Azione 25 del 16 giugno 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 16 giugno 2014

M sh alle p opping agine 41–5 2/

Azione 25

Società e Territorio Dimmi come ti trucchi e ti dirò chi sei: intervista a Patrizia Magli autrice di Pitturare il volto

Ambiente e Benessere I successi di Oasi: scienza, informatica e comunicazione al servizio della sensibilità ambientale

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Politica e Economia Tea Party travolgente sconfigge Eric Cantor in Virginia

Cultura e Spettacoli Una mostra celebra il talento di Bernardino Luini

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jazzascona.ch

Ascona, il richiamo di Re Louis

di Alessandro Zanoli pagina 35

Nervi saldi e strategie concrete di Peter Schiesser Non guasta che qualcuno ogni tanto ricordi, come ha fatto il consigliere nazionale Ignazio Cassis, che «l’obiettivo non è fare la guerra, ma trovare un accordo» (CdT 5.6.14). Si riferiva ai negoziati fiscali con l’Italia che forse questa volta potranno essere affrontati con serietà da entrambe le parti (il governo Renzi dà più garanzie di tenuta politica rispetto all’ultimo esecutivo Berlusconi e a quelli successivi di Monti e di Letta), ma l’invito calza a pennello per la globalità dei rapporti fra Ticino e Italia. Tuttavia, l’impressione è che oggi la maggioranza dei ticinesi e dei politici che li rappresentano senta piuttosto un istintivo desiderio di affrontare a muso duro l’Italia, di fare la voce grossa, di sfogare una frustrazione di carattere probabilmente generale ma identificata con i frontalieri, i padroncini, i lavoratori indipendenti italiani. Il clima popolare non è forse di malumore verso la vicina Italia? Le fibrillizioni politiche osservate in margine alla questione «credito Expo2015» indurrebbero a rispondere affermativamente. Tuttavia: qualcuno può dire con certezza quanto rappresentative dell’opposizione popolare al credito di 3,5 milioni di franchi siano le 12 mila firme raccolte dalla

lega dei Ticinesi? Lo sapremo il 28 settembre, cioè: troppo tardi per onorare gli impegni con i cantoni partner e con la Confederazione. Che all’appello del Consiglio di Stato (l’economia privata aiuti a coprire il fabbisogno finanziario) comincino a giungere risposte positive, fra cui quella della Disti (vedi a pagina 2), è un segnale che va in un’altra direzione, più costruttiva, nello spirito di quel «cerchiamo l’accordo» suggerito da Cassis. Non dovremmo comunque dimenticare, come ticinesi, che pur essendo una repubblica, che quindi va rispettata nel consesso confederale, raccogliamo poche simpatie Oltralpe quando ci profiliamo come repubblica dell’iperbole. I pugni sul tavolo all’indirizzo di Berna possono forse servire a risvegliare l’attenzione sui nostri problemi, ma poi va pur sempre cercato un accordo, un dialogo, una fiducia reciproca a livello confederale. Risulta a volte difficile ricordarsene, soprattutto per chi vede i confini del proprio mondo a Chiasso e Airolo, ma basta osservarci per un attimo dall’esterno per ritrovare una prospettiva che allarghi il campo visivo. Ne ha fatto esperienza la deputazione ticinese a Berna: dopo un serio colloquio con la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf e il segretario di Stato per le questioni finanziarie Jacques de Watteville, i deputati,

«come rappresentanti del Ticino e della Svizzera», hanno deciso all’unanimità di dare fiducia al Consiglio federale e di chiedere al Governo ticinese di rinunciare al blocco dei ristorni dei frontalieri. Oltre ad essersi convinti, grazie alle informazioni riservate comunicate dalla consigliera federale, che ci sono le premesse per giungere ad un accordo con l’Italia che porti dei vantaggi al Ticino, sono anche consapevoli che gli interessi nazionali in gioco sono alti (investimenti italiani in Svizzera per 4 miliardi, investimenti svizzeri in Italia per 25 miliardi all’anno). Non guasta neppure conservare un po’ calma in vista delle prossime e decisive battaglie politiche, anziché agitarsi in continuazione: entro fine mese il Consiglio federale presenterà il suo concetto di applicazione della votazione contro l’immigrazione di massa accettata il 9 febbraio, nasceranno quindi presto delle discussioni di importanza fondamentale per la Svizzera e per il Ticino. Più che pugni sul tavolo, dai nostri politici sarebbe ora più utile avere delle indicazioni su una strategia globale e concreta per affrontare tutti i problemi che questa iniziativa e i deteriorati rapporti con l’Italia pongono e porranno in tutte le sue forme e implicazioni all’economia e ai cittadini del Ticino.


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