Azione 44 del 27 ottobre 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 27 ottobre 2014

Azione 44 g M shoppin 9-53 / 65-67 4 alle pagine

Società e Territorio All’osservatorio astronomico di Tradate si cercano segnali da forme di vita extraterrestri

Ambiente e Benessere Per combattere il tumore intestinale è fondamentale la prevenzione; ce ne parlano gli esperti

Politica e Economia Il modello tedesco entra in crisi e rischia la recessione

Cultura e Spettacoli Ancora Gustave Courbet: il grande artista omaggiato con una seconda mostra

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di Daisy Gilardini pagina 17

Daisy Gilardini

Curioso come un suricato

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La prospettiva del confine di Alessandro Zanoli «Li vede tutti quei negozi chiusi qui sul Corso? Qui una volta si stava bene. Erano tutti aperti. C’erano soldi e movimento di persone. Qui intorno c’erano un sacco di ditte di trasporto: arrivavano i camion, scaricavano la merce, si preparavano gli invii oltreconfine. C’erano le dogane che assicuravano il passaggio dall’altra parte. Ci lavoravano in tanti. C’erano anche delle industrie. Eravamo un crocevia commerciale importante. Poi è arrivata l’Europa. Le dogane non servivano più. E tutto, piano piano si è rallentato, si è bloccato. È il confine che ci condiziona. Dall’altra parte le cose costano meno. Tutti vanno a far la spesa di là. Io non so come faremo ad andare avanti: teniamo duro ma non c’è partita. Dicono che costiamo troppo. I politici ascoltano, rispondono che capiscono, ma non ci aiutano. Io glielo voglio dire a quelli lì: la sanità costa troppo? Decidete di chiudere i reparti degli ospedali per risparmiare? E allora volete che si vada dall’altra parte del confine anche a farci curare? Ditelo!». Luigi si è infervorato nella sua requisitoria e ora cerca di calmar-

si, di darsi un contegno. Però qui a Gorizia le cose sono davvero complicate. La sua drogheria si trova in una delle vie principali del centro storico ma ha un aspetto leggermente desolante. Fa un po’ venire in mente (ma non glielo diciamo) certi negozi visti nella exJugoslavia, qualche decennio fa. Mentre ci racconta il suo disagio (sa che veniamo dall’estero e quindi sente di poter trovare ascoltatori imparziali) si volta spesso a guardare il ritratto dell’Imperatore Francesco Giuseppe, appeso alle sue spalle. Qui il sentimento di appartenenza nazionale è piuttosto sfumato: gli abitanti di questa parte del Friuli, a ridosso del confine sloveno, vivono prima di tutto la loro identità regionale. Per quanto riguarda quella nazionale sembra che non vogliano sbilanciarsi: sono italiani, certo, ma non nascondono la simpatia per l’Austria. Il rapporto con la Slovenia invece è pratico, concreto: ci convivono da sempre. In passato la sentivano come una sorta di riserva naturale a cui attingere, magari per andarci a funghi o a caccia. Oggi escono perlomeno a far benzina, tutte le settimane («Risparmio 10 euro ogni pieno» dice Luigi, che qui un po’ si contraddice). «Come è possibile competere con loro? Le nazioni dell’Est vogliono

svilupparsi, avere una loro economia, benessere, e va bene. Ma le nostre fabbriche chiudono, qui. Come si fa a stare al passo, con i loro salari?». Luigi non è un economista, e vede le cose da una prospettiva parziale, ma in quattro parole ha descritto e fotografato un nodo irrisolto della situazione economica globale. In questa porzione di mondo la realtà economica creata dalla presenza del confine non produce flussi di frontalieri: produce la fuga delle aziende. Verrebbe da chiedergli: «Luigi ma se gli sloveni venissero qui a lavorare, come frontalieri, preferireste?». Cerchiamo di spiegargli come funzionano le cose in Ticino. «Chiasso!» si illumina. «Conoscete una certa Luisa B.? Sono stato da lei qualche settimana negli anni 70… Era la mia ragazza. Sono arrivato da qui con 250’000 lire e sono tornato a casa con un milione e mezzo. Andavamo avanti e indietro dal confine con accendini, pietrine sigarette. Anche le musicassette, ce le pagavano benissimo in Italia. Ah, bei tempi…». Luigi adesso è entusiasta e ci regala un etto e mezzo in più del suo prosciutto. Usciamo dal negozio provando un senso di solidarietà: vivere sul confine espone all’ambivalenza ma è perché ci costringe a fare i conti con dinamiche ed idee molto più grandi di noi.


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