Azione 09 del 23 febbraio 2015

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 23 febbraio 2015 ¶ N. 09

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Politica e Economia

Un ruolo importante per l’economia e la società Commercio Presentata negli scorsi giorni una ricerca della Facoltà di economia dell’Usi che studia

l’impatto sociale ed economico delle aziende della grande distribuzione in Ticino

La tempestività con cui lo studio Il settore del commercio al dettaglio nel Cantone Ticino arriva all’opinione pubblica non poteva essere migliore. La situazione che si è creata nel nostro cantone dopo la decisione della Banca nazionale di rinunciare alla difesa di un cambio minimo franco/euro ha reso ancora più facile approfittare della posizione di forza della moneta svizzera. Mentre il turismo degli acquisti sembra aver trovato un’ulteriore motivazione, la ricerca effettuata dal prof. Carmine Garzia e dai suoi collaboratori ci aiuta invece a mettere in una corretta prospettiva il contributo fornito all’economia cantonale dal commercio al dettaglio e dalle aziende della grande distribuzione. E se proprio questi sembrano essere i primi a soffrire degli svantaggi valutari, lo studio dimostra chiaramente come la loro difficoltà sia un problema serio, che riguarda la salute economica di tutto il cantone.

Lo studio è stato realizzato su mandato della DisTi, l’Associazione Distributori Ticinesi Lo studio, commissionato dalla DisTi (Associazione Distributori Ticinesi) è nato in seguito a una ricerca di Master della Facoltà di economia dell’USI e la

lettura dei dati che ne scaturiscono (legati alla situazione del 2013) riguarda tre livelli di impatto sull’economia cantonale: quello della fiscalità, dell’occupazione e quello dei fornitori locali dei grandi distributori. Per quanto riguarda il primo di questi temi, lo studio segnala che nel nostro cantone l’attività del commercio al dettaglio vale 4,43 miliardi di franchi, di cui 2,8 realizzati dalla grande, 1,6 dalla piccola e media distribuzione. Ciò genera un gettito fiscale per le persone giuridiche di circa 38,5 milioni. Per quello che riguarda più specificamente i contributi legati all’imposta sul valore aggiunto (IVA) il commercio al dettaglio vi contribuisce con 263 milioni di franchi. Altrettanto importante e sensibile, in particolare in Ticino, è il dato legato all’occupazione. Nel settore sono calcolati 11’700 posti di lavoro a tempo pieno, di cui 8000 assegnati a residenti e 3400 a frontalieri (una ripartizione, tra l’altro, che rispecchia la media svizzera). Su una massa salariale che ammonta a circa 660 milioni di franchi, con un salario medio di 4300 franchi, il gettito fiscale delle persone fisiche correlato ammonta a 46,6 milioni di franchi. Multiforme e altrettanto considerevole la ricaduta sul territorio dell’impegno profuso dalle aziende del commercio. È misurato da un lato in 136 milioni di franchi di investimenti in beni strumentali (strutture fisiche, attrezzature e

Un contributo non indifferente anche nella produzione di energia fotovoltaica. (Ti-Press)

impianti) di cui l’85 per cento sono spesi in Svizzera (nel 70 per cento in Ticino). Si calcola che circa 95 milioni di franchi vengano reimmessi nel circuito economico grazie agli appalti a ditte locali. Altra cifra significativa per il settore

del terziario è il dato sugli investimenti pubblicitari. Per il 99 per cento essi sono realizzati in Svizzera, (nel 95 per cento in Ticino). La cifra globale degli investimenti è di 44 milioni che ricadono quindi quasi totalmente sull’economia locale.

Intervista a Mauro Baranzini, professore ordinario di economia politica ed ex-decano della Facoltà di Economia dell’USI ta con autocarri per migliaia di chilometri dall’estero. Dobbiamo sostenere la nostra agricoltura bio e rispettosa dell’ambiente, i nostri vini, e gli altri prodotti che il settore agricolo ci offre. Sono di qualità, sono genuini, hanno un buon profumo. E non dimentichiamo che gli agricoltori e i contadini sono i «giardinieri» delle nostre belle valli o dell’altipiano. Che ne sarebbe senza di loro?

In effetti ci si concentra troppo sul «prezzo» di un dato bene o servizio, e poco sulle realtà che stanno dietro il prezzo. La qualità, ad esempio, la retribuzione di coloro che lo hanno prodotto, il rispetto dell’ambiente, dei fabbricanti e dei trasportatori, il contenuto di sostanze nocive per il consumatore, o magari anche la penicillina somministrata agli animali per aumentarne la resa. Ho ricordato che nei secoli passati il prezzo dei generi alimentari non era dato dalla domanda o dall’offerta, bensì dal valore sociale del lavoratore o del contadino, dalla sua necessità di accudire la sua famiglia, e di proseguire nell’attività lavorativa negli anni a venire. Il prezzo aveva un forte contenuto sociale; valore che stiamo purtroppo perdendo. In un’epoca in cui le aziende commerciali sembrano avere riscoperto

CdT - Demaldi

Professor Baranzini, capita spesso di sentire economisti che invocano il rispetto delle libere leggi della domanda e dell’offerta ma in questo caso, per quello che riguarda il Ticino, il vostro studio suscita riflessioni di diverso tipo.

l’importanza di una gestione etica e sostenibile della propria attività, il vostro studio sembra voler richiamare anche i consumatori a una maggiore considerazione etica del loro ruolo.

Certo. I prodotti agricoli e dell’artigianato locali stanno facendosi strada, per fortuna. Meglio l’acqua minerale locale, o svizzera, che quella trasporta-

Alcune voci di consumatori, raccolte tra amici e conoscenti, segnalano come dall’altra parte della frontiera alcuni commercianti stiano già ritoccando i prezzi al rialzo per approfittare del turismo degli acquisti. Da parte vostra voi monitorate anche quel settore del mercato?

Non è sorprendente. In questo caso la legge dei vasi comunicanti opera in fretta. E questo ovviamente a danno anche degli acquirenti locali al di là della frontiera. Ha fatto chiasso il caso dell’antiquario di Friborgo in Brisgovia, poco lontano da Basilea, che ha esposto un annuncio nel suo negozio con la decisione di maggiorare

i prezzi del 20 per cento per acquirenti svizzeri. Anche le case editrici estere, e quelle italiane in particolare, fissano dei prezzi per la Svizzera del 100 per cento più alto e anche di più, sfruttando il maggior potere d’acquisto degli svizzeri. Ma non sono i soli a farlo; lo fanno anche le case automobilistiche, ecc. D’altra parte anche le ditte farmaceutiche svizzere fanno la stessa cosa con i loro prodotti all’estero. Altro che libera concorrenza! Lo studio è un esempio di come una Facoltà di economia possa fornire indicazioni per comprendere la dinamica economica del territorio in cui è inserita. Ci sono in cantiere altri progetti in questa direzione?

Certo, anche se non posso darle i dettagli. Da una parte c’è l’Istituto di Ricerche Economiche, adesso incorporato nella Facoltà di Scienze Economiche, che continua a proporre studi sull’economia ticinese in generale, e sul turismo in particolare. Ma anche altri Dipartimenti delle Facoltà dell’USI cercano di essere al servizio della realtà economica e non solo locale.

Per ciò che riguarda invece la filiera dei fornitori, la strategia di approvvigionamento di prodotti di qualità sostenibile, «a km zero» genera un ricavo di 87 milioni. Solo la linea dei «Nostrani del Ticino» di Migros Ticino propone 300 articoli, realizzati da 200 produttori, e genera un indotto di 34 milioni di franchi. Il contributo all’economia cantonale offerto dalle aziende del commercio al dettaglio non si limita al campo della vendita, ma offre un contributo misurabile anche nei campi dell’offerta culturale (sponsoring di varie manifestazioni per 2 milioni di franchi) e per programmi di solidarietà, in cui confluiscono 2,5 milioni. Oltre a questo, di recente le superfici commerciali hanno acquisito valore da un punto di vista energetico. Gli impianti di produzione di energia solare sul tetto degli stabili producono il 27 per cento della potenza cantonale fotovoltaica, mentre parallelamente è in corso un grande investimento nell’uso di gas naturale. In conclusione della presentazione dello studio, il prof. Garzia ha ricordato che una parola chiave per il Ticino dei prossimi anni dovrà essere «attrattività». Il nostro cantone dovrà saper investire nei campi culturale, turistico e finanziario per poter diventare sempre più interessante, in modo da invogliare nuovi potenziali clienti a conoscere e avvicinarsi alla nostra regione. Lo studio considera ad esempio gli aspetti legati alle abitudini di acquisto dei turisti e indica nello shopping un importante voce di richiamo. / Red. Annuncio pubblicitario

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