficiente far pagare l’IMU alle fondazioni bancarie, ai proprietari di castelli e ai beni non di culto di proprietà della chiesa (tutt’ora esclusi dalla tassa grazie ad artifici legislativi). Battere cassa, quindi, così come avvenne quando si procedette, con la ministra Gelmini, a eliminare i moduli nelle scuole primarie e ad una generale diminuzione delle ore di lezione nelle superiori, causando seri danni alle attività didattiche di entrambi gli ordini di scuola. Questa operazione consentì al governo di allora di recuperare diversi miliardi di euro. Governi che poco si occupano della gioventù, tutti tesi a sistemare i conti e rimpinguare i debiti delle banche, scaricando i costi sui lavoratori e, quel che fa più male, sui giovani.

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Pietro Scano

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