Sedes journal n.9

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N° Dicembre 2022

SEDES JOURNAL

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Direttore Sanitario Dott. Paolo Marforio
Indice © Copyright Sedes Sapientiae S.r.l. - 2018: All Rights Reserved www.clinicasedes.it Creativity © - GRUPPO/input Editoriale Endovascular Team Sedes Sapientiae Pubalgia: cause, effetti e trattamenti FOCUS Salute, cure e fiducia Quando un figlio non arriva... I nostri ambulatori I nostri medici pp.3 pp.4 pp.5 pp.6/9 pp.10/11 pp.12/13 pp.14/15

Editoriale

Ci ritroviamo, su questo numero del Sedes Journal, con i nostri Medici ed i nostri Pazienti per comunicare le novità che ci hanno impegnato in questo complesso ed intenso 2022 che sta per finire… È stato un anno in cui, dopo la pausa dettata dalla pandemia, la Clinica ha ripreso a fiorire, con i suoi “eterni” lavori di ristrutturazione edilizia e con le sue nuove iniziative che amiamo condividere con tutti Voi. Sta avviandosi a conclusione la costruzione della scala di sicurezza antincendio che, voluta dalle normative dei Vigili del Fuoco, porterà anche notevoli miglioramenti ed ampliamenti nella zona della sala d’attesa e della reception degli Studi Medici al piano terreno, ad alcuni ambulatori del piano inferiore ed ai servizi dedicati agli utenti. Nel corpo della scala saranno collocati due nuovi elevatori che consentiranno l’ottimizzazione e la separazione dei percorsi dei materiali sporchi e puliti...

A livello delle nuove iniziative, vogliamo segnalare l’allestimento del nuovo Centro di Procreazione Medicalmente Assistita, che ha trovato spazio nei locali, completamente rinnovati, del piano interrato della Clinica. Questo importante Servizio, che è attivo dallo scorso settembre, dotato di strumentazioni all’ avanguardia e di personale altamente specializzato, rappresenta una proiezione verso il Futuro, nonché il naturale completamento per una struttura quale la Clinica Sedes che, da sempre, si pone l’obbiettivo di essere un punto di riferimento per la Maternità ed il percorso–donna su tutto il territorio non solo piemontese.

L’ altra importante novità che ha caratterizzato questi ultimi, intensi mesi, è la collaborazione con la Città della Salute e della Scienza di Torino. Da giugno, infatti, la Clinica coopera con il CTO, al fine di contribuire all’abbattimento delle liste d’attesa per interventi di ortopedia, mettendo a disposizione del Sistema Sanitario le sue Sale operatorie, un intero reparto di degenza (completamente separato ed autonomo rispetto ai reparti dedicati agli altri Pazienti) e la competenza e professionalità dei suoi dipendenti e collaboratori. Tutte queste novità, tuttavia, non ci fanno dimenticare la primaria e fondamentale “Mission” della Clinica, che resta quella di fornire ai Medici il migliore ambiente in cui esercitare la professione ed ai Pazienti il luogo ideale per ricercare confortevolmente la preziosa Salute.

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Endovascular Team Sedes Sapientiae

A cura del dott. J.P. Candido, Responsabile del Raggruppamento di Chirurgia Generale e Vascolare alla Clinica Sedes Sapientiae

L’IVC (l’insufficienza venosa cronica) interessa il 70% della popolazione occidentale di età compresa fra i cinquanta e sessant’anni. Attualmente si parla di 150000 interventi l’anno, l’85% dei quali utilizzando tecniche di 100 anni fa, con recidive della malattia varicosa che vanno dal 45 al 60%, obbligando così il paziente a reinterventi poco risolutivi.

A partire dai primi del 1900 diverse tecniche sono state utilizzate per risolvere la malattia varicosa degli arti inferiori. In questi ultimi anni sono diminuiti gli interventi di stripping delle safene, lasciando spazio ad interventi più mirati e meno traumatici, in particolare con la comparsa negli anni 80 delle terapie ablative endovascolari come laser e radiofrequenze. Queste tecniche, pur essendo mini-invasive, possono essere estremamente dolorose durante l’esecuzione a causa del calore sviluppato; necessitano quindi di anestesia locale o peridurale, e in ogni caso richiedono l’esecuzione di esami preoperatori, di una preparazione all’intervento, di un ricovero in day surgery, e possono presentare controindicazioni in alcuni pazienti, proprio a causa degli effetti della caute-

rizzazione endovascolare.

Il Team endovascolare composto dal Dottor Jean Pierre Candido, chirurgo vascolare della facoltà di Parigi e Membre de la societé Française di chirurgie Vasculaire e della Dottoressa Cristina Garrino, internista specializzata in procedure invasive ecoguidate ed in particolare in posizionamento di cateteri endovascolari, propone la risoluzione della malattia varicosa e delle sue complicanze tramite una tecnica innovativa completamente indolore, non invasiva, rapida, ambulatoriale e priva di effetti collaterali o reliquati quali cicatrici, parestesie o discromie cutanee.

Tale tecnica (coperta dal brevetto VenasealSapheon di una delle maggiori aziende mondiali di tecnologia biomedica, la Medtronic, e sperimentato dal 2012) consiste nell’utilizzo di una colla altamente biocompatibile (cianoacrilato) appositamente modificata in modo da polimerizzare a contatto con il plasma e non creare reazioni avverse, cicatrici o indurimenti intravascolari; la colla arriva nelle vene interessate attraverso un catetere endoluminale; tale catetere, inserito con procedura ecoguidata e totalmente indolore, viene portato fino al punto della vena

interessato dall’insufficienza o dalla varicosità; una volta depositata una minima quantità di colla, la vena viene compressa, sempre sotto controllo ecografico, per consentire la polimerizzazione del cianoacrilato e la chiusura definitiva della vena. Tutta la procedura è seguita istante per istante grazie all’utilizzo dell’ecografo, che consente la visualizzazione della vena lungo tutto il suo decorso, del catetere e della colla, così come consente di verificare in real-time l’avvenuta chiusura della vena.

Proprio la minima invasività della procedura consente di proporla anche a pazienti che assumono anticoagulanti, senza rischi e senza interruzione della terapia. Questa tecnica permette inoltre l’immediata ripresa della mobilità, l’assenza di complicazioni, evita l’interruzione dell’attività lavorativa, e soprattutto non lascia cicatrici, non richiedendo incisioni della cute o procedure chirur-

giche vere e proprie; in alcuni casi può essere consigliabile l’utilizzo di un monocollant antitrombo per due giorni.

L’attuale statistica dimostra un netto miglioramento della risoluzione della malattia varicosa tramite questa tecnica VenaSeal sulle ormai sorpassate tecniche di laser e radiofrequenze, con un risultato del 99% di venaseal contro 95% delle radiofrequenze.

Per poter procedere a tale intervento, il Team propone una valutazione preliminare presso l’ambulatorio di chirurgia vascolare del Dott. Candido, in tale sede verrà eseguito uno screening completo con esame clinico ed ecodoppler, anamnesi accurata e valutazione delle indicazioni, illustrazione della procedura e dei risultati attesi, e in caso di decisione in tal senso potrà venire programmato direttamente intervento con l’esclusività per le sale operatorie.

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Endovascular Team Sedes Sapientiae

La Pubalgia: le cause, gli effetti e i possibili trattamenti

A cura del dott. Tommaso G. Lubrano, specialista in Chirurgia Generale

Immaginate di dover perdere l’incontro ad una finale di campionato o addirittura essere costretti a rinunciare sul più bello ad una olimpiade per un problema fisico magari dopo mesi di preparazione atletica e di sacrifici. Oppure semplicemente non poter partecipare ad una gara amatoriale cui tanto tenevate per lo stesso motivo.

Quando questo accade, la causa può talvolta dipendere da una tensione inguino-pubica alla radice degli arti inferiori che provoca dolore ed è tipica di giovani sportivi di sesso maschile che viene indicata dai medici col nome di “pubic inguinal pain syndrome”, nota anche con l’acronimo di “Pips”, o come “sportsman’s hernia”, ma è più comunemente conosciuta col termine di pubalgia.

Di non sempre facile diagnosi, questa manifestazione clinica invalidante viene frequentemente scambiata erroneamente per un’ernia inguinale, il più delle volte inesistente o impalpabile o se presente, spesso totalmente asintomatica quindi senza indicazione chirurgica.

La sintomatologia dolorosa viene esacerbata durante lo sforzo muscolare ed è localizzata al lato destro o sinistro del pube e dell’inguine. Si verifica in quest’area per un motivo

ben preciso. In questa zona del bacino i muscoli retti dell’addome ed i muscoli adduttori della coscia hanno una configurazione particolare cioè si incontrano andando ad inserirsi l’uno accanto all’altro bilateralmente. L’estremità del retto addominale trae origine sul pube. Spostato medialmente, sul tubercolo pubico, trova posto invece l’inserzione comune del tendine dell’adduttore lungo e del legamento inguinale in stretta vicinanza al punto di arrivo del muscolo retto.

Questi elementi che applicano linee di forza differenti, contraendosi agiscono in disaccordo, tirando e spingendo in direzioni opposte (il retto verso l’alto e l’adduttore in modo contrario portando verso l’esterno in apertura la coscia omonima). Questa situazione anatomica caratterizzata da una disarmonia funzionale tra le parti risulta sensibile al verificarsi di determinati eventi, come ad esempio il continuo stress muscolare. L’essere sottoposta a continue condizioni di uso eccessivo, di sovraccarico lavorativo specie se accompagnato da traumi, determina un’instabilità pelvica che se protratta nel tempo, ha come conseguenza finale l’ipertrofia muscolare e la rigidità delle inserzioni sul pube. Il sintomo principale della pubalgia è il dolore muscolo-tendineo caratterizzato tipicamente da

un andamento cronico legato al coinvolgimento dei tre nervi sensitivi della regione inguinale (ileoinguinale, ileoipogastrico e genitofemorale).

Il conflitto femoroacetabolare, l’osteite pubica, la tendinopatia degli adduttori, possono avere sintomi simili ad essa pur avendo una spiegazione differente. In questi casi esami più approfonditi mediante la diagnostica per immagini quali la semplice ecografia dei tessuti molli oppure più invasivi come la tomografia assiale computerizzata (TAC) o la risonanza magnetica nucleare (RMN) pur non essendo dall’esito scontato, offrono un valido ausilio diagnostico.

Stabilita con certezza la motivazione dei disturbi, occorre quindi decidere la strategia di cura. L’iniziale management terapeutico deve essere idealmente conservativo. Si impone il riposo associando l’utilizzo di farmaci antinfiammatori, antidolorifici ed eventualmente l’infiltrazione locale con soluzioni anestetiche in modo da alleviare i sintomi. Segue il protocollo standard di riabilitazione mediante la fisioterapia con gli esercizi di stretching, nuoto o cyclette accompagnati dalla tecar oppure dall’ozonoterapia per poi tornare alla corsa dopo circa tre mesi a conclusione del ciclo terapeutico. Questi presidi consentono

realmente di raggiungere la completa guarigione nell’80% dei casi.

Ma nel restante numero, questo percorso non è risolutivo. In tali occasioni occorre considerare l’opzione chirurgica che rappresenta la soluzione estrema cui affidarsi per risolvere il problema in caso di insuccesso. La chirurgia deve essere necessariamente “sartoriale” cioè su misura; tuttavia, non vi è ancora un reale consenso tra gli esperti circa le tecniche operatorie adottabili che possono essere open o laparoscopiche. L’obiettivo unanime resta comunque quello di agire sulle cause della pubalgia liberando i tre nervi coinvolti dai fattori compressivi e correggendo lo squilibrio dovuto alla differente azione dei muscoli con la sezione parziale del tendine dell’adduttore lungo e del retto omolaterale spostando così il carico cui viene sottoposto il pube sul piano profondo. L’eventuale presenza di una vera ernia inguinale consente inoltre solo in questo caso di riparare contemporaneamente la debolezza posteriore del canale inguinale mediante un’erniplastica con o senza protesi, peraltro non risolutiva dei disturbi se non associata all’intervento principale di tenotomia. In questi casi è possibile tornare gradualmente all’esercizio fisico dopo 3040 giorni dall’operazione.

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Salute, cure e fiducia Focus

A cura del Dott. Paolo Marforio, Direttore Sanitario

In questi ultimi tempi si è assistito ad un’occupazione di spazio nei media da parte dei temi riguardanti la salute dovuto alla pandemia da Covid-19; questo enorme interesse si è affievolito solo quando, purtroppo, si è presentata alla nostra attenzione una tragedia ancora più drammatica e vicina ai confini della Unione Europea.

In questa contingenza è senza dubbio possibile, forse anche utile, riflettere, prima che sia troppo sbiadito il ricordo della paura/panico causata da SARS-CoV-2, su come ci siamo comportati, come società che si vuole democratica e liberale, in questo periodo.

Ogni considerazione è personale, in quanto derivante da esperienze e condizionamenti personalizzati, ma può aiutare ad analizzare i comportamenti tenuti in un periodo che, quantomeno, ci ha sorpreso.

Le opinioni sono tutte confutabili e tutte possono essere disapprovate bisogna, però, adottare dei punti condivisi su cui costruirle.

Proporrei, quindi, alcune definizioni che ritengo possano essere condivise anche se per forza sintetiche e non esaustive del

complesso di ragionamenti che sottostanno alla loro determinazione:

Salute: “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” (OMS 1948); nel 1998 in una riunione OMS è stato proposto un aggiornamento della definizione in “la salute è uno stato dinamico di completo benessere fisico, mentale, sociale e spirituale non mera assenza di malattia”, questa definizione però non ha mai raggiunto una accettazione da parte di tutti i membri dell’Organizzazione per vari motivi e quindi possiamo considerarla almeno temporaneamente abbandonata; nell’anno 2009 nel corso di una Conferenza internazionale all’Aja è stata suggerita una definizione innovativa ed attualizzata di salute, “salute è la capacità di adattarsi ed autogestirsi”. Oltre al fatto che dal 1948 ad oggi molto è cambiato nella demografia delle varie popolazioni umane, nella tecnologia e capacità diagnostiche della medicina, questo nuovo modo di concepire la salute permetterebbe di valorizzare valori non assoluti, approcci non solo medicalizzanti e azioni improntate più al benessere che alla sopravvivenza.

Cura: può essere intesa come semplice sinonimo di terapia, “il complesso dei mezzi terapeutici e delle prescrizioni mediche

che hanno il fine di guarire una malattia” (Treccani), ma quando si usa questo termine si dovrebbe ricordare che viene usato anche in ambito non sanitario e che è sempre arricchito da un significato intrinseco di “sollecitudine, preoccupazione e condivisione”.

Professioni sanitarie: ne fanno parte quegli individui che dopo un corso di studi ufficialmente riconosciuto hanno sostenuto un esame abilitante e sono iscritti ad un Ordine professionale che vigila sulla loro attività e richiede il rispetto di un Codice Deontologico. Le professioni sanitarie sono numerose ma quelle che di solito sono le prime ad essere interpellate in caso di malanno sono quella dei medici (chirurghi e veterinari), farmacisti ed infermieri.

Guaritori: coloro che guariscono o si attribuiscono la capacità di guarire malattie varie giovandosi di proprie particolari facoltà o di rimedi non riconosciuti, in genere, dalla scienza medica (Treccani). Essi sono indicati talora anche con altri termini tra cui diffuso è quello di segnatori. Le tecniche utilizzate sono spesso a cavallo tra superstizione religiosa e credenze laiche. Si occupano per lo più di patologie minori e di alcune trascurate dalla medicina ufficiale quali il malocchio e gli esiti di stregoneria. Esistono altre tipologie di figure similari ma non tipiche della nostra regione quale il “curandero” del sud America e gli uomini/ donne di medicina tra i nativi nord americani.

Santoni, Sante: sono ritenuti possessori di capacità di predizione e di cura

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grazie al loro particolare rapporto con lo Spirito della Religione.

Sciamani: non sono tipici della nostra società ma vi si sono inseriti con un certo seguito. Il nome deriva da un vocabolo tunguso (popolazione della Siberia) che indica l’agitare dei piedi e delle gambe ad imitazione dei movimenti di animali di razze differenti da quella umana.

Sono noti all’occidente dal sedicesimo secolo circa ad opera, inizialmente, di descrizioni di preti e missionari che li individuavano quali concorrenti/ avversari. In origine erano presenti presso popolazioni di cacciatori e rappresentavano la possibilità della mediazione tra gli spiriti degli esseri umani e quelli degli altri animali che garantiva ai primi caccia sufficiente ed ai secondi contropartite, anche in termini di vite umane, affinchè vi fosse un equilibrio tra il dare e l’avere di tutte le specie.

Studi successivi hanno evidenziato la presenza di figure simili anche in altre parti del mondo ed in particolare in sud America. L’interesse creatosi intorno a queste figure ed al rapporto ed equilibrio tra “umani” e “natura” ha portato, soprattutto per l’influenza nordamericana, a concentrare le attività di tipo sciamanico sul benessere umano e, quindi, anche sulla cura, in definitiva parzialmente snaturandole. Il termine tunguso è, inoltre, stato esteso ubiquitariamente.

Ciarlatani: parola di origine italiana che deriva secon-

do alcuni da ciarlare e secondo altri da “cerretano”, venditore ambulante proveniente da Cerreto di Spoleto.

In origine il termine non era rivestito di significato spregiativo ma con il passare del tempo è stato e viene utilizzato pressoché esclusivamente per indicare chi si spaccia per quello che non è, chi cerca il proprio guadagno dandola ad intendere, professionista di scarsa capacità e di ancor minore serietà professionale (Treccani). Quello dei ciarlatani non è né un ordine professionale né un mestiere ma un’attitudine che trova suoi cultori in ogni categoria.

Scienza: insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo e che si avvalgono di linguaggi formalizzati (Treccani). Su come rendere corretta l’osservazione e rigoroso il calcolo per avere risultati accettabili (metodo scientifico) vi è stata, e vi è, da Galileo in poi, un’ardua disputa che ha coinvolto i più illustri dei filosofi. Con una schematizzazione irrispettosa si potrebbe dire che essenzialmente vengono considerati due metodi quello induttivo e quello deduttivo. Quello induttivo si può riassumere nell’osservazione, nella progettazione di un esperimento, nell’analisi delle misure, nella definizione di un modello fisico e di uno matematico e, infine, nella formulazione di una teoria. Quello deduttivo è, invece, riassumibile in formulazione di un’ipotesi, definizione degli

eventi derivanti dall’ipotesi iniziale, osservazione dell’eventuale verificarsi di quanto previsto in base all’ipotesi, in caso positivo accettazione temporanea dell’ipotesi.

Einstein ebbe ad osservare che per la conferma definitiva di un’ipotesi sarebbero stati necessari un numero infinito di esperimenti confermatorii. Sembra che partendo da questa considerazione Popper introdusse il concetto della falsificabilità. Vale a dire che nel programmare un progetto di verifica di ipotesi si devono individuare quali siano le prove che possono dimostrare errata l’ipotesi. In tal modo se l’ipotesi viene falsificata la si abbandona, se non viene falsificata non si rende necessario l’esecuzione di un numero elevatissimo di esperimenti per accettarla almeno temporaneamente. Problema sempre attuale nell’ambito dell’epistemologia è quello della demarcazione, vale a dire la possibilità di differenziare quello che è scienza dalla pseudoscienza, filosofia, metafisica, religione. Non esiste un metodo universalmente accettato ma con la solita approssimazione si può ritenere che un insieme di criteri accettabili sia: che le ipotesi siano contingenti, verificabili, falsificabili, parsimoniose (rasoio di Occam), consistenti e, in fine, che la teoria che ne derivi non venga definita quale verità assoluta e definitiva.

Informazione: notizia, dato od elemento che consente di avere conoscenza più o meno esatta di fatti,

situazioni, modi di essere ecc… (Treccani). Le fonti di informazione sono nel mondo attuale esuberanti la capacità di ritenzione di tutti o per lo meno di molti di noi esseri normali. Non è inoltre spesso possibile o facile conoscere l’attendibilità ed il profilo di chi fornisce l’informazione. Unici sottoposti ad obblighi sono i giornalisti il cui “Testo Unico dei Doveri dei Giornalisti” con cui vengono definiti obblighi di rispetto dei diritti delle persone, della libertà di opinione di ogni persona, della massima accuratezza possibile nella diffusione di dati o notizie di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti.

Fiducia: atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta dalla valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità e che, generalmente, produce un sentimento di sicurezza e tranquillità (Treccani).

Dando per scontato che la definizione classica di salute dell’OMS potrebbe necessitare di aggiornamento, avanzo qualche dubbio sul fatto che la maggioranza della popolazione, anche delle Nazioni cosiddette più sviluppate, la conosca e la utilizzi per orientare i propri comportamenti e per valutare quanto le viene proposto facendo riferimento a miglioramenti del benessere individuale e collettivo.

Nella maggior parte dei casi si pensa alla salute quando compaiono sintomi, segni o timore di malattia, in assenza di questi

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Salute,
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si reputa assolutamente normale lo stato di benessere e quasi irrealistica la probabilità di essere ospitati nel gruppo dei “malati”. A ciò si aggiunga la frequente diffusione di notizie sull’introduzione, già avvenuta o prevedibile in un tempo relativamente breve, di trattamenti risolutivi nei confronti di patologie drammatiche e di innovazioni tecnologiche in grado di garantirci la vita sana e serena cui riteniamo di avere diritto. Cosa ci si aspetta, quindi, nel momento in cui perdiamo o abbiamo paura di perdere la salute? L’intervento del “deus ex machina”. Può anche capitare che si verifichi e può darsi che abbia le sembianze dell’illustre professionista o che questi operi in concomitanza di fortuite fortunate circostanze. In alternativa, razionalmente, ci rivolgiamo ad un professionista che ci “curi”.

Per quanto riguarda la fiducia due indagini una del 2018 del Censis ed una del 2021 di SWG offrono immagini abbastanza simili. Censis fiducia in: medici medicina generale 87,1%; infermiere 81,4%; SSN 68,8%. Censis fonte di informazione: medici medicina generale 72,3; famigliari ed amici 31,9%; televisione 25,7%; internet 23%. SWG fiducia in: medici specialisti 90%; medici medicina generale 81%; farmacisti 79%; ospedali pubblici 78%; SSN 72%; assessorati regionali 50%: ministero salute 60%; industria farmaceutica 60%. SWG fonte di informazione: medici medicina generale 62%; medico specialista 46%; farmacista 26%; internet 35%.

zienti, con la sfiducia nel sistema pubblico spesso ritenuto interessato solo al risparmio.

degli accessi dei pazienti all’ambulatorio del medico e quini non è un aggravio di tempo lavoro

Un piccolo inciso a proposito della razionalità degli italiani è, a questo punto d’obbligo, richiamando l’analisi di essa, esposta nel 55° Rapporto Censis del dicembre 2021. Diffusione tra gli Italiani di alcune convinzioni: 31.4% il vaccino è un farmaco sperimentale; 10% il vaccino è inutile ed inefficace; 5,9% Covid 19 non esiste; 12,7% la scienza provoca più danni che benefici; 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla luna; 5,8% la terra è piatta. Ovviamente il Rapporto prende in considerazione anche molte altre convinzioni ed alcune delle cause che possono averle determinate.

Ritornando a chi ci rivolgeremmo nel bisogno, sperando di essere tra coloro che hanno fiducia nei medici e nella medicina, dovrebbe essere d’obbligo una prima tappa dal medico di fiducia. Ma il medico di medicina generale in che acque deve nuotare? Innanzitutto deve rimontare la corrente che dalla metà del secolo XX con lo sviluppo dirompente della tecnologia ha mutato, soprattutto per i medici di fiducia, i rapporti tra medico e paziente con l’esasperazione delle concettualizzazioni nosologiche che hanno trasformato il paziente in caso clinico, con l’aumento della richiesta da parte dei pazienti di indagini diagnostiche o trattamenti, talora suggeriti da “conoscenti ed affini”, con la presunzione di un “diritto illimitato” da parte dei pa-

Tutti questi fattori hanno portato ad un notevole cambiamento della percezione che si ha del proprio medico di fiducia che sembrerebbe meno stimato di quanto riportato dalle indagini prima citate che se confrontate alla fiducia in altri attori in ambito sanitario è, in ogni caso, lusinghiera. Il medico di base ha perso in prestigio, si ritiene sottopagato, con troppi assistiti ed alla loro mercè per la loro possibilità di ricusarlo se non prescrive ciò che ritengono giusto. Ciò è senza dubbio in parte vero ma è diffusa all’interno della categoria la volontà di mutare il ruolo con un modo di operare più improntato all’ascolto, al convincimento ed alla condivisione con i pazienti delle scelte diagnostiche e terapeutiche per trovare quelle possibili essendo meglio un trattamento non ottimale che nessun trattamento.

Non trascuriamo il fatto che alcune terapie comportano la rinuncia a comportamenti e stili di vita che il paziente potrebbe considerare una grave limitazione alla propria libertà. Impresa, questa, non semplice ma ritengo meritoria che può riportare prestigio alla categoria e funzionalità al sistema sanitario. Un’indagine effettuata in Inghilterra ha evidenziato come il tempo maggiore dedicato all’accettazione, ascolto e condivisione di programmi con i pazienti induce, per le patologie più comuni, una riduzione

Probabilmente la necessità e la asserita volontà di assestare l’organizzazione del SSN potrà far chiarezza sul ruolo, sulle competenze necessarie e sull’ambito d’azione del medico di medicina generale così come si era previsto per la revisione della rete ospedaliera. Il medico di medicina generale non può avere conoscenze specialistiche di tutte le branche della medicina e quindi deve essere preparato a diagnosticare e curare le patologie di tipo medico più frequenti, a sospettare le patologie meno frequenti e quelle che necessitano di tecnologia complessa per predisporre gli accertamenti specialistici necessari.

Deve però in questo essere supportato da una programmata facilità di accesso alle strutture di livello più complesso. Di quanti assistiti può farsi carico? Mentre alcuni affermano che gli attuali massimali sono eccessivi, di fronte ad una carenza di medici, da altri, è stato proposto di innalzare il massimale degli assistibili. Nella medicina territoriale non possono essere incrementate numericamente e con funzioni più complesse anche altre figure professionali? Io penso di sì, ma alcuni potrebbero presidiare antichi confini di competenze professionali.

È ancora coerente con le necessità attuali l’organizzazione dei corsi di studio

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cure e fiducia
Salute,

Salute, cure e fiducia

o sarebbe opportuno prevedere percorsi differenziati, dopo un periodo in comune, per le aree della medicina di base, della prevenzione e della medicina specialistica ospedaliera, ovviamente con le informazioni adatte ad una scelta consapevole da parte dello studente?

Nell’ambito dell’informazione non sarebbe opportuno chiarire cosa ci si può e ci si deve aspettare da ogni figura evitando la mitizzazione dei “grandi specialisti” cui per forza si associa, anche involontariamente, la svalutazione degli “specialisti della medicina generale” che, ricordiamoci, si vedono entrare in studio un soggetto che può avere di tutto mentre gli altri visitano quasi sempre un paziente già studiato da non pochi colleghi.

Per quanto attiene la fiducia nella scienza, almeno per Covid e vaccini, le indagini non danno risultati brillanti; è preoccupante che esprimano dubbi o convinta sfiducia in percentuale ben più elevata di quel 5,8% di terrapiattisti. L’attribuzione di un tale risultato non può di certo essere liquidata attribuendolo solo alla causa principale che penso sottostia al fenomeno e cioè lo scarso livello di istruzione e cultura.

Ripensando a come si è affrontata la pandemia in questi due anni l’immagine della ricerca/scienza non è certo stata promossa dai seguenti comportamenti: - sono subito state date informazioni fallaci (l’Italia è al sicuro tutto è stato previsto e prevenuto)

presto smentite dai fatti; - sono stati rapidamente e giustamente riuniti specialisti in materia di infettivologia e sanità pubblica per valutare il da farsi, ma è stata attribuita agli “scienziati” la scelta delle misure da adottare; - si sono adottate misure contro la diffusione del morbo note ed utilizzate da secoli come se fossero la “risoluzione” del problema; - ad ogni decisione è stata conferita un aurea di insindacabilità derivante dalla “scienza”; - si è organizzata una campagna continua di “informazione” che più assomigliava ad una campagna di proselitismo con il ricorso agli specialisti in continuo fervore di comunicazione di verità assolute e l’attribuzione dello stigma di selvaggio oscurantista a chiunque sollevasse dubbi; - si è evocata e molto utilizzata l’allocuzione “siamo in guerra”, e mi sembra sbagliato associare la medicina ad un’idea di guerra.

Non è possibile non compiere errori quando ci si trova a fronteggiare un evento grave come la pandemia causata da un patogeno quasi sconosciuto, è grave, però, compierne tanti e non riconoscerne nessuno. La scienza non fornisce, sapendo di non poterlo fare, certezze assolute ma affronta problemi e si riserva il dubbio; gli “scienziati” non possono stabilire direttive di comportamento e di azioni da porre in atto in un ambito che non è scientifico come la gestione di una popolazione; attribuire responsabilità non congrue alla scienza è diseducativo;

l’ostracismo morale per i dissidenti non è proprio di una società liberale.

Temo ciò abbia contribuito ad aumentare il numero dei dubbiosi a livelli molto superiori a quello dei terrapiattisti. Un poco di umiltà talora è più convincente della sicumera. Per altro sono convinto che non si potesse, da un punto di vista pratico, fare molto di più, lo si poteva probabilmente fare meglio da un punto di vista della comunicazione.

Sciamani, guaritori, sante/ santoni, perché ci si rivolge loro? Penso esistano due categorie di malati/ parenti che si rivolgono a loro: la prima è di quelle persone che constatato che la nostra scienza è impotente di fronte ad una malattia con cui si stanno confrontando anche se irrazionale accettano di alimentare una speranza rivolgendosi ad un mondo spirituale-religioso; la seconda è quella delle persone che credono possibile un intervento del

soprannaturale molto più “potente” delle possibilità umane.

Man mano che la tecnologia/conoscenza aumenta dovrebbe diminuire il numero di queste persone e così è stato in passato; oggi, tuttavia, si assiste ad un riemergere di questa tendenza favorita dal disincanto nei confronti dell’uso della tecnologia, dalla necessità di un riavvicinamento alla natura e da un materialismo spinto all’eccesso.

Questa tendenza è accompagnata e favorita dalla capacità di alcuni (pochi spero) ciarlatani nel proporre in maniera convincente soluzioni miracolistiche e non faticose. Molto grave quando si convincono persone a ricorrere a terapie destituite di ogni criterio di scientificità causando ritardo o abbandono di terapie consolidate ed efficaci anche se non risolutive.

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KARL POPPER:
Conoscenza oggettiva, un punto di vista evoluzionistico. (da “lo sapevate che?” di una Settimana Enigmistica di qualche anno fa)
“Ogniqualvolta una teoria ti sembra l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere.”

un figlio non arriva...

Quando un figlio non arriva…

A cura del dott. Domenico Mossotto, specialista Ostetricia e in Ginecologia

Con la possibilità di accedere ad alti livelli d’istruzione e occupazione ed all’uso sempre più diffuso della contraccezione il ruolo della donna nel corso degli anni si è profondamente modificato; così sempre più donne, in attesa di una maggior stabilità affettiva, economica e lavorativa, scelgono di rinviare i propri programmi riproduttivi.

La strada per diventare genitori non sempre è così semplice e in discesa come ci si aspetterebbe. Quando si è giovani è facile pensare che sia naturale e immediato rimanere incinta a seguito di un rapporto sessuale non protetto. La realtà è ben diversa e molto spesso la strada verso il concepimento è irta di ostacoli. Di problemi di concepimento, però, si parla poco e in modo sommario e, soprattutto, troppo tardi; mentre invece sarebbe necessario già da giovanissimi conoscere non solo come avviene la fecondazione ma anche perché può essere difficoltosa e quali sono le cause e le soluzioni all’infertilità femminile e maschile. Nella maggior parte dei casi, invece, si arriva a scoprire e a conoscere il significato di parole come “infertilità” e “procreazione assistita” solamente quando si è alla ricerca di un figlio e la gravidanza non si instaura. Di

conseguenza, le coppie non sono preparate ad affrontare problematiche di diversa natura che, come accennato in precedenza, andrebbero conosciute e indagate prima di iniziare a prendere in considerazione la possibilità di avere un bambino. Ci sono molte patologie, abitudini scorrette e fattori che condizionano o che possono compromettere parzialmente o del tutto la fertilità femminile e quella maschile. Innanzitutto, è bene essere consapevoli del fatto che con uno stile di vita sano, visite ginecologiche periodiche, diagnosi precoci e trattamenti tempestivi si può preservare la fertilità femminile già da giovanissime. Inoltre, la Medicina della Riproduzione ha compiuto passi da gigante per quello che riguarda l’aiuto che possono ricevere sia le coppie che stanno cercando di avere un bambino e non ci riescono in modo naturale sia nel preservare la fertilità femminile nel momento del suo apice (tra i 20 e i 30 anni) tramite l’Egg Freezing (o detto anche social o time freezing), la procedura di crioconservazione degli ovociti per ragioni non mediche.

Cos’è la PMA.

Cosa si intende per PMA o Procreazione Medicalmente Assistita? Si intendono tutti i procedimenti e le metodiche

che possono aiutare a dare il via ad una gravidanza, se il concepimento naturale dovesse fallire.

Quando le coppie non riescono ad avere figli in modo naturale, si può ricorrere a questa procedura, dopo aver ovviamente indagato a fondo quali possono essere le cause di queste difficoltà a concepire. Secondo la definizione del Ministero della Salute con il termine di PMA “si intendono tutti quei procedimenti che comportano il trattamento di ovociti umani, di spermatozoi o embrioni nell’ambito di un progetto finalizzato a realizzare una gravidanza”.

Le tecniche di PMA sono diverse Tra le più comuni terapie di fecondazione assistita ricordiamo:

• Inseminazione Intrauterina (IUI) – una tecnica poco invasiva che consiste nello stimolare la produzione di ovociti per indurre l’ovulazione e l’inserimento nell’utero degli spermatozoi selezionati.

• FIVET/ICSI omologa (se l’ovocita e il seme sono

della coppia) o eterologa (se o l’ovocita o il seme sono di donatori), come per la IUI, viene stimolata la produzione degli ovociti che vengono prelevati a maturazione e fecondati in vitro (inseminazione artificiale) con gli spermatozoi selezionati. Gli embrioni prodotti verranno trasferiti successivamente nella cavità uterina.

Secondo le ultime linee guida dell’American Society for Reproductive Medicine bisognerebbe fare accertamenti per capire le cause delle difficoltà a concepire dopo almeno 12 mesi di rapporti liberi e non protetti che non hanno portato all’instaurarsi di una gravidanza. Per le donne con più di 35 anni, invece, il limite si abbassa a 6 mesi. Stesso limite anche in caso di operazioni chirurgiche nella zona pelvica, infezioni utero ovariche, endometriosi e malattie a carico dell’apparato riproduttivo. In questi casi è davvero importante agire tempestivamente e richiedere una consulenza presso una clinica che si occupi di PMA, perché mai come in questo caso il

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Quando

“fattore tempo” è cruciale. Soprattutto per le donne, che vedono diminuire drasticamente la loro riserva ovarica con il passare degli anni e le conseguenti probabilità di rimanere incinta. Solo il medico potrà diagnosticare con certezza le cause di difficoltà riproduttive anche se talvolta potrebbe non essere così semplice e infatti in questi casi si parla di infertilità idiopatica, che interessa circa il 10% delle coppie alla ricerca di un figlio che si rivolgono alle cliniche di PMA

Una volta stabilito perché si hanno difficoltà a procreare, si può prima intervenire con trattamenti farmacologici o chirurgici e laddove anche queste soluzioni non fossero adeguate o efficaci, si può ricorrere alla PMA. In Italia la procreazione medicalmente assistita è regolata dalle linee guida e dalle norme contenute nella Legge 40 del 19 febbraio 2004. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è possibile nei casi in cui si debbano risolvere problemi di sterilità o infertilità e nel caso in cui non ci siano altri trattamenti efficaci.

Considerato il costante innalzamento dell’età delle donne alla loro prima gravidanza (in Italia 32 anni in media rispetto ai 29 anni della media Europea), la Medicina della Riproduzione ha messo a disposizione di tutte le donne che lo desiderano la possibilità di crioconservare i propri ovociti, prelevati nel momento di massima fertilità (dai 20 ai 30 anni). Fino a qualche anno fa, infatti, la criocon-

servazione degli ovociti era destinata a donne che a causa di interventi clinici e cure farmacologiche invasive avrebbero potuto avere successive difficoltà riproduttive.

La crioconservazione degli ovociti per ragioni non mediche (Social Freezing o egg freezing o time freezing) è una procedura consigliata alle donne che, a causa di condizioni sfavorevoli a livello economico, personale e sociale, rimandano la gravidanza in età più matura.

Il social freezing permette di preservare la propria fertilità e conservare gli ovociti per quando sarà il loro personale momento giusto per avere un bambino, senza sentire la pressione dell’orologio biologico ma avendo a disposizione una chance in più di diventare madri con l’aiuto della PMA, se dovessero subentrare problemi nel concepire naturalmente

La Clinica Sedes Sapientiae di Torino grazie alla partnership con Clinica Eugin, amplia il ventaglio di prestazioni offerte ai pazienti con l’introduzione di trattamenti di medicina della riproduzione.

Grazie alla partnership con Eugin, uno dei più qualificati operatori specializzati in Europa, il Centro di Procreazione Medicalmente Assistita della Clinica Sedes Sapientiae offrirà alle coppie che intendono sottoporsi a trattamenti di PMA i più elevati standard clinici internazionali e un supporto completo anche dal punto di vista ginecologico e andrologico, garantendo una

assistenza completa alle coppie in cerca di un figlio. Presso il Centro di Procreazione Medicalmente Assistita della Clinica Sedes Sapientiae, vengono effettuati tutti i trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita consentiti dalla normativa vigente, ovvero l’inseminazione intrauterina con l’iniezione in utero di spermatozoi del partner o di un donatore e la fecondazione in vitro, effettuata in laboratorio all’esterno dell’utero, impiegando i gameti della coppia (fecondazione assistita omologa) o di donatrici e donatori (fecondazione assistita eterologa). Le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita eterologa e il modello di donazione di gameti transnazionale di Clinica Eugin Oltre alle metodiche di PMA di primo e secondo livello con gameti della coppia – procreazione medicalmente assistita omologa - in Clinica Sedes Sapientiae è possibile effettuare tutte le tecniche di fecondazione assistita eterologa:

• Fecondazione in vitro eterologa: con spermatozoi del partner e ovociti da donatrice; con ovociti propri e spermatozoi da donatore; con ovociti da donatrice e spermatozoi da donatore.

• Ovodonazione – Necessaria quando la donna, per motivi di salute o di età, non può produrre ovociti di qualità e in quantità adeguata a garantire il concepimento.

• Donazione di seme –Proposta quando non è possibile recuperare

gameti maschili in quantità e di qualità adeguata.

In Italia la scarsa disponibilità di donatrici e il ricorso a ovociti congelati da banche estere, più soggetti a rischi di danneggiamento durante le fasi di congelamento e scongelamento rispetto agli embrioni, riduce i tassi di successo dei trattamenti di PMA. Grazie alla partnership tra Clinica Sedes Sapientiae e Clinica Eugin, le coppie potranno accedere a un modello operativo basato sull’inseminazione di ovociti freschi, in Spagna, per ottenere embrioni vitrificati, poi trasferiti nell’utero della paziente in Italia.

Grazie a questo modello, alla rigorosa selezione e verifica della compatibilità della donatrice con la coppia, si ottengono tassi di successo sovrapponibili a quelli ottenuti con embrioni freschi. Per le coppie questo significa accedere ai più elevati standard internazionali con un significativo risparmio di tempo, economico e un minore stress, venendo meno l’esigenza di recarsi all’estero o fuori regione.

Preservazione

della fertilità.

Presso il Centro di PMA di Clinica Sedes Sapientiae è inoltre possibile preservare la propria fertilità grazie al congelamento degli ovociti tramite vitrificazione: un trattamento molto importante per pazienti che si sottopongono a terapie che possono ridurre la fertilità, quali i trattamenti oncologici, e per le donne che desiderano preservare la fertilità e avere maggiori garanzie di una gravidanza negli anni a venire.

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Quando un figlio non arriva...

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