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ALL’AGROALIMENTARE NAZIONALE SERVE UNA STRATEGIA VINCENTE
The national agri-food industry needs a winning strategy
What could be the new strategies for Italian agribusiness? Cultivated land, especially in hilly and mountain areas, has been abandoned, which has led to economic and social problems; the author illustrates potential strategies for dealing with this issue, while also trying to understand what the solutions are for the spread of Made-in-Italy products. However, it must be remembered that Italy depends on foreign countries for many raw materials for the production of national products. Hence the decision to produce food (such as pasta) with national ingredients, such as ancient grains. In all these cases, a greater use of cultivation contracts between the industry and national farmers is to be observed. A market that is likely to have a greater cultivation development in Italy is the market of protein crops both for animal feed (starting with alfalfa) and for human consumption (e.g. chickpeas and soya). One of the objectives of all this is to have less impact on the soil.
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NUOVI TREND DI CONSUMO E COSTI DELLE IMPORTAZIONI IN AUMENTO POSSONO RIPORTARE IN COLTIVAZIONE TERRENI TROPPO PRESTO ABBANDONATI NEW CONSUMPTION TRENDS AND RISING IMPORT COSTS CAN BRING LAND BACK INTO CULTIVATION IF IT WAS ABANDONED TOO SOON
di Duccio Caccioni
Direttore Marketing & Qualità e Vice Direttore di Mercato Caab Spa, Direttore scientifico Fondazione Fico

Nel dopoguerra l’agricoltura ha inciso sempre meno nella vita italiana: si pensi che nel 1960 in Italia la superficie coltivata era pari 20,9 milioni di ettari, mentre oggi se ne contano circa 12,6 (la differenza di 8,5 milioni di ettari è pari alla superficie delle regioni Piemonte, Lombardia e Sicilia messe insieme). Buona parte della superficie una volta coltivata è oggi occupata da boschi e forre (5,2 milioni di ha), oltre che cementificata (1,3 milioni di ha) o marginalizzata (1,9 milioni di ha) (Fonte: D. Caccioni: Ted X, in rete).
Le problematiche
L’abbandono delle campagne osservato soprattutto nei territori collinari e montani origina numerosi problemi sia di carattere economico-sociale, sia relativi al dissesto idrogeologico, con danni e costi assai ingenti per l’intera comunità nazionale. Bisogna inoltre ricordare come i territori e i paesaggi facciano parte dell’immagine stessa del nostro Paese e, quindi, costituiscono un valore tutt’altro che intangibile: si pensi al turismo, ma anche alla stessa rappresentazione del Paese, fondamentale per la vendita del cosiddetto “Made in Italy”. I prodotti dell’agricoltura italiana sono la materia prima del nostro agroalimentare, un settore che ha visto negli ultimi due decenni una continua e rilevante crescita delle esportazioni. Nel 2021 l’export dei prodotti agroalimentari Made in Italy oltrepasserà presumibilmente la fatidica soglia dei 50 miliardi di

settori agricolo, zootecnico e agroalimentare stanno però rapidamente modificandosi. Negli ultimi mesi i costi di produzione di molti prodotti sono cresciuti spesso oltre il 25%. Bisogna allora ricordare che l’Italia dipende dall’estero per molti prodotti alla base del Made in Italy: ad esempio, si importa circa il 90% delle proteine per l’industria mangimistica e una parte rilevante del grano “di forza” per l’industria pastaria. La lievitazione dei costi di importazione, così come l’aumento della domanda di prodotti derivati totalmente dall’agricoltura nazionale, potrebbero ge-
L’ABBANDONO DI CAMPAGNE, COLLINE E MONTAGNE PROVOCA PROBLEMI SIA SOCIALI SIA ECONOMICI
euro; nel 2000 era di 23,3 miliardi (fonte: Istat). Secondo molti analisti il potenziale dell’export agroalimentare italiano si aggirerebbe tuttavia attorno ai 100 miliardi di euro, una cifra a cui potrebbe essere poi sommato il valore dell’indotto comprese le sinergie con le attività turistiche e ambientali. Un traguardo che, se raggiunto, potrebbe cambiare sostanzialmente la vita non solo nelle campagne del Bel Paese.
I segnali positivi
Oltre alla crescita dell’export si rilevano altri segnali positivi per il settore agricolo italiano: una piccola ma significativa ripresa della Superficie Agraria Utile coltivata, l’espansione di alcuni settori per i quali l’Italia sta tornando quasi autosufficiente (ad esempio il settore lattiero-caseario), l’aumento della domanda di prodotti locali e nazionali da parte del mercato interno. Il tutto unito a una maggiore consapevolezza per quanto riguarda le pratiche di marketing e la valorizzazione territoriale legate ai prodotti agroalimentari. Per effetto della congiuntura internazionale, le dinamiche relative all’approvvigionamento di materie prime da parte dei


nerare una richiesta più alta di materie prime agricole italiane e una conseguente ripresa della loro coltivazione. Un caso interessante dal punto di vista del marketing è rappresentato dalla sempre maggiore offerta di paste alimentari prodotte con grani totalmente Made in Italy. Negli ultimi anni, infatti, un numero crescente di pastifici italiani ha scelto di enfatizzare l’origine nazionale dei grani. Risultano di conseguenza in aumento i contratti di filiera fra gli agricoltori e gli industriali. Interessante è anche la crescita di settori, forse da non considerare più di nicchia, come quello dei grani biologici, del farro o ancora i cosiddetti “grani

PER PROMUOVERE I PRODOTTI AGROALIMENTARI SERVE PIÙ CONSAPEVOLEZZA DELLE PRATICHE DI MARKETING E DELLA VALORIZZAZIONE TERRITORIALE
antichi”. In tutti questi casi si osserva un ricorso significativo a contratti di coltivazione fra l’industria e gli agricoltori nazionali. Un mercato che presumibilmente avrà un importante sviluppo di coltivazione in Italia è quello delle colture proteiche sia per l’alimentazione animale (a partire dall’erba medica), sia per quella umana (ad esempio ceci e soia).
L’impatto di altre colture sul suolo
Per quanto riguarda le foraggere si nota come, ad esempio, la coltivazione dell’erba medica abbia avuto negli ultimi 20 anni un drastico ridimensionamento (-160 mila ettari), mentre l’importazione di soia è notevolmente aumentata. Oltre alla già











LA COLTIVAZIONE DI LEGUMINOSE E FORAGGERE È ALTAMENTE BENEFICA PER I SUOLI
citata crescita dei costi di approvvigionamento (dovuto anche ai maggiori costi di trasporto), numerosi studi hanno dimostrato come l’importazione di derrate proteiche da grandi distanze (ad esempio soia Ogm) abbia un impatto energetico e dal punto di vista delle emissioni di carbonio molto elevato. Al contrario, la coltivazione di leguminose e, più in generale, delle foraggere è altamente benefica per i suoli, per la limitazione dell’erosione e per l’emissione di anidride carbonica. Oltre ai benefici di carattere ambientale, bisogna ricordare come il ricorso a foraggere di produzione nazionale può migliorare le caratteristiche dei prodotti finali. Negli animali alimentati con erba medica o foraggere di pascolo si rileva un pro-



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filo qualitativo delle carni o del latte sostanzialmente diverso da quelli alimentati con fonti proteiche alloctone: per le carni, infatti, si osserva un elevato contenuto in acidi grassi insaturi come gli Omega-3 e i Cla (Acido Linoleico Coniugato), estremamente benefici per la salute. Il mercato dei latticini e delle carni di alta qualità (ottenuti da latte di animali alimentati con foraggi o con erbe di pascolo) è in crescita sia per effetto della maggiore propensione dei consumatori agli alimenti con elevata qualità, sia per la crescente sensibilità degli stessi ai temi ambientali. Il differente profilo emerso negli ultimi anni in materia di domanda alimentare italiana, induce inoltre al già ricordato aumento della richiesta di legumi per l’alimentazione umana. L’Italia, dopo l’India, è il Paese con la più alta percentuale di consumatori con un regime alimentare totalmente vegetale (il 5,8% vegetariani e il 2,4% vegani). Questa nuova, forte richiesta di legumi (ceci, fagioli, lenticchie ecc.) sta riportando la loro produzione in Italia dopo che per tanti anni il nostro Paese è stato dipendente dalle importazioni (ad esempio dal Canada).
Conclusioni
Le nuove dinamiche di consumo e negli scambi internazionali, oltre che a una maggiore sensibilità verso l’ambiente, potrebbe avere come effetto quello di riportare alla coltivazione territori di recente abbandonati. Ai numerosi vantaggi per l’economia nazionale, fra cui una più alta caratterizzazione qualitativa e di immagine dei prodotti agroalimentari italiani sulle piazze estere, andrebbero aggiunti gli innegabili vantaggi dal punto di vista ambientale, di miglioramento e presidio idrogeologico, di pregio paesaggistico.
Duccio Caccioni


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