Azione 17 del 22 aprile 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 22 aprile 2014

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Società e Territorio In Svizzera si va verso una centralizzazione dei reparti maternità: le preoccupazioni delle levatrici

Ambiente e Benessere La Terra come la Luna o Marte: sul nostro pianeta esistono diversi luoghi molto simili a pianeti alieni

Politica e Economia Sulle elezioni parlamentari irachene incombe l’incubo dell’estremismo islamico

Cultura e Spettacoli Scoperta a Rimini la casa di un medico vissuto poco meno di duemila anni or sono

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di Sara Rossi pagina 5

Vincenzo Cammarata

Vivere il Convento

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Il tempo fugge, il mare incalza di Peter Schiesser Se volete visitare le isole Maldive con il loro mare turchese, o i Sundarbans, l’estesa regione nel delta del Gange a cavallo fra India e Bangladesh regno delle ultime tigri del Bengala, oppure l’arcipelago di San Blas nel mar dei Caraibi davanti a Panama, per millenni patria degli indio Kuna, affrettatevi: tra qualche decennio potreste trovare solo mare. E se vogliamo evitare ai popoli più poveri di oggi di dover tentare di sfuggire a miserie ancora maggiori cercando sopravvivenza altrove, perché il mare avrà eroso o sommerso o anche solo bruciato con il sale le terre che coltivano, affrettiamoci: come sottolineato nell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (ONU), non resta più molto tempo per evitare che venga superata la soglia di un aumento della temperatura atmosferica di due gradi rispetto all’era pre-industriale, limite oltre il quale i cambiamenti climatici diverrebbero incontrollabili: entro 15 anni deve realizzarsi la svolta tecnologica ed energetica, con massicci investimenti nelle energie verdi e un’altrettanto importante riduzione degli investimenti nelle energie fossili, affinché entro il 2050

le emissioni di CO2 si riducano del 40-70 per cento. Nella terza parte del suo rapporto (presentata una settimana fa), mastodontico lavoro che viene elaborato ogni 5-6 anni, l’IPCC constata che in questi anni è cresciuta la consapevolezza del problema e la sensibilità dei governi. Tuttavia, le misure applicate non sono bastate per contrastare un aumento delle emissioni di CO2: a causa di una crescita economica mai vista in precedenza su scala planetaria, nel primo decennio del nuovo secolo le emissioni di CO2 sono raddoppiate rispetto agli ultimi decenni del Novecento. E se pure qua e là sono stati raggiunti i primi obiettivi del protocollo di Kyoto (per la Svizzera, una riduzione delle emissioni di CO2 dell’8 per cento fra il 2008 e il 2012 rispetto al 1990 e del 20 per cento entro il 2020), e se anche gli Stati Uniti (non firmatari del protocollo) e la Cina hanno autonomamente adottato misure in difesa del clima, ormai questi approcci e obiettivi non sono più sufficienti. Serve urgentemente una politica incisiva, che renda più care le energie fossili e più accessibili quelle rinnovabili, sostenuta da un solido trattato internazionale. Dieci Paesi, con in testa Cina e Stati Uniti, sono responsabili del 70 per cento delle emissioni di CO2, è vitale coinvolgerli tutti. Fin qui, l’accordo è stato invocato da più parti ma non ancora

trovato. Si sta lavorando con l’obiettivo di firmarlo l’anno prossimo, perché possa entrare in vigore nel 2020. Forse l’ottimismo è un po’ eccessivo: senza gli Stati Uniti non si va da nessuna parte, questa volta, vanno perciò considerati i tempi politici per ottenere un consenso interno. Come scrive in un’analisi il «New York Times», una tassa sui carburanti fossili – assolutamente necessaria per una svolta energetica – resta molto impopolare, proporla prima delle elezioni di Midterm (autunno 2014) sarebbe un regalo elettorale ai repubblicani: nel 2009 la Camera dei rappresentanti a maggioranza democratica votò una tassa sul CO2, poi bocciata dal Senato, dopodiché nel 2010 i repubblicani conquistarono la maggioranza alla Camera dei rappresentanti… Benché avesse l’ambizione di condurre una politica ambientale molto più incisiva, il presidente Obama è comunque riuscito a imporre, grazie alle sue prerogative esecutive, una serie di misure per ridurre l’inquinamento prodotto dal traffico stradale, ma ora, suggerisce il NYT, una volta superato lo scoglio delle elezioni di metà mandato al Congresso dovrà sfruttare il tempo che gli resta per spingere sull’acceleratore e preparare così il terreno a chi gli succederà alla Casa Bianca alla fine del 2016, affinché possa assumere la leadership mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici.


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