Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXX 28 agosto 2017
Azione 35 M sh alle p opping agine 37-41 / 5659
Società e Territorio I media in Svizzera: intervista al giornalista Fabio Lo Verso sul progetto «Nouvelle Presse»
Ambiente e Benessere Il Gruppo d’interesse per un ambiente pulito è impegnato da oltre dieci anni nella lotta contro il littering
Politica e Economia Il codice italiano nel mirino delle Ong che operano nel Mediterraneo
Cultura e Spettacoli Simenon è uno scrittore tra i più prolifici ed amati e gode di un successo che non ha confronti
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Stefano Spinelli
Scuola Club rivaluta le sue origini
Dal Marocco alle Ramblas di Peter Schiesser La guerra continua. Qui e là. Si terrorizza e si muore a Barcelona, come a Parigi, a Londra, a Berlino, a Stoccolma..., si muore a Raqqa, in Siria (dove i bombardamenti dell’alleanza occidentale sulla capitale del declinante Stato islamico causano decine di morti fra i civili, di cui in Europa si prende purtroppo scarsamente nota)... Come in ogni guerra, la violenza si abbatte sugli innocenti. E la strage sulle Ramblas di Barcellona ci sconvolge ancora una volta, per la sua brutalità, le spensierate vite spezzate, il terrore che ci penetra di nuovo nell’animo, sfiorandoci da vicino (chi non è mai stato, o non ha uno stretto legame con qualcuno che è già stato sulle Ramblas?). Con la perdita di ampi territori, in particolare la città irachena di Mosul e presto quella siriana di Raqqa, sua capitale, lo Stato islamico si sta disintegrando, anche se si profetizza che l’Isis passi poi ad un’esistenza e a una lotta clandestina. Per noi in Europa, però, questo conterà poco: le migliaia di giovani che sono partiti dal Vecchio continente per la Siria e l’Iraq continueranno a porre una seria minaccia, una volta tornati in patria. Anche perché ogni guerra (com’è stato prima
in Afghanistan negli anni Ottanta e poi in Iraq con l’invasione americana nel 2003) fabbrica una quantità di veterani che formeranno una nuova generazione di giovani jihadisti. E siamo solo noi, ignari stranieri, a sorprenderci che questa volta sia toccato alla Spagna, visto che dal 2004, dagli attentati sui treni a Madrid che provocarono 192 morti e oltre duemila feriti, non era più successo nulla. In realtà, la polizia spagnola (forte dell’esperienza fatta combattendo i terroristi baschi dell’ETA), spesso in collaborazione con quella marocchina, ha sgominato diverse cellule terroristiche islamiste e sventato attentati, in particolare nel 2008 contro la metropolitana di Barcellona. E fra i due milioni di musulmani residenti in Spagna, la gran parte proveniente dal o con radici in Marocco, c’è sufficiente «manovalanza» facilmente reclutabile dagli islamisti, anche a causa del proliferare di predicatori salafisti che si muovono facilmente per le moschee del paese, come anche in Francia, in Belgio e in altri Stati, Svizzera compresa. Per quanto riguarda la Spagna, ma anche la Francia e il Belgio, si aggiunge il fatto che la maggior parte dei terroristi che hanno compiuto stragi a Parigi, a Bruxelles e a Barcellona provengono, o discendo-
no, da una precisa regione del Marocco, quel Rif che storicamente ha visto numerose guerre contro gli spagnoli e contro la monarchia che regge il Marocco. Disprezzandone gli abitanti, molti di essi berberi, re Hassan II non volle mai neppure visitare le sue residenze a Tangeri e Tetuan, situate a pochi passi da questa regione montagnosa del Marocco settentrionale. È una regione depressa, ancora oggi con poche opportunità, sempre molto negletta dal potere centrale marocchino, con il tempo diventata il maggior luogo di produzione di hashish, infestata da bande che si reggono su un codice tribale, su vincoli di solidarietà e di onore. Un buon retroterra dove trovare una gioventù pronta ad immolarsi per una causa più alta pur di sfuggire all’emarginazione, sia in patria, sia nelle nazioni europee in cui sono emigrati, dove si va estendendo il proselitismo. Il dilemma, alla fine si riduce a questo: fino a che ci saranno regioni depresse, con popolazioni vessate, emigranti culturalmente sradicati, i predicatori salafisti troveranno sempre sufficienti giovani da radicalizzare in nome di un ritorno ad un mondo puro e glorioso – l’illusione di ogni fanatico, povero e sprovveduto o meglio situato e acculturato che sia.