Azione N. 10 del 7 marzo 2022

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Anno LXXXV 7 marzo 2022

Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura

edizione

10

MONDO MIGROS

Pagine 4 – 5 ●

SOCIETÀ

TEMPO LIBERO

ATTUALITÀ

CULTURA

Il virologo Enos Bernasconi spiega la distinzione tra epidemie, pandemie, endemie

Parola alla leventinese Deborah Scanzio, pioniera per il Ticino del Freestyle ai massimi livelli

Reportage da Dnipro, Ucraina, dove si preparano molotov e si formano gruppi cittadini di difesa

Il cinema nel tempo della guerra: intervista alla cineasta e produttrice ucraina Darya Bassel

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By Courtesy of Center for the Study of Art in Rural America, Canton, Ohio

L’America vista da un pittore svizzero

Benedicta Froelich

Improvvisamente siamo tutti europei Peter Schiesser

Giovedì 24 febbraio. Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina, riportando la guerra in Europa. La sera al LAC a Lugano, al concerto con musiche di Shostakovic e Stravinskij diretto dal polacco Krysztof Urbanski, la moglie di un compositore ticinese si alza in piedi e chiede al pubblico e all’orchestra di osservare due minuti di silenzio in segno di solidarietà con l’Ucraina e contro l’aggressione russa. Applausi, e poi silenzio. Quindi, dagli strumenti dell’orchestra e dal violoncello di Kian Soltani riemerge dalle musiche di Shostakovic l’atmosfera russa dei tempi di Stalin (la percepisco cupa, ossessiva, dolorosa, dirompente, folle), ma anche quella magica quasi fiabesca dell’animo russo. Che si sublima nel finale con un Urbanski che si trasforma, nel suo volteggiare, nell’Uccello di fuoco di Stravinskij. Nel mentre, l’esercito russo vomita la sua potenza distruttrice sull’Ucraina. L’indomani, uscendo dallo studio dentistico, Nirvana mi dice: «ho una grande ansia, ne usciremo?» Penso si riferisca alla pandemia, ma lei dice «no, la guerra in Ucraina: arriverà fin qui?».

La mia risposta è no – ma ne sono certo? Il pomeriggio incontro un collega di lavoro, si parla anche di Ucraina e mi dice che la sera prima le sue tre figlie, bambine, chiedendo che cosa succedesse si sono messe a piangere. La paura della guerra è arrivata nell’animo di noi europei, grandi e piccoli, con la tristezza che le immagini di un’umanità punita nella sua innocenza provoca nei cuori. Un milione di persone hanno già lasciato il paese, innumerevoli mogli e madri sono separate dai mariti e dai figli adulti, a centinaia di migliaia le persone si nascondono nelle stazioni della metropolitana a Kiev e in altri rifugi – chi non piange al pensiero di tanto dolore? Ma assieme alla paura è sopraggiunta anche un’ondata di solidarietà senza precedenti per i fuggiaschi ucraini. Improvvisamente ci consideriamo tutti europei. Ancora una volta, la guerra non la vogliono i popoli, ma chi è soggiogato dalla volontà di potere. Che si regge su una follia insensibile, barbarica. Quella di Hitler, quella di Stalin e di tanti altri, oggi quella di Putin. Come la storia insegna,

alla fine si autodistrugge sempre. Ma al prezzo di indicibili sofferenze per noi comuni mortali. Noi siamo qui, sull’orlo di un buco nero che risucchia pezzi di Europa, del nostro mondo, del nostro vivere, impotenti, addolorati. La guerra torna ad essere un uncino che ci strappa la pace dall’animo. Non lo credevamo possibile. E dopo una pandemia che ci ha debilitati, dobbiamo reggere questo rigurgito di follia umana che sappiamo avrà conseguenze profonde. Ci chiediamo: l’Ucraina è persa, o riuscirà a resistere, ora e in futuro, all’invasione russa? I primi dieci giorni di guerra ci hanno mostrato un esercito russo in difficoltà, non è la macchina bellica organizzata ed efficiente che si è voluto far credere. Mentre l’esercito ucraino resiste oltre le aspettative, logisticamente e mentalmente più preparato degli avversari, spalleggiato da una popolazione che in massa prende le armi, si oppone agli invasori anche solo con la forza delle parole affrontando inerme i carri armati nemici. Gli ucraini mostrano immagini di soldati russi catturati, spaesati, che non sapevano neppure di

venir mandati in guerra. Questa volta Putin potrebbe essersi sbagliato: ha voluto far credere ai russi e ai propri soldati che si trattava di andare a liberare l’Ucraina da una élite nazi-fascista che tiene in ostaggio il proprio popolo, invece i soldati si sono trovati un paese contro – un fatto che non si aspettavano e che incide senz’altro sul morale delle truppe. E ora, non riuscendo ad avanzare come vorrebbe, Putin prende sempre più di mira i civili. Il presidente russo si è sbagliato anche sulla risposta dell’Occidente: questa volta le sanzioni sono tali da colpire in profondità l’economia russa, isolandola sempre più dal contesto mondiale. La condanna della guerra è tale che i russi vengono esclusi anche da manifestazioni sportive e culturali. Ma la situazione è altamente pericolosa: i paesi della Nato forniscono sempre più armi all’Ucraina e si preparano ad armarsi maggiormente in futuro. Putin, messo nell’angolo, minaccia velatamente una guerra nucleare e conta ancora di occupare tutta l’Ucraina. Resta quindi estremamente pericoloso.


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