Azione 35 del 25 agosto 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 25 agosto 2014

Azione 35

Società e Territorio Per chi vuole scoprire il mondo della filatelia dal 12 al 14 settembre arriva Luganophila

Ambiente e Benessere Sempre più spesso, termini scientifici un tempo riservati agli specialisti entrano nel linguaggio comune

Politica e Economia Anche le banche Raiffeisen considerate di rilevanza sistemica

Cultura e Spettacoli Puntuale e ricco di offerte torna il nuovo programma della Scuola Club Migros Ticino

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Keystone

La parola del Papa sulla guerra

di Giorgio Bernardelli pagina 21

Se il Ticino piange, Elvezia non ride di Peter Schiesser Sono consolanti le immagini del bagno di folla in Piazza Riforma a Lugano che ha accolto la settimana scorsa sei consiglieri federali, giunti sulle rive del Ceresio per la Conferenza degli ambasciatori. Gli applausi hanno fatto dimenticare i fischi riservati a Eveline WidmerSchlumpf in febbraio. Non importa se questa e altre precedenti visite fossero programmate prima del voto del 9 febbraio sull’immigrazione di massa: il Ticino si sente un po’ meno dimenticato, i suoi problemi meno trascurati, si ha l’impressione che lentamente «Berna» capisca meglio il nostro cantone e la crisi in cui si dibatte. Ma si può dire altrettanto all’inverso? Il Ticino è consapevole di che cosa sta succedendo nel resto della Confederazione, della crisi che dall’inizio del secolo sta sempre più bloccando e svuotando di credibilità il sistema politico, dopo decenni di politica di concordanza, frenando lo sviluppo del Paese ed impedendo riforme più che necessarie? Noi ticinesi ci aspettiamo che Berna ci aiuti – e così facendo ci autoreleghiamo in un ruolo di vittime impotenti –, perché percepiamo che è in pericolo la nostra stabilità (sotto la pressione dell’Italia, di cui

ci spaventano la manodopera a basso costo e le pressioni sul segreto bancario), ma, siamo sinceri, quanti di noi sono consapevoli che oggi è in pericolo anche la stabilità del «modello Elvezia»? Osserviamo i fatti: oggi viviamo in un panorama politico polarizzato, in cui un’Udc assurta a forza principale a destra e un Pss sempre dominante a sinistra hanno il potere di bloccare, o in parlamento o in votazione popolare, molte riforme, mentre un centro svuotato e frammentato resta incerto sull’identità da darsi e vede diminuire il suo influsso. I toni accesi e populisti che si accompagnano a questa polarizzazione minano la credibilità delle istituzioni, sempre più spesso il Consiglio federale si ritrova perdente nelle votazioni popolari: solo in questa legislatura, in 9 casi su 30, fra cui in occasione dell’acquisto dei Gripen, dell’iniziativa sulle residenze secondarie, del modello sanitario Managed care, dell’iniziativa contro le retribuzioni abusive, dell’iniziativa sull’immigrazione di massa. Non solo: le posizioni del governo non trovano più come un tempo solide maggioranze in parlamento, negli ultimi 12 anni sono state bocciate le riforme dell’Avs, della sanità, della riforma dello Stato, più recentemente la Lex USA sul contenzioso fiscale, per fare alcuni

esempi. Ma la più grossa sberla a governo e Parlamento (anch’esso più spesso sconfessato) è senza dubbio il voto del 9 febbraio, che rimette in discussione i rapporti con l’Unione europea, a tutt’oggi il partner commerciale più importante per la Svizzera. Tuttavia, lo stallo in cui lentamente sta scivolando il nostro Paese preoccupa solo a parole la maggior parte dei politici, i partiti sembrano interessati soprattutto a salvare o ampliare la propria base di potere, che oggi si esprime nella facoltà di bloccare anziché di favorire riforme. In questo clima, «compromesso» suona come una parolaccia e non porta voti, mentre la «politica di concordanza» viene svalutata a una mera formula aritmetica a garanzia delle poltrone nella stanza dei bottoni. Tuttavia, i problemi restano sul tappeto: la popolazione invecchia, quindi l’Avs dovrà essere riformata, la sanità costerà sempre di più se vogliamo mantenerci sani anche in età avanzata, l’economia potrà continuare a crescere solo se troverà sufficiente manodopera qualificata, le infrastrutture andranno ammodernate, i rapporti con l’Europa chiariti, la svolta energetica concretizzata e via dicendo. In questo contesto, noi ticinesi in che modo possiamo contribuire a rendere più solida la Svizzera, e quindi il nostro futuro?


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