Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVIII 16 marzo 2015
Azione 12
Società e Territorio Virgilio Kohler: l’uomo che conosce ogni vite del LAC
Ambiente e Benessere Come riconoscere e curare i diversi tipi di artrite. A colloquio con il reumatologo Andrea Badaracco
Politica e Economia Boko Haram e Isis, l’asse del terrore jihadista
Cultura e Spettacoli In Ticino una primavera musicale ricca di spunti
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Gauguin, la mostra dell’anno
di Gianluigi Bellei pagina 31
Go East, Credit Suisse di Peter Schiesser L’avvicendamento ai vertici del Credit Suisse è più di uno scambio di poltrone: è una cesura storica, è la fine di un modello bancario e il tentativo di inventarne uno nuovo, che tenga conto del nuovo baricentro economico, spostatosi a est, verso l’Asia. L’americano Brady Dougan ha condotto il Credit Suisse durante l’era più tormentata immaginabile: quando giunse ai vertici della banca nel maggio del 2007 (dopo una carriera interna cominciata nel 1990), si era alla vigilia della crisi dei subprime negli Stati Uniti, che provocò la più devastante crisi della finanza mondiale, con conseguente recessione economica in numerosi Paesi; i rampanti anni protrattisi dagli Ottanta ai primi Duemila, quando i signori della finanza – veri Re Mida dell’epoca, e come tali retribuiti – erano avvolti da un’aura di infallibità, si chiusero con uno schianto e improvvisamente quell’enorme ricchezza si rivelò essere un enorme castello di carta. Sotto accusa finì il modello dell’Investment banking, che poteva sì generare grandi guadagni, ma anche – come avvenne – enormi perdite. Diversamente da UBS, Credit Suisse subì meno pesantemente
i contraccolpi della crisi finanziaria e non dovette chiedere aiuto alla Confederazione. Ma anche Brady Dougan capì che era venuto il momento di riposizionare la banca: meno Investment banking, più gestione patrimoniale. Tuttavia, le riforme annunciate, a detta degli esperti, non vennero poi implementate con la necessaria convinzione: l’Investment banking genera ancora la metà degli utili del Credit Suisse, mentre all’UBS la quota è oggi del 30 per cento, il capitale proprio resta attorno ai limiti inferiori previsti dalle nuove norme. Dougan restava prigioniero di un tempo e di un modello in cui gli Stati Uniti erano al centro del sistema solare, e dovette pagarne le conseguenze fino in fondo: con l’arrivo di Obama alla presidenza, il fisco americano si fece più aggressivo e non tollerò più che i superricchi nascondessero i capitali nelle banche svizzere; il sogno americano del Credit Suisse, di un Far West in cui la miniera d’oro appartiene al primo che la scopre, svanì definitivamente l’anno scorso, con l’umiliante audizione di Dougan e colleghi davanti al Congresso americano e un’ammissione di colpevolezza costata una multa di 2,8 miliardi di dollari. Era tempo di cambiare. Trovare un nuovo CEO che incarnasse un mutamento strategico
non era cosa evidente. Il franco-ivoriano Tidjane Thiam sembra la persona giusta, almeno a sentire gli analisti («l’importante è che non provenga dall’Investment banking») e a vedere la reazione della Borsa, che all’annuncio della nomina ha fatto schizzare il titolo CS dell’8 per cento, dopo che negli ultimi 5 anni aveva perso il 48 per cento. Come mai tanto entusiasmo, per un manager che non viene neppure dal mondo bancario, bensì da quello assicurativo? Tidjane Thiam guida dal 2009 la società di assicurazioni britannica Prudential e ha sviluppato una strategia di espansione in Asia coronata da successo (il titolo è salito del 264%). Credit Suisse è già molto ben posizionato in Asia e l’arrivo di Thiam è un segnale chiaro: go East. In Asia c’è la più rapida crescita di milionari e miliardari al mondo, ma in quest’area, la più popolosa del pianeta, c’è anche una vasta classe media che sta accrescendo il suo benessere e chiede servizi bancari e assicurativi affidabili. Finita l’era del segreto bancario a scopi di evasione fiscale, conta la qualità dei servizi bancari. Certo, una nuova strategia e nuovi modelli andranno definiti in dettaglio, Tidjane Thiam ha davanti a sé una rivoluzione. E ora che il Credit Suisse mostra una nuova via, altre banche svizzere seguiranno?