Azione 46 del 10 novembre 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 10 novembre 2014

Azione 46

Società e Territorio Fa discutere la proposta di riduzione dei contributi alle famiglie affidatarie ticinesi

Ambiente e Benessere In Ticino ogni anno nascono una trentina di bambini bisognosi di cure cardiologiche: ce ne parla Corinna Leoni Foglia, capoclinica di cardiologia al Kinderspital di Zurigo

Politica e Economia Seconde elezioni democratiche dopo la primavera tunisina

Cultura e Spettacoli Irriverente, impressionante: l’artista svizzero Not Vital in mostra a Mendrisio

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AFP

Il sipario che incombe su Obama

di Federico Rampini pagina 27

Lavorare gratis per Zuckerberg di Alessandro Zanoli Il discorso pronunciato da Jaron Lanier in occasione dell’attribuzione del Premio per l’editoria tedesca, nelle scorse settimane, sembra essere passato un po’ inosservato. Lanier, informatico americano che è uno dei più quotati specialisti nel settore, è noto per le sue riflessioni a carattere sociale e politico nel campo delle nuove tecnologie. La sua apparenza fisica, una corporatura imponente incorniciata da una matassa ingarbugliata di treccine rasta, lo inserisce nella schiera dei Guru, e lo fa sembrare quasi un saggio indiano. Lui forse ne approfitta un po’, ma la sua competenza nel campo è fuori discussione. A Berlino infatti veniva premiata proprio la sua attività di teorico e di pubblicista, che ha trovato nel suo libro La dignità ai tempi di Internet una sintesi efficace. Senza voler in nessun caso banalizzare la sua relazione, che è circostanziata e incisiva (ne ha pubblicato un estratto il «Tages Anzeiger» il 13 ottobre scorso), occorre però prendere atto di un assunto fondamentale del suo argomento. La società tecnologica in cui stiamo vivendo induce in noi comportamenti di cui abbiamo

una scarsa consapevolezza. Di fatto, dice Lanier, la differenza sociale che si sta creando, la frattura sempre più ampia tra una classe sociale di vertice che diventa sempre più ricca e una popolazione media sempre più povera è dovuta anche a una serie di comportamenti e valutazioni superficiali messi in atto proprio dai «più poveri». Pensiamo semplicemente a Facebook: chi scrive ha colleghi giornalisti che passano il tempo a postare sul «sito blu» le notizie più interessanti trovate in rete. Questo ad esclusivo beneficio dei loro amici. L’intenzione, buona, è quella di diffondere tasselli di coscienza critica nella loro cerchia di conoscenze. Creando una sorta di rassegna stampa, selezionata per qualità dei contenuti, si rende certamente un servizio ai partner della rete sociale. Ma guardiamo la cosa dalla prospettiva di Lanier. Il saggio americano ci rende attenti: ciò che stiamo facendo quando produciamo informazione gratuitamente, quando mettiamo online le foto del nostro gattino, quando cerchiamo di sedurre i nostri amici con i particolari gradevoli della nostra vita quotidiana, genera un indotto economico che va a finire direttamente nelle tasche del signor Zuckerberg, e fa di lui uno degli uomini più ricchi del mondo.

Il discorso sembrerà esagerato, ma purtroppo non lo è. La realtà è che tutti coloro che partecipano al grande gioco di società che è Facebook dedicano gratuitamente tempo della loro vita ad un’impresa commerciale. Non si tratta di volontariato, beninteso. Il tempo che impieghiamo, non retribuito, per il lavoro che svolgiamo magari come membri della società per il Carnevale, cantando nella corale parrocchiale o accompagnando i bambini a scuola con il PediBus, va a vantaggio della comunità in cui viviamo. Il tempo speso su Facebook va invece direttamente a rimpolpare le casse dei gestori telefonici e dell’azienda che gestisce il social network. Come suggerisce Lanier, se date un occhio ai listini di borsa, potete vederla arricchirsi giorno dopo giorno. E noi? Senza voler cadere nel catastrofismo, il monito dell’informatico americano (che è tra l’altro, felicemente, un ben retribuito impiegato della Microsoft) ci invita a pensare per primi a quanto vale la nostra vita e qual è il modo più rispettoso, soprattutto di noi stessi, per utilizzare le nuove tecnologie. Sembra importante capire dov’è il confine tra quello che è gratis e volontario e quello che invece in qualche modo «conta» sulla nostra creatività.


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