Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXI 25 giugno 2018
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Keystone
Calanca, rinasce l’idea del parco
La democrazia in veste populista di Peter Schiesser «Mi sa che non dura», vien da dire pensando a Matteo Salvini e al governo italiano. In tre settimane il capo della Lega ha mostrato un approccio di rottura che dietro le quinte mette in imbarazzo anche i suoi compagni di viaggio governativi, i 5Stelle, si muove come se fosse lui il presidente del Consiglio, e poi gli è rimasto il tratto vendicativo dell’autocrate in nuce (ha persino evocato la possibilità di togliere la scorta allo scrittore Roberto Saviano, inviso alla mafia). Ma anche di Trump molti avevano pronosticato che non sarebbe durato nemmeno il primo anno... Potremmo consolarci dicendo che nulla dura per sempre, nemmeno gli imperi millenari, figurarsi l’attuale icona del populismo italiano. Ma dobbiamo anche ricordarci che quando simili fasi storiche si esauriscono sul terreno restano un mucchio di macerie e di vittime. I problemi che favoriscono l’emergere dei populismi non trovano mai una vera e sostenibile soluzione in un’autocrazia. Qualcun altro dovrà gettare le basi per la ricostruzione. La Storia lo insegna, ma solo a chi fa lo sforzo di volerla conoscere. Nella storia moderna i
(ri-)costruttori sono stati le democrazie liberali, è nel loro seno che il capitalismo e il progresso tecnologico hanno toccato apici mai conosciuti prima. Eppure questa macchina, come tutte imperfetta, si è inceppata. Oggi anche in Europa un importante numero di persone crede che la democrazia sia stata tradita dalle élite che hanno occupato la politica, l’economia, i media, e vi oppone il concetto di popolo – il popolo come espressione più alta della democrazia. Fare gli interessi del popolo è un male? No di certo, dovrebbe essere un’ovvietà, parlando di politica. Solo che i populisti lo intendono in modo esclusivo: noi siamo il popolo, voi non siete veri svizzeri italiani ungheresi polacchi americani... (i fanatici religiosi direbbero: non siete veri musulmani, cristiani, induisti...). In un contesto populista il dialogo politico fra diverse forze e correnti di pensiero non è più possibile e chi ottiene la maggioranza la esercita in modo esclusivo, in favore dei propri e contro gli altri. Alle porte dell’Europa ne vediamo esempi perfetti in Putin e nel presidente turco Erdogan, ma nell’Ue abbiamo il governo polacco, il già citato governo italiano, opposizioni consistenti in Francia e Olanda, i «liberali» austriaci e soprattutto il presidente ungherese Viktor Orban, il quale si vanta
di guidare una democrazia illiberale, concetto che rispecchia quanto scritto sopra. La forma può essere nuova, questa della democrazia illiberale, ma la sostanza è la stessa di sempre: un’autocrazia in cui il reggente ha potere su tutto, solo chi è vicino al potente prospera (eccome), gli avversari politici e chi la pensa in modo diverso hanno vita grama (se sopravvivono), mentre la maggioranza silenziosa viene tenuta buona con contentini mirati. E la costruzione di un autocrate segue una strategia chiara: prima di tutto il populista di turno cerca di trarre profitto da una situazione di crisi oggettiva promettendo facili miracoli, poi cerca un nemico su cui deviare la rabbia e le frustrazioni popolari (in questo momento i profughi, senza diritto di voto, sono i più vulnerabili), una volta conquistato democraticamente il potere con le elezioni cerca di scardinare il sistema di controlli e suddivisione del potere portando sotto il suo controllo il sistema giudiziario e poi i media. Siccome però i sistemi illiberali si contraddistinguono per una corruzione ancor più elevata, un’assenza di giustizia e di prospettive, un giorno o l’altro il popolo si stufa e vota qualcun altro. Persino in Malaysia ne sono stati capaci. Ma nel frattempo si soffre.