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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 7 anno X - 14 febbraio 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

L’antimafia perde pezzi di Nunzia Scalzo Ci sono pezzi che non si ha voglia di scrivere. Questo su Antonino (o Antonello) Montante è uno di quelli. E’ mercoledì pomeriggio e scrivere di un industriale siciliano che dalla provincia siciliana è riuscito a scalare i vertici di Confindustria siciliana nissena, di come sia diventato un esempio di self made man, presidente degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria, fresco fresco di designazione dal governo nazionale all’Agenzia dei beni confiscati che gestisce proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra, insomma il simbolo dell’antimafia indagato per mafia, è a dir poco antipatico. Montante ha avuto una reazione all’apparenza composta: “Solo diffamazione, il mio impegno contro il malaffare per liberare le imprese dal sopruso delle mafie continuerà con maggiore forza e determinazione di prima”. Ma c’era da aspettarselo. Appaiono fuori posto invece le manifestazioni di solidarietà – pelosa- che vengono dal presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo bello, da Rosario Crocetta, da Enzo Bianco, da Legacoop... Essere garantisti è giusto e va bene, purchè si sia garantisti con tutti e non soltanto con gli amici. Ma questo attiene al buon gusto e agli interessi. Le accusa di vicinanza alla mafia che provengono da tre pentiti sono pesantissime e tutte da verificare, ma stando ai primi passi del ballo, per Montante sarà una danza spericolata. Troppo.

Un sospetto... montante

Siracusa

Festa di Sant’Agata

La Provincia assente ingiustificata

Le finte ordinanze del Sindaco Bianco

R. Tomarchio

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G . B u sà

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Salvo Andò: “Mattarella riflette prima di pa d i Al b ert o Ca rdillo A pochi giorni dall’insediamento del nuovo Presidente della Repubblica, l’ex plenipotenziario della Dc siciliana, Sergio Mattarella, abbiamo deciso di sentire l’opinione dell’ex ministro socialista Salvo Andò, il quale conosce bene Mattarella. Occasione importante per conoscere più da vicino la persona e il politico Matterella. On. Andò, l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica arriva due anni dopo la figuraccia del Pd con la “bruciatura” di Franco Marini e i famosi 101 franchi tiratori che affossarono Prodi. Secondo Lei è stato bravo Renzi a ricompattare il centrosinistra, spiazzando Berlusconi e quindi spaccando anche quel che restava del centrodestra, oppure la classe politica -nello specifico il Pdha avuto un maggiore senso di responsabilità? Paiono entrambe le cose. L’elezione di Mattarella ha fatto emergere entrambe le cose. Renzi è stato molto bravo a perseguire con una certa freddezza il disegno che aveva in mente, cioè quello di non lanciare nomi di candidati molto tempo prima delle elezioni, così da non avviare un gioco al massacro. Non ha cioè ripetuto l’errore fatto da Bersani. E’ risuscito a trovare un candidato, Mattarella, che parlava a più mondi, un candidato che risolveva molti problemi. Mattarella non è renziano, e questo ha fatto si che si trovasse un accordo con la minoranza Pd, la quale non era disposta a votare un “uomo di fiducia” di Renzi. E poi è un cattolico democratico, nel quale si idenficia un’area del Pd, abbastanza antiberlusconiano. Quindi piace sia ai moderati che alla sinistra dura e pura. E poi, per la sua storia personale e familiare piace anche ad un’area movimentista, antipolitica che avrebbe rifiutato un uomo dalla forte caratterizzazione partitica. Renzi con questa candidatura è riuscito a mettere insieme tutte queste aree politiche, creando

Da sinistra Sergio Mattarella, Antonio Martino, Salvo Andò, Carlo Scogliamiglio, Ignazio La Russa, Remo Gaspari, Lelio Lagorio una maggioranza inedita, atipica. Il largo consenso su Mattarella ha fatto emergere uno schieramento ma comunque non indecente, perché si è trattato di un voto spontaneo dato alla persona Mattarella. Tutto questo può preludere ad un processo di pacificazione del Paese. La prudenza di Mattarella e la sua storia non possono che renderci fiduciosi. Renzi ha detto che andava scelto un arbitro per il Quirinale. Lei conosce Mattarella, a suo avviso sarà davvero arbitro imparziale oppure non esisterà a scendere in campo come parte attiva ove lo ritenesse necessario. Insomma, interpreterà i poteri conferitigli dalla Costituzione alla Napolitano maniera? Il Presidente, a mio giudizio, non può non tener conto delle situazioni politiche contingenti. Napolitano ha dovuto affrontare situazioni di eccezione con interventi di eccezione. Il Presidente della Repubblica esercita un forte potere d’influenza sui comportamenti degli attori politici della gran parte di essi. Si tratta di un’influenza che tende a garantire il miglior funzionamento delle istituzioni. Se gli attori sistematicamente si scon-

trano tra di loro o addirittura non si riconoscono vicendevolmente, è inevitabile che il Presidente della Repubblica non si possa limitare a fare l’arbitro passivamente, ma in un certo senso, ed entro certi limiti, divenga costruttore del gioco. Deve quindi concorrere al formarsi delle condizioni necessarie perché il Paese non cada nel caos. Mattarella si trova in una situazione molto diversa da quella di Napolitano, anzitutto per il modo con il quale è stato eletto. Ma si trova in una situazione diversa da Napolitano perché tutto lascia presagire l’avvio di una nuova fase politica e istituzionale. Sicuramente si farà la riforma istituzionale, e alla fine credo che anche Berlusconi la voterà o comunque la farà passare. Poi, ci troveremo quasi certamente con una legge elettorale che permetterà l’individuazione di una maggioranza e quindi produrrà governi abbastanza stabili. Qualcuno ha fatto notare che però Mattarella non è un Presidente con un respiro internazionale. Lei che ne pensa? Quando si diventa Presidente della Repubblica si ha una grande responsabilità. Questo cam-

bia le persone, non si tratta solo della quantità e della qualità dei poteri esercitati ma del tipo di rapporto che si viene a stabilire con il Paese. Il presidente è per tutti il garante dell’unità nazionale, anche per coloro che occasionalmente polemizzano con lui. Ciò da un grandissimo prestigio agli occhi della comunità internazionale. Anche chi non ha solidi rapporti con i leader stranieri inevitabilmente se li crea. Il garante dell’unità nazionale diventa l’interlocutore privilegiato soprattutto nei momenti di instabilità politica. Sono queste attese popolari che provocano poi un parallelo nella considerazione della comunità internazionale, dando al Presidente una grossa responsabilità ma anche un’autorevolezza indiscutibile. I Presidenti della Repubblica sono sempre riusciti a stabilire buoni rapporti internazionali, e Mattarella che ha una naturale vocazioni al confronto e alla pacata risoluzione dei conflitti. Sarà molto utile nei rapporti con la comunità internazionale, dentro e fuori Europa. On. Andò, non vi è dubbio che forse l’aspetto di questa vicenda che colpisce più di tutti è che il rottamatore Renzi

abbia scelto di puntare non su un uomo della seconda repubblica ma addirittura della prima. E’ segno dell’inconsistenza di fondo della politica italiana degli ultimi vent’anni, e quindi una sorta di rivincita per la generazione dei politici della tanto vituperata prima repubblica? La storia la scrivono i vincitori, e la storia della prima repubblica è stata scritta da coloro che ne hanno decretato la fine e che poi hanno avuto ruoli di primo piano nella seconda repubblica. Con riferimento alla fine della prima repubblica c’era e c’è un gran bisogno di verità. La prima repubblica è stata la repubblica dei partiti, i quali, all’interno dei paletti fissati dalla Costituzione, rappresentavano le diverse anime culturali e politiche del Paese. Essi parlavano con il mondo del lavoro, il mondo dell’impresa, riuscendo a creare un clima di concordia nazionale fondamentale per la ricostruzione morale e materiale di un’Italia distrutta dalla guerra. Con tutti i loro limiti i partiti della prima repubblica seppero unire un Paese diviso tra nord e sud, lacerato dal terrorismo, minacciato dalla violenza mafiosa. C’era in tutti la consapevolezza di dover trovare il filo di un dialogo che consentisse la ricostruzione. Le diverse famiglie politiche erano tra loro divise ma si confrontavano sui grandi temi. Tutto questo è mancato nella seconda repubblica, che quindi non ha realizzato i propri obiettivi. La contrapposizione urlata tra tutti su tutto ha condotto ad un progressivo allontanamento dei cittadini dalla politica, e all’immobilismo. Nessuna grande riforma è stata fatta. E le rare volte in cui è stata fatta, lo è stata a maggioranza. Ecco perché le riforme sono fallite. Mattarella possiede delle qualità di fondo che forse certi protagonisti della seconda repubblica non apprezzano: riflette prima di parlare, non urla la propria verità, non intende la lotta politica come una rissa

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parlare, dote rara nella seconda repubblica” permanente, privilegia il ragionamento rispetto alle battute. Speriamo che la sua elezione possa anche incoraggiare una normalizzazione del sistema politico nel suo complesso, con la ricostruzione di partiti regolati da principi democratici. Lei parlava di disaffezione dei cittadini nei confronti della politica. L’elezione diretta del Presidente della Repubblica potrebbe essere un antidoto? Sì, potrebbe esserlo nel contesto di una civiltà politica diversa. Il presidenzialismo o il semipresidenzialismo funzionano se ci sono dei freni ben funzionanti. In un Paese come l’Italia non vi può essere un Premier che governa in modo solitario. Siamo in una situazione di deperimento della partecipazione politica, di crisi dei partiti, di svalutazione complessiva delle stesse funzioni di garanzia. Il rischio è che si confonda il presidenzialismo con una brutale semplificazione del pluralismo politico, che qualcuno possa ritenere che

con l’uomo solo al comando si ottenga la pace politica. Sarebbe un errore tragico. Quindi a suo avviso l’Italia non è ancora matura per il presidenzialismo… Se dovessero diventare Presidente un Grillo o un Salvini, il Paese sarebbe avviato ad un viaggio verso l’ignoto. Certo, c’è una vecchia vocazione al trasformismo nel nostro Paese, e potrebbe anche accadere che chi vince poi mette insieme comunque una maggioranza in

Salvo Andò Parlamento. Il presidenzialismo, tra le altre cose, richiede che le minoranze non siano sempre ostili per principio a

tutto ciò che decide il presidente. In questo senso, un presidenzialismo all’italiana condurrebbe al caos.

On. Andò, Lei conosce Sergio Mattarella da tanti anni. Quali sono a suo avviso gli aspetti personali più positivamente notevoli del nuovo Presidente della Repubblica? Conosco Mattarella dal 1975, quando eravamo presidenti dell’opera universitaria, Io di Catania e lui di Palermo. E da subito siamo riusciti a collaborare efficacemente. Sono stato anche presidente nazionale delle opere universitarie, potendo contare anche sul suo sostegno. Poi si è consolidato nel corso degli anni un rapporto di vera amicizia, durata anche in tempi nei quali tra i socialisti e la sinistra di De Mita non c’erano buoni rapporti. Mattarella all’interno della Dc aveva una posizione molto chiara ma non è mai stato fazioso, proprio perché non portato a concepire la vita politica come un qualcosa fatto di trame, di trappole, di sgambetti. Basta parlargli per qualche minuto per rendersi conto di ciò.

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FEBBRAIO 2015 - Messina

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Giudiziaria, Acireale: il “Delitto all’Akis” verso la sentenza d i Marc o Bena nt i E’ un “giallo” dove i cadaveri non si sono trovati: ma al processo c’è chi rischia l’ergastolo. Parliamo di quanto sta avvenendo davanti ai giudici della Corte d’Assise di Catania (presidente Rosario Cuteri) che il 2 marzo prossimo emetterà la sentenza. Il caso è quello cosiddetto del “delitto all’Akis”, un agriturismo di Pennisi, frazione di Acireale, dove scomparverso, il 21 febbraio 2011, Francesco Grasso e Giuseppe Spampinato. L’Accusa ha già avanzato le sue richieste: ergastolo per Rosario Grasso e tre anni per i suoi familiari, la moglie Maria Gabriella Pappalardo e i figli Filippo e Angelo. Queste le richieste rispettivamente per omicidio, occultamento di cadavere e detenzione

d’arma per il primo, favoreggiamento per gli altri, del Pm Pasquale Pacifico. Rosario Grasso, gestore del b&b, è accusato di essere uno degli autori, in concorso con altri, del duplice omicidio. Per gli inquirenti Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso, ritenuti vicini al clan Laudani, sarebbero stati uccisi proprio nell’azienda agrituristica “Akis”, di Pennisi, frazione di Acireale, gestita dall’imputato, il quale ha respinto l’Accusa, sostenendo

Il Duomo di Acireale che i due sarebbero stati eliminati da tre uomini e lui sarebbe stato minacciato dai tre. Nell’ultima udienza, il difensore di Grasso, l’avv. Giuseppe Di Mauro, ha tracciato una descrizione del suo assistito, anche in

base a quanto emerso durante il dibattimento, fornendo anche altri dettagli che potrebbero fare vedere scenari diversi per quanto accaduto. “Rosario Grasso ha una ‘porta aperta’ e quindi deve gestire i rapporti con tutti. Nel suo locale andavano a mangare ‘santapaoliani’ e ‘mussi ‘i ficurinia’ (membri del clan Laudani, ndr). Per questo attorno a lui è stato creato un alone che lo presenta come colui che può. Ma intanto siamo sicuri che Francesco Grasso e Giusep-

pe Spampinato siano morti? Il mio assistito ha detto che quanto i sicari li hanno portati via, ancora si lamentavano.” E ha aggiunto: “è vero che Rosario Grasso era stanco di pagare l’usura ma ci sono anche altri due moventi che sono stati scartati”. Le altre “strade” indicate dal legale sono quelle legate ad un’ipotesi di “regolamento di conti all’interno della stessa organizzazione” oppure ad una possibile pista passionale. E qui, nell’arringa dell’avvocato, viene fuori la figura di una donna, una “signora bionda, con il marito in galera”. Che sarebbe divertata l’amante di uno dei due. Sin qui la Difesa. La parte civile, con l’avv. Enzo Guarnera, invece, nessun dubbio sulla colpevolezza di Rosario Grasso. Il 2 marzo il verdetto di primo grado.

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FEBBRAIO 2015 - Catania

Abusivi, fuochi e candelore: il potere dietro la festa di Sant’Agata d i Giulia no Busà

Tempo di bilanci dopo la tre giorni di Sant’Agata, ma soprattutto tempo per analizzare le tante assurdità e ombre che questa festa porta da sempre con sé. Sono dati di fatto ai limiti dell’oggettivo lo splendore del folklore e della fede, che si manifestano in tutta la loro abbagliante bellezza per le strade della città nella vera e propria maratona votiva che caratterizza questa festa, tra le più affascinanti e seguite d’Europa. Non si discute che Catania sia davvero “lesta con l’abito della festa”, come recita uno degli adagi che accompagnano queste giornate così speciali per la città. La bellezza è lì e non si discute. Ciò che invece occorre trattare è quanto di grigio c’è e continua a esserci nei mille rivoli che la festa porta con sé, e in ciò che esprime dal punto di vista culturale: le consuetudini e le regole non scritte raccontano sempre molto più di quanto non possano fare delle fredde e preconfezionate verità istituzionali. Innanzitutto la ridicola questione delle ordinanze comunali contro abusivi di ogni tipo, gastronomico e pirotecnico, che ogni anno si appropriano delle strade oggetto della festa, gestendo un business notevole data l’utenza media che ogni anno si attesta sulle decine di migliaia di unità. Tolleranza zero era stata promessa e così è stato…ma solo dal Borgo in su. Piazza Cavour è stata infatti “scelta” come limite sotto il quale ogni tipo di commercio è stato ritenuto lecito, mentre già dal tardo pomeriggio del 5 è stato

impedito il passaggio a camion e furgoncini vari – evidentemente meno con meno potere contrattuale di altri colleghi – all’altezza della sede dell’Ersu di via Etnea. Ai malcapitati non sono state fatte mancare contravvenzioni e sequestri. Tutt’altra storia in via Etnea bassa, dove venditori di ceri e di qualsiasi tipo di prebenda hanno goduto del solito tacito lasciapassare che esula da ogni tipo di ordinanza che sia possibile produrre. Ciò per via di quelle consuetudini di cui si diceva, di quella sensazione che chi è catanese possiede come certezza implementata e in fondo accettata, che il potere istituzionale si fermi fino ad un certo punto, che il Comune, la polizia municipale abbiano un raggio d’azione ben definito, oltre il quale sono le stesse forze dell’ordine a non osare spingersi. Altra questione che eufemisticamente potremmo definire non chiara è quella riguardante il monopolio dei fuochi d’artificio dei fratelli Vaccalluzzo, le spese che il Comune devolve in loro favore e il margine di potere che i responsabili pirotecnici della festa hanno acquisito. Ai limiti dell’incredibile la richiesta avanzata dai Vaccalluzzo e dalla Zio Piro s.r.l., protocollata al Comune di Catania. L’oggetto è la “richiesta di vigilanza sugli immobili che rientrano sulle (sic) aree di sicurezza degli spettacoli pirotecnici di Sant’Agata 2015” e recita quanto segue: si chiede “al Comune di Catania di informare i cittadini residenti negli stabili prossimi alle aree di sicurezza degli spazi previsti per i giorni 3-4-5-12 febbraio

uno spettacolo più lungo e spettacolare. Non si riesce a capire per quale motivo chi non ha intenzione di partecipare alla festa non possieda il diritto di chiudersi in casa ma anche questo poco importa. A fare specie è la libertà che i due colossi dei fuochi d’artificio nostrani hanno acquisito e, evidentemente, è loro concessa. E La nota di Vaccalluzzo events e Zio Piro alla libertà di domandare e 2015 in occasione dei festeg- disporre si accompagna anche giamenti agatini di non abita- un bel contributo economico, re – avete letto bene – o fre- che quest’anno si è attestato quentare le abitazioni – avete sul centinaio di migliaia di letto bene anche qui – durante euro. lo svolgimento degli spetta- Proprio il giro di soldi è la coli”. Le due ditte forniscono cosa meno chiara della festa. poi nel dettaglio l’elenco delle Non solo fuochi e luminarie, vie che a loro dire dovrebbero non solo panini e torroni, ma essere letteralmente evacua- anche candelore e ceri. Le inte: villa Pacini, piazza Duo- filtrazioni mafiose, e la diremo, piazza Cavour, Corso dei zione che le cosche danno a Mille angolo piazza Palestro, candelore, ceri e quindi soldi, parte di via Vittorio Emanuele in ogni angolo della festa sono e via Dusmet. Quindi, se non state dimostrate in passato ma abbiamo capito male – e mi sa restano presunte e verosimiche abbiamo capito benissimo li ancora oggi. Ultimo caso, – le due ditte si sentono in po- quest’anno, quello della cantere (poi che il provvedimento delora degli ortofrutticoli e non sia stato adottato in que- di una insolita sosta effettuata sto caso poco importa) di esi- durante la processione del 4. gere che delle strade vengano Secondo quanto ricostruito da addirittura disabitate per per- alcuni testimoni, la candelora mettere loro, immaginiamo, si sarebbe allontanata per so-

stare e per procedere alla classica “annacata” in una zona particolare del quartiere Antico Corso, all’incrocio cioè tra via Antico Corso e via torre del Vescovo. In questo punto è stato dipinto uno splendido murales che raffigura la santa, ma a pochi passi sconta i domiciliari Massimiliano Salvo, presunto boss del clan Cappello. Siamo alle solite, pare. Anche se i responsabili del cereo fanno sapere che la sosta si è verificata per via di problemi tecnici, in particolare alle corde, che pareva stessero per spezzarsi, e che l’accostamento a personaggi mafiosi li amareggia, non può che sussistere il dubbio. Insomma, dietro ai canonici festeggiamenti e al bello di una festività che conserva immutato il suo fascino, c’è parecchio di ancora irrisolto, non detto e macchiato dal nero della mafia. Il potere delle cosche – come peraltro hanno dimostrato le indagini che hanno portato all’arresto di Faraone, consigliere comunale a Palermo – è ancora enorme, vivo e fatto di tanti soldi. Il problema vero rimane la mancanza di stupore, di indignazione, di fronte ad eventi e consuetudini del genere, che rimangono possibili proprio perché accettate, perché per quanta antimafia si possa predicare si ha sempre la convinzione che il potere occulto sia imbattibile, specialmente se il potere che dovrebbe combatterlo, quello istituzionale, è debole e impaurito. Poi – come detto e scritto più di qualche volta – ognuno rimane libero di vedere e prendere da questa festa, ma in generale da questa città, ciò che più ritiene opportuno.

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FEBBRAIO 2015 - Opinione

L’antimafia, i cittadini, le Ferrovie si fermano a Villa S. Giovanni di Claudio Mec Melchiorre

Ci sono temi che diventano triti e abusati, anche quando sono tragici. La Sicilia è la terra dove è nato il fenomeno mafioso. O meglio, dove è stato possibile definire un contorno al fenomeno mafioso che in realtà è stato praticato altrove in modo anche più cruento. Basti pensare a quel che accade in alcuni Paesi del Sudamerica, dove Narcos e Stato legittimo possono mettere in campo eserciti che si confrontano con circospezione. Il fatto che altrove sia peggio, ovviamente non ci consola. Sappiamo tutti che la mafia danneggia pesantemente la nostra regione. La viviamo come un male non inestirpabile, ma ineluttabile, in una terra dove nessuno si assume la responsabilità di cercare il benessere di tutti. E’ un paradosso cognitivo: sappiamo tutti cosa dovremmo fare per il bene, ma sospettando di essere soli a volerlo, nemmeno lo ricerchiamo e facciamo il peggio. E’ la sconfitta della logica e della razionalità. A parte alcune fasi eroiche, la stessa attività antimafia, fuori dalle procure, è diventata paradosso e mistificazione. Un consigliere comunale di Palermo della Lista Crocetta-Megafono è stato arrestato (l’Ansa scrive ‘incastrato’, come in un dialogo di film poliziesco anni 70) per mafia. Eppure la sua campagna elettorale l’aveva giocata tutta sulla legalità. Il delegato nazionale antimafia di Confindustria, leader dei confindustriali siciliani, uomo di grande potere negli orga-

nigrammi politici siciliani, Antonello Montante, già Antonino, è stato accusato di mafia da tre pentiti. Emanuele Macaluso con vaga formula dubitativa esprime i suoi dubbi sui comportamenti di questo alfiere imprenditoriale, già giovanissimo meccanico in un paesino della provincia di Agrigento e ora ricco e influentissimo imprenditore con interessi anche nelle discariche. L’ex magistrato e ex assessore all’ecologia regionale, Nicolò Marino lo ha accusato senza mezzi termini di pressione politica e influenza determinante nelle scelte sulla gestione dei rifiuti, quasi tutte fallimentari e costosissime per i cittadini, nella regione. Altre accuse chiare e nette contro il delegato confindustriale erano state fatte dall’ex patron di WindJet e del Catania, in occasione del tentativo di salvataggio della compagnia aerea. Ma Montante, ancora ieri, viene difeso non solo dal Governatore Crocetta, ma anche dal sindaco Bianco, lo stesso che sarebbe stato eletto, secondo le dichiarazioni non provate del Presidente della Commissione Antimafia regionale Nello Musumeci, grazie anche alla collaborazione di alcuni consiglieri comunali vicini alle cosche. Situazione molto intricata che, a quanto pare, sarebbe dovuta a uno scontro feroce tra antimafie di ordinanza, per

la gestione dei miliardi delle confische a carico dei mafiosi. Antonello Montante è entrato nel direttorio della gestione di un patrimonio multimiliardario e si è scontrato, grazie alle dichiarazioni di tre pentiti, con il niet dell’associazione Libera, creatura del sacerdote battagliero Don Ciotti che, da Torino, ha conquistato i cuori e le opere di millecinquecento associazioni in tutta Italia. Lo scontro lascia sgomenti. Tutti mafiosi non è possibile, ovviamente. Noi che in Sicilia ci viviamo, sappiamo bene che non possiamo essere mafiosi perché non c’è terra dove la vita sia più amata. Essere mafiosi significa rischiare di perderla molto più rapidamente di quanto il Signore comandi. I siciliani sono persone pratiche e molto legate alla famiglia. Per questo, non possono essere mafiosi, se non in piccola parte. Fiutano il pericolo e si scansano all’istante. Eppure, in una storia di gestione di risorse tolte alla mafia, uccidendo e saccheggiando le nostre città, ci troviamo

davanti alla possibilità che un uomo, che a diciassette anni si sposa con la testimonianza di un padrino mafioso, possa essere influentissimo. C’era una volta il controllo preventivo sull’onorabilità specchiata per entrare nei corpi militari, si direbbe. Che non vale per chi passa attraverso la politica per affermare la propria verginità. E’ ovvio che in una situazione nella quale nessuno è più credibile, a cominciare dalla stampa, troppo sensibile agli incarichi di uffici stampa opinabili, per finire alla magisratura, da sempre nell’occhio del ciclone, nella Seconda Repubblica, le accuse di mafia ad un imprenditore chiacchierato anche per aver imposto, secondo le cronache politiche regionali, la propria fidanzata nella giunta regionale, diventano difficili da gestire. In un Paese sano, si eviterebbe la polemica e si eliminerebbe il problema. Forse si potrebbe chiedere scusa a quel brav’uomo di Cottarelli che ha tentato di lottare contro gli sprechi e dargli almeno la gestione di

questo patrimonio enorme. Ma non si fa. In Sicilia ci lasciano macerare nel torbido delle posizioni. Ormai nessuno più crede agli attestati di fiducia verso Montante che arrivano da Squinzi, il presidente nazionale degli industriali, da Crocetta, governatore deludente ma soprattutto inconcludente, da Enzo Bianco, incapace anche lui di risolvere un problema semplice come quello della gestione del ciclo dei rifiuti. Certo, non possiamo nemmeno fidarci ciecamente dei tre pentiti di mafia, perché bisogna aspettare che i magistrati comprovino le accuse. In tutto questo, Ferrovie dello Stato decide di realizzare un piano del trasporto ferroviario che prevede l’interruzione del trasporto dei treni attraverso lo Stretto di Messina. La tecnologia e la capacità gestionale di uno dei più grandi gruppi imprenditoriali d’Italia ha fatto la scelta più sciocca che si potesse immaginare: rinunciare a fornire un servizio di collegamento che è comunque competitivo con le altre forme di trasporto. L’interruzione non sarà compensata da nulla. Né maggiori corse, né strutturazione del percorso attraverso tapis roulant o pianificazione di orari dedicato, né aumento delle corse ferroviarie. Del progetto di maggiore infrastrutturazione ferroviaria per avere l’alta velocità interna alla Regione non si parla più. E così capisci che i nostri diritti di cittadini sono azzerati. I nostri politici hanno deciso di farci morire di fame, di mafia e, purtroppo, di falsa antimafia. Cittadini, solleviamoci dal torpore.

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FEBBRAIO 2015 - Gela

Gela, è calata la notte sull’edilizia di Liliana Blanco Cala il sipario sul settore delle costruzioni. E’ notte fonda per l’edilizia della provincia perché i numeri sono impietosi come il tornado che spazza via case e città lasciando rabbia e disperazione tra i superstiti. I dati del settore negli ultimi cinque anni sono atroci, peggio del diluvio universale. L’edilizia in provincia registra 1310 lavoratori in meno. Si passa dai 5039 del periodo 1 ottobre 2008-30 settembre 2009 ai 3729 del periodo 1 ottobre 2013-30 settembre 2014. La tempesta della crisi economica ha spazzato via 277 aziende del settore: da 976 a 699 (il periodo di riferimento è lo stesso). Ogni commento appare superfluo. I dati negativi si susseguono come il fiume in piena che trasporta fango e detriti lungo il suo percorso. Sono notevolmente diminuite anche le ore effettivamente lavorate: si passa dai 3307244 ai 2558421 (-1048823 ore lavorate). Che il settore sia in caduta libera lo dimostra anche il totale delle retribuzioni (da 31.379.925,28 a 23.689.416,86) e il totale imponibile contributivo (da 38.738.035,68 a 29.244.626,30).

Consiglio Generale Cisl Messina febbraio 2015 In un contesto difficile e complicato è aumentato a dismisura anche il ricorso al lavoro nero e irregolare di almeno il 30 per cento. A volte si invocano nuove riforme, potenziamento di unità lavorative presso le direzioni territoriali del lavoro. Ed invece basterebbe semplicemente renderle funzionanti evitando di tagliare fondi agli Ispettorati per l’espletamento della loro missione quotidiana. Perché anche quando manca la carta per stampare o il telefono è un mero oggetto da esibire sui tavoli,

diventa impossibile esercitare quei controlli che tutti si auspicano soltanto durante qualche convegno. Il territorio ha bisogno di rialzare la testa perché non può continuare a sopportare la saccenteria della politica. Occorre uno sforzo senza precedenti per accendere una nuova alleanza sociale capace di muoversi attorno a obiettivi condivisi dove la politica è chiamata ad alzare il livello di attenzione verso un territorio ormai depredato. Le amministrazioni locali devono tagliare

le spese inutili e superflue concentrando le poche risorse sullo sviluppo economico del territorio e sulle famiglie. La crisi non è soltanto economica, c’è una crisi etica legata al comportamento dei politici: maggioranza e opposizione non hanno avuto il coraggio di affrontare la grave situazione finanziaria del Paese. Tutti abbiamo il dovere di restituire fiducia e speranza alle future generazioni, perché attraverso il nostro esempio costruiamo la speranza. La classe dirigente deve cambiare soprattutto

mentalità e parlare di obiettivi condivisi come le infrastrutture, la riqualificazione dei centri urbani, prevenzione del territorio, edilizia ecosostenibile per fare muovere il mercato perché ferro e cemento per realizzare quattro villette a schiera sono ormai un lontano ricordo. Il tema delle infrastrutture resta il nodo cruciale di questa provincia. A parte i lavori del raddoppio della 640 Agrigento-Caltanissetta, c’è da continuare ad insistere sulla Gela-Siracusa. E’ necessario un rilancio in termini di interventi per far ripartire l’edilizia sollecitando iniziative fattibili per sbloccare l’inerzia amministrativa a tutti i livelli e lo stallo degli investimenti. Una collaborazione che vede fianco a fianco le tre sigle sindacali del settore delle costruzioni Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil che chiederanno conto e ragione alle stazioni appaltanti affinché accelerino le procedure per le opere immediatamente cantierabili. Non escluderemo azioni di lotta a sostegno del comparto se le stazioni appaltanti dovessero continuare ad avere un andamento soporifero.

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FEBBRAIO 2015 - Scuola

Il preside Spinella punta sul sistemi formativo della scuola di Chiara Bua Da ex studente del liceo scientifico, a Preside del Liceo Verga che oggi raduna sotto un unico nome tre indirizzi differenti (classico, linguistico e scientifico): il prof. Vincenzo Spinella ha accolto con entusiasmo e determinazione l’incarico di dirigente scolastico di quella che qualche lustro fa è stata la scuola che lo ha formato. . Preside Spinella, quali sono gli obiettivi che spera di raggiungere nel breve periodo per cercare di migliorare il Liceo Verga di Adrano? «Credo che uno dei compiti fondamentali di un’istituzione scolastica rispettabile sia il successo formativo dei propri studenti, proprio per questo motivo sto lavorando per mettere a punto un piano che punti al miglioramento dell’orientamento sia in entrata che in uscita, perché essere bene informati è di grande aiuto quando si deve prendere una decisione come la scelta della scuola superiore da frequentare o della facoltà universitaria a cui iscriversi: se non si sa davvero ciò a cui si va incontro, come si fa a sapere se si è adatti? Per questo motivo, per quanto riguarda l’orientamento in entrata già a partire da quest’anno abbiamo introdotto un test da sottoporre ai ragazzi che hanno l’intenzione di frequentare uno dei tre indirizzi da noi offerti, in modo da renderli più consapevoli del livello di preparazione necessario per affrontare il percorso di studi desiderato. Questo è solo un piccolo passo verso una ristrutturazione del programma di orientamento che, secondo me, dovrebbe svolgersi prima della pausa natalizia, e non a gennaio, cosicché i ragazzi possano avere tutto il tempo per meditare a fondo prima della presentazione della domanda di iscrizione. Nelle mie intenzioni c’è l’idea di proporre agli studenti che frequentano la terza media e che manifestano un interesse per il nostro istituto scolastico, un breve “periodo di prova” della durata di 10/12 ore, durante le quali potranno sperimentare la vita liceale, sia dal punto di vi-

ll liceo Giovanni Verga sta formativo che sociale. Questo dovrebbe servire a renderli più consapevoli della loro scelta e più pronti rispetto a quello che affronteranno l’anno successivo: offrendo la possibilità di brevi percorsi formativi per gruppi selezionati, saremo in grado di fornire ai ragazzi un’idea più precisa di quella che è l’offerta formativa nel suo complesso. Il versante dell’orientamento in uscita ci pone, invece, davanti ad una sfida diversa e per certi aspetti più complessa. Al momento stiamo per concludere un accordo con la società catanese UNIMED che si occupa dei corsi di preparazione agli esami d’accesso alle facoltà a numero chiuso in ambito medico-sanitario: la società ha infatti richiesto l’utilizzo dei nostri locali per lo svolgimento di tali corsi. Abbiamo inoltre inviato cinque lettere a cinque atenei universitari, compresi quelli di Catania ed Enna, perché vorremmo attivare una partnership per l’orientamento in uscita sfruttando i cosiddetti “corsi zero” e valorizzare così i percorsi formativi integrati, ossia quelli studiati in sinergia dai nostri docenti e da quelli univer-

sitari. Il superamento di questi corsi vedrà il riconoscimento di crediti formativi universitari da spendere all’interno della facoltà prescelta dagli studenti. Si tratta di un percorso che verrà attivato a partire dal terzo anno, quindi coinvolgeranno i nostri studenti alla fine del terzo, del quarto e del quinto anno di studi, e si svolgeranno durante il mese di settembre. Finora abbiamo avuto risposto soltanto dall’università Pegaso di Napoli». Il recente studio commissionato ad Eduscopio dalla Fondazione Agnelli, ha posizionato il suo liceo classico al secondo posto tra i licei dello stesso tipo in tutta la provincia di Catania. Come commenta questo risultato? «A mio avviso si tratta di un risultato che dipende fortemente dal livello di preparazione dei nostri studenti al momento dell’inizio del loro percorso liceale, perché la composizione della classi incide più di quanto si possa pensare sul buon andamento della didattica. Ad oggi, ad esempio, il nostro liceo scientifico è più una scuola di quantità che di qualità, mentre negli ultimi anni si sono formate pochis-

sime nuove classi dell’indirizzo classico. Anche per questo motivo gli studenti usciti dal nostro liceo classico hanno ottenuto un successo universitario più ampio rispetto a quanto fatto dai colleghi dello scientifico, in quanto si trattava di studenti più selezionati già in partenza. Il nostro indirizzo scientifico riscuote ogni anno molto successo, e questo gran numero di iscrizioni in parte pregiudica il livello dell’offerta formativa in quanto questa deve confrontarsi con una platea molto variegata e che presenta un livello di preparazione iniziale mediamente più basso proprio dovuto alla complessità dell’utenza stessa. Un altro dato da non trascurare quando si valuta il successo di un’offerta formativa è il sesso degli studenti: dove prevale la presenza femminile il successo è garantito. Rispetto ai ragazzi, infatti, le ragazze maturano prima sia emotivamente che psicologicamente, e quindi anche il loro approccio allo studio tende a dare risultati migliori, ecco perché al liceo classico, dove ci sono mediamente più ragazze, gli esiti formativi in uscita sono migliori rispetto a quelli

di un liceo scientifico in cui predomina la presenza maschile». Questo è il periodo in cui ogni anno si torna a parlare dell’esame di maturità e di come andrebbe riformato. Lei cosa ne pensa? «Sono del parere che la prova di maturità andrebbe completamente riformata. Innanzitutto dovrebbero essere gli stessi insegnanti che hanno seguito i candidati durante tutto il loro percorso di studio a giudicarli in sede d’esame, di conseguenza abolirei sia la commissione mista, quella attuale, che quella esterna di cui ogni tanto si sente ancora parlare. L’unico commissario esterno dovrebbe essere il presidente della commissione, il cui compito è quello di vegliare sul corretto funzionamento della macchina esaminatrice. Sono convinto che siano i docenti i veri testimoni dell’apprendimento degli studenti e quindi devono essere loro a valutarli, solo il docente interno può verificare il miglioramento e l’impegno dello studente perché lo ha visto in prima persona. Credo anche che la stessa organizzazione degli esami debba essere riveduta: le prove non possono essere concentrate una dietro l’altra, ma dovrebbero essere diluite nell’arco di un intero mese. Bisognerebbe introdurre anche delle prove che mirino alla certificazione dell’effettiva acquisizione di tutta una serie di competenze, e non credo che il tema di italiano possa svolgere veramente questo compito, mentre un potenziamento dell’attuale terza prova potrebbe rappresentare una buona base di partenza per migliorare l’efficienza di questo tanto atteso e temuto esame. L’ideale, però, sarebbe introdurre nelle scuole la didattica per competenze, e allora si potrebbe addirittura prescindere dall’esame finale, perché la certificazione dell’acquisizione di ogni singola competenza sarebbe garantita in maniera periodica durante tutto il percorso di studi tramite una serie di prove standardizzate e uniformate per tutti».

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FEBBRAIO 2015 - Siracusa

dfghdfhdfghdfghfgdhdfghdfghfgdh di Rosa Tomarchio asdfgUgitinih ilitiorerion consequae ius dolo tempor repelit iberferuptat accum vel imilibu sdamusant volesseditin pa cum, sumetur, omnihil lorunto to in cumeniendae disci dolorio mod magnati untiust, qui omnis accustiam nonsectur accullitiat odiscit ibeatum eost dignient eum, volenim ex exces quae in pro iur sequiaest, omnis et acesequ iscipsam quae volestiunt, ut facerum non nonem rem quostotas dunt. Ut ut arum imporro et volorestiur? Henimet qui dolo od quos volor re ped etus molum experorposa conecab ipitatur, cusdae quias aruptate libusa que nim et voluptia aut autempe risqui coreper fernam, que vel molut fuga. Tionsequam faccuptus nisquae ratecea riandit vit everum deliquisint. Uptam rem alit, eicieni hiligendel inis pos ipsape perum sant et ipsant iur, cusdae. Fictorp orionsequi iliae conest escientibus es dolecae a parchilignat ulparchil iunt es alic tem faccabo. Uciunt idelia conse por aditis molupta spidest, aut quae por reperspedi des aut ea sus, optae im excerchil impersp eliquid emquibus dolorest labo. Xerum ut idus ute nonecti derit que prat. Exerferum repere niat porempo remporibus et aut opta nate pernat voluptionsed molum que pa voluptatur sequas ate velique re nam ipsamus volendi omnis ilitat quae volorep erovidem. Oreris voloreperro et porro tectem volorec torepudit landucia quaest, si totae consecepudi quas del ilia aspersp idendae maximusande quiaspit volor assedip idempereius re nihit et occuscimus dis atatest lacest, quas natemqu iandae dolorest vellant. Sa et autem et et, con perum re doluptat a consequi aut eicatat. Ressita voloriosam remqui nos-

Maria Rita Sgarlata simuscit harum veleceria quid quam, quibus ma isin et rat aliquat experitatem voloriberia quam re ipsum ius derum iliquia num il ipsum vento ipienduci aut fugiant am qui cum que volupti ataturem sus nobit quostissunt quam ipici abo. Nusda vollor sum es autatia duciis sequis mos et adit min pliqui temperumqui si dolorep elescia volo omnimus, nes etur? Lor molorro dolupta aceaqui nis alitatem qui voluptat. Catibus mil inveliquid magnitio eost ut que secumquate natempor am ratiis sinimetum fuga. Tur, es poreptatur? Quid mincid enieniendel mos mo velente mperum, arumque dem voluptatem undi omnihictum que pel et vendae resti dolorum intium quunte con ratet placcul luptatur adis reic tet andi ium rem. Imusandem fuga. Nequianto dolorem sit eossund essit, te con corrovi discillam quam ne nos qui dit, opta sima volo quae ni cor aligent explaut aut ut molum is eaquunt omnitae vellit, sinvel maximin impore aut exerum et qui tet faciistin conse volorrum fuga. Nemped ut quo cuptatin cusanihicae vendit que molupta mentium qui offictur, quam qu-

untur rerrum non nobit id quia sit odipsus amende voluptae laborat. Ommo quos similiq uibusap icipsaniet quis es que resequi blabo. Ad mint. Hentemp orendel ipsantiae que nos doluptatem alitemquat. Bissit, solupta vendanis assunt. Bis ut occab int. Atecabo. Et eates eiur? Itatiatur aut quam, quis aut a dellaut eatiam, eos volum que sum, sum quamus inulpar chillup tatet, cus reperum rest quam duci ut est lat aliciisquis dolum harciis es ut et et ressitiundi sinim repres vid quas de natur, sequae lab iume laut fuga. Itae id eatum la cum fugitiissin nobit, seque ipsum ium hillande ventus. Illibus peribuscit dolum veriati nvenimp orecea sunt essi tet ullorectium conesed ma videlecta et inis excernam esequibeaqui dolo intia non re perum con consed quis quasita tempore henimol orionse ceario. Icium ini ilitae verferum explandelit ut endemque nimolup tusapedi dita que officipsum quis incte voluptae officimpor receat. Venti tem. Nequos maio. Ut pa dipsandem quam ipsusci eniae. Et as quia pro conecum ea volo-

ris ad quatectur? Harchil itatur, sit, nonectius eos voluptaquam conemporum alistem porrum natum aut a essendaecae a nonse porum qui doluptaerunt et omnimint. Rum ratem facillam nes nimperrum ut ullissi nvenimusa con et est dolupta ne ni reped et fuga. Ut perum, nimusam quaeculparum volorepere comnitat omnis elita provitatia consequi offictusda doluptat alicium accum volupta quibusda idiorro vidit, velesequas dolo ex et fuga. Nam, con con perum qui volore veribus citatin prae cus ma core velitat quaspelique vellabo reperes everis endus dundustibus volupta sae nus iur sum que cor alibusa ndundam, cus. Les quam voluptae volor sincimus debitam re nate nesequid que de nobis repre volupta turibus molorepra sae. Sent fugit volorum fuga. Min non eos eum, naturio modipis ea senes magnimin ni occus il eos as aut facipsae doluptas ressed maio consequ asperatur, sum quide el ea vere apiet prernate audi beribus eati tecto ex estia pos iscidereius cume ex et, inveris venes experum et eatius es estibus magnisquam arum comnimo et venis

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FEBBRAIO 2015 - Messina

Torregrotta non è Librino, il Pd di Milazzo passa il cerino acceso a Guerini di Giovanni Frazzica A Messina la politica è ormai diventata una nota mortale: all’ordine del giorno c’è sempre il riequilibrio di bilancio, questa volta la scusa per un rinvio l’hanno trovata i consiglieri del gruppo Dr che hanno scoperto che i contratti di servizio con le partecipate e il piano di alienazione vanno votati prima del piano decennale. Hanno perciò chiesto e ottenuto il rinvio della seduta con l’appoggio dell’aula e degli stessi amministratori che hanno dovuto ammettere l’errore. In provincia ci sono altre emozioni. Torregrotta è un comune che i poco più di dieci anni ha raddoppiato la sua popolazione raggiungendo quota 8000 abitanti e ora soffre la sindrome di Librino. Hanno analizzato il risultato delle indagini conoscitive sui servizi e sulla gestione del territorio comunale nell’ambito di un evento organizzato dalle associazioni gruppo civico per Torregrotta “Democrazia Partecipata” e “Umanesimo e Solidarietà”. La presentazione dei lavori è stata di Annù Trifilò e Dario Antonazzo, presiedeva Concetto Trifilò, già sindaco, relatori: Luigi Rossi, che ha illustrato i risultati dell’indagine conoscitiva, Giovanni Caminiti, che è intervenuto sull’importanza della partecipazione dei cittadini nel processo di redazione del nuovo Prg e Antonio Liga che ha sottolineato l’opportunità costituita dal Prg per rigenerare la città. Dopo gli interventi preordinati di Andrea Cucinotta, Rosetta Castelvetere e Nicola Pinnizzotto si è aperto il dibattito che tra i numerosi interventi ha fatto registrare anche quello di Rosalia Bernava, capogruppo dell’opposizione, e di Pierfranco Mezzasalma. Dall’indagine conoscitiva effettuata dall’associazione nel 2014, emerge un alto tasso di insoddisfazione rispetto ai servizi offerti dal Comune. Il questionario, distribuito in 3000 copie, ha ricevuto 513 risposte complete da cui si evincono le diverse critici-

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Convegno Torregrotta tà. Una cosa è però emersa dagli interventi: a differenza di ghetti come Librino e lo Zen, Torregrotta è un Comune e può prendere iniziative sul suo territorio. A pochi chilometri di distanza da Torregrotta, nella città di Milazzo interessata alle elezioni di primavera, si è svolta una importante riunione presso la Casa del Popolo di via XX Settembre dei circoli del Partito democratico di Milazzo alla presenza del segretario regionale Fausto Raciti, del segretario provinciale Basilio Ridolfo, della deputazione messinese e dei vertici regionali per decidere se il sindaco, Carmelo Pino, da poco tempo iscritto al Partito, potrà partecipare alle primarie del Pd di Milazzo. A conclusione di una lunga discussione, si è deciso di dare

mandato al segretario Raciti di confrontarsi sull’argomento col vice segretario nazionale Lorenzo Guerini per valutare se, alla luce delle diverse valutazioni emerse, Pino potrà essere ammesso a partecipare alle primarie, che devono ancora essere indette. Raciti, venuto a Milazzo per fare da paciere, ha detto: «Mi incontrerò a Roma con Guerini e gli sottoporrò la questione, ma Milazzo non è l’unico posto dove ci sono conflittualità, ci sono altri centri dove prendere decisioni, da Milazzo, però, vorrei far ripartire un percorso di unificazione che riguardi tutta la provincia di Messina». Superato il documento dei circoli, Raciti ha tuttavia espresso delle nuove perplessità, Pino avrebbe processi in corso per abuso d’uf-

ficio legato alla sua attività amministrativa, dunque, in base alla legge Severino, come avvenuto in altri casi, dopo una eventuale vittoria delle primarie o delle stesse elezioni potrebbe essere sospeso. Raciti ha invitato coloro che sostengono Carmelo Pino, gli assessori Stefania Scolaro e Salvatore Gitto in particolare, ad un maggior senso di responsabilità e, nel caso Pino non potesse partecipare alle consultazioni del Pd, ad accettare la decisione di scegliere un proprio candidato del gruppo. Stefania Scolaro ha risposto:«Mi sembra prematuro esprimermi su questa ipotesi, prima vediamo se Pino può partecipare alle primarie e poi ne ridiscuteremo». La Cisl, per fortuna, continua ad essere un’organizzazione concreta e propo-

sitiva al servizio della comunità. “Verità e un’azione sinergica per il territorio” Tonino Genovese ha aperto con questa richiesta i lavori del Consiglio Generale della Cisl di Messina, rivolgendosi ai dirigenti provinciali spronandoli ad avere “coraggio e saggezza” ma anche di “parlare con verità” per “un nuovo Patto per la crescita, per costruire il futuro” in un territorio che registra debolezza endemica. Lo evidenzia il centro studi Cisl Messina che sul mercato del lavoro 2014 ha presentato uno studio durante i lavori alla presenza del segretario nazionale Maurizio Bernava e del regionale Mimmo Milazzo. Un rapporto che evidenzia la presenza di più del 60 per cento di attività terziarie rispetto ai settori tradizionali dell’industria, agricoltura etc. Il solo comparto del commercio rappresenta circa il 34 per cento dell’economia messinese, contro il 9,32 per cento dell’industria, il 15,7 per cento delle costruzioni, il 14 per cento dell’agricoltura. “Un’analisi approfondita delle attività presenti nel territorio – ha detto Genovese – per comprendere le esigenze e le modificazioni del tessuto lavorativo”. “Se da un lato – ha spiegato Genovese – il tessuto delle aziende presenti è in larga maggioranza rappresentato dal commercio, turismo, servizi in genere, dall’altro, proprio la mancanza di “aziende di produzione”, sta determinando il continuo declino economico”. Genovese ha lanciato una provocazione per denunciare l’impoverimento istituzionale a Messina: “Si va verso una Binacria, guardiamo alle vicende che coinvolgono Camera di commercio, prefettura, Corte d’appello, autorità portuale, Provincia, Città metropolitana, Liberi consorzi dei Comuni e alla concentrazione territoriale strategica nei due poli Sicilia occidentale e orientale. Dobbiamo anche noi saper cambiare, sono gli uomini che con la loro la capacità negoziale fanno la differenza”.

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FEBBRAIO 2015 - Attualità

Il Paginone d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Un ex magistrato “strappato” alla sua attività di sostituto Procuratore della Repubblica tra gli assessori del governo regionale? E come mai viene sostituito da un altro magistrato strappato anche lui dai suoi uffici in un palazzo di giustizia? E che ci sta a fare un altro ex magistrato ed ex candidato premier a capo di una azienda regionale che si occupa di informatizzazione o, come commissario, a capo di una disciolta provincia regionale? Che ci fa un senatore della Repubblica nell’ufficio accanto a quello del governatore? Cosa fanno tutti insieme, in “visita istituzionale” a Doha? O in prima fila, a Gela, alla posa della prima pietra del più grande impianto fotovoltaico d’Europa? E come fa, ad essere consigliere diplomatico della Regione per conto della Regione, un cittadino tunisino? Come fa un dipendente dell’associazione degli industriali ad occuparsi, senza incorrere in conflitto d’interessi, dell’assessorato regionale che si occupa di attività produttive? E che ci fa un funzionario esterno, per di più condannato per danno erariale, alla guida della burocrazia regionale? Semplice: “fanno la rivoluzione insieme a Saro Crocetta”, avrebbero risposto in coro, fino a qualche settimana fa, gli estimatori dei metodi un po’ rozzi e massimalisti del governatore venuto da Gela. Estimatori che non sono pochi in realtà. Almeno a contare tra i “beneficiati”, si parla di una cifra che oscilla tra i mille e millecinquecento “nominati” in due anni e mezzo di governo. Solo 34 sono stati i signor nessuno che hanno avuto la possibilità di essere assessori regionali almeno per una settimana. Poi, in realtà, ci sono stati personaggi illustri, professionisti noti, magistrati più o meno conosciuti e perfino studentesse fuori corso. Sono stati in tanti a salire sul malfermo carro del Megafono: non un carro di Tespi, reduce vittorioso da feroci battaglie, ma pur sempre carro da guerra ripetutamente e fortunosamente uscito indenne da furibonde tempeste politiche. Grazie all’antimafia militante, gridata

Salvini: Crocetta è una calamità natural

Arriva la lega - Si scopre che due differenti inchieste giudiziarie sono aperte, a Caltanissetta e Catania, per verificare se Antonello Montante, massimo rappresentante siciliano di Confindustria, sia un imprenditore compromesso con le cosche – Finisce in manette a Palermo un consigliere comunale del Megafono, primo dei non eletti alle regionali: è accusato di tentata estorsione mafiosa… e brandita come taglientissima e potentissima arma risolutrice di ogni vertenza. Ma adesso il vento è cambiato. E qualcuno comincia a domandarsi se tutti questi signori insieme, oltre che aver violato ogni possibile regola della buona creanza e della decenza, utilizzino impropriamente sedi, telefoni, automobili, rimborsi e “gettoni” regionali, violando una lunga serie di leggi e regolamenti che disciplinano le incompatibilità e hanno ridefinito il concetto stesso di corruzione. L’arrivo in Sicilia del movimento cinque stelle aveva fatto sperare in una moralizzazione della vita pubblica, così come le stesse promesse “rivoluzionarie” del governatore. I fatti smentiscono le premesse. E, adesso, arriva Matteo Salvini. Non sappiamo dire se i due fatti siano collegati. Ma il giorno dopo la sua visita, sul palazzo d’Orleans sono “piovuti” due fulmini a ciel sereno… Lo sbarco in Sicilia Ma nessuna arma è infallibile all’infinito. E un ineffabile, beffardo destino, attendeva al vaglio l’approssimativo drappello di lealisti legalisti, impavidamente guidato da don Crocetta della Mancha, più simile allo scudiero che allo stesso don Quichote, il cavaliere senza macchia e senza paura evocato e descritto da Cervantes. Mi scuserete, ma mi viene da usare toni e richiami epici, per raccontare l’epilogo – appena abbozzato – di una storia che da due anni, settimana per settimana, ci sforziamo di raccontare ai nostri lettori. In Sicilia, infatti, saprete che ha appena messo piede, più o meno

per la prima volta, Matteo Salvini. Dei due Mattei nazionali, quello che è certamente mano simpatico ai siciliani doc: il leghista ultimo erede della stirpe dei cavalieri di Giussano, crociati e lombardi, pronti a lottare contro i mori perfino per la difesa del Santo Seplocro, ma fino a qualche tempo fa, riluttanti rispetto allo stesso concetto di unità nazionale. Il buon Matteo non a caso è stato accolto da una raffica di uova “a salve” sparata dai militanti di “orgoglio terrone”. Ma anche – direbbero gli ottimisti – da una sala, a Palermo, piena zeppa di agricoltori e pescatori siciliani che hanno le tasche vuote a causa dell’incapacità dei governi regionali e nazionali di trasformare in reddito la loro fatica. E così Salvini, che pare l’ultimo politico in grado di parlare con l’Italia che produce, è stato capace di chiedere scusa per i pregiudizi che in qualche circostanza la Lega ha, in passato, espresso rispetto al Mezzogiorno. Ed è tornato a casa senza un solo schizzo d’uovo, dopo aver ben piantato in mezzo a noi il seme del suo nuovo movimento politico destinato a far rumore già alla prima occasione utile, che potrebbe già essere l’elezione del prossimo sindaco di Agrigento. Poco meno di tre anni fa, sbarcò in Sicilia, via mare, a nuoto, un tal Beppe Grillo, alla guida delle sue truppe penta stellate. Non ci furono uova ad attenderlo. Ma sorrisetti di scherno. Alle regionali, qualche mese dopo, fece il pieno di deputati e cambiò volto – inutilmente – al parlamento regionale. Chissà se lo sbarco di Salvini,

Rosario Crocetta più “ordinario” ma non meno sollecitatore di nuove aspettative, di rinvigorite speranze, produrrà effetti politici più incisivi? Crocetta in croce Il fatto è che l’arrivo di Salvini, sulla scena siciliana è avvenuto in esatta coincidenza con la fine delle franchigie giudiziarie nell’area del Megafono. Sfortuna, sfiga, o semplice sovrapposizione di fatti, il caso ha voluto che il giorno dopo lo sbarco leghista, sul sempre più approssimativo Saro Crocetta, si scatenasse una vera Apocalisse. Si chiama Apocalisse, infatti, l’inchiesta che ha portato addirittura in manette uno dei suoi uomini politicamente più attivi nell’area palermitana: Giuseppe (Pino) Faraone, consigliere comunale del Megafono al Comune di Palermo e primo dei non eletti alle scorse regionali. E’ accusato – udite, udite – addirittura di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Le imprese vessate dagli estortori – secondo la procura palermitana – pare facessero appello proprio alla capacità di mediazione di Faraone per trattare la definizione e il pagamento del “pizzo”. Niente male per un uomo che ha portato oltre duemila preferenze al partito del governatore alle regionali e che era stato poi eletto al comune di Palermo con poco meno di mille preferenze personali. E cosa fa Crocetta l’antimafioso, dinanzi a una situazione tanto imbarazzante? Ammette di conoscere Faraone e di averlo più volte incontrato. “Mi ha chiesto un sacco di favori – conferma il governatore -. Ma non gliene ho mai fatto uno.” Basterebbe cre-

dergli per chiudere la partita. Ma l’uomo Crocetta, dinanzi all’accusa infamante, ha tentato di ribaltare la situazione, con una delle sue allusioni “sbirresche”. “In realtà – ha detto il governatore facendo una seconda affermazione per lo meno imbarazzante – avevamo saputo (come?) che il suo nome era invischiato in alcune inchieste giudiziarie. E…”abbiamo preso le distanze”. Sì, Crocetta ha detto proprio così. “Abbiamo preso le distanze”. Come siano state prese, in che unità di misura, dico, non è dato sapere. Certo è che nessun documento pubblico né della Presidenza né del movimento politico, ha mai fatto cenno a sanzioni, accorgimenti, provvedimenti, presi a carico di chicchessia. Men che meno di un consigliere comunale che – fino al momento dell’arresto ha svolto tutte le sue funzioni politiche. Compresa quella di incontrare – spesso - il presidente della regione. Chiunque, si badi, compreso Saro Crocetta, è naturalmente libero di dire e di credere a qualsiasi fandonia. Mi permetto di ricordare però, che il presidente della Regione è – in Sicilia – il capo delle forze di polizia. Che non dovrebbe quindi frequentare persone che non siano almeno “perbene”. E che quando, attraverso i canali più disparati, dovesse venire in possesso di notizie che hanno per oggetto la violazione delle leggi dello Stato, ha l’obbligo di operare come capo delle forze di polizia, non in veste di capo di partito o di soggetto politico. E mi permetto, sommessamen-

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FEBBRAIO 2015 - Attualità

urale. Montante trema e il governatore sprofonda te, di segnalare che “prendere le distanze” non è esattamente una attività di polizia. Certamente no. Il potere e la cronaca Altra “tegola” finita direttamente in testa al governatore, è rappresentata dalla notizia, comparsa sull’edizione siciliana di Repubblica, che dà conto di due differenti inchieste che sarebbero state aperte, a Caltanissetta e a Catania, per accertare se Antonello Montante, leader degli industriali siciliani, sia o no in rapporti con la mafia. Un terremoto. Due dei cronisti più collegati con le procure siciliane, Attilio Bolzoni e Francesco Viviano, hanno firmato insieme un lungo reportage che racconta di tre pentiti che, starebbero parlando dei rapporti dell’industriale con le cosce locali. Montante, originario di Serradifalco, pare abbia avuto come testimoni di nozze due esponenti della famiglia mafiosa degli Arnone. I pentiti – adesso – starebbero raccontando di appalti “aggiustati”, soprattutto al consorzio di sviluppo industriale. Lo stesso consorzio che adesso Montante gestisce direttamente attraverso un suo collaboratore, diventato presidente della società che riunisce tutti i consorzi siciliani. E che è uno dei settori di competenza della sua ex segretaria particolare, diventata assessora regionale e appena nominata coordinatrice dei padiglioni siciliani all’Expo di Milano. Lo stesso Montante, appena qualche settimana fa, alla fine di gennaio, è stato nominato in seno al comitato che gestisce l’Agenzia dei beni confiscati alla mafia. Un’accusa di questo tipo, è un vero fulmine a ciel sereno, che minaccia foschi rovesci di fronte. Per lo stesso Montante, per Saro Crocetta considerato diretta emanazione politica degli industriali siciliani e per lo stesso senatore Giuseppe Lumia, per anni componente della commis-

Matteo Salvini sione parlamentare antimafia, e palese regista della “santa alleanza” tra confindustriali e antimafiosi in Sicilia. La reazione dell’interessato, non è certamente stata all’altezza della gravità della situazione: “è solo diffamazione”, ha affermato, a caldo, il delegato per la “legalità” di Confindustria nazionale. Ricordando che il Presidente della Corte d’appello di Caltanissetta, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, qualche giorno fa, aveva accennato a dei tentativi di delegittimazione in corso contro i vertici nisseni di Confindustria. Ora, noi non eravamo a Caltanissetta in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario e diamo per buona, naturalmente, la citazione attribuita al Presidente della Corte d’appello. Rimane il fatto che anche l’anno scorso la cronaca aveva già registrato un episodio dai toni molto simili. “Siciliani Giovani”, una testata diretta da Riccardo Orioles e che fa riferimento al periodico fondato da Giuseppe Fava, il giornalista ucciso dalla mafia a Catania nel 1984, scrisse degli scomodi testimoni di nozze di Montante e pubblicò perfino una foto. Chiedendo a Montante di spiegare questi rapporti imbarazzanti, di fornire una chiave di lettura. Avere dei mafiosi come testimoni di nozze certamente non è reato. Per lo meno in Sicilia,

Antonello Montante dove la possibilità di imbattersi e avere – anche inconsapevolmente – contatti o rapporti con persone coinvolte con l’onorata società è molto più alta che in tutte le altre regioni d’Italia. Tantissime persone e molti parenti di mafiosi hanno riscattato la loro moralità e rimesso ogni cosa a suo posto, prendendo le distanze, spiegando, rendendo pubbliche le loro privatissime battaglie per la legalità. Nascondere o negare circostanze pubbliche e ufficiali, non solo non serve, ma diventa un problema soprattutto se si decide di esporsi in una battaglia antimafia e per la legalità. Se il signor Montante ha avuto la ventura di imbattersi in alcuni mafiosi, in qualsiasi momento della sua vita privata o di imprenditore, spieghi. Piuttosto che minacciare querele. Anche perché in questo caso ci sarebbe ben poco da querelare. Se gli Arnone di Serradifalco sono veramente mafiosi e sono stati veramente suoi testimoni di nozze, ci saranno i certificati di matrimonio ad affermarlo. E se ci sono dei pentiti, due, tre, o cinque, a fare il suo nome, stia sicuro, Montante, che i cronisti di Repubblica, prima di scrivere, si sono procurati copia di tutti i documenti necessari a dimostrare che questi fatti sono veri e dimostrabili. Rimane da dimostrare se i contatti e i rapporti di cui si parla

siano o no “consapevoli”. Un problemino mica da niente… Il silenzio della politica Dinanzi a questi fatti, è certamente più imbarazzante il silenzio della politica e del mondo dell’impresa, che ha esibito – in mille altre occasioni – la sua “militanza” a fianco di Montante e dei suoi amici siciliani. Su questa vicenda bocche cucite: nessun commento di Crocetta, colpito al cuore del suo personale “sistema” di potere. Nessun commento del senatore Lumia, già sovraesposto dai reportage sulla sua eccessiva “presenza” nella politica siciliana. Ma silenzio, anche, da parte dei vertici confindustriali, sia nazionali che regionali. Come spesso accade in questi casi, l’accusato ha provato a difendersi da solo, annunciando querele. Anche se, come abbiamo visto, i risultati non sono stati certamente eccellenti. La difesa più incisiva – non c’è dubbio - è quella che deve essere sviluppata non sui giornali, ma nei palazzi di giustizia. E lì, a quel varco, necessariamente pubblico, imparziale e uguale per tutti, attenderemo Antonio Calogero Montante, la sua antimafia, il suo impegno per la legalità esteso – come abbiamo visto - fino a diventare sistema politico dominante. La lega e la Sicilia Qualche paragrafo fa ci siamo chiesti quale sarà l’effetto della

visita di Salvini in Sicilia. La verità è che, onestamente, non siamo ancora in grado di capirlo. Ci pare, in verità, che l’uomo del carroccio “punto due” sia riuscito a capire subito quali leve toccare per ottenere, intanto, applausi e attenzione. Intanto ha detto senza mezzi termini e senza alcun timore verso gli antimafiosi professionali, che Crocetta è, per la Sicilia, una vera e propria calamità naturale. E lì, una prima valanga, liberatoria, di applausi. Sì la gente ha capito che Crocetta è un fallimento su tutta la linea. Che ha promesso di cambiare ed è stato uno dei più pervicaci conservatori dello stile del malgoverno e dello spreco. I siciliani, delusi, non perdonano. Hanno trovato una persona in grado di dire le cose con il loro nome. E hanno apprezzato.Poi c’è un corollario che rischia di piacere molto. Ed è il motto dell’antimafia “punto tre”: “Non prenderemo dalla mafia né un voto né un euro”. Punto. Applausi. Applausi. Applausi. “E per raggiungere questo obiettivo – ha detto Salvini - selezioneremo la nostra gente anche in Sicilia. Anche mio padre era democristiano, ha detto, ed era una persona perbene. Non era compromesso a nessun livello. E queste saranno le caratteristiche dei nostri rappresentanti”. Applausi. Applausi. Applausi. Per finire, il Salvini, ha lanciato una sfida delle sue. “L’immigrazione sta arricchendo qualcuno” ha detto. “Andate a vedere a Mineo, dove l’Ncd ha il 40 per cento dei voti. Non mi pare la percentuale del partito nel resto d’Italia. Perché nessuno va a mettere il naso nelle cooperative, nei contratti, nella gestione del Cara?”. “Ecco. Noi i nostri esposti li abbiamo fatti. – ha concluso Salvini - E adesso andremo a sfidare Alfano in casa sua, ad Agrigento, dove presenteremo le nostre liste”. Sì. Gli scenari, anche in Sicilia, possono cambiare.

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FEBBRAIO 2015 - Siracusa

Le “Supplici” di Ovadia saranno multietniche d i Rosa To ma rchio Moni Ovadia sarà regista e protagonista della tragedia “Supplici” in scena al teatro greco per il 51esimo ciclo degli spettacoli classici a Siracusa. “Uno spettacolo deflagrante tra sonorità e attualità” – assicura il regista che in visita in città per un sopralluogo tecnico del teatro di pietra. “Il mio sarà uno spettacolo in musica con l’utilizzo di diverse lingue”. Ad accompagnare l’artista nel primo contatto con le pietre del Teatro Greco c’erano il sovrintendente della fondazione Inda Gioacchino Lanza Tomasi, il componente del consiglio d’amministrazione Walter Pagliaro, lo scenografo Giovanni Carluccio e la costumista Elisa Savi. “Userò il siciliano ma anche il greco – racconta Ovadia -. Gli attori utilizzeranno il greco di Eschilo ma nella pronuncia dei giorni nostri perché non dobbiamo dimenticare che si tratta del linguaggio della democrazia e che la Grecia, oggi un paese che soffre ed è martoriato, ha dato tantissimo a tutto il mondo. Ci saranno parti in italiano e sto pensando anche alla possibilità di introdurre qualche piccola parte in arabo”. Moni Ovadia, oltre a dirigere lo spettacolo, sarà anche uno dei protagonisti perché interpreterà Pelasgo, re di Argo. Altra colonna portante dello spettacolo sarà invece Mario Incudine, cantautore ennese che curerà le musiche e

sarà assistente tempo. Non alla regia e che ha pari la loro il regista defigenialità! Noi nisce “un giooggi abbiamo vane sapiente perso queste e un grande cose. Una sorartista”. Propresa imporprio la musica tante per me, sarà protagola contiguità nista assoluta col pubblico”. di una versio“Le Supplici”, ne dell’opera una tragedia di Eschilo che corale non fapromette di cilissima, inregalare granfatti, raramendi emozioni. te messa in Il sopralluogo al Teatro Greco di Ovadia “Penso a uno scena con esiti spettacolo denon facili. flagrante – continua il regista –, a al teatro greco che emoziona an- “Ho raccolto la sfida con piacere una tavolozza di suoni ed espres- che un grandissimo artista come – dice Ovadia – sono un avventusioni che si misceleranno tra loro Moni Ovadia. “Per me sarà un riero e non mi sottraggo”. Mentre all’interno di una rappresentazio- enorme privilegio – ha confessato le idee iniziano ad affiorare. Belne tutta musicale”. il regista – anche perché il teatro le individualità non solo tragedia Ovadia, che ha fatto della lotta ci ricorda da dove veniamo e noi corale. Ma i nomi? per la pace e il rispetto dei dirit- dobbiamo sempre mettere in con- “Dopo, con calma. Quando le ti umani una vera e propria mis- to le nostre radici perché senza di cose si verificheranno, ci sono sione, non dimentica poi di af- esse non siamo nulla, saremmo aspetti amministrativi e tecnici frontare temi di grandi attualità. solo funzioni socio-economiche. da svolgere ancora. Forse si ini“Porteremo in scena una tragedia Il teatro oggi resta il luogo dove ziano a fare le cose per bene in che parla di donne che rifiutano si fa la vita, il luogo sacrale nel questo Paese”. Una storia un po’ la prepotenza macista – racconta quale si affrontano le problemati- particolare, Le Supplici. Questo l’artista –, che rivendicano l’auto- che della vita”. matrimonio s’ha da fare o no? nomia femminile davanti a uomi- Un regista dalle origini erranti. “E’ un tema attualissimo, quello ni che cercano di prevaricarle. E “Le mie origini sono turche – dice dell’accoglienza, - dice Ovadia racconta anche di un re che con- -, abito a Milano ma mi ritengo – una emergenza drammatica. Io sulta il popolo in un’immagine di un uomo del Mediterraneo. Stra- sono un profugo anche se ormai grande effetto. In questa terra, in ordinario trovarsi in questo tea- di nazionalità italiana, so quali Sicilia, parleremo di accoglienza tro. Credevo ci fosse più distanza sono i problemi e ricordo i vole di libertà perché non c’è libertà col pubblico. Inutile, come sem- ti smarriti dei miei genitori. E se non si può accogliere e non c’è pre il genio dei greci sorprende, poi c’è il tema del semi-dio, un accoglienza senza libertà”. costruire qualcosa che svolgeva tema incredibile che si pone in L’ultimo pensiero è per l’esordio ruoli estetici e funzionali al con- maniera radicale nel tempo di

Eschilo dove il linguaggio con cui il mondo femminile afferma la propria autonomia e il rifiuto di ogni pretesa macista è veramente molto toccante. Altro tema delle supplici mansuete rivendicano una precedenza a un ceppo ne luogo dove richiedono accoglienza. Ma tu sei il re? “Sì, ma devo consultare il Popolo”. Sembra di sognare, qualcosa oggi di estraneo a noi”. Accadeva nel 463 a.C. eppure scene di vita attualissime quando l’araldo egizio irromperà sulla scena del Temenite per annunciare il diktat a queste donne che devono piegarsi ed ubbidire. Ma è opposta la reazione del Re che dice “non puoi parlare cosi perche loro (le donne) parlano un’altra lingua, quella della libertà”. Moni Ovadia, attore e regista a Siracusa, da maggio a giugno. Magari ci sarà il tempo di incontrare gli studenti per raccontare ciò che lui “canta” da anni. “Non mi sottraggo mai da questi impegni. Abbiamo un compito da portare a termine, l’alleanza tra le generazioni. Il rottamismo non mi è mai appartenuto. Cosi come i finti rinnovamenti. Canto in jiddish perché vengo dal grande ceppo ebraico anche se non sono nato in un paese slavo. L’ho studiato tanto perche voglio bene a quei popoli e a quelle terre martoriate, offese e tradite. E infatti le contaminazioni non mancheranno, giuro che vi stupirò con effetti speciali”.

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FEBBRAIO 2015 - Siracusa

La Provincia di Siracusa assente ingiustificata Siracusa unica provincia che non partecipa al disegno di legge sulla riforma delle province oggi liberi consorzi. I sindacati non sarebbero coinvolti dal commissario straordinario Rosaria Barresi alla trattativa sul futuro dei Un’altra protesta dei lavoratori della ex Provincia Regionale, oggi Libero Consorzio dei Comuni. Daniele Passanisi, della Funzione Pubblica Cisl, è uno dei cinquecento dipendenti dal futuro incerto e sempre meno chiaro che si sono ritrovati sotto il Palazzo della Prefettura per consegnare al dottor Armando Gradone un documento con cui si rivendica il diritto alla trattativa sindacale con il governo regionale “sordo” alle richieste dei lavoratori. “Le Province in Italia e soprattutto in Sicilia non vivono, come si sa, una stagione positiva – dice Passanisi - hanno cambiato veste e ruolo grazie al decreto Crocetta, oggi sono Libero Consorzio Comunale ma non si capisce quali sono le funzioni di questo nuovo ente. Insomma, hanno costruito una nuova casa senza mettere gli arredi. Una riforma che, di fatto, azzoppa centinaia di lavoratori che non sanno ormai per conto di chi stanno lavorando”. Le organizzazioni sindacali sono state invitate alle audizioni in Affari Istituzionali per dire la loro sul disegno di legge presentato in assessorato Autonomia Locali. Tutte le province siciliane saranno presenti, tranne Siracusa. “Tutte le scelte in questa provincia vengono prese in maniera unilaterale – dice Passanisi della Cisl - senza un minimo confronto con i sindacati che vengono

Siracusa risorse così sviliti nel loro ruolo storico insieme alla dignità del personale dipendente”. E così si protesta in Prefettura contro la linea adottata dal commissario straordinario Rosaria Barresi che, dal giorno del suo insediamento, ha soltanto messo mano all’organizzazione degli uffici e delle posizioni senza un confronto preliminare con le organizzazioni sindacali nonostante le reiterate richieste di confronto. “Non vi è mai stato un minimo di contrattazione con l’assessorato regionale – dice Passanisi - presentare un documento tramite un progetto di Siracusa che va alla presidenza dei Ministri, all’ assessorato autonomie locali e all’Anac che dica chiaramente che sono fatti tutti i passi salienti verso un dialogo pacifico ma tutto questo in realtà non è venuto”. Per fortuna il prefetto è molto attento alle problematiche dei lavoratori. Ma dopo? “Vedremo strada facendo cosa succederà”. Ma cosa succede ogni mattina negli uffici e nei corridoi dell’ex Povincia? “Sicuramente uno stato di con-

fusione, di demoralizzazione, il personale non ha chiaro il proprio futuro, a breve e lungo periodo. Confidiamo nella buona riuscita dell’incontro regionale e che il disegno legge vada a colmare questo vuoto legislativo della riforma”. Va da sé che la nuova stesura della riorganizzazione delle province regionali in tutta la Sicilia, che prevederà sei Liberi Consorzi più tre Città Metropolitane, va rivisitata, riscritta, facendo un doveroso passo indietro, a cominciare dalla proposta di legge: Catania, Messina e Palermo sarebbero le tre Città Metropolitane ma andranno ad incorporare l’intera provincia, non entreranno in vigore solo come comune capoluogo. Dunque, un bel passo indietro rispetto al passato. Allargando di parecchio la fase delle sole tre Città Metropolitane, il resto della Sicilia sarà Libero Consorzio autonomo dalle metropolitane a patto che il numero degli abitanti non sia inferiore rispetto ai parametri fissati dalla proposta di legge (il governo voleva fissare il limite minimo di 150 mila abitanti ma serviranno 180 mila

sorse 2, una sorta di divisione dei compiti con due società gemelle: una Risorse Siracusa sic et simpliciter e una Siracusa Risorse Diserbo Stradale. Cgil chiede subito i dovuti Sit-in alla Provincia chiarimenti al commissario abitanti per la creazione di un Barresi. Sulla bruttissima legge nuovo Consorzio). In vista non voluta da Crocetta sulla sopprespochi problemi per i piccoli paesi sione delle province, il sindacache ambiscono a restare Comu- to ha chiesto un incontro anche ne-Città. Come Gela che voleva all’amministratore delegato di staccarsi da Caltanissetta ma che Siracusa Risorse incontrato lo adesso avrà poche speranze con scorso dicembre per la modifica questa nuova stesura. del contratto per i lavoratori da Intanto, a Siracusa seicento di- diserbo. Ma i chiarimenti succespendenti interessati al passaggio sivi non sono mai arrivati – speda ex Provincia a Libero Con- cifica Gugliotta - poi troviamo sorzio non sanno bene cosa fare. sul sito della ex Provincia questa Nessuna riorganizzazione degli nuova società privata pubblica uffici concertata con il commis- sotto la voce delle partecipate. sario Rosaria Barresi in leggera Ma il commissario non risponde. difficoltà nella ristrutturazione Al di là delle giustificate perplesdegli uffici. Stessa sorte, e dun- sità sul destino occupazionale que stessa preoccupazione, an- degli ex dipendenti della Provinche per i lavoratori dell’indotto cia, adesso c’è anche il mistero di e delle società in house, come questa una nuova società, questo Siracusa Risorse a partecipa- significherà che verrà nominazione pubblica che si occupa di to un altro presidente? Un altro manutenzione delle strade e del amministratore? Un altro Cda? verde. I sindacati son in preallar- Nuove poltrone politiche? Nuove me. Qualcosa non torna nei conti risorse da stanziare? Tutto molto fatti dalle organizzazioni di cate- inquietante. A questo punto, o si goria. “Il contratto è valido sino è trattato di in errore tecnico o alla fine del 2015 – dice Stefano qualcosa sta covando sotto di cui Gugliotta della Cgil -, poi come i lavoratori sono all’oscuro. Ed si pagheranno i dipendenti?”. Ma in questo periodo difficile non si non è tutto. Andando a sfogliare può scherzare col pane quotidiail sito ufficiale dell’ex Provincia, no dei lavoratori”. si scorge una nuova Siracusa RiRosa Tomarchio

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FEBBRAIO 2015 - Opinione

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FEBBRAIO 2015 - Attualità

“Nessun… a dorma” riletto da Cosetta Gigli Lo spettacolo ricostruisce il differente percorso vissuto dalla donna nelle trame di opere e operette: l’amaro destino delle eroine delle opere liriche, alla ricerca dell’amore eterno, in un susseguirsi di eventi drammatici sentimentali e cruenti; il riscatto della donna delle operette, rivelandosi scaltra e padrona del proprio destino; una disfatta nelle opere liriche, una vincitrice nelle operette. Un lungo entusiasmante viaggio che dai toni tragici e gravi passa quelli più divertenti e scanzonati, proponendo arie tratte dai due generi musicali, da Vissi d’arte, Casta diva, Mi chiamano Mimì, Voi lo sapete mamma, a Tangolita, Tu che mia hai preso il cor e tante altre. La Gigli ha cantato, accompagnata dal “Duo bouquet di note” (Simona Scirè alle tastiere, Rosalba Nicolosi violino) in forma di concerto, mentre a intervallare l’esibizione canora le invenzioni comiche degli attori Giovanni

Puglisi, Melina Di Stefano, Toti Finocchiaro, Alba La Rosa. Voglia di riscatto e di affermazione per emanciparsi da una figura maschile che spesso cerca di prevaricare, ripercorrendo, il soprano Cosetta Gigli, l’evoluzione del ruolo della donna nelle trame delle arie più famose delle opere e delle operette con lo spettacolo “Nessun…a dorma”, di cui è anche la regista di questo spettacolo organizzato dall’associazione culturale “Woodstock”, di Donata Indaco. Ottimo riscontro di pubblico per questa rappresentazione che ha ricostruito il drammatico vissuto dalla donna nei due generi musicali: l’amaro destino che

Cosetta Gigli attende l’universo “rosa”, nelle opere liriche, alla ricerca dell’amore eterno ma spesso costretto a subire il tradimento e la morte; mentre nelle operette la donna si riscatta e, rivelandosi più furba e scaltra raggiunge i suoi obiettivi nella vita e in campo sentimentale. La regista ha dato un ritmo intenso e scoppiettante e ha saputo rappresentare la misteriosa avventura della teatralità che ap-

pare, l’amore difficile della natura femminile, narrando abilmente il teatro in musica, la metafora più straordinaria della vita. Sui palcoscenici del mondo donne “massacrate” e messe là come cornice di bellezza (si può dire ancora bellezza?) può un uomo parlare di “bellezza di una donna” senza essere considerato un dolce violentatore, ed ecco che amore e violenza si scontrano e si incontrano. Nelle opere se muoiono, se sono le vittime prescelte, sono anche le regine incontrastate. Il melodramma è più giusto: dà tutto alle donne e chiede in cambio tutto. Anche la realtà complessa si intreccia un gioco terribile e

crudele, per una poetica requisitoria sulla condizione femminile, il melodramma celebra il trionfo della “coppia”. Nell’opera la musica placa le belve e fa danzare i cattivi, e al di là dell’ideologia romantica si tessono legami che imprigionano i personaggi e li portano alla morte lungo la via della trasgressione, l’opera lirica crea un godimento tanto maggiore quanto più surreale. Ed ecco che si leva la voce canora di Cosetta Gigli che attraverso i suoi acuti suscita intense emozioni e dà un messaggio di esortazione alla donna ad emanciparsi “la donna nell’opera o viene uccisa, o si suicida”. Allestimento scenico dinamico che si offre al pubblico attraverso anche le gag di Giovanni Puglisi; un pubblico intenditore ha applaudito lungamente l’artista accompagnandola soavemente nelle sue romanze e nella sua raffinata analisi filologica. Appuntamento per il 28 febbraio con “Casa campagna”. Lella Battiato

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

5 SPETTACOLI IN ABBONAMENTO Prezzi: poltronissime € 70 - poltrone € 60 - Distinti € 50

Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

Catania - Via S. Euplio, 21 - Tel. 095 322323 - www.metropolitan.catania.it - info@metropolitan.catania.it -

Teatro Metropolitan Catania

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FEBBRAIO 2015 - Spettacolo

Massimo Venturiello e la sua “Barberia” d i L e lla Ba t t ia t o Al teatro “Vitaliano Brancati” è in scena “Barberia - Barba, capiddi e mandulinu” di Gianni Clementi per Massimo Venturiello regista e protagonista“du varveri” (il barbiere), affiancato sul palco dall’orchestra “da barba” siciliana. In una Sicilia del passato, lo spettacolo racconta la storia dell’emigrante apprendista che vive a New York ed avendo assistito involontariamente all’omicidio di un gangster, alla fine è costretto per salvarsi a ritornare in Sicilia da un vecchio zio, che lo attende con affetto e gli affida la sua sala da barba. Un rientro tra sguardi, parenti e il luccichio del sole ricordando Palermo, piazza Marina col suo albero; un labirinto di foglie “guardo e lo ascolto” e ancora… lo stupore è una cosa che non costa niente in questa vita… la mia terra è una giostra. Una bottega popolata da personaggi depositari di una cultura antica, cantastorie, malinconici picciotti, suonatori per diletto di mandolini e fisarmoniche. Il nastro della vita parte dal lontano 1908 col terremoto di Messina, la partenza e la nostalgia della terra piena di odori e profumi e il ritorno “Sicilia mia, Sicilia bedda, torno… per non lasciarti più… quando il mio piede tocca terra, senti la Sicilia magica di un tempo passato, dove il barbiere e il suo salone avevano una forte rilevanza sociale, dove si rivelavano i segreti e le notizie più piccanti della comunità, infatti il barbiere era chirurgo, infermiere, poeta, custode di storie. “Questo mondo mi ha sempre affascinato, osserva Venturiello, che ha riscosso parecchio successo con il suo atteso ritorno in tutta la Penisola, da bambino mi capitò per le mani uno di quei calendarietti profumati di brillantina con le donne di-

Alcuni momenti della rappresentazione scinte che i barbieri regalavano ai clienti e ricordo la sensazione di avere qualcosa di proibito, un oggetto riservato agli adulti”. “Il testo è nato da una serie di sollecitazioni, spiega l’attore

romano, grazie all’incontro con i musicisti di Favara autori di un libro e di un cd sulla musica di “barberia”, autodidatti per tradizione a eccezione di uno di loro che ha anche fatto il conservato-

rio. Ho proposto a Clementi di farci una pièce e lui si è molto appassionato”. Ad accompagnare il barbiere nel suo racconto una piccola orchestra, la Compagnia popolare

favarese composta dai musicisti Peppe Calabrese, Maurizio Piscopo, Mimmo Pontillo, Nino Nobile, Pasquale Augello, che con un tamburello due mandolini e una fisarmonica seduti in un angolo oscuro della barberia danno vita a melodie istintive, ritmi quasi tribali, che sembrano nascere dalla lava dell’Etna per tuffarsi poi nel mare. Note che si allargano nelle storie, a metà tra Andrea Camilleri e le atmosfere di Buena Vista Social club, con le passioni di un popolo e di una terra. “È un monologo, ma è una vera partitura, spiega Venturiello, che si intreccia con la musica e con il canto, il mio è quello dei musicisti dei musicisti in scena. La storia dell’emigrato diventa pretesto per fare rivivere colori, suoni, passioni di una tradizione, quella del salone da barba, che a partire dall’America ha visto nascere generi musicali, artisti e band diventati famosi”. Prossimi impegni dopo la tappa catanese? “Con il Borghese faremo Roma, Bologna e altre piazze. Ma l’impegno più grosso, una grande scommessa, è la messa in scena del Grande dittatore di Chaplin. Gli eredi mi hanno concesso i diritti forse dopo aver saputo del mio spettacolo su La strada di Fellini. È la prima volta che li concedono in Europa e sono felice perché io lo desideravo da tempo. Ho curato l’adattamento teatrale che hanno voluto visionare e approvare foglio per foglio, mentre l’allestimento sarà coproduzione del Teatro dell’Aquila – Stabile di Genova”. Se volete sapere le ultime novità, se volete ascoltare l’ultima melodia solo da lui dovete andare: “U Varveri”. Con maestria raffinata e ancestrale, tra malinconia e nostalgia Venturiello canta alla fine “torna ‘a casa mia quannu passu di ‘sta strada moru… ‘u cielo ’na cuperta ricamata”.

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FEBBRAIO 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche Abolire la casta siciliana per salvare l’autonomia di Maurizio Ballistreri

E’ in corso una rinnovata polemica contro lo Statuto speciale siciliano, che ha preso le mosse dall’inadeguatezza che nella nostra Regione sta segnando anche l’esperienza dell’attuale governo isolano. Non serve contestare la strumentalità delle polemiche che, ad esempio, sono state innescate dalla grande stampa del Nord, Corriere della Sera in testa, poichè bisognerebbe ricordare che L’Autonomia siciliana costituisce una risposta ai temi del rapporto tra globale e locale, proponendo un autogoverno amministrativo coordinato, e quindi non contrastante, con l’intero ordinamento nazionale:

un vero contemperamento fra la sovranità dello Stato, esercitata attraverso le funzioni attribuite al Governo e al Parlamento centrali e l’autonomia locale affidata alla Regione attraverso una sorta di autogoverno nell’ambito delle materie attribuite. Un autogoverno che, purtroppo, la classe dirigente siciliana non è stata storicamente in grado di realizzare, poiché l’uso distorto e clientelare, vera e propria fonte di privilegi di casta a danno del popolo siciliano, ha mortificato lo Speciale Statuto d’Autonomia. E per difendere sprechi di risorse pubbliche e mantenimento dei privilegi maturati all’ombra della specialità autonomistica, si adopera sovente, da destra come da sinistra dello scacchiere politico siciliano, la cortina fumogena del sicilianismo buona per tutte le stagioni, diradata la quale si sono disvelati tutti i vizi del ceto politico isolano, nei quali si appalesa l’uso del potere al solo scopo di costruire carriere che dalla Sicilia arrivano sino alla Capitale d’Italia, da Palazzo dei Normanni e da quello d’Orleans a quelli del potere romano. Per cambiare quella che non è una valutazione politica di parte

L’articolo 1 dello statuto siciliano

Da

ma una constatazione oggettiva dei fatti avvenuti e in essere, il Parlamento siciliano dovrebbe porsi il problema della concreta attuazione dello Statuto speciale, le cui potenzialità per lo sviluppo civile, sociale ed economico della nostra Regione non sono mai state colte appieno. Al contrario, l’Autonomia speciale continua a subire vulnus, l’ultimo, gravissima, il commissariamento della Sicilia deciso dal governo Renzi in materia di fondi per i depuratori. Un vulnus pari a quello provocato dalla caducazione operata dalla Corte costituzionale nel 1957, con la sentenza n.38, (che storicamente ha innescato una giurisprudenza nient’affatto disponibile ad accogliere le eccezioni mosse dai governi della Sicilia nei confronti dei provvedimenti del Parlamento e del Governo nazionali lesivi dell’Autonomia Siciliana) l’Alta Corte, che lo Statuto speciale prevede quale organo giurisdizionale competente in caso di controversie tra Stato e Regione Siciliana. Per invertire la tendenza c’è bisogno che la politica siciliana batta un colpo, anzi due: abolire i privilegi dei dipendenti regionali, applicando ad essi la disciplina dei lavoratori della pubblica amministrazione del resto del Paese; abolire vitalizi e fringe benefits per i deputati, assessori ed amministratori regionali, prevedendo emolumenti entro il tetto dei parlamentari europei. Così si possono difendere i diritti costituzionali del popolo siciliano e, con essi, lo Statuto speciale e la sua natura di patto tra lo Stato centrale e la “Nazione siciliana” del 1946, evitando una “normalizzazione” basata sulla soppressione di fatto dell’Autonomia speciale, ultimo atto dello “Statuto tradito”.

(Al solito: dire per non fare) Il Ponte sullo Stretto e la “clessidra orizzontale” di Enzo Trantino E’ da tempo che non ci occupiamo del Ponte sullo Stretto. Non perché avessimo cambiato opinione (siamo favorevolissimi), ma in quanto convinti di non adeguarci alla volgare menzogna di potere: dire per non fare. Perché di questo si tratta. Tornando da un viaggio istituzionale (nel lontano 1996) portammo al governo del tempo la proposta giapponese: “dateci il diritto al pedaggio per 99 anni e al Ponte provvederemo noi”. L’avanspettacolo della politica si scatenò: “rinuncia alla sovranità nazionale”, “sappiamo fare da soli”, “noi siamo la terra di….”, e quindi bla, bla, bla. E’ passata una eternità e leggiamo Pier Luigi Vercesi che risponde sull’argomento a un lettore. La premessa è già conclusione: “In effetti, molti sono i personaggi della politica che si comportano come tappi di sughero, specialisti nei galleggiamenti in qualsiasi mare, piatto o agitato che sia, incapaci di dare vero spessore al loro mandato e di comprendere quali siano le reali esigenze da fronteggiare e come intervenire con provvedimenti tempestivi, coerenti e coordinati”. Troppa grazia, dare confidenza ai miraggi. I tappi di sughero restano tali. I tromboni, sempre in concerto, fanno subito il controcanto: “mancano le strade e si pensa al Ponte; il problema sociale di 40 mila occupati per 10 anni non può essere un ricatto (il pane diventa ricatto); c’è poi il vento, problema insuperabile, non risolto”, e tanto altro ancora, tra fandonie, bufale, con condimento di menzogne e amenità. Vercesi si impegna, prendendoli sul serio, a fronteggiare le stucchevoli polemichette, “tutte tenute in giusta considerazione dai progettisti della struttura”, vanificando ogni obiezione idiota o disinformata. Rispettosamente osserviamo: è un ingenuo. Non partecipo perciò al valzer senza musica. E’ grottesco. Pochi sanno, ma tutti parlano. Ci romperanno le ossa con le penali per inadempienze (già maturate). Ma è “danaro pubblico”: quindi di nessuno. Chissenefrega… Prelevo un solo argomento originale: “Che senso ha lasciare ancora il cul de sac tra Sicilia e Cariddi, quando al di qua e al di là delle due sponde saranno state realizzate infrastruttura stradali e ferroviarie moderne e veloci. Classico esempio di sistema viario a clessidra orizzontale”. Chiarito il mistero! Per una risposta concreta e sensata, è utile, non facciamoci illusioni, la clessidra è “orizzontale”. Il tempo cioè resta fermo, perché la sabbia scende solo se la clessidra è in posizione verticale! Le strade, le ferrovie, la sistemazione di fiumi e torrenti, tutte opere indifferibili, non ostacolano la costruzione del ponte. Non sono realtà frenanti. Torna allora attuale Giufà: “come piango se tengo la candela?”… Ora però sappiamo la novità: quindi ripassate al prossimo secolo. La clessidra aspetta: è orizzontale!…

la foto della

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FEBBRAIO 2015 - Spettacolo

Il magico mondo di Walt Disney al teatro ABC d i Aldo Ma t t ina E’ in corso al teatro ABC di Catania la 2° Rassegna di spettacoli musicali ed operetta organizzati dall’associazione culturale “Incanto mediterraneo” per la direzione artistica di Salvo Sposito. Il secondo spettacolo in cartellone è stato una gustosa galoppata attraverso le celebri fiabe a lungometraggio di Walt Disney, dal titolo “I sogni son desideri” (esplicito riferimento alla canzone di Cenerentola). Gli spettacoli di Incanto Mediterraneo sono caratterizzati da una virtuosa formula ‘fai da te’, di quelle che tanto piacciono agli enti pubblici; fanno infatti massiccio ricorso agli sponsor privati che, di fatto, diventano i finanziatori degli spettacoli, oppure intervengono direttamente sulla realizzazione artistica; in questa occasione è stato il caso, per esempio, della scuola di danza “introdans” di Nicolosi che ha ‘prestato’ la sua opera con i suoi giovani ballerini e con le briose coreografie di Erika Spagnolo, per non parlare delle scene e dei costumi, realizzati dagli allievi della Accademia di Belle Arti (guidati, naturalmente dai docenti). E poi c’è anche la formula,

Nelle foto alcuni momenti dello spettacolo che piace tanto al pubblico, del concerto-aperitivo o meglio in questo caso del musical-rinfresco; alla fine dello spettacolo (e compreso nel biglietto d’ingresso), infatti, gli spettatori venivano accompagnati all’uscita attraverso un percorso guidato con degustazione di dolcetti offerti dalla pasticceria “Dolce America” di Catania. Sulla scena un lungo e composito spettacolo con recitazione, canto, danza per rievocare le colonne sonore disneyane, a partire dai classici Biancaneve e i sette nani, Cenerentola, La bella addormentata nel bosco, Mary Pop-

pins, per avvicinarsi sempre più ai nostri giorni: Hercules, Il re leone, La bella e la bestia, La Sirenetta, Pocaontas fino a Rapunzel e Frozen. Emanuele Puglia faceva da instancabile ‘guida’ sfoggiando le sue polivalenti doti di attore-intrattenitore ma anche di cantante e mimo, legando insieme le varie fiabe senza rinunciare ad una vis comica rivolta principalmente ai tanti bambini presenti tra il pubblico (insieme agli adulti che, peraltro, non fungevano da semplici ‘accompagnatori’ di figli e nipoti), con l’ausilio della scatenata attrice-cantante Laura Giordani,

brava e divertente. Solista di canto e interprete di principesse ed eroine disneyane era il soprano Daniela Rossello, assai disinvolta a spaziare tra i vari personaggi con sicurezza vocale e autorevole presenza scenica; il ‘suo’ principe e compagno era il cantante ed attore Alessandro Incognito. Tra i tanti interventi danzati uno spazio esotico è stato riservato all’esibizione di Fabiola Suriano, in arte “Aisha”, con la sua flessuosa danza del ventre. Il prossimo spettacolo in cartellone è dedicato all’operetta, il 22 marzo, con “Cin Ci Là” di Lombardo e Ranzato.

Un concerto e un CD dedicati ad Agatha laetissimae Un contributo di notevole valore artistico è stato offerto a S.Agata, nel corso delle celebrazioni a lei dedicate, dal Coro lirico siciliano. Il complesso, guidato da Francesco Costa e presieduto da Alberto Munafò (direttore artistico Giovanna Collica) ha inserito infatti nella sua stagione concertistica di musica classica e sacra, organizzata in collaborazione con l’Arcidiocesi di Catania nella Badia di S.Agata, un concerto comprendente musiche di compositori catanesi poco noti dedicati alla Santa. Ma l’operazione non si è conclusa qui dal momento che una traccia della esecuzione, comprendente un significativo estratto, è stata consegnata all’indelebile frutto di un cd, distribuito nelle edicole in allegato al quotidiano La Sicilia. Sono otto i brani registrati, tutti di particolare interesse per la loro rarità, alcuni con il sapore di vere e proprie primizie rinvenute presso l’archivio musicale del seminario arcivescovile di Cata-

Alcune immagini del concerto nia; la trascrizione e revisione è stata curata da Daniela Calcamo e Daniele Cannavò. Tra i compositori presenti ricorderemo Filippo Tarallo, Rosario Licciardello, Pietro Branchina, Francesco Paolo Frontini. Molto accurata l’esecuzione del coro lirico siciliano, diretto con la consueta passione da Francesco Costa. L’accompagnamento strumentale è stato

affidato all’organista Paolo Cipolla ed ai pianisti Paola Budano e Alister Sorley. Ad impreziosire il cd (così come il concerto) ha contribuito l’intervento dell’attrice Fioretta Mari che ha recitato alcune pagine fra cui faceva spicco l’ode a S.Agata di Mario Rapisardi. Una iniziativa di squisito interesse artistico e documentale. A.M.

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Xu Zhong torna sul podio e incanta il Bellini Fresco della sua nuova nomina di direttore stabile dell’orchestra, è tornato sul podio del Bellini l’ex direttore artistico, direttore d’orchestra e pianista Xu Zhong. E l’orchestra e il coro sono tornati ai loro livelli più alti, segno che quando c’è feeling i risultati si vedono, eccome. Il quinto concerto della stagione sinfonica è stato, così, una vera e propria festa nel segno di un capolavoro rossiniano che qui ha trovato una vera e propria esaltazione, lo Stabat Mater per soli, coro e orchestra. Rossini iniziò a comporre lo ‘Stabat’ agli inizi degli anni trenta dell’Ottocento, a Parigi, un paio d’anni dopo l’addio alle scene (la sua ultima opera, Guillaume Tell, era stata rappresentata all’Opéra di Parigi nel 1829), per essere eseguito dapprima in forma privata; solo nel 1842 vide la sua prima rappresentazione pubblica, sempre a Parigi, presso la Salle Ventadour, in una serata organizzata dal Théâtre de la Comédie italienne. Nel ricchissimo panorama compositivo di Rossini, al di là del melodramma che gli ha dato

Il maestro durante un concerto, a destra con l’orchestra fama e lustro, si stagliano almeno due composizioni sacre, anomale se vogliamo, ma non meno geniali, lo ‘Stabat Mater’, appunto e la ‘Petite messe solennelle’, che occupò gli ultimi anni di vita del compositore, tra il 1863 e il 1867, contrassegnati da una serie di piccoli-grandi gioielli che lo stesso Rossini volle definire ‘peccati di vecchiaia’. Accostarsi allo ‘Stabat’ significa scavare nella visione religiosa del compositore in cui prevale, comunque, l’aspetto più rappresentativo (ma sacro) che mistico, non rinnegando una scrittura che

rimane segnata dalla teatralità e dallo stile operistico. La direzione di Xu Zhong ha scavato la partitura in maniera possente, incisiva, ritmicamente accesa ma sempre pronta a ripiegarsi verso l’impalpabilità dei suoni nei momenti in cui prevale l’intensità della preghiera; esemplare, ad esempio, il quartetto a cappella situato immediatamente prima del radioso finale. L’orchestra ha risposto docilmente e lucidamente al gesto del direttore, senza alcuna sbavatura, con estrema duttilità, confermando una capacità d’insieme sem-

pre pronta a lasciare spazio ai passi solistici in cui emergevano le singole professionalità. Decisamente prestigiosa la prova del coro (tenuto a battesimo dal suo nuovo maestro del coro, Ross Craigmile), alle prese con una partitura non facile che gli consente di evidenziare una estrema varietà di suoni, dal pianissimo al fortissimo ed una intensità espressiva che spesso raggiunge la commozione. Anche i solisti di canto devono fare i conti con una scrittura che alterna modi tipici del belcanto operistico (arie, cavatine, reci-

tativi) a passi polifonici tipici della prassi sacra (e Rossini dimostra la conoscenza del glorioso passato italiano, da Palestrina a Pergolesi). Sono emerse soprattutto le voci femminili, quella brillante e svettante del soprano Daniela Bruera (perentorio ed autorevole l’”Inflammatus”) e quella umbratile e dolorosa del mezzosoprano Elena Belfiore; ma anche le voci maschili hanno svolto onorevolmente il loro compito, il basso Dario Russo dal brunito colore ed il tenore Daniele Zanfardino, sia pure dalla voce un po’ gracile per la terribile tessitura del “Cuius animam”. Il pubblico, in verità ancora non al pieno dei possibili numeri, ha applaudito con giusto calore la splendida esecuzione di una bellissima pagina di musica. Aldo Mattina

Anche Bellini ha le sue praline al cioccolato Nascono i “Cigni di Bellini”, gustose praline al cioccolato di Modica, e vanno subito all’Expo di Milano. Le dieci opere del Cigno catanese Vincenzo Bellini, sono “diventate” di cioccolato grazie all’incontro tra il professore d’orchestra Luigi De Giorgi e il maestro cioccolatiere Giuseppe Rizza, quarta generazione dell’antica dolceria Rizza di Modica. L’iniziativa è stata presentata nel corso di una conferenza stampa tenutasi nel foyer del teatro alla presenza del sindaco e presidente del CdA del Bellini, Enzo Bianco e del direttore artistico Francesco Nicolosi. Dieci opere, undici cioccolatini denominati “Cigni di Bellini”. Il maestro cioccolatiere Rizza, che dopo due anni di studio e progettazione ha ideato la forma e gli accostamenti degli ingredienti di qualità, ha voluto infatti dedicare a Bellini un’altra speciale pralina, regina su tutte le altre, realizzata da fave di cacao mono origine Santo Domingo con dentro fichi secchi siciliani bagnati al moscato di Noto e croccanti mandorle. Un trionfo di sapori

La presentazione dei dolci al cioccolato che diventano, come ha poi dimostrato la degustazione guidata, condotta dallo stesso Rizza, vere e proprie ‘sinfonie’ di gusto. I momenti di degustazione sono stati accompagnati dall’esecuzione di tre pagine delle opere di Bellini eseguite dal vivo dal sestetto Italian Ensemble, composto tutto da professori d’orchestra del teatro tra cui lo stesso De Giorgi che del progetto è stato l’ideatore, realizzando un sogno che inseguiva fin da ragazzino. Il Sindaco Bianco e il sindaco

di Modica, Ignazio Abbate, hanno annunciato, fra l’altro, che in occasione del concerto che vedrà protagonista il nostro teatro all’Expo di Milano, avverrà il ‘lancio’ in una vetrina internazionale. I Cigni di Bellini andranno così ad affiancare i cioccolatini tondi di Mozart (le ‘palle’) che da anni figurano in tutti i negozi di Salisburgo insieme a svariati gadget che ne ‘commercializzano la figura. A.M.

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Il libro della settimana “Di Madre in figlia” di Marinella Fiume: l’arte della guarigione in una comunità rurale di ieri di Giovanni Vecchio

Luigi Di Maio - Il giovane deputato grillino ha la faccia pulita da ex alunno delle suore, mette la cravatta e il vestito blu, non sbraita e non dà le dimissioni dal Movimento 5 Stelle, come fanno truppe sempre più nutrite di suoi colleghi. Due pesi e due misure anche sulle faccende patrimoniali: chiede trasparenza e sobrietà agli altri politici ma lui non è un campione di limpidezza. Ben pochi infatti sanno che Di Maio è socio al 50 per cento di una società di costruzioni, la Ardima srl, assieme alla sorella. L’impresa fa acqua: nel 2013 il fatturato non ha raggiunto i 20mila euro, eppure si permette il lusso di avere tre dipendenti e un capitale sociale di 100mila euro. Denaro che è stato interamente versato soltanto dopo che Luigi è entrato in Parlamento e ha cominciato a guadagnare: sarà un caso? 4 – doppiopesismo

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Claudio Alongi - Crocetta doveva chiudere le società partecipate. O almeno ridurre le spese delle aziende mangiasoldi. E invece, altro che spending review. Nella spa più grossa di Sicilia, la Servizi Ausiliari Sicilia, aumentano le uscite per alberghi, esperti e avvocati. Tra questi ultimi, Claudio Alongi, il marito di Patrizia Monterosso, fa la parte del leone….. 5 – leone…..d’incarichi! Antonio Ingroia - Chiamato dal governatore Rosario Crocetta alla guida della società pubblica “Sicilia e Servizi”, Ingroia ha ricevuto nel 2014 compensi pari a 201 mila 892 euro. Uno stipendio ad personam, considerando che la legge regionale impone il tetto di 50 mila euro di stipendio (somma comprensiva di benefit) per chi amministra aziende di proprietà pubblica. Una cifra esosa che, a quanto pare, è lievitata grazie a una «indennità di risultato» che da sola vale un bonifico di 110mila euro. Dai documenti contabili della società partecipata guidata da Ingroia, emergono spese per viaggi, alberghi e ristoranti pari a 52mila euro. Inoltre l’ex Pm ha autorizzato consulenze legali per 515mila 137euro. E inoltre, l’avvocato Elio Costanza, che l’anno scorso tra consulenze dirette e incarichi ha ricevuto 386mila euro. Sì, quel Costanza che è stato il tesoriere di Azione civile, ovvero il partito fondato da Ingroia. Insomma, chi di “ad personam” ferisce di “ad personam” perisce. 0 – Ad personam

Voto

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Ignazio La Russa - Turbolento venerdì sera nella casa milanese di “’Gnazio” La Russa. Il mefistofelico ex ministro della Difesa ha dovuto far fronte alla visita di quattro poliziotti, chiamati dai vicini del leader di Fratelli d’Italia infastiditi dal volume troppo alto della musica. La Russa però non ci sta: “Voi non dovevate venire a casa mia. Sicuramente vi ha mandato qualche zecca comunista!” e ha aggiunto “Addirittura hanno mandato due volanti per una festa, mentre sulle rapine non ne mandano nemmeno una!”. 6 – intollerante, ma realistico…

Voto

Massimo Dell’Aira – Nel caso di corruzione contestato al dipendente regionale Gianfranco Canova, la Regione siciliana non si è costituita parte civile. Da qui un palleggiamento di responsabilità tra il presidente Rosario Crocetta, il segretario generale Patrizia Monterosso e il capo dell’Ufficio legale Romeo Palma, con un parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, guidata da Massimo Dell’Aira, in cui si legge: “le fattispecie concrete” (contestate al Canova, ndr) non destano “particolare allarme sociale” e il danno patrimoniale provocato “è esiguo”. 3 – senza parole

Voto

Graziano Stacchio - Si moltiplicano le iniziative in solidarietà nei confronti del benzinaio che ha ucciso a fucilate un nomade che stava assaltando una gioielleria a Ponte di Nonta (Vicenza). Ora è indagato per eccesso di legittima difesa. Dice Spartacus: “la morte di un uomo è sempre tragica, ma Stacchio è un eroe!”. 7 –eroe

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di S par tacus

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I nostri voti

imparare l’”arte” da una donna famosa in tutto il territorio etneo, Donna Leonarda Maugeri Mangano, che la trattò come una figlia ed, essendo famosa come guaritrice e “conciaossi”, trasmise alla giovinetta man mano tutti i segreti: “In una prima fase, la bambina dovrà imparare a conoscere la maestra, carpirne il linguaggio verbale e quello degli occhi e dei gesti, poiché il mestiere ‘si ruba’, pendere dalle sue labbra e memorizzare ogni cosa … le progressive fasi di iniziazione le consentono poi di partecipare come testimone attiva al rito della guarigione …” . Donna Leonarda la convinse a sposarsi e, una volta maritata, le rivelò altri segreti per aiutare le partorienti e le donne con i loro problemi di salute. Nel libro sono raccolte – e questo è un particolare merito dell’autrice – tutte le preghiere e gli scongiuri che accompagnavano i vari momenti “risolutivi”. Questa donna sfortunata, fidandosi della sua interlocutrice e rendendosi conto che ormai la sua vita stava per spegnersi, si confida con l’autrice e le dice di voler comunicare a lei (visto che i familiari non sembrano interessati) “il sapere” e anche “il potere” che aveva acquisito con impegno e dedizione. Ella aveva un cuore grande e rinunciava a qualsiasi retribuzione in denaro accontentandosi degli omaggi spontanei in natura, era molto rassicurante con coloro che erano incappati in un infortunio perché aveva la capacità di incoraggiare il malato, il quale in tal modo si predisponeva senza tensioni e paure all’intervento. Il libro è preceduto da una densa e pertinente introduzione della stessa Fiume nella quale la stessa esplicita le motivazioni della sua ricerca: “rendere visibile e porre al centro un ‘percorso ai margini’ “, che altrimenti, pur facendo parte integrante della vita di ieri , andrebbe irrimediabilmente perduto.

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“Di madre in figlia” di Marinella Fiume (Le Farfalle, Valverde 2014) porta come sottotitolo “Vita di una guaritrice di campagna”. L’autrice, docente nei licei e dottore di ricerca in lingua e letteratura italiana, riedita una sua opera degli anni Ottanta con aggiunte e integrazioni e ci propone la trascrizioni delle sue conversazioni con una donna centenaria del territorio etneo, Orazia Torrisi in Spina, nata l’11 febbraio 1885 a Fiumefreddo di Sicilia, nota come guaritrice a cui si rivolgevano in passato persone semplici, ma anche professionisti, quando le cure ufficiali non riuscivano a risolvere i loro acciacchi. Trattasi di un documento e di una testimonianza molto interessante dal punto di vista antropologico culturale perché ci mette di fronte a un modello di vita di paese in cui la comunità integra le persone ed esprime la sua solidarietà un modo spontaneo, come nel caso della Torrisi, rimasta orfana in tenera età e accolta dalle famiglie del luogo come una figlia. Inoltre la Fiume ci presenta, al di là di formule “magiche” e superstizioni, una cultura popolare basata sulle cure con elementi naturali (soprattutto vegetali) che la campagna forniva in abbondanza. Bisognava conoscerne le virtù specifiche e i modi per “trattarli” in funzione della guarigione dei malcapitati. Oggi, tutto questo è scomparso quasi del tutto. E viviamo in un mondo certamente più progredito nel quale i farmaci e gli interventi specialistici, uniti alle nuove tecnologie, vengono incontro alle esigenze dei pazienti, ma certamente il rapporto simbiotico con la natura benigna che fornisce i “farmaci” naturali non c’è più, salvo in alcune elaborazioni di medicina naturale e alternativa rispetto alle cure farmacologiche. Orazia ebbe la possibilità, pur essendo analfabeta, di

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FEBBRAIO 2015 - Rubriche

Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

La merenda pomeridiana

Anna ha 4 figli: Giuseppe, Maria, Marco e Andrea. Ogni pomeriggio dà loro un pacco di biscotti per la merenda pomeridiana. Ieri pomeriggio Giuseppe ha preso 1/4 dei biscotti che c’erano nel pacco. Maria ne ha preso la metà. Marco ne ha presi 1/3 più 2 e Andrea ne ha presi solamente 8. Se nel pacco sono rimasti 10 biscotti, quanti ce n’erano all’inizio?

Equazioni

Giovanni è alla prese con il seguente polinomio.

Somme

X^4 - X^3 + 2X^2 -5X + 3.

Anna è alle prese con la seguente somma.

Egli sa che la somma delle soluzioni è pari a 6. Quanto vale il prodotto delle soluzioni?

A B C 6 + C A 3 A + B 2 7 C = ______________________ 1 9 A 6 B Aiutate Anna nel trovare le incognite A, B e C non nulle e tali che verifichino la suddetta somma. Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero La spesa settimanale: 1 euro; Polinomi: -3; Resti: 1

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Selma Un film di Ava DuVernay. Con David Oyelowo, Tom Wilkinson, Cuba Gooding Jr., Alessandro Nivola, Carmen Ejogo Una storia vera, un presupposto spesso sfruttato dall’industria cinematografica contemporanea. Come altri. Ma la Storia, in questo caso ha la lettera maiuscola, visto che Selma - La strada per la libertà di Ava DuVernay racconta un momento fondamentale sulla strada verso la conquista dei diritti civili. Strada che sicuramente è passata per Selma, in Alabama, dove si svolse la tappa fondamentale dello scontro del 1965 per il riconoscimento dei diritti civili per i neri americani, non da abbastanza tempo per potersi definire conclusa. Non se lo meriterebbe, ma è difficile in questo caso prescindere dall’importanza che ebbe la marcia dei neri afroamericani nel cuore del sud retrogrado e tradizionalista e il focus sul peso di una figura comeMartin Luther King Jr. nello scardinarne le abitudini. Un atteggiamento ostile che sullo schermo prende corpo grazie al carisma di Tim Roth (interprete del governatore dello Stato George Wallace), ormai impossibile da scindere da un suo recente e fortunato personaggio televisivo per il continuato gigioneggiare che ormai speso infonde alle sue interpretazioni, o caratterizzazioni, purtroppo. Interessante l’inserimento del ‘dietro le quinte’ istituzionale, delle trame dell’FBI e gli impacci del presidente Johnson (ottimo Tom Wilkinson), come anche dei dubbi e le divisioni nel movimento sulla strada da seguire e i tempi giusti nel farlo. Tutti elementi che forse, senza conoscere la cronaca della vicenda, potranno sopraffare lo spettatore, a tratti un poco confuso, ma che nel complesso rendono sicuramente piuttosto didattica ed esauriente la messa in scena. Il problema semmai è che l’intero film scorre sull’onda delle mozioni e dell’empatia, sin dall’incipit diviso tra il Nobel al leader nero e il racconto - al ralenty (strumento utilizzato in più di una occasione) - di una delle tante ferite della comunità, quella dalla quale tutto prese vita. Una forza che sembra bastare da sola, che sembra trascinare lo spettatore più di altre componenti, che forse avrebbero nnecessitato maggiori attenzioni, vista anche a una certa scolasticità che non aggiunge molto alle qualità intrinseche dette. E forse è da cercarsi in questo la ragione principale per cui la nomination al Globe (la prima per una donna afroamericana) non abbia avuto un seguito, nemmeno con quella per i prossimi Oscar (con buona pace delle polemiche seguite alla poca considerazione dell’Academy per un film tanto ‘Black’ per le candidature ‘solo’ per Miglior film e Miglior canzone). Nella musica uno degli elementi migliori, non a caso, uno dei pochi in grado di fare la differenza, anche troppo. Visto che sono molti i momenti in cui - forse per demeriti delle immagini - finisce per emergere e prendere il sopravvento in scene chiave, facendo di Selma una sorta di un Gospel Drama…

L’esempio Agata: disubbidiente e mite di Danila Intelisano La santità è una scelta coraggiosa e possibile per ogni uomo che decida di liberare la mente da ogni paura e aprire interamente e profondamente il cuore. Agata era una ragazza mite, ma libera e determinata; quindi, disubbidiente alle regole del tempo e simboleggiante una profezia che, come un colpo di machete, si è ripresentata nei nostri dolorosi giorni. Ha sfidato con fermezza l’abuso, la violenza e la prevaricazione, che non sono stati un ostacolo alla sua volontà e a un cammino che aveva intuito, accettato e sostenuto, a dispetto della dimensione del dolore fisico e morale. Oggi lo chiamano femminicidio, ma da sempre le donne hanno conosciuto il cammino irto del diritto alla libertà e alla dignità. Un mondo che ripropone gli eventi, non ha compreso che si ripetono affinché siano maestri di una consapevolezza da raggiungere. Agata, una donna moderna, autonoma e decisa che non si piega al terrore di un corpo che sanguina, ma piega col cuore e con lo spirito il suo carceriere. E domina sui secoli, come il Cristo che ha pagato per la fedeltà alla Sua paternità, Agata ha mostrato la sua maternità alle tante donne offese e martoriate. Sono trascorsi secoli, ma l’istinto animalesco degli uomini che credono di tenere in pugno, con la minaccia, la vita altrui non demorde, e la donna, continua a lottare perché vuole scegliere chi amare: un diritto inalienabile e incontrastabile nei secoli. Il vecchio Cosmo ha scelto di offrire il suo cero per tutte le donne mentre segue un corteo quest’anno più composto. Lascia libero il bambino che ami e avrai compreso il vero senso dell’amore. Ogni secolo trasmette una o più esempi che indicano un passaggio essenziale per la nostra trasformazione. La nostra Agata ha attraversato il suo labirinto stretto e buio anche per noi e ha vinto. Ogni donna è Agata e Agata è ogni donna che con la forza e l’esempio, un giorno, ammansirà le belve che dilaniano l’anima di questi deboli uomini.

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