Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 1. settembre 2014
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Società e Territorio Il numero dei cani che vivono in Ticino è in continuo aumento, intervista a Tullio Vanzetti e Desirée Mallè
Ambiente e Benessere Migliora l’oncologia pediatrica grazie alla stretta collaborazione tra l’Ospedale San Giovanni di Bellinzona e il Kinderspital di Zurigo
Politica e Economia Lo Stato islamico scuote gli equilibri globali
Cultura e Spettacoli L’artista Tacita Dean spinge il pubblico a una riflessione
pagina 11
pagina 3
pagine 23 e 25
di Marco Jeitziner pagina 5
Ti-Press
I castelli dopo l’Unesco
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I nuovi confini del Male di Peter Schiesser È una spaventosa immersione nella brutalità del Male, quella cui stiamo assistendo negli ultimi mesi. Ed è difficile sopportare il disorientamento e l’impotenza, quando si fa tabula rasa di valori universali, di rispetto per i diritti e la vita di ogni essere umano. Ha peccato di ingenuità chi credeva che in Europa non ci sarebbe più stata guerra? Che le Primavere arabe fossero il preludio di un tempo di democrazia, pace, libertà dalle tirannie e benessere nelle terre dell’Islam? Lo spettacolo di cenciosi prigionieri di guerra, soldati dell’esercito ucraino rasati e umiliati, che sfilano nelle vie di Donetsk sotto le urla, le botte di comuni cittadini che chiedono la loro morte, in assoluto spregio delle Convenzioni di Ginevra, e la fredda esecuzione e decapitazione di un giornalista americano, nonostante fosse un testimone innocente delle sofferenze della guerra, ci presentano risposte chiare. A dire il vero, anche il passato ci insegna che spesso basta una scintilla per scatenare un rogo nel «Palazzo della civiltà». Non erano state altrettanto violente e barbare le guerre nei Balcani, 20 anni fa? Non ci erano noti i massacri di Saddam Hussein in Iraq, le torture e gli
assassinii di Mohammar Gheddafi in Libia? Non siamo stati testimoni di innumerevoli kamikaze che facevano strage in Israele, in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan? Non siamo inorriditi l’11 settembre 2001 di fronte all’attacco sferrato da al Qaeda? Eppure, oggi il Male ha assunto qualità e forme cui siamo impreparati, che solleva innumerevoli interrogativi, cui non sappiamo ancora dare risposta. Non sappiamo spiegarci come mai migliaia di giovani, anche adolescenti, non di rado freschi di conversione all’Islam, lasciano l’Europa per andare a combattere in Siria a fianco di fondamentalisti islamici. Ma l’Europa dovrà pur chiedersi da quale sua ombra fuoriesce un malessere tale da partorire la ferocia dei novelli tagliatori di teste. Quali abissi psicologici, quali vuoti esistenziali lo rendono possibile, qui e in Arabia? Ci vorrà tempo per capire e per sanare le ferite che oggi e per un lungo tempo verranno inferte all’umanità, se ciò sarà mai possibile. Ci sono però domande che possono e devono trovare presto una risposta: da dove provengono tutte le armi che così facilmente stanno infiammando il mondo arabo (a parte quelle trafugate dai depositi di Gheddafi e quelle tolte dai miliziani dell’ISIS, o IS, all’esercito iracheno)? Non è possibile fermare il traffico di armi che alimenta il rogo
mediorientale e frenare il flusso di fanatici europei che oggi accorrono in Siria attraversando la Turchia? Pur nella consapevolezza che l’ISIS ha ormai raggiunto una forza finanziaria enorme grazie a estorsioni, sequestri, rapine nelle banche delle città conquistate, commercio clandestino di petrolio, sarebbe utile sapere chi finanzia le altre fazioni islamiche in Siria e altrove. L’Europa, l’America e soprattutto l’ONU possono ancora stare a guardare e attendere gli eventi? Papa Francesco ha parlato di «terza guerra mondiale» e la sensazione è che questo momento di follia collettiva non si esaurirà rapidamente. Eppure, non va persa la speranza che l’umanità possa uscire da questa spirale malefica. In fondo, un fondamentalismo islamico che deve brandire la spada e vivere di rapina per imporre un califfato non può aver la forza di creare una società con dei valori solidi, tantomeno può sperare di essere accolto nel consesso mondiale. Con il tempo si rivelerà per quello che è: un’utopia sanguinaria, priva di un qualsiasi fondamento di civiltà, condannata ad auto-divorarsi. Chi lo sa, forse è una catarsi sanguinaria che i Paesi islamici devono affrontare per superare le contraddizioni che impediscono loro di trovare un posto nel mondo globalizzato e sostanzialmente laico del ventunesimo secolo.