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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 8 anno X - 28 febbraio 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

La storia insegna Meglio Gheddafi di Nunzia Scalzo La storia non si fa con i se e con i ma, è vero, ma val la pena ricordare che appena quattro anni fa il mondo moderno e alla moda dichiarò guerra alla Libia, dando di fatto il via alle violenze in quel Paese. Il primo a voler giocare ai soldatini fu il nanerottolo Nicolas Sarkozy per motivi che tutti conoscono: la Francia era gelosa e soprattutto golosa del petrolio che Gheddafi vendeva a buon prezzo all’Eni. Il dittatore libico aveva ottimi rapporti con l’Italia ed era addirittura amico di Silvio Berlusconi. I due si scambiavano inviti, favori e non solo, erano in perfetta sintonia e questo favoriva la nostra economia, ma infastidiva gli altri. Una mattina il capo di Stato francese decise di far decollare una flotta aerea con l’ordine di bombardare la Libia, diede avvio così a un conflitto tanto sciagurato quanto assurdo: per abbattere il regime si mobilitò addirittura la comunità internazionale pronta e armata di tutto punto manco avesse davanti una potenza nucleare. L’Italia fu invitata a partecipare alle sciagurate operazioni belliche, ma il Berlusca nicchiava, riteneva inopportuno e scorretto pugnalare alla schiena l’amico aggredito. Giorgio Napolitano, invece, il Pd e l’opposizione tutta si specontinua a pag 4

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Catania

Politica regionale

“Lavoriamo per voi” ma non si vede

Le speculazioni sulla morte dei bambini

G . B u sà

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In Sicilia di rivoluzione si muore: e si spe d i Maria de lo s Angeles Ga rcia morire di burocrazia - Alla fine è accaduto. E nella maniera più tragica. A morire di burocrazia sanitaria, è stata una neonata indifesa, la piccola Nicole, sballottata in autoambulanza da un ospedale all’altro, mentre i burocrati del 118 “negoziavano”, con i burocrati delle aziende sanitarie, la disponibilità di un posto letto per la piccola che, alla nascita, aveva manifestato delle gravi complicanze respiratorie. Nessuno ha attivato il servizio di elisoccorso. A Trapani, mentre ancora infuria la polemica, un altro bimbo indifeso, Daniel, viene portato al pronto soccorso dai suoi genitori: ha la febbre altissima. I medici lo visitano, gli somministrano una semplice tachipirina e lo dimettono. Il bimbo muore, poche ore dopo, probabilmente di meningite. Ma la sanità siciliana non è uguale per tutti: il direttore della sala operativa del 118 palemitano, in vacanza in Sardegna, sente una fitta al petto. Trasportato in ospedale, rifiuta il ricovero e chiede di essere trasportato all’Ismett di Palermo. E per farlo, fa arrivare un elicottero dalla Sicilia… Infuria la polemica . E invece che una seria analisi delle carenze strutturali della nostra sanità, invece che una disamina delle debolezze “politiche” del nostro sistema, invece che il pubblico “mea culpa” per due morti inspiegabili e intollerabili, invece di prostrarsi dinanzi a due coppie di genitori straziate dal dolore, il capo del governo regionale gioca a spostare l’attenzione, a inscenare il solito, volgare, indecente, “scaricabarile”. Le cause e le responsabilità - Già…un posto letto. Già…il 118. Già…l’elisoccorso. Già…il sistema integrato neonatale. Già, gli incarichi politici e gli abusi della politica. Argomenti che scottano… In realtà si tratta infatti non di questioni “mediche” in senso stretto, ma – al cento per cento di questioni di politica sanitaria: di argomenti cioè che riguardano la “gestione” della sanità. Roba

“Una morte intollerabile”: è questo il giudizio unanime delle istituzioni nazionali sulla morte, a Catania, della piccola Nicole – Mentre a Trapani, Daniel, un bimbo di 23 mesi, dimesso dal pronto soccorso dopo la somministrazione di una tachipirina, muore, “forse” per meningite – Il direttore della sala operativa del 118 siciliano, in vacanza in Sardegna, “sceglie” invece di farsi curare in Sicilia e fa arrivare un elicottero ad Alghero per tornare nell’isola - L’organizzazione della sanità siciliana finisce sotto inchiesta – E il governatore, come sempre, ribalta la realtà che è di competenza soprattutto dei politici e degli amministratori; degli assessori, dei pianificatori, dei burocrati e dei cosiddetti “manager” responsabili del funzionamento del sistema sanitario. Di tutto ciò, insomma, che viene prima della prestazione medica in senso stretto. Tutti sappiamo che a proposito del taglio e della redistribuzione dei posti letto, in Sicilia è in corso una battaglia – politica – senza esclusione di colpi al parlamento regionale. Una battaglia che si è aperta con il caso Humanitas e che non si è ancora conclusa. Determinando incertezze e indecisioni in tutta la struttura sanitaria regionale. Tutte le azioni sanitarie sul territorio (apertura di nuovi reparti, chiusura di quelli obsoleti, spostamento di dipartimenti…) devono essere pianificate, programmate e gestite in maniera manageriale. Tenendo in considerazione le esigenze del territorio e razionalizzando l’uso delle risorse umane, tecniche e finanziarie disponibili. C’è poi la questione del 118, della gestione cioè del sistema di emergenza. Che è una questione sanitaria sì, ma soprattutto finanziaria e amministrativa. Il servizio funziona attraverso le sale operative territoriali, che “amministrano” il flusso delle emergenze, smistandole verso le strutture sanitarie del territorio, in considerazione sia delle condizioni dei malati trasportati, che delle disponibilità – appunto – di posti letto. Detto così sem-

bra facile. Se poi aggiungiamo le lotte politiche per accaparrarsi la guida della società, la Seus, che amministra le risorse milionarie, sovrintende all’attività dell’esercito di operatori e del gigantesco autoparco del 118, il gioco è fatto. E le complicazioni diventano problemi. Nei casi più gravi, le centrali operative del 118, attivano il servizio di elisoccorso, che di volta in volta è reso possibile solo in presenza degli specialisti di settore sia a bordo delle ambulanze, che degli stessi elicotteri. In una regione coma la Sicilia, in cui i collegamenti interni sono complicati, le distanze spesso enormi e in cui si deve garantire il soccorso a un nugolo di isolette, l’elisoccorso è un servizio insostituibile. Anche se tecnologicamente complesso e economicamente molto costoso: un centro di potere anche questo – come dimostra la vicenda del funzionario che si è fatto scarrozzare dalla Sardegna alla Sicilia ambito da un nugolo di politici e al centro dell’attenzione degli agguerriti imprenditori del settore. Ed eccoci al tema del coordinamento delle emergenze: nel caso neonatale in particolare, i piccoli pazienti non possono certamente essere imbarcati su un elicottero in assenza di uno specialista che, durante il trasporto, possa assicurare la piena assistenza dei piccoli pazienti. E nel caso specifico, la Sicilia orientale non è ancora dotata del sistema di coordinamento delle emergenze neonatali. Quella occidentale sì. Per

motivi che non è dato conoscere. Ma che certamente hanno a che fare con i giochi della politica e il perverso gioco dei finanziamenti dati o negati. L’affanno del sistema - Per comprendere meglio perché il “sistema” sanitario sia in affanno, in ritardo, rispetto alle esigenze del territorio, bisognerebbe fare probabilmente un passo indietro. Fino alle elezioni che, nel 2012, videro arrivare al vertice della Regione siciliana proprio Saro Crocetta e il suo cerchio magico. Probabilmente qualcuno ricorderà che, tra i pochissimi punti fermi dell’eredità del governo precedente, uno – il principale - era certamente stato il riallineamento dei costi sanitari, lo sblocco della “premialità” nazionale e la razionalizzazione del sistema sanitario regionale nel suo complesso. Era la “fissa” di Massimo Russo, ennesimo magistrato ammaliato dalla politica, che riuscì ad appuntarsi al petto la medaglia di “risanatore” della sanità regionale. Ma non durò a lungo. Non entriamo nel dettaglio, ma ricordiamo solo che Crocetta, appena eletto, proclamò di voler separare la politica dalla sanità: E in nome di questo proclama ha bloccato, per oltre due anni, le nomine dei nuovi manager delle aziende sanitarie. Al loro posto, coerentemente, ha insediato un nugolo di suoi fedelissimi, in funzione, manco a dirlo, di “commissari”. Commissari rimasti in carica per un tempo infinito, mentre il go-

vernatore tentava di inventare un nuovo sistema di nomina, manco a dirlo, a prova dell’inquinamento politico “altrui”. L’esperimento terminò con un rimasticamento del vecchissimo metodo delle nomine ad “intuitu personae”. C’è, infine, il mistero dei costi della sanità. Massimo Russo e Raffaele Lombardo avevano lasciato i conti della sanità a posto, come ha certificato il governo nazionale dell’epoca. Eppure, due anni e mezzo dopo, si è scoperto che il governo regionale ha utilizzato cinque miliardi destinati alle strutture sanitarie per fare “altro”. Cosa d’altro non è dato sapere. Sappiamo solo che, ufficialmente per “tappare” una parte, solo una parte, di questo debito del governo Crocetta verso le aziende sanitarie, il parlamento ha appena approvato un maxi mutuo che ricadrà sulle tasche dei siciliani per i prossimi trent’anni. L’assessore e la bambina - Se questo è il contesto in cui la piccola Nicole è morta nel corso del suo primo, drammatico, giorno di vita, di chi è la responsabilità? Secondo Crocetta non ci sono dubbi: “dei medici, non della politica”… Ma la sua è certamente una risposta interessata e di parte. Abbiamo già visto come sia la politica, direttamente o indirettamente, a gestire tutto il sistema sanitario, in barba ai proclami e alle rivoluzioni di facciata. Crocetta poi, ha chiuso il cerchio: i “suoi” manager hanno nominato

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specula anche sulle tragedie dei bambini i nuovi dirigenti sanitari in tutta la Sicilia. E i dirigenti sanitari, a caduta, hanno “rivoluzionato” e stanno rivoluzionando la geografia dei reparti. Imponendo il pensiero unico crocettiano anche alla rete dei “primari” in tutta la Sicilia. Se le tre strutture catanesi che sono dotate di questo tipo di reparto erano già in “overbooking” di chi è la responsabilità? E se i medici del pronto soccorso di Trapani hanno sottovalutato il caso del piccolo Daniel chi è responsabile del degrado del tessuto sanitario? Se il capo di una sala operativa può usare il 118 come se fosse un aerotaxi personale, di chi è la responsabilità? Se gli operatori di prima linea sono stressati o demotivati, se dappertutto mancano non solo i posti letto, ma perfino gli strumenti sanitari di base e in alcuni casi perfino le lenzuola, di chi è la responsabilità? Nel caso della piccola Nicole il servizio di emergenza neonatale non è stato allertato. Per il semplice fatto che non esiste. Ebbene. Se la procura catanese ha aperto le indagini a carico di nove medici, il ministro Lorenzin ha affermato subito che la piccola Nicole è morta per carenze “organizzative” nella sanità siciliana. E ha parlato, senza mezzi termini, della possibilità di un commissariamento. Dinanzi ai fatti c’è poco da discutere Eppure, dinanzi a uno spettacolo tanto indecoroso di inefficienza, l’assessora Borsellino, è sembrata più colpita dalla autorevole ramanzina ministeriale, che dalla indiscutibile responsabilità di una morte “intollerabile”. Il cinismo e la decenza - Ma ciò che più colpisce è senza dubbio il cinismo con cui il presidente della Regione, piuttosto che tacere e vergognarsi di tanta approssimazione, ha iniziato a lanciare accuse a destra e a manca, negando perfino la realtà più evidente. Piuttosto che indirizzare una sola parola di solidarietà verso i genitori della piccola Nicole, o del piccolo David, Saro Crocetta ha preferito alzare la voce solo in difesa della sua…Lucia. Senza dire una sola sillaba neanche sul caso dell’elisoccorso utilizzato evidentemente fuori da ogni regola territoriale, logica e organizzativa. Quel che più conta, per Crocetta, è certamente “preservare” il suo fantasmagorico governo. Pur violando le più elementari norme della buona creanza e per-

fino della decenza. “E’ tutta colpa dei medici” ha detto il bizzarro inquilino di palazzo d’Orleans, a botta calda, intervistato da un quotidiano nazionale. E a corollario di una affermazione tanto grave quanto azzardata, ha aggiunto una chiosa delle sue, tanto bizzarra quanto illogica: “gli ospedali siciliani funzionano perfettamente. Sono i medici a sbagliare”. Ora, solo chi altro, se non Saro Crocetta, può provare a cambiare la logica e la realtà, fino a questo punto? Qualcuno è in grado di capire come potrebbero mai funzionare bene gli ospedali siciliani se i loro medici sbagliano? Ma non è finita: sconvolto dalle esplicite accuse sollevate proprio dal ministro della sanità, Crocetta ha cominciato a strillare come un’oca… prendendosela con le cliniche private. Una seconda gaffe, che rafforza la prima, senza cancellarla. Ma anche in questo caso, la risposta è arrivata dal ministro della sanità: “gli accreditamenti delle strutture sanitarie private sono di esclusiva competenza regionale” ha sibilato la Lorenzin, colpendo Crocetta dritto al petto. Il muos della vergogna - Una sola volta, in due anni e mezzo, Crocetta aveva dato segni di logica e coerenza: quando, petto in fuori, aveva dato soddisfazione ai cittadini di Niscemi, firmando il decreto di revoca dell’autorizzazione ambientale alla costruzione del mega radar americano famoso per la sua inquietante sigla: Muos. Ed è stata l’unica volta in cui il governo aveva ragione: un anno dopo, infatti, secondo il tar siciliano le analisi dell’istituto superiore della sanità non danno alcuna certificazione sulla sicurezza dell’impianto, che nel frattempo pare sia stato realizzato in maniera irregolare o comunque difforme rispetto al progetto approvato. Dinanzi a tante imprecisioni e irregolarità, bene aveva fatto quindi la Regione quando ha bloccato i lavori. E male ha fatto quando ha revocato il decreto di blocco, con un provvedimento – scrive il tar di Palermo - “contrassegnato da contradditorietà di atti, erroneità dei presupposti e difetto di motivazione”. Ed è stato il Tar, adesso, ad ordinare il blocco i lavori. “Contro” la volontà espressa dalla Regione. Un disastro su tutta la linea, insomma, in perfetta linea con il resto della produzione ammi-

nistrativa partorita da palazzo d’Orleans, grazie alle preziose competenze della segretaria generale più chiacchierata della storia regionale, Patrizia Monterosso, la dirigente esterna più amata e difesa dal funambolico governatore regionale. E così, anche in questo caso, la vergogna, per Crocetta e soci, a proposito del Muos, è diventata doppia. La prima volta la faccia del governatore è finita sotto i tacchi dell’opinione pubblica internazionale quando, emulando l’Albertone nazionale, ha fatto marcia indietro dinanzi alle pressioni dell’ambasciatore americano in Italia. “Mica posso dichiarare guerra ad Obama!” disse sconsolato. Proprio nell’unica circostanza in cui avrebbe avuto le carte in regola per farlo. E la seconda volta eccola qui, nero su bianco, scritta dai magistrati del tribunale amministrativo siciliano. Che conferma che la rinuncia fu un vero e proprio atto contrario ad ogni buona norma di diritto amministrativo e frutto solo di ingiustificata e ingiustificabile viltà “politica”. Nulla di più. Le sberle europee - Ma la sfilza di “malefiure” internazionali, per questa settimana, non è ancora finita. C’è dell’altro. Molto d’altro. La firma, sotto un altro documento che scotta, l’ha messa l’Olaf. Che è la sigla che individua la task force europea che vigila sulla corretta utilizzazione dei fondi comunitari. Ebbene, l’Olaf ha certificato che la prode Monterosso – già condannata dalla corte dei conti a restituire un milione di fondi della formazione europea – dovrà dare conto della utilizzazione di altri tre milioni europei destinati, anche questi, alla formazione professionale: spariti nella voragine del bilancio regionale. Cosa è successo? Ricorderete che la intraprendente segretaria generala, appena insediata a palazzo d’Orleans, seppe di essere sotto inchiesta della corte dei conti per la sua pregressa attività in qualità di dirigente generale – esterno – alla formazione professionale. In ballo c’erano i fondi “extra budget” pagati agli enti per assunzioni e prestazioni “straordinarie” rispetto a quelle contrattualizzate anno per anno a partire dal 2005/2006. Solo per il primo anno preso in esame, il danno accertato era stato di oltre quasi due milioni, chiesti alla Monterosso e a gran parte della giunta Lombardo. Ma ci sono –

ancora da definire – cinque o sei anni a seguire. Avvistato il pericolo, la Monterosso prese carta e penna e intimò alla sua fida “seconda”, Anna Rosa Corsello, di “trattenere” i fondi assegnati agli enti a partire dal 2011. Per “compensare” le erronee erogazioni degli anni precedenti. Una manovra amministrativamente azzardata, ma apparentemente corretta. Purtroppo la Monterosso non aveva tenuto conto di un piccolo dettaglio: i fondi che erano stati generosamente distribuiti agli enti provenivano dal bilancio regionale. Quelli “recuperati”, provenivano invece dal bilancio europeo. E l’Europa, considerato che non sono stati utilizzati per le finalità per cui erano stati inviati alla Regione, adesso li rivuole indietro. Si tratta – più o meno – di tre milioni di euro, da mettere sul conto della Monterosso e della Corsello. Poi, passerà Crocetta a pagare… Direte. Ma così, comunque, nella formazione professionale andrà tutto a posto. Enno! Chiaro che no. Perché intanto, la stessa Corsello, aveva fatto firmare all’assessora fuori corso, Nelli Scilabra, il decreto con cui si “sbloccavano” le somme destinate agli enti per il 2013 e il 2014. Le stesse somme, insomma, che la Monterosso aveva voluto trattenere e “epurare” dai rimborsi dovuti dagli enti. Il tribunale amministrativo regionale, sì, sempre lo stesso tribunale, ha sancito due piccoli dettagli: intanto che l’assessore non aveva alcun potere per firmare il decreto, che avrebbe dovuto portare in calce una unica firma, quella del presidente della Regione. Il decreto quindi è nullo. E tutti i pagamenti effettuati sono da considerarsi illegittimi. E da recuperare al patrimonio della Regione. A cominciare dai due milioni pagati a una società romana per istruire le pratiche al posto degli uffici regionali: la ormai famosa – e costosa – “assistenza tecnica”. Come illegittimi sono da considerarsi tutte le “compensazioni” forzose effettuate dalla Corsello per ordine della Monterosso: gli enti avevano pieno diritto a ricevere quelle somme e a gestire le attività di formazione previste e approvate dalla Regione e finanziate con i fondi europei. Anche quei soldi, insomma, sono da restituire agli enti. Peccato che nel frattempo moltissimi abbiano

licenziato i dipendenti e chiuso i battenti. Spesso in situazioni fallimentari. Chi pagherà? La mossa del cavallo - Il rappresentante della legalità di Confindustria, Antonello Montante, si è autosospeso dall’incarico di componente dell’Agenzia per l’amministrazione dei beni confiscati alla mafia. Una mossa eclatante, quanto le inchieste che – pare – siano state aperte per verificare i suoi rapporti con le cosche del nisseno. Una mossa che non risolve nulla, proprio come avviene di solito, nel gioco degli scacchi con la mossa del cavallo: vistosa, ma inefficace. In realtà, infatti, non si capisce bene cosa significhi l’autosospensione da un ruolo “tecnico”. Visto che non si tratta di dimissioni, vien da pensare che Montante intenda occupare comunque il suo “posto”, pur senza svolgere alcuna attività? Fino a quando? E considerato che l’agenzia non è un organismo politico, ma – appunto - un organo tecnico, l’assenza del “tecnico” indicato dalle organizzazioni imprenditoriali non creerà problemi di funzionamento? Osserviamo che la nomina di Montante era stata presentata come “necessaria” per imprimere una svolta “imprenditoriale” all’attività dei consulenti nominati dai tribunali. L’idea era quella di utilizzare l’esperienza imprenditoriale di Montante, per impedire che le società confiscate falliscano, magari permettendo agli stessi mafiosi di rientrare in possesso dei beni sequestrati, attraverso i tortuosi meccanismi delle aste fallimentari. Oddio! Qualcuno ha osservato che, probabilmente, Montante è stato vittima proprio di una lotta senza esclusione di colpi, fatta proprio per impedire proprio questo “nuovo corso” nell’attività dell’agenzia. Circostanza che, se verificata, proverebbe che gli interessi mafiosi riescono a condizionare scelte istituzionali. E sarebbe gravissimo. Un fatto è certo: che fantapolitica e grandi interessi possono rendere insonni le notti di molte persone. E che solo il tempo spiegherà cosa sta accadendo nel mondo dell’antimafia e all’interno delle istituzioni di casa nostra. Nell’attesa, lo stesso Montante – probabilmente - potrebbe sforzarsi di spiegare che tipo di rapporti ha intrattenuto, nel tempo, con i suoi testimoni di nozze… Forse aiuterebbe a capire…

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Viabilità e comunicazione: due priorità per una città “scollegata” d i G iulia no Busà “Lasciateci lavorare, per cambiare Catania ci vuole tempo”: a chi osasse rimproverare all’attuale amministrazione non soltanto la sostanziale – ma storica e perfino atavica – lentezza nella conduzione di migliorie ma anche la evidente mancanza di un programma di interventi ben definito, è questa la risposta più volte servita. Come diceva una canzone, del resto, “abbiamo troppe possibilità, quello che ci manca è un vero obiettivo”, e quindi anche chi guida questa città, inevitabilmente e dovendo sottostare anche a logiche politiche mai così cerchiobottiste, si è ritrovato impantanato tra le mille problematiche che la città presenta, riuscendo a dire la verità a risolverne molte meno del sufficiente. Coperta troppo corta e mancanza di lungimiranza nonché di condivisione di un programma di intervento mirato sono delle scusanti troppo generiche e in ogni caso i membri della giunta sono davvero poco inclini – ma è la sindrome da campagna elettorale perenne – a riconoscere i propri errori o eventuali mancanze. Per rendere l’idea, usiamo come cartine di tornasole due degli argomenti in auge nell’odierno dibattito pubblico: la viabilità e la comunicazione. Davvero sottovalutato è il tema della viabilità e della mobilità, che nell’era moderna e in una città con velleità metropolitane ed europeiste dovrebbe rappresentare una assoluta priorità. Partendo dalle zone a traffico limitato, passando per il trasporto pubblico e le opere di ripensamento del flusso veicolare, gli interventi apposti non hanno sortito gli effetti desiderati. La Ztl Belli-

segue dalla prima sero affinché scendessimo in guerra con i cosiddetti alleati. Ebbero campo facile anche perché i guerrafondai degli States e i lord inglesi costrinsero Berlusconi a cambiare linea. Motivo? Bisognava agevolare la primavera araba che, secondo i geni progressisti, avrebbe garantito un futuro radioso ai popoli oppressi. Minchiate. Si è visto com’è finita. Sapevano tutti, lo sapevano anche le pietre, che la cacciata del colonnello Gheddafi sarebbe stata una soluzione a dir poco

ni ad esempio, attiva da qualche mese, ha già palesato i propri limiti anche tecnologici: non è infatti perfettamente funzionante il sistema di rilevamento delle targhe dei contravvenenti, né la white list di coloro i quali hanno il permesso di accedere alla zona – che ricordiamo include via A.Sangiuliano, via Monsignor Ventimiglia, via Vittorio Emanuele, via Raddusa, via S.Maria del Rosario, via della Loggetta, via Euplio Reina, via A.Mancini, Piazza Ogninella, via Sant’Orsola, via G. Perrotta, Piazza Scammacca, via Pulvirenti, via S.Maria del Rosario, via Sant’Agata, via Mazza, via Leonardi, via Valle, via Birreria, via Landolina e vicolo della Sfera – è di semplice applicazione, dato anche il ritardo tecnologico dei mezzi del Comune. Della qualità della vita del centro storico si è poi ampiamente discusso in merito alle iniziative comunali che hanno prima trasformato piazza Carlo Alberto in parcheggio (poi ripensadoci) e concesso a CentroContemporaneo di evitare che piazza Manganelli fosse un parcheggio (salvo poi ripensarci). Che manchi un’idea di città e con essa degli interventi appropriati ce ne accorgiamo osservando la metropolitana e i suoi infiniti lavori di allargamento della tratta: quello di Corso Sicilia è un cantiere ormai implementato anche nelle cartine e forse ci

catastrofica: chi pretendeva di sostituirlo si è rivelato peggiore di lui. Nessuno che abbia sentito ragione, però: Giorgio Napolitano e la sinistra si sono calati la visiera e via andare in nome delle idee progressiste e illuminate di civiltà e progresso, aprendo di fatto la strada alle bande di scalmanati estremisti che hanno ridotto la Libia un colobarodo, il luogo perfetto per dare vita alle prodezze dell’Isis. Ora a pagare le conseguenze di quelle scelte siamo noi. Siamo stati lasciati soli, all’angolo, minacciati e timorosi di essere attaccati, dato che proprio noi

stupiremmo se all’improvviso diventasse “qualcosa”. In questa dubbia direzione va collocata poi anche la decisione di eliminare, a partire dal 23 febbraio, la fermata all’aeroporto per la linea 524, utile quasi esclusivamente per tale scopo. Chi volesse quindi raggiungere l’aeroporto, senza quindi percorrere a piedi la distanza che il nuovo percorso tracciato ha creato ex novo, dovrà sborsare di tasca propria, aggiungendo quindi una spesa a quella del biglietto o dell’eventuale abbonamento. Sono i paradossi di una città che vuole avere vocazioni turistiche ma che non crea semplici collegamenti (parliamo di infrastrutture basiche per il ventunesimo secolo) tra il proprio centro e l’aeroporto o che non accoglie in nessun modo – o con city map tristemente datate – i turisti che, bontà loro, raggiungono la città. Proprio la comunicazione è – come detto – una delle chiavi di volta per comprendere i limiti autoimposti di chi governa questa città. La triste impressione è che a muovere le fila degli interventi pubblici siano troppo spesso

ragioni esclusivamente politiche, vuoi per equilibrare eventuali scompensi interni o vuoi per sminuire la fazione avversaria. Ne è riprova il fatto che per fare assurgere a tematica all’ordine del giorno un argomento fondamentale come la cura e la mappatura del verde pubblico si sia dovuta aspettare un’interpellanza di una parte del Pd, quella minoritaria e agguerrita legata a Giuseppe Berretta e al consigliere Notarbartolo. Dato che si può dire senza remore che sia questa la vera opposizione alla giunta di Enzo Bianco, da Palazzo degli Elefanti non si è potuto che accogliere con benevolenza tale iniziativa, rimarcando tuttavia che “lo screening dei parchi pubblici è avviato da tempo parallelamente a quello del patrimonio arboreo realizzato in convenzione con varie strutture anche universitarie”. E che certe cose siano fatte o dette strumentalmente da probabile diventa verosimile analizzando la qualità e le caratteristiche delle comunicazioni ufficiali che dal Comune dovrebbero, per mezzo della stampa, giungere alla cittadinanza. Catania sembra un paradiso terrestre guidato da un factotum con soluzioni e sorrisi sempre pronti, sempre sul pezzo se c’è da inaugurare qualcosa o condannare pubblicamente qualcuno (tra gli ultimi, i responsabili della morte della

neonata Nicole e “chi impedisce investimenti infrastrutturali per una Regione come la Sicilia”). Anche un avversario politico, ci mancherebbe. Sull’annosa questione della gestione delle partecipate infatti il sindaco Enzo Bianco, forse accaloratosi eccessivamente, deve aver fatto confusione, commissionando all’ufficio stampa del Comune di Catania – inteso come istituzione, quindi super partes, delegata a riportare informazioni di interesse generale e non particolare – e non al proprio delle dichiarazioni al vetriolo destinate al centrodestra cittadino. Si legge: “Appare ridicolo il tentativo del centrodestra di scaricarsi della responsabilità di aver messo in ginocchio le Partecipate caricandole di costi impropri e nominando vertici che le hanno ridotte in condizioni di gravi passività, in particolare Multiservizi, Sostare e Amt. Quest’ultima, dopo anni in passivo, grazie alle buone pratiche dei nuovi amministratori, ha chiuso l’ultimo anno in attivo e ha potuto consentirsi di assumere 40 autisti. Grazie alla lungimiranza dei lavoratori di Multiservizi, dove recentemente la Guardia di Finanza ha sequestrato documenti relativi al periodo 2009-2011, e Sostare, l’Amministrazione Bianco ha cominciato a far uscire queste società dalle secche”. Dichiarazioni legittime, non fosse altro che prodotte da un canale istituzionale e ufficiale. Per cambiare una città difficile come Catania c’è bisogno di criterio e di azioni graduali. Impossibile immaginare un domani diverso se due settori basici e ad oggi dirimenti come pochi, quello dei collegamenti cittadini e quello della comunicazione istituzionale, non invertano la rotta.

siciliani siamo i dirimpettai degli uomini del califfato che non sono proprio dei vicini eleganti e raffinati. Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, ha dichiarato di essere pronto a combattere inviando 5.000 soldati nella nostra ex colonia. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti è pronta a seguire il collega senza comprendere che forse ci stiamo andando infilare quasi per disperazione in un dedalo di guai da cui non sarà facile uscire. Tirando le somme la situazione è la seguente: noi siamo finiti in un manicomio assurdo e ci abbiamo rimesso tanto; Sarkozy,

dopo aver giocato ai soldatini, conta quanto il due fuori briscola con l’aggravante che di petrolio ha soltanto sentito l’odore. Gli americani hanno altro a cui pensare e Obama ormai è quasi fuori gioco. Gli inglesi non profferiscono parola. Federica Mogherini, responsabile esteri della Ue, una tosta che doveva spaccare il mondo, non si sente manco fiatare e forse non è un male. L’Europa come sempre è del tutto assente, troppo impegnata a fare quadrare i conti, a litigare con la Grecia, a fare da arbitro nel conflitto tra Russa e Ucraina e comunque, ammesso

che ci sia, può fare poco paralizzata com’è nella propria nullità e inconcludenza: è del tutto indifferente all’immigrazione incontrollata che è diventata una piaga figuriamoci se si preoccupa dei bombardamenti e degli uomini di Maometto che minacciano la Sicilia e la penisola. Noi siamo nelle mani di Gentiloni della Pinotti, di Matteo Renzi. LaTroika di casa nostra. Le loro motivazioni intrigano ma non convincono. Se non fosse che rischiamo la pelle ci sarebbe davvero da ridere a crepapelle. Nunzia Scalzo

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FEBBRAIO 2015 - Giudiziaria

Catania: scandalo servizi sociali, e fu prescrizione? d i Marc o Bena nt i Quando “esplose” –come sempre accade in questi casi- ci fu clamore sui media: lo “scandalo dei servizi sociali” a Catania fece scalpore. Furono usati termini “forti”, si fecero subito commenti e riflessioni amare su tante risorse pubbliche che, destinate ufficialmente per i bisognosi, prendevano… secondo l’Accusa, altre “vie”. Poi, a poco a poco, come in un film già visto, il clamore… è finito o quasi. E a dibattimento il processo relativo va avanti in modo stiracchiato, fra rinvii e udienze dove, in un clima surreale, si registrano poche cose rilevanti. Insomma, si tira avanti. E cosa potrebbe accadere? Si, potrebbe accadere che la prescrizione… avanzi e di molto. Facciamo un esempio? Nell’ultima udienza, di qualche giorno

fa, davanti ai giudici della terza sezione penale del Tribunale di Catania (Presidente Maria Pia Urso, a latere Catena e Mirabella) è venuto fuori che… la pubblica Accusa voleva citare tre investigatori. Ma non si poteva

fare prima? Per quel giorno, fra l’altro, era prevista l’audizione di quattro testi: risultato, rinvio al 19 maggio! Quando saranno sentiti i tre investigatori. Ma non solo: ormai la prescrizione sta “coprendo” tanti reati pre-

sunti. Finirà tutto il processo in prescrizione? L’ipotesi non è peregrina. Certo, è anche vero che la prescrizione è una facoltà rinunciabile, ma forse ad altre latitutidini e con altri costumi, si potrebbe dire…

Facendo un excursus storico del processo viene fuori che già per l’ex sindaco Raffaele Stancanelli, coninvolto nelle vesti di assessore regionale, è stata dichiarata la prescrizione.Sono usciti alla stessa maniera dal processo anche altri, come nel caso dell’avvocato Antonino Novello. Il tutto in un’aula sempre traboccante e totalmente inadeguata. Uno “spettacolo” piuttosto poco edificante, ma questo “passa il convento” a Catania. Insomma, questo è lo scenario, non nuovo, sotto il vulcano per le vicende giudiziarie di pubblica amministrazione, per un processo già definito “alla canna del gas”. Già perchè fra tempi “infiniti”, prescrizione in arrivo qualcuno ha parlato di “processo nato morto”. Niente male: i bisognosi possono aspettare giustizia.

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FEBBRAIO 2015 - Catania

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FEBBRAIO 2015 - Opinione

Una bimba e le concorrenze sconvenienti di Claudio Mec Melchiorre

Nicole Di Pietro, tre ore dalla nascita, è morta. Cristianamente, arriva subito in Paradiso. Dovrebbe essere stata fortunata, se ha avuto in dono il crisma neonatale della fede. Lo speriamo. Speriamo davvero che Dio esista e che sia vero che la morte è una liberazione. Perché il dolore è tanto. La famiglia Di Pietro va in clinica perché la mamma conosceva i Gibiino per frequentazioni di comitiva. Le cliniche possono essere ottimi alberghi sanitari, ma per le cose serie si deve andare in ospedale. Specie se si hanno patologie o rischi gravi. Va infatti detto che la Sicilia per le emergenze e i reparti per patologie complesse è equivalente alle regioni del Nord. I centri di cura neonatale sono davvero eccellenti, come quelli per i trapianti e le cardiologie. Difettiamo nelle specializzazioni ordinarie. Temibili alcune ortopedie, per esempio. E’ in questo quadro che è nata e subito morta Nicole. Vede la luce ed entra in crisi respiratoria. Sono cose che capitano. Per questo motivo nell’equipe deve sempre esserci un pediatra. Non è chiaro se la piccola avesse altre criticità. Non è stato diffuso il dato del peso, per esempio. Se quello fosse stato al di sotto dei due chili, da solo avrebbe valso l’allerta della struttura e, forse, la necessità di far partorire la donna in un ospedale attrezzato, con decisione da prendere prima del parto, non subito dopo. Quando l’emergenza si ma-

L’ingresso della clinica Gibiino

nifesta, la clinica dimostra l’incapacità di affrontarla e si attiva. Chiama un’ambulanza per il trasporto della neonata in una struttura di terapia intensiva. Gli ospedali cittadini avrebbero negato il ricovero. Si trova una culla nel reparto di terapia intensiva a Ragusa. Sembra che l’ambulanza parta per un viaggio improbabile. Poi, quando è già per strada, sembrerebbe che ci sia modo di ricoverarla a Catania, poi no, e via, un’altra volta, verso Ragusa. La bambina muore. L’attesa gioiosa per la nascita della bimba si trasforma, in poche ore, in tragedia. La notizia fa il giro dell’informazione nazionale e non solo. Comincia la ricerca del colpevole. Il Presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta punta il dito sull’operato dei medici, affermando che la struttura della sanità funziona

egregiamente. Per la cronaca, ricordiamo che la clinica Gibiino fa parte del sistema sanitario regionale, tant’è vero che nei giorni scorsi le è stato revocato il permesso di funzionare come centro ostetrico. La caccia al responsabile continua. La rappresentante dell’Aiop, Barbara Cittadini, non entra nel merito ma dichiara che bene ha fatto Crocetta ad annunciare che le cliniche devono avere un reparto di terapia intensiva. Cittadini è stata gradevole assessore alla Sanità di questa regione. La curiosità è di capire cosa le abbia impedito di rendere obbligatorie le terapie intensive nelle cliniche, all’epoca. A questo punto, sarebbero interessanti anche i numeri sui ricoveri che arrivano agli ospedali pubblici dalla sanità privata. Ad ogni modo, l’Aiop trova questo originale argomento, a

caldo. Gli ispettori del Ministero della Sanità inviati da Roma (Crocetta reclama di averli chiamati lui), avrebbero scoperto che quel che manca a Catania è una rete di emergenza attiva nella provincia di Catania, che la Clinica ha cercato si informazioni per un posto in terapia intensiva, ma senza fornire il grave quadro clinico della bimba. Forse la ricerca è stata fatta da una segreteria e non da personale medico informato? E quindi riassumiamo la storia in volgare: Un ginecologo e presumibilmente un pediatra fanno nascere una bimba, questa va in crisi respiratoria, non riescono a stabilizzarla, e dopo tre ore di vita la bimba muore, pochi minuti prima di entrare nell’ospedale di Ragusa, cento chilometri ma anche poco meno di due ore di viaggio dalla clinica Gibiino

di Catania. Grazie alla vituperata Roma si scopre che il sistema di ricovero nei reparti di alta specializzazione dipende ancora da carta, penna e telefono, nonostante in campo informatico sia hardware che software abbiamo competenze sovrabbondanti. Per dirne una, abbiamo persino una società regionale costosissima che fa solo questo: servizi informatici per aziende pubbliche, come gli enti locali e gli ospedali. E poi una certezza: in clinica si sta comodi, ma se ci sono problemi, ti puoi salvare solo in ospedale. Ora, piangiamo pure. La morte della piccola Nicole fa male. Dovrebbe fare ancora più male sapere che non siamo in grado di gestire la nostra economia, la nostra terra, e nemmeno la nascita dei nostri figli. Tra qualche giorno, il silenzio calerà di nuovo. Il rimpallo di responsabilità sarà atroce e sistematico. Non siamo meridionali gioiosi. Siamo siciliani incoscienti. E dovremmo smettere di essere cittadini a singhiozzo. Abbiamo una politica e un’imprenditoria che troppo spesso producono morte. E su quella, lucrano. I cittadini coscienti dovrebbero invece impedire ogni giorno che si possano verificare crisi di sistema. Impediscono che i propri figli muoiano senza nemmeno provare davvero a salvarli. E lavorano davvero perché le cose brutte non accadano. Anche perché andare in Paradiso sarà pure gratificante per l’anima, ma il passaggio per la Terra gradiremmo che sia esteso e felice.

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FEBBRAIO 2015 - Giarre

Bonaccorsi il sindaco solitario e il partito dei seduti di Augusto Bianchi L’allargamento del gruppo consiliare di Articolo 4 ha agitato le acque della palude politica giarrese, e per il sindaco Bonaccorsi che cercava di non dimenarsi per non affondare più velocemente adesso sono guai. Otto consiglieri sono tanti e sarebbe stato curioso in altri tempi che un gruppo così vasto si creasse così rapidamente, con componenti provenienti in maniera uguale dai due schieramenti che si sono contesi la guida della città. In realtà tutti e otto e i restanti 8 della maggioranza appartengono al medesimo blocco di potere che ha governato e deciso le sorti –rovinose- di Giarre in questo decennio. Sono rappresentanti di quei pezzi di società che ha goduto delle vittorie (e ad esse ha contribuito) del partito del potere quello sull’asse Firrarello-Lombardo, in fondo NCD e Articolo4 non sono altro che i firrarelliani e lombardiani, la galassia di quelli che, chiunque governi, sono sempre seduti. Il Partito dei Seduti lo si potrebbe chiamare, quelli che conosco le segreterie giuste, al momento giusto, con l’amico giusto. Tra loro si chiamano democristiani, ma dei de-

Il sindaco di Giarre Bonaccorsi mocristiani c’è solo la gestione clientelare dei voti, manca la testa dei Moro, dei Fanfani, dei Dossetti. A far notizia quindi non deve essere il fatto che sono in tanti, ma che l’amalgama di potere non funzioni. Perché non si risolve tutto in un rimpasto e via a dividersi la torta? Perché il il punto è anche questo, se è vero che nella dissestata Giarre c’è una torta, loro, i seduti, vogliono averne una fetta. Articolo 4 a Giarre gioca due partite, una in conto proprio, una in conto terzi. Una per la torta, l’altra per

il peso su altri tavoli dei numeri dei deputati di riferimento. L’aver creato un gruppo così vasto però squassa gli equilibri maggioranza-opposizione –gli equilibri sono tutto per mantenere il potere- e mette alle strette il sindaco con un documento troppo critico. Bonaccorsi non è un vero timoniere, al più si orienta sulle carte. Il carattere dell’uomo fa il politico, così Bonaccorsi, restio a soccombere su tutta la linea, con un rimpasto pacificatore, ha due scenari: sfidare volta per volta il consiglio sui

Il municipio di Giarre singoli provvedimenti e cercarsi i voti –con un’opera di difficile di mediazione- o tirare per aria il tavolo, rassegnare le dimissioni e perché no chiedere fiducia agli elettori da una posizione di forza, di chi per non sopportare ricatti rischia tutto e torna al voto. Le dimissioni ventilate possono essere anche un bluff per far addivenire a più miti consigli i “seduti” consiglieri di Articolo4, si sa come nessuno che abbia una poltrona tutta sua ami un nuovo giro del gioco della sedia. Gran parte delle cause di questa crisi

del consiglio comunale di Giarre, che ignora del tutto le condizioni della città, sono nella incapacità di Roberto Bonaccorsi di farsi uomo politico che sa condividere le scelte e il potere. Facendo un elogio della solitudine De Andrè chiarì che “ci sono persone che la solitudine non se la possono concedere, i vecchi, i malati, il politico, il politico solo è un politico fottuto, perché lui ha bisogno degli altri, gli altri magari non hanno bisogno di lui, ma lui se non ci sono gli altri è fottuto in partenza”.

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FEBBRAIO 2015 - Niscemi

Contrordine. Il Muos non si farà. Almeno per ora di Liliana Blanco I comitati, le associazioni, le donne, i cittadini hanno vinto. Il Tar ha bloccato il Muos. Con la sentenza n. 461 del 2015 il Tar di Palermo ha accolto i ricorsi proposti contro l’installazione del Muos a Niscemi. Il Tribunale amministrativo ha, infatti, ha dichiarato che le “revoche” delle autorizzazioni operate dalla Regione Siciliana nel marzo 2013, erano da qualificare come annullamenti in autotutela con effetto definitivo. Inefficace, quindi, la successiva revoca delle revoche del 24 luglio. Secondo i giudici il sistema sarebbe pericoloso per la salute dei cittadini, ipotesi caldeggiata da tempo anche dai tanti comitati locali sorti contro il Muos. Nella sentenza della prima sezione del Tar di Palermo presieduta da Caterina Criscenti, si legge che lo «studio dell’Istituto superiore di sanità costituisce un documento non condiviso da tutti i professionisti che hanno composto il gruppo di lavoro e - fatto ancor più significativo - risulta non condiviso proprio dai componenti designati dalla Regione siciliana, Mario Palermo e Massimo Zucchetti». I due esperti, con una loro autonoma relazione allegata allo studio Iss, evidenziano, fra l’altro, che rimangono aperte le valutazioni predittive in campo vicino, per le quali la stessa relazione principale dell’Iss dà atto trattarsi di un campo molto esteso vista la dimensione delle antenne e di non avere a riguardo informazioni specifiche. Inoltre, non sarebbe stata ben indagata nello studio Iss neppure la reale dimensione del rischio alla salute». Il Tar, ha poi rigettato i ricorsi proposti dal ministero della Difesa contro i suddetti annullamenti, ritenendo che la regione avesse ben operato nell’annullare le autorizzazioni stante che tutte le perizie esperite in corso di causa dimostrano

come l’impianto sia rischioso per la salute e per il traffico aereo degli aeroporti di Comiso, Sigonella e Catania. Poiché l’annullamento opera con effetto “ex tunc” come se le autorizzazioni non siano mai venute in essere, i lavori compiuti dalla Marina Statunitense sono da considerare integralmente abusivi in quanto iniziati e proseguiti in assenza di autorizzazioni. Anche l’ultrattività delle autorizzazioni paesaggistiche prevista dal “Decreto del Fare” non ha efficacia nel caso in questione posto che i lavori erano stati interrotti prima dell’entrata in vigore della norma e, comunque, erano privi di valida autorizzazione. Ora le amministrazioni coinvolte dovranno dare esecuzione alla sentenza del Tar e i Comitati No Muos sono pronti a diffidare tutti gli Enti interessati affinché non vi siano defezioni. Grande soddisfazione esprime il Coordinamento Regionale dei Comitati No Muos che ha creduto sin dal primo mo-

mento in questa battaglia e che evidenzia come questa sentenza dia ragione a tutti quegli attivisti che in questi anni si sono battuti per evitare che i lavori abusivi andassero avanti. Gli attivisti e i comitati, pagando il prezzo di denunce e sanzioni, hanno tenacemente portato avanti una lotta dal basso per difendere il territorio e la salute della popolazione messi in pericolo da un impianto di guerra, del quale è stata più volte denunciata anche l’incostituzionalità. La sentenza di oggi riaccende le speranze di tutti coloro che credono nella Sicilia come ponte di pace e non come avamposto di guerra. Immediata la risposta del M5S che in una nota dice: “Il Muos fa male alla salute”, una verità che il Movimento 5 Stelle predica da anni e che ora viene ribadita dal Tar, accogliendo un ricorso del comune di Niscemi. Esultano i deputati all’Ars del Movimento 5 stelle, che da sempre si battono per fermare il sistema radar

Usa con innumerevoli iniziative. “Lo diciamo da anni”, afferma il presidente Cinquestelle della commissione Ambiente, Giampiero Trizzino. “Lo abbiamo dimostrato in tutte le maniere: il Muos fa male alla salute. Società civile e scienziati illustri si battono senza tregua per dimostrarlo. Adesso che a siglare la pericolosità del Muos arriva anche la decisione del Tar, Crocetta, non ha più attenuanti, smantelli da domani l’impianto militare di Niscemi”.Dello stesso tenore il commento del deputato Francesco Cappello.”A stare con gli americani - dice a Crocetta - non ci si guadagna nulla. Sarebbe stato sufficiente fidarsi della giustizia italiana. Ora si inchini alla sentenza e la esegua”. “Se agli americani il Muos piace così tanto, se lo costruiscano davanti la Casa Bianca. Anche la Commissione Europea ha risposto che sta indagando direttamente, considerando nulli i giochetti politici che ha sin ora portato

avanti il Governo regionale siciliano”. Commenta così l’eurodeputato M5S Ignazio Corrao la decisione dei giudici del Tar di Palermo che hanno accolto il ricorso presentato dal Comune di Niscemi (Caltanissetta) contro la realizzazione del Muos, il sistema di comunicazioni satellitari in fase di realizzazione Sicilia. La battaglia contro la costruzione del ciclopico sistema di antenne della Marina Militare statunitense nel territorio SIC di Niscemi, è stato uno dei primi punti dell’attività del giovane eurodeputato alcamese che già all’indomani dall’accesso al Parlamento Europeo, ha siglato subito diverse interrogazioni alla Commissione Europea. “Le stesse dimensioni del Muos possono essere rapportate alla macroscopica sudditanza che il Governo siciliano, di concerto con i rappresentati a livello ministeriale e parlamentare, hanno mostrato nei confronti della politica americana. Peccato però che proprio chi ha fatto marcia indietro nei palazzi del potere palermitano, avesse più volte additato il muos in campagna elettorale come mostro da abbattere, salvo poi ritrattare non appena eletto. La nostra missione si concluderà però solo quando anche le altre 46 antenne attive nella riserva naturale, vengano anche queste dismesse e disattivate. L’impegno del Movimento 5 Stelle in Europa, in Parlamento nazionale ed in Sicilia è quello di riportare la riserva naturale della sughereta di Niscemi ad avere una denominazione degna di questo nome e non una riserva per antenne. Sulla vicenda oggi si compie quindi ancora un passaggio importante. Il Muos – conclude Corrao - è una macchina di morte e porteremo avanti con fermezza la battaglia nello stoppare l’attivazione di questo scempio”.

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FEBBRAIO 2015 - Messina

Burrascano denuncia le “spese pazze” di Messinambiente di Giovanni Frazzica Il Megafono riaccende i riflettori sulla gestione Ciacci di Messinambiente e tira fuori le cifre e su acquisti anche senza gara d’appalto e sul nuovo incarico dato alla società di Raphael Rossi. Contro questa situazione si scaglia il consigliere comunale del Megafono Angelo Burrascano chiedendo la rimozione immediata del manager toscano. Troppa poca la trasparenza su spese e benefit di cui ha goduto Ciacci in questi anni, come i quasi cinquecento euro spesi per una cena il 30 giugno scorso come gli oltre 1000 euro per i mezzi di viaggio per un totale di oltre di dodici mila euro che sommate alle spese di ospitalità ed ai pranzi e alle cene, si superano i ventitre mila euro. Il periodo considerato va dal marzo al novembre del 2014, mesi in cui anche i collaboratori di Ciacci hanno goduto di viaggi, pernottamenti in alberghi e cene per oltre diciassette mila euro. Burrascano non ritiene accettabile tale stato di fatto e pertanto chiede l’intervento dell’autorità anticorruzione e della Corte dei Conti e intende andare oltre. Rievoca infatti una interrogazione fatta l’8.9.2014 con cui chiedeva spiegazioni sui 400mila euro spesi per acquistare degli auto compattatori usati, arrivati a Messina tramite una trattativa privata eludendo le norme sugli appalti e sui servizi. Nel pesante documento preparato da Burrascano, trova spazio anche il consulente Raphael Rossi che è a capo della società Re Sources, con cui Messinambiente ha una collaborazione per circa trentun mila euro per cinquanta giorni lavorativi. A conclusione Burrascano chiede la rimozione immediata del liquidatore della partecipata. Anche la consigliera Nina Lo Presti, già sostenitrice di Accorinti, scrive all’Anticorruzio-

La sede di Messinambiente e a destra Angelo Burrascano ne: “Accendete i riflettori sulle anomalie del Teatro”. Nel mirino della battagliera esponente del civico consesso le direzioni artistiche retribuite nonostante un avviso pubblico a titolo gratuito del 2013, e le presunte incompatibilità del Presidente e del sovrintendente. Dopo aver presentato ben due interrogazioni al sindaco in merito ad alcune anomalie riscontrate al Teatro Vittorio Emanuele la Lo Presti ha deciso di presentare un esposto all’Autorità anticorruzione, alla Regione, al Ministro degli Interni ed al Prefetto. La sua prima interrogazione al sindaco risale al 30 luglio e si poneva interrogativi “circa la legittimità delle deliberazioni del 08/07/2014 del Cda del Teatro Vittorio Emanuele che affidava incarico di due anni, con possibilità di rinnovo per la direzione artistica sezione prosa a Ninni Bruscetta corrispondendo un emolumento pari a euro 32.000,00 lordi e sezione musica a Giovanni Renzo con emolumento pari a euro 32.000,00 lordi. Le deliberazioni di cui sopra potrebbero essere state approvate in difformità

alle condizioni di cui all’avviso pubblico del 03/12/2013 con cui l’ente rendeva nota l’intenzione di acquisire manifestazione di interesse per la nomina a titolo gratuito a Direttore artistico della sezione musica e della sezione prosa”. La Lo Presti dice che le motivazioni dell’avviso erano collegate alla grave situazione finanziaria dell’Ente che infatti nel bando scriveva: “considerata la complessa situazione finanziaria, amministrativa e gestionale in cui versa, registrata l’assenza di figure professionali dirigenziali nei settori di attività indicati, considerata la necessità di superare le diverse criticità di poter offrire un contributo al mantenimento ed al rilancio dell’offerta culturale dell’Ente”. Il 15 ottobre la seconda interrogazione, per chiedere lumi sulla possibile condizione d’incompatibilità del presidente Maurizio Puglisi, che è anche presidente di quell’associazione nutrimenti terrestri della quale fa parte, come socio Ninni Bruschetta, direttore artistico del Teatro. “Nell’interrogazione si chiedeva se fossero state

disposte le dovute verifiche sul rispetto degli obblighi previsti dalle normative di riferimento in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi pubblici per il doppio incarico ricoperto dal dr. Puglisi nella sua qualità di Presidente dell’Ente Teatro V.E.,nominato con determina sindacale n.13/75 del 30/08/2013 e di presidente dell’associazione “Nutrimenti Terrestri” registrata con forma giuridica di associazione di impresa come risulta da certificazione della Camera di Commercio del 25/09/2014 nella quale il Puglisi risulterebbe ricoprire la carica di presidente dal 15 ottobre 1998 a tutt’oggi, salvo diverse modifiche intervenute successivamente alla data in cui viene fornita la risposta all’interrogazione del Sig. Sindaco di Messina”. Nella nota la Lo Presti sottolinea che l’associazione “Nutrimenti Terrestri” esercita l’attività di produzione di films didattici, culturali, sportivi e giornalistici, distribuzione e sviluppo del cinema e dello spettacolo e che il Teatro esplica la propria prioritaria attività,

nei settori della musica, lirica balletto, prosa, e inoltre nei settori della formazione, cinema, attività espositive, conservative, convegnisti che, editoriali e di altri generi di spettacoli. Accorinti risponde alla Lo Presti a novembre, ma la sua risposta non fuga i diversi dubbi di legittimità sorti, in quanto l’Avviso per la presentazione delle manifestazioni di interesse non è mai stato revocato, né è stata fornita alcuna motivazione sulla scelta di nomina dei Direttori Artistici attraverso una procedura diversa da quella pubblicizzata. Le nubi restano, i ricorsi seguono il loro iter, ma la gente è infastidita dalle troppe cose che non vanno, il fermento serpeggia anche nell’associazionismo e nei partiti. Nel Pd, civatiani, Lab-Dem e Popolari in Movimento non si rassegnano a tacere, in tal senso il responsabile comunale dell’area Civati, Rafael De Francesco, appare determinato a dare voce al dissenso che prolifera nel del Pd dove, frattanto, corre voce della imminente probabile cessazione della custodia cautelare in carcere dell’on. Genovese.

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FEBBRAIO 2015 - Messina

Antonio Gaudioso celebra gli 8 anni di vita di CittadinanzAttiva La cornice era la sala consiliare di Palazzo dei Leoni, quella dove i dirigenti messinesi di CittadinAnzattiva si sono riuniti per incontrare il segretario nazionale Antonio Gaudioso e il segretario regionale Giuseppe Greco. Il coordinatore provinciale di Messina, Giuseppe Pracanica, ha introdotto i lavori dell’assemblea ricordando le numerose iniziative che hanno visto l’associazione protagonista a partire dalla sua comparsa, avvenuta il 22 giugno 2007, ed ha distribuito un opuscolo che conteneva una sintesi delle attività svolte sul territorio. La costituzione del Tribunale dei diritti del malato, lo snellimento della procedura burocratica per il riconoscimento dell’invalidità civile, l’attività di denuncia dello scempio dell’affaccio a mare a Messina sud e lungo il litorale della penisola di San Raineri sono solo

Antonio Gaudioso alcune delle tante battaglie civili intraprese dai volontari di CittadinanzAttiva in questi otto anni. Sono seguiti gli interventi di Giovanni Frazzica, Andrea Cucinotta, Enzo Terzi, Pietro Materia e Salvatore Vernaci, che ha sottolineato le enormi critici-

tà dell’attuale amministrazione comunale richiamandone alla memoria il programma preelettorale ed evidenziando le notevoli discrepanze tra le numerose promesse fatte alla vigilia delle elezioni in nome di un “cambiamento dal basso” e quanto finora

realizzato nell’ingenua pretesa di curare i mali della città con isole pedonali e piste ciclabili. Giuseppe Greco ha identificato l’enorme mole di lavoro prodotta dai volontari come l’espressione del bisogno di legalità in un territorio che regredisce e

ha espresso il desiderio che le nuove generazioni si facciano portavoce di tale bisogno, partecipando attivamente alla vita istituzionale. In conclusione Antonio Gaudioso ha rivolto un saluto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricordando che a suo tempo è stato uno dei primi attivisti dell’Associazione. Il presidente Gaudioso ha poi elogiato la comunità messinese per la vivacità delle sue azioni, rivolgendo un ringraziamento particolare anche alle famiglie degli attivisti, poiché il tempo che essi spendono al servizio della comunità è spesso sottratto alla vita familiare. Ha infine menzionato le attività in itinere di CittadinanzAttiva in campo nazionale a favore della messa in sicurezza dell’edilizia scolastica e della riforma del Terzo settore. Pietro Frazzica

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Il Paginone d i Sal vo Ardizzo ne La decisione ormai è presa e la scusa è già bell’e pronta: a breve partirà una massiccia operazione militare in Libia, con tanto di “boots on the ground”; e sarà una missione di “peace-enforcing”, d’imposizione della “pace”, cioè una missione di guerra vera e propria, ovviamente sotto l’egida dell’Onu che, con tutta probabilità come in passato, appalterà questo lavoro sporco alla Nato. La motivazione, al di là dello sciocchezzaio assordante di media che straparlano di Isil e “califfato”, è in quel petrolio e gas divenuti troppo preziosi con tante crisi in giro (vedi Ucraina tutt’altro che pacificata) perché possano essere lasciati sotto la sabbia. Diciamo questo per fare chiarezza nella cortina di disinformazione che circonda il caso Libia; un problema creato da un Occidente avido quanto ipocrita; lasciato incancrenire da chi, dopo esser stato tanto pronto a sganciar bombe, non avendo ottenuto immediati dividendi, se ne è disinteressato; aggravato dalle potenze regionali, che hanno trovato comodo combattervi le loro guerre per procura; ora, divenuto irrisolvibile, col consenso (e l’interesse) di tutti, avviato a una sanguinosa “normalizzazione” sotto gli stivali dei soldati e i cingoli dei carri. Il dramma libico s’inquadra in quello più grande delle cosiddette “Primavere”: una stagione di in-

Guerra all’Isis in Libia: è sempre gerenze esterne volte a rinnovare la presa su diverse Nazioni, impedendo che le autentiche spinte popolari prendessero vie autonome. Ora, in Tunisia ed Egitto il cerchio s’è già chiuso con la restaurazione dei vecchi blocchi di potere e la distruzione o l’emarginazione delle opposizioni; per la Libia è stato un caso a parte, ad oggi ancora aperto. Quando gli aerei della coalizione e le armi ed il denaro del Golfo permisero alle bande di rivoltosi di eliminare Gheddafi, il Paese prese a sprofondare nel caos: nessuno di quelli che avevano contribuito a realizzare quel disastro (Francia e Inghilterra in testa, leste a partire per scalzare l’Eni e l’Italia dalla Libia) fece qualcosa per riparare al danno gestendo la ricostruzione di uno Stato. Così, l’assenza d’un serio impegno politico ed economico d’una comunità internazionale, pronta a gettar bombe ma non ad assumersi le responsabilità dei propri atti, ha lasciato le gracilissime istituzioni libiche in balia delle milizie mai disarmate, determinandone il completo collasso. Non è stato un evento improvviso: fino agli inizi del 2013 lo scenario attuale era assai probabile ma non ancora scritto; il fatto è che dal 2011, dopo l’abbandono di Francia e Inghilterra, che si son rese conto che mettere le mani su quel petrolio e gas era tutt’altro che semplice; l’inconsistenza dell’azione italiana, che pure

fra idrocarburi, commesse per le aziende e la piaga dell’immigrazione clandestina, di interessi ne aveva assai più degli altri; la solita inconcludenza dell’Onu; diverse potenze regionali hanno esportato in Libia le loro contrapposizioni, facendone un terreno di scontro. Semplificando al massimo per non annoiarvi, si sono andati coagulando due schieramenti: da una parte le milizie più o meno vicine alla Fratellanza Musulmana unite a quelle di Misurata, che si ritengono le vere depositarie della rivoluzione e si riconoscono nel Governo ora insediato a Tripoli, sono sostenute da Qatar, Turchia e Sudan; dall’altra i rimasugli del vecchio Esercito, le milizie di Zintan, i federalisti delle Cirenaica, parte delle tribù Tabù del sud ed altre milizie raggruppate dal generale Haftar (un vecchio arnese protetto per anni dalla Cia), che proclamano di voler ricostruire il Paese e si rifanno al Governo insediato fra Tobruk e al-Bayda, sono sostenute apertamente da Egitto, Emirati ed Arabia Saudita, con dietro Francia e Inghilterra che scalpitano per rientrate in gioco e l’appoggio degli Stati Uniti. Fuori da questi schieramenti, ma all’occorrenza alleate della Fratellanza contro il comune nemico Haftar, c’è una galassia di movimenti qaedisti. In questo caos fatto d’assenza totale di istituzioni, violenza sempre più diffusa e mancanza d’un qualsiasi riferimento politico, le formazioni qa-

Attivisti dell’Isis portano alcuni prigionieri sul posto del ediste si sono sviluppate rapidamente ed altre vi si sono infiltrate perché espulse dal Mali e dal Ciad dai paras e legionari francesi. In Libia, Ansar al-Sharia esiste ormai da anni: s’è radicata nei pressi di Derna e s’è infiltrata nella Cirenaica; intrattiene rapporti stretti con le organizzazioni consorelle del Maghreb e del Sahel (che pure esse si sono installate in quella immensa terra di nessuno che è il deserto libico) e ad oggi conta su circa 5mila miliziani ben armati e organizzati che, insieme a quelli di altre formazioni, sono riuniti in un potente gruppo “ombrello” (Consiglio dei Rivoluzionari della Shura di Bengasi) per resistere all’attacco di Haftar. Ma ad esser chiari, la matrice

vera di questi gruppi è criminale; attraverso il controllo del territorio, accordi con organizzazioni e cartelli internazionali e le alleanze con le tribù touareg, controllano tutti i traffici che vi passano: le armi predate dai depositi di Gheddafi; la droga che viaggia per la cosiddetta “autostrada 10”, un canale che dalle coste dell’Atlantico attraversa il Sahel lungo il 10° parallelo e piega fino alle coste del Mediterraneo per arrivare in Europa; la tratta di esseri umani (che ci riguarda assai da vicino) e, negli ultimi anni, il fiorentissimo contrabbando di petrolio dai pozzi del deserto. Fino a qualche tempo fa era alQaeda il marchio che dava più prestigio, e per questo ricerca-

Le coste agrigentino porta della Sicilia per l’avanzata dell d i Franco Ca st a ldo L’Isis ormai è a portata di mano. Anzi, a portata di costa. La paura e la tensione crescono a dismisura. Preoccupazione viva, materializzata, concreta. L’avanzata dei terroristi islamici dell’Isis fa paura all’Italia. La città di Sirte, importante snodo portuale della Libia, sarebbe in mano agli integralisti che continuano a conquistare terreno della terra un tempo governata dal colonnello Gheddafi. E proprio la caduta di Gheddafi ed il vuoto di potere creatosi, anche se a dire il vero esiste un governo libico, ma debole e avversato da fazioni, tribù e clan, che gestiscono per conto proprio le diverse zone del paese. Il caos insomma dopo le finte primavere arabe…e in tutto questo caos sta avendo vita facile l’avanzata delle truppe del califfato islamico che oramai sono davvero a poche miglia di mare dalle coste siciliane. Lampedusa in particolare sarebbe la più esposta vista la vicinanza con le spiagge libiche. Il ministro Roberta Pinotti ha detto a chiare

lettere: “L’Italia manderà 5000 soldati in Libia sotto l’egida delle Nazioni Unite. Accanto agli italiani ci saranno francesi, inglese e contingenti africani. Non si tratterà di una operazione di interposizione fra fazioni in lotta, come in Libano o nei Balcani, i soldati italiani avranno un compito ben più difficile: imporre la pace con le armi, peace enforcement nel gergo militare”. L’ombra nera dell’Isis che, dalle coste libiche, si affaccia sulla Sicilia. è portatrice di terrore A confermare le preoccupazioni da una radio libica hanno ricordato all’Europa che basta un missile Scud per colpire Roma, figuriamoci la Sicilia e le sue isole minori nel Canale. Già, i missili Scud, una storia già vista. Era il 15 aprile 1986 quando Gheddafi ordinò il lancio di missili contro Lampedusa, in risposta all’attacco degli Usa, per colpire l’installazione militare «Loran». I due Scud libici, però fallirono il bersaglio, un primo esplose in mare a 2 km a nord-ovest e il se-

condo a 2 km a sud-ovest dalla base di Capo Ponente. Quell’incubo ora sembra tornato. In una dichiarazione riportata dall’agenzia Ansa, il ministro Pinotti ha dichiarato: “L’Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell’area, europei e dell’Africa del Nord, per fermare l’avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l’Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente”. E mentre non si arresta l’ondata di sbarchi di migranti a Lampedusa ed il Centro di accoglienza dell’isola che può ospitare un massimo di 400 persone è arrivato, invece, a contenerne oltre il triplo, l’emergenza è di nuovo massima. Dalla Libia è già iniziata la fuga di massa dei

migranti, come temevano analisti, 007 ed esperti del Viminale che nei giorni scorsi avevano lanciato l’allarme. L’assenza di un governo saldo a Tripoli, l’avanzata dell’Isis e il migliorare delle condizioni meteo rischiano infatti di Angelino Alfano e il sindaco Nicolini innescare un esodo dalle coste del paese nordafricano, che inevita- no sono sbarcate 2165 persone bilmente finirebbe per riversarsi (più 29 cadaveri) (1171 in occasull’Italia. sione di operazioni coordinate L’ultimo sbarco e di qualche dalla Guardia Costiera, 441 tragiorno fa: 642 migranti (tra cui sferiti da Lampedusa con nave di 35 donne, di cui 1 incinta e 19 linea e 13 rintracciate a terra dopo minori), provenienti prevalente- sbarco autonomo). Nel 2014 sono mente da Siria, Somalia, Nigeria, stati 15.269 i migranti (più 21 caEritrea, Pakistan, Marocco, Mali, daveri) sbarcati a Porto EmpedoSudan e Ghana, recuperati nel cle in occasione di 58 operazioni Mar Libico dalla nave della Mari- di trasbordo o sbarco, coordinate na militare italiana “Orione”. dalla Capitaneria di Porto - GuarSi tratta del quinto sbarco di mi- dia Costiera, che hanno interessagranti nel 2015 coordinato dalla to 66 unità navali, cui si aggiunCapitaneria di porto di Porto Em- gono 2.065 migranti trasferiti a pedocle, dove dall’inizio dell’an- bordo del traghetto di linea per le

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pre più e solo un affare di petrolio e gas

posto dell’esecuzione e a destra manifestazione dell’esercito del califfato to dalle bande di tagliagole: con quello si davano importanza, infoltivano i propri ranghi e accrescevano la propria deterrenza; ora è il “brend” dell’Isil ad essere assai più attraente, per questo, anche grazie a continue scissioni fra quelle bande unite solo dall’interesse, sono circa in 2mila ad aver scelto le “bandiere nere”, insediandosi a Derna e attirando le adesioni di gruppi di predoni da molte parti del Paese: come si vede, la loro forza è a tutt’oggi risibile rispetto a quella delle altre milizie (che si conta anche a decine di migliaia), con cui peraltro non hanno alcuna collaborazione. E qui s’arriva al cuore del discorso: la mediazione dell’inviato dell’Onu, Bernardino Leon, ha

mostrato tutta la sua inconcludenza sia per la debolezza con cui è stata condotta, sia perché la situazione è talmente degenerata che non esistono più interlocutori, sia perché in realtà non interessava a nessuno che avesse successo. Gli stessi Governi, a Tripoli e a Tobruk, sono semplici fantocci senza alcun controllo sulle milizie e ancor meno sul territorio. Nel frattempo, gli scontri fra le due fazioni si sono moltiplicati per il possesso dei campi di petrolio e di gas, dei terminal e delle infrastrutture (ormai abbandonate dalle Major tranne l’Eni, l’unica ad essere ancora operativa) e di città vitali come Bengasi. Il disegno che è andato maturando è quello di un’azione militare

sotto la solita foglia di fico ipocrita dell’Onu, che appoggi l’ectoplasma di Governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale. Ma in assenza di interlocuzione con l’altra parte (che in realtà praticamente non esiste), si tratta di una missione di guerra, anzi, d’occupazione bell’e buona e occorre una scusa da dare in pasto alle opinioni pubbliche e fornisca una motivazione “ufficiale”. E di questi tempi, quale migliore della solita minaccia del “terrorismo”? Ed ecco che quasi dal nulla, mentre in molti punti della Libia si combatte aspramente e a nessuno importa, spuntano le “bandiere nere” dell’Isil. Dapprima occupano il campo petrolifero di Mabrouk, abbandonato da Total e dalla compagnia libica di Stato; un’operazione che gli mette in mano la disponibilità di circa 75mila barili giornalieri da destinare al contrabbando con l’Egitto. Poi eccole a Sirte. A muoversi non è stata una forza irresistibile, tutt’altro: 35 fra pick-up e mezzi leggeri con poco

più d’un centinaio di miliziani, in massima parte bande locali di predoni che si sono appiccicate le insegne del “califfato” per l’occasione, sostenuti da alcuni “consiglieri” giunti da Derna. Sirte era praticamente indifesa perché non era zona di guerra, con poche pattuglie del Lybian Shield (una milizia ombrello che parteggia per il Governo di Tripoli) che si sono dileguate prima del loro arrivo. E chiariamolo subito, a dispetto dei tanti articoli dei media, la città non è affatto sotto il completo controllo di quella gente, come ha detto il nostro ambasciatore Buccino al suo arrivo a Roma, senza essere ripreso dalle agenzie. Quel gruppo s’è limitato ad insediarsi in alcuni punti per montare “l’evento”. Da qui è partita una campagna mediatica ossessiva quanto isterica, che riempie giornali e Tv con un’epocale minaccia del “califfato” a Italia ed Europa; l’Ambasciata italiana (l’unica che era ancora aperta) è stata chiusa ed è stato dato l’ordine di rimpatrio per tutti gli italiani; i politici si sono sperticati in dichiarazioni per un intervento armato, compresi i Ministri di Esteri e Difesa, mentre è sceso un velo totale sugli altri sviluppi della situazione. Dopo l’accelerazione che ha messo in piazza ciò che era già stabilito, ci sono state le ovvie frenate di chi non vuole “bruciare” l’operazione prima che ognuno degli attori si sia posizionato

al meglio per il dopo, vedi le dichiarazioni di Renzi, Hollande e dei vertici di Usa e Gran Bretagna, che hanno demandato tutto all’Onu. Appunto, il luogo dove si prenderanno quegli accordi. In poche parole, con la scusa dell’Isil, vedi caso improvvisamente materializzatosi in poche centinaia di predoni che se ne sono appiccicate le insegne, Egitto, Golfo, Francia, Inghilterra e compagnia, attaccheranno le milizie che si rifanno alla Fratellanza per mettere le mani sul petrolio e gas, col pieno beneplacito di Tobruk che ne avrà le briciole. E l’Italia, questa volta, preme per essere in testa all’operazione e rivendicarne i frutti, come è chiaro fin dalla visita di Renzi al Cairo e il suo pieno appoggio ad al-Sisi. È evidente che le lezioni di Iraq e Afghanistan non hanno insegnato nulla: sulla carta non ci dovrebbe essere storia per gli avversari, ma solo sulla carta perché sarà un pantano sanguinoso in cui non esiste parte e controparte ma solo bande affamate di denaro, da cui sarà difficilissimo uscire. Il Popolo libico, dopo anni di sofferenze, distruzioni e sangue causati dall’avidità di potenze vicine e lontane, nel migliore dei casi (ma proprio nel migliore) tornerà sotto il servaggio e l’assoggettamento, stavolta di stranieri venuti per sfruttare le sue ricchezze. E anche in Libia il cerchio delle “Primavere” sarà chiuso.

dell’Isis: e dopo 29 anni torna la minaccia dei missili Scud

Il centro accoglienza emigranti di Lampedusa, i gruppi di soccorso dei migranti e l’arrivo della nave Orione isole Pelagie e 125 migranti intercettati in mare, o rintracciati a terra dopo lo sbarco, in occasione di 10 operazioni di contrasto al fenomeno migratorio che hanno coinvolto personale e mezzi della Guardia Costiera, per un totale di 17.459 persone (più 21 cadaveri) giunte a Porto Empedocle nel corso dell’anno. Una marea umana che sembra essere destinata a crescere a dismisura sino a toccare proporzioni bibliche. A Lampedusa, tra la gente, comincia a diffondersi la paura.

L’avanzata dell’Isis fino al golfo della Sirte, nel cuore del Mediterraneo, sta creando preoccupazione tra gli isolani, scossi già dalla massiccia ripresa di partenze di barconi carichi di migranti proprio dalla Libia, al centro dell’offensiva del Califfato. L’ex sindaco Totò Martello, a nome dei pescatori del Consorzio dell’isola afferma: «Purtroppo i Tg si occupano dell’Ucraina senza rendersi conto che la guerra ce l’abbiamo in casa. I pescatori stanno lavorando in un clima di terrore, il popolo di Lampedusa va difeso,

nessuno pensi di scherzare. Siamo in guerra». L’allarme viene rilanciato dalla Lega Nord attraverso Sergio Divina, vicepresidente della commissione Difesa del Senato: «La situazione in Libia obbliga il nostro governo a proteggere Lampedusa e Pantelleria con l’invio di battaglioni specializzati nella lotta al terrorismo e la Marina a schierare le fregate a protezione delle acque territoriali. Sirte e Derna in mano all’Isis vuol dire il Califfato a 200 km come la distanza tra Napoli e Roma. Bisogna che il ministro

Pinotti convochi, d’intesa con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, capo delle Forza armate, un consiglio supremo di difesa straordinario perché non possiamo lasciare le nostre frontiere del Mediterraneo alla mercè di possibili attacchi dell’Isis che possono arrivare tramite i trafficanti e gli scafisti». Il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, cerca di gettare acqua sul fuoco. «Non credo che i terroristi arrivino sui barconi: mi sembra un allarme surreale – afferma – Lo dimostrano gli attentati av-

venuti in Francia nei giorni scorsi o negli Usa in passato. Di solito chi li ha compiuti era proprio nato in occidente e non arrivato sui barconi». Ed è preoccupata che si «possa diffondere questa psicosi alla vigilia dell’inizio della stagione turistica». Dal canto suo il ministro dell’Interno Angelino Alfano assicura che «per le minacce del terrorismo abbiamo un monitoraggio permanente dei possibili rischi, l’allerta resta elevatissimo, abbiamo riunioni continue con forze dell’ordine e intelligence». Tuttavia, ricorda, «nessuno Paese, nessuno Stato è a rischio zero». Tutto questo avviene mentre il premier libico Abdallah Al Thani, ha detto alla radio tunisina Express Fm che membri dell’Isis e di Boko Haram hanno raggiunto o stanno raggiungendo i gruppi terroristici presenti in Libia, ed ha precisato che questi ultimi si starebbero avvicinando al confine con la Tunisia. Insomma, situazione esplosiva che merita l’attenzione massima dei nostri governanti.

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Edy Bandiera vince la sua battaglia e torna tra i banchi dell’Ars d i Rosa To ma rchio Edy Bandiera è tornato, per la seconda volta, a distanza di sei mesi, all’Ars. Stavolta ci starà molto più a lungo, anzi, probabilmente, sino alla scadenza naturale del mandato. Un anno, intanto, e forse ulteriori sei mesi, sei si tiene conto del tempo perduto a causa della “lentrocrazia” della giustizia nella politica. Il tutto farebbe presagire che Bandiera potrebbe rimanere comodamente seduto a Palermo sino alla vigilia delle prossime regionali fissate per il 2017. Il numero due di Forza Italia in Sicilia dice che la sua forza in più è stata il suo team di avvocati provetti: Luigi Borgia, Andrea Vinci e Claudio Vincenti. Già solo i cognomi erano ottimi preconizzatori. Insomma, il giovane deputato regionale non solo è dentro nuovamente all’Ars ma, lancia in resta, è ben in sella al suo progetto politico che non ha mai perso di vista il rilancio del centrodestra nel territorio e nell’isola. Progetto politico che, in realtà, non è stato mai abbandonato, anche una volta fuori dall’Ars, e neanche prima, quando Bandiera si autoescluse nel secondo round delle amministrative siracusane e dai “giochi politici” che subito gli si appalesarono qualche alla vigilia del ballottaggio GarozzoReale. Bandiera rinunciò alla vice sindacatura ed a titoli vari preferendo ritirarsi in buon ordine dalla scena per continuare, da uomo libero, a lavorare sottotraccia in tutti i comuni della provincia siracusana, cosi come nel resto della Sicilia, forte dell’ incarico di spicco nel partito

Edy Bandiera azzurro. A dare la notizia, stamattina, è stato proprio lui sulla sua pagina di Facebook. “Mi è sembrato il modo più veloce per farlo sapere a tutti gli amici che insieme a me aspettavano da mesi” - dice festante Bandiera che conosce a menadito la macchina amministrativa del Vermexio avendo ricoperto per cinque anni l’incarico di presidente del consiglio comunale durante la sindacatura Visentin. A Bandiera porta bene il numero 17. Non è la prima volta che accade qualcosa di lieto in questa giornata - ci confida riferendosi anche a fatti personali -. Sul piano politico, invece, riprendiamo il filo delle iniziative importanti per il territorio laddove avevamo lasciato lo scorso luglio - dichiara raggiante l’agronomo Bandiera -, torneremo ad impugnare così la causa sacrosanta dell’agricoltura e dello sviluppo di tutti quei servizi che ruotano attorno al comparto; continueremo a lavorare sul piano della difesa e della pro-

mozione del territorio secondo il modello ispiratore di sviluppo turistico e di valorizzazione della risorsa mare. Uno sguardo particolare verrà anche riposto ai trasporti, al “caro prezzo” nello Stretto di Messina”. Insomma, tantissima carne sul fuoco per il neo deputato regionale che ha ricevuto decine e decine di telefonate da colleghi nazionali e regionali, anche di altri partiti. “L’impegno sul territorio siracusano sarà costante - aggiunge Bandiera - dalla battaglia urgente del Viadotto della Targia alla soppressione delle ex Province che ha gettato nell’oblio lavoratori e cittadini. Torneremo a trattare anche il problema dell’acqua pubblica, in virtù della legge a Palermo, nonostante l’immobilismo e l’improvvisazione regnino sovrane nel governo Crocetta. So bene che non sarà facile, essendo noi opposizione a Siracusa, a Palermo ed a Roma, ma dovere ci impone di intervenire raccogliendo l’appello di chi crede

Pippo Sorbello ancora in una rinascita politica e sociale, lontani dai cacciatori di prebende che, frattanto, si sono spostati verso il centrosinistra, verso il potere”. E a proposito ancora di progetto politico: “Noi saremo dalla parte di chi non è a caccia di incarichi, - afferma Bandiera - staremo al fianco di chi sarà disponibile ad abbandonare terreni fertili dove abbondano sprechi e probabili clientele, e contro chi ha tradito rispetto agli impegni elettorali assunti. In tutti questi mesi non ho mai smesso di lavorare, pur sottotraccia, al rilancio del partito con l’apertura di circoli, iniziative comunali che si identificassero nel tempo con una seria alternativa al centrosinistra composta da una classe dirigente forte e credibile”. Giusto dire che Bandiera sia stato un po’ condizionato dai tempi lenti della giustizia nella politica? Si attendeva da mesi ma è stata emessa soltanto oggi dal Tribunale Civile di Palermo l’ordinanza che accoglieva in toto il

ricorso presentato dallo stesso Bandiera nei confronti di Pippo Sorbello, ex sindaco di Melilli, frattanto, condannato a quattro mesi di reclusione e all’interdizione per abuso d’ufficio per fatti risalenti al 2006. Una giornata di gioia naturalmente anche in casa Forza Italia. “Il reintegro dell’on. Edy Bandiera all’Assemblea Regionale Siciliana è motivo di gioia e soddisfazione per il partito. L’atteso pronunciamento del Tribunale Civile di Palermo rende giustizia ad un uomo di grande valore e al nostro movimento. A nome del coordinamento siciliano di Forza Italia e del gruppo azzurro all’Ars porgo all’amico Edy il più caloroso augurio di buon lavoro”, lo ha dichiarato il senatore Vincenzo Gibiino, coordinatore di Forza Italia in Sicilia. Va detto che Edy Bandiera approda all’Ars essendo stato primo dei non eletti nelle liste regionali dell’Udc, partito dello stesso Sorbello. Soltanto dopo il passaggio in Forza Italia.

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Ad Augusta il fronte della ritirata italiana dalla Libia Era scattata da poco la mezzanotte quando il catamarano maltese San Gwann della compagnia Virtus Ferries fa scalo al porto commerciale di Augusta con a bordo un centinaio di italiani evacuati dalla Libia. Italiani in fuga dal caos e dalla minaccia dell’Isis. Salvatore, un tecnico specializzato che da sei anni lavorava in Libia per conto di una multinazionale, è stato l’unico civile a scendere dal catamarano e guadagnare l’uscita dello scalo megarese. Ad aspettarlo all’entrata del porto commerciale c’era un suo nipote. “La situazione è critica - dice l’uomo visibilmente provato dal lungo e faticoso viaggio, incalzato dalle domande dei cronisti –. L’Isis è già da un pezzo che è a Tripoli, lo ha detto anche la televisione”. Nessun altro commento, mentre l’uomo sparisce a bordo di un’auto vengono completate le operazioni di sbarco alle quali i giornalisti non hanno potuto assistere in quanto tenuti fuori dal porto per questioni di sicurezza. Il personale civile e militare sono stati trasferiti al comando di Marisicilia per trascorrere la notte. Diverse le auto dell’Ambasciata Italiana con la targa libica sbarcate ad Augusta. A bordo anche i documenti della nostra rappresentanza diplomatica. Le operazioni di imbarco a Tripoli si erano svolte con grande discrezione sotto la vigilanza attenta dei circa 30 carabinieri del reggimento Tuscania in servizio presso l’Ambasciata Italiana. Non si tratterebbe di una evacuazione della Libia, ma di una operazione preannunciata di “alleggerimento” della presenza italiana”, ha fatto sapere la Farnesina, ricordando che già dal primo febbraio scorso aveva ribadito l’invito ai connazionali

Il comando di Augusta a non recarsi in Libia o a lasciare il paese. Domenica è scattata l’operazione alla quale hanno partecipato oltre i militari dell’arma anche la Marina Militare e l’Aereonautica che hanno fornito la necessaria cornice di sicurezza. Il Personale dell’Ambasciata ha trascorso la notte presso la base militare del comprensorio Terravecchia, sede di Marisicilia, e verso le nove dell’indomani mattina è iniziato il trasferimento alla volta di Catania. Su via Etnea scorrono i blindati. Immagini che rimbalzano sui network sociali, di concerto alle decapitazioni dell’Isis e all’allarme bomba umana. Immagini che fanno tremare i polsi facendo andare lontano coi ricordi, ai

tempi dei nostri nonni, Storie tragiche ovviamente non vissute dalla nuova generazione, vissute solo attraverso i libri di storia, ma non per questo inverosimili. L’Isis continua rivendicare suoi infiltrati sui barconi della speranza verso la Sicilia. La minaccia dell’Isis viene al momento affrontata dalla politica solo con la diplomazia mentre l’Egitto invia le truppe ed il Papa invita a pregare per “i nostri fratelli egiziani uccisi in Libia per il solo fatto di essere cristiani”. Cambio di passo da parte della comunità internazionale prima che sia troppo tardi? Trovare soluzione pacifica alla difficile situazione in Libia da parte della comunità internazionale? Che si stabiliz-

zi una linea. Cresce la consapevolezza della gravità della crisi nella comunità internazionale mentre si lavora all’interno del Consiglio di Sicurezza perche la missione venga dotata di un mandato, di mezzi e risorse per accelerare il dialogo politico per dare assistenza a un nuovo quadro di riconciliazione e governo di pace in Libia. Ma il rischio di infiltrazione dell’Isis sui barconi pieni di terroristi in arrivo sulle coste siciliane farebbe presagire ad un’azione ferrea più in gretta possibile per bloccare avanzata dell’ondata terroristica camuffata da una guerra religiosa. A soli 350 chilometri dalla Libia vi sono le coste di Lampedusa. Un missile potrebbe colpire la Sicilia. Roma ed Europa non se ne accorgono, ma la Gran Bretagna si, ed anche l’Egitto, due fonti che dicono che ci potrebbero essere delle infiltrazioni terroristiche islamiche che viaggiano sui barconi dalla Libia verso le coste siciliane. Italia, di contro, avvia una missione umanitaria per il mantenimento del “cessate il fuoco” ma che deve avere l’avallo e l’egida dell’Onu di concerto con gli atri paesi

d’Europa, visto che la Sicilia è il cancello d’ingresso dell’Italia per chi arriva dal Mediterraneo. Si cercherà ancora di intervenire con la politica, la diplomazia, e non con un blocco navale ONU di fronte le coste libiche, in una situazione che si evolve in rapida velocità e che lascia aperti tutti i canali di emergenza. E qui si infila la politica gretta che si perde in chiacchiere. Interventisti o no? “Dietro la fretta di intervenire ci sarebbe solo la scelta delle lobbies e delle armi” gridano in faccia i Cinquestelle alla Lega che replica: “Prevenzione per noi è fermare i barconi prima che arrivino in Sicilia”. Sola e indifesa. La Guardia Costiera cosa può fare in questo contesto delicato? Il primo compito è quello di soccorso della vita umana in mare, in forza alla convenzione di Amburgo, nelle acque territoriali. Rispondere a determinati livelli di attenzione, ma se cambiano i livelli si ripianificano le azioni e si danno risposte alla soluzioni muove. In presenza di episodi isolati, si riterrà probabilmente già sufficiente la risposta d’intervento in atto. Altrimenti calibrare altre risposte come quelle che vanno dalla disponibilità di armi a chi interviene per salvataggio ad affiancare alle unità della Capitaneria di Porto unità della Marina Militare. Un fatto tecnico che va calcolato su dati certi e non istintivi. La Capitaneria di Porto italiana è la migliore del Mediterraneo, e il mare è immenso: “siamo noi con Dio” – dicono dal Comando - e quando troviamo i naufraghi, italiani o extracomunitari, non possiamo che salvarli. Alla politica diciamo di aiutarci a fare il nostro dovere in virtù della difesa della vita umana”. Rosa Tomarchio

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FEBBRAIO 2015 - Redazionale

Dalla parte del debitore d i Gio va nni Pa st o re Con questo articolo iniziamo una ricerca sistematica sull’usura bancaria. Quando si inizia una ricerca è giusto enunciare la situazione esistente sul campo e gli scopi che la ricerca si prefigge. La situazione esistente può essere sinteticamente così riassunta: il potere finanziario / bancario, l’unico potere forte rimasto in Italia, ha l’egemonia culturale, tramite questa egemonia culturale passano nella penna di una parte maggioritaria dei giornalisti e dei magistrati concezioni che giustamente l’avvocato Biagio Riccio definisce di ipocrisia giuridica. Approfondiremo quindi con un metodo scientificamente inoppugnabile tutti gli aspetti del fenomeno usura bancaria: giurisprudenziali, storici, sociali, linguistici per liberare le persone di buona volontà dall’egemonia culturale del potere finanziario / bancario e delle sue lobbies. Iniziamo con gli argomenti delle banche: utilizziamo un articolo di quello che è purtroppo il portavoce degli interessi delle banche: la linea editoriale che, in questo momento, prevale nel quotidiano il Sole 24 ore. Il 05 luglio 2014 troviamo sul quotidiano un riassunto della linea difensiva seguita dagli uffici legali delle banche sulla questione usura, anche riportando le risposte ad un questionario specifico di due domande: Ecco le domande che abbiamo rivolto alle banche: 1 – Dal 2013 a oggi avete erogato formazione ai dipendenti sul tema dei tassi moratori e usurari nelle diverse forme contrattuali per la clientela retail (scoperti di conto corrente, prestiti, mutui, leasing)? Se

sì, quando, in che forme e con quali finalità? 2 – Dal 2013 a oggi, le vostre funzioni di compliance hanno tenuto conto dei recenti pronunciamenti giurisprudenziali e dell’Arbitro Bancario Finanziario in materia di tassi moratori e usurari? Se sì, quando, in che forme e con quali finalità? Già dalla formulazione delle domande si capisce da che parte sta il giornale. L’incipit dell’articolo è poi quasi comico: la colpa dei tassi usurari contestati dagli imprenditori è dei funzionari locali delle banche che vanno quindi formati meglio: Interventi diretti sui bancari della rete retail e sugli altri canali di vendita, con documentazione consultabile via web, procedure informatiche di controllo e verifica, formazione condotta in sede e/o a distanza, presidi procedurali, monitoraggio continuo dalle direzioni di compliance sulle decisioni dell’Arbitro bancario finanziario (Abf) in materia di tassi moratori e usurari e sulle condizioni alla clientela, in particolare sulla cosiddetta “usura per sommatoria”. Nelle banche si lavora costantemente per evitare che la rete possa pattuire condizioni economiche, a qualsiasi titolo, potenzialmente superiori ai tassi soglia in vigore. Tutte le risposte delle banche si dilungano sui criteri di formazione del personale, ma particolarmente significative

sono le risposte al secondo quesito da parte di UBI e Intesa che riportiamo sotto (l’evidenziazione è nostra) UBI. “In questo contesto viene anche trattata la normativa sull’usura, con riferimento alla tipologia del reato, ai rischi relativi sulla base della normativa primaria di riferimento (Rif. Particolare a quanto disciplinato dall’ Art. 644 del cod. Penale, dalla Lg 108/96 e dalla successiva Lg 24/2001) e della normativa secondaria, rappresentata principalmente dalle “Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura”, rilasciate dalla Banca d’Italia.” INTESA SANPAOLO: La funzione di Compliance attua il costante monitoraggio delle decisioni assunte dall’ABF su ogni tematica, al fine di rilevare il manifestarsi e l’eventuale consolidamento di specifici orientamenti che fanno oggetto di approfondimento con le competenti funzioni legali. Si ricorda in particolare la recente decisione del Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario in tema di tassi usurari e di mora, con particolare riferimento alle

contestazioni della cosiddetta “usura per sommatoria”, che ha confermato gli orientamenti della Banca su tale comparto. Nello specifico: “La previsione contrattuale del carattere sostitutivo e alternativo della prestazione degli interessi moratori rispetto a quella avente ad oggetto gli interessi corrispettivi vale senz’altro a rendere logicamente errata ogni operazione di “sommatoria” dei relativi tassi” Ecco, nelle parole delle stesse banche esplicitata quella che definiamo egemonia culturale: si danno per scontate e si fanno passare nel senso comune delle interpretazioni del diritto e della storia del diritto che invece scontate non sono: 1) Esiste una normativa primaria di riferimento ed una normativa secondaria sul tema dell’usura 2) Le decisioni assunte dall’ABF manifestano e consolidano orientamenti che possono essere utilizzate in giudizio nei tribunali In questo primo articolo cominceremo ad affrontare il punto 1, con il prossimo concluderemo il punto 1, dedicheremo poi al punto 2 un terzo articolo:

punto 1: La legge 108 del 1996 e le successive deliberazioni della Cassazione escludono che ci siano due livelli di normativa: nell’articolo primo della legge (l’evidenziazione è nostra) viene stabilito con estrema chiarezza quali voci contribuiscono alla determinazione del tasso usurario: “si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.” Il ruolo della Banca d’Italia e degli organismi, come vedremo, dalla stessa controllati è definito con estrema chiarezza dall’articolo secondo: (l’evidenziazione è nostra) “Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari………….” Quindi il ruolo della banca d’Italia è quello di RILEVARE trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse. Nel prossimo articolo cercheremo sui principali vocabolari della lingua italiana il significato di RILEVARE. Questo ci consentirà di smascherare da un punto di vista linguistico l’inganno delle banche.

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Aci Bonaccorsi, grande festa al mercato degli agricoltori L’amministrazione comunale e l’associazione agrumicola “Riviera dei limoni” festeggiano cinque anni di successi, insieme ai consumatori , del mercato degli agricoltori che si svolge ogni domenica alla villetta dei pini ad Aci Bonaccorsi. Ad aprire i festeggiamenti è stato Angelo Privitera, presidente dell’associazione che nel suo breve ma significativo intervento ha tracciato il percorso di crescita, di credibilità verso tutti i consumatori che raggiungono Aci Bonaccorsi ma anche e soprattutto dai paesi vicini per gustare le prelibatezze dei veri prodotti agricoli. Una filiera che traccia una linea ben precisa: agricoltore-consuLettera al direttore

Aci Bonaccorsi matore, dove qualità si sposa con prezzo e salubrità. garanzie di un mangiare sano perché è solo siciliano. A tal riguardo Angelo Privitera

ha ringraziato l’amministrazione comunale perché è stata sempre presente sostenendo questa realtà divenuta fiore all’occhiello per la città di Aci Bonaccorsi.

Anche il sindaco Mario Alì ha sottolineato come l’impegno e la serietà premiano ogni sforzo volto a migliorare ogni iniziativa e quando in garanzia ci sono prodotti a difesa della salute. Anche gli assessori intervenuti, Mario Bonaccorso, primo sostenitore del mercato, con la gentilissima Graziella Messina hanno avuto parole di condivisione e apprezzamento per l’impegno profuso dall’associazione e per i risultati raggiunti, mentre Enza Baglieri incaricata dalle pubbliche relazioni ha precisato che la fattiva collaborazione produce sempre buoni risultati a vantaggio degli agricoltori e della città che apprezza e ne valorizza l’i-

niziativa. La giornata è proseguita con l’animazione per i bambini curata da Laura Olivieri e la recita teatrale “maledetta droga” di A. Buscaglia interpretata dalla brava Anna Messina e l’esibizione del poeta Nicola Raciti che ha declamato poesie in dialetto siciliano a rima baciata rievocando ricordi ed emozioni di un tempo passato ma felice della visione, quando la lealtà, l’educazione e la signorilità era prerogativa predominante delle persone. Ha fatto seguito una mega degustazione dei prodotti agricoli dove gusto e sapori hanno soddisfatto i consumatori accorsi per l’occasione. Auguri mercato.

Riflessioni sul Ponte sullo Stretto

Che l’efficienza della rete ferroviaria, integrata in un funzionale sistema di trasporto, sia un elemento fondamentale nell’economia di una regione, è un principio ormai consolidatosi nel corso dei secoli. Che il Sud Italia sia completamente dimenticato dal punto di vista dei trasporti è una realtà che esiste da sempre e che quindi impedisce a queste regioni di crescere contemporaneamente al resto del paese. In particolare la Sicilia viene per il momento esclusa dal progressivo ammodernamento delle linee ferroviarie che oggi beneficia di tecnologie sempre più sofisticate e che permettono spostamenti anche lunghi in tempi brevi. Nemmeno i tre capoluoghi di provincia più importanti, mi riferisco ovviamente all’asse Palermo Catania Messina, sono oggi serviti da linee veloci anzi, come tutti sanno, nemmeno da linee a doppio binario. Stesso discorso per la rete stradale che, a parte qualche piccola realizzazione, presenta innumerevoli tratti disagevoli

e pericolosi. Ma ripetere concetti triti e ritriti non porta ormai ad alcuna soluzione anzi pare che più si cerchi di migliorare la situazione e più questa si affossi. E’ infatti di questi giorni la notizia, già riportata dal Vostro settimanale, che le FS stanno cercando di eliminare quasi del tutto il traghettamento dei treni sullo stretto riducendo da due ad uno i traghetti ed eliminando tutti i treni viaggiatori a lunga percorrenza tranne due notturni. Prendo spunto da questa notizia per portare avanti una riflessione che faccio da anni sul ponte sullo stretto che, in questo momento, sembra essere diventato irrealizzabile. Ho sempre sostenuto che la costruzione del ponte avrebbe portato enormi benefici all’economia della Sicilia in termini di sviluppo sia della rete ferroviaria e stradale, sia del turismo, risolvendo molte delle problematiche che oggi attanagliano l’isola e portando in Sicilia ed in Calabria il sempre tanto sospirato benessere. Nello studiare un po’ più a

fondo la questione, per provare da fonti autorevoli questa mia teoria, mi sono reso conto che le mie previsioni sono addirittura meno ottimistiche di quelle che si sono verificate nelle realtà in cui analoghe opere sono state realizzate. Occorre una piccola premessa. Oggi la campata più lunga del mondo è quella ormai famosa del ponte Akashi Kaiko in Giappone che ha resistito ad un terremoto dell’8° grado della scala Richter e che misura 1991 metri (sui 3.911 metri totali). Se realizzato, la campata del Ponte sullo Stretto sarebbe stata di ben 3.300 metri rispetto al totale di 3.666. Il ponte più alto del mondo, invece, è il viadotto di Millau, in Francia, con torri alte fino a 330 metri. Quelle del Ponte sullo Stretto sarebbero state di ben 399 metri. Non è difficile prevedere che, solo per ammirare questi primati, sarebbero venuti turisti da tutte le parti del mondo, per quello che è stato oggi battezzato come “turismo tecnologico”. Riporto fedelmente una noti-

zia significativa: “In Francia, a pochi chilometri da Parigi, presso la località Millau si trova il viadotto più alto del mondo con torri di 245 metri completato nel 2004. Ad un solo anno dall’apertura del cantiere, il sito aveva già registrato centocinquantamila visitatori, per giunta paganti un biglietto d’ingresso…….“ (Rivista Le Strade dell’Informazione, articolo di Manuela Zucchini). Il web è costellato di esempi di crescita delle regioni in cui si sono realizzati ponti, famosi e non, che hanno confermato come queste opere risolvano concretamente le problematiche legate alla viabilità, allo sviluppo del territorio, all’incremento del turismo e, di conseguenza, dell’occupazione. Il Ponte quindi, oltre che un indispensabile collegamento che avrebbe rilanciato comunque l’economia dell’isola, avrebbe rappresentato anche una attrazione turistica talmente forte da incidere in maniera determinante sul nostro sistema produttivo perfino durante la sua costruzione.

La mappa geografica dell’economia italiana avrebbe potuto addirittura capovolgersi, il flusso migratorio (non quello dei delfini ma quello delle persone) si sarebbe invertito e un tale beneficio si sarebbe ripercosso su tutta la rete ferroviaria ed autostradale italiana piuttosto che penalizzare, come probabilmente forse si crede e si teme, le altre località turistiche della penisola. Molti, anche fra quelli che avrebbero goduto direttamente di questo beneficio, hanno argomentato la loro opposizione all’opera con i più svariati argomenti fra cui quello che i fondi per la costruzione del ponte dovevano servire a migliorare la rete ferroviaria e autostradale di Sicilia e Calabria. Bene, adesso abbiamo tali reti sempre più vecchie e rattoppate, non abbiamo il ponte, non possiamo nemmeno attraversare lo stretto con i treni e i soldi, com’era prevedibile, sono andati da un’altra parte. Alberto Toscano Fit-Cisl Catania

Liceo statale “G. Lombardo Radice” Via Imperia, 21 - Catania Con l’Europa investiamo nel vostro futuro! 17 vespri 8.indd 17

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La pagina delle rubriche L’Europa, la “sovranità condivisa”, le “piccole patrie” di Maurizio Ballistreri

Sembra quasi di sentire le parole di “Alice nel Paese delle meraviglie”, leggendo alcuni commenti sull’attuale crisi europea, con richiami da sognatore, ad esempio, di Eugenico Scalfari, che invoca un’ ”Europa federata, con un bilancio unico, un debito sovrano unico, una politica estera e della difesa uniche, una politica dell’immigrazione unica”. Certo, “Gli Stati Uniti d’Europa”, che furono la speranza di uomini come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Adriano Olivetti sarebbero auspicabili, per affrontare le gravi sfide geopolitiche, in primo luogo del terrorismo religioso e del novello focolaio di guerra Est-Ovest in Ucraina, ed economiche, con il terribile mix di deflazione, stagnazione e disoccupazione che affligge l’eurozona. Ma, ad essere realisti, tale prospettiva appare distante, a causa, non tanto di un presunto “ritorno di fiamma dei nazionalismi”, descritto dal fondatore di “Repubblica”, con la malcelata volontà di non passare dall’attuale confederalismo debole ad uno

Da la foto della

Stato federale, come tratteggiato molto approssimativamente dal Trattato di Lisbona, ma in primo luogo per la volontà di potenza della Germania della Merkel, che utilizza come una clava i parametri di Maastricht contro gli altri Paesi dell’Unione europea, nel quadro di un’austerity di ispirazione monetarista. Per non parlare dell’assenza di qualsivoglia unità politica nell’Unione europea, testimoniata, ancora una volta, dall’iniziativa francotedesca della Merkel e di Hollande nei confronti di Putin per risolvere la crisi ucraina, senza la presenza di alcun rappresentante degli organi dell’Unione, a partire dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, l’italiana Federica Mogherini. Ma questa Europa della moneta unica che sta distruggendo i diritti sociali nel Vecchio Continente è oggi pesantemente messa in discussione dai importanti fattori di novità politica a livello nazionale. In Grecia, dove la nuova coalizione che va oltre gli schemi ideologici tradizionali del ‘900, basati sulla contrapposizione di valori e programmi tra destra e sinistra, tra il partito di Tsipras e la destra nazionalpopolare, rivendica la sovranità nazionale contro le interferenze da “golpe bianco” della Troika; in Spagna con il crescente consenso al movimento di sinistra nazionale Polemos, che come Syriza in Grecia contesta l’euro e le banche, la “casta”, i privilegi della classe politica e la corruzione, proponendo il controllo pubblico degli istituti di credito, l’introduzione di una Tobin

tax sulle transazioni finanziarie, l’inasprimento delle pene per i reati fiscali, un tetto massimo alle rate dei mutui, un referendum obbligatorio su tutti i temi importanti, e l’introduzione del reddito di cittadinanza. In Francia, dove il movimento nazionalista di Marina Le Pen è dato nei sondaggi al primo posto e in Inghilterra, con il premier Cameron che per contrastare la destra antieuropea dell’Ukip di Nigel Farage, ha indetto un referendum popolare nel 2017 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, sino alla nostra Italia, in cui le contestazioni all’Europa dell’euro vengono dalla Lega di Salvini e da un movimento in crisi d’identità e di ruolo politico quale è quello di Grillo. Per rompere la camicia di Nesso dell’euro e l’austerity (e contrastare la vocazione egemonica tedesca), bisogna rivedere i Trattati, restituendo alla politica democratica il compito di guidare l’Europa, contro le oligarchie dei banchieri e degli euroburocrati, individuando nuove forme di sovranità condivisa. Si tratta di un principio, quello della sovranità condivisa, che rovescia la tesi della “cessione di sovranità”: non più Bruxelles che sottrae il potere democratico di scelta ai Parlamenti nazionali, ma questi ultimi che in nome della prospettiva dell’unione politica, danno alle istituzioni europee la legittimità democratica di cui hanno bisogno. Solo in questo scenario potrebbe nascere una vera Federazione europea, in cui recuperare l’idea comunitaria delle “Piccole patrie”.

(L’immaginifica Regione…) Quando una parola può fare “cassa” di Enzo Trantino La notizia è fondatissima. La fonte qualificata al massimo livello: un anziano usciere, in pensione da qualche giorno, che del “palazzo” (la Regione Siciliana) sa tutto, e, pur prudente, non si sente più vincolato dal riserbo. Lo chiameremo Matteo ( tanto per usare un nome inconsueto). Secondo Matteo apprendiamo che alti burocrati e politici di potere si sono riuniti in un albergo alla periferia di Palermo e hanno deciso di costituire una task- force, un gruppo d’intervento per dirla alla paesana, formato da “teste di cuoio” ( nella capitale dell’isola, come in tutte le sedi politiche, abbondano), spie, pentiti, avvocati falliti e magistrati tuttologi per scatenare una guerra autentica contro l’ “illecita concorrenza”, a seguito di quanto vi diremo. A capo dell’organizzazione hanno chiamato un lontano erede dell’impero ottomano (cosa c’entrano gli “ottomani” col “palazzo” è tema di discussione…). Tutto nasce da una perizia medico-legale dove uno degli eroi palermitani ha letto un termine (“Pothus”), si è incuriosito, e, quindi, informatosi, ha scoperto che esso serve per indicare, in linguaggio figurato, l’alcolismo. Così è spiegato: è una pianta importata dall’isola di Ceylon, diffusa ovunque, e particolarmente avida di acqua. E’ come un’idrovora: più la innaffi e più chiede di… bere. Il generoso lettore si chiederà: che c’entra la botanica con la Regione, e, quindi con l’illecita concorrenza? Questa la spiegazione: bisogna attivarsi persino con trattori e lanciafiamme per la distruzione della pianta… assetata. Essa crea un problema: l’inevitabile accostamento con alti burocrati e politici di potere, che, secondo cronache e sentenze, sono insaziabili nel pretendere e ottenere alimento per la loro sete irriducibile. Al fine di mascherare l’operazione , bisognava inventare un istituto giuridico : ecco sfornata l’ “illecita concorrenza”. La gente farà il raffronto tra gli ingordi profittatori di regime e l’innocente ma eloquente “Pothus” , allargando il riferimento oltre l’alcolismo. Per evitare polemiche sarà lanciato un bando per la distruzione spontanea . In caso di disubbidienza all’editto , multe salatissime con importante introito erariale, con ovvia garanzia di conseguente saccheggio . (Ecco spiegata la presenza di spie, pentiti, teste di cuoio per i blitz nelle grandi estensioni , e gente di codice per interpretazioni e cavilli. Per gli “ottomani” non c’è bisogno di spiegazioni). L’ex usciere presente per i servizi logistici della seduta, racconta di un roboante applauso alla fine dei lavori. Con inevitabili ricche… bevute.

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Gran galà di Carnevale, festa e non solo d i L e l l a Ba t t ia t o Gran galà di Carnevale, sul tema “l’Operetta”, nei saloni dell’Auto Yachting Club, organizzato dal Lions Club Catania Stesicoro Centrum presidente Guido Costa, con la compartecipazione dei Lions Club: Catania Host presidente Pio Maria Furneri, Catania Etna presidente Franca Stivala, Catania Nord presidente Carlo Maugeri, Catania Gioeni presidente Alberto Favetta, Catania Ovest presidente Angelo Tracia; la Fidapa Riviera dei Ciclopi Catania presidente Isabella Frescura; l’Associazione mogli medici italiani (Ammi) sez. di Paternò presidente Maria Virgillito, International Societas Artis presidente Cynthia Torrisi. Ospite d’onore Cosetta Gigli, “la regina dell’Operetta”, un incontro ludico ma con un cuore d’oro per l’obiettivo di solidarietà di quest’anno giunto alla 16ma edizione finalizzato, per raccogliere fondi a favore della Lions Clubs International Foundation. La complessa organizzazione della serata riuscita con successo è stata condotta da Pino Santangelo, segretario del Lions Club Catania Stesicoro Centrum, cui han-

Un momento della serata no dato ampia collaborazione i Lions Antonio Bellia ( Catania Host), Mario Di Stefano (Catania Nord), Patrizia Condorelli (Catania Gioeni), Salvo Sfilio (Catania Ovest), Luigi Fallico e Silvia Salmeri (Catania Stesicoro Centrum), Maria Costa consorte del presidente del club capofila. Infine Alfio Baudo, Aldo Canuti e l’associazione

“Woodstock” nella persona di Donata Indaco, che hanno dato disponibilità per l’evento. I sorteggi sono stati sorvegliati dalla preziosa collaborazione del notaio Arturo Pittella; la giuria per i concorsi della serata era composta da Isabella Frescura, Cynthia Torrisi, Maria Virgillito, Teresa Maugeri, Magiù Pittella, Rosy Toscano,

Nadia Cavallaro. Premiati coppie danzanti: Aurora Macalone e Santo Corsaro primo premio, Sciaretta secondo, Remigia Gangemi, Ferdinando Lemetre e Lalla Di Mauro terzo. Coppie in maschera: La soubrette dell’operetta Francesca e Roberto Tosto, e Basilio Lento primo; coppia dei cavalieri Remigia Gangemi e Ferdinan-

do Lemetre secondo; coppia del Paese dei campanelli Enzo e Angela Vitale terzo. Tra momenti di suspense hanno salutato l’arrivo del re Burlone con la soddisfazione di tutti i presenti, l’incoronazione del re e della regina del Carnevale la coppia Silvana e Vito Leanza, regalando un’affascinante serata che sdrammatizza la vita che ci affligge con il coraggio della risata. Ridere fa bene al corpo e alla mente, ai piccoli e ai grandi, a ciascuno di noi e alla società nel suo complesso, fa bene perché allenta la tensione e aiuta ad accettare le cose, anche quelle più problematiche, guardandole dalla non sempre facile posizione dell’ironia. Fa bene ancora perché a prendere il nostro tempo senza farsi schiacciare, ci porta a misurare meglio ed affrontarlo. Uno spettacolo che è stato un viaggio fantastico tra musica, canti, balli tratti dalle più belle, famose immortali arie delle operette grazie all’artista lucchese Cosetta Gigli che con la sua voce melodica armoniosa tra acuti e coloriture ha deliziato la platea, che ha salutato con un sorriso benevolo e una risata il Carnevale per viverlo in questo affascinante evento.

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

5 SPETTACOLI IN ABBONAMENTO Prezzi: poltronissime € 70 - poltrone € 60 - Distinti € 50

Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

Catania - Via S. Euplio, 21 - Tel. 095 322323 - www.metropolitan.catania.it - info@metropolitan.catania.it -

Teatro Metropolitan Catania

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Il libro della settimana

Un viaggio storico-matematico sulle orme del pi greco di Giovanni Vecchio

Claudio Lotito - Neppure Luciano Moggi e la Juventus erano stati beccati in modo così plateale a truccare i campionati di A e di B, persino opponendosi alla promozione che il Carpi sta conquistando sul campo. Claudio Lotito, che sembrava solo una macchietta rischia di diventare una macchia da ripulire, un padrino del calcio italiano che manipola per «dare una mission alle leghe, con il sistema mio». Perciò ordina di tenere lontani dalla A i club piccoli perché «se ce stanno Latina Frosinone e Carpi chi cazzo li compra i diritti»? E «se me porti tre squadre che non valgono un cazzo, tra due o tre anni nun ci avemo più na lira». 0 – da macchietta a macchiato!

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Livio Garzanti - È morto a 93 anni uno dei più importanti editori del ‘900, che ha avuto il merito di lanciare in Italia grandi scrittori come Jorge Amado, Truman Capote e Goffredo Parise: nel ’55 aveva pubblicato “Ragazzi di vita” di Pasolini. Sempre grazie a lui arrivò “Quer pasticciaccio brutto” di Gadda e “Memoriale” di Volponi. Laureato in filosofia con una tesi su Kant, Garzanti ha scritto vari romanzi tra cui “Amore freddo” e “Amare Platone”. 8 – un grande della cultura italiana Antonello Montante - Alla fine ha ascoltato i consigli di chi è stato con lui barricato nel “fortino” siciliano e, preso atto della mancata, aperta, solidarietà giunta dagli altri consiglieri dell’Agenzia per i beni confiscati ai boss, ha deciso di lasciare. Antonello Montante presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità dell’associazione di viale dell’Astronomia nonché autoproclamatosi “campione dell’Antimafia” con la ditta politica “Crocetta-Lumia”, si è autosospeso dai vertici dell’Agenzia dopo le notizie di due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto. A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza dell’imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) agli esponenti di spicco delle “famiglie” locali. 1 – tra mafia e antimafia

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Massimo Giletti - La Rai sanziona Massimo Giletti: la rissa e il comportamento avuto nei confronti di Mario Capanna alla trasmissione L’Arena gli costerà 20mila euro. Giletti è recidivo quanto a violazione di norme deontologiche. Nel 2008 era stato costretto a dimettersi dall’Ordine dei Giornalisti a seguito di un procedimento disciplinare, dopo che per ben 3 volte in precedenza era stato sanzionato nel 1998 (con un anno di sospensione), nel 2005 (due mesi) e nel 2006 (ancora un anno). 0 – arrogante, autoradiato e sanzionato

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Davide Serra – Il finanziere italiano residente a Londra, grande sponsor di Matteo Renzi…, è nell’occhio del ciclone: il suo none figura nella cosiddetta “Lista-Falciani” di italiani con disponibilità in banche svizzere, con presunte evasioni fiscali e inoltre la Consob lo ha convocato per l’indagine di insider-traiding nella vicenda della riforma delle banche popolari con sospetti che riguardano la presidenza del Consiglio e, quindi, Matteo Renzi… 3 – nel ciclone!

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Sergio Mattarella – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è imbarcato su un volo di linea Alitalia a Fiumicino per recarsi in visita privata a Palermo. È la prima volta che un Presidente sceglie un volo civile rispetto a un volo di Stato. Comincia bene il settennato di Mattarella nostro conterraneo! 7 – politico “normale”

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di S par tacus

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conto che le scoperte sono state frutto certamente dell’ingegno e della creatività di tanti studiosi, ma che i risultati sono stati tante volte condizionati dagli “strumenti” disponibili nelle varie epoche. Dalle costruzioni con riga e compasso, già nel primo capitolo, si passa alla quadratura del cerchio, alle lunule di Ippocrate e alla quadratrice di Dinostrato. Nel capitolo secondo si esamina il procedimento di Archimede per calcolare pi greco e così via nel prosieguo dell’opera in cui si presentano, con opportune note sugli studiosi citati, i valori assegnati nel tempo a pi greco fino ai nostri giorni, quando continua la ricerca senza fine con strumenti sempre più raffinati e perfetti.”Da Archimede a Fibonacci, dai metodi di calcolo e approssimazione al teorema di Lindemann, tutto si fonde e tutto concorre alla riuscita di un testo unico, affascinante e pienamente godibile” (dalla seconda di copertina).Un’avventura del pensiero umano descritta con grande precisione e nello stesso tempo con trasporto ed entusiasmo. Il testo, singolare e avvincente, nel raccontare la matematica si muove costantemente tra memoria storica e proposta didattica. Connotano l’opera la felice focalizzazione del “quid” degli argomenti trattati, la scelta oculata delle dimostrazioni, l’essenzialità delle medesime, l’opportuno periodare, il profondo e ampio assetto storico, la cornice classica, la ricca, articolata e qualificata bibliografia. Nella postfazione Angelo Lizzio, professore associato di Geometria nel Dipartimento di Matematica dell’università di Catania, scrive, tra l’altro, che Viaggio con pi greco “si rivolge certo ai matematici, ma soprattutto ai non matematici, perché anche loro possano scoprire le meraviglie del sapere, il piacere della ricerca, l’emozione della scoperta”.

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Il libro di questa settimana si discosta notevolmente da quelli che abbiamo recensito in precedenza perché affronta una tematica apparentemente per specialisti del settore, ma che si incrocia con la cultura tout court. L’opera si intitola “Viaggio con pi greco” (Edizioni Europa, 2013) ed è stata scritta da Giuseppe D’Urso, già docente di matematica nei licei e preside oltre che nei Licei, negli Istituti Tecnici e in quelli professionali. Egli ha valorizzato la matrice classica della sua formazione iniziale (simboleggiata in copertina dalla colonna del Tempio di Hera Lacinia di Crotone) coniugando in modo lodevole storia, filosofia e scienze matematiche. Nella prefazione Lina Lo Presti, docente di matematica nel liceo scientifico “Boggio Lera” di Catania, scrive che Viaggio con pi greco ”rappresenta un’interessante analisi di antropologia culturale, poiché nell’attraversare continenti ed epoche storiche, ricostruisce il filo rosso, unico, della ricerca”. La stessa annota che “l’eleganza del lessico … si unisce al rigore delle dimostrazioni, che accostano fine ragionamento e scrupolosa analisi senza mai sfociare in mero tecnicismo di calcolo”. A sua volta l’autore nell’introduzione precisa che l’opera “vuole essere un ausilio a quanti si chiedono cosa sia la matematica e a quanti si pongono il problema della natura degli ‘oggetti matematici”. Pur destinato soprattutto a studenti, docenti, tecnici, professionisti, lettori con conoscenza sui limiti, sulle derivate, sugli integrali, sulle serie numeriche e di funzioni, questo libro risulta interessante anche per i non addetti ai lavori perché ricostruisce con cura gli itinerari di ricerca dal periodo classico ai nostri giorni e aiuta a rendersi

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Una macchina in comune

Lidia, Marisa e Andrea sono fratelli. Essi utilizzano la stessa macchina. Lidia la guida ogni 8 giorni, Marisa la guida ogni 7 giorni e Andrea ogni 4 giorni. Ogni quanti giorni i tre fratelli avranno pari diritto a guidarla?

Carnevale

Somme

Jacopo è alle prese con la somma riportata in figura. A C D 4 + B A 6 C + D 4 5 A = _____________________ 1 D 3 6 B Aiutatelo trovando i valori, non nulli, delle incognite A, B, C e D, in modo che sia soddisfatta la suddetta operazione.

Giovanni, Luigi e Rosalia hanno mangiato le chiacchiere offerte dalla nonna di Michele. In tutto ne hanno mangiate 14. Se Giovanni ne avesse mangiate 7 in piu’, Se Luigi ne avesse mangiate il doppio, Se Rosalia ne avesse mangiate la meta’, avrebbero mangiato tutti lo stesso numero di chiacchiere. Quante ne ha mangiate Rosalia?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero La merenda pomeridiana: 80 biscotti; Equazioni: 3; Somme: A = 6, B = 7, C = 5

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Cinquanta sfumature di grigio

Quando l’amore unisce e rafforza. La storia di Giulio e Gloria

Un film di Sam Taylor-Johnson. Con Jamie Dornan, Dakota Johnson, Luke Grimes, Victor Rasuk, Jennifer Ehle

di Danila Intelisano

Le note languide di “Crazy in Love” di Beyonce hanno scandito la calata di Cinquanta sfumature di grigio nella coscienza collettiva con ritmo lento ma risoluto. La pop-star americana ha eseguito una cover del suo stesso singolo di successo appositamente per il film di Sam Taylor-Johnson, mettendoci tutto il suo torbido fascino di icona dalla voce sexy, tanto per ribadire come anche il film, tratto dal primo della trilogia best-seller (più di cento milioni di copie vendute) di E.L. James, avrebbe navigato sulle stesse parole chiave: “languido”, “torbido”, “sexy”. Un blockbuster erotico annunciato, costruito su misura per titillare le fantasie sopite delle lettrici (e dei lettori) e incassare i milioni strombazzando con orgoglio la sua natura di film proibito. Eppure è proprio la scarsa quantità di sesso, pratiche sadomaso (centrali alla trama) e scene “bollenti” a saltare subito all’occhio. Un umorismo fornito in dosi massicce soprattutto da Dakota Johnson, bella di una bellezza molto più “comune” di tante attrici pescate direttamente dalle agenzie di moda che in un ruolo così sarebbero risultate legnose e stucchevoli. Lei invece dà il suo meglio, è ironica, affascinante quando serve, proietta intelligenza. Jamie Dornan è molto più limitato da un personaggio abbastanza piatto e settato per tutto il tempo in modalità “bel tenebroso”, ma comunque non ne esce con le ossa rotte. Dal punto di vista del casting, dunque, ci siamo. Quello che farà invece sorridere gli spettatori estranei al culto della saga, o semplicemente più smaliziati, è la goffaggine con cui il film tenta di nascondere la sua natura smaccata di romantic drama con solo un elemento esotico in più tanto per dare pepe alla ricetta. Sotto sotto, anzi neanche tanto sotto, Cinquanta sfumature di grigio è l’ennesima variazione sul tema del “complesso della crocerossina”: Christian Grey non è un depravato, ma solo un cucciolo ferito in attesa che l’amore lo salvi. Si vede qui la grande contraddizione del film (e del romanzo): per essere una storia che tenta di non giudicare i “passatempi” di Grey, è ben attenta a dare al protagonista un passato tragico che li giustifichi agli occhi degli spettatori più benpensanti. Tutto rientra, insomma, nella norma della morale comune. Il finale lascia furbescamente tutto in sospeso, dando per scontati i sequel. Un cliffhanger anche troppo tronco, che non dà il tempo di metabolizzare tutte le cose che Anastasia e Christian si sono detti e fatti nei precedenti dieci minuti. Eppure è impossibile negargli un certo fascino brutale e dispotico, proprio come il protagonista. “Vi ho portati fin qui, vi ho tenuti in pugno e adesso decido io quando lasciarvi e come”. Poteva andare molto peggio.

I coniugi Giulio e Gloria sono nati, sono morti e sono rinati nella stessa vita. Erano un architetto e una segretaria, poi licenziati e oggi diventati un fotografo e una panettiera artigianale. Il dolore non li ha annullati ma trasformati. Si sono ritrovati per strada al freddo e alla fame, hanno provato un’immensa paura ma si sono reinventati con la forza e l’amore per la vita. Hanno cercato in loro un altra possibilità e, ripensando agli hobby giovanili, hanno scoperto nuove risorse inaspettate. Dopo un breve corso gratuito di fotografia, quella che da giovane era la passione di Giulio, è diventata arte e guadagno. Ha iniziato a girare in autobus e con pochi spiccioli alcune parti d’Italia: ha mangiato e dormito con la carità e si è addentrato in luoghi inediti da fotografare. Strade difficili, vicoli sconosciuti e popolati dai reietti vecchi e nuovi; ha immortalato volti, gesti, espressioni umane straordinarie e ancora, edifici abbandonati, disoccupati col volto rassegnato e barboni addormentati e sognanti. E quel raggio di sole mattutino che non abbandona gli uomini nelle tempeste della vita. Mentre la sua Gloria alle prime luci dell’alba fa il pane in casa, come quando aiutava la sua mamma, e tutti i giorni, lo vende ai vicini. Hanno combattuto la fame e la disperazione ma hanno creduto in se stessi, e con orgoglio e ostinazione, hanno vinto sul fallimento di chi ci governa. La vita, amici, non deve finire e il dolore può essere una potente iniezione di fiducia nel diritto di vivere. E, dopo qualche nottata ”sutta l’archi ‘a marina“, si può rinascere. Non farebbe bene ai nostri governanti qualche nottatina al gelo? No! Non sono abituati alla forza della dignità. Cosmo, sempre in giro a caccia di umanità anche tu. Dentro di noi si celano miracoli come il coraggio che apre sempre nuove opportunità. Non si deve vendere la propria vita al brutto, all’inganno, alla corruzione, all’ingiustizia e all’incapacità. Giulio e Gloria hanno risposto con tenacia a se stessi e soprattutto ai loro figli.

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