Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 2 maggio 2016
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Azione 18
Società e Territorio Abbiamo paura del caos, ma l’incertezza può essere un’opportunità. Lo spiega Jamie Holmes in Nonsense
Ambiente e Benessere Secondo uno studio recente di Promozione Salute Svizzera stanno diminuendo i casi di sovrappeso e obesità infantile
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Politica e Economia Per la prima volta nella storia gli abitanti delle città superano quelli delle campagne
Cultura e Spettacoli Milano presenta Umberto Boccioni partendo da quello che era il suo Atlante
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L’eredità di Giovanni Züst
di Gianluigi Bellei pagina 35
Clima, accordo sul banco di prova di Peter Schiesser Una foto emblematica ritrae il Segretario di Stato americano John Kerry con in braccio sua nipotina mentre firma l’Accordo di Parigi sul clima. I nonni si impegnano a evitare un totale sconvolgimento del clima, i figli dovranno compiere i sacrifici per riuscirci, i nipoti – si spera – potranno coglierne i frutti. Dal 22 aprile al Palazzo di Vetro di New York l’accordo è aperto alle firme. C’è tempo un anno, ma il primo giorno si sono già presentati i delegati di 175 Paesi, a dimostrazione che questa volta si intende fare sul serio. Entrerà in vigore non appena lo avranno ratificato 55 Stati che insieme producono almeno il 55% del CO2 emesso nell’atmosfera. Ma gli sguardi si volgono innanzitutto a Washington, a New Delhi, a Pechino: John Kerry ha certamente posto la sua firma con convinzione e ci si può aspettare che Hillary Clinton eletta presidente perseguisca un’agenda «verde», ma se si affermasse un candidato repubblicano, che si chiami Trump o Cruz (entrambi negano la responsabilità dell’uomo nei mutamenti climatici), gli Stati Uniti farebbero un passo indietro, inoltre il piano di azione dell’Amministrazione Obama è per il momento bloccato
alla Corte Suprema dopo la denuncia di 29 Stati federali; il primo ministro indiano Narendra Modi non ha mai nascosto l’intenzione di puntare ancora sul carbone, il combustibile fossile più inquinante, per far crescere l’economia del suo Paese, da lui e dal suo Paese, in cui la sensibilità ambientale è scarsissima, c’è poco da attendersi; la Cina sembra la più decisa a trasformarsi – risulta più facile implementare le misure decise quando il potere è concentrato nelle mani di un’élite che non deve rendere conto a un’opposizione e alla popolazione – ma i tempi previsti sono troppo lunghi per impedire globalmente un aumento della temperatura media di 2 gradi centigradi. Inoltre, anche se 189 Stati hanno già presentato i propri piani di azione nazionali, la somma delle misure declamate (e ben lungi dall’essere realizzate) fermerebbe a più 3 gradi l’aumento della temperatura atmosferica. È previsto di adattare man mano questi piani all’obiettivo di contenere il riscaldamento dell’atmosfera in 2 gradi. Il mondo e noi stessi siamo alla vigilia di cambiamenti epocali, sia che si voglia con tutta la volontà raggiungere gli obiettivi per frenare il riscaldamento atmosferico, sia che non si voglia o non ci si riesca, con le conseguenze che subiremmo. E forse oggi c’è più consapevolezza
di questo negli ambienti scientifici e politici che nella gran massa della popolazione. In particolare, pochi hanno fin qui considerato che un aumento della temperatura, oltre a sciogliere i ghiacci ai poli, scardina equilibri climatici secolari, su cui la scienza ha basato le sue conoscenze, di cui poi ha approfittato anche l’agricoltura. Un allarme in tal senso lo lancia un eminente meteorologo americano, William B. Gail, dalle colonne del «New York Times» (20.4.16): rischiamo che le nostre conoscenze sui modelli climatici diventino presto obsolete, un pericolo che è già stato constatato durante recenti eventi estremi, anche se riuscissimo a fermare il riscaldamento atmosferico dovrà passare molto tempo prima che il clima possa ritrovare un nuovo equilibrio (e quindi la scienza capire i nuovi meccanismi). Inoltre, gli squilibri si manifesterebbero in siccità e forti precipitazioni, ciò che potrebbe alterare le dinamiche della catena alimentare (più insetti e microorganismi nocivi) come pure la fertilità dei terreni. Il meteorologo americano mette in guardia: sarà una sfida enorme nutrire una popolazione mondiale in crescita. Se la piccola Svizzera non dovrebbe essere colpita in modo grave, sarebbe poco saggio pensare che tutto questo non ci riguarderà: gli squilibri sarebbero globali.