Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 S. Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 17 febbraio 2014
Azione 08 9 pping 9-44 / 50-5 o h s M ine 3 g a p e l al
Società e Territorio Sta per compiere vent’anni il Centro Culturale Cinese di Lugano: incontro con la fondatrice Francesca Wölfler
Ambiente e Benessere Anziani, qualità di vita, accanimento terapeutico e cure intensive: ce ne parla il primario del reparto di medicina intensiva dell’Ospedale regionale di Lugano (Civico) dottor Paolo Merlani
Politica e Economia La Svizzera vista dagli italiani dopo il voto del 9 febbraio
Cultura e Spettacoli Bambini e horror, un binomio apparentemente impensabile ma sempre amato dal cinema
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Ti-Press
Perdersi al gioco
di Laura di Corcia
Europa, integrazione azzerata di Peter Schiesser La Svizzera si è riscoperta Neinsager. E il suo no è una freccia che ha colpito al cuore sia Bruxelles, sia le relazioni con l’Unione europea. Ancora una volta, 21 anni e 2 mesi dopo il no allo Spazio economico europeo, l’arciere è Christoph Blocher; come in una saga medievale ha vinto il torneo battendo gli imbattibili, con lo stesso punteggio di allora. Ma la Svizzera e l’Europa del XXI secolo sono qualcosa di molto più complesso di una saga medievale. Più passano i giorni da quel fatidico 9 febbraio 2014, più ce ne accorgiamo. I fautori dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa sono riusciti a far credere che un voto contro la libera circolazione delle persone non porterà alla decadenza degli accordi bilaterali I, che l’Unione europea non ha interesse a perdere un buon cliente come la Svizzera, e che casomai, se proprio c’è da rinegoziare tutto, si potrebbe ottenere di più. Ma in questa prima settimana da Bruxelles e dalle capitali europee che contano sono giunti all’unisono messaggi opposti: si rispetta la decisione svizzera, ma la libera circolazione delle persone non è negoziabile, i contingenti non sono accettabili.
E non poteva essere altrimenti: l’Unione europea di oggi non è quella di 20 anni fa. Allora era un colosso in crescita, economicamente stabile, con Paesi membri uniti da una volontà europeista attorno a una Germania riunita. Oggi emerge dalla crisi finanziaria dell’Euro, sta tentando di stabilizzare le economie dei suoi Stati membri mediterranei, si deve confrontare con un forte euroscetticismo che troverà probabilmente manifestazione alle elezioni di maggio in un accresciuto numero di europarlamentari anti-europei. Bruxelles non farà sconti sulla libera circolazione delle persone, se lo facesse decreterebbe la fine dell’Unione europea come la conosciamo oggi. Non è un caso – e dovrebbe far riflettere anche noi svizzeri – che nell’Ue il sì all’iniziativa UDC è stato applaudito dai partiti di estrema destra e anti-europei. Va tuttavia detto che, rispetto ai loro politici, i cittadini dell’Ue sono decisamente più vicini alle posizioni della maggioranza svizzera. Al di là dei toni calmi e cauti di governanti e politici, la gravità della situazione non sfugge. Le autorità non hanno interesse a drammatizzarla, per cui vogliono mostrare di avere le redini in mano: entro giugno verrà formulata una legge di attuazione dell’iniziativa dell’UDC, entro l’anno stabiliti i criteri per i contingenti di manodopera
straniera. In realtà, ci vorrà un miracolo per mettere insieme il diavolo (la libera circolazione richiesta dall’Ue) e l’acqua santa (l’iniziativa UDC); d’altro canto, si scatenerà una guerra interna al mondo economico per accaparrarsi la fetta più grande dei contingenti (con il rischio che contino di più criteri e appoggi politici che economici). Sì, perché l’agricoltura, il settore sanitario, l’edilizia, gli altri rami industriali e di servizi, senza dimenticare le piccole e medie imprese, reclameranno quanto loro necessario. Rinascerà la competizione conosciuta in passato per avere la necessaria manodopera, dopo l’illusione degli ultimi anni in cui si era potuto liberamente attingere al mercato del lavoro europeo attirando i più qualificati. La calma serve però anche a coprire lo smarrimento: dopo il no di 21 anni fa ad una convivenza nello Spazio economico europeo, con gli accordi bilaterali era nata una «relazione a distanza», fra Berna e Bruxelles. Ora questa viene messa in dubbio, sollevando un grande interrogativo su come ridefinire i rapporti reciproci e un’ombra riaffacciarsi: l’isolazionismo. In sostanza, il 9 febbraio la «politica d’integrazione europea» svizzera è stata azzerata. E nessuno sa bene in quale direzione farla ripartire.