Azione 28 dell'11 luglio 2016

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 11 luglio 2016

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Azione 28

Società e Territorio Aumentano i casi di dipendenza da cannabis: il progetto «MAPS» di Ingrado

Ambiente e Benessere La somministrazione di un placebo può diventare un sostituto del farmaco o i suoi effetti sono solo frutto della nostra mente? Ce ne parla il professor Alain Kaelin

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Politica e Economia Il disgelo con la Russia rompe l’isolamento di Ankara

Cultura e Spettacoli Esperimenti a Gravesano: la storia di Hermann Scherchen in via di pubblicazione

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Ti-Press

Prada, la chiesa illumina il borgo

di Elia Stampanoni pagina 6

Brexit mette a nudo l’Europa di Peter Schiesser Per quanto sia lecito deplorare la decisione dei britannici di lasciare l’Ue, per gli squilibri che causa all’interno dell’Unione e del Regno Unito, per l’assenza di un piano concreto su come concretizzare il Brexit e come modellare i futuri rapporti con l’Europa, sarebbe un errore ancora più grande ignorare che l’esito del voto è frutto di un profondo malessere. Sia nei confronti dell’Unione europea, sia del planetario processo di globalizzazione economica, ma anche verso le proprie élite politiche ed economiche. Siccome questo malessere è molto diffuso in Europa, e altrettanto negli Stati Uniti, diventa urgente riformare l’Unione europea e definire e concretizzare dei meccanismi che possano invertire la tendenza di una globalizzazione che favorisce un numero ristretto di persone ed attori e lascia sprofondare nella precarietà e nell’incertezza chi non ha gli strumenti per affrontarla. Meno Europa, più Europa, un’altra Europa? È tempo di grandi progetti istituzionali, o sarebbe meglio concentrarsi a risolvere i problemi più pressanti, dalle varie forme di immigrazione, ad un Euro

che anziché unire divide il sud dal nord dell’Europa? Le risposte che si odono in queste settimane non fanno che sottolineare un’estrema disunione all’interno dell’Unione che Brexit ha semplicemente fatto emergere con prepotenza, ma che esiste da tempo. L’ambiguità è data dal fatto che non è chiaro fino in fondo quale tipo di progetto stia ancora alla base dell’Unione europea: resta un progetto di integrazione politica che poggi sulla solidarietà fra gli Stati membri, o è meramente un grande spazio economico, retto tecnocraticamente secondo le leggi del mercato? Vuole ancora onorare la promessa di un continente in pace che offra un futuro migliore ai suoi cittadini, o deve prevalentemente difendere interessi macro-economici e i grossi gruppi finanziari e industriali? La visione di un’Europa politicamente unita, propugnata ancora dal presidente della Commissione europea Jacques Delors (fra il 1985 e il 1995), si era scontrata con la visione di un’economia liberista della premier britannica Margaret Thatcher (sulla scia di quanto accadeva negli Stati Uniti sotto Ronald Reagan). Si impose la visione della «Lady di ferro», come britannica fu la volontà di integrare rapidamente i Paesi dell’Europa dell’est per annacquare il potere di francesi e tedeschi. È quindi sostanzialmen-

te britannica l’Unione europea dalla quale i britannici ora vogliono uscire. Per quanto, fra i motivi del Brexit, non vada dimenticata l’insofferenza, britannica ma di certo comune al resto dell’Europa, verso una «Bruxelles» considerata lontana dalla realtà quotidiana dei cittadini e al contempo fin troppo invasiva, con le norme a volte assurde che impone a tutti. La ricerca di risposte condivise su una riforma dell’Unione europea si complica perché si intreccia con gli interrogativi che sorgono attorno ad un processo di globalizzazione economica di dimensioni planetarie. La libera circolazione delle persone con i flussi migratori che provoca, la facilità a delocalizzare le industrie, l’austerità finanziaria che si impone agli Stati membri, sono frutto di un’ideologia liberista, cui l’Ue si è adattata ma che ha origine altrove. Le paure, le incertezze, le emarginazioni che ne derivano hanno portato al Brexit, ma le soluzioni non si potranno trovare solo a Bruxelles e nelle capitali europee, sarà il capitalismo stesso che dovrà riformarsi. Tuttavia, per riuscire a superare la crisi di fiducia, la politica dovrebbe ritrovare un potere che in questi decenni ha perduto a vantaggio del mondo economico e spenderlo a favore dei cittadini.


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