5 minute read

Spazio donna L. Luisi

UNA STORIA OLTRE LA STORIA

IL CORAGGIO DELLE DONNE UCRAINE DI CASA NOSTRA

Advertisement

Laura Luisi

È nella storia dell’Ucraina la forza delle sue donne, madri e lavoratrici da sempre. Se nessuna di loro è mai entrata nelle nostre famiglie, forse non le conoscia‐mo abbastanza, perché non abbiamo mai avuto la curiosità di apprenderne la storia e la vita precedente, i luoghi di provenienza, di capire i bisogni che le hanno spinte, moltissime, a lasciare le proprie radici per emigrare in massa verso una nuova vita di fatiche e di lavoro, lavoro, lavoro. Eppure non sono così lontane da noi, e l’Ucraina dista poche centinaia di chilometri e poco più di qualche ora di volo. Ora però i drammatici fatti in corso ci impongono di guardare oltre e da vici‐no quelle donne che sono qui con noi, nelle nostre famiglie, per aiutarci con gli anziani, con i bambini e con i lavo‐ri domestici. Sono arrivate poco alla volta quando, dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica e la caduta dei regimi nel‐l’Europa centro-orientale, tutta l’area corrispondente conosce una crisi eco‐nomica profonda, e una disoccupazione altissima. Tra le regioni meno sviluppate e più povere confinanti con i Paesi dell’UE, l’U‐craina, che ha un’economia fragile e squilibrata, paga un alto prezzo per le conseguenze di una frattura soprattut‐to economica oltre che etnica o politica, tra la zona occidentale e quel‐la orientale. La povertà colpisce trasversalmente, ma le donne ne sono le prime vittime e dunque è proprio in quegli anni (fine anni’90 del secolo scorso) che per molte di loro, ucraine e non solo, la migrazione diventa l’unica speranza di poter conquistare una migliore occupazione nell’Unione Europea per se stesse e la propria famiglia. In tante escono dal paese natio per la prima volta, entrano in Italia con un visto turistico e poi vi restano a tempo indeterminato. La migrazione ucraina dunque è stata costante dagli anni ’90 ad oggi e caratterizzata, quando venne approva‐ta la legge 189/2002, dalla regolarizzazione dei rapporti di lavo‐ro. Dopo l’approvazione della legge, quella ucraina diventa la quarta comu‐nità straniera più grande per numero di “soggiorni regolari” in Italia. In pochi anni le presenze ucraine in Italia salgono vertiginosamente fino ad arri‐vare, nel 2013, a quasi 225mila. Numero rimasto pressoché stabile, fino a febbraio 2022. È stata una migrazione prevalente‐mente femminile, di donne forti e determinate che già nel proprio paese sostenevano l’economia e la vita familiare. Il loro l’identikit: età compresa tra i 40 e i 50 anni, elevato grado di istru‐zione, molte lauree in discipline tecniche e con precedenti esperienze lavorative nel settore. Nel 2016, secondo i dati pubblicati dal Centro Studi e Ricerche Immigra‐zione Dossier Statistico, oltre un quinto (21,5%) dei cittadini ucraini residenti in Italia ha un titolo universi‐tario, percentuale ancora più alta tra le donne, le quali costituiscono l’88% del totale. Un percorso di studi in Ita‐lia difficilmente valorizzato, un fenomeno silenzioso che ha spesso il volto di qualificate donne ucraine, impiegate in Italia come badanti o col‐laboratrici domestiche che, provvidenzialmente, cominciano ad occupare quelle tante posizioni lascia‐te scoperte dagli italiani, colmando una domanda crescente nel mercato del lavoro italiano. Donne che, appena arrivate, non pen‐savano certo che si sarebbero fermate per molti anni, ma soltanto il tempo necessario per risparmiare un po’ di denaro. Il lavoro nell’ambito dell’as‐sistenza domestica ha garantito per anni a queste donne, sole e con fami‐glia a carico in Ucraina, un posto dove dormire, dove vivere e guadagnare. Il lavoro però è pesante, richiede forza fisica e pazienza, con pochi momenti di riposo, nessuna privacy né autono‐mia. Ai disagi del mestiere si aggiungono le storie personali di madri e mogli, in bilico tra due paesi, sradicate, lontane da casa e dagli affetti. “Orfani bian‐chi”, così sono chiamati i tanti bambini dell’est Europa cresciuti dai nonni, mentre le mamme emigrate spediscono a casa le risorse che con‐sentiranno di finanziare gli studi dei figli. Gli incontri con le connazionali rap‐presentano gli unici, brevi ma importanti, momenti per poter condi‐videre la lingua, i ricordi, il dolore della lontananza, per sentirsi ascolta‐te, comprese, per piangere e per ridere. Fino a quando le cose cominciano a cambiare: la capacità di integrazione, il ricongiungimento con i familiari, marito e figli ormai adolescenti, e la nascita di nuove famiglie, ci restitui‐scono immagini più felici delle donne ucraine. Secondo i dati ISTAT, aggiornati a gennaio 2021, ricavati dal Censimen‐to permanente della popolazione, in Piemonte vivono 10.383 ucraini rispetto ai 235.953 che vivono in Ita‐lia, e sono residenti prevalentemente in provincia di Novara (3.636), di Torino (1.908) e del VCO (1.636, di cui 333 uomini e 1.303 donne). Dal 24 febbraio, giorno dell’inizio dell’invasione russa, al 9 marzo 2022,

oltre due milioni di profughi ucraini sono fuggiti dal conflitto, raggiungen‐do in primo luogo i paesi confinanti e i paesi europei. Ad aprile 2022, in Italia sono giunte 91.137 persone in fuga dal conflitto in Ucraina, di cui 47.112 donne, 10.229 uomini e 33.796 minori (dati del Ministero dell’Interno). Al 21 aprile, il Coordinamento regio‐nale per l’emergenza profughi segnala 9.653 profughi ucraini accolti in Pie‐monte fino a oggi. La provincia di Novara ospita la percentuale più alta della comunità ucraina residente da tempo in Piemonte, alla quale si aggiunge il maggior numero di rifu‐giati ucraini: 2.914. Segue il Torinese con 2.028 profughi, il Verbano Cusio Ossola con 1.075, la provincia di Alessandria con 1.062, il Cuneese con 908, il Vercellese con 795, il Biellese con 542 e la provincia di Asti con 329.

Dentro la storia di un paese martoria‐to, ce n’è un’altra che mi sta particolarmente a cuore, quella di una cara amica. Si chiama Svitlana, 54 anni, ucraina di Ternopyl, sposata e mamma di due ragazze, infermiera professionale. Arrivata in autobus nel 2001 a Napoli, con visto turistico, e senza conoscere una sola parola di italiano, per un anno e mezzo ha trovato occupazione in una famiglia come assistente dome‐stica. Lì ha conosciuto l’accoglienza dei napoletani, ha imparato l’italiano, ha riempito il vuoto della solitudine grazie alla solidarietà delle persone incontrate. Poi, si è trasferita a Domo‐dossola, invitata da un’amica, e per 8 anni si è presa cura di due anziane sorelle. Esperienze forti e importanti, che

This article is from: