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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 25 anno X - 27 giugno 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

La caduta dei re della politica di Nunzia Scalzo Rosario Crocetta perde a Gela; Mirello Crisafulli e Pino Firrarello nei loro rispettivi feudi di Enna e Bronte dove hanno fatto il bello e il cattivo tempo per quasi un ventennio. Gli elettori hanno detto basta alla vecchia politica che cambia casacca con il mutar del vento, e soprattutto hanno voluto decretare lo stop al loro potere incontrastato usando l’arma più potente che si abbia in dotazione: il voto. Non credo sia stata la razionalità illuministica e, tantomeno, la contabilità statistica ad aver orientato i moti e i sentimenti dell’animo degli elettori, a sedare le angosce collettive e a determinare gli orientamenti e, ancor prima, gli umori delle comunità. Piuttosto un certo innegabile risveglio delle coscienze che comincia a avvertirsi ovunque, anche qui in Sicilia. Era ora si dirà. Del presidente della Regione si sono chieste le dimissioni, ma Crocetta non si dimetterà perché è un uomo senza coraggio. Per certe azioni ne occorre una dose spropositata e lui non può contare neppure sul classico pizzico. Anche la maggioranza che lo sostiene continuerà a farlo. Non certo per nobili motivi come è facile immaginare, figurarsi, ma per altri tra cui quelli legati alla pecunia. Noi nutriamo la speranza che la sconfitta nella sua città possa segnare continua a pag 4

Speciale ballottaggi

Taormina film fest

Cambia il vento della politica siciliana

Passerella di star accende l’estate nell’isola

Servizi

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R. Tracuzzi

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La caduta dei vicerè, da Enna a Bronte p d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Lo “sfregio” - Dalle urne esce un risultato clamoroso: nessuno dei grandi collettori di voti è in grado di reggere la sfida del voto. I “vicerè” di Sicilia, dopo aver cavalcato ogni stagione politica, escono con le ossa rotte da un test che – tutto sommato – non si pensava potesse avere un risultato tanto clamoroso. A Gela il sindaco Pd targato Megafono, esce “doppiato” dal confronto con il candidato grillino, Domenico Messinese, uno degli animatori del direttivo del quartiere Macchitella. Il piccolo, combattivo Davide ha battuto l’enorme gigante Golia. Golia, è scritto nel primo libro di Samuele, era alto sei cubiti e un palmo. Crocetta un po’ di meno. Il racconto biblico lo descrive armato di un pesante giavellotto, coperto da una imponente armatura di bronzo. Crocetta, per proteggere il “suo” candidato aveva tutte le frecce del potere regionale. E le ha usate pregiudicatamente, spostando su Gela tutte le sue attenzioni e quelle del governo. Arrivando perfino a far capire che votando contro Fasulo, i gelesi avrebbero perso il “favore” del palazzo del potere. E i gelesi hanno fischiato Crocetta e votato Messinese. Attribuendogli il doppio dei voti dati all’uomo che per cinque anni ha guidato la città, con il favore di un “potente” di tanto rango. Un successo che permette a Giancarlo Cancellieri, capogruppo cinquestelle all’assemblea regionale, di chiedere, con un comunicato ufficiale, il primo gesto concreto del governatore a favore dei siciliani: le dimissioni sue e quelle del governo. A Enna Mirello Crisafulli perde trono e scettro della politica locale. Battuto, clamorosamente, da un ex pd passato nelle file del centrodestra, Maurizio Dipietro. Crisafulli cade, per la prima volta, dinanzi a un confronto elettorale che – in realtà – lo ha portato a incrementare il suo patrimonio personale di voti. Ha preso oltre il 48 per cento dei voti. Molto più del 45 per cento

Il risultato delle elezioni amministrative non lascia spazio a dubbi: battuto Crocetta a Gela, sconfessato Crisafulli a Enna, travolto Firrarello a Bronte - Due vittorie simboliche dei grillini a Gela e ad Augusta – Il centrodestra unito recupera in extremis Enna, Barcellona, Licata e Tremestieri Etneo. che lui sbandierava a chiunque gli parlasse di Renzi. “Lui parla di successo con il 41 per cento dei voti. Cosa dovrei dire io, che a Enna ho portato il pd a livelli storicamente mai raggiunti prima?”. E ancora “A Enna io vinco anche se il sindaco si elegge per sorteggio”. Ma questa sua “proiezione” gli ha portato male. Se è vero che contro di lui – come è accaduto a Gela – si è coalizzato ilo “resto del mondo”. A Gela sotto la regia dei cinquestelle. A Enna la scena se l’è presa il centrodestra che, non a caso, segna questo importante punto al suo pallottoliere, insieme a Barcellona, Licata e Tremestieri Etneo. L’altro gigante “sfregiato” è senza dubbio Pino Firrarello. Lo “zio Pino”, come lo chiamavano tutti, non ha mai avuto rivali nel suo “feudo” politico. Dove ha fatto sempre il bello e il cattivo tempo. Nella prima e nella seconda repubblica, navigando accortamente nella scia della corrente, schivando ogni sorta di insidia politica e giudiziaria. A qualcosa sarà pur servito essere stato di origine saldamente democristiana. E aver contribuito a fondare l’udeur, il Cdu, Forza Italia e – infine – l’Ncd. Con ruoli politici sempre determinanti, ma sempre in seconda fila, eccetto una breve parentesi da assessore regionale alla presidenza. Per lasciare lo spazio della ribalta al giovane genero Giuseppe Castiglione, che ha sempre rico-

perto ruoli di primissima importanza: assessore regionale alla sanità, parlamentare europeo, presidente della provincia di catania e dell’unione nazionale delle province, fino a diventare deputato nazionale e sottosegretario all’agricoltura. Il buon “Pino” – dopo tre legislature – aveva deciso di lasciare a lui perfino il suo seggio di senatore, ritagliando per sè il residuo spazio comunale a Bronte. Questa volta aveva deciso di lasciare il comune a uno dei suoi fedelissimi. Ma l’inchiesta su mafia capitale, che ha coinvolto nel suo rivolo catanese il giovane Castiglione, ha probabilmente creato impicci, imbarazzi. E il tracollo elettorale. Un solo dato, a questo punto, è certo. Che gli elettori ragionano con la loro testa. A volte – è vero - scambiano i loro voti in cambio di favori e prebende. Ma sempre più spesso usano l’arma del voto come un randello. Che si abbatte sulla testa di chi gestisce il potere senza generare benefici per i cittadini. Il deserto Sicilia - Già. I benefici per i cittadini. Che dovrebbero essere il fine ultimo della politica. Chi se li ricorda più? L’ultima volta che ne ho sentito parlare, tanti anni fa, forse eravamo ancora nella prima repubblica. Così usiamo chiamare quell’epoca in cui si parlava di crescita economica, di aumenti dei salari, di crescita dell’occupazione. Da vent’anni ormai simo abitua-

Rosario Crocetta ti a far di conto con la crisi economica, la recessione, le stangate fiscali, la disoccupazione. E in Sicilia la situazione è sempre peggiorata a passi più ampi e veloci che nel resto del paese. Le cifre diffuse in questi giorni sono impietose e spiegano più di ogni possibile ragionamento il “deserto” che è stato creato intorno ai siciliani. Prendiamo, come indicatore, la percentuale di occupati. Di gente cioè che ogni giorno è ancora in grado di andare al lavoro e di trovare aperto il proprio ufficio, la propria fabbrica, la propria officina. Ecco in Sicilia negli ultimi anni la percentuale di persone occupate è scesa fino al 39,3 per cento. E si tratta di un dato aggiornato, si fa per dire, solo al 2013. Negli ultimi due anni, lo scopriremo tra un po’, la situazione è intanto precipitata. Ma basta sapere che cinque anni prima, nel 2008 cioè, il Sicilia lavorava stabilmente il 43,5 per cento della popolazione. E che in Italia, dato 2013, lavora il 55,6 per cento dei cittadini. Mentre la media degli occupati europei è del 64 per cento. Ecco i numeri del disastro. Che diventano insopportabili se si guardano dall’altra parte. Dal fronte cioè della disoccupazione. Che in Sicilia fa segnare il record del 23 per cento. In Italia il tasso di disoccupazione ufficiale è del 12,6. In Europa del 10,5. Da donna e mamma, preferirei non parlare della disoccupazio-

ne giovanile. Ma non posso non segnalare che siamo passati dal 31,9 per cento di giovani tra i 15 e i 29 anni senza lavoro del 2009, al 46 per cento del primo trimestre 2014, in piena era Crocetta e “prima” del disastro della formazione e dell’esplosione violenta della crisi. Direte: sono gli effetti della crisi. No. Sono gli effetti della politica. Se è vero che la crisi è globale, perchè le cifre della Sicilia peggiorano sempre di più? Perchè i dati che riguardano la nostra economia peggiorano a una velocità doppia rispetto al resto del mondo? La risposta è una. Ed è chiara: la responsabilità sta nella maggiore “inadeguatezza” dei nostri politici e amministratori locali. La prova? L’hanno fornita i consulenti del lavoro la settimana scorsa, rivelando che mentre in tutta Italia si registrano i dati positivi dei nuovi contratti di lavoro legati al “job act” renziano, in Sicilia nel 2015 i nuovi contratti sono diminuiti del 2 per cento rispetto al 2014. Segno inequivocabile del fatto che nessuna riforma, nessuna nuova politica vera o farlocca, potrà mai intaccare il “moloch” dell’ignoranza, dell’ingordigia e dell’incapacità dei nostri politici locali. L’unica possibile speranza sta proprio nelle urne. E i risultati della scorsa settimana dicono che i siciliani hanno capito. E hanno mandato un segnale. Forte e chiaro. Sta ai partiti, adesso, capire. La cronaca del disastro - Mentre Crocetta, come abbiamo segnalato la scorsa settimana, stranamente tace, intorno a lui i segni della sua disastrosa gestione diventano indiscutibilmente visibili a tutti. Del cedimento dei piloni del viadotto Himera e del blocco dei collegamenti tra Catania e Palermo sappiamo tutti. Non tutti sapevano pero’ che dei 20 mila chilometri di rete stradale siciliana, ben 5000 – un chilometro su quattro – non è transitabile alle auto. Lo ha scritto Repubblica la settimana scorsa,

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e passando per Gela è tutta una disfatta raccontandoci del disastro delle strade provinciali a cui nessuno bada più, perchè – teoricamente – le province non ci sono più… I giornali hanno dato ampio spazio, la settimana scorsa, agli strepiti del sindaco di Erice, Giacomo Tranchida, che ha visto il suo comune assediato dalle fiamme per giorni. E ha denunciato l’assenza – nel territorio – dei lavoratori del servizio antincedio della forestale. Accusando Crocetta e il governo di inefficienza e sostenendo che il governatore deve delle scuse formali alla città, per queste inadempienze. Sapevamo della vertenza, giusta e sacrosanta, della società vincitrice dell’appalto di collegamento con le isole minori, che non riesce a farsi pagare dalla Regione i soldi dovuti. Ci hanno fatto sapere, con una serie di comunicati ufficiali, che il problema era stato risolto. Che il governo regionale stava provvedendo ad effettuare una parte dei pagamenti dovuti. E che i collegamenti sarebbero stati regolari, soprattutto in previsione della stagione turistica. Che – per le isole minori – rimane l’unico momento di vitalità economica dell’anno. Segnaliamo pero’ che la società ha fermato gli aliscafi. E che le

isole minori sono – scusate il banale gioco di parole – drasticamente isolate. Segnaliamo che il comune di Ustica è stato occupato dagli abitanti indignati da questo stato di cose. E che una denuncia collettiva è stata presentata contro il governo regionale per interruzione di pubblico servizio. Un disastro annunciato, come quello della gestione del servizio informatico della regione. Parliamo di Sicilia e-servizi, la società costituita dalla Regione per garantire il funzionamento dei programmi informatici che regolano la vita di tutti i “pezzi” dell’amministrazione regionale. La regione ha un socio privato, selezionato con un bando internazionale, che fin dall’inizio ha fornito tecnici e tecnologie, per permettere all’amministrazione regionale – in attesa della creazione di un sistema autonomo

Mirello Crisafulli – di essere comunque informatizzata. Parallelamente sicilia e-servizi avrebbe dovuto dotarsi di server “propri” e avrebbe dovuto preoccuparsi di formare il personale in grado di farli funzionare. Tutta questa operazione ha impegnato e impegna tuttora milioni e milioni di euro europei. Accade che la Regione e il socio privato stanno da tempo discutendo delle somme che l’amministrazione deve al suo partner sia per i servizi resi, che per il noleggio – ancora in corso – delle tecnologie usate. E accade anche che la Regione –

intanto – abbia da tempo rallentato, forse addirittura sospeso, i pagamenti. Crocetta ha nominato Antonio Ingroia a capo della società e ha deciso di assumere 57 ex “esterni”. Circostanza per sono aperti, apertissimi, un procedimento dinanzi alla corte dei conti e una inchiesta della Procura di Palermo. La settimana scorsa – è questa la notizia – il socio privato ha chiuso i collegamenti. Per morosità della società gestita da palazzo d’Orleans. Oscurando, di fatto, i siti della Regione. Non siamo, naturalmente, in grado di entrare nel merito della questione. Sappiamo solo che il sistema sanitario non dispone più del server che gestiva le prenotazioni, nè di quello in uso ai medici di famiglia. Che il protocollo della regione è bloccato, cosi’ come il sistema di paga-

menti, paghe e contributi gestito dall’assessorato all’ecomia. Ma “al buio” è l’intera amministrazione regionale, che – di fatto – non puo’ utilizzare internet nè nessun portale. Gli stessi dati elettgorali non sono stati disponibili on line, proprio per il black out del sistema di sicilia e-servizi. Antonio Ingroia ha commentato con un sibillino “irresponsabili”. Riferendosi ai soci privati. Ci permettiamo di segnalare che, a rigor di legge, il responsabile di sicilia e-servizi è proprio lui. Unico beneficiario, tra l’altro, di un lauto aumento di stipendio voluto “ad personam” da Rosario Crocetta in persona. In quanto amministratore della società immaginiamo che debba essere stato al corrente della vertenza con il socio unico della società che amministra. E che prima di arrivare a un atto tanto eclatante, ci siano stati prima dei contatti. Chesso’. Delle riunioni. Magari anche dei telegrammi, delle raccomandate. O delle mail. Finchè la Regione poteva riceverne e inviarne. Non era possibile trovare una qualsiasi via d’uscita, magari giudiziaria? Invece no. Qualcuno, a palazzo d’Orleans, preferisce il tiro alla fune. Ma la fune, ogni tanto, si spezza…

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Amministrative sotto il vulcano: la fine dei partiti e la vittoria (?) dei giovani di Giuliano Busà

Non vi fidate di chi vorrebbe spiegarvi le dinamiche che regolano le elezioni comunali. Non fidatevi soprattutto di chi forzatamente vuole trovare sempre delle letture eminentemente politiche e partitiche, come se in un paesino di ventimila abitanti i dettami di un partito nazionale avessero influenza sull’esito delle amministrative. Sono solo leggende o, come detto, forzature. Anzi, a dire la verità le ingerenze dei partiti, proprio perché poco adatti alle letture locali, hanno solitamente effetti negativi sui candidati prescelti. Quanto successo a Tremestieri Etneo ne è la prova: il partito democratico non si capisce cosa sia, quale delle tante anime debba rappresentare, se l’attivismo dei circoli o la forza degli ultimi arrivati, e nasce il pasticcio che verosimilmente - stando ai numeri finali - è costato le elezioni a Sebastiano Di Stefano, inizialmente il candidato favorito. Due onorevoli, Anthony Barbagallo e Giuseppe Berretta, litigano sulla composizione della lista ufficiale, fino a farla scoppiare. Alessandro Zinna, uomo di Berretta e capolista, e i suoi numeri in vista di un calcolo sui seggi che sarebbero scattati, spaventa i candidati di Barbagallo, che decide di spostarli. Risultato? La lista non viene nemmeno presentata e Zinna, tradito e voglioso di proseguire il proprio impegno amministrativo, sceglie di sposare il progetto civico di Santi Rando, contribuendo in maniera decisiva alla vittoria di quest’ultimo, ottenuta al ballottaggio per poco meno di cento voti. segue dalla prima una sorta di punto di non ritorno della esperienza politica dell’ex sindaco di Gela, l’unico uomo politico capace di replicare, doppiare e addirittura di peggiorare i disastri amministrativi dei suoi predecessori (con i dovuti distinguo, chiaro) cha ancora non si possono osservare con distacco, e soprattutto l’unico uomo capace di sputtanare oltremodo anche il concetto di antimafia e di dare ragione a Sciascia. La corona va al partito di Gril-

Antony Barbagallo

Proprio da Tremestieri e dalla vittoria di Santi Rando nasce la considerazione su ciò che realmente le elezioni comunali significhino. Il progetto e il programma #TremestieriVivibile hanno incluso la cittadinanza, il candidato ha girato il paese chiedendo e “intervistando” le varie anime del territorio, guadagnandosi il favore di un certo elettorato. Fondamentale però anche la regia e il patrocinio politico. Non un partito, ma un consigliere regionale, un onorevole appunto. Per cui non è una forzatura considerare la sfida al ballottaggio vinta da Rando come uno scontro - anch’esso interno al Pd dati i recenti sviluppi - tra Luca Sammartino e Anthony Barbagallo, due assi pigliatutto della politica sotto il vulcano. Meno appariscente e coadiuvato dal sostegno dell’onorevole Valeria Sudano, l’apporto di Sammartino ha garantito solidità alla compagine guidata da Rando, impedendo il colpaccio a Barbagallo, dopo l’exploit annunciato di Pedara e l’incredibile

Luca Sammartino

vittoria di Bronte. Meno protagonismi e più fatti rispetto a Barbagallo, che col suo lavoro e con i suoi numeri ha sbaragliato la concorrenza interna ma ha compromesso in maniera decisiva la vittoria di Di Stefano. Il commento del nuovo sindaco di Tremestieri è in linea con quanto predetto:”Siamo riusciti a ottenere un risultato importantissimo, che ci permetterà di governare il Comune secondo le indicazioni che abbiamo ricevuto dai cittadini. Un metodo - prosegue - che, evidentemente, ha convinto gli elettori, che ci hanno premiato dandoci la possibilità di vincere. Da domani - conclude - inizierà una nuova era: Tremestieri uscirà finalmente dal limbo nel quale è rimasto per troppo tempo, per diventare il Paese modello che merita di essere”. Di differente matrice è la vittoria di Nino Bellia a San Giovanni la Punta. Qui più che l’intervento di onorevoli o esterni, è stata decisiva la linea della continuità. Bellia,

già presidente della Multiservizi, ha stracciato il contendente Santo Trovato grazie al sostegno di Andrea Messina, uscente da doppio mandato e da Ignazio Motta, altro storico amministratore del paese pedemontano. A Trovato non è quindi bastato l’apparentamento con la lista Noi con Salvini, che se valessero le dinamiche partitiche e nazionali avrebbe dovuto invece condizionare il risultato finale. Stesso discorso vale per il Movimento Cinque Stelle, che sia a Tremestieri Etneo che a San Giovanni la Punta ha ottenuto appena un consigliere, superando di poco lo sbarramento. Storica la sconfitta di Pino Firrarello e Giuseppe Castiglione a Bronte: a spuntarla al ballottaggio contro ogni pronostico iniziale è Graziano Calanna, orientativamente di centrosinistra, più precisamente uomo di Barbagallo, ancora e sempre lui. Testimonianza che non è il partito democratico in quanto tale a incidere sull’elettorato quanto la gestione

Valeria Sudano

dei suoi componenti, in questo caso i consiglieri regionali più attivi nell’hinterland e le loro mosse più politiche in senso stretto e organizzative che pubbliche. Sammartino non è mai intervenuto a comizi o incontri pubblici di Santi Rando, lasciandogli carta bianca sulla gestione tecnica della campagna elettorale. Verosimilmente più “invasiva” la presenza di Barbagallo a Pedara e di Messina a San Giovanni la Punta, ma in fondo Fallica e Bellia sono candidati che loro stessi hanno indicato, quasi come depositari di successione dinastica. Quindi altro che partiti, altro che “telefonate da Roma”: la politica catanese la fanno i catanesi, ognuno seguendo il proprio istinto e proponendo i propri metodi. E qualora non voleste fidarvi nemmeno di queste parole, attendiamo che Sammartino e Barbagallo si decidano a pubblicare un compendio su come gestire le elezioni amministrative. La nuova scuola ha battuto la vecchia senza mezze misure.

lo che si pone o vorrebbe porsi come alternativa: non è una opzione da escludere, anzi, il radicamento in diverse amministrazioni comunali, sebbene si tratti ancora di pochi e isolati casi, lascia presagire che il consenso potrebbe anche strutturarsi in modo più forte e tale da rendere competitivo un candidato alla presidenza della Regione. Forse. O forse una coalizione di persone di senso comune sarebbe a sinistra e a destra l’antidoto a cavalcate irruente verso nuove implacabili sconfitte. Chissà. Nunzia Scalzo

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Gela gira le spalle a Fasulo e a tutto il pd. Trionfa Messinese di Liliana Blanco Uno spoglio fulmineo e alle 17.15 Gela si è posta al vertice una corona a cinque stelle. Un dominio lungo ed incontrastato quello del centrosinistra e del Partito democratico che ha perso il controllo della città. Lo stacco fra il sindaco uscente e il ciclone Messinese si era notato subito, sin dallo scrutinio dei primi 15 seggi : Fasulo si attestato a 2238 voti e Messinese 3958 e mentre i giornali on line e le televisioni locali cominciavano a cantare vittoria i dirigenti del Pd continuavano a sostenere che era troppo presto per gettare la spugna e le roccaforti del loro partito dovevano essere scrutinate e invece ad ogni seggio il divario aumentava fino a raggiungere la vittoria bulgara; Messinese ha ottenuto il 64,65 per cento delle preferenze con 22.677 voti e il sindaco uscente 36, 35 per cento con 12.400 voti. Una volontà chiara e inequivocabile dei gelesi che hanno detto ‘no’ alla sinistra ritenendola probabilmente responsabile di tante scelte opinabili: a cominciare dalla chiusura della Raffineria presentata come un’opportunità, mentre centinaia di padri di famiglia o giovani sposi sono già partiti lasciando mogli e figli soli e restando soli loro stessi in città sconosciute e senza amici. Davanti a queste realtà non ci sono presentazioni di opportunità green che tengono.

A continuare con il miraggio dell’Agroverde che ha gettato sul lastrico centinaia di persone fra aziende e proprietari di lotti, espropriati e mai pagati. La questione irrisolta dell’acqua pagata come potabile e a erogazione continua, ma di fatto sporca, centellinata e pagata con i posti di lavoro a pochi amici. E ancora l’imposizione della differenziata che ai gelesi ha portato sporcizia nelle strade e bollette raddoppiate; le inchieste che si sono abbattute sull’amministrazione da parte della Corte dei conti e delle società nate con le autorizzazioni rilasciate dall’istituzione. Messinese non convince una parte di chi lo ha votato, ma ha alle spalle un gruppo agguerrito che lo ha sostenuto ed è pronto a continuare la lotta a schiena dritta. “Questo risultato indica la voglia di cambiamento della città - ha detto il neo

sindaco Domenico Messinese non voglio parlare di sconfitta o di vittoria, il voto a Messinese testimonia il desiderio dei gelesi di cambiare rotta con un’amministrazione diversa. Adesso tocca a noi lavorare”. Sereno del risultato l’ormai ex sindaco Fasulo. “Auguro buon lavoro al nuovo Primo cittadino di Gela ha detto Fasulo - va bene così, sono consapevole di aver fatto tutto ciò che era nelle mie possibilità. Buon lavoro al nuovo sindaco Domenico Messinese – scrive Fasulo - A lui auguro di cuore che possa davvero essere interprete positivo della volontà di cambiamento espressa dai cittadini. A tutti quelli che mi sono stati accanto in questo lungo periodo va il mio grazie più sincero per l’impegno profuso per il bene di questa città”. Il nuovo sindaco avrà una maggioranza azzardata in consiglio

comunale. Alle 19,30 il neo eletto è salito sul palco della piazza Umberto I insieme ai suoi sostenitori. Ha portato con se la sua famiglia e con le lacrime agli occhi, vinto dalla commozione ha detto alla città che si è riversata in piazza attorno a lui: sarò il sindaco di tutti, di chi mi ha votato e di chi non mi ha votato. Una cosa vi chiedo umilmente: non lasciatemi solo. Ce la metteremo tutta per governare questa difficile città ma solo con il vostro aiuto potrò farcela”. Cinquant’anni, ingegnere informatico, sposato e padre di due figli, lavora come funzionario di una azienda leader di telefonia, primo di 4 figli e con due genitori semplici. Il padre originario di Favara e dipendente dell’Eni in pensione e la madre casalinga perno della famiglia. Educato ai valori cristiani, non si era mai interessato di politica finora. Oggi è sindaco di Gela. “Dietro allo schiacciante risultato di Gela c’è un grandissimo attestato di stima al Movimento – scrive in una nota la segreteria dei 5 Stella - ma, anche, la sonora e inequivocabile bocciatura di Crocetta, che nemmeno a casa sua è riuscito a mettere una pezza ai disastri che ha fatto in questi anni in Sicilia. Se anche i suoi compaesani, i cittadini che ha amministrato, gli hanno dato il benservito, non comprendiamo come Crocetta possa ancora sentirsi il legittimo presidente di tutti i siciliani. Faccia il primo atto serio e degno di nota della

sua amministrazione, rassegni le dimissioni, e lo faccia pure in fretta. Forse c’è ancora tempo per salvare qualcosa. Noi siamo pronti per Palazzo d’Orleans”. Il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle all’Ars commenta così la netta e preventiva vittoria di Gela. “I segnali che ci arrivavano – dice Giancarlo Cancelleri – erano inequivocabili. Crocetta diceva che il test di Gela non era un referendum sulla sua persona? Sapeva che avrebbe perso. Ora tragga le debite conseguenze, per rispetto di tutti i siciliani e faccia il passo indietro che auspicano in tantissimi. Intanto complimenti a neo sindaci a 5 Stelle”. Complimenti ed auguri ai nuovi primi cittadini di Gela e Augusta arrivano, a nome del gruppo parlamentare all’Ars, dal capogruppo Salvatore Siragusa. “Sono stati bravissimi - dice – anche se il difficile comincia ora, ma loro sapranno dimostrare, come sta avvenendo a Bagheria e a Ragusa, cosa è un’amministrazione Cinquestelle. Avere sfondato, e benissimo, in due città difficili come Gela ed Augusta è la prova che è cambiato il vento e che anche nelle amministrative, che finora erano stato terreno off-limits per il voto d’opinione, si può farcela. Il fattore ambientale a Gela ed Augusta ha spinto ulteriormente nella nostra direzione. La gente non ne può più di vivere in città devastate dagli interessi di pochi”.

A Bronte è finita la prima repubblica: Firrarello ha perso il feudo di Alberto Cardillo Si chiude un capitolo della storia politica di Bronte. Dopo un doppio mandato durato dieci anni, la città del pistacchio ha deciso di mettere da parte l’ex senatore e sindaco uscente Pino Firrarello, sponsor principale del candidato del centrodestra Salvatore Gullotta. Una sconfitta netta, come dimostrano i numeri del ballottaggio, che ha sancito la vittoria di Graziano Calanna. Il candidato del centrosinistra, sostenuto da Partito Democratico, Udc e Megafono, ha raccolto il 57,35 per cento dei voti staccando il suo antagonista di oltre dieci punti che equivalgono a 1463 voti. Gullotta al primo turno

era stato il più votato con il 30,79 per cento ma oltre mille voti destinati alle liste collegate non erano stati affiancati al suo nome. Una forbice che adesso è stata decisiva. A spendersi durante l’intera campagna elettorale per il candidato del centrodestra era stato anche il genero di Firrarello. Il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, travolto proprio in queste settimane dall’inchiesta sul centro richiedenti asilo di Mineo, è stato più volte presente sul palco con accanto anche il giovane figlio Carlo. Il nipote di Firrarello, candidato al consiglio comunale, è stata l’unica consolazione della famiglia, riuscendo ad approda-

re al palazzo di città con 238 preferenze, risultando anche il più votato della lista Giovani cambiamo il futuro, che complessivamente ha raccolto mille voti per un totale del 8,49 per cento. L’avventura brontese di Firrarello, originario di San Cono, inizia nel lontano 1975 da assessore dell’allora sindaco Vincenzo Paparo per poi essere eletto dal consiglio comunale per la prima volta come primo cittadino nel 1984. Trascorsi due decenni, arriva l’elezione a sindaco del 2005 e la riconferma cinque anni dopo. Una doppia vittoria in cui emerge anche il duro scontro con l’allora governatore ed ex alleato Raffaele Lombardo.

Il dopo Firrarello ha il nome di Graziano Calanna. Avvocato, con un passato da consigliere comunale vicino al Movimento per le autonomie. Nel 2010 viene eletto nella lista civica collegata al nome di Aldo Catania, ex consigliere provinciale autonomista, e per due volte avversario di Firrarello nella corsa a primo cittadino. In questo intreccio di nomi c’è spazio anche per il padre di Calanna. Nel 2002, Nunzio Calanna si candida a sindaco, perdendo, sostenuto da Firrarello - di cui poi diventa vice - contro Salvatore Leanza. Nella squadra del nuovo sindaco di Bronte ci sarà come assessore designato Nunzio Biuso, ex consigliere comuna-

le Mpa e avversario al primo turno sostenuto da una lista civica. Gli altri nomi sono quelli di Francesco Bortiglio, Antonio Leanza, figlio di Salvatore candidato avversario nel 2002 del padre di Calanna, e Francesca Saitta. Quest’ultima è una parente dell’imprenditore tessile Franco Catania che al primo turno era tra i candidati al consiglio comunale che sostenevano la il nome di Aldo Catania. Avvicendamenti nelle alleanze nati nel post primo turno che non hanno coinvolto ufficialmente, come previsto, il Movimento 5 Stelle. Davide Russo, candidato sindaco pentastellato, aveva raggiunto il 19,81 per cento dei voti con oltre duemila preferenze.

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Augusta: vince il popolo che ha votato. L di Rosa Tomarchio Il vero vincitore di questa tornata elettorale? Il popolo che ha votato. Sono stati in realtà 18.296 su 32.129. Il 56 per cento circa si è recato alle urne nelle due giornate di consultazione. Il vero sconfitto? Rosario Crocetta nient’altro che un malato terminale tenuto in vita da quella parte di emiciclo siciliano che non vuol perdere la diaria. L’onda anomala dei Cinquestelle, alla fine, ha travolto la piazza di Augusta, dopo Gela. Due città, in un certo senso, sorelle, dove ha trionfato il rinnovamento radicale. Un risultato storico, quello di Augusta, un comune che esce dal commissariamento di due anni e da un passato “rosso” fuoco. Un plauso alla gente: se ha votato in questo modo vuol dire che ha voluto tagliare i ponti col passato, definitivamente. Nonostante la crisi, la disoccupazione. Disagi che restano ma che finiscono per cavalcare la disperazione verso altri lidi. Ed ecco i Cinquestelle a Palazzo San Biagio. Il vero sconfitto? Il governatore Crocetta col suo Megafono e il suo socio Pd. Stranamente, nessuno ci ha fatto tanto caso, nessuno ha parlato di Saro Crocetta in queste ore. Del resto, quando uno esce fuori dai giudizi politici delle pubbliche piazze, vuol dire che politicamente è finito. Inesistente. A tenerlo in vita, come già detto, sono quei onorevoli che non vogliono andare a casa. Appena staccano la spina, il gioco è finito. Siracusa come reagisce a questa vittoria augustana dei “grillini”? Per ora resta affacciata alla finestra, osserva la piazza megarese gremita. Osserva e basta, lontana da ogni spirito di emulazione, almeno sino a quando esisteranno ancora i dinosauri. E finche sarà preistoria, l’onda anomala non potrà invadere le piazze, non potrà spazzare via ricatti morali e occupazionali. E la gente non sarà libera di votare

Cettina Di Pietro esulta per la vittoria elettorale chi vuole. La moralità pubblica, questa le fondamenta dei Cinquestelle, chiusi dentro se stessi e nello statuto di Beppe fatto di regole ferree oltre le quali è vietato andare. Altrimenti sei fuori dal movimento. Semplice. Prendere o lasciare. Il vero problema dei pentastellati? Dicono che sia quello dell’incocludenza. Belle parole, bei propositi, si d’accordo, ma i fatti? Le proposte? Quanti di loro saranno effettivamente le persone giuste al posto giusto dentro il Palazzo? L’escamotage del bando pubblico per la ricerca degli assessori sarà veramente la chiave di volta per un futuro prossimo fatto di uomini e donne migliori? Non per forza tecnici. D’accordo, intanto si festeggia la svolta, la novità. Il nuovo che avanza. Se non fosse che la Sicilia è talmente “scafazzata”, martoriata al punto che ci vorranno cinquanta anni ancora per riprendersi completamente. Sicuramente i Cinquestelle sono un buon inizio per un viatico di speranze e fiducia perchè sono piu impermeabili al malaffare. Perche sono diffidenti, chiusi tra loro. Ma è l’inizio e bisogna dare fiducia al nuovo sindaco e alla sua giunta, specialmente se il candidato in questione sarà ricordato per aver battuto persino il Cavaliere dello storico “61 a 0” della Sicilia/granaio. Facendo

una ulteriore analisi, sembra poi che il miracolo Cinquestelle sia possibile sin qui solo nei piccoli comuni, al di sotto dei centomila abitanti. Una ipotesi che potrebbe essere sconfessata soltanto al prossimo turno elettorale dove saranno coinvolti i capoluogo di provincia, Ragusa a parte che, comunque, di abitanti ne conta meno di 70mila. Il fenomeno è ancora in nuce, nulla si può dire sui postumi. Li scopriremo solo vivendo. Per ora vince la disperazione. La pancia e dopo, forse, il cuore. Intanto, i nostri auguri di buon lavoro al nuovo sindaco di Augusta e alla nuova amministrazione tutta. Ricordiamo infine che i voti validi sono stati 17.980, di questi 13.946 sono andati a Cettina Di Pietro, 4.484 a Nicky Paci. Questa l’unica cosa che conta. Lo sussurra anche un anziano seduto sulla panchina, al Duomo inondato di “stelle”, “Augusta è di nuovo bellissima”. Un motivo che ricorrerà di bocca in bocca, nei ricordi dei nostalgici. Un valore aggiunto a questa vittoria che, al contrario, sa solo di nuovo. Come se si avvertisse in piazza un altro “senso di cittadinanza, di fratellanza quasi”. “Come era bedda Austa!” ripete al passato stavolta un altro anziano seduto sul sedile di pietra della medesima piazza. Umori

diversi ma stessa fierezza di un amore mai perduto. Stessa speranza? Stesso voto? Non è dato saperlo. Il sindaco ormai è Cettina Di Pietro dei Cinquestelle. Se ha meritato più la donna o il movimento, sono interrogativi già derubricati a chiacchiere da social network. Idem sugli eventuali errori commessi dall’avversario, Nicky Paci, che a 37 anni pare non avrebbe posto troppa attenzione ai nomi infilati nelle sue liste e all’utilizzo del nuovo strumento di comunicazione: la rete. Al contrario dei Grilini che, invece, si trincerano dietro il loro strumento rimandando tutti gli addetti all’informazione ai prossimi collegamenti via web sul loro sito, unica fonte attendibile, accreditata e ufficiale di notizie a Cinquestelle. Anche del sindaco di Augusta. Che, si spera, invece possa dotarsi presto di una voce istituzionale per comunicare con la stampa e la sua gente. Anche perché, ad onor del vero, i programmi elettorali, col dovuto rispetto, sono letti, al più, dagli addetti ai lavori. E forse dai giornalisti. Che un occhio lo buttano per dovere di cronaca. Un’altra cosa va detta. Questa campagna elettorale 2015 si è giocata per un buon 90per cento sul piano emotivo, terreno su cui si può anche sdrucciolare. Per-

ché l maggior parte dei numeri che hanno portato il sindaco Di Pietro dritta dritta ai piani alti di palazzo San Biagio sono alimentati dall’emozione. Dalla rabbia. Dalla voglia del cambiamento tout court. Saranno consapevoli tali elettori? E l’avversario Nicky Paci? Il moderato, l’amico Nicky per tutti gli augustani, formatosi sui manuali più collaudati (da Pippo Gianni a Enzo Vinciulli deputati Ars) avrebbe più di una cosa da rivedere alla luce della campagna elettorale 2.0. Lo stesso Nicky Paci lo ha dovuto ammettere facendo un improvviso (e tardivo?) capolino sulla scena virtuale. Nella realtà il sindaco Cettina Di Pietro, ben sostenuta dal votatissimo vice sindaco, il medico Pino Pisani, e dai suoi pentastellati, prima di varcare definitivamente la soglia del Palazzo dovrà attendere i propedeutici 15 giorni che caratterizzeranno la verifica elettorale dei suoi voti, la notifica del suo mandato da parte dei commissari straordinari, ben tre, e la proclamazione del Consiglio Comunale che dopo due anni prefettizi ritorna di scena a Augusta. Ultima notizia. C’è un uomo in meno in giunta. Qualche ora prima della vittoria dei Cinquestelle, Nicolò Caramagno, assessore designato dalla Di Pietro alla Energia e

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o. Lo scettro va ai Cinque stelle di Grillo

La Di Pietro con il commissario e con la senatrice Taverna Mobilità, ha fatto dietrofront per motivi professionali. Per la scelta del suo successore, precisa il neo sindaco, non verrà rilanciato un nuovo bando, verranno presi in considerazione i curriculum già pervenuti lo scorso aprile. Ma non c’è fretta, dice la prima donna di Augusta , la scelta sarà quanto più collegiale possibile, col coinvolgimento del movimento e del popolo della Rete, naturalmente. Che merita una nota a parte, ma non oggi. Veniamo ai co-protagonisti. Alla giunta. Piange il dottor Pino Pisani. Il medico della povera gente. Degli anziani. Le signore lo

abbracciano, lo baciano. “Bravo Pinuzzo”. “Avrò bisogno pure di loro – esclama commosso il neo assessore che sarà il vice sindaco - da solo non potrei mai farcela. So che posso andare fiero in mezzo alla mia gente, aggiunge- insieme faremo tante cose, e noi faremo tutto per voi, siate sempre vicini, non vi tradiremo”. Una candidatura pensata a due, la sua. Cettina Di Pietro, prima di accettare, si è assicurata che Pisani sarebbe stato al suo fianco a Palazzo. E così è stato. “Sentivo la necessità di scendere in campo pur tenendo fede al mio impegno professio-

nale- risponde il medico - non riesco ancora a rendermi conto del tributo che mi ha dato la gente. Io sono commosso da questo grande affetto. Andrò in pensione alla fine dell’anno ma sicuramente troverò il tempo per i miei pazienti che sono pure a Siracusa e in provincia. Ma il pensiero sarà rivolto prevalentemente al Comune di Augusta, al ripristino del buon governo. Per questo ho deciso di scendere in campo”. Giuseppe Di Mare non è cinque stelle, eppure è il consigliere comunale più votato. Il 37enne è stato premiato dalla città con

Nicky Paci, lo sconfitto la riconferma agli scranni del Consiglio comunale di Augusta. Non nasconde il suo voto. “L’ho dato ai Cinquestelle - dice il consigliere dell’altro candidato sindaco Marco Stella - E’ stata la più bella campagna elettorale sin qui vissuta, fuori dalle logiche di partito e tiramento di giacchetta. Abbiamo fatto le cose che volevamo fare, un bel gruppo davvero quello guidato da Marco Stella. Personalmente ho votato Cinquestelle, era giusto dare un taglio col passato non perche le persone che lo hanno rappresentato non sono state valide ma per i modi e il

metodo scelto per governare”. Di Mare, che proviene da un passato con Alleanza nazionale, Pdl, oggi solo lista civica, molto probabilmente sarà il prossimo presidente del Consiglio Comunale. Va da sé che Augusta ha il suo sindaco, è una donna, che potrà contare del supporto di ben 18 consiglieri su 30 . Una maggioranza compattissima al prossimo consiglio comunale ad Augusta. Non era ancora ufficiale quando via Lavaggi era totalmente divisa in due. Una parte festante l’altra muta, silenziosa, dimessa.

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A Barcellona e Milazzo nuovi inquililini in Municipio di Giovanni Frazzica Carmelo Pino ha perso soprattutto nelle periferie, nella Piana in particolare, ma i suoi amici non hanno digerito il risultato. “C’è un dato di cui prendere atto. Il nostro operato evidentemente non è stato gradito dai cittadini. Lasciamo una città migliore rispetto a 5 anni fa. La nostra sarà un’opposizione attenta” - dice a caldo Pippo Midili, assessore alle Finanze della giunta Pino, ora eletto consigliere. Stefania Scolaro, ex–vice sindaco di Carmelo Pino afferma: “Nonostante la mancata elezione, resto sempre la più votata del pd. Alla città lasciamo un patrimonio che speriamo verrà ben speso. Non so se resterò nel pd”. E lo stesso ex-sindaco, rispetto alla sua adesione al partito di Renzi dice: “In questo momento mi sento disconnesso, un giudice ha detto che la mia tessera non era valida. Anzi, ora che ci penso, mi devono restituire 45 euro. Per il resto sono sereno, ho operato senza lacci e lacciuoli, la mia serenità deriva dall’aver interpretato in questi anni il ruolo di sindaco con dignità e responsabilità, non abbiamo giocato con gli interessi della nostra comunità. Questo ci fortifica, perché le rinunce che abbiamo spesso praticato ci hanno poi dato delle soddisfazioni dal punto di vista del risanamento ed anche dei consensi fuori dal comune di Milazzo, il lavoro svolto in questi anni comporta molto coraggio e noi lo abbiamo dimostrato”. Anche l’onorevole Bernardette Grasso, coordinatrice di Forza Italia, sostenitrice di Lorenzo Italiano, il candidato a sindaco che si è classificato al terzo posto al primo turno, interviene sull’epilogo elettorale milazzese:”Auguro un mondo di successi e di gloria al collega

Roberto Materia sindaco di Barcellona avvocato Giovanni Formica, che adesso è anche collega sindaco e, in quanto tale, dovrà lavorare per fare gli interessi dell’intera comunità milazzese di cui, insieme ai miei amici, al primo turno di queste elezioni, abbiamo rappresentato la terza componente in campo, quella capeggiata da Lorenzo Italiano. Tante difficoltà interne al centrodestra, alcune delle quali sono ancora da chiarire, hanno impedito al nostro candidato di arrivare al ballottaggio. Siamo convinti che il raggiungimento di questo primo obiettivo avrebbe potuto modificare sostanzialmente l’esito finale della consultazione. Ora, prendendo atto del risultato finale, abbiamo un doppio obiettivo: lavorare per ricostruire il centrodestra a Milazzo e fare opposizione quando le circostanze, nell’interesse dei cittadini, lo dovessero richiedere”. La vittoria di Giovanni Formica già

nell’aria la sera di venerdì. Poi la vittoria vera, i festeggiamenti e l’insediamento. Giovanni Formica sindaco è raggiante di felicità:”Ora sono felicissimo, l’affetto dei miei concittadini mi ha ripagato di ogni fatica. Tutto questo consenso però mi carica di responsabilità, il mio primo impegno sarà di contattare l’Autorità portuale per scongiurare il licenziamento di 27 lavoratori, poi viene il resto, cercherò di portare avanti il programma. Ho ricevuto tante telefonate di amici e dirigenti politicici messinesi e siciliani, la più gradita è stata quella di Basilio Ridolfo, il segretario provinciale del pd”. A Barcellona Roberto Materia vince alla grande contro l’ex sindaco Collica, anche se fino a sabato tutto lasciava presagire che la rimonta ed il sorpasso della professoressa rispetto al primo turno erano iniziati. E’ la stessa Maria Teresa Collica che

con dignitosa presa d’atto esterna la sua posizione. “Il risultato elettorale non ci ha permesso di tornare al governo - dice la Collica - ma è un risultato di cui andiamo fieri. Sono soddifatta del lavoro portato avanti senza cedere alla tentazione di “accordi” pur di raggiungere la poltrona, con la forza di un gruppo che si è dedicato a questo progetto. Le 9037 preferenze e i 7 consiglieri eletti ci danno conferma che una parte importante della città ha apprezzato il nostro operato. Da qui vogliamo partire, da una base che si è fatta più solida e consapevole”. La prima dichiarazione di Roberto Materia è improntata alla conciliazione:“Rivolgo un sincero saluto alla dottoressa Collica che ci ha impegnati sino all’ultimo in una campagna elettorale combattuta – dice Materia - ringrazio non solo gli 11.844 elettori che mi hanno dato fiducia, ma tutto l’elettorato. No-

nostante i miei 18 Consiglieri garantirò il dialogo con l’intero Consiglio. Nelle mie esperienze pregresse di presidente ed assessore provinciale e presidente dell’Esa, ho sempre cercato di valorizzare al meglio le risorse umane poiché sono fermamente convinto che solo attraverso una efficiente simbiosi amministrativa si potranno dare le tante risposte che attendono i cittadini. Il Comune sarà aperto e tutti avranno diritto di manifestare a me ed alla Giunta le loro esigenze. Noi abbiamo grandi progetti per la nostra Città e vogliamo realizzarli tutti”. La vittoria di Materia fa brindare Beppe Picciolo, lo stratega che ha costruito questo risultato (ma che è stato determinante anche per la vittoria di Formica a Milazzo, il vero e proprio “ago della bilancia” della politica provinciale), che così esulta:“Quando si scelgono uomini capaci ed in grado di capire le esigenze dei territori, con progetti seri e fattibili, gli elettori non hanno mai dubbi. Il successo elettorale di Roberto Materia e delle nostre liste è l’unica risposta possibile che si può dare all’astensionismo e all’antipolitica. Quello di Materia - dichiara il leader dei Dr – è un progetto nato per Barcellona, per costruire una nuova città, il Pdr oggi celebra la vittoria di un grande movimento fatto di tanti giovani pieni di entusiasmo, l’inizio di un nuovo percorso di riscatto”. Ora occorrerà verificare se alle parole seguiranno i fatti, perché i problemi irrisolti sono tutti aperti, primo fra tutti l’annoso tema dell’Aeroporto del Mela rispetto al quale recentemente il Presidente Crocetta ha espresso pubblicamente parere favorevole e la disponibilità a concedere il sostegno della Regione.

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Ribera riconferma Carmelo Pace. Licata invece punta su Angelo Cambiano di Franco Castaldo In provincia di Agrigento l’ultima tornata elettorale si disputava in due comuni tra i più grandi del territorio, Ribera e Licata. Grandi attese sul risultato finale per ottenere indicazioni politiche che avranno ripercussioni sull’attività complessiva dei partiti. A Ribera Carmelo Pace è stato riconfermato sindaco per 371 voti riportati in più sul concorrente per il palazzo municipale, Nenè Mangiacavallo. Pace ha riportato infatti 5.526 preferenze, con la percentuale del 51,71. Mangiacavallo, invece, si è fermato a 5.160 voti con il 48,29 della percentuale dei votanti. Complessivamente le schede bianche sono state 70, mentre quelle nulle ben 335. Al primo turno Pace ottenne 4.722 preferenze, mentre Mangiacavallo raggiunse 3.450 voti. Pace ha recuperato 440 voti, ma Mangiacavallo ha racimolato ben 1710 preferenze in più. Un gran recupero che non gli è servito per sconfiggere Pace. Il sindaco riconfermato era stato eletto primo cittadino il 31 maggio del 2010 con 10 mila preferenze. Alla fine, la differenza è stata di 371 voti a favore del sindaco uscente che ha avuto l’appoggio di quattro liste, a differenza dell’avversario che poteva contare su tre schieramenti. A Ribera, si è consumato un paradosso. Il rieletto sindaco non è stato sostenuto dallo zio senatore, quel Giuseppe Ruvolo che ha deciso di appoggiare Mangiacavallo. Nella consultazione precedente Ruvolo e il nipote hanno viaggiato insieme. Poi la rottura e la decisione di Ruvolo, ampi trascorsi nella Democrazia Cristiana, poi Forza Italia e adesso vicino alle posizioni di Renzi, quasi vent’anni in Parlamento, di appoggiare Mangiacavallo che è stato parlamentare della Repubblica e sinanco sottosegretario. Carmelo Pace è sindaco e ha la maggioranza in Consiglio comunale. Le sue prime dichiarazioni sono rassicuranti: “Per me è stato un grande onore essere rieletto sindaco di Ribera, per questo

hanno inneggiato il suo nome a pochi passi dal palazzo comunale, dove in un locale privato aveva la sede elettorale. A Licata altra battaglia elettorale con Angelo Cambiano che è il nuovo sindaco. Situazione difficile quella della comunità licatese con gli ultimi due sindaci in carica arrestati (Graci e Balsamo) e credibilità della politica rasa al suolo. Cambiano ha Angelo Cambiano al voto e durante i ringraziamenti agli elettori vinto contro ogni pronostico ed era supportato da una coalizione politica che aveva nell’on. Riccardo Gallo, vicecoordinatore regionale di Forza Italia, il suo punto di Forza. Ben sette i candidati a sindaco, poi, al Carmelo Pace rieletto sindaco di Ribera ballottaggio l’andazzo ringrazio i miei sostenitori. Da conto. Hanno vinto la libertà, la era stato chiaro fin dalle prime domani sarò però il sindaco di democrazia e Ribera. Onore ai battute. Il dato finale non lascia spazio a repliche. Cambiano ha tutti i riberesi per ricominciare a vinti”. riamministrare la città. Un gior- Pace è stato lapidario, con un in- messo assieme 8357 preferenze no di riposo e poi al lavoro per tervento di circa un minuto per contro le 6798 di Pino Galanti. i cittadini ai quali dovrò rendere accontentare i sostenitori che Già le prime sezioni lasciavano

presagire un distacco ampio che si è poi materializzato nei quasi 1600 voti con cui Cambiano ha staccato il competitor. Angelo Cambiano ha parlato in piazza Progresso dove ha tenuto un comizio per ringraziare gli elettori: “Si tratta di un risultato straordinario. Ringrazio i cittadini che mi hanno dato fiducia e che hanno fatto una scelta differente superando logiche politiche e di partiti. Da domani in poi sappiamo che ci aspetta un durissimo lavoro ma siamo pronti ad affrontarlo con serenità e impegno, cercando finalmente di offrire il giusto riscatto alla città”. Lo storico licatese Gaetano Cellura ricorda: “La vittoria di Angelo Cambiano, alla vigilia non così scontata come poi si è rivelata, è un film visto nella storia dei ballottaggi a Licata. Ricorda quella di Giovanni Saito nel 1998 che aveva contro un’ampia coalizione guidata da Giacomino Mulè, sulla carta fortissima. E quelle di Angelo Biondi nel 2003 e di Angelo Graci nel 2008. Anche loro avevano contro degli schieramenti composti di forze politiche omogenee e organiche. Anche oggi dunque, come altre volte, si è avuta la conferma che il turno di ballottaggio è un’elezione a sé, difficile da pilotare. Il sindaco lo sceglie il popolo, agendo di “testa e di pancia”. Non lo decidono le grandi ammucchiate di partiti e liste civiche. Cellura annota sagace: “L’ultima breve considerazione riguarda il Partito democratico, che ha vinto solo a Marsala e ha perso ovunque. Battuto in Sicilia sia dai Cinque Stelle che dalle coalizioni di destra. Quella di cui faceva parte a Licata (a sostegno di Galanti) non era, nonostante la sua presenza, una coalizione di centrosinistra. Era una parte del blocco sociale moderato che, unito, aveva stravinto nel 2013. Per il Pd si riaprono le porte dell’opposizione, ma cominci a lavorare sin da oggi (e senza più errori e divisioni interne) per diventare a Licata classe dirigente, protagonista e non più comprimario nelle coalizioni”.

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Il ciclo di vita e la ruota della politica in Sicilia d i S a ro F a ra ci Senza scomodare il sociologo Zygmunt Bauman con la sua metafora della società liquida, dove venuti meno i contenitori tradizionali del pensiero, dei progetti e delle relazioni tutto fluisce da un contesto all’altro e i legami con le istituzioni diventano sempre più deboli, senza scomodare Bauman insomma, il voto ai ballottaggi nelle elezioni amministrative di domenica e lunedì va interpretato attentamente e non può analizzarsi in modo dissociato dalle grandi trasformazioni socio-economiche che sta attraversando il Paese. Non si spiegherebbe altrimenti perché alcune roccaforti storiche sono cadute per politici potenti – Enna per Mirello Crisafulli, Bronte per Pino Firrarello e Gela per Saro Crocetta - e perché nuovi format del fare politica, più che nuovi leader, stanno emergendo nei contesti locali, sia a Gela come ad Augusta dove ha vinto la grillina Cettina Di Pietro. Ci sono grandi trasformazioni in atto, nella società, nell’economia, nel modo di fare impresa e di trovare lavoro, nelle forme di impegno sociale e volontaristico, nel rapporto fra istituzioni e territorio. E’ cambiata pure profondamente la natura della domanda di buon

governo da parte dei cittadini. Pensare che la politica tradizionale ne rimanesse esente sarebbe una forzatura. Senza fare troppi ragionamenti complicati, molta gente esprime voglia di cambiamento, desiderio di vedersi riconosciuti i propri diritti, sdegno nei confronti delle clientele e dei favori, ribrezzo verso tutte le forme di corruzione e di soprusi vari. Vuole in altre parole legalità e moralità, che dovrebbero segnare il confine netto tra buona e mala politica. Progettualità di ampio respiro e connessi doveri civici di tutti (elettori ed eletti) passano in secondo piano, perché le elezioni si vincono intercettando bene la

domanda di cambiamento e portando alle urne chi prova a superare il disimpegno determinato da assenteismo, inerzia e pigrizia. I risultati elettorali, da noi come altrove, vanno interpretati in questo modo. Con l’ausilio di due strumenti che, nell’economia delle imprese, si utilizzano frequentemente: il ciclo di vita del prodotto e la ruota della distribuzione commerciale. Applicando il primo strumento, si capisce perché è tramontata l’era di Firrarello e di Crisafulli e ha imboccato la via del tramonto prima del solito quella di Crocetta. Cambiano i tempi, si affermano volti nuovi, il blocco di potere esercitato prima dai vecchi lea-

der non funziona più. Ad Enna Crisafulli ha provato a sfidare il suo partito che lo aveva etichettato come “impresentabile” e ha dovuto presentarsi con una lista civica. Una prova d’orgoglio, ma non ce l’ha fatta. A Bronte, Firrarello non poteva più presentarsi, ma la staffetta con il candidato da lui appoggiato non ha funzionato. Idem a Gela, anche se Crocetta ha provato subito dopo il risultato elettorale a smarcarsi dall’insuccesso di Fasulo. Applicando invece lo strumento interpretativo della ruota della distribuzione commerciale, in politica – come è un po’ avvenuto in molti ambiti dell’economia – ad un format di successo se ne sostituisce un altro. Venuti meno i partiti, che invece in molti altri Paesi rimangono un corpo intermedio importante fra le istituzioni e i cittadini, si affermano sempre di più i movimenti e i gruppi di pressione. Raccolgono consensi in una tornata, poi declinano in un’altra, ma possono tornare nuovamente in auge nel momento in cui intercettano bene la domanda di cambiamento proveniente dalla società civile. Qualcuno li etichetta sbrigativamente come i movimenti dell’antipolitica, ma è proprio nell’antipolitica che in questo momento di forte disimpegno civile e sociale che

si coagula il nuovo consenso dell’elettorato. Non si spiegherebbe altrimenti il forte successo dei grillini a Gela e ad Augusta, due città fortemente martoriate dagli insediamenti dell’industria petrolchimica, che hanno alimentato per decenni l’illusione di un forte sviluppo economico, nel tempo però divenuto non più sostenibile per via degli elevatissimi costi sociali imposti alla collettività (si veda la più elevata incidenza di tumori nella popolazione). I due poli petrolchimici di Gela e di Augusta forse ridimensioneranno la loro presenza in Sicilia, determinando ulteriore crisi occupazionale. Le amministrazioni sono stati incapaci in passato di fronteggiare sia il rischio di smantellamento sia il problema dei costi sociali da sopportare per la presenza di questi giganti dell’inquinamento. La gente si è stufata e ha cambiato rotta. Adesso il Movimento Cinque Stelle dovrà governare queste due grandi città e sarà chiamato a dare risposte. Se non ci riuscirà, toccherà ad un altro movimento o ad un altro gruppo di pressione al prossimo giro. E non è detto che i vecchi partiti, rifacendosi il maquillage, non possano ritornare in auge la prossima volta, magari con qualche nuovo leader cresciuto fra le proprie fila.

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Giugno 2015 - Giudiziaria

Giudiziaria, processo d’Appello a Raffaele Lombardo: arrivano nuovi pentiti di Marco Benanti

Ad ottobre nuova udienza per una vicenda che entra nel vivo Entra nel vivo il processo d’Appello all’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, condannato, col rito abbreviato, in primo grado, nel febbraio dell’anno scorso, per concorso esterno in associazione mafiosa a sei anni e otto mesi dal Gup del Tribunale Marina Rizza. Nell’ultima udienza, davanti ai giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Catania (presidente Tiziana Carrubba), l’Accusa, con il sostituto procuratore generale Gaetano Siscaro e il sostituto procuratore Agata Santonocito, ha chiesto l’acquisizione di una serie di documenti, a cominciare dalle dichiarazioni di nuovi pentiti tra

cui Fabrizio Nizza e Giuseppe Scollo. “Scollo – ha spiegato al collegio il sostituto pm Agata Santonocito - ha raccontato di alcune sollecitazioni che gli erano arrivate per favorire l’elezione di Raffaele Lombardo”. Altro nome venuto fuori è quello di Vito Galatolo, che ha deciso di collaborare con i magistrati. In particolare ci sarebbe una storia di servizi segreti e offerte di denaro in riferimento a Lombardo: Galatolo avrebbe raccolto le confidenze, durante un periodo di detenzione comune, di Vincenzo Aiello, rappresentante provinciale catanese di Santapaola. Quest’ultimo avrebbe riferito a Galatolo di essere stato avvicinato direttamente dai servizi per scagionare con delle dichiarazioni ricamate su misura proprio Raffaele Lombardo. Il tutto dietro il pagamento di una notevole somma di denaro.

Raffale Lombardo Lombardo, presente in aula, come sempre, è difeso dagli avvocati Alessandro Benedetti e Guido Ziccone: dai suoi legali via libera all’ingresso della stampa, a differenza di quanto accaduto nella penultima udienza. Ancora il professore Franco Coppi non è sceso a Catania: la sua difesa è stata annunciata da tempo, ma a oggi la difesa è affi-

data a Benedetti e Ziccone. Il procuratore generale Gaetano Siscaro, invece, ha anche chiesto i certificati di matrimonio dell’ex presidente Lombardo.La difesa ha, da canto suo, richiesto di ammettere una serie di produzioni documentali come alcuni tabulati telefonici che dimostrerebbero, contrariamente a quanto sostenuto anche nella sentenza

di primo grado, l’inesistenza di un incontro nel 2001 tra Raffaele Lombardo e Di Dio, in quanto il politico non è passato nella zona nel periodo contestato. Inoltre, la difesa ha chiesto l’ammissione di alcuni documenti volti a dimostrare l’inesistenza di un ruolo di Lombardo nell’iter amministrativo e burocratico nei lavori per i parchi commerciali, chiedendo altresì di sentire come testimoni le persone coinvolte nell’intercettazione ambientale del luglio 2008, presso la sede del giornale “La Sicilia”. Ciò per verificare quale tipo di interessamento abbia avuto Raffaele Lombardo, visto che la sentenza di primo grado si è basata per larga parte proprio su quella intercettazione depositata nell’udienza immediatamente precedente alla sentenza. La prossima udienza si terrà il 6 ottobre alle ore 10,30

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Giugno 2015 - Spettacoli

Il Paginone

Passerella di star per la 61

Alcuni dei tantissimi vip presenti al Taormina film fest d i Ru ggero Tra cuzzi Da Richard Gere a Ellen Pompeo, passando per Raul Bova e Claudio Bisio. Il tutto condito dal panorama del Timeo e dalle specialità siciliane di un noto ristorante. Ecco la ricetta per un festival del cinema perfetto: location eccezionale, ospiti di alto livello e film di caratura elevata. Tutto questo è stato offerto dalla 61a edizione del Taormina film fest, tenuto nella città omonima quest’anno dal 13 al 20 giugno. Ormai da anni il festival si riempie di turisti curiosi di poter assistere ai film in programma e desiderosi di poter strappare una foto piuttosto che un autografo alle tante personalità che si ha la possibilità di incontrare lungo le strade o nei ristoranti più famosi della città. La manifestazione si è aperta la mattina di sabato 13 nella sala

A del palazzo dei Congressi con la conferenza stampa di presentazione di “Inside Out”, film di animazione Disney Pixar, a cui hanno partecipato 5 testimonial (ognuno a rappresentare un personaggio diverso) tra cui il comico napoletano Frank Matano e la presentatrice di Colorado Diana Del Bufalo. Si è alzato il target qualche ora dopo quand sul palco ha fatto la sua apparizione Claudio Bisio, accolto da un numero altissimo di ragazzi con cui, al termine di un divertentissimo incontro, si è intrattenuto scattando “selfie” e firmando autografi a tutti, nonostante le continue esortazioni della security. Altra grande cornice di pubblico ha accompagnato l’ingresso in sala di Rosario Dawson, bellissima attrice americana che ha colto l’occasione, insieme ad Abrima Erwiah, un progetto a favore delle donne africane incentrato

sulla possibilità di conoscere il mondo della moda. Nel contesto del Teatro Antico si è poi svolta la premiazione di tutti i personaggi che hanno partecipato alle “Tao Class”, con la coordinazione della general manager del Festival Tiziana Rocca. La giornata successiva si è svolta su due lunghezze d’onda diverse; la mattina ha avuto luogo la conferenza di presentazione del film dei fratelli Carlo ed Enrico Vanzina “Torno indietro e cambio vita”, alla quale era presente l’intero cast del film ad eccezzione di Ricky Memphis. Sono saliti sul palco Max Tortora, Paola Minaccioni, Giulia Michelini e, accolto dalle urla e dagli applausi di tutte le ragazze presenti, Raul Bova. Anche in questo caso gli attori sono stati molto disponibili con i fans alla fine dell’incontro, prima di lasciare la sala e recarsi ai piani

superiori per foto e interviste. Il pomeriggio è stato invece più tranquillo, a causa anche delle assenze dell’ultimo minuto di Francesco Sole e di Francesco Mandelli, quest’ultimo componente del duo de “I Soliti Idioti” che ha quindi lasciato al suo “partner” Fabrizio Biggio l’incarico di intrattenere il pubblico in sala. Dopo la premiazione, preceduta dall’esibizione della cantante argentina Lola Ponce poi gli ospiti si sono recati, insieme ad amici, giornalisti e fotografi al ristorante “La Botte” per la cena di gala organizzata dal Festival. Nelle giornate successive tra gli ospiti più acclamati si sono susseguiti sicuramente la grande Giovanna Ralli, che ha partecipato a un incontro in compagnia dei fratelli Vanzina, seguiti poi dal trio Nicolas Vaporidis, Matteo Branciamore e Primo Reggiani che hanno presentato il loro “Drive

Production Company”, un progetto di produzione artistica che da la possibilità ai giovani di portare alla luce nuove idee, avendo la possibilità di entrare in contatto con alcuni dei nomi più importanti nel campo della regia e della sceneggiatura. Altro grande nome sul palco della sala congressi, seguita da un numero spropositato di giovani, è stato quello di Ellen Pompeo, attrice di Grey’s Anatomy che ha riscosso un successo enorme durante il suo incontro. La prima metà della settimana si è chiusa con una leggenda del cinema americano, conosciuto allo stesso modo dai più grandi fino ai ragazzi di età più giovane; parliamo di Richard Gere, che molti ricorderanno per, tra gli altri, “Pretty Woman”, “Shall We Dance” e “Hachiko”. Gere si è trovato di fronte a una platea gremita, tanto da rendere la vita diffici-

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61 edizione del Taormina film fest a

le alla security che, al termine dell’incontro, ha faticato per mantenere l’ordine tra i centinaia di ragazzi che hanno invaso la postazione sotto il palco per cercare di ottenere la firma dell’attore anche su un semplice foglio di carta strappato dal quaderno. Una scena identica, anche se con meno “cacciatori di autografi”, si è ripetuta pochi minuti dopo nella sala dedicata allo Shooting, con i fotografi che hanno preso d’assalto le postazioni più favorevoli e con giornalisti e curiosi che, al contrario, si sono dovuti accontentare di guardare il tutto da dietro la vetrata. Novità di quest’anno è il ritorno della “competizione” tra i diversi film in concorso, con una giuria composta principalmente da giovani che avranno il compito di scegliere quello che trionferà in questa 61a edizione.

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Giugno 2015 - Redazionale

Favor debitoris di Gi ovanni Pas tor e

Perché questo nome della rubrica: Da più di un anno le banche stanno cercando di incentivare una giurisprudenza (che era molto scarsa) a loro favorevole su alcuni punti chiave dei processi civili e penali per influenzare gli operatori del settore (per dirla con Gramsci: una delle tante manifestazioni dell’egemonia dei poteri forti). Compito delle persone di buona volontà, di qualunque credo politico o fede religiosa, riteniamo debba essere quello di favorire i debitori contro le vessazioni degli istituti bancari, da qui il nome della ns. rubrica: FAVOR DEBITORIS. L’articolo di oggi è la prima metà di “La ritorsione delle banche: impunità ingiustificata” in cui cerchiamo di dare un quadro morale, filosofico e storico dell’usura bancaria, utilizzando alcuni articoli firmati dall’avv. Biagio Riccio e dal dott. Angelo Santoro. “Nell’errata segnalazione delle banche alla centrale rischi vi è un’impunità ingiustificata, come se lei stessa fosse l’arbitro del potere punitivo. Sorvegliare e punire: è il binomio che ha scandagliato e studiato Michel Foucault in un bellissimo libro (Sorvegliare e punire. Il potere della prigione. Einaudi editore 1977) che tocca in profondità la tematica del potere punitivo. Il grande filosofo francese era, come ben noto, sostenitore della paressia, parola greca che significa ricerca, desiderio della verità. Va da se’ che la volontà di sapere, spirito dionisiaco che alimenta la conoscenza, deve articolarsi e snodarsi nei processi di lotta e di dominio che sviluppano le relazioni sociali. Nella rete delle costrizioni e delle dominazioni bisogna individuare quale sia la dimensione del vero e del falso. Il problema non è stabilire che cosa sia la verità e come si possa riconoscere, quale contenuto essa abbia (entreremmo in tal modo in una lettura che sfocia, come un fiume in piena, verso il mare del relativismo e del nichilismo), bensì individuare la chiave di legittimazione di chi se ne ritiene portatore. Queste categorie di giudizio, calate nella questione dell’articolazione del potere punitivo, comportano un’ulteriore analisi: è possibile stabilire come si componga nella sua struttura costitutiva, nella trama del suo ordito e della sua intelaiatura, il potere di infliggere una sanzione, verificare che, chi sorvegli e punisca, possa a sua volta essere sottoposto ad un chiaro e trasparente controllo? Siamo al topos, al cuore del problema: il potere punitivo seppur legittimo, perché formalmente dato, deve essere verificato, delibato, controllato, altrimenti si snatura nell’arbitrio. Gli scritti di Foucault hanno in Italia un grande interprete Stefano Rodotà, il quale a proposito del potere punitivo ritiene: ” i è una parola chiave nella riflessione di Foucault, “biopolitica”, che può essere intesa ricordando quello che egli stesso ha scritto: ”al vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere, si è sostituito un potere di far vivere o di respingere la morte”. In questo modo, entrando ancora più profondamente nella vita delle

persone, la biopolitica si impadronisce del loro corpo. Sorvegliare e punire è uno degli scritti più significativi di Foucault che si apre con la descrizione di persone torturate e messe a morte, così come accade nella pagina iniziale del Trattato sulla tolleranza di Voltaire. Foucault è dunque assai consapevole dei dispositivi di cui il potere si serve. Non è un caso che abbia scritto la prefazione ad uno dei libri, che hanno ricevuto negli ultimi decenni, un’attenzione particolare, il Panopticon di Jeremy Bentham, l’illuminista inglese che ha rivolto lo sguardo proprio alla società della sorveglianza. La società del controllo si articola nel mondo in cui viviamo, attraverso infinite telecamere che ci seguono, lasciamo tracce elettroniche in ogni momento, usando una carta di credito, mandando un SMS e non sappiamo chi può usare queste informazioni utilissime, per chi intende controllarci continuamente” (Stefano Rodotà Foucault e le nuove forme di potere La Biblioteca di Repubblica 2011 paragrafo Sorvegliati ed essere sorvegliati passim da pagina 9 a pagina 11). Il Panopticon (colui che vede tutto) è la metafora di Bentham, ripresa da Foucault, che rende bene l’idea di come si strutturi il potere di sorveglianza, attraverso l’occhio impietoso ed analitico. Si immagina un carcere a forma circolare, ove il sorvegliante, in una torre altissima, vede, in ogni momento della giornata, ma non è visto dai carcerati. Questo è il punto chiave della riflessione di Foucault: la vita che diventa oggetto del potere, un potere difficile da controllare, che si serve di dispositivi molteplici, di molti modi per realizzare l’obiettivo di piegare la persona. Il panopticon scinde il binomio e la coppia del vedere ed essere visti: il sorvegliante infatti, con il potere del suo sguardo occhiuto, controlla ogni cosa, ma non è visto, né può essere visto. L’effetto principale del panopticon sarà dunque quello di indurre nel detenuto uno stato di cosciente visibilità, che assicura il funzionamento automatico del potere. Il potere di sorveglianza sarà visibile (la torre)

ma inverificabile, per determinare e far sgorgare nella coscienza dei detenuti una situazione di costante incertezza, inducendo una disciplina preventiva. “Ciascuno, sapendo di poter essere osservato in qualunque momento, tenderà spontaneamente e senza rendersene conto ad evitare qualsiasi comportamento non conforme. Si approda all’autodisciplinamento dei soggetti osservati. Colui che è sottoposto ad un campo di visibilità e che lo sa, prende a proprio conto le costrizioni di potere, le fa giocare spontaneamente, inscrive in se stesso il rapporto di potere, diviene il principio del proprio assoggettamento” (Filippo Domenicali Dal Panopticon architettonico al panopticon elettronico prospettive foucoltiane). Il panopticon ci porta alla società elettronica, caratterizzata da una piattaforma telematica, capace di raggiungere il destinatario dell’informazione e del flusso di conoscenze via web, in pochi secondi. Il controllo è oggi informatizzato, modulato attraverso lo screening del soggetto controllato. E sarà il web, la nuova piazza, a stabilire il grado di onorabilità di un soggetto. Nell’ambito bancario il panocticon è rappresentato proprio dalla Centrale rischi. Essa nasce, nel testo unico del 1993, ma già si delineava nell’ambito della legge bancaria del 1936, come strumento necessario per la tutela del credito: il suo obiettivo e la sua finalità è quella di garantire agli intermediari bancari (istituti di credito), le informazioni necessarie per assicurare la tranquillità dei prestiti e degli affidamenti concessi.” L’autore dell’articolo è disponibile a rispondere a quesiti e richieste dei lettori al seguente indirizzo mail: controllalebanche@gmail.com”

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Giugno 2015 - Jonica

Giarre. I narcisi, il dito e la luna d i Spect a t o r Le crisi più dure sono quelle che si protraggono indecise. A Giarre la crisi principale è quella politica, quella finanziaria è solo una derivata. Le questioni di numeri e conti in natura si prestano a poche speculazioni , sono spesso auto evidenti, ma la politica non è natura è artificio umano e allora il discorso intorno agli 11 milioni che squilibrano di fatto un bilancio che già è gravato da un piano di riequilibrio sicché adesso c’è da equilibrare il riequilibrio. Capriole di un comune allo sbando e questo malgrado a Giarre in due anni sia parlato solo di

conti, tagli agli sprechi e altri roboanti annunci. Ecco, la politica degli annunci caratterizza la politica di questi anni e segna poi irrimediabilmente la capacità di resistere alla prova dei fatti. A Giarre il problema si è spostato da un po’ di tempo dalla finanza pubblica allo psicodramma tra il sindaco e il dirigente, due prime donne direbbe la vulgata, ma la partita tra i due sconvolge la città, in tutto la confusine cagionata dalla transumanza dei consiglieri dalla maggioranza verso vari “altrove” destabilizza ulteriormente la fase politica e lascia il consiglio in balia delle trovate ad effetto ora del sindaco ora del ragioniere.

Roberto Bonaccorsi Il sindaco ha investito tutto il suo capitale politico sulla “sua” tecnica e sa che il dissesto met-

terebbe la parola fine alla sua carriera, il dirigente esercita un maniacale controllo sulla realtà esterna attraverso i numeri e a modo suo domina quelli del comune. L’ultimo colpo di teatro –da definire se contra ius o pareter legem- è stata la relazione del dirigente, che escludendo il riequilibrio apriva tacitamente al dissesto, inoltrata mentre quest ultimo si trovava a casa, ma protocollata, con annesso giallo, quando si trovava ancora in servizio, è stata recapitata nella quale il sindaco aveva abbozzato strumenti –tuttavia poco credibili- per coprire gli undici milioni di “fabbisogno”, come preferisce sia chiamato il buco. Il Sin-

daco, bontà sua, ha avuto così occasione di scatenare la sua indignazione su numero di protocollo, modalità di recapito della relazione, complotti internazionali e servizi deviati, il dissesto è finito in secondo piano come spesso accade a quei tali che fissano il dito anziché la luna. Sullo sfondo restano i giarresi che sanno di pagare già tasse e tariffe al massimo e restano sconcertati dal teatrino e dell’incapacità della politica di scegliere. C’è possibilità di redenzione? Sì, serve solo che qualcuno decida qualcosa ma questo è troppo in un consiglio dedito al raggiungimento del massimo cumulabile a forza di gettoni.

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Giugno 2015 - Gela

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Giugno 2015 - Attualità

I poveri sono stufi. Novemila euro disponibili, quattordicimila di tasse di Claudio Mec Melchiorre Il reddito medio pro capite dei siciliani è di circa diciottomila Euro. Sembrerebbe una cifra di tutto rispetto e interessante, al lordo delle tasse. Metà delle famiglie siciliane sono anche monoreddito. Così, al netto delle tasse, la schiacciante maggioranza delle famiglie siciliane non arriva ai novemila Euro. Il reddito medio familiare di queste famiglie che compongo i due terzi della popolazione dell’Isola è però di circa ventitremila euro lordi. Analizziamo. Al netto delle tasse sul reddito e dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori, più le addizionali regionali, comunali e provinciali, il reddito familiare scende già a sedicimila euro. La nostra famiglia media deve pagare anche Ici-Imu, Tasi, Tari, Iva, tassa di proprietà sull’auto e sulla tv. Oltre a queste tasse, deve obbligatoriamente tenere in ordine la caldaia, pagare le accise sul carburante, scaldarsi d’inverno, con sovratassa ambientale, altra sovratassa sul consumo di acqua per la depurazione, anche in assenza di depurazione e, spesso, a prescindere se ci sia o no il depuratore. Basti pensare a Catania, dove il depuratore c’è da sempre, ma il collegamento alle fogne no. Pur dovendo fare le necessarie distinzioni tra proprietari di casa e non, l’insieme di queste tasse e balzelli vale in media ottocentocinquanta euro. Abbiamo un ulteriore salasso di circa milllequattrocento euro di addizionali e iva su acqua, gas, elettricità. Un ulteriore spesa di milleseicento Euro di sole tasse e accise sui carburanti, va messa in conto. Dedotte anche queste spese a favore dello Stato, delle Regioni e dei Comuni, restano dodicimila

euro circa. Ma abbiamo poi da pagare l’assicurazione dell’auto o i trasporti da e per la scuola o il lavoro. Non vanno allo Stato, ma abbiamo tra le tariffa assicurative più care d’Europa, grazie a governi molto indulgenti in fatto di assicurazioni. Scendiamo subito a undicimila euro. Entriamo allora nel capitolo istruzione. Qui non parliamo di tasse o balzelli particolari, ma solo di libri di testo, corredi, contributi volontari alla scuola che sarebbero volontari ma diventano sempre più obbligatori. L’istruzione costa circa mille euro a figlio. Siamo a diecimila euro. Contravvenzioni, ticket sanitari, ticket sui medicinali, bolli, obblighi in fatto di revisioni, amministratori di condominio, sicurezza, e iva sui beni che acquistiamo, ci fanno superare abbondantemente i mille euro. Sarebbero duemila, ma consideriamo una quota di pagamenti in nero perché sappiamo che ce n’è parecchio. Ecco: i due terzi delle famiglie siciliane più povere danno a Stato ed Enti locali qualcosa come quattordicimila e rotti Euro l’anno. Quasi i due terzi del loro reddito. Cosa abbiamo in cambio? Sicurezza: la Polizia e i Carabinieri non hanno quasi più i soldi per la benzina delle volanti. Gli arresti per i delitti contro il pa-

trimonio sono piuttosto ridotti, considerato che le stesse forze dell’ordine tendono a non perseguire i reati, sapendo che il diritto ormai è piuttosto illogico. Laddove un povero cristo che ruba per fame teme la condanna del tribunale, il delinquente incallito sostanzialmente se ne frega. La droga è un commercio costante e piuttosto diffuso. Ragazzi ubriachi e violenti se ne vedono spesso. Gli scippi, se non fosse per i documenti, non verrebbero nemmeno denunciati. I furti in appartamento si concludono con la visita di Forze dell’Ordine che consigliano quale antifurto mettere e raccomandando però di controllarlo bene. Se viene collegato alla loro centrale operativa, in caso di falso allarme, rischi una denuncia. Le risse sono all’ordine del giorno, purtroppo. Il capitolo baby gang è diventato annoso. Pizzo e mafia vengono contrastati, ma il pizzo si continua a pagare e la mafia pare controlli ancora moltissimi appalti. Giustizia: i processi sono lunghissimi e spesso si lasciano

in eredità ai propri figli e nipoti. La giustizia penale è ormai totalmente illogica. Ogni episodio di cronaca è occasione per inasprire pene che in realtà solo in un caso su dieci vengono comminate. C’è in corso di implementazione una riforma voluta dal ministro Orlando. Vedremo se e quando funzio-

nerà. Difesa: lo Stato Italiano ha un dispositivo volontario e professionale. Le macchine a nostra disposizione sono però vecchie. Tutte le armi hanno a disposizione strumenti con una vita media vicino ai vent’anni. Considerata la nostra partecipazione a molte missioni all’estero, alcune attrezzature sono ormai inutilizzabili. Investimenti ingenti sono stati programmati sull’aviazione con l’acquisto dei caccia americani F35 che non si sa bene se abbiano difetti gravi o no. La Marina è in gravissimo deficit d’armamento. L’esercito ha carri discreti ma vecchi e usurati. Sanità: E’ un servizio regionale. In Sicilia spendiamo quanto si spende al Nord. Ma i nostri servizi sono a volte buoni, altre no. Una piccola roulette del ricovero. Comunque spendiamo oltre millesettecento Euro a persona per la sanità. Solo il personale costa cinquecentosettantatre Euro per ogni siciliano. Considerato che medici, manager e consiglieri di amministrazione costano , tutto

compreso, duecentomila Euro in media, vediamo come finiscano i soldi dei poveri siciliani che mettono insieme novemila Euro da spendere l’anno. Servizi di prossimità e domiciliari quasi sconosciuti e con una spesa media che è la metà del centro nord. Trasporti: non abbiamo praticamente ferrovie. Le nostre due maggiori direttrici autostradali sono interrotte. I trasporti urbani sono inquinanti, lenti e sporchi. Buona sola una linea Brt a Catania. I trasporti intraurbani via bus costano molto e sono molto poco ben organizzati. Scoprire fermate e orari dei bus è azione da uomini coraggiosi. Le strade urbane e regionali sono in condizioni pietose. Gli unici investimenti costanti sono per fare multe. Due persone vengono investite in centro a Catania e la cosa viene presa con sgomento rassegnato. Asili nido: privati. I comuni danno servizi costosi e hanno a disposizione pochissimi posti. Spesa sociale: quasi azzerata, praticamente ovunque. Potremmo continuare. Ma ci domandiamo: perché? Soprattutto, perché dovremmo essere felici di pagare questa enormità di tasse, se poi noi facciamo la fame e quelli che gestiscono i nostri servizi inesistenti hanno la pancia piena che noi non abbiamo? Il terzo dei siciliani più ricchi sono composti da quelli che vivono di bilanci pubblici e di sprechi. Che siano dipendenti pubblici, professionisti, imprenditori vivono all’ombra della spesa pubblica finanziata da tutti noi. Pochi sono veri produttori di reddito. Il grosso, sono solo rapinatori delle nostre tasche. Cari Comuni, Provincie, Regione, Stato e Unione Europea: noi non capiamo perché costate così tanto. E ci siamo stufati.

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Un caso di buonasanità all’ospedale S. Bambino di Catania Una donna di anni 29, gravida alla 31° settimana (7° mese), è stata trasferita dall’ospedale “Gravina” di Caltagirone al S. Bambino di Catania in gravi condizioni cliniche, con il bambino fortemente prematuro. La donna, per altro senza avere avuto in precedenza figli, aveva manifestato ripetute crisi convulsive a causa della eclampsia (fulmineo decorso della malattia) ed era in stato precomatoso. La Tac eseguita a Caltagirone evidenziava condizioni gravi sia per la madre sia per il bambino, con notevole ritardo di crescita; ad aggravare la situazione sopraggiungeva un distacco di placenta normalmente inserita, altra patologia che può comportare morte del feto e grave rischio per la vita della partoriente. La placenta nutre il bambino e qualora si dovesse staccare il bambino muore perché non si nutre più, e anche la madre perché si crea ematoma

Maria Cristina Azzaro ed il marito Gaetano Boscarello retroplacentale, che fa esaurire il fibrinogeno, e non permette più la coagulazione del sangue causando la morte per emorragia. I sanitari di Caltagirone non hanno sottovalutato la gravità del caso e preso accordi con l’ospedale S. Bambino di Catania,

hanno prontamente trasferito la paziente con autoambulanza. Giunta in ospedale, eseguiti gli accertamenti clinici che confermavano la severità del caso, veniva sottoposta immediatamente a taglio cesareo dai Vito Leanza (Responsabile dell’unità operativa di uroginecologia) ed

Il reparto universitario Ospedale Santo Bambino Antonio Carbonaro, anestesia e rianimazione venivano effettuate dai dottori Pappalardo e Randazzo. Grazie alla tempestività dell’intervento è stato possibile salvare la madre non asportare l’utero, estrarre vivo il bambino che pesa 880 grammi. Leanza che ha avuto il coraggio

di intervenire velocemente ha sottolineato che “la gravidanza è il più fisiologico degli eventi ma può diventare patologia molto pericolosa quando le cose non vanno per il giusto verso”. Una notizia positiva che porta gioia e speranza di buona sanità. L.B.

Sotto la città di Gela uno scrigno di tesori Un rinvenimento dopo l’altro a testimonianza del ruolo predominante di Gela nel V secolo a. C. nella Magna Grecia. Basta uno scavo di pochi metri per potere recuperare reperti di pregio ed è accaduto un’altra volta durante le operazioni di scavo effettuate da Caltaqua per la sostituzione della rete idrica sono venute alla luce nuovi reperti. La via Polizelo, a ridosso del cimitero monumentale si è rivelato un altro cimitero, ovvero una necropoli di età classica con tre tombe che si vanno ad aggiungere agli altri rinvenimenti delle scorse settimane; in via Polieno, che si trova nelle immediate vicinanze è emersa una necropoli di età classica con due tombe; in via Rieti una necropoli di età classica con quattro tombe ed altri pezzi isolati in via Francesco Crispi è emerso un sepolcreto di età arcaica con tre tombe e un Repulisti; in via Legnano un lembo di strada a ciottoli grandi. “La realizzazione di una struttura essenziale per Gela

si è trasformata in una grande opportunità per consentire agli archeologi e studiosi di riscrivere la storia millenaria di questa parte della Sicilia”. Scrivono i dirigenti di Caltaqua in una nota. “Grazie a questi lavori per la sostituzione della rete idrica e l’impegno della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta – dice l’archeologo Gianluca Calà, - le conoscenze della topografia di Gela arcaica aumentano e il patrimonio culturale si amplia. La presenza degli archeologi in ogni scavo delle diverse strade dove si scava ci sta permettendo di recuperare un patrimonio immenso”. I lavori di sostituzione della rete idrica ormai troppo vecchia, arrivati alla seconda fase, sono stati finanziati con i Fondi Pon Fesr. La sorveglianza archeologica è stata affidata all’archeologo Angelo Mondo, alle specialiste Ivana Vacirca e Alice Bifarella e Marina Congiu che ha firmato saggi stratigrafici di recupero. L. B.

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Giugno 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche Il “sindacato unico” di Renzi e i corpi intermedi in democrazia di Maurizio Ballistreri

Sarebbe troppo semplicistico liquidare l’affermazione di Renzi sul “sindacato unico”, solo come un nuovo fronte polemico del premier nei confronti delle centrali sindacali. Al netto dell’infelice locuzione, che ha immediatamente richiamato le esperienze dei sindacati di Stato nei regimi totalitari (il corporativismo di diritto pubblico dei fascismi, il sindacato controllato dal partito che realizza la “dittatura del proletariato” dei comunismi), ma Renzi, si sa, non è un fine dicitore da “dolce stil novo”, piuttosto evoca dialoghi da film di Pieraccioni, il premier ha ritenuto di porre il problema della fine della divisione sindacale e la nascita di un sindacato unitario. Ma, come egli stesso ha chiarito qualche giorno dopo, la “provocazione” sottende il progetto a cui stanno lavorando alcuni esperti a Palazzo di Chigi di un intervento legislativo sui temi della rappresentanza e rappresentatività sindacale, nonché dell’efficacia generale dei contratti collettivi. Niente di trascendentale si dirà, visto che la Costituzione, all’art. 39 prevede espressamente assieme al principio-precetto della libertà e del pluralismo sindacali anche la regolazione

Da la foto della

per legge di queste materie, la cui inattuazione per quasi 70 anni è dipesa dalla preferenza accordata ai sindacati al ricorso alla fonte legale dell’autonomia collettiva e, quindi, al ricorso a strumenti pattizi con le associazioni datoriali, che hanno consentito a Gino Giugni e ad una parte significativa della dottrina giuslavoristica italiana di elaborare la teoria dell’”ordinamento intersindacale”. Ai giorni nostri, anche alla luce degli accordi “separati” senza la maggiore delle confederazioni sindacali, la Cgil, soprattutto alla Fiat, la regolazione per via contrattuale degli istituti della rappresentanza e della contrattazione collettiva mostra evidenti limiti, prova ne sia che il Testo Unico del 10 gennaio 2014 su tali materie tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria non ha trovato concreta applicazione. Nessuno scandalo, dunque, per l’ipotesi di una “legge sindacale”, se non fosse per l’”allergia” di Renzi nei confronti del sindacalismo e per l’aperta preferenza nei confronti del capitalismo gerarchico, svincolato da regole sociali, come quello di Marchionne. E dietro l’ipotesi di una “legge sindacale” c’è chi scorge l’idea di limitare fortemente il già declinante ruolo delle organizzazioni dei lavoratori, nel quadro di una lettura della società italiana che elimina i corpi intermedi tra le istituzioni pubbliche, consegnate a partiti “liquidi” gestiti da un “amministratore delegato” e dal suo “cerchio magico”, e l’atomizzazione sociale, in cui la mediazione è svolta dai media, dai talk show e dai social network. Si obietterà: i corpi intermedi della società sono espressione di visioni politiche e culturali del ‘900, dalla dottrina sociale e

dal personalismo cattolici come dai modelli di derivazione weimariana delle socialdemocrazie europee. Errore! Poiché l’importanza di quella che si definisce la “società di mezzo” è presente in maniera significativa nel pensiero laico e liberale. Si pensi alle “istituzioni intermediarie” del sociologo Durkheim, secondo cui esse “consentono al singolo di trasferire i suoi valori dalla vita privata a differenti ambiti sociali, in modo da farli diventare una forza che contribuisce a plasmare l’intera società”. Sono istituzioni intermediarie le comunità e i movimenti religiosi, i partiti politici, i sindacati, le organizzazioni ecologiche o ambientaliste, le iniziative assistenziali o di volontariato, le associazioni di vario genere. In queste istituzioni il singolo si trova al riparo dall’alienazione della vita moderna, perché in esse avviene, almeno a certi livelli, la saldatura tra comunità di vita e condivisione di senso, con proiezione al di fuori del loro specifico ambito. Ma è a Montesquieu ed alle sue tesi sul pluralismo, secondo cui tra sovrano e cittadini sia necessario l’inserimento di gradi intermedi di distribuzione del potere che tutelino questi ultimi dalle forme dispotiche del suo esercizio, che si deve l’elaborazione teorica più pregnante sui corpi intermedi. Per Montesquieu, come per James Madison, uno dei padri del costituzionalismo americano, una società democratica moderna non può fare a meno di un meccanismo di bilanciamento delle forze antagonistiche, degli interessi contrastanti, per diluire gli impulsi coercitivi ed autoritari. Insomma, corpi intermedi e democrazia moderna sono strettamente collegati.

(Indignata confessione del presidente) “ ‘Sti siciliani non capiscono niente” di Enzo Trantino Per intenderci: delle Istituzioni abbiamo una considerazione che prescinde dal malessere in cui possono cadere. Le abbiamo servite per 34 anni (una vita!), con lealtà e trasparenza, ora le ricordiamo senza nostalgia, ma con rispettosa compassione, leggendo la cartella clinica: ustioni di terzo grado per quasi tutta la superficie corporea. Una pena! Per intenderci: scriviamo con slancio per “I Vespri”. E’ un giornale che risponde a molte nostre aspettative. Perfetto? Sarebbe un danno per la libertà, che, con l’arroganza non ha avuto mai né amicizia né buon vicinato. Perfettibile, quindi, come si conviene alla onesta, positiva concretezza. Le due avvertenze, apparentemente lontane, invece si saldano. La spiegazione è offerta dal rispetto istituzionale e dalla coerenza nella realtà che vuole critica libera e serena, quando l’organo di stampa per cui scrivi, sbaglia attaccando le Istituzioni, beffeggiandole. Se, in Sicilia, esse coincidono con questo o con quello, con impresentabili o con persone serie, con macchiette teatrali (o forse psichiatriche) o con rispettabili soggetti, poco conta. I nomi (non le storie) sono puri accidenti. Ciò premesso, non condividiamo il titolo di prima pagina del numero del 6 giugno scorso: “Mi contestano: ‘sti siciliani non capiscono niente”. Con tanto di foto del presidente della regione”, autore del napoleonico proclama. Ma, nel caso, ha ragione. Il dramma non è la persona ritratta, che non essendo arrivata alla cattedra palermitana, al seguito dei carri armati, ma dal voto popolare, è pienamente legittimato. Chi gli consente il pieno esercizio della potestà statutaria? Gli elettori, i quali, per interpretazione autentica del beneficiato, “non capiscono niente”. Allora, il problema si sposta. Che il naufrago insulti il salvatore è vecchia letteratura. Che il premiato rifiuti il premio per avere scoperto la fonte indegna (almeno colpevole d’ignoranza) è tema interessante, per la confessione spontanea dell’interessato. Quindi, coerente sarebbe il seguito. “Mi avete eletto, ho scoperto che valgo di più degli elettori perché non capiscono niente, quindi mi dimetto. Io merito molto, ma molto di più della platea che mi ha scelto”. Ecco dove sbaglia il mio giornale: nel pretendere coerenza attraverso l’ironia. Bisogna scomodare la morale istituzionale, o quel che resta di essa (La lanterna di Diogene, sinora non denuncia risultati). E offrire a quel signore imbronciato che riempie la copertina col suo ossuto faccione ampia solidarietà, intonando il “Te Deum”, in onore ai meriti disconosciuti dagli ingrati ignoranti. Ha ragione il nominato. Merita di più, molto di più. Questi cenciosi ignoranti, quindi, meritano di meno, molto di meno (è possibile?). Tra i due segni (più e meno) c’è il totale: superbe dimissioni! Risultato esatto. Senza prova del nove. Con difficoltà ce ne faremo una ragione.

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“L’eredità dello zio canonico” chiude la stagione dell’Istrione d i L e lla Ba t t ia t o Al teatro L’Istrione gran successo per L’eredità dello zio canonico commedia in tre atti con la regia di Valerio Santi e Francesco Russo. L’eredità dello zio canonico, scritta da Antonino Russo Giusti nel 1923, è una commedia la cui ironia scaturisce dalla drammaticità della vita, una vita d’altri tempi, una vita diversa, quella del dopoguerra. Un’opera che ha mantenuto nel tempo il suo valore grazie anche alla maestria di interpreti del calibro di Angelo Musco che nel 1934 ne interpretò persino una versione cinematografica con l’ineguagliabile Rosina Anselmi della quale ricorre quest’anno il 50° anniversario della sua scomparsa, e dell’altrettanto ineguagliabile Turi Ferro che nel 1984 restituì al teatro una sua memorabile rivisitazione, o altri come Mangiù la cui edizione è tra le più ricordate dai catanesi. I registi sono riusciti a creare dinamiche teatrali di effetto attraverso una trama narrativa tradizionale, ma aggiungendo freschezza tipica del nuovo, trasformandola in un vero e proprio evento teatrale, un’Eredità assolutamente diversa, come viene sottolineato da Valerio Santi e Francesco Russo, poiché partendo da ciò che - appunto - abbiamo ereditato dai padri e dalle madri del teatro di tradizione, riproponiamo al pubblico una versione totalmente nuova ricca di lazzi e di trovate non più fossilizzati nella memoria e soprattutto ricca di energia, un energia giovane, quella che serve a risollevare il nostro teatro dal baratro dell’indecenza in cui purtroppo – grazie all’abuso di molti – è finito da un pezzo”. L’impianto registico della commedia è un impianto musicale,

Due momenti della rappresentazione la cui partitura si dipana atto per atto come una nuvola magica un’area di suoni ricchi di vivace popolarità, creando nell’immagine collettiva luoghi come il Fortino, la Civita, accanto alla modernità della confusione tragica degli ospedali, del mercato e delle strade. Il pubblico si riconosce nel suo territorio catanese intrecciato nei complessi meccanismi della sopravvivenza, ed ecco il mix di antico e

moderno che riporta quelle pagine fascinose di Antonino Russo Giusti e magari, come osservano i registi “Giusti riderebbe insieme a noi su ciò che lo ha reso così celebre e immortale”. “Portare in scena, osserva Valerio Santi che ha curato anche la scenografia, un testo di tradizione popolare come L’eredità può a primo impatto sembrare una scelta facile e scontata, ma ciò lo è solo ed esclusivamente

quando lo si ripropone con leggerezza, sottovalutando il valore drammaturgico e soprattutto quando si tende a rappresentare la brutta copia di ciò che i nostri predecessori ci hanno lasciato”. L’ e s i l a r a n t e commedia che oltre a mettere in evidenza il talento raffinato di attori del nostro panorama, sprona il pubblico a riflettere su quel mondo impoverito dal “dio denaro” e così tra gag ed equivoci assumendo a tratti i toni della farsa, la commedia racconta le disgrazie di Antonio Favazza, dopo aver dedicato al vita allo zio canonico, si ritrova senza una lira perché l’eredità milionaria è contesa da due famiglie e, dopo una serie di peripezie riusciranno a trovare un accordo per accaparrarsi gli averi del defunto. Sul palco con l’istrionico cavaliere Amore interpretato da Valerio Santi, coinvolgente ed entusiasmante, un cast brillante di attori eclettici. Tra egoismo, servilismo, maldicenza, arroganza ed ipocrisia lo spettatore si diverte ma riflette. Una sce-

nografia molto curata: casa Favazza con i paralumi decorati comprati a credito e poltrone damascate; lo studio notarile in cui si svolge la tragedia del personaggio che si scopre pieno di debiti invece che di possedimenti; di nuovo la casa ormai spoglia in cui si consuma la miseria ritrovata della famiglia, ma si realizza il ribaltamento finale. La vicenda dell’eredità contesa dai tre nipoti del ruvido zio prelato si intreccia con storie parallele che affascinano il pubblico in quell’emisfero tragico-comico. La pazienza e l’ingenuità del cavaliere Amore si oppongono alla prepotenza dei cugini la straordinaria Maddalena (Rosaria Francese) e Don Santo (Aldo Mangiù) malandrino di facciata, o alla violenza iperbolica di Turi Nasca (Aurelio Rapisarda). In tutto ciò si impone la sinergia di intenti fra la regia che è riuscita a impostare i movimenti scenici e gli abili attori che hanno sviluppato i personaggi interpretandoli in modo efficace, rispettando i tempi rigidi della necessità del comico. Cast: Francesco Russo Antonio Favazza, Irene Tetto Nenza, Silvia Rizza Aitina, Giorgio Cantone Mario, Rosaria Francese Maddalena Favazza, Aldo Mangiù Don Santo, Valerio Santi Cavaliere Amore, Concetto Venti Don Michelino, Tino Mazzaglia Il notaro, Pietro Coco Vicario Chiarenza, Aurelio Rapisarda Turi Nasca, Antonio Rosano un garzone, un cameriere, Maisina. regia Valerio Santi e Francesco Russo Scenografia Valerio Santi; fonica Sandro Sciotto; costumi Costumeria L’Istrione

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E’ appena iniziata l’estate musicale catanese del ‘Bellini’ d i Al d o Ma t t ina E’ iniziata il 16 giugno, con un concerto del Quintetto d’archi belliniano (musiche di Mozart e Brahms), l’attività musicale estiva del Massimo teatro catanese intitolata, quest’anno, “Il Bellini nel Barocco”. La rassegna è stata presentata nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato il direttore artistico Francesco Nicolosi e il sindaco di Catania Enzo Bianco, nella sua qualità di Presidente del CdA, giunto in teatro con oltre un’ora di ritardo quando il foyer incominciava a svuotarsi. E’ un intenso calendario di sinfonica, lirica e cameristica che si snoderà fino al 27 luglio per un totale complessivo di 18 serate. La manifestazione è promossa e organizzata dal Teatro Massimo di Catania, con il sostegno di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Comune di Catania, Regione Siciliana (Assessorato del turismo, sport e spettacolo) e in collaborazione con Regione Siciliana (Assessorato e Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana, Sovrintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania), Provincia regionale di Catania, Università degli Studi di Catania e Istituto musicale Vincenzo Bellini di Catania. I concerti si svolgeranno nelle corti, nelle chiese e nei chiostri dei palazzi settecenteschi di Catania (Chiostro del Palazzo dell’Università, Cortile Platamone, Monastero dei Benedettini ma anche luoghi meno frequentati come la Scuola Superiore Villa San Saverio) e saranno a prezzi estremamente popolari. Nel presentare i concerti Francesco Nicolosi ha affermato: “Proponiamo un’iniziativa con protagonisti il Teatro e i suoi eccellenti musicisti che animeranno la città per tutta l’estate» Saranno, infatti, le diversificate formazioni del teatro (con qualche artista ospite) ad esibirsi, in quartetto, quintetto, orchestra d’archi, coro e orchestra. Uno sforzo artistico, quindi, quasi tutto interno, quello dell’ente catanese il quale non perdendosi d’animo, in tempi di crisi, attua una vetrina per valorizzare al massimo le proprie professionalità. Il pubblico catanese e, si spera, anche quello dei turisti potrà seguire un serrato e va-

L’orchestra e il coro del Bellini riegato programma, da Bach ai nostri giorni. Il repertorio sinfonico e corale si alternerà al cameristico, per approdare all’immancabile appuntamento con la lirica: il titolo prescelto è “La Traviata” verdiana, in scena al Cortile Platamone dal 22 al 27 luglio con Antonino Manuli sul podio e la regia di Ezio Donato. Sempre al Platamone ssono previste altre tre serate musicali, dirette dallo stesso maestro Manuli e da Carmen Failla. Due sono concerti sinfonici: in quello, già affettuato, del 18 giugno sono state eseguite creazioni celeberrime come la mozartiana KV550 e la Settima di Beethoven, mentre quello del 13 luglio sarà dedicato alle sinfonie operistiche. Il concerto sinfonicocorale del 15 luglio proporrà lo “Stabat Mater” di Rossini, maestro del coro Ross Craigmile. Il concerto dell’11 luglio, nel chiostro della Chiesa di San Francesco Borgia vedrà integrata l’orchestra d’archi del teatro da allievi ed ex allievi dell’Istituto Musicale Vincenzo Bellini. Inoltre il concerto sinfonico del 16 luglio si svolgerà nella Piazza dell’Elefante di Librino, quale segnale di presenza e promozione culturale anche in un quartiere periferico della città. Vari i siti utilizzati per la programmazione cameristica. Il Chiostro del Palazzo dell’Università, che ha inaugurato la rassegna, ospiterà ancora il 2 luglio il Quartetto Desormadè, ensemble d’archi e fiati (Händel, C. P. Bach e J. S. Bach). Tre le date nel Monastero dei Benedettini: il 23 giugno il recital del violoncellista Vadim Pavlov (Cassadò, Khacaturian, Bach), il 29 giugno il Quintetto di fiati

Vadim Pavlov belliniano (Bellini, Verdi, Rossini, Briccialdi), il 3 luglio il Quartetto d’archi Stesichoros, arricchito di flauto, clarinetto e arpa (Weber, Schittino, Ravel). Il Chiostro dei Minoriti accoglierà il 6 luglio un concerto per orchestra d’archi (Mendelssohn, Bottesini, Barber, Britten). Tutti i concerti avranno inizio alle 20,30, ad esclusione dei due che avranno luogo nella chiesa di San Francesco Borgia il 9 e l’11 luglio, con inizio alle ore 19. Tre i concerti ad ingresso libero: il 20 giugno nella Badia di Sant’Agata, il 7 luglio nella Villa S. Saverio, oltre a quello di Librino.

Vito Imperato

Antonino Manuli

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Il libro della settimana “Nazisti in fuga”, un libro di storia che si legge come un vero thriller di Giovanni Vecchio “Nazisti in fuga” (ed. A. Mondadori, Milano 2014) è un nuovo saggio del giornalista e inviato speciale Arrigo Petacco, che è stato direttore della “Nazione” e di “Storia illustrata”. L’autore, come è nell’ormai nella sua collaudata penna, ci aiuta a scandagliare aspetti apparentemente secondari della nostra storia del 20° secolo, con il suo stile inconfondibile, dalla narratività accattivante, ma rigoroso nei riscontri documentari e testimoniali. In questo libro ci descrive la fuga di tanti criminali nazisti fuori dall’Europa dopo il crollo del Reich. La loro scomparsa ha dato vita a numerose elaborazioni fantasiose, come, tra le altre, che lo stesso Hitler fosse scappato con un sommergibile per rifugiarsi in Patagonia, mentre sappiamo che il fuhrer è certamente morto nel bunker di Berlino e se ne dovette convincere anche Stalin, che era molto sospettoso. Le ricerche puntigliose accompagnate da qualche “colpo di fortuna” consentono oggi a Petacco di ricostruire la fuga, già pianificata fin dalle ultime fasi del conflitto e favorita poi dall’avvento della “guerra fredda” tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che vide la protezione se non l’ “utilizzazione” di tanti nazisti in funzione anticomunista. Gli interessi coinvolti erano tanti e, pertanto, entrarono in gioco la CIA e persino il Vaticano con l’austriaco Alois Hudal, denominato “vescovo nero”, che era stato uomo di fiducia del Fuhrer. Grazie a queste protezioni e all’organizzazione clandestina denominata “Odessa”, tanti scherani del Reich riuscirono a imbarcarsi da Genova per recarsi in Argentina (compiacente Péron), dove sorsero intere colonie abitate esclusivamente da immigrati tedeschi, o per i Paesi Arabi (specialmente la Siria), dove l’odio antiebraico era molto diffuso e pertanto l’ospitalità non veniva negata. Spesso questi loschi personaggi, responsabili della morte di centinaia di migliaia di persone, presero la fuga, camuffati con un saio francescano e con passaporti con nomi di fantasia, forniti

Roberto Maroni - Il pubblico ministero di Milano Eugenio Fusco ha chiuso le indagini nei confronti di Roberto Maroni per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e induzione indebita per presunte pressioni, per far ottenere un lavoro e un viaggio a Tokyo a 2 sue ex collaboratrici al Viminale. Solo collaboratrici…? 2 – tenero, con le amiche…

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Lucia Borsellino - I titolari dei centri convenzionati: “All’ospedale Cervello non si possono compiere le analisi dal 6 giugno. Se è questa la Sanità pubblica e nel frattempo si penalizzano i privati, come faranno i cittadini?”. L’associazione dei consumatori: “Rischio liste d’attesa bibliche. Siciliani umiliati”. Assessore alla Salute: sveglia!!!! 2 – assessore minus!! Piero Grasso - “Cannolo, cassata, anelletti al forno, pasta con le sarde: mi sento a casa, la Sicilia è cultura e gastronomia”. Lo ha detto Pietro Grasso, presidente del Senato, in visita al Cluster Biomediterraneo all’Expo. Cannoli? Non si ricorda il presidente del Senato di Cuffaro? 4 – cannoli, portano male…

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Samantha Cristoforetti - La missione è finita. Con un ruvido atterraggio nella steppa del Kazakistan, Samantha Cristoforetti è tornata sulla Terra a bordo della navicella Soyuz. L’astronauta italiana è apparsa frastornata ma sorridente. Già, l’astronauta italiana star: un’intervista dallo spazio, biografie continue sui giornali: e basta!!!! Non se ne può più!!!! 4 – basta!!

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Mario d’Urso - E’ morto a Roma Mario d’Urso, 75 anni, avvocato ed ex senatore. D’Urso, banchiere, negli anni Settanta divenne membro del Cda della Lehman Brothers, posto mantenuto per oltre 25 anni. Principe della conversazione e gastronomo, padrone di casa impeccabile, mediatore allegro e infaticabile lungo il parallelo unico che collega Napoli e New York, stessa latitudine fatale. Passando per Roma, per Torino, per Londra: case reali, cenacoli culturali, amiche e amici pieni di glamour, attici vivaci con vista su Central Park e pranzi, cene, cocktail, feste, mostre, riunioni d’affari: una vita stupenda! 7 – arbiter elegantiarum

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Raffaele Cantone - Il presidente dell’Anticorruzione a Repubblica: “Non è scontato” che il governatore eletto in Campania Vincenzo De Luca “debba essere sospeso subito”. E sull’elenco di Rosy Bindi dell’Antimafia spiega: “Basandosi solo su criteri giudiziari si rischia di dare il bollino blu a trasformisti e politici vicini all’area grigia”. Non passa giorno che Raffaele Cantone non prenda posizione (proRenzi…..): pronto per un salto in politica…? 3 – sospeso (tra magistratura e politica….)

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di S par tacus

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I nostri voti

dalla Caritas e rilasciati dalla Croce Rossa. Petacco non si limita a raccontare della fuga e della vita successiva dei criminali più famosi come Adolf Eichmann e Josef Mengele, l’ ”Angelo della morte” di Auschwitz, bensì di altri personaggi che “godettero di lunga impunità in terra straniera”, come, ad esempio, Alois Brunner, implacabile nei rastrellamenti, o Franz Stangl, che, quando era comandante di Treblinka, camuffò il lager da stazione ferroviaria normale. Nel libro vengono ricostruiti gli intrighi spionistici, le catture romanzesche, l’andirivieni di navi e sommergibili con a bordo non solo i fuggiaschi, bensì anche tanti tesori trafugati (il cosiddetto Nazi Gold) e i tentativi che sono stati condotti nel tempo per ritrovare quelli nascosti quando il crollo del Reich appariva ormai ineluttabile. Da quanto viene esposto il lettore è messo nella condizione di riflettere sugli orrori della Shoah e sui “fantasmi sempre incombenti dell’antisemitismo”. Infatti, da sondaggi della Anti-Defamation League, anche in Italia un cittadino su sei ancora nutre qualche forma di pregiudizio nei confronti degli ebrei. Certamente molto poco rispetto ai Paesi Arabi, dove a causa del contenzioso con Israele le percentuali salgono quasi al 100%. Il 27 novembre 1945 a Norimberga la Corte militare internazionale ha sottoposto a processo per crimini contro l’umanità ventiquattro tra i massimi esponenti del regime nazista. Tutti in abiti civili e non più altezzosi come un tempo,” non hanno avuto il fegato di difendere l’ideologia nazista , ma neppure di chiedere perdono”. Nella conclusione Petacco, a proposito dell’antisemitismo ancora presente, riconosce che la situazione è complessa “ed è francamente difficile immaginare una soluzione capace di eliminare globalmente questo ‘virus’ che, come una brace che cova sotto la cenere, potrebbe sviluppare un nuovo incendio nei momenti di crisi. E’ appunto sulla soluzione di questo problema che tutti dovremmo riflettere: ebrei e non ebrei”.

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Numeri a cinque cifre

Concetta e’ alle prese con una serie di numeri a cinque cifre non nulle e diverse tra loro. I numeri di questa serie sono divisibili per quelli che si ottengono da essi togliendo le prime tre cifre piu’ significative. Qual e’ il piu’ grande numero di questa serie?

Vendemmia

Un uomo, da solo, si berrebbe una damigiana di vino in 12 giorni. Se anche la moglie beve con lui, assieme svuoterebbero la damigiana in 4 giorni. Quanti giorni impiegherebbe la moglie, da sola, a bere tutto il vino contenuto nella damigiana?

Somme

E’ data la somma riportata in figura. A 9 B 6 C + D 5 A 6 B + C 3 6 D 5 + A 6 A C D = ___________________ D C 6 0 0 A

Trovate i valori delle incognite A,B,C e D non nulle e diverse tra loro in modo che la suddetta operazione risulti verificata. Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Piccoli interi: 19; Numeri palindromi: 34 minuti; Sequenze: 5100

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Wolf creek 2 Un film di Greg McLean. Con John Jarratt, Ryan Corr, Shannon Ashlyn, Philippe Klaus, Shane Connor Un sequel sui generis, quanto perfettamente inserito nella tradizione alla quale si riferisce. Paradossale forse, ma siamo talmente abituati a maldestri tentativi di replicare le dinamiche di grandi classici o - soprattutto per l’horror - di puntare sull’eccesso di efferatezze per cercare di conquistare i fan degli originali, che anche un film senza troppi picchi come questo Wolf Creek 2 - La preda sei tu finisce con l’aver ragione di esistere e con l’offrire motivi per esser visto. Un film che avrebbe potuto chiamarsi in altra maniera, ma che sicuramente avrebbe perso qualcosa a livello di senso e di atmosfera - di anima, azzarderemmo, ovviamente quella del precedente film - pur rimanendo encomiabile per l’asciuttezza mostrata. Essenziale, forse anche troppo a tratti (e soprattutto nella prima parte), nel suo mettere in scena la quotidianità del sadico Mick Taylor, tutt’altro che folle nella sua organizzazione e ben lucido nella gestione di questioni di importanza nazionale. Mentre la catena di violenze è infatti decisamente tanto poco omogenea quanto convincente, le visioni politiche ed etniche del protagonista (già opzionato per il terzo capitolo) hanno un’ironia che aggiunge una nota importante ai pur divertenti riferimenti cinematografici sparsi qui e lì, da Arancia Meccanica a Duel. Così, dopo un prologo promettente lo sviluppo resta piuttosto piatto, fatto salvo un breve picco in occasione proprio dell’inseguimento centrale - anche per una imprevista e disturbante mattanza di animali - e del cambio di ritmo legato a un imprevisto prefinale. Che avrebbe avuto bisogno di una diversa conclusione per non deludere. Come fa lo scontato ‘non’ finale e il promettente - purtroppo di un’ulteriore prosecuzione epilogo. Articolato e cruento, certo, ma di nuovo nei ranghi, coerentemente con delle riprese piuttosto scolastiche, che alternate ad altre più classiche (nonostante insufficenti sprazzi di fotografia meno omologata) non aumentano certo il pathos. Affidato in definitiva al fascino morboso per il maniaco di turno, troppo scoperto e tutto sommato bidimensionale - mancando il necessario ‘mistero’ - per poter dare i risultati sperati.

L’ultima creatura della dittatura di Danila Intelisano Come dietro le sbarre di un carcere, pian piano i raggi del sole faticano a penetrare e diventano sempre più tenui, fino a quando la luce non scompare del tutto. Noi uomini del basso medioevo stiamo vivendo tra le peggiori epoche di un oscurantismo che si è ulteriormente nutrito del fiele dell’ultima creatura di una ignobile dittatura. La CEE ha varato definitivamente una direttiva a dir poco tirannica che vieta, per presunte ragioni di sicurezza alimentare, dal prossimo primo gennaio 2016, di possedere un orticello personale per la coltivazione di ortaggi, ritenuti possibile veicolo di malattie pericolose! Sanzioni elevate colpiranno, il povero nonno che pianta i suoi amati peperoni dietro casa sua. E se, il malcapitato, orgoglioso del risultato dei suoi sforzi, vorrà farne assaggiare qualcuno ai nipoti, rischia persino il carcere, per la distribuzione a terzi. La pressione dell’occulta dittatura puzza come un cadavere in decomposizione con a capo le multinazionali del food che impongono il controllo, ormai, anche sul nostro respiro. Il massimo della libertà concessa sarà acquistare sementi fornite da loro e piantate previa apposita autorizzazione. Siamo imprigionati, annullati, umiliati e offesi, insieme al pomodoro dal volto arrossato e dal sapore antico. Ma “loro” lo fanno per il nostro bene…Si sono accorti della pericolosità dei peperoni del nonno e il signor Del Monte ha detto no! E noi? O lotteremo, o saremo dissanguati dalla paura che ci viene distribuita a dosi letali. Però, viva la democrazia, nata dalla resistenza, che ci ha liberato da dittatori sanguinari! E il tuo orticello Cosmo? Continuerò a coltivarlo come i miei avi che campavano liberi e sani con i prodotti della nostra terra, con il profumo del pane caldo, dei biscotti della nonna e degli ortaggi maturati dal giusto nutrimento e nella giusta stagione. Non consentirò che a casa mia arrivi il sapore della plastica cinese o dei grassi dei prodotti industriali che ammalano e avvelenano. Sono un uomo autonomo e consapevole e tale resterò.

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