Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVIII 27 aprile 2015
Azione 18
Società e Territorio Le conseguenze del voto del 9 febbraio investono anche settori lontani dagli accordi bilaterali
Ambiente e Benessere «Sanità2020»: il miglioramento del coordinamento delle cure, fulcro della seconda conferenza nazionale
Politica e Economia Mediterraneo: emergenza emigranti e vertice Ue
Cultura e Spettacoli Una magnifica mostra agli Uffizi di Firenze celebra Gerrit van Honthorst
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Sulle tracce degli orsi polari
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Daisy Gilardini
di Daisy Gilardini pagina 17
Clima economico e clima politico di Peter Schiesser Chi si rivede: il PLR! Non solo in Ticino, ma in numerosi altri cantoni. E se le elezioni nel nostro cantone non sono rappresentative di quanto avviene a livello federale, quelle di Zurigo hanno tradizionalmente valore più indicativo delle tendenze in atto: gli 8 seggi conquistati in più, due settimane fa, per un totale di 31, sono un segnale positivo per un partito che ha scritto la storia della Svizzera, ma che da anni subiva una lenta erosione. Che cos’è successo? Secondo molti analisti, la decisione della Banca nazionale svizzera di abbandonare la difesa della soglia minima del cambio franco-euro ha riportato l’economia al centro delle preoccupazioni degli elettori. E in momenti d’incertezza, Oltralpe gli elettori mostrano di preferire i partiti cui riconoscono le maggiori competenze per farvi fronte: i liberali-radicali nel campo borghese, i socialisti a sinistra. Quattro anni fa le elezioni federali si tennero pochi mesi dopo la catastrofe nucleare di Fukushima, in Giappone, ciò che permise a Verdi e Verdi liberali di guadagnare voti. Ma oggi quell’«onda verde» sembra esaurita e infatti i sondaggi e le elezioni cantonali
avvenute negli ultimi mesi danno entrambi in calo (vedi pag. 28). Molto rapidamente, dunque, il vento politico oggi anche in Svizzera può cambiare. Tanto da non poter più identificare con certezza tendenze che durino più di una legislatura. Sembra infatti che si stia già erodendo anche il cosidetto «nuovo centro» che, con il Partito borghese democratico della consigliera federale Eveline WidmerSchlumpf e i Verdi liberali, era uscito vincitore dalle elezioni federali del 2011. Una vittoria che aveva lasciato credere che l’elettorato elvetico si stesse stancando della polarizzazione in atto da un ventennio, da cui avevano tratto profitto soprattutto l’UDC di Christoph Blocher e il Partito socialista e condannato al declino (così sembrava) il «vecchio centro-centrodestra» rappresentato da PPD e PLR. Chi effettivamente non ha ancora trovato il modo di arrestare l’emorragia di voti è il PPD: sfumata l’ipotesi di una fusione con il PBD, si ritrova da solo ad affrontare l’interrogativo che lo attanaglia da un ventennio: dove posizionarsi? Nelle tradizionali roccaforti della Svizzera centrale perde consensi a vantaggio di un’UDC che rappresenta meglio del PPD il pensiero conservatore; nelle aree urbane non è abbastanza «progressista» da potersi affermare e crescere come par-
tito moderno; restano inoltre sempre visibili le differenze tra l’anima economica e quella sociale – risultato: al PPD mancano voti. Ciò che assieme alla perdita di velocità del PBD e dei Verdi liberali potrebbe avere ad ottobre un effetto molto concreto: la perdita del seggio oggi occupato da Eveline Widmer-Schlumpf a vantaggio dell’UDC, che resta il partito più forte e che negli ultimi mesi è tornato a vincere nelle elezioni cantonali. Ci sarà davvero uno spostamento (un po’ più) a destra, il 18 ottobre? Se così fosse, sarebbe difficile rifiutare all’UDC la pretesa di un secondo seggio – anche se alla fine contano le maggioranze che si cristallizzano nell’Assemblea federale. Ma soprattutto: non sarà sufficiente lo spostamento di un seggio in Governo da uno schieramento all’altro per far rivivere il sistema di concordanza. In troppi ambiti, primo fra tutti quello delle relazioni fra Svizzera e Unione europea, non si nota la minima volontà di dialogo e accordo fra UDC e Lega dei Ticinesi da una parte e PLR, PPD, PS, PBD, Verdi e Verdi liberali dall’altra. E la storia dimostra che la Svizzera cresce non quando una parte si impone sull’altra, ma quando ognuna ottiene e sacrifica qualcosa. Uno status da cui siamo ancora molto lontani.