Azione 08 del 20 febbraio 2017

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXX 20 febbraio 2017

Azione 08 Società e Territorio Giuditta Pasotto ci racconta il successo di GenGle, il social network per genitori single

Ms alle hopping pagi ne 4 1-46

Ambiente e Benessere La dietista Pamela Beltrametti ci accompagna attraverso quello che lei stessa definisce «un mestiere che non manca di gusto»

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Politica e Economia L’invito al presidente americano per una visita di Stato in Gran Bretagna scatena le proteste

Cultura e Spettacoli Al Masi di Lugano un dialogo tra Meret Oppenheim e artisti suoi contemporanei

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di Benedikt Vogel pagine 12-13

B. Vogel

Un progetto futuristico in Ticino

Trump e le nebbie mediorientali di Peter Schiesser Un altro tabù incrinato: Donald Trump prende le distanze dal modello «due Stati» per una soluzione del conflitto israelo-palestinese perseguito da Bill Clinton e da tutti i suoi successori. In occasione della visita a Washington del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente statunitense ha dichiarato di poter convivere sia con il modello dei due Stati, sia con quello di uno Stato unico, come preferiranno israeliani e palestinesi, purché si giunga ad un accordo di pace, che Trump afferma di voler cercare. Che cosa significa questa frase apparentemente innocua? I palestinesi hanno risposto subito: l’unica soluzione possibile è di avere due Stati, poiché vivere in uno Stato unico con gli israeliani equivarrebbe ad essere cittadini di serie B (come già accade ai quasi due milioni di arabi che vivono dentro i confini di Israele, se non peggio). Chi segue gli affari mediorientali è convinto che l’unica via percorribile sia la creazione di uno Stato palestinese e che con il tempo anche l’Amministrazione Trump giungerà a questa conclusione. Lo stesso Bibi Netanyahu sostiene il modello «due Stati», benché in modo molto

tiepido; lo Stato unico rafforzerebbe politicamente, a suo discapito, i suoi alleati di governo dell’estrema destra che sognano tuttora una Grande Israele, con Gaza e la Cisgiordania. O forse la frase di Trump è solo un modo per spingere i palestinesi al tavolo dei negoziati sotto la minaccia del bastone? Potremo capirlo quando si concretizzerà il piano di pace americano cui Trump ha fatto allusione. Ma esistono le condizioni per una soluzione definitiva del conflitto fra israeliani e palestinesi, oggi? Di Netanyahu si dice che non ami il rischio e che negli oltre sette anni al governo non ha presentato alcuna visione su cui modellare i rapporti fra israeliani e palestinesi: qualsiasi iniziativa di pace può costargli voti, sposare la causa dei nazionalisti ebraici provocherebbe una terza Intifada (ben più feroce di quella in corso da mesi a fuoco lento, con singoli palestinesi che accoltellano o investono civili ebrei) – meglio quindi lo statu quo, con un’autonomia limitata ai Territori palestinesi. Se Obama aveva detto che lo statu quo è insostenibile, la sua pragmatica Segretaria di Stato di allora Hillary Clinton aveva puntualizzato che, sì, lo statu quo è insostenibile sul lungo periodo, ma che può essere ancora sostenibile per anni o decenni. In effetti, le posizioni fra le due parti sono più

distanti oggi di vent’anni fa, periodo durante il quale Israele non ha cessato di costruire insediamenti ebraici in Cisgiordania, l’Autorità palestinese orfana di Arafat ha governato in modo corrotto la Cisgiordania, mentre Hamas ha esercitato il suo pugno di ferro sulla Striscia di Gaza (e con Yahya Sinwar ha nominato suo leader una settimana fa un estremista e nemico giurato di Israele). Inoltre, Israele ha meno bisogno di un tempo di una pace definitiva con i palestinesi. Se nei decenni seguiti alla sua creazione, nel 1948, si è trovato attorniato da Stati arabi che ne perseguivano esplicitamente la distruzione, ora il quadro in Medio Oriente è profondamente cambiato. Egitto e Giordania hanno da tempo firmato una pace e la rispettano, l’acerrimo nemico siriano è imploso, l’Iraq non sta molto meglio, mentre nel caos seguito alla fallita Primavera araba le monarchie sunnite, capitanate dall’Arabia Saudita, hanno trovato in Israele un alleato naturale contro l’Iran nel contesto del rinnovato scontro fra musulmani sunniti e sciiti, come pure contro i fondamentalismi sunniti (Isis, al Qaeda ed altre formazioni minori). Considerati questi fatti, parlare di modello di uno o due Stati resta un discorso accademico: nessuna delle due vie è oggi percorribile.


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