Azione 46 del 11 novembre 2019

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio La rabbia è un’emozione ancora tabù per le donne, eppure può essere utile e favorire mutamenti sociali

Ambiente e Benessere Nasce in Ticino la rete medX, il primo consorzio di medici di famiglia attivi sul territorio già riconosciuto da alcune assicurazioni malattia. Ce ne parlano il dottor Christian Garzoni e la dottoressa Greta Giardelli

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXII 11 novembre 2019

Azione 46 Politica e Economia Cina e Russia, due visioni contrapposte: ce lo spiega Garry Kasparov

Cultura e Spettacoli Ritorna sugli scaffali delle librerie il grande scrittore austriaco Thomas Bernhard

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Nuovi binari per la Vetta

Stefano Spinelli

di E.Stampanoni pagina 2

L’urgenza della nuova generazione di Peter Schiesser «Mamma, è stata una vacanza bellissima, ma la prossima volta l’aereo lo prendiamo fra cinque anni; abbiamo inquinato moltissimo». Un’amica mi racconta il commento di sua figlia di dieci anni al ritorno da Valencia: «cosa dovevo dirle?». Aveva semplicemente ragione. Questa è la generazione Greta. Incredibile che una bambina, non sottoposta ai media, in qualche modo avesse già interiorizzato il messaggio dell’icona mondiale della gioventù. Quest’amica completa il racconto aggiungendo quanta plastica, quanti rifiuti, quanti mozziconi di sigarette semplicemente venissero gettati ovunque, ripuliti la sera con potenti getti d’acqua (per finire dove?): anche nella vecchia Europa c’è ancora tanto da fare. Immaginate che cosa significano cinque anni nella mente di una bambina di dieci anni: quasi un’eternità. La sua frase esprime un’urgenza di azione che la nostra generazione (quella del baby boom e quella immediatamente successiva), abituata ai tempi lenti dei cambiamenti della politica di ieri, non sembra in grado di capire. I nostri figli ci stanno dicendo che non c’è più tempo per indulgere in

uno stile di vita che sta depauperando il pianeta, che non ci sono più scuse, che il cambiamento deve avvenire ora. E non è solo una bimba di dieci anni che lo manifesta: nel corso di un panel di discussione intergenerazionale a Roma su ipotesi di progetti legati a sviluppo, clima, ambiente, ho constatato che fra la nostra generazione e quella dei giovani c’è una faglia temporale in cui si innesta l’urgenza di agire. In loro non c’è più la disponibilità di attendere i tempi lunghi della vecchia politica. Certo, potremmo commentare che questa urgenza è figlia di un’ingenuità, della scarsa conoscenza di come vanno le cose nel mondo, anche nell’alta politica, quella delle organizzazioni internazionali (ma i trentenni di questo panel sono tutti attivi nelle istituzioni). Tuttavia, ad essere onesti bisogna riconoscere che sono loro, non noi, i figli di questo tempo, il tempo determinato dalla velocità dei cambiamenti tecnologici che stanno rivoluzionando ogni aspetto della vita e dell’economia. E dalla loro parte sta la constatazione che il futuro appartiene a loro, che noi rappresentiamo il vecchio e dovremmo onestamente cominciare a lasciare spazio a loro. Anche perché – almeno il sottoscritto – non riusciamo neppure più a stare al passo con la velocità dei cambiamenti tecnologici del presente.

Invece, che cosa vediamo? Che la generazione anziana, fino agli ottantenni e ai novantenni, non ha nessuna intenzione di liberare il campo, pretende di occupare ancora gli spazi della politica, dell’economia, anche del dibattito pubblico. E lo fa in parte con un – per me – incomprensibile astio verso Greta Thunberg e la sua generazione. Possiamo leggerlo nei commenti sui giornali: esprimono a volte disprezzo e cattiveria verso questi giovani. Cercano – cerchiamo – di giustificare lo status quo in nome di una stabilità, di un modello di vita che ci ha dato benessere (e non lo vogliamo perdere), senza renderci conto che questa stabilità non esiste più, che esiste solo ancora nelle nostre menti, nei nostri desideri. Invece dovremmo accettare che il mondo sta affrontando delle sfide completamente nuove, e quindi cominciare a passare il testimone a chi vivrà il domani. È paradossale che proprio i più anziani, cui spetta ancora poco tempo da vivere, vogliano dire ai più giovani che cosa è giusto per il loro futuro. Lasciamo che siano i giovani a prenderlo in mano già oggi, osando, sbagliando, innovando e migliorandolo secondo le loro capacità, e cominciamo a ritirarci con umiltà in buon ordine. Ricordando che non siamo eterni.


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