Azione 32 del 4 agosto 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 4 agosto 2014

M sh alle p opping agine 35-3 8/

Azione 32

Società e Territorio Lo scienziato nasce giocando, lo dimostra l’ultimo libro di Davide Coero Borga

Ambiente e Benessere I piccoli abitanti del bosco: è incalcolabile il numero di insetti che vivono su querce, salici, betulle e conifere

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Politica e Economia La Cina alla ricerca di stabilità e di affermazione nel mondo

Cultura e Spettacoli L’opera grafica di Heinz Waibl al m.a.x. Museo di Chiasso

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di Fabio Fumagalli pagina 31

Ti-Press

Tempo di Pardo

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Nulla di nuovo a Gaza? di Peter Schiesser Esiste assuefazione peggiore, più disumana di quella alla guerra? La domanda è provocatoria. Ma vicina alla realtà, se pensiamo a Gaza, quel pezzetto di terra palestinese, poco meno di un ottavo del Ticino, con i suoi 1,8 milioni di abitanti (due terzi profughi fuggiti dalle loro terre 65 anni fa alla nascita di Israele), di cui l’80 per cento vive in stato di povertà e sopravvive solo grazie all’ONU. Chi non ha perso il conto delle guerre che dal 2000 (seconda Intifada palestinese) e ancora più intensamente dal 2008 (oltre mille morti fra i palestinesi) hanno avvelenato i rapporti fra la Striscia di Gaza e Israele? Eppure questa volta potrebbe essere diverso. Questa volta Israele, con il suo governo di destra puro e duro, potrebbe mirare a distruggere Hamas. Come nel 2008, anche oggi l’obiettivo iniziale conclamato del governo israeliano è di garantire la sicurezza dei suoi abitanti. Ossia di distruggere le postazioni di missili di Hamas che nel corso degli anni hanno raggiunto una gittata sempre maggiore, fino a Haifa. Ma alcuni attacchi di militanti palestinesi oltre frontiera hanno portato alla scoperta di un ramificato sistema di

gallerie sotterranee da Gaza verso Israele. Erano note quelle scavate per eludere il blocco alla frontiera con l’Egitto, per contrabbandare armi, persone, merci, ma l’eventualità di improvvisi attacchi terroristici «davanti al giardino di casa» ha scosso la psiche degli israeliani, che fino a ieri si sentivano relativamente al sicuro, poiché la maggior parte dei razzi veniva intercettata dal sistema Iron Dome. Hamas è diventata più imprevedibile e pericolosa: se nelle prime tre settimane, come nel 2008, il numero di morti fra i palestinesi supera di poco i 1000, fra i soldati israeliani sale da 6 a quasi 60. L’idea di accettare un cessate il fuoco duraturo solo al prezzo di un disarmo totale di Hamas, ciò che equivarrebbe a spogliarla di ogni autorità davanti ai palestinesi, si sta facendo largo in Israele. Il premier Netanyahu deve considerarla un’opzione se ha avvertito di prepararsi ad un lungo conflitto. Strategicamente, sarebbe il momento migliore, poiché Hamas oggi è più debole e isolata rispetto a 5 anni fa: le sue simpatie per l’opposizione sunnita in Siria le sono costate l’appoggio di Assad, dell’Iran e degli hezbollah in Libano; ispirandosi ai Fratelli musulmani, è considerata un nemico dall’Egitto del generale al Sisi e dall’Arabia Saudita; prima di questa guerra aveva

perso simpatie fra la popolazione palestinese, desiderosa di pace e con nostalgia del vecchio al Fatah, che governa in Cisgiordania. Ma la soppressione di Hamas ha senso solo se subentra la pace. E questa deve permettere una prospettiva di futuro a una Striscia che da oltre un decennio è soffocata da un blocco economico, una chiusura delle frontiere, anche marittime, senza più possibilità per i suoi abitanti di trovare lavoro, di studiare, di farsi curare altrove. Una pace vera può esistere solo se Israele riconosce dignità istituzionale a Gaza, come pure alla Cisgiordania, dunque ad uno Stato palestinese. E se pur è legittima la volontà di Israele di difendere la sua popolazione attaccando Hamas, ed è perversa la tattica di Hamas di celare le sue batterie missilistiche in scuole, moschee, fra la popolazione civile facendone un involontario scudo umano, i governi israeliani degli ultimi dieci anni devono rispondere del fatto che non hanno mai voluto negoziare seriamente una pace con il presidente dell’Autorità palestinese, il moderato Mahmoud Abbas. Oggi, visto l’isolamento di Hamas, le condizioni ci sarebbero. Se l’occasione non verrà colta, non dovremo stupirci se, distrutta Hamas, si ripresenti un giorno qualcuno a nome del Califfo siro-iracheno dell’Isis.


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