Cooperativa Migros Ticino
Società e Territorio Tra il cervello degli uomini e quello delle donne non ci sono differenze: il libro della neuroscienziata Gina Rippon contro gli stereotipi di genere
Ambiente e Benessere Allattamento ai tempi del Covid-19: ce ne parlano la pediatra Patrizia Tessiatore, la levatrice Veronica Birtolo, e il pediatra Alessandro Diana
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 20 luglio 2020
Azione 30 Politica e Economia La partita dei fondi UE per la ricostruzione delle economie comunitarie va molto al di là dell’aspetto finanziario
Cultura e Spettacoli Continua il nostro viaggio alla scoperta dei trattati d’arte del glorioso passato italiano
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di Mauro Giacometti pagina 5
Ti-Press
Molto più di semplice roccia
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Guerra fredda o guerra aperta? di Peter Schiesser Come segretario di Stato, Henry Kissinger fu con il presidente Richard Nixon l’architetto del disgelo fra Stati Uniti e Cina, nel 1971: che ora, a 97 anni, riconosca che fra le due superpotenze, l’una affermata l’altra in divenire, è cominciata una guerra fredda, la dice lunga sullo stato delle relazioni fra il paese alfiere del capitalismo e quello del capitalcomunismo. Se la prima guerra fredda che oppose Washington e Mosca terminò con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, non è detto che la seconda avrà un epilogo analogo. Al contrario potrebbe, come suggeriscono studiosi come Graham Allison dell’università di Harvard, riproporsi la cosiddetta «trappola di Tucidide», secondo cui la logica e inevitabile conseguenza dello scontro di due potenze in lotta per l’egemonia è la guerra, come avvenne per decenni nel quinto secolo avanti Cristo fra Atene e Sparta. Una guerra nucleare, un’invasione terrestre? Impensabile. Un «incidente» fra le marine dei due paesi? Molto più probabile, inevitabile secondo numerosi analisti. Perché è nel Mar Cinese meridionale, di cui Pechino rivendica la sovranità (3 milioni e 500mila km quadrati),
che la politica espansionista cinese si mostra più aggressiva: con la creazione di atolli artificiali trasformati in basi militari, con l’affondamento di pescherecci, con i ripetuti sconfinamenti di vascelli cinesi nelle acque territoriali di Malaysia, Vietnam, Filippine, con manovre militari. Ma l’imperialismo cinese, che possiamo far coincidere con l’arrivo al potere di Xi Jinping (ormai presidente a vita), non si limita al Mar Cinese: nell’Himalaya occidentale la «frontiera» con l’India (tecnicamente la Linea attuale di controllo) è diventata incandescente dopo gli scontri all’arma bianca che hanno causato decine di vittime, in quello orientale si avanzano pretese territoriali verso il regno del Bhutan. E forte della sua rafforzata posizione geostrategica, la Cina adotta ritorsioni contro chiunque osi criticarla. Sono gli Stati Uniti ad averla iniziata, questa nuova guerra fredda, con la guerra commerciale lanciata da Trump? Piuttosto, il presidente ha semplicemente adeguato la rotta della diplomazia statunitense verso una Cina che si mostra sempre più assertiva e corsara. Oggi la volontà di contrastare la sua avanzata è forse l’unica cosa che accomuna democratici e repubblicani negli Stati Uniti, troppo grande è il timore di vedersi superare nei prossimi decenni, con Pechino
che approfitta delle debolezze e del know how tecnologico dell’Occidente. Gli Stati Uniti hanno smesso di credere che il benessere materiale avrebbe spinto la Cina a riformarsi, hanno constatato che la ricchezza accumulata nei decenni in cui è stata la fabbrica a basso prezzo del mondo viene impiegata per primeggiare, per sbarazzarsi del fastidio democratico di Hong Kong, per rinchiudere in campi di rieducazione un milione di uiguri nello Xinjiang, per assorbire nella sua orbita i paesi che cedono al miraggio della Belt and road initiative. I cinesi sono consapevoli che la guerra fredda è iniziata. E sono pronti a combatterla. A questo punto lo sono anche gli Stati Uniti e a poco a poco pure gli europei. Lo vediamo nella crescente volontà di chiudere le porte al gigante tecnologico cinese Huawei, nonostante questo renda più difficile l’introduzione in Europa della tecnologia del 5G, nelle sanzioni decretate dopo l’imposizione di una nuova e repressiva legge sulla sicurezza a Hong Kong. Una scaramuccia nei mari cinesi del sud può ancora essere controllata. Ma che cosa potrebbe succedere se Pechino osasse invadere Taiwan, di cui rivendica la sovranità? In quel momento avremmo la misura dell’effettiva forza dei due contendenti.