L’INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER LA PASTA FRESCA E SECCA
ANNO XXIV
165
ISSN 1824-9523
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GIUGNO/LUGLIO 2019
Sui mercati esteri tiene la pasta premium Più tutele per i fornitori della filiera pasta
I costi di produzione e i ricavi dei pastifici Edizioni Avenue media ®
Colophon
Sommario
Pasta & Pastai n. 165 Anno XXIV - Giugno/Luglio 2019
pagina 14
pagina 20
n EDITORIALE Sì ai distretti del cibo a favore dei pastai ....... 2 Direttore responsabile Claudio Vercellone
di Arcangelo Roncacci
Alimentazione e salute
n RUBRICHE Mondo pasta .................................................. 4 Pasta e dintorni .............................................. 6
Domenico Ciappelloni
n ARTICOLI
Comitato tecnico e scientifico Alfio Amato
Materie prime
WE ALL LOVE PASTA
Giacomo Deon
In Giappone la pasta è gourmand ..................... 8
Area Agroalimentare
di Tetsuro Akanagakubo
Maurizio Monti
ECONOMIA AGROALIMENTARE
Tecnico farine a grano tenero Miller’s Mastery
La pasta premium tiene bene sui mercati esteri ........................................ 14
Roberto Tuberosa
di Carla Saruis
Genetica agraria
Responsabile di redazione Delia Maria Sebelin ufficiostampa@avenuemedia.eu 051 6564337 Pubblicità Massimo Carpanelli carpa@avenuemedia.eu 348 2597514
L’INDAGINE
I costi di produzione e i ricavi dei pastifici ........ 20 di Delia Maria Sebelin
MERCATI
La pasta integrale conquista gli Autogrill ...... 28 di Claudia Oriente Fatica
LEGISLAZIONE
Più tutele per i fornitori della filiera pasta ..... 34 a cura della Redazione
In questo numero T. Akanagakubo, C. Oriente Fatica, A. Roncacci, C.Saruis, D. M. Sebelin Foto di copertina Per gentile concessione di Granoro (www.granoro.it) Trattamento dei dati personali ai sensi del Regolamento UE 679/2016. L’informativa Privacy è disponibile sul sito di Avenue media www.avenuemedia.eu alla pagina “Informativa Privacy Editoria” www.avenuemedia.eu/informativa-privacy-editoria Rivista chiusa in tipografia a giugno 2019
n BUYERS' GUIDE Le aziende informano ..................................... 36 Agenda ....................................................... 42 Ha collaborato: per le traduzioni R. Bezzegato. Gli autori sono pienamente responsabili degli articoli pubblicati che la Redazione ha vagliato e analizzato. Ciò nonostante, errori, inesattezze ed omissioni sono sempre possibili. Avenue media, pertanto, declina qualsiasi responsabilità per errori ed omissioni eventualmente presenti nelle pagine della rivista.
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Rivista fondata a Parma nel 1995
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
Editoriale
di Arcangelo Roncacci - Responsabile Confartigianato Alimentazione
Sì ai distretti del cibo a favore dei pastai
U
na normativa a favore delle Pmi solo agricole o anche delle piccole e medie realtà della seconda trasformazione alimentare come, ad esempio, i pastai artigiani? Quanto si sta definendo a proposito dei distretti del cibo lascia perplessi. Sarebbe più che opportuna maggiore chiarezza e, soprattutto, che gli aiuti andassero a favore non solo della prima trasformazione. Ma andiamo con ordine. È in via di definizione un testo di decreto del Mipaaft - di concerto con il Mise - su criteri, modalità e procedure per la creazione e il consolidamento dei distretti del cibo individuati dalle Regioni, così come prevede il comma 5 dell’articolo 13 del D.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, nella versione modificata dall’articolo 1c. 499 della legge 27 dicembre 2017 n. 2015. Per il legislatore, tra i distretti del cibo sono annoverati quei sistemi produttivi locali in cui sia presente una concentrazione di piccole e medie imprese agricole ed agroalimentari o quelle aree caratterizzate da interrelazione ed interdipendenza produttiva delle imprese agricole ed
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agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate secondo la vigente normativa europea, nazionale e regionale. Tra le finalità dei Contratti di distretto stipulati tra il Mipaaf e le imprese che hanno sottoscritto uno specifico accordo nei suddetti distretti, come recita il comma 1 dell’articolo 13 del D.lgs. 18 maggio 2001 n 228, rientrano - oltre alla promozione dello sviPer gli luppo territoriale, della gainvestimenti ranzia della sicurezza alimentare, della diminuzione sono previste dell’impatto ambientale delagevolazioni le produzioni e della riduzioin forma ne dello spreco alimentare anche la volontà di integrare di contributi le attività agricole con le altre in conto capitale attività locali. È palese, quindi, che queste ultime, soprattutto quelle rivolte alla trasformazione alimentare, dovrebbero essere valorizzate paritariamente alle imprese agricole, ottenendo le stesse agevolazioni
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Editoriale
loro destinate, altrimenti si verificherebbe una situazione anomala di trattamento differenziato per soggetti rientranti nella medesima normativa, ovvero di imprese costituenti i distretti del cibo. Dall’esame del testo del decreto, il provvedimento risulterebbe invece fortemente sbilanciato sul settore agricolo, per il quale sarebbero prioritariamente assegnate le agevolazioni, non tenendo in giusta considerazione il ruolo esercitato anche dalle imprese agroalimentari nella caratterizzazione dei distretti del cibo, quando invece il richiamato articolo 36 comma 1 della legge 5 ottobre 1991 n. 317, nella definizione di sistemi produttivi locali, determinati dalla concentrazione prevalente di piccole e medie imprese, non indica alcuna qualificazione limitativa al termine di impresa di piccola e media dimensione. Il programma si articola in una serie di interventi quali, ad esempio, gli investimenti indirizzati alla trasformazione dei prodotti agricoli e alla loro commercializzazione, la promozione dell’immagine e dell’attività del distretto, i progetti di ricerca e sviluppo nel settore agroalimentare. Per gli investimenti relativi a tali interventi possono essere concesse agevolazioni nella forma di contributi in conto capitale con importi che variano fino a un massimo del 30-40% degli investimenti ritenuti ammissibili. Occorre sottolineare che nei distretti agroalimentari di qualità si registra una significativa presenza di imprese sia artigiane che piccole della produzione e trasformazione alimentare, tra le quali anche quelle di produzione di pasta fresca, che per valorizzare i prodotti a denominazione riconosciuta operano da sempre nel solco di una costante ricerca della qualità, affrontando oneri di applicazione e gestione piuttosto ingenti in proporzione alla loro ridotta dimensione. Queste imprese, radicate fortemente nel territorio in un rapporto di simbiosi culturale e storica - sottolineata dall’utilizzo di materia prima locale e dall’impiego di metodi di lavorazione tipici svolgono il ruolo di migliori ambasciatori del made in Italy perché offrono ai consumatori, nel contempo, garanzie di qualità, sicurezza, naturalità e valenza culturale.
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Per questi motivi, Confartigianato Alimentazione ha ritenuto di intervenire sui ministeri competenti, nonché sulla Conferenza Stato Regioni, affinché le agevolazioni di cui sopra non siano riservate solo agli investimenti per la prima trasformazione di prodotti agricoli, ma anche per quelli relativi alle attività volGli aiuti te alla seconda trasformazione, essendo queste in capo alprevedono le stesse imprese agroalimenimporti tari. Inoltre, è stata indicata la fino al 30-40% necessità di rimuovere la disposizione ad esclusivo favo- degli investimenti re delle imprese agricole, laddove all’articolo 5, comma 2, lettera c) del testo di decreto, tra i soggetti che possono beneficiare delle agevolazioni siano comprese le società «costituite tra soggetti che esercitano l’attività agricola e le imprese commerciali e/o industriali e/o addette alla distribuzione, purché almeno il 51% del capitale sociale sia posseduto da imprenditori agricoli…». Tale condizione (che subordina le agevolazioni del contratto di rete a un vincolo) non trova motivazioni in eventuali disposizioni europee, in quanto la natura dei fondi è nazionale, mentre opera di fatto una discriminazione tra le imprese all’interno della filiera, determinando di conseguenza una forte limitazione delle attività agevolabili. Arcangelo Roncacci
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Mondo pasta
New York premia Rana
Barilla si veste di fucsia
La Fordham University, una delle più importanti università di New York, ha conferito al Pastificio Rana l’International Awareness Award per “Il contributo del percorso imprenditoriale dell’azienda italiana negli Usa”, in linea con il modello formativo internazionale dell’ateneo. Dal suo sbarco oltreoceano nel 2012, negli Stati Uniti Rana ha ottenuto ricavi con un tasso di crescita costantemente a doppia cifra percentuale.
Sarà il colore delle scatole di pasta Barilla che dovrebbero arrivare nella Gdo entro il prossimo Natale: il fucsia. L’idea nasce dalla collaborazione con la GCDS, giovane marchio dello streetwear, che firmerà anche una collezione di abiti ad hoc. L’operazione di rebranding promette di svecchiare la tradizionale immagine del Gruppo emiliano.
Tecnologia Fava per la pasta de La Molisana
La pasta piemontese approda a Hong Kong
Gpl 180 è la nuova linea di essiccazione di pasta lunga ideata da Fava. Installata per la prima volta al mondo presso lo stabilimento di Campobasso de La Molisana, si tratta di «una macchina con una tecnologia all’avanguardia che essicca la pasta in metà tempo rispetto al processo tradizionale, restituendo un prodotto di migliore qualità, più resistente in cottura, più tenace ed elastico», spiega l’ingegner Enrico Fava (foto). «La sapienza della tradizione del pastaio si può consolidare solo con macchinari all’avanguardia», aggiunge l’amministratore delegato de La Molisana, Giuseppe Ferro.
Apre in uno dei più celebri grattacieli di Hong Kong il primo ristorante d’alta cucina piemontese. Si chiama Castellana e ne sono artefici lo chef stellato Marco Sacco, che lo dirigerà, e un giovane imprenditore piemontese, Matteo Morello. Uno spazio d’eccellenza in cui tutto arriverà direttamente dall’Italia, dalle materie prime per la pasta al tartufo fino ai formaggi.
Una sfoglia da record
Pasta Leonessa diventa “nobile”
È da Guinness dei primati la sfoglia di 120 metri tirata al mattarello a Fico Eataly World, il parco tematico del cibo con sede a Bologna. Artefici di questa impresa un vero e proprio “dream team” della pasta all’uovo: Cesarine provenienti da dieci regioni, le Mariette di Casa Artusi, l’Associazione Sfogline Bolognesi e quella della San Nicola di Castelfranco Emilia, i giovani della startup Sfogliamo.
Il pastificio napoletano Leonessa presenta la nuova linea Fior di Grano 100% campano della Vallesaccarda, in Alta Irpinia. Questo frumento è coltivato con un metodo attento non solo al rispetto della qualità e del territorio, ma anche al divieto dell’uso di Ogm, diserbanti, concimi chimici, erbicidi e insilati. «È il metodo nobile - sostiene Roberto Rubino, del comitato scientifico del Consorzio del metodo nobile - che significa produrre meno per fare più qualità. Ridurre la produzione si traduce nel concentrare tutta una serie di elementi disponibili nel terreno, elementi che donano maggiore sapore e valore nutrizionale ai cibi».
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Pasta e dintorni
Un laser… in cucina
Quando la sfoglia è innovazione
Piatti pronti, sughi, pasta fresca confezionata: ma sull’etichetta c’è scritto davvero tutto? Ora un laser lo può verificare. Si chiama Safefood ed è un dispositivo progettato dall’Enea, che sta lavorando a due prototipi: uno per i controlli qualità nell’industria alimentare (integrato nel processo di lavorazione al fine di monitorare la catena produttiva), l’altro destinato alle attività ispettive degli organi di controllo.
Il Nielsen Breakthrough Innovation Report inquadra le innovazioni di prodotto che, lanciate in diverse categorie e mercati europei, hanno ottenuto un importante successo commerciale. L’Italia è riuscita a entrare nella top 25 di Nielsen Bases con quattro nuovi prodotti: Buitoni La Sfoglia Rotonda Senza Glutine (Nestlé), prodotto freefrom; il frollino integrale Buongrano Mulino Bianco (Barilla); la birra Ichnusa Non Filtrata (Heineken Italia); il preparato per gatti Purina Gourmet Gold Tortini (Nestlé).
Plasmon-Mipaaft: arriva il marchio qualità
Beeopak, la pellicola amica dell’ambiente
Pennette, maccheroncini, sono solo alcuni dei formati per l’infanzia prodotti da Plasmon. «Entro un anno il 90% dei nostri alimenti conterrà ingredienti provenienti solo da filiere agricole italiane», ha assicurato Felipe Della Negra, General Manager di Plasmon-Kraft Heinz Italia, siglando il protocollo d’intesa programmatica con il Mipaaft. L’accordo prevede il rafforzamento delle filiere attraverso l’utilizzo di un marchio di riconoscibilità a tutela della qualità e della sicurezza dei prodotti alimentari per l’infanzia e l’adozione della dieta mediterranea nei primi 1.000 giorni di vita dei bambini.
Dall’idea di due imprenditrici piemontesi, Monica Fissore e Clarien van de Coevering, nasce Beeopak, una pellicola riciclabile per conservare gli alimenti con materiali naturali. È lavabile e riutilizzabile fino a un anno, con un notevole risparmio sull’uso della plastica.
Ora il grano italiano vale di più
Oggi la dieta è sostenibile
A poco più di un anno dall’obbligo dell’etichettatura di origine per il grano utilizzato per la produzione di pasta, in Italia il valore del frumento duro cresce del 20%. È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti in merito all’accordo siglato da Filiera Agricola Italiana e il pastificio Casa Milo di Bitonto (Ba) per la fornitura, già da quest’anno, di grano 100% pugliese, che permetterà di produrre pasta secca e fresca certificata dal Fdai (Firmato dagli Agricoltori Italiani). A sostenere le quotazioni è il boom delle paste 100% grano made in Italy, sottolinea Coldiretti, ma anche il crollo delle importazioni dal Canada per le preoccupazioni legate all’uso del glifosato.
Fao, Unione per il Mediterraneo e CiheamMediterranean Agronomic Institute di Bari hanno avviato una piattaforma di istituzioni e organizzazioni per valorizzare la dieta mediterranea come strumento per la produzione e il consumo sostenibile nella regione del Mare nostrum. Il primo passo sarà preparare «un libro bianco sulla dieta mediterranea per proporre i primi elementi di un piano d’azione», conferma il segretario generale di Ciheam, Placido Plaza.
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We all love pasta
di Tetsuro Akanagakubo Corrispondente per il quotidiano politico-economico Shakai Shimpo di Tokyo
Il Paese del Sol Levante non rinuncia ai piatti tradizionali ma apprezza la nostra cucina, solo se di alta qualità
Tetsuro Akanegakubo è un noto giornalista giapponese specializzato nell’agroalimentare. Tant’è che se i suoi connazionali oggi mangiano molto “italiano”, pasta condita con olio extra vergine d’oliva e prodotti mediterranei, il merito va in buona parte a lui, che da anni descrive accuratamente, come solo i giapponesi sanno fare, i valori della buona cucina tricolore. Akanegakubo arrivò in Italia nel 1960, direttamente in motocicletta dal Giappone: un viaggio di tre mesi per vedere le Olimpiadi di Roma. La
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moto non resse il lungo viaggio e, visto che non c’erano pezzi di ricambio, l’allora ventenne decise di rimanere, per raccontare ai suoi connazionali le vicende del nostro Paese. Non è solo un acuto giornalista, è anche un grand gourmand: conosce tutti i segreti della raffinata cucina giapponese e si esalta di fronte a un piatto di pasta fatto come si deve. Qui si capisce perché i giapponesi, che pure hanno una loro pasta, apprezzino sempre di più la nostra, tant’è che le importazioni sono in netta asce-
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We all love pasta
sa. E per essere leader di mercato in Giappone la parola d’ordine è qualità. Infatti, è un Paese ricco, caratterizzato da consumatori molto esigenti e continuamente alla ricerca di prodotti di assoluta eccellenza, che finora hanno mostrato grande interesse nel made in Italy agroalimentare. La Redazione
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nche il Giappone ha una sua pasta, anzi, tre. ll ramen è una specialità di origine cinese che arriva nel Paese dopo la Seconda guerra mondiale. Sono tagliatelle di frumento tenero immerse in un brodo molto caldo guarnito con fettine di carne, verdure, uova, funghi ed erba cipollina. I soba, invece, sono spaghetti sottili di grano saraceno, serviti normalmente con brodo, dashi, mirin e salsa di soia o (a seconda della stagione) consumati freddi e conditi con diverse verdure. In questo caso, in genere si accompagnano a un brodo in cui intingere il boccone prima di gustarne il sapore. Gli udon, infine, sono spaghettoni spessi di farina di frumento ma, a differenza del ramen, non contengono uovo nell’impasto. Si gustano sia caldi che freddi ac-
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compagnati da carne e verdure. In brodo si abbinano spesso alla tempura o al tofu fritto.
Made in Italy La pasta di grano duro arriva in Giappone alla fine del diNel Paese ciannovesimo secolo, quando dei Samurai il Paese si iniziò ad aprire agli la pasta europei. È allora che la regina di semola delle tavole italiane comincia ad essere prodotta in alcune piace al dente, aree dell’Impero, sebbene in come l’amato riso maniera limitata. Secondo alcuni, fu un cuoco napoletano, scappato da una nave entrata nel porto di Niigata, nel Mar del Giappone, ad aprire il primo ristorante italiano. Nel 1928, un certo Takahashi, dopo aver assaporato gli spaghetti a Napoli, iniziò una produzione industriale di pasta con il nome commerciale di “Vulcano”, a ricordo del Vesuvio. Ma solo dopo la Seconda guerra mondiale si comincia a mangiare quantità significative di pasta di grano duro, perché i soldati americani la consumavano condita con il ketchup.
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We all love pasta
Il ramen, piatto tipico del Sol Levante
Mi ricordo che all’epoca gli spaghetti erano serviti alla “Napolitan”, ma della città partenopea avevano solo il nome, in quanto la salsa era a base di wurstel, cipolle e ketchup. I primi, veri, spaghetti li mangiai nel 1960, quando arrivai a
Roma per la prima volta. Erano totalmente diversi da quelli che conoscevo in Giappone e pensai: «Allora esiste davvero un piatto così buono!». Il Giappone E li adoro ancora oggi. Il mio primo approccio con la è un mercato ricco cucina italiana avvenne in e molto esigente una trattoria della Capitale: spaghetti serviti con un vino bianco a buon mercato di Frascati. Un pasto semplice, frugale, ma che tutt’ora ricordo con forte nostalgia e che ritengo più buono di qualsiasi pietanza raffinata.
Ristoranti stellati
Gli udon, spaghettoni giapponesi di grano tenero
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Negli anni ’60 il livello della cucina italiana in Giappone era, quindi, piuttosto scarso, oggi invece molti locali servono pasta e piatti italiani prelibati, capaci di competere con i migliori ristoranti italiani. Da noi il formato più noto sono gli spaghetti, forse perché ricordano i tradizionali noodle di grano tenero, che serviamo in brodo. I “veri” spaghetti, quelli italiani di grano duro, diventano famosi ne-
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We all love pasta
gli anni ’80, quando comincia il turismo nipponico di massa verso l’Europa e… il Belpaese. La pasta piace subito, tant’è che molti attraversano l’Oceano per imparare a cucinarla come si fa in qui, per tornare poi nel Sol Levante e aprire ristoranti italiani. I giapponesi sono tra i pochi stranieri che comprendono bene il concetto di pasta al dente, perché è presente anche nella cultura culinaria nipponica. Infatti, se è vero che le nostre tagliatelle, cioè i ramen, vanno servite morbide e in brodo, quindi non possoMolto no essere al dente, noi adoriaapprezzata mo il riso. E lo adoriamo al la pasta italiana dente. Tutti lo cucinano alla prefezione ma, se per qualdi fascia alta che motivo scuoce perché l’anima dei chicchi si ammorbidisce troppo, non si può più mangiare. Penso che le persone a cui piace il sushi capiscano cosa intendo: ciò che è davvero importante non è il pesce, come si potrebbe immaginare, ma il riso. Ed è la differenza di cottura del riso che distingue il sushi cinese da quello giapponese.
Il Jefta favorisce il food italiano Grazie all’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e il Giappone, il Jefta (acronimo che sta per Japan-Eu Free Trade Agreement, siglato a luglio 2018) le esportazioni agroalimentari comunitarie verso il Paese del Sol Levante potrebbero aumentare sensibilmente, soprattutto per i cibi trasformati. Il Giappone è il sesto maggior partner economico dell’Italia al di fuori dell’Unione europea, con un surplus commerciale di 2,4 miliardi di euro: infatti, le nostre esportazioni nel Paese del Sol Levante ammontano a circa 6,6 miliardi di euro, a fronte di importazioni per 4,2 miliardi di euro. Tra i prodotti agroalimentari più esportati: vino, olio d’oliva, pomodoro, pasta e aceto.
aumentate del 3,2% a volume rispetto all’anno precedente, per un totale di 150 mila tonnellate. Dall’Italia ne sono arrivate quasi 67 mila tonnellate, con gli spaghetti che crescono, a volume, del 5,2%. Meno positivi i dati relativi ai prezzi al consumo di questo prodotto che, in media, sono stati pari a 129 yen al chilo, circa 8 yen in meno rispetto al 2016. Anche la pasta corta importata dall’Italia ha fatto registrare un aumento del 16%. Quando si tratta di mangiare bene, noi giapponesi preferiamo i prodotti originali, il che rende il mercato nipponico molto fiorente per i produttori italiani; e poiché conosciamo il vero sapore made in Italy, è molto difficile venderci prodotti falsificati. Attualmente in Giappone ci sono circa 8 mila locali registrati come “ristorante italiano”, con chef nipponici che hanno studiato per cucinare all’italiana. Spesso sono grandi maestri che si sono formati in Italia e che per le loro ricette importano materie prime direttamente dal Belpaese.
Il mercato della pasta in Giappone Il Giappone importa più del 50% della pasta che consuma. Nel 2017 le importazioni sono
Gli spaghetti “Napolitan”, conditi con wurstel, cipolla e ketchup
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Tetsuro Akanagakubo
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Economia agroalimentare
di Carla Saruis - Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo
Nel 2018 l’export dei distretti agroalimentari italiani ha raggiunto i 18,8 miliardi di euro, in lieve crescita rispetto ai risultati del 2017
L
a tradizione agroalimentare italiana ha portato alla formazione di realtà locali caratterizzate dalla presenza di molti prodotti tipici. Allo scopo di rappresentare tali realtà, Intesa Sanpaolo ha identificato 50 distretti agroalimentari: zone geografiche specializzate nella coltivazione e nella trasformazione di prodotti agricoli e alimentari. Questi distretti si distinguono per una buona propensione all’export e risultano distribuiti su tutto il territorio nazionale. La sola Emilia Romagna ne ospita otto: l’Alimentare di Parma, i Salumi del
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modenese, di Parma e di Reggio Emilia, il Lattiero-caseario di Reggio Emilia e parmense, l’Ortofrutta romagnola. Nel 2018 l’export dei distretti agroalimentari italiani ha raggiunto i 18,8 miliardi di euro, il 46% dell’export agroalimentare nazionale, un dato in lieve crescita (+0,4% a prezzi correnti) rispetto ai risultati molto brillanti del 2017. Un’analisi delle performance più significative dei singoli distretti, organizzati per filiere agroalimentari, ci permette di identificare le macro-tendenze per l’agroalimentare distrettuale nel 2018 (Tabella e Grafico 1).
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Economia agroalimentare
Tabella 1
Le esportazioni dei distretti agroalimentari monitorati da Intesa Sanpaolo per filiera 2018 Milioni di euro 2017
Milioni di euro 2018
Milioni di euro 4° trim. 2018
Peso % 2018
Differenza 4° trim. 2018, mln di euro
Filiera dei vini
4.830
5.147
1.477
27,4%
97,8
Filiera delle paste e dei dolci
3.803
3.799
1.106
20,2%
Filiera agricola
3.280
3.099
864
16,5%
Filiera della carne e dei salumi
1.935
1.922
492
10,2%
Filiera delle conserve
1.785
1.808
466
9,6%
Filiera lattiero-casearia
Filiere agroalimentari
Differenza Var. % Var. % tend. Var. % tend. 2018-2017, tendenziale, 4° trim. 2018-2017 mln di euro gen-set 2018 2018
316,7
6,34
7,09
6,56
-0,2
-3,8
-0,14
-0,02
-0,10
-68,4
-181,4
-4,82
-7,33
-5,53
-11,7
-13,5
-0,13
-2,32
-0,70
0,3
22,1
1,65
0,06
1,24
1.685
1.642
398
8,7%
4,1
-43,3
-3,67
1,04
-2,57
Filiera dell’olio di oliva
930
890
216
4,7%
-14,6
-39,6
-3,58
-6,34
-4,26
Filiera del riso
392
408
107
2,2%
2,7
15,4
4,43
2,54
3,92
103 18.745
100 18.814
26 5.152
0,5% 100,0%
-0,8 9,2
-3,2 69,3
-3,09 0,44
-3,05 0,18
-3,08 0,37
Filiera dei prodotti ittici Totale complessivo
Grafico 1
Differenza nelle esportazioni dei distretti agroalimentari italiani monitorati da Intesa Sanpaolo per filiera Filiera dei vini Filiera delle paste e dei dolci Filiera agricola Filiera della carne e dei salumi Filiera delle conserve Filiera lattiero-casearia Filiera dell’olio di oliva Filiera del riso Filiera dei prodotti ittici 0
1.000
Milioni di euro 2018
Tra le filiere che nel 2018 hanno registrato una contrazione delle esportazioni, quella della pasta e dei dolci nel suo complesso ha evidenziato cali meno rilevanti, con un export sostanzialmente stabile sui livelli raggiunti nel 2017 (-0,1%, pari a 3,8 milioni di euro in meno). È proseguito, tuttavia, anche nel quarto trimestre 2018, il trend opposto che aveva caratterizzato i distretti maggiormente specializzati nella produzione di pasta e prodotti da forno, rispetto a quelli più legati alla
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2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
Milioni di euro 2017
produzione dolciaria (cioccolateria e confetteria). I primi continuano a mostrarsi in calo, mentre tra i secondi sono ancora presenti distretti in crescita. La flessione più significativa ha riguardato le esportazioni di pasta dell’Alimentare di Parma (-14,5% tendenziale tra ottobre e dicembre e -12,8% nell’anno), penalizzato dal crollo di quelle verso la Francia (-55,4% tra 2018 e 2017, per un totale di 91 milioni di euro di minore fatturato e ancora -62,1% nel quarto trimestre del-
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Economia agroalimentare
l’anno). In calo, con un andamento in peggioramento alla fine dell’anno, anche l’export di pasta del distretto dell’Alimentare di Avellino (-7,3% nell’anno, -24,4% nell’ultimo trimestre del 2018) e dell’Olio e pasta del barese (-6,8% e -8,4% nell’ultima parte dell’anno). Deboli anche le esportazioni di pasta e dolci dell’Alimentare napoletano (-1,5%, nonostante i segnali di ripresa registrati tra ottobre e dicembre con un+1,3%). Eccezione, tra i distretti più spiccatamente specializzati nella pasta, per il distretto della Pasta di Fara, che vede il proprio export recuperare strada proprio in chiusura 2018, con un risultato (+8,9%) che porta in positivo il dato annuale (+1,4%, 1,9 milioni di euro esportati in più nel 2018 rispetto al 2017). A questo fa però da contraltare la riduzione nell’ultimo trimestre delle esportazioni del distretto del Caffè, confetterie e cioccolato torinese (-7,6%) che, in ogni caso, chiude l’anno in crescita (+1,4%). Forte il recupero in chiusura d’anno per il distretto dei Dolci e della pasta veronesi (+10,7%, +5% nell’anno).
Dalle carni ai formaggi Calano poi dello 0,7%, con un peggioramento nell’ultima parte dell’anno (-2,3%), le esportazioni della filiera delle carni e dei salumi, legate soprattutto all’andamento negativo dei due principali distretti di export di carni (Verona, Cremona e Mantova). Molto solida, invece, seppure con una dinamica in attenuazione nell’ultima parte dell’anno, la performance delle esportazioni del distretto del Prosciutto di San Daniele (+9,8% tra 2018 e 2017), mentre quelle del distretto dei Salumi di Reggio Emilia mostrano una battuta d’arresto nel quarto trimestre dell’anno, ma una crescita del 2,4% in media d’anno.
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Nonostante un quarto trimestre finalmente positivo (+1%), la filiera lattiero-casearia ha registrato, nel suo insieme, un risultato 2018 negativo (-2,6%, per un totale di 40 milioni di euro in meno esportati rispetto al 2017). Mantengono invece un trend piuttosto vivace le vendite all’estero della Mozzarella di bufala campana e, grazie alla ripresa di fine anno, chiudono bene anche le esportazioni del Lattiero-caseario parmense, ma questi incoraggianti risultati non compensano i cali del Lattiero-caseario lombardo (-2,6%) e, più ancora, del Lattiero-caseario di Reggio Emilia (-11,3%), cui si somma il crollo dell’export del Lattiero-caseario sardo (-24,3%).
Focus sulla meccanica dell’Emilia Romagna In Emilia Romagna è presente una filiera agroalimentare molto strutturata. Vicino ai distretti del food si sono sviluppate aree ad alta specializzazione composte da imprese della meccanica che rivolgono la propria offerta al settore agroalimentare. Nate per servire il mercato interno, nel tempo hanno saputo crescere su quelli esteri, conquistando significative quote di mercato. Spiccano, in particolare, le Macchine per l’imballaggio di Bologna, le Macchine agricole di Modena e Reggio Emilia e la Food machinery di Parma. Quello delle Macchine per l’imballaggio di Bologna è il distretto più importante nel settore del packaging a livello nazionale, con un peso del 18,4% in termini di fatturato. Nel territorio bolognese agiscono i principali attori nazionali del settore: Ima Spa, Marchesini Group Spa, Gruppo Sacmi Spa, G.D Spa e Coesia Spa, solo per citarne alcuni, per un totale di 445 unità locali e oltre 8.500 addetti. Nel 2018 ha generato flussi di export pari a 2,6 miliardi di euro, superiori del 7,1% rispetto all’anno precedente, mostrando una buona accelerazione negli Stati Uniti e un balzo in Messico e in Romania. ìIl distretto della Food machinery di Parma è costituito da 455 unità locali e circa 7 mila addetti (pari all’1,5% degli impieghi totali del settore della meccanica italiana), ed è specializzato sia nelle macchine per l’industria alimentare che in quelle per l’imballaggio. Queste ultime presentano un’elevata produzione rivolta ai comparti del food & beverage.
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
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Dal 1978 produce macchine professionali per la pasta, interamente made in Italy, ad uso di laboratori e industrie del settore. Progetti esclusivi, studiati e sviluppati internamente per realizzare pasta di ogni tipo nel nome della facilità d'utilizzo, della qualità e della genuinità del prodotto finale. P2 PLEASURE is much more than a combined machine and it can be described as a complete workshop for pasta professionals,“tailor-made" for meeting all the production needs. P2 PLEASURE, in its basic version includes: single vat, automatic sheeter and ravioli unìt. It can also be supplied with double vat , as well as with double vat with extruder suitable to produce all kinds of short and long shapes of extruded pasta, by simply changing the extruding die. The ravioli unit equipped with ìnterchangeable moulds carries out the production of different shapes and dimensions of pre-cut ravioli.
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Economia agroalimentare
Tabella 2
Evoluzione delle esportazioni dei tre distretti meccanici della filiera agroalimentare monitorati da Intesa Sanpaolo Milioni di euro
Variazione tendenziale %
2017
2018
Differenza
2018
Macchine per l’Imballaggio di Bologna
2.437
2.610
173
7,1
6,6
Food machinery di Parma
1.299
1.311
12
0,9
-6,6
543
547
4
0,7
1,0
Macchine agricole di Modena e Reggio Emilia
4° trim. 2018
Grafico 2
Filiera agroalimentare - Variazioni % tendenziali dell’export dei tre distretti emiliano romagnoli della meccanica della filiera agroalimentare 6,6 7,1
Macchine per l’imballaggio di Bologna
Food machinery di Parma
-6,6 0,9
1,0 0,7
Macchine agricole di Modena e Reggio Emilia
-8
-6
4° trimestrale 2018
Il distretto ha mostrato una contrazione pari al 6,6% nel quarto trimestre 2018, ma riesce a chiudere l’anno in lieve incremento (+0,9%) grazie alla buona crescita negli Usa, in Germania e in Vietnam, che ha arginato l’effetto della riduzione delle vendite in Francia, Cina, Messico, Regno Unito e Algeria. Proprio negli Usa il Consorzio Parma Alimentare ha attuato diverse iniziative per promuovere sia le eccellenze alimentari che l’impiantistica. Il distretto delle Macchine agricole di Modena e Reggio Emilia è composto da 345 imprese e circa 6.900 addetti (rispettivamente il 13% delle imprese e il 22% degli addetti del settore in tutta Italia), dislocate tra la provincia di Modena e quella di
-4
-2
0
2
4
6
8
2018
Reggio Emilia. Nel 2018 ha esportato per 547 milioni di euro, in lieve crescita (+0,7%) rispetto al 2017. Il distretto ha potuto contare su performance molto positive in Francia, Spagna, Stati Uniti e Germania, ma anche in Tunisia e Polonia, quasi compensata però dalle forti riduzioni registrate in Turchia. In questo contesto la Ognibene, eccellenza del distretto, annuncia l’arrivo in Emilia del trattore senza guidatore e ha depositato il brevetto con copertura internazionale: il nuovo sistema consentirà al lavoratore di dedicarsi alla semina e al monitoraggio delle culture (Tabella e Grafico 2). Carla Saruis
Si ringrazia la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, uno dei principali centri italiani di ricerca economica e finanziaria. La sua mission è produrre analisi e studi di carattere indipendente, per contribuire al dibattito sui temi di economia internazionale rilevanti per il Gruppo
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PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
L’indagine
di Delia Maria Sebelin
Pubblicato il report di Ismea nell’ambito del piano di settore cerealicolo, di cui proponiamo un estratto focalizzato sulle imprese del comparto pasta
I
pastifici di dimensioni medio-piccole sostengono costi più elevati rispetto a quelli delle grandi imprese, ma ottengono ricavi maggiori grazie a un prezzo medio di vendita della pasta più alto. È quanto emerge da un’indagine condotta da Ismea sul territorio nazionale, con l’obiettivo di fornire dati tecnicoeconomici rilevati sul campo nelle industrie di lavorazione del frumento tenero e duro. Tali dati, pubblicati a maggio, sono stati ottenuti attraverso un questionario compilato da un campione rappresentativo di aziende (molini a tenero,
20
a duro, pastifici). Ciò ha permesso di acquisire informazioni di natura strutturale ed economica, consentendo la stima del costo di produzione dei prodotti di prima e seconda trasformazione. Queste valutazioni sono classificate per dimensione delle imprese, in modo da fotografare le diversità sia strutturali che economiche a cui sono connesse strategie imprenditoriali diverse. Oltre all’analisi dei costi, il rapporto fornisce anche altri dati, come la capacità media di lavorazione, i canali commerciali, il grado di specializzazione, i ricavi medi e il conto economico.
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
L’indagine
Tabella 1
Caratteristiche strutturali e organizzative dei pastifici di grandi dimensioni Capacità media di lavorazione Numero di occupati
(t/24h)
934
unità medie
Fatturato
271
(€)
142.940.944
Semole lavorate
(t/anno)
177.567
Pasta prodotta
(t/anno)
159.186
Fonte: Ismea
pari a circa 830 mila tonnellate, di cui 735 mila ottenute dalle aziende più grandi. Il fatturato complessivo dei pastifici presi in esame è pari a 786 milioni di euro, da imputare nella misura dell’86% (672 milioni di euro) agli 8 pastifici presenti nella classe di maggiore dimensione. I pastifici esaminati sono stati 13, di cui 8 con capacità di lavorazione superiore a 200 t/24h e 5 con capacità di lavorazione inferiore a 200 t/24h. Queste aziende si trovano in Veneto, Campania, Puglia, Emilia Romagna, Trentino, Sicilia, Toscana e Abruzzo. I volumi complessivi di semole lavorate nel 2017 ammontano a circa 906 mila tonnellate, di cui 804 mila (89% del totale) riconducibili ai pastifici di classe superiore alle 200 t/24h. I volumi complessivi di pasta prodotta sono
I numeri delle grandi imprese I pastifici industriali di grandi dimensioni intervistati (>200 t/24h) hanno una capacità di lavorazione media di 934 t/24h e nel 2017 hanno generato un fatturato medio pari a 143 milioni di euro (Tabella 1). I volumi di semole lavorate ammontano in media a circa 178 mila tonnellate/anno per azienda, ponderate al peso che ciascun pastifico ha in relazione alla pasta prodotta. La produzione totale di pasta secca
Tabella 2
Costi e ricavi medi dei pastifici di grandi dimensioni (capacità di lavorazione >200 t/24h) €
% sui ricavi
% sui costi
Ricavi dalla vendita di pasta
126.005.678,90
100,0%
-
Costi
123.188.585,89
97,8%
100,0%
Acquisto di semole
62.162.711,12
49,3%
50,5%
Manodopera
11.930.305,16
9,5%
9,7%
Energia
6.964.920,40
5,5%
5,7%
Materiali per il confezionamento
11.544.550,28
9,2%
9,4%
Altre spese variabili
16.068.766,26
12,8%
13,0%
6.218.369,29
4,9%
5,0%
Ammortamenti Assicurazioni
505.535,45
0,4%
0,4%
2.354.249,09
1,9%
1,9%
Altre spese generali
5.439.178,86
4,3%
4,4%
Reddito
2.817.093,01
2,2%
-
Imposte e tasse
Fonte: Ismea
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
21
L’indagine
Tabella 3
Caratteristiche strutturali e organizzative dei pastifici di piccole dimensioni Capacità media di lavorazione Numero di occupati Fatturato
(t/24h)
129
unità medie
66
(€)
30.687.186
Semole lavorate
(t/anno)
31.290
Pasta prodotta
(t/anno)
30.349
Fonte: Ismea
sfiora le 160 mila tonnellate/anno per azienda e le unità medie di personale impiegato sono pari a 271. Questi pastifici sono specializzati nella produzione di pasta secca verso i mercati esteri nella misura del 68% dei volumi totali prodotti; il canale commerciale prevalente è rappresentato dalla Gdo (47,4% delle vendite totali) e dagli intermediari all’ingrosso (13,5%). Le vendite sul mercato nazionale sono pari al 32% della produzione totale; per questa quota la Gdo si conferma il canale principale, con il 22% del totale venduto sul mercato interno. I ricavi medi ammontano a circa 126 milioni di euro (Tabella 2), mentre i costi di produzione si attestano a poco più di 123 milioni, che corrispondono al 97,8% dei ricavi. Sul fronte dei costi si evidenzia che quelli relativi all’acquisto delle semole di frumento duro
rappresentano oltre il 50% del totale, seguiti dalle altre spese, variabili per il 13%, dai costi per manodopera e materiali per il confezionamento con una quota di poco inferiore al 10% ciascuno, mentre l’energia elettrica incide per il 5,7% dei costi complessivamente sostenuti. Passando ai costi fissi, che pesano per il 12% del totale, la principale voce è rappresentata dagli ammortamenti (5%) e dalle altre spese generali (4,4%).
I numeri delle piccole imprese I pastifici di questa classe dimensionale hanno una capacità media di lavorazione di 129t/24h e hanno generato un fatturato 2017 medio pari a circa 31milioni di euro (Tabella 3). I volumi medi di semole lavorate sono di 31 mila tonnellate/anno per azienda, per una produzione di pasta secca pari a circa 30 mila tonnellate/anno per unità produttiva. Il numero di addetti medio per questi pastifici è di 66 unità. Anche queste imprese sono molto specializzate nella produzione di pasta secca e la quota di vendita destinata ai mercati esteri è addirittura superiore rispetto ai grandi: circa l’85% delle vendite totali. I ricavi medi dei pastifici ottenuti nel 2017 dalla vendita di pasta di semola sfiorano i 30 milioni di euro (Tabella 4).
Tabella 4
Costi e ricavi medi dei pastifici di piccole dimensioni (capacità di lavorazione <200 t/24h) €
% sui ricavi
29.961.979,91
100,0%
-
Costi
28.968.122,38
96,7%
100,0%
Acquisto di semole
11.970.353,02
40,0%
41,3%
Manodopera
3.416.205,99
11,4%
11,8%
Energia
1.187.534,51
4,0%
4,1%
Materiali per il confezionamento
2.870.749,65
9,6%
9,9%
Altre spese variabili
4.694.997,84
15,7%
16,2%
Ammortamenti
1.500.055,59
5,0%
5,2%
Assicurazioni
152.373,54
0,5%
0,5%
Imposte e tasse
473.518,08
1,6%
1,6%
2.702.334,17
9,0%
9,3%
993.857,53
3,3%
-
Ricavi dalla vendita di pasta
Altre spese generali Reddito
% sui costi
Fonte: Ismea
24
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
L’indagine
Tabella 5
Costi e ricavi medi dei pastifici di piccole dimensioni (capacità di lavorazione <200 t/24h) >200 t/24h
>200 to/24h
Ricavi
800,86
1.120,90
Vendita di pasta
800,86
1.120,90
Vendita di altri sottoprodotti
-
-
Costi
783,66
1.097,00
Acquisto di semole
380,63
409,98
Acquisto di altri sottoprodotti
-
-
Manodopera
71,82
143,70
Energia
44,16
47,61
Materiali per il confezionamento
69,06
108,06
122,18
146,74
39,61
59,83
2,85
6,28
Imposte e tasse
18,89
17,70
Altre spese generali
34,47
157,11
Reddito
17,20
23,90
Altre spese variabili Ammortamenti Assicurazioni
Le stesse aziende hanno sostenuto costi per poco meno di 29 milioni di euro, pari al 96,7% dei ricavi; questi sono rappresentati nella misura di circa il 41% del totale dall’acquisto delle semole, seguiti dalle altre spese variabili (16,2%); nello specifico, spese sostenute per servizi esterni legati al trasporto, alla manodopera (11,8%) e ai materiali per il confezionamento (9,9%). In questo caso i costi fissi pesano per il 17% del totale e sono rappresentati in maggior misura dalle altre spese generali, che incidono per il 9,3%, e dagli ammortamenti (5,2%).
Conto economico per unità di prodotto Confrontando i costi di produzione per tonnellata di pasta prodotta dalle due classi di dimensione analizzate, emerge che nel complesso i costi sosteLa Gdo nuti dai pastifici di piccole rappresenta dimensioni sfiorano 1.100 €/t e sono superiori di 313 il principale a quelli dei pastifici con canale di vendita €/t maggiore capacità di lavorazione (Tabella 5). Nel dettaglio risulta che, relativamente alla manodopera, il costo per tonnellata di pasta prodot-
26
ta dai pastifici più piccoli è il doppio di quella sostenuta dai pastifici con capacità superiore alle 200t/24h, mentre la spesa per l’acquisto di semole è pari a 409,98 €/t per i piccoli pastifici, contro La quota export 380,63 €/t di quelli di magdelle Pmi giori dimensioni. Per quanto riguarda i costi è superiore fissi, per le imprese di clasa quello delle se inferiore gli ammortagrandi imprese menti risultano superiori rispetto ai pastifici più grandi (59,83 €/t per la classe <200 t/24h, contro i 39,61 €/t dei >200 t/24h). In sintesi, ai maggiori costi sostenuti dalle imprese più piccole corrispondono ricavi più elevati, grazie a un prezzo medio di vendita della pasta maggiore e pari a 1.120,90 €/t rispetto a 800,86 €/t per le altre. Per i pastifici di classe inferiore alle 200 t/24h questa differenza genera una redditività più alta per tonnellata di pasta prodotta rispetto a quella dei pastifici di classe superiore, che si attesta sui 23,90 €/t, contro i 17,20 €/t dei pastifici più grandi. Delia Maria Sebelin
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
Mercati
di Claudia Oriente Fatica - Responsabile Marketing “Pasta Pafre”
Considerata salutare, vince anche nell’Horeca, come emerge dal test di Sarni Ristorazione in collaborazione con lo chef Marco Bianchi
S
econdo le ultime stime, gli italiani consumano pro capite circa 26 chili all’anno di pasta. Accanto a quella di semola, è in crescita la pasta integrale (+20% nell’ultimo anno), considerata da molti, per alcuni aspetti, più salutare, che si ottiene seguendo uno specifico disciplinare di produzione. Secondo la normativa nazionale (Dpr. del 9 febbraio 200, n. 187, articolo 6): «È denominata pasta di semola integrale di grano duro il prodotto ottenuto dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasto preparato esclusivamente
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con semola integrale di grano Il mercato duro (Tricutum turgidum durum) e acqua». dell’integrale Si tenga però conto che, di segna tassi recente, è stata presentata in di crescita Parlamento una proposta di del 30% regolamentazione degli sfarinati che prevede - nell’ottiin volume ca di una corretta informazione al consumatore - la valorizzazione dei prodotti alimentari realizzati con l’utilizzo di farine o semole di grano non raffina-
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
Mercati
Tabella 1
Pasta convenzionale e integrale a confronto Tipo di pasta
Umidità Su 100 parti max % di sostanza secca (ceneri) min
Proteine minime (azoto x 5,70)
Acidità max in gradi*
max
Pasta di semola di grano duro
12,50
-
0,90
10,50
4
Pasta di semolato di grano duro
12,50
0,90
1,35
11,50
5
Pasta di semola integrale di grano duro
12,50
1,40
1,80
11,50
6
(*) Il grado di acidità è espresso in centimetri cubici di una soluzione alcalina richiesta per neutralizzare 100 g di sostanza secca
Fonte: Claudia Oriente Fatica
te, distinguendoli rispetto a prodotti alimentari integrali ricostituiti, ovvero, ottenuti miscelando alle semole crusca e cruschello.
Pietra vs cilindri Nella macinazione a pietra la semola integrale si ottiene in un unico passaggio, cioè quando si schiaccia il seme. Nella produzione a cilindri, invece, le particelle cruscali si separano dalla parte farinosa per essere poi aggiunte successivamente. Si ottiene così una semola “ricostruita” che, da un
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
punto di vista tecnico, ha le stesse caratteristiche di quella a pietra. Tabella 1 evidenzia alcune caratteristiche dei vari prodotti. L’umidità rimane la stessa (limite fissato nel rispetto della conservabilità), la quantità di proteine è simile, mentre nella pasta integrale l’acidità può raggiungere il 50% in più rispetto a quella di semola. La differenza nel contenuto di ceneri è notevole poiché, contenute prevalentemente nei rivestimenti dell’endosperma del chicco, sono abbondanti nei prodotti con un alto contenuto di fibra che sono, quindi, meno raffinati.
29
Mercati
minuzione dell’indice glicemico (Grafici 1 e 2). Oggi, la consapevolezza dei benefici che apportano la fibra alimentare e i nutrienti hanno riportato di moda i cibi non raffinati, che però sono ben lontani da quelli di un tempo sia come sapore che per consistenza in cottura. Per questo, i cibi integrali prodotti con tecniche moderne vanno considerati alimenti “nuovi”, frutto dei progressi tecnologici e delle conoscenze sulla sicurezza alimentare che ne garantisce la salubrità.
Disegno
I nutrienti presenti nel grano endosperma contiene amido e proteine
crusca ricco di fibre, vitamine del gruppo B e minerali
Dallo scaffale al piatto Il mercato della pasta integrale segna tassi di crescita intorno al 30% in volume, a fronte di un incremento di produzione di circa 2.500 tonnellate l’anno. Il consumo integrale, che si attesta circa al Alcuni 20%, è invece ancora contenuto, nonostante i consumaconsiderano tori comprendano i benefici la pasta integrale di un maggiore apporto di fitroppo cara bre nella dieta. I più attratti da questo tipo di alimenti sono donne tra i 25 e i 44 anni e i 55 e i 64 anni, con un livello di istruzione superiore (laureate) e una posizione sociale elevata. Le fasce medio-basse dei consumatori non acquistano integrale perché, probabilmente, hanno un’informazione superficiale sul consumo di fibre («mangia integrale chi è malato») o perché ritengono il prezzo poco conveniente. Il trend di vendita per area geografica evidenzia un maggiore incremento degli acquisti al Sud, più contenuto al Centro e al Nord (dati Nielsen), mentre il canale d’acquisto privilegiato è la Gdo. Vista la crescita del settore, gli imprenditori della food chain stanno investendo in innovazione e
germe antiossidanti, vitamine E, del gruppo B, minerali
La pasta integrale mantiene intatte le tre componenti del chicco: crusca (l’involucro esterno che contiene fibra, antiossidanti, ferro, zinco, rame, magnesio, vitamine del gruppo B e fitonutrienti), endosperma (ricco di amido e proteine) e germe (che contiene micronutrienti) (Disegno e Tabella 2). Rispetto alla pasta classica, la differenza sul piano calorico è minima (350 calorie per 100 grammi per la classica, contro le 320 calorie per l’integrale), ma si evidenzia un aumento dell’indice di sazietà (grazie alle fibre) e un’importante di-
Il consumatore tipo è donna con un livello di istruzione superiore
Tabella 2
Pasta convenzionale vs integrale: i nutrienti presenti in una porzione Valore energetico (Kcal)
Porzione (g)
Proteine g/porzione
Grassi g/porzione
Carboidrati g/porzione
Fibra g/porzione
Ferro g/porzione
Magnesio Zinco mg/porzione mg/porzione
Folati mcg /porzione
Pasta cotta integrale
100
320
4
1
19
2
1,2
27
0,9
8
Pasta cotta di semola
100
350
3
0,3
20
1
1
10
0,4
6
Fonte: Pourtanem, 2012
30
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
Mercati
Grafico 1
Valori nutrizionali per 100 g di pasta integrale 350
320
300
250
200
150
100
75
50 13,4
8
2,5
Proteine
Fibre
Lipidi
0 Carboidrati
nuove proposte. L’offerta si amplia anche da parte delle Pmi e dei produttori artigianali. Il mercato dell’integrale permette una diversificazione tra le aziende produttrici di pasta: quelle
Kcal
che propongono l’integrale possono ottenere un discreto vantaggio competitivo rispetto a chi offre solo pasta di semola. Tuttavia, l’integrale, nonostante i benefici che può offrire per la salute, pre-
Grafico 2
Valori nutrizionali per 100 g di pasta di semola 350 350
300
250
200
150
100
79
50 10,9
2,7
1,4
Proteine
Fibre
Lipidi
0 Carboidrati
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
Kcal
31
Mercati
Marco Bianchi, ideatore per Autogrill di due ricette per insalate di pasta integrale
senta alcuni aspetti negativi che potrebbero scoraggiarne il consumo e, quindi, mantenere contenute le vendite: • non è sempre indicata perché le fibre potrebbero ostacolare o ritardare l’assorbimento di alcuni medicinali; gli sportivi che mangiano pasta pre-gara potrebbero scegliere la classica in quanto l’integrale richiede tempi digestivi più lunghi e, quindi, non fornire in tempo l’energia necessaria per la prestazione; • scarsa appetibilità a causa delle differenti proprietà organolettiche (colore scuro e sapore diverso rispetto alla pasta di semola). In tal caso, si suggerisce di inserire gradualmente i cibi integrali nella dieta, per permettere al palato di abituarsi ai nuovi sapori; • il maggior costo del prodotto potrebbe scoraggiarne l’acquisto.
Fresca e integrale = qualità La pasta - sia fresca che secca, classica e non - è un prodotto altamente strategico per la ristorazione: grazie alla sua versatilità per formati e abbi-
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namenti, consente una facile variazione dei menù, una buona resa nel piatto e un’interessante marginalità. Negli ultimi anni anche la ristorazione collettiva e commerciale si è avvicinata all’integrale perché risponde perfettamente alle esigenze di chi fa cucina espressa. Proprio per l’elevato contenuto proteico, infatti, consente un’ottima maglia glutinica, garantendo una cottura sempre al dente. Inoltre, cuoce in minor tempo e assicura l’efficienza del servizio: come dire, pasta fresca integrale sinonimo di qualità. A testimoniarlo sono gli ottimi risultati registrati testando la pasta fresca integrale nelle cucine degli autogrill di Sarni Ristorazione, leader nel settore della ristorazione autostradale e nei centri commerciali. Con queste proposte il Gruppo Sarni soddisfa la clientela desiderosa - anche in viaggio - di scegliere un’alimentazione sana, equilibrata e che si ispira ai valori della dieta mediterranea. L’estate scorsa, Autogrill ha presentato, in uno dei punti vendita autostradali più iconici (Villoresi Est, sulla Milano-Laghi nei pressi di Lainate), le insalate di pasta integrale con verdure 100% Orogel. Due piatti “summer edition” firmati da Marco Bianchi, food mentor e divulgatore scientifico per Fondazione Veronesi: le casarecce integrali e le mafaldine integrali, proposte fino a metà settembre in tutti i punti Ciao presenti in Italia. Le prime, pensate anche per i vegetariani, con melanzane grigliate, pomodorini semidry, feta, capperi e origano; le seconde, per assecondare anche i gusti dei vegani, con polpettine di ortaggi e legumi, soia edamame, pomodorini semidry e mandorle. Per l’occasione, lo chef, oggi volto di Granoro, spiegava: «Mangiare fuori casa senza rinunciare al benessere è possibile, per questo ho creato due piatti unici con verdure 100% italiane, ricchi di colore e di bontà, per una sosta piena di gusto e salute». A dimostrazione che, in ultima analisi, il successo della pasta integrale è riuscire a coniugare un buon prodotto con strategie di marketing e di comunicazione mirate, puntando sui valori aggiunti dei cibi meno raffinati. Claudia Oriente Fatica
PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
Legislazione
a cura della Redazione
Entro maggio 2021 saranno in vigore le nuove disposizioni contro le pratiche commerciali sleali
N
ella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è stata pubblicata la Direttiva L. 111 (Ue) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare. La direttiva definisce un elenco minimo di pratiche commerciali sleali vietate nelle relazioni tra acquirenti e fornitori lungo la filiera agricola e alimentare, stabilendo norme minime sull’applicazione di tali divieti, nonché disposizioni per il coordinamento tra le autorità di con-
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trasto. La direttiva è entrata in vigore il 30 aprile. Entro il 1° maggio 2021 gli Stati membri dovranno adottare e pubblicare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi. Tali misure dovranno essere immediatamente comunicate alla Commissione europea e applicate entro il 1° novembre 2021. È inoltre prevista, entro settembre 2021, la pubblicazione di un rapporto intermedio sullo stato di trasposizione legislativa e, ad aprile 2025, verrà eseguita la prima valutazione degli effetti.
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Legislazione
• i pagamenti per il deterioramento o la perdita dei prodotti avvenuta nella propria sede, a meno che ciò non sia dovuto alla negligenza dei fornitori; • il rifiuto dell’acquirente di firmare un contratto scritto con il fornitore; • l’uso improprio di informazioni riservate; • le minacce di ritorsioni contro i fornitori che vogliono presentare denuncia alle autorità di contrasto di cui all’articolo 4 della stessa Direttiva; Sono poi proibite altre pratiche, come la restituzione dei prodotti invenduti al fornitore senza pagarli, l’obbligo per i fornitori di pagare per la pubblicità dei prodotti, l’addebito ai fornitori dei costi di stoccaggio o della quotazione dei prodotti, l’imposizione di costi di sconti al fornitore. Inoltre, anche le spese pubblicitarie passive saranno vietate, a meno di non essere state concordate preventivamente nel contratto di fornitura.
Ambito di applicazione
Denunce e riservatezza
Secondo l’articolo 1 della Direttiva Ue, le nuove norme proteggeranno i piccoli e medi fornitori con un fatturato annuo inferiore a 350 milioni di euro, che saranno suddivisi in cinque sottocategorie (fatturato inferiore a 2 milioni di euro, 10 milioni di euro, 50 milioni di euro, 150 milioni di euro e 350 milioni di euro), con la protezione più ampia per i più piccoli. L’articolo 3 elenca le pratiche commerciali sleali. Tra queste: • i ritardi nei pagamenti (oltre i 60 giorni per tutti i prodotti agroalimentari non deperibili) per i prodotti consegnati; • le cancellazioni unilaterali tardive o modifiche retroattive dell’ordine; • la richiesta di pagamenti non connessi alla vendita dei prodotti agricoli o alimentari del produttore;
Secondo l’articolo 5, i fornitori di prodotti alimentari potranno presentare reclami nel luogo in cui si trovano, anche se il commercio sleale si è verificato in altre parti dell’Ue. Le autorità nazionali preposte all’applicazione della normativa tratteranno i reclami e condurranno le indagini. Si richiede agli Stati membri di garantire che le autorità di controllo adottino le misure necessarie per la tutela della riservatezza del denunciante. L’articolo 7 stabilisce, invece, che gli Stati membri possono promuovere l’uso della mediazione per la risoluzione delle dispute tra le parti. Inoltre, possono mantenere o introdurre norme nazionali più rigorose rispetto a quelle previste nella Direttiva, a condizione che siano compatibili con quelle relative al funzionamento del mercato interno. La Redazione
Per il testo completo della Direttiva (Ue) 2019/633 si rimanda al link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019L0633&from=FR
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Le aziende informano
Le caramelle verdi che raccontano la Lombardia a cura di Molino Dallagiovanna
I
l casoncello è una pasta ripiena tipica della Lombardia, dalla inconfondibile forma a mezza luna. Probabilmente prende il nome dal tipo di ripieno; infatti, secondo le teorie più accreditate deriva dalla parola latina caseus, che significa formaggio. La ricetta dei casoncelli varia di località in località e di famiglia in famiglia. Si tratta di un piatto ricco di sapore e di tradizione, che può essere preparato in casa e fa scoprire tutto il gusto della storia culinaria del territorio lombardo. Il Mastro pastaio Walter Zanoni ha interpretato il casoncello nella variante a caramella, con una delicata pasta all’uovo verde agli spinaci. Zanoni ha una passione per la pasta fatta a mano e le sue preparazioni valorizzano la cucina del territorio con un occhio di riguardo alla dieta mediterranea. Da anni collabora con Molino Dallagiovanna come consulente sulle tecniche di lavorazione della pasta, proprio perché seleziona con cura le materie prime per esaltare la naturalezza e la freschezza degli alimenti pri-
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Il Maestro Walter Zanoni
mari, assoluti protagonisti di ogni sua pietanza. Per questa ricetta ha selezionato la linea di farina Triplozero. La Triplozero è bianchissima (sotto lo 0.40 di ceneri), in grado di esaltare il colore giallo della pasta all’uovo senza ingrigire e permette di mantenere un’idratazione ottimale durante la lavorazione, rendendola ideale nella produzione di pasta fresca anche ripiena. La sfoglia che si ottiene è morbida, elastica, vellutata; non secca, garantendo giunzioni perfette e, al contempo, velocità e tenuta in cottura. Per condire i casoncelli Zanoni ha pensato di abbinare il sapore delle nocciole a una gustosa crema di foie gras e polvere di funghi porcini.
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Le aziende informano
Caramelle verdi al burro e nocciole con formaggio silter, crema di foie gras e polvere di funghi porcini Ingredienti per la pasta all’uovo verde agli spinaci (1 ricetta/1,5 kg al 50%) • 500 g di farina tipo 00 La Triplozero Molino Dallagiovanna • 195 g di uova intere • 60 g di spinaci • 6 g di sale fino Scottare gli spinaci al microonde per qualche secondo. Strizzarli e mescolarli alle uova con un frullatore ad immersione per sminuzzare finemente il vegetale. Mettere la farina in macchina e versare a filo le uova con gli spinaci. Impastare fino a che l’impasto non è liscio. Lasciarlo riposare coperto per almeno dieci minuti prima di iniziare a sfogliare. Per 4 porzioni serviranno 300 g di pasta. Ingredienti per il ripieno • 400 g di ricotta vaccina magra • 150 g di formaggio silter grattuggiato • q.b di pepe selvatico del madagascar Ingredienti per il condimento e guarnizione • 40 g di burro di nocciola liquido • 20 g di nocciole sgusciate tostate a pezzi • 2 g di funghi porcini in polvere Ingredienti per la crema • 100 g di fegato grasso d’anatra in torcione • 20 g di panna fresca al 35% mg Formare la farcia mescolando la ricotta con il formaggio. Sfogliare la pasta e formare le caramelle. Per la crema, fare intiepidire la panna e stemperare il fegato grasso. Cuocere le caramelle in abbondante acqua salata. Condire con burro e nocciole. Servire con la crema di fegato grasso e la polvere di funghi.
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Le aziende informano
Una pasta sempre al passo con i tempi a cura di Storci
Franco Antoniazzi, professore di Tecnologia alimentare all’Università di Parma, riflette sui nuovi trend del mercato della pasta e ci spiega perché piace in tutto il mondo. Lo abbiamo incontrato in Egitto, al convegno sulla pasta organizzato da Storci (“Storci convention in Egypt for pasta technology”). La pasta e i piatti in cui è presente sono in forte aumento in tutto il mondo - sostiene Antoniazzi - per le sue caratteristiche: sapore tipico, prodotto a lunghissima conservazione, preparazione semplice e
rapida. Bisogna però considerare che in alcuni Paesi sono presenti prodotti maturi, che vanno incontro a un calo fisiologico, per cui è fondamentale per le aziende del settore diversificare l’offerta (Grafico). Ci stiamo spostando verso prodotti vegetali e da qui il diffondersi anche di paste verdi con spinaci e di paste rosse con pomodori, oltre che di pasta di legumi al 100%, ricca di proteine (a base di lenticchie rosse, piselli, ceci, fave, lupini). Rientrano in questa fascia di prodotto anche le paste funzionali che, con l’aggiunta di alcuni ingredienti, possono migliorare lo stato di benessere del consumatore. Un ulteriore sviluppo è costituito dai prodotti per bambini: formati più piccoli o che rappresentano numeri e animali.
Grafico
Ciclo di vita dei prodotti a base di pasta Lasagne
Pasta corta Spaghetti
Cannelloni
Pasta integrale Pasta per bambini Pasta al sapore di pomodoro, spinacio… Gluten free
Lancio
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Crescita
Maturità
Declino o rivitalizzazione
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Le aziende informano
Quando il ripieno fa la sua parte a cura di Molino Pasini
I suggerimenti del Maestro Danilo Curotto tratti dalla rubrica “Il tecnico risponde” di Molino Pasini, nata per offrire la giusta soluzione alle problematiche più frequenti legate al mondo della pasta fresca e ripiena. I ravioli che si aprono in cottura sono uno dei “piccoli incubi” del pastaio che, normalmente, cerca un colpevole individuandolo nella farina o nella macchina formatrice. Questi due “imputati” rappresentano, insieme, forse il 2% del totale dei casi; il restante 98% trova la sua spiegazione nel ripieno del raviolo. È vero che un’eccessiva rigidità della sfoglia, unita a una performance non perfetta dello stampo formatore della raviolatrice, può causare un’imperfetta sigillatura dei ravioli; ma lo è altrettanto, e molto più importante, la parte grassa del ripieno, in particolare quello a doppia sfoglia. Infatti, nei punti di contatto fra sfoglia e ripieno, che viene distribuito in continuo sotto la pressione del pistone, rimane un leggero strato di farcia che, se troppo grassa, favorisce l’apertura del raviolo facendolo risultare difettoso; ma non su tutti i quattro lati, bensì sui due opposti, mentre gli altri due (non interessati dalla presenza del ripieno) rimarranno perfettamente saldati. Una sfoglia troppo rigida, cioè poco elastica, non è in grado di contenere molto ripieno e il raviolo apparirà “vuoto”. Se andiamo a forzare il riempimento si verificherà una rottura o una smagliatura superficiale del raviolo, che si aprirà a con-
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Il Maestro Danilo Curotto
tatto con l’acqua bollente. Discorso diverso per i ravioli a sfoglia singola o a sacchetto: il sistema ad aste fa sì che il riempimento non tocchi i marciapiedi laterali, ma un’ottima elasticità della sfoglia è essenziale per la realizzazione della corretta pinzatura. Il Molino online In caso di dubbi, Molino Pasini ricorda ai professionisti che utilizzano le sue farine il servizio online dedicato: in questo spazio gli esperti possono far conoscere le loro esperienze, mettendo a disposizione il proprio know-how. Perché da ogni difficoltà che si incontra si impara qualcosa e la condivisione è la base imprescindibile per crescere e migliorare. Per usufruire del servizio basta inviare una e-mail a: pastafresca@molinopasini.com
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MOLINO PASINI
CHE GNOCCHI! Molino Pasini ti facilita la vita in cucina a cura di Molino Pasini / Foto di Stefania Giorgi
Un piatto della tradizione
Indicato per una
È proposto anche nella
non deve richiedere per
produzione a freddo,
versione con farina
forza una lunga
questo preparato è ideale
integrale: perfetto sia per
preparazione: con i giusti
per lavorazioni sia
lavorazioni artigianali che
alleati anche gli gnocchi
professionali che
completamente
sono facili e veloci da
artigianali, preferibilmente
meccaniche, in questa
cucinare, per un prezioso
automatiche o
versione consente di
primo piatto che stupisce i
semiautomatiche. La
ottenere uno gnocco
commensali.
qualità superiore e il
consistente, scuro e dal
È proprio per questo che
dosaggio ottimale degli
caratteristico profumo e
abbiamo studiato il
ingredienti conferiscono
sapore integrale.
preparato per la
agli gnocchi una perfetta
Non contenendo né uova
produzione di gnocchi,
tenacità e resistenza.
né latte, è ideale per chi
una delle “chicche” di
Disponibile in confezioni da
segue un’alimentazione
Molino Pasini. Un vero e
1 e 10 kg, si può acquistare
vegetariana o vegana.
proprio must, ideale per
nello shop online o
Provateli con le ricette
un risultato di grande
attraverso i distributori di
suggerite dal nostro
livello con il minino sforzo.
Molino Pasini.
mugnaio!
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Gnocchi alla pera, radicchio tardivo e zenzero Ingredienti per gli gnocchi (4 persone) • 500 g di Preparato per Gnocchi C-Catering Molino Pasini • 625 ml di acqua fredda • semolino di riso q.b. Versare il Preparato per Gnocchi nell’acqua e impastare (con spirale, tuffante o planetaria) al massimo per due minuti. Lasciare riposare alcuni minuti, quindi porre l’impasto nella gnoccatrice e sfarinare gli gnocchi con semolino di riso. Cuocere gli gnocchi in acqua salata e bollente per circa 5 minuti, o fino all’affiorare degli stessi. Ingredienti per il burro bianco • 200 ml di acqua • 80 g di burro bianco • 2 g di aceto di vino bianco • 2 g di zenzero grattato • 2 g di sale fino • 2 g di maizena diluita in acqua fredda Portare l’acqua a bollore con il sale e l’aceto, legare con la maizena, togliere dal fuoco ed unire il burro e lo zenzero. Frullare con il frullatore ad immersione e filtrare. Tenere al caldo. Ingredienti per la pera • 1 pera sbucciata e tagliata in cubetti di 1/2 centrimetro • 15 g di zucchero In una padella far caramellare lo zucchero, unire la pera e far cuocere per circa 3 minuti. Togliere dal fuoco e tenere da parte. Ingredienti per la finitura • 15 g di punte di radicchio tardivo lavate e pulite • 5 g di pera cruda tagliata a lamelle sottili Disporre la salsa al centro dei piatti, poi aggiungere gli gnocchi, la pera cotta e cruda ed infine le punte di radicchio.
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Agenda
Parma 6-9 SETTEMBRE 2019
Parigi (Francia) 20-22 OTTOBRE 2019
SANA
NATEXPO
SALONE INTERNAZIONALE DEL BIOLOGICO E DEL NATURALE www.sana.it
SALONE INTERNAZIONALE DEI PRODOTTI BIOLOGICI www.natexpo.com
Las Vegas (Usa) 8-11 SETTEMBRE 2019
IBIE SALONE INTERNAZIONALE DEI PRODOTTI DA FORNO www.ibie2019.com
Parma 22-25 OTTOBRE 2019
CIBUS TEC SALONE INTERNAZIONALE DELLE TECNOLOGIE PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE E DELLE BEVANDE www.cibustec.it
New Delhi (India)
Shanghai (Cina)
13-15 SETTEMBRE 2019
23-26 OTTOBRE 2019
ANUTEC
E-PACK TECH
SALONE INTERNAZIONALE DELLE TECNOLOGIE PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE E DELLE BEVANDE www.foodtecindia.com
SALONE INTERNAZIONALE DELLE TECNOLOGIE E DEL PACKAGING PER IL MERCATO DELL’E-COMMERCE www.ipackima.com
Mosca (Russia) 24-27 SETTEMBRE 2019
WORLDFOOD MOSCOW SALONE INTERNAZIONALE DEI PRODOTTI ALIMENTARI E DELLE BEVANDE www.world-food.ru Colonia (Germania) 5-9 OTTOBRE 2019
ANUGA SALONE INTERNAZIONALE DEL FOOD & BEVERAGE www.anuga.com
Dubai (Emirati Arabi Uniti) 29-31 OTTOBRE 2019
GULFOOD MANUFACTURING SALONE INTERNAZIONALE DELLE TECNOLOGIE PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE E DELLE BEVANDE www.gulfoodmanufacturing.com Rimini 16-19 NOVEMBRE 2019
FOOD NOVA SALONE INTERNAZIONALE DEI NUOVI ALIMENTI www.foodnova.eu Lecce
Milano 18-22 OTTOBRE 2019
HOST SALONE INTERNAZIONALE DELLA RISTORAZIONE E DELL’OSPITALITÀ www.host.fieramilano.it
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17-19 NOVEMBRE 2019
GUSTUS SALONE PROFESSIONALE DELL’AGROALIMENTARE, ENOGASTRONOMIA E TECNOLOGIA www.gustusnapoli.com PASTA&PASTAI 165 GIUGNO/LUGLIO 2019
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