Azione 18 del 28 aprile 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 28 aprile 2014

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Azione 18

Società e Territorio Il figlio preferito esiste: due studiose francesi infrangono il tabù

Ambiente e Benessere Come riconoscere e come curare i traumi? Intervista con la psicoterapeuta Nadine Maetzler

Politica e Economia La metamorfosi di Internet: da luogo di libertà a mastodontico spazio commerciale

Cultura e Spettacoli A Firenze una grande mostra sul Manierismo e sugli artisti Pontormo e Rosso Fiorentino

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Guerra fantasma Una Radiotelevisione ai confini europei al servizio del federalismo di Antonella Rainoldi

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Non è strana questa guerra fra Russia e Stati Uniti-Unione Europea? Niente parate militari a dimostrazione della potenza del proprio esercito come si vedeva fino alla fine della Guerra fredda, niente campi di battaglia stile Grozny anni Novanta, la capitale della Cecenia rasa al suolo su ordine di Vladimir Putin per soffocare ogni aspirazione all’indipendenza. Si combatte a suon di azioni da commando di forze speciali, russi e filo-russi con colpi di mano fortemente simbolici come l’occupazione di edifici governativi e terribilmente efficaci dal punto di vista geopolitico, la controparte, lo scalcinato esercito ucraino, colpendo anche duro, ma dove c’è poca resistenza. I russi, con premura di mantenere una sorta di invisibilità, sono perfettamente armati e organizzati (e alle frontiere c’è un esercito di 50mila soldati russi che rumoreggia), i soldati ucraini mandati da Kiev (quando non disertano) si muovono in piccoli gruppi, non per raffinata tattica antiterroristica ma perché non ci sono i soldi per far funzionare l’esercito nazionale ucraino. Scriveva un mese fa l’«International Herald Tribune» in un reportage dalla Crimea che i blindati dell’esercito nazionale hanno potuto mettersi in moto solo dopo che un oligarca filo-governativo ha pagato l’equivalente di 6 milioni di dollari per acquistare il carburante. Eppure, sulla linea del Dniepr si gioca una partita a scacchi con un forte impatto geopolitico. La Storia indica che in questi casi l’onda d’urto giunge imprevedibilmente a modificare anche altri equilibri. Per fare un esempio: gli Stati Uniti non si aspettavano che il sostegno fornito negli anni Ottanta ai mujaheddin afghani nella guerra contro l’invasore russo avrebbe favorito la nascita di al Qaeda (Osama bin Laden comprava armi per i ribelli afghani con denaro americano). Se Putin riuscirà a destabilizzare l’Ucraina orientale quanto basta per trasformarla in un satellite della Russia, gli Stati Uniti potrebbero subire contraccolpi in altri scenari geopolitici. Perdere la battaglia per l’Ucraina sarebbe una dimostrazione di debolezza: in Asia, Giappone, Filippine, Taiwan, Corea del Sud si sentirebbero ancora sicuri di venire tutelati da Washington nelle loro contese territoriali e marine con la Cina? In un momento storico in cui mostrare i muscoli conta di nuovo, gli americani non sembrano i più predisposti e gli europei ancora meno (mentre alla NATO ci si rende conto che a parte gli Stati Uniti, che coprono i 3/4 del fabbisogno dell’Alleanza atlantica, sono pochi i Paesi membri che dedicano alle spese militari il 2 per cento del PIL come previsto, ben di più sono quelli che preferiscono risparmiare). Difficile prevedere come possa evolvere militarmente la situazione, l’inizio delle operazioni «anti-terroristiche» dell’esercito nazionale ucraino per riprendere il controllo del territorio hanno scatenato una guerra verbale a Mosca, cui potrebbe seguire un’invasione vera e propria, anche se non ve ne sarebbe bisogno: l’Ucraina, come scrive Lucio Caracciolo a pagina 23, è ormai un Paese diviso in tre e difficilmente riuscirà a sopravvivere come Stato unitario. Il vice-presidente americano Joseph Biden è giunto nei giorni scorsi a Kiev per ribadire che Washington sostiene un’Ucraina indivisa, ma le sue parole hanno il peso degli spiccioli che ha portato con sé, 58 milioni di dollari, di cui 11 per organizzare le elezioni presidenziali di fine maggio, sempre più improbabili (come desidera Putin). Una goccia nel mare delle necessità dell’Ucraina, nemmeno sufficienti per le urgenze immediate. Nasce il sospetto che, come nel caso della Crimea, al di là della retorica e dei proclami, in Occidente si cominci a fare i conti anche con la perdita dell’Ucraina orientale. Tuttavia, esistono altre forme di muscoli che Stati Uniti e Unione europea potrebbero flettere: la vera forza dell’Occidente è quella economica, il sistema commerciale e soprattutto finanziario gli fa capo. Se si decide di «morire per l’Ucraina» (per evitare guai peggiori in Europa e nel resto del mondo), va pagato un prezzo, ossia vanno accettate le conseguenze di serie sanzioni economiche contro la Russia, che andrebbero a colpire anche gli interessi economici dei maggiori Paesi dell’Ue, Germania in testa. Fin qui ci si è limitati a qualche puntura di spillo all’entourage di Vladimir Putin. Andrà verificato se c’è davvero la volontà di andare oltre, ad una guerra economica fra Occidente e Russia. Le armi ci sarebbero e il settimanale «The Economist» ne suggerisce una letale: impedire alle banche russe di accedere a dollari, euro e sterline. La Russia si troverebbe senza valuta estera e non più in grado di pagare le sue importazioni. Stati Uniti e Unione europea sono disposti a giungere a tanto?

Stefano Spinelli

di Peter Schiesser


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