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Cronache dalla Sassonia S. Negroni
from Alternativa 02_2022
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ICRONACHE DALLA SASSONIA
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Un progetto sperimentale di comunità in un quartiere popolare di Verbania
Silvia Negroni
Foto di Eleonora Mari
l quartiere Sassonia è un rione storico di Intra. Da sempre a trazione popolare e operaia ha avuto nella storia della cit‐tà un ruolo importante e un'identità forte e definita. Situato nel cuore di Verbania e a pochi passi dal centro storico di Intra, è oggi caratterizzato da problematiche e isola‐mento tali da poter essere definito come periferia nel centro della città. Sono presenti quattro complessi di edili‐zia popolare per un totale di 120 alloggi (nel 2019, il 60% del totale cittadino) che ospitano circa 200 persone. Gli alloggi sono di piccola metratura e ospitano per gran parte persone sole, spesso anziane, e comunque caratterizzate da un forte isolamento sociale e portatrici di diverse fragilità. Queste caratteristiche di disagio e iso‐lamento sociale fanno della Sassonia un’area caratterizzata da degrado tan‐to urbano quanto, soprattutto, delle relazioni. Con queste premesse, nel 2019 si è aper‐to un confronto fra alcune realtà del privato sociale già operanti a vario titolo nella zona, l'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Verbania e il Con‐sorzio dei Servizi Sociali del Verbano, con l'obiettivo di mettere a fuoco i princi‐pali bisogni e immaginare degli interventi mirati. Al tavolo ha iniziato presto a partecipare e collaborare l'ASL, con il dipartimento di Salute Mentale e il Ser.d., avendo entrambi i servizi diversi utenti residenti nel quartiere. Tutti questi enti territoriali, da allora, sono mensilmente presenti a incontri di rete e di confronto, dopo aver partecipato a una formazione mirata allo sviluppo di Comunità a cavallo tra il 2019 e il 2020. Grazie a un primo finanziamento di Regione Piemonte con bando del Fondo Sociale Europeo, infatti, nella seconda metà del 2019 è stato avviato un progetto focalizzato sul rione mirante allo svilup‐po e, laddove necessario, alla creazione di reti, non solo tra gli abitanti ma anche, e soprattutto, con e tra gli enti coinvolti sul territorio. Altra metodologia cardine adottata è quella dello sviluppo di comunità, indivi‐duata come la più indicata nella creazione o rigenerazione dei legami, fondamentali per la promozione di un nuovo modello di welfare basato sulla mutualità e la prossimità, attraverso atti‐vità strutturate dal basso, coinvolgendo chi il quartiere lo vive. Questa nuova progettazione sociale sul quartiere è stata attuata da Cooperativa Sociale Xenia, capofila e referente per lo sviluppo di comunità, Cooperativa Divieto di Sosta/Il Sogno, con l'apertu‐ra della Caffetteria di Casa Ceretti quale presidio sociale e punto di riferi‐mento del quartiere, di cui si è parlato diffusamente nel precedente numero di questa rivista, associazione Gruppo
IAbele di Verbania Onlus per gli inter‐venti domiciliari socio-educativi e l'attuazione di tirocini lavorativi per persone fragili e A.V.A.P. (Associazio‐ne Volontari Aiuto Ammalati Psichici) con il laboratorio di Arteterapia per utenti di Salute Mentale e Ser.d. Muovere i primi passi nel quartiere non è stato semplice. Già scottati da precedenti progetti e operatori sociali riversati sul rione nel tempo, calati dall'alto e poi spa‐riti alla fine dei fondi, gli abitanti, in particolar modo quelli delle case popola‐ri, si sono dimostrati nella prima fase abbastanza scettici e guardinghi. Abituati a imputare ogni singola sventura al Comune, in quanto principale interlocu‐tore per i residenti delle case popolari, nella fase iniziale un certo atteggiamento di chiusura era dovuto al fatto che anche noi venissimo scambiati per addetti comunali. La nostra prima sfida è stata quella dun‐que di distinguerci, di tirare una linea netta di demarcazione tra il passato e il presente, tra l'istituzione comunale e il privato sociale, e di coinvolgere le perso‐ne nei processi organizzativi e decisionali. Questo è lo sviluppo di comunità. Non calare dall'alto un pacchetto di attività pensate e strutturate a priori, ma lasciare che siano le persone stesse a definire le proprie priorità e i propri bisogni relazio‐nali, e definire con esse cosa fare e come
farlo. É sicuramente un processo molto lungo e più laborioso. Fin dai primi incontri, è stato evidente che il bisogno più espresso era di tipo aggregativo. Voglia di stare insieme, di avere uno spazio dove ballare, fare labo‐ratori, giocare a carte o fare quattro chiacchiere. Qualcosa iniziava a muoversi, era genna‐io 2020: i primi incontri del gruppo di lavoro a maglia a Casa Ceretti, l'idea di fare una balera una volta a settimana e qualcuno che si era offerto di organizzare e gestire l'attività. Poi, la tempistica non sfuggirà, è arrivato il Covid, che ha bloccato noi come ogni altra cosa. Qualche seme stava iniziando timida‐mente a germogliare, il rischio di perdere tutto era alto e manifesto. Durante il primo lockdown ci siamo ini‐ziamente fermati, come tutti, un po' frastornati e senza avere idea di quanto questa pausa sarebbe durata e avrebbe quindi inciso. É stato presto chiaro che tutte le attività di animazione sociale che stavamo costruendo con il gruppetto di residenti che si era lasciato coinvolgere non si sarebbero potute realizzare. Mentre progettavamo e abbozzavamo aggregazione in un contesto socialmente disgregato, siamo stati relegati in casa. La soluzione più immediata e ovvia, ten‐tare una sorta di aggregazione in remoto, attraverso i computer e gli smartphone, era nel nostro piccolo non praticabile: la grande maggioranza delle persone che si erano rese disponibili a partecipare a questo processo non avevano la possibi‐lità, o la capacità, di connettersi a internet. Il mondo intorno a noi per due mesi si è scatenato in videochiamate di gruppo, di lavoro o di svago. Noi, in quella prima fase, siamo tornati al telefono. Una chia‐mata ogni tanto, per sapere come stesse andando, se ci fosse bisogno di qualcosa. Gli educatori di Gruppo Abele di Verba‐nia hanno continuato, seppur diradandole e limitandole, le visite domi‐ciliari. Intanto, un piccolo allarme ha iniziato a rimbalzare fra noi operatori: gap digitale. Un pensiero che doveva ancora sedimen‐tare e svilupparsi, ma che iniziava a definirsi. Contestualmente, sostituendo nel primo lockdown alcuni volontari dell'Emporio dei Legami - il dispensario alimentare promosso da Servizi Sociali e Comune di Verbania e gestito da Caritas Pallanza con sede in Sassonia, rimasto sempre attivo – abbiamo avuto modo di confron‐tarci con le persone, e di rilevare un bisogno. Di ascolto, di orientamento ai servizi e ai vari bonus economici che si succedevano in quei mesi. Altro campanello di allarme, altra rifles‐sione fra noi operatori. È nata così l'idea di avviare uno Sportello di orientamento ai servizi e al lavoro. Un altro presidio aperto nel quartiere, alle spalle dell'Emporio e in uno spazio del Comune, che da maggio 2020 ad oggi offre orientamento ai servizi territoriali e al lavoro e mediazione digitale, per chi non ha le competenze o le possibilità di accedere alle sempre più frequenti prati‐che online. Quest'azione, che si è rivelata fondamen‐tale, non era prevista dal progetto e probabilmente non ci sarebbe venuta in mente, se la pandemia non ci avesse fatto cambiare bruscamente rotta e non ci avesse messo a confronto diretto con questo tipo di bisogni. Allo stesso modo, altre due iniziative hanno avuto origine dalla situazione di pandemia e di lockdown: da una parte, quella stessa estate, è nato il laboratorio di sartoria sociale, che ha prodotto grazie al lavoro di alcune volontarie del quartie‐re più di 500 mascherine di comunità distribuite ai residenti più in difficoltà, agli utenti dell'Emporio e all'intera popo‐lazione carceraria di Verbania. Un'altra iniziativa dal successo impre‐visto, e forse segno dei tempi, è stata lanciata in previsione del Natale 2020, durante il secondo lockdown. Il senso di far qualcosa insieme, anche se ognu‐no costretto in casa, ha superato ogni aspettativa. Pensando di mantenere il legame con il gruppo di maglia originario, abbiamo proposto un'azione di tricotage di comu‐nità a distanza, lanciando l'iniziativa via social e facendo girare l'appello soprat‐tutto via Whatsapp: Un filo di lana ci unirà! Si proponeva di produrre berretti e sciar‐pe come regalo natalizio per i bimbi delle famiglie dell'Emporio dei Legami. L'entusiasmo nella risposta ci ha travolto, ci è stata donata tantissima lana, i social hanno fatto arrivare la voce fuori provin‐cia, e si è creata un'armata di sferruzzatrici che ha prodotto centinaia di cuffie, scaldacolli e sciarpe. Al di là della produzione massiva e dell'obiettivo raggiunto, ci ha dato il segno della voglia, forse più forte di pri‐ma, di fare ed essere comunità. In attesa di poter tentare qualche tipo di aggregazione senza rischi, nella prima metà del 2021 si sono portate avanti altre due azioni degne di nota. Abbiamo attivato il portierato di comuni‐tà, il nostro tuttofare di quartiere che, grazie a un tirocinio lavorativo, è stato al servizio della Sassonia per piccoli lavo‐retti e pulizia dei cortili fino alla conclusione del progetto finanziato dalla Regione, nel giugno 2021. Inoltre, per mantenere o iniziare un con‐tatto con le persone del rione, si è portata avanti l'iniziativa Oltre ogni soglia, una storia. Un percorso che ci ha portato nel‐le case di alcuni residenti che hanno raccontato la propria storia e il proprio rapporto con il quartiere, e che verrà approfondito nell’articolo che segue. Ma questa non è la fine della storia, anzi. Grazie al sostegno economico di Fon‐dazione Comunitaria del VCO e del Comune di Verbania, che hanno condi‐viso e appoggiato la nostra idea di welfare territoriale nel quartiere, abbia‐mo avuto i fondi per continuare il lavoro di comunità. Nei primi due anni di lavoro avevamo gettato le basi, nel percorso accidentato della pandemia, e non interrompere il percorso iniziato era per noi fondamen‐tale per poter ottenere qualche risultato concreto: mantenere e allargare i rap‐porti con le persone, avendo sempre Casa Ceretti e la sua Caffetteria come fulcro e luogo di incontro fondamentale del rione. Nel momento in cui si scrive questo arti‐colo, fervono i preparativi per la prima festa di quartiere del rione: un gruppo di volontari residenti o che lavorano in Sas‐sonia sta organizzando una giornata di festa e di condivisione, con un pranzo collettivo nella via principale del quartie‐re – un sogno che avevamo dall'inizio di questa avventura – e tante attività propo‐ste e organizzate dagli stessi abitanti. Si torna in strada, si torna insieme, si get‐tano le basi per una nuova comunità.