
D i s t r e t t i a g r o a l i m e n t a r i i t a l i a n i :
c r e s c e l ’ e x p o r t n e l 2 0 2 4
L a p a s t a d i f a r r o
c r e s c e n e i c o n s u m i d e g l i i t a l i a n i

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c r e s c e n e i c o n s u m i d e g l i i t a l i a n i
Pasta&Pastai n. 208
ANNO XXX - MARZO/APRILE 2025
Direttore responsabile
Claudio Vercellone
Coordinatore tecnico scientifico
Mia Marchini
PhD in Scienze degli alimenti
Comitato tecnico e scientifico
Alfio Amato
Alimentazione e salute
Andrea Bresciani
Unimi - Scienze e tecnologie alimentari
Alessandra Marti
Unimi - Scienze e tecnologie di cereali, pseudocereali e leguminose
Luigi Pelliccia
Responsabile Ufficio Studi e Mercato di Federalimentare
Roberto Ranieri
Innovazione e tecnologia settore agroalimentare
Redazione
Lorenzo Bellei Mussini
ufficiostampa@avenue-media.eu 051 6564337
Pubblicità
Paola Zerbini
pizeta@avenue-media.eu 051 6564348 - 339 2381497
In questo numero
G. Gonizzi, M. Marchini,
R.M. Vitulano
Foto di copertina Avenue media
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Rivista chiusa a aprile 2025
EDITORIALE
Quale futuro per il Made in Italy?
a cura della Redazione
ECONOMIA AGROALIMENTARE Le esportazioni dei distretti agroalimentari italiani nel 2024
di Rosa Maria Vitulano
INTERVISTA
Pasta di farro: una produzione in costante crescita ................................... 18 di Mia Marchini
PASTA MUSEUM
La spronella: strumento senza tempo 32 di Giancarlo Gonizzi
TAVOLA ROTONDA
pasta italiana tra dazi, AI e sostenibilità: il sistema si organizza per affrontare il futuro
a cura dell’Ufficio Stampa Fondazione Vincenzo Agnesi
Gli autori sono pienamente responsabili degli articoli pubblicati che la Redazione ha vagliato e analizzato. Ciò nonostante, errori, inesattezze e omissioni sono sempre possibili. Avenue media, pertanto, declina ogni responsabilità per errori e omissioni eventualmente presenti nelle pagine della rivista.
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Edizione, direzione, redazione, pubblicità e amministrazione Avenue media srl
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Studio grafico Morena Morini
Registrazione N. 8297 del 27 febbraio 2013 del Tribunale di Bologna
Rivista fondata a Parma nel 1995
Le misure daziarie stabilite dall’amministrazione Usa preoccupano i pastai italiani
Sul futuro del Made in Italy pesa l’incertezza determinata dalle misure daziarie stabilite
dall’Amministrazione americana, nonostante la sospensione di 90 giorni annunciata nelle ultime settimane per i dazi cosiddetti “reciproci”, che comunque tiene fermo il dazio aggiuntivo di base del 10% fino alla scadenza del termine dei 90 gg. Certamente si confida non solo nell’azione diplomatica dell’Unione europea per una positiva composizione della vicenda, ma anche nel ruolo incisivo che sta svolgendo la presidente del Consiglio dei Ministri per scongiurare contromisure Ue che potrebbero rivelarsi per le imprese italiane tanto dannose quanto le misure stesse. La preoccupazione maggiore è quella legata alle variazioni dei mercati finanziari mondiali che rischia di travasarsi sull’economia reale, imprese e consumatori, rallentando i consumi a livello globale, in un contesto in cui il mercato interno ha iniziato a flettere da inizio anno. La situazione non può che interessare anche l’intero settore
pastaio, come riferisce Luigi Cristiano Laurenza, segretario generale dei pastai di Unione Italiana Food. “Gli Usa sono un mercato di sbocco fondamentale per il nostro export. Tanto che noi vi esportiamo il 14,5% del totale export dei vari paesi del mondo; oltretutto gli usa insieme alla Germania, Francia e Regno Unito sono il principale mercato di sbocco per l’alimentare italiano. Oggi l’Italia produce 4 milioni di tonnellate di pasta, pari a 8 miliardi di euro di fatturato. All’estero finiscono 2,3 milioni di tonnellate, di cui il 65% in Europa e il restante 35% fuori. In questo 35%, in particolare, ci sono quasi 250mila tonnellate destinate alle tavole statunitensi, che potrebbero essere penalizzate proprio dai dazi. Attualmente c’è un 10% di dazi, oltre a quelli countervailing (compensativi) e antidumping. I primi si basano sulle presunte sovvenzioni che le nostre aziende riceverebbero direttamente o indirettamente dallo stato. Gli altri - antidumping - sono una misura di difesa commerciale che gli Usa utilizzano per pro-
teggere il mercato interno dall’importazione di merci a basso costo. Ovviamente si tratta dazi che noi contestiamo perché di sussidi non ne riceviamo così come non facciamo dumping. Però, ora, aggiungere a questi altri dazi sarebbe problematico soprattutto per un settore che ha una marginalità veramente ridotta, quindi non c’è proprio possibilità di assorbirli. Ogni anno vi è un conteggio che porta all’applicazione di dazi che attualmente sono al 6% ai quali appunto si applicano quelli al 10% di questi novanta giorni. Occorre capire se, dopo questo periodo, i dazi saliranno al 20% portando quindi il tutto a 26%.
Ma la preoccupazione è forte anche in merito alle potenziali contromisure che l’Ue potrebbe applicare contro gli USA. Si pensi infatti all’importazione del grano, da cui la nostra industria si approvvigiona, (peraltro si tratta di un grano duro di ottima qualità).
Eventuali contromisure Ue potrebbero causare un danno perché non solo il grano duro avrebbe un costo più elevato ma rischierebbe di influenzare il prezzo del frumento globale (canadese, francese, italiano ecc.).
È quindi normale che in questo scenario vi sia preoccupazione per le intese; al tempo stesso, lasciamo alla politica il compito di gestirle. Il tema dei dazi è comunque trasversale. Riguarda tutti i prodotti ed è per questo che stiamo lavorando con tutte le componenti del sistema confindustriale in gruppi di lavoro per cercare di coordinare la nostra azione al meglio. Insomma, dietro la parola dazio si cela una complessità assai strutturata. Tutta la filiera è impli-
cata: mondo agricolo, imballaggi, trasporti, produttori di macchinari. Sono vari gli interessi in gioco in un mercato così importante e impattante come gli Stati Uniti. E non c’è distinzione, perché dazi hanno un effetto anche su quelle aziende italiane di pasta che producono negli Usa e che però esportano al contempo!”.
La preoccupazione emerge netta anche dalle parole di Mario Piccialuti, direttore generale di Unione Italiana Food, il quale ha voluto peraltro rimarcare quanto l’elemento “incertezza” possa avere importanti ripercussioni per l’intero settore: “come tutto il settore alimentare, siamo preoccupati per la decisione del Governo americano di porre dei dazi commerciali sui prodotti italiani. Allo sconcerto della decisione, si aggiunge un’incertezza, pressoché totale, sulle effettive tariffe che saranno applicate, punto che al momento presenta molti profili di dubbio. In quanto alla possibilità di contromisure daziarie Ue, non entriamo nel merito delle relazioni di natura politica che spingono a tutelare le ragioni dei paesi europei ma ci aspettiamo che, a beneficio di ogni paese dell’Unione europea, si instauri una trattativa che porti alle migliori condizioni possibili per l’export dei nostri prodotti negli Stati Uniti, Paese che per vocazione ama i nostri alimenti ed è tra i più rilevanti a livello globale. Attendiamo quindi, con la massima attenzione, gli sviluppi di un auspicabile dialogo tra tutte le istituzioni coinvolte”.
La Redazione
Granoro è pronta per essere tra i protagonisti di Tuttofood, in programma a Milano dal 5 all’8 maggio. A questo importante appuntamento l’azienda si presenta forte di un percorso improntato alla sostenibilità e allo sviluppo di nuovi prodotti, frutto di innovazione e ricerca per offrire ai consumatori il meglio della produzione pastaria 100% Made in Puglia. Una gamma rappresentata dalla Linea premium “Dedicato”, la pasta che racconta la Puglia più autentica, nata dalla selezione accurata di grano tra le 130 varietà di alta qualità esistenti in Puglia, senza pesticidi né glifosato. “Tuttofood rappresenta da sempre - spiega l’Amministratore Delegato Granoro Marina Mastromauro - un’utile opportunità per conoscere nuove realtà e per lo scambio di idee e nuove conoscenze, così come la possibilità di avviare nuove sinergie».
Tra le novità presentate da Pasta Armando a Tuttofood ci sarà la nuova linea di Pasta Integrale biologica. Prodotta con semola di grano duro 100% italiano e trafilata al bronzo per garantire una superficie ruvida che trattiene meglio i sughi, è una linea di pasta integrale biologica ad alto contenuto di fibre. La macinazione integrale preserva tutti i nutrienti del grano e dona alla pasta un sapore pieno e intenso, in grado di soddisfare chi cerca un’alimentazione sana e gustosa. Accanto a questa introduzione, si parlerà dell’altra novità di Pasta Armando presentata quest’anno, ovvero la Pasta Mista Il Remix. Sviluppata in collaborazione con Chef Alessandro Borghese, si tratta di una pasta che rende omaggio a uno dei formati di pasta più iconici della nostra tradizione, da sempre usata per recuperare e valorizzare quanto rimasto in dispensa.
Koch, azienda altoatesina specializzata nella produzione di pasta e prodotti surgelati, presenta la sua ultima novità: la Pasta all’uovo surgelata da 500g. Realizzata con ingredienti selezionati di alta qualità - semola di grano duro, uova pastorizzate, acqua e sale iodato - è completamente priva di conservanti e additivi. Per garantire un gusto autentico e preservarne freschezza e qualità, i fogli di pasta vengono precotti e immediatamente surgelati dopo la preparazione. Facile da utilizzare: basta scongelarla a temperatura ambiente per circa un’ora, ed è pronta all’uso, senza necessità di pre-cottura. Ideale per preparare lasagne, cannelloni, fagottini e molte altre specialità. La Pasta all’uovo surgelata Koch, nel pratico formato da 500 g, è disponibile in tre varianti: Classica, Integrale, Verde, colorata naturalmente grazie all’aggiunta di spinaci.
Il nuovo prodotto del Pastificio Artusi celebra la storia e l’identità veneta in un connubio di sapori antichi e narrazione contemporanea: i “Ravioli del Doge”, con ripieno di baccalà e polenta bianca di mais biancoperla (Prodotto Agroalimentare Tradizionale italiano). Lanciati simbolicamente il 25 aprile, giorno di San Marco, patrono di Venezia, i “Ravioli del Doge” sono un omaggio culinario alla storia millenaria della Serenissima, alla sua vocazione mercantile e ai sapori identitari che ancora oggi uniscono il Veneto al mondo. Il cuore dei Ravioli è il baccalà, preparato secondo la ricetta veneta, e impreziosito da una delicata crema di polenta bianca biancoperla, presidio Slow Food e fiore all’occhiello dell’agricoltura locale.
L’assemblea dei soci di Nomisma S.p.A. riunitasi il 17 aprile ha preso atto delle dimissioni del presidente Maurizio Marchesini e ha nominato al suo posto Paolo De Castro. Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (1998-2001 e 2006-2008) in tre governi e due legislature nonché parlamentare europeo, membro della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale di cui è stato presidente per cinque anni (2019-2024), De Castro aveva già assunto la presidenza di Nomisma dal 2001 al 2004 mentre negli ultimi anni è stato membro del Consiglio di Amministrazione e ha ricoperto il ruolo di presidente del Comitato Scientifico. “Accolgo questo incarico con grande orgoglio e senso di responsabilità”, commenta De Castro, “con l’obiettivo di portare un contributo concreto in termini di competenze, esperienza e relazioni che metterò a servizio della società”.
Lo scorso 3 aprile a Roma si è tenuta la premiazione dei vincitori del concorso legato al tema “Io sono pasta”, scelto in linea con la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco. Oltre 600 gli elaborati ricevuti da studenti, giornalisti e artisti, che hanno raccontato la pasta come metafora di identità, condivisione e linguaggio universale. Tra i premiati, Alice Bettolo, artista bellunese, vincitrice del primo premio nella sezione videoclip con l’opera “Clandestina - Un progetto di cucina nomade”. Un video toccante e originale che racconta il viaggio autobiografico di una donna alla ricerca di sé attraverso il mondo, con una macchina per fare la pasta fresca come compagna e strumento di connessione. In questa narrazione, la pasta si fa veicolo di relazioni umane, di scambio interculturale, di insegnamento e di riscoperta del proprio centro.
Barilla apre le porte della sua “Città della pasta” a Pedrignano (Pr) per ospitare una live visit in collaborazione con il partner Transporeon - società di Trimble. A dare il benvenuto agli ospiti nella sala conferenze “Ringo” è stato Roberto Magnani, Vice President Logistics di Barilla Group, che ha anche introdotto gli interventi di Gianluigi Mason - Logistic Italy Director Barilla Group - e di Davide BusatoLogistics Systems and Processes Ass. Manager. La mattinata è poi proseguita con la visita del sito di Pedrignano, il più grande magazzino automatizzato del mondo nel settore alimentare, con una superficie complessiva di 60.000 m². L’inizio della partnership tra il colosso del settore alimentare e la piattaforma di gestione dei trasporti risale al 2014 quando Barilla ha riorganizzato i propri asset logistici e di conseguenza trasformato l’intera gestione delle operazioni.
Secondo i dati dell’Osservatorio sui consumi alimentari Ismea-NielsenIQ, nel 2024 il carrello della spesa per i prodotti alimentari da consumare in casa è costato agli italiani lo 0,9% in più rispetto al 2023. Nel quarto trimestre dell’anno i prodotti del “largo consumo confezionato” hanno fatto registrare una crescita dei fatturati nei canali retail di circa il 3%, grazie alla ripresa dei volumi e a un progressivo rientro del fenomeno inflattivo. La dinamica dei volumi nel carrello differisce tra i vari comparti: ritrovano slancio ortofrutta e bevande, mentre si riducono i prodotti proteici di origine animale (in controtendenza solo le uova). Crescono gli acquisti in volume dei prodotti legati a salute e benessere, e di quelli con tempi di preparazione ridotti (per esempio, zuppe e piatti pronti).
In tale quadro si segnala la crescita delle economie emergenti come nuove destinazioni per l’export italiano
La ricca e variegata tradizione agro-alimentare italiana ha portato alla formazione di numerose realtà locali caratterizzate dalla presenza di prodotti tipici. Allo scopo di rappresentare queste realtà locali, Intesa Sanpaolo ha identificato oltre 50 distretti agro-alimentari, ovvero zone geografiche specializzate nella coltivazione e nella trasformazione di prodotti agricoli e alimentari. Questi distretti sono caratterizzati da una buona propensione all’export e risultano distribuiti lungo tutto lo Stivale.
La Redazione
Non si arresta la crescita sui mercati esteri dei distretti agroalimentari che nel 2024, registrano un incremento del 7,1% rispetto al 2023 ( Tabella 1 ), mentre gli altri distretti manifatturieri mostrano una battuta d’arresto (-0,4% tendenziale). L’evoluzione è in linea con il totale agro-alimentare italiano (+8,3%), di cui i distretti rappresentano il 42% in
termini di valori esportati. La filiera dei distretti vitivinicoli mantiene un buon andamento nel quarto trimestre (+2,9% tendenziale) e porta il risultato cumulato del periodo gennaio-dicembre a superare i 6,7 miliardi, il 4% in più rispetto al 2023. Il distretto principale, quello dei Vini di Langhe, Roero e Monferrato, arretra leggermente nel 2024 (-1,7%); molto positiva invece la dinamica per i Vini del Veronese
(+9,2%), per i Vini dei colli fiorentini e senesi (+9,8% tendenziale) e per il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene (+7,3%). La vendemmia 2024 si prospetta più favorevole rispetto al 2023 in termini di quantità prodotte a livello nazionale, con un incremento del 7% (sebbene sia inferiore di circa il 14% rispetto alla media dei cinque anni precedenti).
Pasta e dolci
Anche la filiera della pasta e dolci continua il suo percorso di crescita sui mercati internazionali: nel 2024 realizza oltre 5 miliardi di export (+7,8%). Tra i distretti della filiera, il contributo maggiore va attribuito ai Dolci di Alba e Cuneo, che realizza oltre 2,1 miliardi di export nel 2024, ossia 303 milioni in più rispetto al 2023 (+16,5%), di cui 96 milioni in più in Germania (+68,5%), 62 milioni in Francia (+16,8%) e 58 milioni in Polonia (+71%). Bene anche i Dolci e pasta veronesi (+12,6%) con crescite
a doppia cifra in Germania (+20,6%), Stati Uniti (+18,4%) e Paesi Bassi (+32,6%). Recupera nel quarto trimestre (+5,1% tendenziale) il comparto pasta e dolci dell’Alimentare di Parma: nel 2024 il
1
Le esportazioni dei distretti agro-alimentari monitorati da Intesa Sanpaolo per filiera Esportazioni2024Variazione%tendenziale (milioni dieuro)Peso%Differenzavs.202320241trim20242trim20243trim20244trim2024
Totaledistrettiagro-alimentari28.643100,01.9067,17,36,99,25,4
Vini 6.71923,52604,04,91,17,72,9
Pasta e dolci 5.02817,63667,84,27,910,58,5 Agricoli 4.13314,41854,71,26,110,43,0
Conserve 3.14211,01063,58,12,83,9-0,7
Carne e salumi 2.6759,31405,56,90,72,612,0
Lattiero-caseario 2.5318,81466,12,25,77,79,0
Caffè 1.5815,51379,56,810,711,19,2
Olio 1.9556,856740,965,053,639,311,6
Riso 7582,6-13-1,7-1,74,5-3,9-5,8
Prodotti ittici 1220,41210,821,36,67,98,5
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Istat
risultato complessivo è leggermente negativo (0,9%), a causa soprattutto della dinamica sui mercati australiano (-32,6%) e tedesco (-5,6%) solo in parte compensati dal mercato statunitense (+35%).
Positivi nel 2024 anche la Pasta di Fara (+8,5%) e il comparto pasta dell’Olio e pasta del barese (+9,5%), mentre il comparto pasta e dolci dell’Alimentare di Avellino accelera nel quarto trimestre (+13,4), ma resta ancora negativo nel complesso dell’anno (-1,9%). In calo anche il comparto pasta e dolci dell’Alimentare napoletano (-4,5% nel 2024).
I distretti agricoli e le altre filiere
Bene nel quarto trimestre la filiera dei distretti agri-
coli: +3% tendenziale, realizzando nel complesso del 2024 oltre 4,1 miliardi di export (+4,7% rispetto al 2023). Il maggior contributo viene dal distretto delle Mele dell’Alto Adige, che realizza un balzo del 18,9%, grazie al traino dei due principali mercati di destinazione, quello tedesco e quello spagnolo (entrambi +21,7%).
In forte recupero, nel quarto trimestre, l’Ortofrutta romagnola (+23%) che si porta così nel 2024 a quota 689 milioni di euro, il 14,9% in più rispetto al 2023. Continua il calo sui mercati esteri per la Nocciola e frutta piemontese (-15,2% nel 2024). Anche la filiera delle conserve contribuisce positivamente alla dinamica dell’export dei distretti agro-alimentari, con un +3,5% nel 2024, ossia un incremento di 106 milioni rispetto al 2023. Molto positivo il comparto conserve dell’Alimentare di Parma: +12,9% nel 2024, tanto da compensare l’andamento negativo del comparto pasta e dolci (+2,9% il risultato complessivo del distretto nel 2024). Buon risultato anche per l’Alimentare napoletano (+6,5%) e per le Marmellate e succhi di frutta del Trentino-Alto Adige (+4,1%); invariate le Conserve di Nocera nel 2024, primo distretto della filiera che conferma gli stessi importi esportati nel 2023: oltre 1,5 miliardi di esportazioni. In accelerazione nell’ultimo trimestre del 2024 la filiera delle carni e salumi (+12% tendenziale) che chiude il 2024 con un incremento del
La filiera pasta e dolci nel 2024 realizza oltre 5 miliardi di export (+7,8%)
5,5%. Si distinguono le Carni di Verona (+6,3%) e i Salumi del modenese (+5,2%); incremento a due cifre per Salumi dell’Alto Adige (+13,9%). La filiera del lattiero-caseario nel complesso avanza del 6,1% nel 2024 (146 milioni di euro in più), di cui quasi 111 realizzati dal Lattiero-caseario parmense (+31%). In progresso anche l’altro distretto emiliano, il Lattiero-caseario di Reggio Emilia (+37,6 milioni, +18,9%), mentre cala leggermente il Lattiero-
caseario della Lombardia sud-orientale (-0,5%). Avanza la filiera del caffè (+9,5% nel 2024), con ottimi andamenti per tutti e tre i distretti che la compongono. Il Caffè, confetterie e cioccolato torinese realizza 894 milioni di vendite all’estero (+7,1%). Positivi anche il Caffè di Trieste (+15,5%) e il Caffè e confetterie del napoletano (+10,7%). La filiera dell’olio è quella che contribuisce maggiormente alla crescita delle esportazioni dei distretti agro-alimentari: nel 2024 vengono realizzati 567 milioni di export in più a prezzi correnti (+40,9%). Il distretto dell’Olio toscano realizza 419 milioni di incremen-
Esportazioni dei distretti della pasta e dei dolci monitorati da Intesa Sanpaolo (milioni di euro)
elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Istat
to (+43,5%). Positivo anche l’andamento dell’Olio umbro (+26,5%) e del comparto oleario dell’Olio e pasta del barese (+47,6%). La filiera del riso è l’unica che chiude in terreno leggermente negativo il 2024 (-1,7%). I due distretti che la compongono hanno un andamento similare: calo dell’1,6% per il Riso di Pavia e dell’1,7% per Riso di Vercelli. Molto positiva infine la dinamica del distretto dell’Ittico del Polesine e del Veneziano (+10,8%).
Le principali destinazioni
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Istat Buon contributo
La Germania si conferma il primo partner commerciale per i prodotti dei distretti agro-alimentari nel
2024 (+6,9%); bene anche i flussi destinati alla Francia (+4,9%), stabile il contributo del Regno Unito (+0,4%). Ma il paese verso il quale si è registrata la maggior crescita delle esportazioni distrettuali agro-alimentari sono gli Stati Uniti (+14,9%).
I dazi introdotti e parzialmente sospesi dall’amministrazione Trump ai primi di aprile del 2025 vanno a colpire ad ampio raggio molta parte della nostra produzione: tra i comparti distrettuali più esposti ci sono il vino da tavola, gli spumanti, l’olio d’oliva, pasta, derivati del latte, frutta e ortaggi lavorati/conservati. I nostri prodotti venduti negli Usa, tuttavia, sono potenzialmente meno sensibili di altri alle variazioni di prezzo che potrebbero seguire l’entrata in vigore di dazi più pesanti: si tratta, infatti, di referenze di nicchia molto apprezzate da una clientela alto-spendente, che potrebbe beneficiare dei tagli fiscali promessi da Trump. Infine, buon contributo anche dalle economie emergenti, che rappresentano il 20% del totale delle esportazioni distrettuali agro-alimentari: crescono del 7,7% nel 2024 contro un +7% delle economie avanzate. Tra queste vanno segnalate Polonia (+15,3%) e Romania (+15,2%); bene anche la Cina (+9,7%) grazie allo sprint del quarto trimestre (+16,9%).
Le esportazioni dei distretti agro-alimentari per Paese di destinazione (miliardi di euro)
Massimo Fiorani di Prometeo Srl presenta
la storia della coltura del farro e dei prodotti a essa correlati
Le cosiddette paste “alternative” a quella tradizionale di grano duro hanno avuto un’impennata nella domanda dei consumatori. Un interesse in crescita come dimostra l’escalation delle vendite di quelle che vengono definite “altre paste”, arrivate a superare i 163 milioni di euro di vendite annue. Certo, non moltissimo rispetto ai 981 milioni di euro della pasta di semola, ma tanto se si considera che questa cifra è stata raggiunta nell’arco di circa un decennio, con un ritmo di crescita lento ma inesorabile (+2,4% solo negli ultimi 12 mesi). In questa intervista, Massimo Fiorani di Prometeo Srl presenta a “Pasta&Pastai” la storia della coltura del farro e dei prodotti a essa correlati (pasta in primis), fornendo anche qualche importante precisazione.
La Redazione
Dottor Fiorani, ci chiarisca per cortesia una volta per tutte le differenze tra i tre farri, evidenziando l’attitudine alla pastificazione per tutti e tre. Sono presenti sia specie sia varietà più adatte alla pastificazione rispetto ad altre?
Domanda perfetta per iniziare: fare chiarezza su cosa siano davvero i farri è fondamentale, anche perché su questo tema regna spesso un po’ di confusione. Cercherò di essere sintetico ma preciso. I farri sono frumenti vestiti, cioè cereali del genere
Triticum che, a differenza del grano tenero e del grano duro, mantengono le glume aderenti alla cariosside dopo la trebbiatura. Questo li rende unici anche nella trasformazione, oltre che nella coltivazione. Si distinguono in tre specie principali:
Farro monococco ( Triticum monococcum ): il più antico, il vero capostipite del genere Triticum. Ha una granella tenerissima, molto interessante sotto il profilo nutrizionale, ma produce una farina non adatta per la pastificazione. Mentre è ottimo per la preparazione di prodotti da forno, dove la fragranza e la digeribilità vengono valorizzate.
Farro dicocco ( Triticum dicoccum ): è il farro per antonomasia, il più coltivato in Italia e il più adatto alla pastificazione. Il suo glutine, sebbene delicato, ha una struttura tale da garantire una buona tenuta in cottura, soprattutto se si utilizzano specifiche varietà.
Farro spelta ( Triticum spelta ): ha caratteristiche del glutine più vicine al frumento tenero, quindi si presta bene alla produzione di prodotti da forno, anche alla panificazione lievitata. È meno adatto alla produzione di pasta, pur essendo comunque trasformabile.
Attualmente in Italia sono iscritte sei varietà di dicocco al Registro Nazionale: tre provengono dal nostro lavoro di selezione genealogica, condotto recuperando e selezionando varietà locali; le altre tre sono frutto di incroci con frumenti duri moderni e sono state sviluppate dal CREA. Per la pastificazione, per esempi, Prometeo utilizza esclusivamente le proprie varietà di farro dicocco, in purezza o in miscela. La nostra esperienza sul campo ci ha permesso di selezionare le varietà migliori in funzione della resa, della stabilità agronomica e, soprattutto, dell’attitudine alla trasformazione.
La pasta al farro sta guadagnando quote di mercato. Cosa c’è alla base di questa crescita? Quello del farro resta un mercato di nicchia, ma in crescita costante. Una crescita trainata
da un cambiamento profondo nel comportamento dei consumatori. Sempre più persone si pongono domande su ciò che portano in tavola: cercano alimenti semplici, digeribili, con un profilo nutrizionale equilibrato e un’origine certa. Il farro si inserisce perfettamente in questo contesto. È scelto da chi desidera prendersi cura del proprio benessere fisico attraverso l’alimentazione, senza rinunciare al piacere del gusto. La sua maggiore digeribilità rispetto ad altri cereali, legata alla natura del glutine, incontra le esigenze di chi vuole sentirsi più leggero, più in equilibrio. Contribuisce a questa crescita anche la possibilità di raccontare una filiera agricola chiara e tracciabile, costruita su relazioni di fiducia, territori vocati e una lavorazione attenta. È un ritorno alla sostanza, in un momento in cui la qualità e l’autenticità dei prodotti stanno tornando a essere centrali nelle scelte quotidiane.
Quali possono essere gli ulteriori margini di crescita di questo segmento?
Le prospettive di crescita ci sono, e sono legate principalmente a due fattori: il costante aumento della consapevolezza alimentare da parte dei consumatori e la capacità di cambiamento da parte della filiera produttiva, che deve essere in grado di offrire un prodotto riconoscibile, affidabile, rintracciabile e realmente sostenibile.
Sempre più persone si stanno avvicinando a cereali diversi dai frumenti tradizionali. Il farro rappresenta un’opportunità per chi cerca piacevolezza, digeribilità e un profilo nutrizionale più equilibrato. Ma perché questo segmento cresca davvero, è necessario superare alcuni ostacoli: la scarsa conoscenza delle differenze tra le specie di farro, la confusione generata da un uso improprio del termine e la difficoltà, per chi trasforma, di trovare materia prima di qua lità costante. Serve un lavoro culturale e tecnico allo stesso tempo: aiutare i con-
La consapevolezza alimentare sta influendo sulla diffusione della pasta di farro
sumatori a comprendere cosa stanno acquistando e garantire, al tempo stesso, una filiera solida, che valorizzi il seme, la coltivazione e il processo di trasformazione. È qui che si giocano i margini veri. E se il settore saprà investire in chiarezza, identità e sostenibilità, allora la crescita potrà essere non solo possibile, ma duratura.
Il consumo di questa tipologia di pasta sta avendo un incremento solo in Italia o anche all’estero?
Rispondere a questa domanda in modo oggettivo non è semplice, perché la crescita nel mercato non dipende solo dalle qualità del prodotto, ma anche da scelte strategiche, organizzative e commerciali.
Per quanto ci riguarda, possiamo dire che esistono ancora ampi margini di sviluppo fuori dall’Italia e fuori dall’Europa. Finora, la diffusione del farro integrale nei mercati esteri è stata più limitata rispetto alle aspettative. Le ragioni sono diverse, ma tra le principali pos -
siamo citare il fatto che, trattandosi di un mercato di nicchia, anche la capacità di investimento in attività di marketing e comunicazione è inevitabilmente limitata. E questo, in un contesto competitivo e globalizzato, fa la differenza.
Inoltre, in molti paesi la pasta viene percepita in modo diverso rispetto all’Italia. Questo comporta una minore attenzione alle differenze tra una pasta convenzionale e un prodotto ottenuto da farro integrale. Ne deriva una maggiore difficoltà nel far comprendere i benefici legati alla digeribilità, alla qualità della farina e alla specificità della filiera. Non è semplice neppure far emergere l’identità di chi produce: trasmettere al consumatore che dietro quel prodotto c’è un’azienda specializzata esclusivamente nel farro richiede tempo, relazioni e strumenti di comunicazione mirati. Serve pazienza e coerenza: quando si riesce a far arrivare il messaggio giusto nel contesto giusto, anche il mercato estero può aprirsi a nuove opportunità.
Riesce a darci una indicazione delle tonnellate di pasta al farro prodotte in Italia, quale sia il valore totale e quanta di questa pasta venga esportata?
Del segmento “pasta integrale/farro/kamut e base legumi, nel 2024 sono stati venduti per “mercato Italia” oltre 51mila tonnellate, corrispondenti a circa 130 milioni di euro (N.d.R.). Noi, come operatori della filiera, possiamo osservare una crescita costante dell’interesse e dei volumi.
Pasta di farro da agricoltura convenzionale o da agricoltura biologica, o da entrambe?
La produzione può avvenire in entrambi i sistemi, biologico o convenzionale, ma il farro è senza dubbio una coltura che si adatta in modo naturale all’agricoltura biologica. Le sue caratteristiche agronomiche lo rendono particolarmente indicato per questo tipo di conduzione. È una pianta rustica, con una spiccata capacità
di accestimento - ovvero la formazione di numerosi culmi secondari - e una taglia elevata, che le permette di competere efficacemente con le erbe infestanti, limitando la necessità di interventi esterni. Ha inoltre basse esigenze nutrizionali, e quindi richiede un apporto molto contenuto di fertilizzanti, fattore importante nei sistemi a basso impatto ambientale. Si adatta bene a terreni marginali e a condizioni climatiche non ottimali, come quelle delle aree interne collinari e appenniniche, dove spesso le colture più esigenti faticano. In più, il fatto che sia un frumento vestito - ciò significa che le glume restano aderenti alla cariosside dopo la trebbiatura - rappresenta un vantaggio anche in fase di stoccaggio, contribuendo a proteggere la granella. Proprio per queste ragioni, oggi il farro trova una collocazione privilegiata nell’ambito dell’agricoltura biologica. Ma esistono anche produzioni convenzionali, laddove le scelte agronomiche o territoriali lo richiedano. Entrambe le filiere, se gestite con rigore, possono portare a un prodotto finale di qualità.
Ci racconti le origini e la filiera Prometeo. Prometeo nasce nel 1991 a Urbino, in un territorio dove l’agricoltura ha sempre avuto un legame forte con la storia e con l’identità culturale. L’idea da cui tutto ha preso avvio è stata semplice e rivoluzionaria allo stesso tempo: recuperare il farro, primo cereale coltivato dall’uomo, e dargli nuova dignità all’interno di una filiera agricola moderna. Negli anni in cui il grano duro dominava incontrastato, il farro era quasi scomparso: relegato a piccoli appezzamenti, conservato in qualche angolo di montagna, usato più per l’alimentazione animale che per l’uomo. La prima necessità è stata quella di recuperare il seme, selezionarlo, moltiplicarlo e capirne a fondo le potenzialità agronomiche e tecnologiche. Da qui è iniziato un lungo e appassionato lavoro, fatto di prove in campo, osservazione, scelte varietali e relazione con gli agricoltori. La filiera Prometeo nasce così: non
Digeribilità, gusto e filiera trasparente guidano la crescita di un mercato di nicchia
Un cereale antico, protagonista di un’agricoltura moderna e sostenibile
come un progetto a tavolino, ma come risposta a un bisogno reale. Si parte dal seme, si ascoltano le esigenze del territorio, si valorizza la professionalità degli agricoltori. Il prezzo viene stabilito in anticipo rispetto alla semina, garantendo stabilità economica. Un impegno a costruire una reciproca fiducia, lavorando con l’obiettivo di ottenere un prodotto che sia prima di tutto coerente con ciò che lo ha generato. Da questo approccio prende forma anche la nostra identità, fondata su un rapporto nuovo e consapevole tra uomo, agricoltura e ambiente. Non si tratta solo di produrre un cereale, ma di ridare senso al gesto agricolo. Il nome Prometeo non è stato scelto a caso. Come il titano della mitologia greca che rubò il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini - fuoco inteso come ingegno e conoscenza - anche l’uomo, proprio attraverso l’agricoltura, esercita quel dono: impara a leggere il tempo, os-
serva la terra, trasforma l’attesa in nutrimento. È questo il passaggio che segna l’inizio della nostra civiltà. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo voluto dare un contributo concreto: riportare alla luce un cereale dimenticato, sì, ma oggi nuovamente attuale, e con esso restituire valore all’agricoltura che nasce nei territori marginali. Un’agricoltura sostenibile, fatta di equilibrio con il territorio, ma anche di equilibrio e rispetto tra gli attori della filiera stessa.
Perché mangiare la pasta di farro? Quali sono i benefici dal punto di vista nutrizionale?
Uno dei principali motivi per scegliere la pasta di farro è la sua maggiore digeribilità rispetto a quella prodotta con le moderne varietà di grano duro. Questo dipende da due fattori fondamentali: la natura del glutine e la struttura degli amidi. Il glutine del farro è meno tenace, cioè meno “forte”, e quindi più facilmente attaccabile dagli enzimi digestivi. Non si tratta di un alimento privo di glutine, ma di un cereale con una rete
glutinica più delicata, che spesso si traduce in una sensazione di maggiore leggerezza dopo il pasto. Inoltre, la trasformazione degli amidi del farro avviene in modo più graduale. Questo significa che un rilascio degli zuccheri più lento contribuisce al contenimento dell’indice glicemico e a una migliore gestione energetica. Poi, cosa non da poco: è buona. Abbiamo sempre posto grande attenzione alla qualità organolettica dei nostri prodotti, e il fatto di seguire la filiera produttiva in ogni passaggio ci consente di gestire anche quei piccoli dettagli qualitativi che, nel complesso, fanno davvero la differenza.
Sono richiesti sforzi particolari dal punto di vista tecnologico per la produzione di pasta di farro?
Come detto in precedenza, una delle caratteristiche nutrizionali più interessanti del farro è la
delicatezza del suo glutine. Si tratta di un glutine meno tenace rispetto a quello dei grani duri moderni, ed è proprio questa caratteristica a renderlo più digeribile e adatto a chi cerca un’alimentazione più leggera e naturale. Al contempo, ciò che rappresenta il suo punto di forza nutrizionale è anche una delle principali sfide in fase di trasformazione. Perché nella pastificazione, la tenacità del glutine è un parametro tecnico fondamentale: permette alla pasta di mantenere struttura, tenuta in cottura e masticabilità. Nel caso del farro, questo equilibrio è più delicato da raggiungere. La nostra esperienza ci ha portato a mettere a punto un processo di pastificazione dedicato, che rispetta le caratteristiche del cereale in ogni fase: dall’idratazione e impasto delle semole macinate a pietra naturale, fino alla trafilatura ed essiccazione della pasta. Tutto avviene in modo non invasivo, con temperature e tempi pensati per salvaguardare le proprietà nutrizionali e organolettiche del farro. Il risultato è un prodotto che conserva la naturale delicatezza del farro, mantenendo buone performance in cottura e un profilo organolettico riconoscibile. Un equilibrio non scontato, che richiede attenzione e conoscenza, ma che permette di valorizzare davvero questo cereale, rispettandone le specificità.
Mia Marchini
Breve storia dell’oggetto che racchiude la creatività, l’arte e la passione degli italiani per la bellezza nel cibo
Passeggiando tra le sezioni del Museo della Pasta, ci si imbatte in un oggetto tanto umile quanto straordinario: la speronella.
Questo piccolo strumento, con le sue linee semplici e il design immutato nel tempo, evoca ricordi di tradizione e convivialità, di mani esperte e piccoli aiutanti che si cimentano con la sfoglia appena tirata.
Presente ancora oggi nelle nostre cucine, la speronella è il simbolo dell’arte di fare la pasta in casa, capace di trasformare semplici ingredienti in momenti di pura creatività e condivisione.
La nascita e l’evoluzione di questo strumento
Si dice che le prime simil speronelle risalgano al Neolitico
Nata nel Medioevo per sostituire il coltello nel taglio della pasta, la speronella si ispira, nel nome e nella forma, alla rotella dentata degli speroni utilizzati per incitare i cavalli. La funzionalità si adatta al mondo gastronomico: il bordo ondulato taglia l’impasto senza danneggiarlo, donando alle creazioni culinarie quel caratteristico segno a serpentina. Nonostante la sua semplicità, è uno strumento che ha attraversato i secoli praticamente inalterato, dimostrando come l’ingegno umano riesca a creare qualcosa di perfetto nella sua essenzialità.
Una leggenda narra che le speronelle custodiscano le memorie dei tempi antichi. “Le nostre origini sono intrecciate alla nascita dell’agricoltura”, sussurra idealmente una di loro. Si ritiene che i primi strumenti simili alla speronella risalgano addirittura al Neolitico, quando l’uomo inventò la ruota e le donne iniziarono a modellare e tagliare focacce circolari con utensili di pietra. In epoca etrusca, la speronella appare documentata in un contesto preciso: nella tomba della nobile famiglia dei Matunas, risalente al IV secolo a. C., una colonna decorata raffigura chiaramente una rotella dentata tra gli strumenti per la preparazione della pasta. Un segno che anche nell’aldilà, la buona cucina era un piacere imprescindibile per i nobili dell’epoca.
Con il passare dei secoli, l’evoluzione della speronella ha seguito i cambiamenti della società. Dal Medioevo al Rinascimento, la distin-
zione tra classi sociali era evidente anche in questo semplice strumento. Nelle case nobiliari, la speronella era realizzata con materiali pregiati come l’avorio, il bronzo o l’argento, spesso decorata con intagli artistici. Al contrario, nelle cucine popolari, le rotelle erano costruite con legno o osso, materiali poveri ma resistenti. La doppia denominazione, speronella per le versioni più raffinate e rotella per quelle più semplici, riflette questa dicotomia sociale.
Le prime raffigurazioni
Le prime raffigurazioni compaiono nell’Opera di Bartolomeo Scappi, pubblicata a Roma per la prima volta a Venezia nel 1577. Nel cuore della corte medievale di Giarola, il Museo della Pasta custodisce una collezione straordinaria di speronelle, un vero e proprio viaggio nel tempo. Con oltre cento esemplari che spaziano dal XVI al XX secolo, questa rac -
Foto 1 - Decorazioni della “Tomba dei rilievi dipinti” appartenuta alla Famiglia Matunas a Cerveteri in una incisione acquerellata del XIX secolo (Collecchio, Museo della Pasta). La speronella è visibile nella terza colonna, appena sopra il leone
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Foto 2a, 2b - Attrezzi per preparare la pasta tratti dalle tavole dell’Opera di Bartolomeo Scappi (1500-1577), pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1570. Vi soni riprodotti due esemplari di speronelle, oltre ad alcuni stampi per paste ripiene in legno di bosso (Parma, Biblioteca gastronomica Academia Barilla)
colta racconta l’evoluzione di un oggetto apparentemente semplice ma ricco di significato. Tra i pezzi esposti spiccano modelli con doppie rotelle, manici decorati o dotati di timbri che servivano a personalizzare l’impasto. Alcuni esemplari includono dettagli unici, come monete adattate come rotelle o inserti in osso per riparare utensili consumati dall’uso, testimonianze di un’epoca in cui nulla andava sprecato. La speronella, composta da una rotella dentata inserita in un manico, ha saputo adattarsi alle diverse epoche, riflettendo l'ingegno e la creatività di chi la realizzava.
Il Museo della Pasta custodisce una collezione straordinaria di speronelle
La speronella è un oggetto che racchiude la creatività, l’arte e la passione degli italiani per la bellezza in ogni dettaglio, anche nel cibo. Ogni regione l’ha fatta propria, adattandola alle sue tradizioni e trasformandola in un simbolo dell’ingegno culinario italiano. In Emilia Romagna, la speronella è principalmente utilizzata per decorare i bordi dei tortelli. La sua fun -
zione non è solo estetica, ma anche pratica, in quanto consente di sigillare il ripieno in modo uniforme, impedendo la fuoriuscita durante la cottura. Allo stesso modo, in Sardegna, l’uso della speronella è fondamentale per la preparazione dei culurgiones, ravioli tipici con ripieno di patate e formaggio. In Liguria, invece, è utilizzata per i corzetti, una pasta tradizionale con intagli geometrici. Questa varietà di applicazioni regionali testimonia la straordinaria versatilità della speronella, un emblema di un’arte culinaria tramandata di generazione in generazione, che ogni volta si arricchisce di nuove interpretazioni, mantenendo vive le radici della cucina italiana. Oggi, la speronella è presente sia nelle cucine tradizionali che nelle realtà industriali, dove macchine tortellinatrici e raviolatrici imitano il suo lavoro con incredibile precisione. Tuttavia, l’oggetto originale conserva un fascino inalterato, simbolo di un sapere antico che nessuna tecnologia può sostituire completamente. La collezione del Museo della Pasta non è solo una testimonianza storica, ma un’esperienza che invita a riflettere su come anche gli oggetti più semplici possano racchiudere storie incredibili. Dal Neolitico alle Corti rinascimentali, dalle cucine popolari alla produzione industriale, la speronella continua a essere protagonista indi -
Ogni regione ha adattato la speronella alla sua tradizione culinaria
Foto 4a, 4b, 4c - Una serie di pregevoli speronelle del Museo della Pasta realizzate in ferro, bronzo, ottone, con manico in legno tornito e ruota ricavata da moneta in rame fuori corso, con manico decorato in pasta di vetro, in avorio e una umile e diffusa rotella da pasta in legno di bosso con ruota in osso (Foto L. Galloni)
scussa dell’arte culinaria italiana. E così, tra passato e futuro, questo piccolo strumento senza tempo mantiene vivo il legame tra l’uomo, la terra e la tavola.
Il Museo della Pasta
Il Museo della Pasta ha sede a Collecchio, presso la Corte di Giarola (Strada Giarola 11) ed è visitabile dal 1° marzo all’8 dicembre il sabato, la domenica e i giorni festivi dalle 10 alle 18. Fa parte del circuito dei Musei del Cibo di Parma dedicati alle eccellenze gastronomiche del territorio parmense: www.museidelcibo.it
G. Gonizzi
A Roma il confronto promosso dalla Fondazione Vincenzo Agnesi con istituzioni, imprese e innovatori della filiera agroalimentare
Il 3 aprile scorso si è svolta a Roma la tavola rotonda organizzata dalla Fondazione Vincenzo Agnesi, uno spazio di confronto attuale sul futuro della pasta italiana. Un settore che vale oltre 6 miliardi di euro l’anno, che esporta circa il 60% della produzione e che rappresenta - dopo il vino - il secondo prodotto alimentare più venduto all’estero. Il titolo della giornata, “Io sono pasta - Patrimonio della cucina italiana”, ha fatto da cornice a una riflessione che ha coinvolto istituzioni, imprenditori e innovatori della filiera in una tavola rotonda, moderata da Raffaella Poggio, Strategic Advisor di Fondazione Vincenzo Agnesi, con l’obiettivo comune di costruire una strategia condivisa per affrontare una fase segnata da nuove sfide geopolitiche, transizione ecologi -
ca, innovazione tecnologica e pressioni competitive globali.
Gli interventi
Ad aprire i lavori, Alberto Falini, Presidente di Fondazione Vincenzo Agnesi, ha annunciato l’ulteriore sviluppo nei prossimi mesi di una Fondazione di partecipazione per l’apertura di un nuovo museo della pasta: “Un’iniziativa per superare le logiche della competizione tra imprese e favorire una cultura di coopetition, capace di generare valore collettivo. Un museo moderno, in parte itinerante, che diventi punto di aggregazione per imprese, territori e comunità. Perché la pasta è identità, ma anche leva strategica per il posizionamento internazionale del Made in Italy”.
Nel suo intervento, l’Onorevole Luigi Gusmeroli, Presidente della Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati, ha sottolineato il ruolo anticiclico della qualità italiana nei mercati esteri: “Quando un prodotto del Made in Italy entra in un nuovo mercato, non viene più abbandonato, poiché le persone ne percepiscono la sua qualità.
È nei momenti di difficoltà che dobbiamo tornare a credere nelle nostre imprese, nelle filiere, nelle eccellenze. Anche l’intelligenza artificiale deve essere affrontata senza paura: oggi la usa il 61% delle grandi imprese, ma solo il 16% delle Pmi. Serve un’azione politica più incisiva per colmare questo divario, senza lasciare indietro nessuno, nemmeno i cittadini meno digitalizzati”.
L’evento ha rappresentato un’occasione per fare il punto sulle misure già attivate dal Gover-
no a sostegno della filiera. Marco Lupo, Capo Dipartimento Sovranità Alimentare e Ippica del Ministero dell’Agricoltura, ha ricordato gli investimenti in atto:
• 32 milioni di euro al Fondo Grano Duro;
• 100 milioni annui al Fondo per la Sovranità Alimentare;
• 2 miliardi aggiuntivi destinati ai contratti di filiera con il Pnrr;
• la proroga al 2025 del modello sperimentale di etichettatura d’origine anche per la pasta.
“Siamo di fronte a una nuova crisi, ma anche a un’opportunità per rivedere alcune logiche europee che hanno finora penalizzato i nostri prodotti”, ha dichiarato Lupo.
“La filiera pasta è cresciuta del 33% in valore negli ultimi 10 anni, oggi esporta oltre 300 milioni di euro negli Stati Uniti, che rappresentano il nostro secondo mercato dopo l’Europa.
come leva strategica per la collocazione del Made in Italy nel mondo
Di fronte al nuovo protezionismo americano, dobbiamo restare compatti e determinati”. Sulla situazione legata ai dazi annunciati da Trump, Lupo ha confermato la preoccupazione per il rallentamento degli ordini da parte degli importatori Usa: “È un rischio concreto, ma la nostra forza resta la qualità. Non possiamo competere sulla quantità, ma sul valore e sull’unicità dei nostri prodotti”.
Particolarmente sentito l’intervento di Maddalena Fossati Dondero, direttrice de “La Cucina Italiana” e promotrice della candidatura della cucina italiana a Patrimonio immateriale Unesco: “Non stiamo candidando una ricetta, ma un’identità collettiva. Un Paese che si riconosce nei suoi saperi e sapori ha più strumenti per difendersi anche economicamente. È una carezza di autostima, ma anche un volano per la valorizzazione internazionale della filiera agroalimentare”. Il voto è atteso tra il 9
e il 12 dicembre 2025 a New Delhi. Giuseppe Dalbon, Direttore Ricerca e Tecnologia del gruppo De Cecco, ha illustrato la strategia industriale dell’azienda che punta a superare il miliardo di euro di fatturato in cinque anni: “Stiamo investendo su una pasta proteica che unisce grano e legumi, con un contenuto proteico del 30% e un apporto calorico ridotto.
Sovranità alimentare e filiera pasta: dal Fondo
Grano Duro all’etichettatura Made in Italy
È un prodotto ad alto valore aggiunto, pensato per i mercati globali ma profondamente legato ai nostri metodi di produzione a bassa temperatura. L’innovazione, per noi, è la capacità di mantenere vivi i valori della qualità”.
Confagricoltura e start-up: AI, tracciabilità e agricoltura di precisione al servizio della competitività
In un quadro segnato dalla crisi climatica e dalla volatilità dei prezzi del grano (-20% in un anno),
Confagricoltura ha rilanciato il bisogno di politiche stabili e di rafforzamento delle filiere.
Occorre insistere sul valore e sull’unicità dei nostri prodotti
Il rappresentante della Giunta Nazionale dell’organizzazione, Cesare Soldi ha evidenziato il ruolo crescente delle tecnologie compatibili: “Oggi si può applicare l’agricoltura di precisione senza cambiare i mezzi agricoli. Serve però formazione, risorse dedicate e strumenti come la piattaforma Abpharma per gestire dati e trattamenti in modo integrato”. Chiara la visione anche dal mondo delle start-up: Gionata Fiorentini di DNCubed ha presentato un progetto di yield intelligence basato su open data, intelligenza artificiale e condivisione dei dati tra tutti gli attori della filiera: “Oggi solo il 25% delle superfici agricole italiane è assicurato. Con dati strutturati, possiamo aprire l’accesso a finanziamenti e polizze agevolate.
È una rivoluzione silenziosa, ma fondamentale per garantire sostenibilità, resilienza e competitività”.
Il confronto promosso dalla Fondazione Vincenzo Agnesi ha evidenziato una volontà concreta di costruire una visione comune per il futuro della pasta italiana: un settore che unisce cultura, economia e innovazione, e che oggi chiede coesione tra imprese, istituzioni, filiere produttive e mondo della conoscenza. Dalla tutela della materia prima alla valorizzazione del prodotto finito, dalla digitalizzazione dei campi al posizionamento internazionale del Made in Italy, emerge l’urgenza di un patto di filiera capace di superare le sfide dei mercati globali con strumenti nuovi, visione strategica e orgoglio identitario. Come ha ricordato Maddalena Fossati, “serve pensare in grande, senza paura. L’Italia merita il Louvre della pasta”. Un’idea ambiziosa, che può trasformarsi in progetto concreto se sostenuta da un sistema coeso. Perché difendere la pasta italiana oggi significa difendere un pezzo essenziale del nostro futuro.
Ufficio Stampa Fondazione Vincenzo Agnesi