Azione 10 del 4 marzo 2019

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio «È intelligente ma non si impegna»: un libro rivaluta gli studenti minimalisti

Ambiente e Benessere I viceprimari dell’Unità di Ortopedia e Traumatologia all’Ospedale Regionale di Lugano, Christian Candrian e Paolo Gaffurini, illustrano i nuovi orizzonti della protesica di anca e ginocchio

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXII 4 marzo 2019

Azione 10 Politica e Economia Xi Jinping sarà in italia il 22 marzo. Di fatto Roma entra nelle Vie della Seta

Cultura e Spettacoli I Musei Reali di Torino propongono le opere del pittore fiammingo Antoon van Dyck

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Il #MeToo della Chiesa

Keystone

di Giorgio Bernardelli pagina 34

Identità: una, nessuna, centomila? di Peter Schiesser Un manifesto elettorale per le cantonali del 7 aprile attira la mia attenzione: lo slogan del candidato recita «Prima i ticinesi». Una sottile variazione sul tema «Prima i nostri», appannaggio di un’altra ma alleata formazione politica. Il discorso identitario va per la maggiore in diversi paesi europei, risulta elettoralmente pagante, perché dovrebbe essere altrimenti in Ticino? È un messaggio chiaro, segnala un attaccamento alla propria comunità. Almeno in apparenza. Anzi, solo in apparenza, se proviamo a ragionare. Presuppone innanzitutto che l’essere umano abbia una sola identità, o che si ritenga prevalente una in particolare, in questo caso quella legata all’origine della persona. Soffermiamoci quindi sull’«identità ticinese». La mia biografia mi porta a chiedermi se sono ticinese, essendo figlio di genitori svizzero-tedeschi, nato e cresciuto in Ticino ma tuttora attinente di un cantone di Oltralpe. Mi rispondo che mi sento ticinese, in quanto parte di una rete sociale e di un territorio in cui sono cresciuto, ma anche svizzero tedesco, poiché con quella realtà condivido ancora la lingua (mia lingua

madre ma che parlo meno bene dell’italiano, lingua del cuore e della mia realtà quotidiana), le parentele e certi meccanismi mentali, una comprensione più ampia dell’essere svizzeri. La mia identità è dunque plurima. Come me, in Ticino ci sono tante altre persone che non hanno un’origine puramente ticinese, pur non essendo straniere (le quali sono senza facoltà di voto, per cui escluse dalla contesa elettorale e dal messaggio del candidato in questione). Senza dimenticare le molte persone naturalizzate. Sono, siamo da considerare ticinesi? Se avessi ereditato da un genitore anche un passaporto straniero, oltre a quello svizzero, l’interrogativo si porrebbe in modo ancora più acuto, specialmente se anziché essere solo elettore volessi candidarmi ad una carica politica – ne sa qualcosa Ignazio Cassis, che ha rinunciato alla cittadinanza italiana per non sentirsi chiedere se è davvero un consigliere federale leale alla Svizzera. Ognuno darà una risposta secondo le proprie inclinazioni, chi mette al primo posto il discorso identitario, che in genere si articola in una contrapposizione fra «noi e loro», faticherà a riconoscere che un’identità possa essere plurima. Il messaggio «Prima i ticinesi», se presuppone una purezza di origine, come è prassi in formazioni di stampo nazionali-

stico, si rivolge dunque ad un campione elettorale che si restringe. E si restringe ulteriormente se ci chiediamo: prima quali ticinesi? Quelli di destra, di sinistra, di centro, i pro-europeisti, gli anti-europeisti, chi ama l’Italia, chi la detesta, gli eterosessuali, gli omosessuali, quelli aperti sul mondo o quelli chiusi su se stessi? Il messaggio elettorale in questione presuppone un gruppo identitario omogeneo, che invece non esiste. Oppure viene sottinteso che va considerato ticinese solo colui che implicitamente condivide i valori e le inclinazioni politiche e morali di quello specifico candidato, per cui gli altri non sono da considerarsi ticinesi? Non vorrei attribuire intenzioni simili al candidato in questione, ma bisogna fare molta attenzione a cavalcare il discorso identitario, poiché la realtà e la storia ci insegnano che è facile finire proprio lì: a considerare chi è diverso da noi non più come avversario in un contesto politico, ma come un nemico. Forse voleva essere solo uno slogan facile, che arriva subito alla pancia degli elettori, ma è difficile negare che titilla un sentimento di rivalsa: se è ora di dare spazio ai ticinesi, si intende implicitamente che finora è stato dato troppo spazio ad altri. Da inclusivo, il messaggio alla fine risulta essere esclusivo, anzi escludente.


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