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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 12 anno X - 28 marzo 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

L’indignazione non basta più di Fabio Tracuzzi Che Paese che siamo. L’Italia intendo. E, diciamolo subito, non abbiamo il diritto di scaricare responsabilità e colpe, sulla classe politica che ci governa, e su quelle che ci hanno governato fin qui. La colpa principale è di chi chiama certa gente a comandare. E quindi colpa nostra. Di tutti. Nessuno escluso. Ci meravigliamo ancora per le continue, giornaliere direi, notizie di corruzione politica (mazzette e tangenti) che i nostri rappresentanti politici incassano da imprenditori senza scrupoli (e perché dovrebbero averne considerati gli interlocutori che si trovano di fronte?) nella migliore delle ipotesi sotto forma di Rolex regalati per la laurea ai figli o sistemazione in un posto di prestigio, sempre per i figli appena laureati e senza alcun curriculum. E ci indignamo. Non sappiamo fare altro che indignarci. Per quanto tempo ancora dovremo farlo?. E ci tocca leggere sui i giornali che proprio nel giorno dell’anniversario della strage di via Fani (rapimento Moro da parte delle Br) esattamente 36 anni dopo, 36 anni di indagini processi e bugie, vengono ritrovati per caso in un cassetto di chissà quale scrivania, di chissà quale stanza di chissà quale funzionario, 17 nastri registrati dalle Br durante gli continua a pag 12

Siracusa

Politica regionale

Accuse e sospetti dall’antimafia di Rosy Bindi

Sempre più a fondo la barca di Crocetta

R. Tomarchio

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Servizio

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MARZO 2015

Sito internet: www.ivespri.it - Iscrizione al Tribunale di Catania n. 7/2006 del 3 marzo 2006 - Iscrizione al R.O.C. N° 14257 - DIRETTORE RESPONSABILE NUNZIA SCALZO CONDIRETTORE FABIO TRACUZZI – EDITING I VESPRI, SOCIETA’ COOPERATIVA Sede legale via Velletri, 26/A - REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Corso Italia, 308 - 95129 Catania - tel. 095.7110894 – fax 095.387171 - UFFICIO DI CORRISPONDENZA DI MESSINA - Via Giordano Bruno, 106 isolato 146 - cap 98123 – Messina VIGNETTE Riccardo Guardone – FOTO Leo - GRAFICA E IMPAGINAZIONE Massimo Malgioglio - CONTATTI - Redazione: redazione@ivespri.it - Foto: foto@ivespri.it - Direttore: direttore@ivespri.it - Abbonamenti: abbonamenti@ivespri.it Amministrazione: amministrazione@ivespri.it - Pubblicità: pubblicita@ivespri.it - Manoscritti, foto, disegni ed altro materiale inviato non verranno restituiti, anche se non pubblicati. - Prezzo di una copia € 1,00 - Arretrati il doppio - Abbonamento annuale € 50,00 Le copie sono inviate entro 24 ore dalla stampa, il recapito avviene a mezzo posta - Modalità di pagamento con vaglia postale, bonifico bancario, carta di credito, Versamento diretto (assegno o vaglia, contanti, o direttamente in sede, contattando il servizio abbonati o il seguente indirizzo email - abbonamenti@ivespri.it). Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DR/CBPA Catania – STAMPA - Aziende Riunite Raffa - Tel: 090.711549 - E-mail: a.riuniteraffa@gmail.com Questo numero è stato chiuso in redazione il 18/3/2015 alle ore 20.00 Distribuito da Ventura Giuseppe Srl - Via Decima Strada, 7 - Zona Industriale - 95121 CATANIA CT - Certificato ADS numero 7130 - anno 2009 rilasciato in data 16/06/2011 Hanno collaborato a questo numero: Maria Garcia, Giuliano Busà, Alberto Cardillo, Nino Finocchiaro, Giovanni Frazzica, Franco Castaldo, Flora Bonaccorso, Rosa Tomarchio, Saro Faraci, Maurizio Ballistreri, Enzo Trantino, Lella Battiato, Aldo Mattina, Gaetano Marino, Rosario Lizzio

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MARZO 2015 - Giudiziaria

Caso Pta Giarre, il 21 aprile il giorno di Melchiorre Fidelbo d i Marc o Bena nt i

Sarà sentito il 21 aprile prossimo: quel giorno sarà il “giorno” del dottore Melchiorre Fidelbo, anche lui imputato al processo per l’informatizzazione del Pta di Giarre, in corso davanti ai giudici della terza sezione del Tribunale di Catania (Presidente Rosa Anna Castagnola, a latere Mirabella e Catena, Pm La Rosa). Un dibattimento diventato all’improvviso “famoso” per le possibili implicazioni sulle ventilate “ascese” istituzionali di Anna Finocchiaro, che di Fidelbo è la moglie: “leggende romane” o verità, questo processo è finito sulla “stampa che conta”. Ora, da qualche settimana, un po’ di meno… Il Tribunale ha già deciso che le prossime udienze saranno il 21 e 28 aprile e poi il primo luglio: sembra proprio che si vogliano “tagliare” i tempi. Per evitare possibili prescrizioni, dietro l’angolo… Nell’ultima udienza è stato sentito Antonio Scavone, senatore del gruppo Gal (Gruppo delle Autonomie) imputato pure lui, all’epoca dei fatti contestati direttore generale

dell’Asp di Catania. Non sapeva che il progetto era andato avanti. Non glielo avevano detto ad Antonio Scavone, allora direttore generale dell’Asp di Catania che il Presidio territoriale di assistenza di Giarre era diventato realtà. E così, lui, risentito, all’inaugurazione, nel novembre del 2010, non ci andò. Per lui, infatti, il progetto “era morto” dopo quanto accaduto tre anni prima, quando aveva saputo che la Regione aveva optato per altri progetti rispetto all’idea che gli era stata presentata dall’Ordine dei Medici. Ricapitoliamo i fatti: sono quattro i rinviatii a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulla procedura amministrativa che aveva portato all’affidamento senza gara dell’appalto per l’informatizzazione del Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Giarre, assegnato alla Solsamb srl, società guidata da Melchiorre Fidelbo, marito del presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. Tra loro lo stesso Fidelbo, il manager dell’Asp etnea Antonio Scavone, l’ex direttore amministrativo dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania

Giuseppe Calaciura, e il direttore amministrativo dell’Asp Giovanni Puglisi. Non luogo a procedere invece per la responsabile del procedimento, Elisabetta Caponetto. I quattro devono rispondere di abuso d’ufficio e di truffa. Così ha deciso, nel 2012, il Gup del Tribunale di Catania Marina Rizza: l’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Michelangelo Patanè e dal sostituto Alessandro La Rosa, era stata condotta dalla Guardia di Finanza. Inizialmente, la Procura aveva contestato solo il reato di abuso d’ufficio: successivamente, su iniziativa del Gup Rizza, si è aggiunto anche il reato di truffa aggravata. Al centro dell’indagine c’è la delibera n.1719 del 30 luglio del 2010 che ha autorizzato l’Asp di Catania a stipulare un convenzione con la Solsamb per il Pta di Giarre. Una delibera per un appalto milionario -poi revocato- che, secondo l’accusa, sarebbe stata redatta “senza previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica e comunque in violazione del divieto di affidare incarichi di consulenza esterna”. Nel corso della sua audizione,

Scavone ha ripercorso l’excursus storico della vicenda. Era scettico Scavone sul fatto che il progetto potesse andare a buon fine: ma ugualmente chiese di far entrare l’Asp nel Consorzio Sd@ e di presentare il progetto, con l’impegno di inviarlo all’assessorato regionale alla sanità. “Il mio unico obiettivo era costruire un rapporto con il Consorzio Sd@ - ha spiegato Scavone – che gestiva il Registro tumori Integrato, paradossalmente non affidato, come avrebbe dovuto essere, all’azienda”. sanitaria”. Ma cosa accade? “Ho appreso solo da indagato – ha detto l’imputato – che il mio direttore amministrativo Maurizio Lanza aveva inviato a Saverio Ciriminna (dirigente dell’ispettorato, ndr), probabilmente su sua richiesta, il frontespizio del progetto”. Il Pm evidenzia come l’unico progetto ad arrivare a destinazione fu proprio quest’ultimo. Quando tutto sembra –agli occhi di Scavone- essere finito, a dicembre 2008, succede che Melchiorre Fidelbo invia un’email all’azienda sanitaria con il parere rilasciato da

Saverio Ciriminna e il timbro del Ministero della Salute. E Ciriminnna convoca, in modo irrituale, pure una conferenza di servizi. Scavone non ci va. “Nel corso di quell’incontro– ha riferito l’ex direttore generale – venne chiesto all’Asp di Catania di integrare il progetto già presentato. Io lo feci puntualmente e lo inviai nel maggio del 2009 non a Ciriminna ma al mio interlocutore, l’assessorato regionale alla sanità. Ad agosto lasciai l’azienda sanitaria e non ho più saputo nulla del progetto se non ad una settimana dall’inaugurazione del Pta, su invito di Fidelbo e del mio successore all’Asp”. Si arriva così ad una rimodulazione del progetto, con 150 mila euro destinati all’informatica. Ma è nel finale, che Scavone alza il tono della sua voce. Quando lascia intendere che la politica decideva. “All’epoca – ha dichiarato Scavone - c’era un ministro donna del Pd. Guarda caso in Emilia Romagna furono 31 i progetti realizzati, a differenza delle altre regioni dove al massimo ne andarono in porto uno o due”.

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Teatro Metropolitan Catania

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MARZO 2015 - Catania

Si vota 31 maggio e 1 giugno: il punto sui paesi etnei di Giuliano Busà

La giunta regionale ha finalmente sciolto la riserva circa la data delle prossime elezioni amministrative per i comuni siciliani in cui si andrà al voto. Le elezioni si svolgeranno domenica 31 maggio e lunedì primo giugno, con eventuale ballottaggio quindici giorni dopo. La data, che coincide con quella in cui si voterà anche nel resto d’Italia, dà ufficialmente il via alla campagna elettorale in sette comuni del comprensorio etneo: in provincia di Catania si vota infatti a Bronte, Maniace, Mascali, Milo, San Giovanni la Punta, Tremestieri Etneo e Pedara. Andiamo per ordine. Nella cittadina del pistacchio, è inevitabilmente il volere del senatore Pino Firrarello, “u senaturi”, sindaco uscente, a determinare molto di ciò che accadrà a livello politico. Per quanto al momento l’ex primo cittadino pare voglia mantenere un profilo basso, pare scontato che il suo appoggio sarà decisivo per stabilire il prossimo sindaco di Bronte. Sicuri della candidatura al momento Nuccio Biuso e Graziano Calanna – vicino al deputato regionale e sindaco uscente di Pedara Anthony Barbagallo, del quale avremo modo di parlare – del

Pd. Salvatore Gullotta, presidente del Consiglio comunale uscente, pare essere il delfino designato dal senatore, ma per il momento sono soltanto ipotesi. Ancora non definite le candidature nelle piccole Milo, in cui l’uscente Giuseppe Messina ha concluso la propria avventura come sindaco, e Maniace, che da ormai dieci anni vede i soliti tre contendenti, Emilio Conti, Franco Parracelo Parasiliti e Salvatore Pinzone Vecchio, a spartirsi le cariche civiche. A San Giovanni la Punta si chiude dopo due mandati l’avventura da primo cittadino di Andrea Messina. L’ultimo periodo di turbolenze in consiglio comunale ha provocato una notevole confusione in questo caldo periodo pre-elettorale. I nomi forti sono ben noti, ancora difficili da auspicare le alleanze e gli appoggi dei partiti. Se Nicola Bertolo da una parte pare poter intercettare i favori di Forza Italia, si dovrà capire anche qui chi sarà il candidato “di” Messina. Lorenzo Seminerio e Santo Trovato sono nomi noti ai puntesi ed è praticamente certa anche la loro corsa a sindaco. A sparigliare le carte potrebbero poi inserirsi il candidato del Movimento Cinque Stelle, sebbene i grillini non

siano stati presenti come altrove sul territorio, e del giovane Salvo Leonardi. A Tremestieri Etneo si respira clima da far west. Dopo la sfiducia al sindaco Ketty Rapisarda Basile di un anno fa, l’appuntamento di maggio arriva praticamente dopo dodici mesi di campagna elettorale e di movimenti lenti e invisibili agli occhi del Commissario inviato dalla Regione per reggere le sorti del Comune. A miscelarsi in un cocktail potenzialmente esplosivo dinamiche sia regionali che locali. Il candidato forte pare essere Santi Rando, già assessore ai Vigili Urbani dell’ultimo sindacato di Stancanelli, oggi appoggiato da nomi pesanti quali Giovanni La Via e il suo Cantiere Popolare e Luca Sammartino, di Artico-

lo 4 ma come sappiamo praticamente in quota Pd. Appoggi informali e non condizionati da partiti quelli di tanti consiglieri e assessori uscenti, tra i quali Ferdinando Smecca (presidente del consiglio comunale uscente), Marcello Testa e Alessandro Talbot. A questi e al ruolo anche dell’onorevole Valeria Sudano, si aggiunge il sostegno, ancora da ufficializzare, anche del Megafono, sempre più lontano dalle manovre del Partito Democratico ufficiale. Il quale invece appoggia Sebastiano Di Stefano, già vicesindaco e candidato tre anni fa nel blocco di Lino Leanza. Anche Di Stefano è vicino a Anthony Barbagallo, che quindi muove pedine anche lontano dalla sua Pedara, sfruttando anche e soprattutto la vicinanza con Giuseppe Berretta. Candidati civici saranno Mario Ronsisvalle, Fabrizio Furnari, Nino Romano e Sebastiano Caruso (quest’ultimo pare aver incassato il sostegno proprio dell’uscente-sfidu-

ciata Rapisarda Basile). E dopo esserci occupati di Anthony Barbagallo, passiamo a parlare di…Anthony Barbagallo. La forza politica e sul territorio del sindaco di Pedara uscente si misura con l’influenza che il deputato regionale ha anche in altri comuni. Figurarsi nel proprio, nel quale ha creato una coalizione volta a creare un governo definito “di salute pubblica”, sotto il quale si sono venuti a riparare praticamente tutti i partiti e tutti gli esponenti dell’arco istituzionale, fatta eccezione per le liste collegate a Matteo Salvini e per il Movimento Cinque Stelle, che però difficilmente presenterà un proprio candidato – anche qui il problema è la presenza sul territorio e la familiarità dei potenziali candidati con la cittadinanza. Il designato erede di Barbagallo – designato ovviamente da Barbagallo in persona – pare essere il già vicesindaco Antonio Fallica, con la vicesindacatura promessa a Francesco Laudani di Forza Italia. L’unico a non gradire queste elezioni decise a tavolino pare essere Gaetano Petralia, che pur di non sottostare ai dettami di Barbagallo pare essere intenzionato a candidarsi sotto l’egida e il simbolo di Salvini.

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MARZO 2015 - Opinione

C’è un solo fiore in quella piazza, che si muove con impazienza… di Claudio Mec Melchiorre …La medicina è amara ma, tu già lo sai che la berrà. Edoardo Bennato rivisitato ci da l’opportunità di parlare di Catania e dei suoi fiori, tornati alla ribalta per voce del primo cittadino, grazie ad una intervista su Live Sicilia. Nel fare il bilancio di un anno di amministrazione, che in realtà sono quasi due, il sindaco riesce a tirare fuori dal cilindro due piazze, una futura scuola a Librino, la sistemazione della follia del Tondo Gioeni, che costerà più del pinte, a lavori ultimati, tra i risultati concreti dell’Amministrazione. Poi parla della metropolitana che sta per arrivare a Piazza Stesicoro e della raccolta differenziata completa che investirà tutta la città e di cui ancora non c’è traccia. Un mix consueto di idee, mezze realizzazioni e futuro. Il che implica che la città è ferma e in due anni l’unica cosa davvero viva è un’alleanza politica che guida questa città da almeno venti anni, senza soluzione di continuità. I risultati sono evidenti. E sono sotto gli occhi di tutti: Catania ha perso non meno di trentamila posti di lavoro, il debito del Comune è da default e le en-

trate non sono sufficienti a garantire un futuro all’amminis trazione comunale, ma quel che è peggio, alle famiglie. Oltre a questo, a Catania non si discute di cosa sarà di noi nei prossimi vent’anni. Il progetto su Corso Sicilia è tornato nelCatania, piazza duomo, il Municipio e la statua dell’elefante le mani dello studio Cucinella di Milano che è lo stesso buche, manutenzioni che non si gli stalli e diventerà obbligatorio che lavorò sullo stesso tema, possono fare, scuole che quando l’utilizzo dell’unico parcheggio circa vent’anni fa, e magari si erano pericolose lo sono rimaste, privato edificato in Piazza Eurorealizzi quello. Il sindaco comu- pianificazione urbana che lascia pa e per il quale il Comune già nica anche che non cerca alcuna sempre qualche sospetto e la cer- paga, per un accordo fatto dalopzione romana, come si vocife- tezza dell’estemporaneità. la precedente amministrazione, ra da tempo, stante le sue spesse Basti pensare al brutto e inspie- una gravosa penale. Che il danno assenze. Speriamo che non ci sia gabile affare dei cartelloni pub- a suo tempo inferto ai costruttori davvero, questa opzione. Ca- blicitari legalizzati, lasciando sia stato eventualmente procutania ha bisogno di un sindaco, una sola impresa fuori dalle sa- rato dalla Procura della Repubsia pure senza idee e poca grinta, natorie fatte, o alla pista ciclabi- blica, non dall’ente locale, non rispetto a colui che colorò la pri- le sul lungomare. Questa pista, dobbiamo nemmeno dirlo. mavera catanese. che pare sarà presto realizzata, Ma mentre sui posti nelle conNon che alcuno dubiti che cer- insisterà sull’intera striscia di trollate, questa amministrazione chi di fare qualcosa. Ma la realtà parcheggi dalla parte del mare. sconfessa la precedente sistemadei fatti parla di strade piene di Questo vuol dire che spariranno ticamente, per quanto riguarda

le scelte politiche, tutto viene confermato. Ecco perché siamo nel pieno delle consuete opacità che ci hanno fatto dubitare, a suo tempo di Lombardo-Scapagnini e di Stancanelli. Con la sola differenza che il sindaco Stancanelli non ha mai rifiutato una sola risposta a qualsiasi domanda, cosa che non si può dire di questa Amministrazione e di questo sindaco. Lombardo, almeno formalmente, qui a Catania non è mai stato Sindaco. Noi ci chiediamo cosa potrà essere realizzato nel prossimi trenta mesi da questa amministrazione, con questa velocità e con queste poche idee e questa struttura politica di supporto che ha poco di nuovo rispetto al passato. Non è un fatto nuovo. Anche la precedente amministrazione aveva poche idee e cercava di dare corpo agli slogan di legalità e trasparenza. Crediamo con gli stessi risultati e gli stessi condizionamenti di oggi. La novità più rilevante di questo Comune è che ha deciso infine di stipulare un’assicurazione, attraverso un broker di primaria grandezza, contro gli eventuali infortuni. I cittadini dovrebbero essere coperti quindi in caso di incidente.

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MARZO 2015 - Redazionale

Dalla parte del debitore Questa settimana approfondiremo il quadro siciliano del contrasto dell’usura bancaria. In tutta Italia si moltiplicano le cause promosse dalle aziende e dalle famiglie contro questa moderna piaga sociale. Ma in Sicilia in questa settimana è stata emessa un’importante ordinanza che troviamo riportata su vari giornali locali. Per i lettori de I Vespri riprendiamo la sintesi operata dal sito SDL CENTROSTUDI: il Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Patti, dott.ssa Rosanna Casabona, ha disposto l’immediata sospensione dei termini e dell’attività esecutiva relativamente ad un pignoramento immobiliare ai sensi e per gli effetti dell’art. 20 della Legge 23 febbraio 1999 n. 44 e ss. mm. ii. È la prima volta in Sicilia e soprattutto in provincia di Messina, che un Sostituto Procuratore della Repubblica interviene in un procedimento di esecuzione immobiliare avanzato dalle Banche sospendendo l’esecuzione per aver riscontrato usura bancaria. Riassumendo brevemente i fatti: la contribuente ha contratto, rispettivamente nel 2006 e nel 2009, con due distinti istituti bancari altrettanti mutui ipotecari. A seguito della crisi economica la stessa non è riuscita più a far fronte al pagamento delle rate di mutuo acceso. Gli istituti Bancari hanno agito con precetto prima e con pignoramento immobiliare poi per il recupero forzoso del credito residuo. La sig.ra XXXXXXXXXXX si è vista costretta a far periziare da SDL Centrostudi entrambi i negozi giuridici in parola, riscontrando l’applicazione di tassi usurari. Pertanto, si è proceduto all’opposizione dell’esecuzione ex art. 615 c.p.c. che purtroppo ha avuto esito negativo, stante l’intransigente posizione del Giudice dell’Esecuzione, il quale ha ritenuto addirittura “fallace” il meccanismo

Il tribunale di Patti di sommatoria dei tassi d’interesse nei mutui ipotecari in questione. Nelle more della decisione del Giudizio dell’esecuzione, su insistenza dell’Avv. Giuseppe Carianni del foro di Patti, accreditato SDL Centrostudi, la contribuente sulla scorta delle risultanze peritali di parte in data 23 gennaio 2015 ha depositato denuncia querela articolando tra l’altro la richiesta di sequestro dei beni e istanza di sospensione ex art. 20 della legge antiusura. La vendita del compendio immobiliare era stata fissata per giovedì 12 marzo 2015 per un valore di circa un milione di euro. Successivamente, la contribuente ha depositato istanza di accesso al fondo di solidarietà presso la competente Prefettura. L’istanza avanzata dall’avv. Giuseppe Carianni ha trovato pieno accoglimento da parte del Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Patti, dott.ssa Rosanna Casabona, che con provvedimento dell’11 marzo 2015, quindi a poche ore dalla paventata vendita all’asta, riscontrando “il fumus del reato ipotizzato” – usura – ha sospeso la procedura esecutiva esprimendo parere favorevole all’accesso della sig.ra XXXXXXXXXXXX al Fondo di So-

lidarietà per le vittime di estorsione ed usura. Il provvedimento colpisce per la rapidità con cui il Pubblico Ministero ha disposto la sospensione della procedura immobiliare, nonostante il provvedimento di rigetto del Giudice dell’esecuzione nel Giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c.. Il Giornale di Sicilia intervista anche il sostituto procuratore, Rosanna Casabona: «La legge prevede di sospendere il termine qualora sia ravvisato il “fumus”, quindi qualche elemento del superamento del tasso soglia, ed è quello che è successo, in questo caso. Il tutto, anche a seguito di una consulenza di un mio consulente che esaminati gli atti, ha ravvisato il superamento del tasso soglia, in uno dei due contratti di mutuo. Quindi ho semplicemente applicato la legge, cosa che tra l’altro avevo precedentemente in un altro procedimento». E il presidente dell’Ordine degli avvocati del Foro di Patti, Elio Leone Aquino: «Sono soddisfatto del provvedimento, emesso dalla Procura. Ciò è una ulteriore garanzia per i debitori che si trovano a volte a combattere con i comportamenti vessatori da parte delle banche. A poche settimane di distanza dalla altrettanto importante sentenza di Enna si conferma che in Sicilia le istanze delle imprese e delle famiglie vessate dalla ignobile pratica dell’usura bancaria, trovano spazio per far valere i loro diritti.

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MARZO 2015 - Acireale

Terme a rischio chiusura definitiva. Il liquidatore Bosco sollecita la Regione d i Saro F a ra ci

A Sciacca le Terme hanno chiuso, per decisione del socio unico (la Regione) che ha imposto al liquidatore la sospensione dell’attività. Ad Acireale ciò non è ancora avvenuto formalmente, ma nella sostanza è la stessa cosa. Non c’è liquidità necessaria per far fronte ai pagamenti correnti, a cominciare dalle bollette. I soldi non arrivano né dal socio unico (la Regione) né dalla monetizzazione delle prestazioni erogate. Se è vero, infatti, che l’ASP deve alle Terme di Acireale qualcosa come 200.000 euro a fronte dei servizi prestati in regime di convenzione, è anche vero che alla liquidazione delle somme non si può provvedere perché ci sono debiti pregressi nei confronti dell’Erario non onorati per circa 1.600.000 euro, somma sulla quale l’ASP fino a concorso dell’ammontare può rivalersi, come prevede la legge. Siamo arrivati, insomma, al capolinea. A fine gennaio, il liquidatore ha scritto sia al Presidente Crocetta che all’Assessore regionale all’Economia, sollecitando l’immediata attivazione delle procedure per la privatizzazione, cioè per la pubblicazione del bando per l’affidamento ai privati della gestione del complesso idrominerale delle Terme di Acireale. Una lettera dai toni anche duri, poiché l’ing. Luigi Bosco ha segnalato la presenza di azioni ostative ad un rilancio delle Terme. Ha parlato di inerzia degli apparati regionali, di lettere anonime inviate ad Enti con i quali le Terme hanno rapporti, ha fatto cenno ad una particolare aggressività nelle routinarie attività dell’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, n.d.r.) competente per le attività di monitoraggio e controllo degli stabilimenti termali. Il liquida-

Le Terme di Acireale

tore ha rappresentato più volte all’assessorato all’Economia l’entità del fabbisogno finanziario necessario per portare a compimento la liquidazione, ma finora non ha avuto risposte anche perché, nel balletto delle dichiarazioni ora rassicuranti ora sconfortanti sul futuro del termalismo pubblico in Sicilia, è sicuro che la Regione non scucirà più un euro. Non resta dunque che portare a termine la liquidazione, finora svoltasi in regime di continuità e non di scioglimento; ma l’ing. Bosco ha pure puntualizzato che potrebbe chiedere alla Regione l’autorizzazione a dismettere i cespiti sociali, anche al fine di evitare ulteriori aggressioni da parte dei creditori della società. Del resto, è utile ricordarlo, per ogni giorno che passa infruttuosamente il liquidatore si assume forti responsabilità, anche sul piano giuridico. Non sta scritto da nessuna parte infatti che la società Terme di Acireale, per quanto pubblica, non possa essere fallibile. In altri termini, nessuno impedisce al liquidatore di portare i libri al Tribunale e chiedere l’avvio di una procedura concorsuale, anche perché ormai

i debiti sovrastano la gestione e, anche per effetto di scelte non oculate compiute in passato, c’è seriamente il rischio che vengano intaccati i beni aziendali, a cominciare dagli immobili. Tra l’altro, ad aprile è fissata l’udienza giudiziaria per il contenzioso con Unicredit per il mancato pagamento delle rate di mutui accesi per la costruzione dell’edificio polifunzionale e dell’Excelsior Palace Hotel. Non si sa come andrà a fine, nonostante la fitta interlocuzione che lo stesso liquidatore ha intrattenuto fin dall’inizio del suo mandato con la banca che, da parte sua, si è resa disponibile ad una transazione e alla possibilità di inserimento nel bando di un piano di ammortamento agevolato per la chiusura del debito. Detto in termini meno tecnici, Unicredit è pure disponibile che del pagamento del debito residuo si faccia carico il gestore privato individuato con il bando, anche con un piano di ammortamento che addolcisca la pillola avvelenata. Insomma, la vicenda è veramente complessa e il serafico atteggiamento dell’ing.Bosco, pronto a discutere con tutti e

attento a non gettare benzina sul fuoco, potrebbe non bastare più anche perché il liquidatore ha perso la pazienza diverse volte nell’interlocuzione con i burocrati della Regione Siciliana. I quali, è doveroso dirlo, fanno il loro lavoro, ovvero far camminare le carte, come si dice in gergo politichese, ed evitare che loro stessi si assumano pesanti responsabilità nell’omissione del compimento di determinati atti. Così, ad esempio, mentre la politica dichiara gongolante che presto si approverà il bando, la burocrazia regionale ha bisogno di attendere gli esiti del contenzioso con Unicredit prima di stabile cosa scrivere nel bando. Dunque, ragionevolmente, non se ne parlerà prima della fine del mese prossimo. Di questi e di altri problemi si è discusso ad Acireale domenica scorsa alla conferenza programmatica di Cambiamo Acireale, una sorta di mini Leopolda con tanti tavoli tematici voluta da Nicola D’Agostino che, oramai traghettato al Pd, ne ha adottato i modelli partecipativi nella analisi e discussione dei vari temi politici che interessano la gestione del ter-

ritorio e della comunità. Uno dei tavoli tematici domenica scorsa era proprio su Terme e Smart City, coordinato dal consigliere comunale e capogruppo di Cambiamo Acireale Giuseppe Ferlito, che ha ascoltato attentamente le proposte, i suggerimenti e le riflessioni di una ventina di professionisti e cittadini, impegnandosi poi a fare un documento di sintesi che proporrà al Consiglio Comunale. Era presente pure il Forum permanente sulle Terme di Acireale che, promosso dal Lions Club, si occupa da giugno del 2011 di seguire le sorti degli stabilimenti termali cittadini. Si è discusso di tutto, anche perché le Terme solleticano sempre quel desiderio degli acesi di riscattarsi dalle angherie subite per tanti anni dalla burocrazia regionale e da una politica, compresa quella locale, che si è distratta, si è lasciata condizionare dalle carte, e non ha capito realmente fino in fondo la natura del problema. Qualcuno ha ricordato che, nella vicenda del pozzo concesso in comodato d’uso gratuito alla SOGIP, le Terme hanno fatto un regalo alla municipalizzata che si occupa di acqua e gas nel territorio. Qualche altro ancora ha ricordato che molte aree interne agli immobili di proprietà delle Terme sono state concesse gratuitamente, o a prezzi irrisori, a privati e associazioni. Per il Forum, il problema è triplice. Di contenitore, di contenuto e di contesto. Mentre il contenitore va in liquidazione, sul contenuto è rilevante capire cosa la Regione scriverà nel bando e cosa vorrà fare il privato. Il contesto invece è il territorio e sulla sua programmazione e gestione, anche in ottica di smart city, è fondamentale capire cosa vorrà fare l’amministrazione Barbagallo e con essa l’intero consiglio comunale

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MARZO 2015 - Jonica

Il successo di “Sveglia Mascali” scuote il torpore della cittadina jonica d i G iu s epp e Leo na rdi

Venerdì scorso, 13 marzo, nella Camera dei Combattenti e Reduci di via Umberto a Mascali, ha avuto luogo la tavola rotonda “Sveglia Mascali” per cercare nuove idee, proposte e progetti per il futuro della città di Mascali. L’evento, che tra l’altro ha registrato una notevolissima partecipazione dai parte di esponenti della società civile e di semplici cittadini, è stato organizzato da Alberto Cardillo, esponente dell’associazione “Mascali Città Nuova” e commissario di Fratelli d’Italia- Alleanza Nazionale. Al tavolo dei relatori Alfio Tomarchio, docente e esperto di materie turistiche, ha fatto prima un quadro generale sui motivi che sin oggi hanno impedito un ordinato sviluppo turistico del territorio, poi ha illustrato un piano di sviluppo per la zona mascalese e jonica nel suo complesso, attraverso una pianificazione degli interventi e un’analisi socio economica del territorio. Il secondo relatore l’ingegnere Daniele Statello, esperto in materie di demanio marittimo, ha introdotto la discussione sullo sviluppo del litorale di Fondachello, partendo dalla pianificazione di un nuovo piano di utilizzo del demanio marittimo. Infine, terzo relatore è stato l’attore-regista Tony Morgan, da anni è impegnato nel sociale, ha spiegato come attività socio-culturali, qual è ad esempio la realizzazione di un teatro sperimentale potrebbe iniziare a ricucire un tessuto sociale cittadino oggi molto sfilacciato.

Due momenti della manifestazione

Dopo gli interventi di Alberto Cardillo e dei relatori sono intervenuti numerosi cittadini, tra i quali anche esponenti politici di varia estrazione e rappresentanti delle categorie produttive. “I relatori che hanno gentilmente accettato il mio invito –spiega Alberto Cardillo- sono stai importantissimi per lanciare una serie di input e indirizzare la discussione su come immaginiamo la Mascali dei prossimi 10-20 anni, quello che è possibile realisticamente realizzare. Non serve solo lamentarsi, ci siamo ritrovati qui per discutere prima di tutto su un progetto integrato di turismo: il nostro litorale va pensato con il coinvolgimento dei privati, ma il turismo non è solo il mare, è anche la collina, la montagna. Un territorio così vasto come quello di Mascali deve essere messo a frutto, non possiamo più permetterci di perdere tempo. Il futuro –continua Cardillo- è legalità legata certamente alla politica, ma anche all’attività burocratica

del Comune e alla buona volontà dell’impresa locale. Oggi è stato un successone raccogliere centinaia di mascalesi a discutere di futuro, per questo faremo altre iniziative simili a questa per coinvolgere ancora di più i cittadini. Mascali – sottolinea Cardillo – è in una condizione comatosa. Per quanto riguarda le attività imprenditoriali e il lavoro bisogna fare moltissimo, la prima iniziativa che abbiamo messo in atto, per esempio, è stata il proporre lo spostamento del mercato settimanale in una zona più centrale della città. La nostra proposta è stata recepita dalla commissione straordinaria e le richieste degli operatori che vogliono entrare nel mercato adesso crescono, mentre prima quasi tutti volevano andar via da Mascali. Bisogna andare incontro anche alle esigenze degli stabilimenti del litorale di Fondachello e Sant’Anna. Il Comune ha rivisto le linee guida che aveva dato ai gestori dei lidi nel

mese di febbraio, che chiedevano una sfilza di adempimenti burocratici entro lo scorso 28 febbraio, pena la non apertura degli stabilimenti. Grazie alla nostra lettera il Comune è ritornato sulla decisione e prolungare i termini fino all’apertura dell’attività balneare. Decisione saggia. Il tessuto sociale di Mascali – conclude Cardillo – risulta sfilacciato in quanto non c’è più una società civile che si incontra in piazza, non ci sono più luoghi di ritrovo per i giovani”. In città si comincia a respirare aria di elezioni amministrative anche se non con notevolissimo entusiasmo generale. “Stiamo mettendo su una bella squadra –dichiara Alberto Cardillo-. Stiamo discutendo con i vari gruppi. Con la pubblicazione del decreto che dovrebbe confermare la data delle elezioni il prossimo 31 maggio e l’1 di giugno, speriamo di avere ancora maggiore chiarezza. Al nostro gruppo non interessa fare tatticismi e siamo pronti

a scendere in campo, aperti al dialogo con le forze sane della città ed infatti stiamo lavorando proprio per farle discutere e farle sedere tutte attorno ad un tavolo. Non c’è tempo e spazio per le vecchie liturgie della politica, bisogna subito creare condizioni favorevoli per evitare il tracollo del Comune, senza una burocrazia oppressiva, una tassazione che non oberi lavoratori e imprese, bisogna essere competitivi rispetto agli altri Comuni, dare degli sgravi per le imprese giovanili, rispettare la vocazione urbanistica del territorio, così come nelle linee guida del Prg date dai Commissari”. Insomma dall’iniziativa dell’associazione “Mascali Città Nuova” è arrivata una ventata di freschezza, di novità e di seria progettualità di cui certamente c’è bisogno in un Comune sciolto due volte per mafia nel giro di 20 anni, un dato che certamente avrà il suo peso nella prossima tornata elettorale.

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Gela: nuovi guai per Caposoprano e l’Rsa d i L il iana Bla nco Nuova batosta sull’Rsa di Caposoprano al centro di un’inchiesta che ha portato alle dimissioni del direttore generale del Comune che è l’ideatore della struttura. Questa volta però il blitz della Guardia di Finanza è avvenuto all’hotel Sileno di Gela, perché i pazienti della residenza sanitaria assistita, erano stati trasferiti in albergo. Le fiamme gialle sono piombate a sorpresa nella struttura alberghiera perquisendo le camere dei sei piani per cercare i sei pazienti provenienti dalla Rsa di Caposoprano. Il trasferimento dei pazienti anziani nella struttura ricettiva di via Venezia sarebbe avvenuto nell’ultima settimana per ‘liberare’ i posti in convenzione con il sistema sanitario regionale: in questo modo la struttura avrebbe ottenuto il denaro dell’Asp e quelli dei privati che chiedono assistenza per i loro pazienti anziani. Nessuna camera è idonea ad ospitare gli anziani. I militare delle fiamme gialle hanno intimato ai pazienti di liberare l’ho-

L’Rsa di Caposoprano tel accompagnati da parenti. Polizia e Guardia di Finanza, che indagano sui fatti, hanno interrogato familiari e personale impiegati nella struttura per capire le ragioni del ‘dirottamento’ di alcuni pazienti dal residence alle camere dell’hotel. L’inchiesta si ricollega a quella scattata lo scorso Novembre che portò alle dimissioni dell’ex direttore generale Renato Mau-

ro. Le perquisizioni scattarono in esecuzione di decreti emessi dalla Procura della Repubblica di Gela. Pende un’indagine per i reati di abuso d’ufficio, concussione, falso e truffa in danno di Enti pubblici. La vicenda ha risvolti complessi, al fine di avere piena cognizione della documentazione esistente relativa ai vari procedimenti amministrativi incardinati presso gli uffici pub-

blici interessati ed aventi ad oggetto l’attività della Rsa in questione, si è reso necessario ricercare ed acquisire tutti gli elementi utili (documenti cartacei, documenti informatici, documentazione relativa alle società interessate) che riconducono all’attività realizzata. L’hotel Sileno rientrerebbe nelle disponibilità di uno dei soci del residence di Caposoprano. Di qui, la decisione di ‘dirottare’ i pazienti da una struttura all’altra. Entro poche ore i pazienti hanno lasciato le camere su ordine dei militari. La questione ha avuto riverberi anche sull’amministrazione comunale vista la posizione che il responsabile aveva al Comune di Gela.

“Non erano più nostri pazienti ma ospiti della struttura in quanto regolarmente dimessi”. Lo ha sostenuto la direzione amministrativa del residence Rsa convenzionato con l’Asp che ospitava alcuni pazienti dopo il blitz di Polizia e Guardia di Finanza all’Hotel Sileno. Le famiglie sostengono di essere state ‘dirottate’ nella struttura di via Venezia dal personale sanitario e amministrativo dell’Rsa di Caposoprano diretta dal manager Renato Mauro che tuttavia smentisce categoricamente questa ipotesi. La direzione ha dichiarato che l’hotel Sileno è stato scelto dalle famiglie nella massima libertà in quanto offriva prezzi competitivi garantendo agli anziani un posto dove soggiornare. Da un lato le famiglie in difficoltà dopo la dimissione dei pazienti, per i quali si cercava un nuovo alloggio, dall’altro l’inadeguatezza di un albergo non attrezzato ad ospitare anziani bisognosi di assistenza. Alcuni sono stati trasferiti in una casa di riposo di Vittoria, perché nelle case dei figli non c’è posto.

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MARZO 2015 - Messina

asdfasdfIquaepellenis dolorro volorem dis deliqui tem di Pietro Frazzica asdfUlpa nate lam, corum fugita solupta quiaept atemque pro es rest, quae non pernatu repeles eiumeniam con essedici quaecus dolupta doluptio corit, sedio con reseque dolori consequia veria asit, vel min cuptiur? Ebisque vero ma secabor possunt doluptati sit optur? Quis res remped que prae niaescit exceatae eatem ulla dolori dis quuntib usanducitior sum rehendis voluptatur se iunt, quam volore corum nus, simagni hiliquiam et odi aped esto ero dolorior antiosam quae sita dolestem natius sersperia il idellit quid quam etur aut alibus qui nonsedi pitemqui core il es voloria tiist, ex eost, cum que et ut fuga. Ficilla borion corem andipsa menecte mporrum verunt. Imincit dus dem landis dolorae volutatus, ne commolores resti ati beresequi il ipsa quis et optas mil incipsa eperect ustora idellam diciae vit es iducit voluptatur? Porion perum laut ati-

beat iaernate et ommodio nseditatis rerum reperferi del is magniet et, quis poriatis siminctem rest enis idicipicid quam eligenis es aliquibus corempelendi ut omnimus. Agnietur? Tur, cum et ma simus, ius re consecerci officae mi, voluptae as et quae. Officil et aut aspicil ipsum excepero que sum nonet renecus del iliquo venimpor aut quossimpor ad quiaecte mil etus es volor re plia adis quae. Totaece senectio. Orum volora dolo bea volorio beatest fugiatem. Oluptatur? Aximagnimus de offic te pel

asdfasdfasdfsdafdsafdf mos nimosam, idia dolorepre dolleseque pra qui berro ma ipsa que acit adi consect enisquiatem evelenist lamet alitaectius exerum fugitat ad qui utat auteces quam vento qui odipsapel im rem sunditaquae non evelis re nos rero ommolorro molum delest volum harum adiae pel il-

lor aut quam fuga. Sae por sum, voluptiatent lam rectassime ilit quiat verspient rem et rem doluptas eatque num doluptatur reped eatur, cone illacca boreium qui officit magnimi, qui de sum imi, officiditia quaspe qui doluptat. Eperia et mincil moloribus de-

bit poreptat quid el ide nos ulpa quos et int, undic to torro enda am, quiatur, eossequam fugia dolut odi tem ad et untotas et occus sus nobit omnient odi blaut volorit as pro quiaera volor as sit, to iur, andunt hilles planihi tasiti ommos ant illeseq uatquae. Ra cuptaquatusa nullecaborem ut ea volorem quatquunt endaessi doleni a in cus aut invent evenima ximusda mendem nisqui beaquo tecum facearion porum aut eum escimus qui dipsapel magnis volest facia dest, tem faccum enisciatem doles dolorum endernat quatur, cuptam eic tendandit vid molore esequis eat et, quibus saeruptat entibusae vide porendit eossin rehendia iliquia doluptamet volupta ssusant lisi ne pa con conserumquia quis duciendam volorrum vit iliquat ipitiat estibus, aut ellenihicid magni officil loribus resent laborer cipsae. Adit, oditendem. Et aut est quae venda destint

asdfasdfasdIhicimporpos aceate culparum comnim audaest, ut aut dis magni ut di Saro Faraci asdfDaepudae dempor adi sedis dolum erro dunte ereic te debit vitatum unt ratemporunt volupta ectibeaquidi is venis atus as volupta debitat. At alis veles volenih iligene quam, aceped es volent, sinis doloreseque con nate sit quatis et ex es expedio. Et aut laut quiam, nonsecat rem vent del ipsam lam, voluptas si utecatet quam velestotam que etusam, ab id que pernatio occullam eaquisc ientium experupis explit inimpor rovitate rem venderunt fugiatem remperuptate con ratiisquis iunt optatempor magnisitio blam velia nihilis velectorro magnist iamusandunt, consed quissin tibus. Us mos ex exernate licatur? Quidi doloribus, qui optas es aut ium quam qui bea invendes quatemquamus nis aut apiet int in rerum illabor as duciur, cullam voluptatur a inverum ente pro iunt. Aquiam, sus moloraectiam fac-

cae volore, tet, occum re nobisci istrum, ut optiis debiti ut dolut opta vent ut laut verit eatiam excesti usapicientur sa dolo escit odigenis volupta ssundae vent quo et quo molo imust, sit laut volut lit faccaectur suntibus abor sitas ullic to et laces se laccatur aditatis moluptatiis este nissitisquo consenis modi non nonescias que nest fuga. Ita sed quias illanda dios rescient, odion pre pro bere coriorerum faccus. Gendanis et rem. Itata nis eius et, eria aliquam ipsaepro blaborest, ilit quam, volecum volupitio quas et volorunt, corupta quat volores minvenet officiis ut apellab invenia voluptiore et facererum ellitatia corepudi blatis dolo que assimin ne eum iditiae consequae simust opti aut veliquas aliquiasi ullenditat et quaesci diore officitionem hicidelit qui dolupta qui dit officia perchillibus volut vel inulloruptae cuptibus aliquis sitiam solore essimet faccae estios escil is ip-

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pra siti odigeni modit, venis et eostorioste nullesc iendam, am elligenimus vollate velest, to tem facest quam haruptatium erchill antibus. Equia eatur, aut vel es endaerro enimagnimus, sam sequas ea ides rerio. Itatias sequasp ercimilibus et arum alit aria nobist, eaturis aut unt volorep erferferem quae. Nam rempossum harum ident aut faccuptat. Est qui quiatio nseque nim re, sunt, volorio rerrum fuga. Temperuntis dolorae nos que etur? Sitat everum qui to blaboremque evento optatem iusti dolectem ere precatet lam inciatem faccae voluptatur? Imin reperis et litas maio. None porem est, velitatqui beriamet eatem eserum laboreius ipsam, omnis re quidictame eratemporis dollandicit debiti volupta nobitas sinias aut omnis erovidus, quas etur? Equo dolor am rendis dolupiderio eliquae vendanim et ea d

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Messina: bilanci sospetti, a Milazzo e Barcellona si pensa al voto di Giovanni Frazzica Dopo gettonopoli tornano i bilanci e c’è la figura di Ferdinando Coglitore, ex ragioniere generale di Palazzo Zanca, al centro dell’inchiesta portata avanti dal pm Antonio Carchetti. Tre bilanci varati tra il 2009 e il 2011, ratificati da due consigli comunali, secondo la Procura sono falsi, nasconderebbero tra le righe le cifre del dissesto economico del Comune di Messina. Con l’effetto di tenere le tasse locali ai massimi, a danno dei cittadini, proprio per colpa di quei bilanci falsi. Gli investigatori avevano analizzato i verbali delle sedute di consiglio comunale dedicati ai bilanci, durante le quali più volte alcuni consiglieri hanno sottolineato le criticità nei documenti contabili, come ad esempio Giuseppe Melazzo e Nello Pergolizzi. Perché non fu dichiato il dissesto? Secondo la Procura per non incorrere nelle sanzioni imposte dalla legge di stabilità: abbassamento delle indennità e dei gettoni di presenza, blocco delle assunzioni ed altre misure di austerity. A scapito dei cittadini messinesi, ha scritto la Procura di Messina: per far quadrare un bilancio a geometria molto variabile, ai cittadini è toccato pagare tributi locali più alti. Per questo al sindaco Buzzanca, a Coglitore e i revisori dei conti Aricó, Maesano e Donato la Procura contesta anche l’attestazione del rispetto del patto di stabilità. Se per i 62 indagati finali sembra profilarsi la richiesta di rinvio a giudizio, mentre per gli altri 11 indagati stralciati appare più che proba-

Carmelo Torre bile la richiesta di archiviazione. Accanto ai consiglieri comunali Melazzo, Cantello e Trischitta, il pm Carchietti ha stralciato anche le posizioni dei dirigenti Giacomo Leotta, Calogero Ferlisi, Romolo Dell’Acqua, Antonella Cutroneo, Natale Maurizio Castronovo, Paola Bianchi, Placido Bruno e Giuseppe Scalici. Erano stati inizialmente chiamati in causa per l’iscrizione dei crediti inesigibili nei rispettivi settori. In attesa di vedere gli sviluppi definitivi di questa importante inchiesta guardiamo a ciò che succede a Barcellona, che dopo il voto di sfiducia al sindaco, ora è entrata in piena campagna elettorale. In questo clima, l’ex consigliere del Pd, Carmelo Cutugno, dopo aver spiegato le ragioni che lo hanno spinto a votare la sfiducia alla Collica, l’ex consigliere del Pd si proietta verso il futuro della città, auspicandone la normalizzazione. “Oggi la vera rivoluzione è quella di riportare la città alla normalità – dice Cutugno – normalità nei rapporti a

Cosimo Recupero dir poco lacerati con la macchina amministrativa. Normalità nella gestione dell’ordinaria amministrazione puntando sull’immagine della città, ovvero il decoro urbano, nei rapporti con il territorio, abbandonato nelle periferie e oscurato al centro. Normalità degli atti amministrativi, la cui programmazione sarà fondamentale al fine di non nascondersi dietro pretestuosi criteri di urgenza che hanno in questi anni fatto da scudo ad innumerevoli affidamenti diretti, lesivi dei principi di trasparenza, rotazione ed imparzialità della pubblica amministrazione. Normalità nella programmazione degli eventi, delle ricorrenze, delle feste, cercando di creare entusiasmo e liberare la città dalla depressione in cui è piombata. Per far ciò è necessaria una vera squadra che abbia a cuore le sorti della città, che va difesa dalle infinite carovane guidate da certi professionisti che tanto fango hanno gettato senza che chi di dovere li fermasse”. Tuttavia l’idea che i

barcellonesi possano essere chiamati al voto il 31 maggio, sembra prematura a molti. Carmelo Torre ha scritto all’Assessore regionale agli EE.LL. invitandolo ad inserire Barcellona in altra data immediatamente successiva e Cosimo Recupero, che si appresta a capeggiare una lista alle prossime amministrative, sostiene la sua iniziativa scrivendo:”A seguito della nota del Presidente del Movimento “Unione e Partecipazione” Carmelo Torre, rilevo che la richiesta di rinviare le elezioni amministrative di maggio prossimo alla successiva finestra elettorale, è una proposta di buon senso. La vicenda dell’approvazione della sfiducia da parte del Consiglio Comunale ha subito una accelerazione tale da trovare tutte le forze politiche spiazzate e non pronte ad una competizione che si preannuncia particolarmente accesa nei toni. Oltre agli aspetti organizzativi, segnalati da Torre, occorre anche sottolineare che un rinvio della competizione elettorale potreb-

be far scemare l’elevata tensione provocata dalla mozione di sfiducia e consentire un confronto più sereno fra le forze politiche basato più sui contenuti che sugli scontri personali. E’ questo il momento in cui dobbiamo fare lo sforzo di immaginare un grande progetto di sviluppo per la nostra Città che possa essere largamente condiviso e sostenuto, se pensiamo solo di cambiare il sindaco e qualche assessore, come del resto è giusto che sia, facciamo solo una parte del più ampio lavoro che si deve fare per conseguire il risultato di portare Barcellona nell’area della modernità, della cultura, del progresso, delle nuove opportunità di lavoro, dove certamente la nostra Città merita di transitare”. La Direzione del Pd, riunitasi alla presenza del Segretario provinciale Basilio Ridolfo, ha deciso di indire primarie. A Milazzo i Dr, alleati di ferro del Pd, infastiditi dalla altalenante situazione derivante dalle Primarie del Pd scrivono:“La questione delle primarie del Pd a Milazzo assume una dimensione incomprensibile”. Il segretario provinciale dei Dr, Santi Calderone, si “sfila” e preferisce stare a guardare dall’esterno. Intanto aumenta a dismisura il numero dei candidati alla carica di sindaco. Alla già preventivata candidatura di Lorenzo Italiano, leader indiscusso del centro-destra che sta lavorando per aggregare una consistente coalizione di moderati milazzesi, si sono aggiunte quelle di Maurizio Capone e di Carmelo Formica. Ultima arrivata Barbara La Rosa, sostenuta dai vertici nazionali e provinciali del Psi.

Ad Economia Aziendale l’Università è Capovolta

Il modello di formazione è veramente innovativo. A Catania al corso di laurea in economia aziendale, dove l’hanno concepito, lo chiamano “Università Capovolta”. In pratica, meno lezioni svolte in modo tradizionale, più percorsi di apprendimento autogestiti dallo studente con l’assistenza del docente, una massiccia dose di nuove tecnologie perfino facendo ricorso ai social network. L’allievo così ritorna al centro del processo formativo e, magari divertendosi, impara ed apprende, acquisisce le conoscenze necessarie per andare avanti negli studi e co-

struisce un sistema di competenze utili, domani, per avvicinarsi al mondo del lavoro. I programmi di studio in questo modo lentamente si rinnovano dall’interno. In queste settimane, ad esempio, è in corso di svolgimento il ciclo di seminari “Start Up Your Business – Un Vulcano di Idee”, venti ore di formazione specialistica per avvicinare i giovani al mondo delle nuove iniziative imprenditoriali. Venti ore in cui si alternano in aula professionisti, imprenditori e startuppers; in cui sono gli stessi studenti che si mettono a disposizione di altri colleghi

studenti per formare altri studenti è venuta al prof. Rosario Faraci, presidente del corso di Economia Aziendale e promotore del ciclo seminariale sulle start up. Quest’anno Un vulcano di idee si è affidaper animare lezioni, lavori di to a tre studenti di Aziendale gruppo e percorsi di team bu- Federica Giangrande, Alesilding. L’idea di rivolgersi a sandra Misuraca e Daniele

Murgo e ad uno di Ingegneria Gestionale Francesco Spampinato che, avendo in passato maturato analoghe esperienze nei percorsi formativi sulle start up, hanno realizzato un pacchetto di iniziative molto coinvolgenti per una cinquantina di loro colleghi. L’apice sarà il Contest del 18 aprile quando i gruppi si sfideranno coi loro progetti per conquistare un posto al sole: visibilità, partecipazione a Start Up Weekend, nonché il mentoring assicurato dall’Università di Catania attraverso i servizi di trasferimento tecnologico e di imprenditorialità giovanile.

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MARZO 2015 - Politica regionale

Il Paginone

Crocetta come la barca: finché

segue dalla prima interrogatori a Moro. Dimenticati da chi? Questo non si dice. E poi ci dicono che addirittura i nastri erano 18 e uno non si sa dove sia finito. E poi ci dicono che sui nastri registrati dalle Br c’è solo musica di quegli anni, fine anni Settanta. Tutti sanno infatti che il passatempo preferito degli uomini Br era ascoltare musica leggera alla radio e registrare su nastri le canzonette nella hit parade dell’epoca E noi, poveri allocchi, ci crediamo. E ci indignamo? No, forse in questo caso nemmeno riusciamo a indignarci. Ma quando la smetteranno di prenderci in giro? Ci raccontano bugie da sempre. Hanno sempre imbrogliato e ci hanno manovrato a loro piacimento. Dai tempi del risultato del referendum monarchia-repubblica in poi. Bugie su tutto. Con una faccia di culo (scusate ma non trovo un termine più adeguato) difficilmente riscontrabile. E così le bugie e i depistaggi sul caso Mattei, su Piazza Fontana, sulle stragi di Bologna e Italicus, sul volo di Pinelli da una finestra della Questura di Milano, sull’aereo Itavia caduto nel mare di Ustica, sui delitti eccellenti di mafia, sulle tante bombe che hanno insanguinato l’Italia, sulla strategia della tensione, sugli opposti estremismi, sul rapimento Moro. Bugie su bugie sulle quali sono state costruite carriere e fortune. E spesso, chi sapeva la verità e in crisi di coscienza, finiva col perdere la vita negli anni successivi. Incidenti strani, ma sempre catalogati come incidenti. Che sfortunate coincidenze! E noi sempre li a credere, non tutti per fortuna, alla voce ufficiale del Paese. E ci indignamo. Non sappiamo fare altro che indignarci preparandoci con lo spirito, e il voto, a credere al prossimo imbonitore. Facciamo la fame, perdiamo il lavoro, non veniamo pagati, ma stiamo zitti. Sappiamo solo indignarci riuscendo a metter su una protesta solo contro Salvini che si “permette” di andare a fare campagna elettorale a Palermo senza permesso (di chi? Della mafia?). E poi sentiamo Salvini, che davanti alla porte del Cara, dice a voce alta che

quel centro andrebbe chiuso subito perché costa ai siciliani 150 mila euro al giorno. E giù fischi e pernacchie al razzista. Ma nessuno ci dice se è vero che si spendono tanti soldi che sarebbero i nostri che ci hanno tolto e che mai ci verranno restituiti. E ci indignamo. Mentre in Germania, la ricca Germania, non si indignano per niente ma scendono in piazza in diecimila mettendo una città, Francoforte a ferro e fuoco, nel giorno della inaugurazione della nuova sede della Bce. Si ribellano i tedeschi per la politica di austerità imposta dall’Europa. E noi che dovremmo fare allora? Niente. Non sappiano fare nulla, sappiamo solo indignarci, scuotere la testa e toccare le nostre tasche sempre più vuote. Fa più notizia il capo del sindacato dei magistrati, servitori dello Stato (si dice così) che si ribellano contro una legge che a loro non piace e che smetterebbe di garantirli dai tanti, troppi errori commessi sulla pelle degli altri. “Un governo che accarezza i corruttori e prende a schiaffi i magistrati” Le parole di Sabelli capo dell’Anm. I magistrati, servitori dello Stato (lo ripetiamo) impongono a tutti il rispetto di quelle leggi che lo Stato confeziona senza chiedere se sono leggi giuste o sbagliate. Ma se ne arriva una contro la loro casta apriti cielo. I magistrati non ci stanno? Nessuno li obbliga a restare, possono andare a fare altro ammesso che trovino un posto di lavoro. Come ha fatto Ingroia uno dei paladini della’antimafia e del malaffare,come Montante ed Helg, e ora indagato insieme a Crocetta per abuso d’ufficio dalla Procura di Palermo, e per danno erariale, dalla Corte dei Conti. Come ha risposto? Facile, che è estraneo che gli viene da ridire. Che strano: è la stessa risposta da tutti quelli che negli anni da Ingroia, ma non solo da lui,sono stati indagati per gli stessi reati. Che sia chiaro, siamo dalla parte dei magistrati, ma non dei loro (alcuni) inutili privilegi. E ci indignamo. Fino a quando ci accontenteremo di indignarci? Francoforte non è poi così lontana. Fabio Tracuzzi

di M a r i a d e l o s A n g e l e s G a r c i a

Fin che Crocetta va... lascialo andare Manca poco più di un mese allo scadere dell’esercizio provvisorio – del nuovo bilancio della Regione si sa ancora poco o nulla – e quel poco che si sa, ha già messo sul piede di guerra i sindacati – l’unica cosa certa sono i tagli... a tutto, meno che alle spese della politica Le grida di accusa - Noi lo diciamo – e lo documentiamo – fin dal dicembre del 2012. Nessuno, tranne che in rare occasioni, aveva “osato” condividere una visione critica sul governo Crocetta e le sue malefatte. Ci sono voluti due anni e mezzo di finte finanziarie, di finte riforme e di veri “fiaschi” amministrativi. Poi, alla fine, il quadro complessivo del vuoto legislativo, del disastro amministrativo, e del dissesto finanziario provocati dall’ignoranza e dalla mancanza di sensibilità amministrativa del presidente e di tutto il suo governo, stanno venendo fuori con forza. Adesso, soprattutto, il disastroCrocetta, sta raccogliendo testimonianze “eccellenti” dentro e fuori la politica. Che fino a questo momento aveva – colpevolmente – taciuto dinanzi ai roboanti proclami e alle eclatanti minacce del governatore meno autorevole d’Italia. Adesso un chiarissimo magistrato, ex componente del governo regionale guidato da Saro Crocetta, Nicolò Marino, ha finalmente scoperchiato la omertosa tinozza in cui guazzano gli “stracci” del governatore. E ha annunciato – senza mezzi termini: “Crocetta distruggerà la Sicilia”. Dinanzi alla commissione parlamentare che si occupa delle infiltrazioni mafiose in materia di rifiuti. Non parlando al bar con un giornalista. Adesso un personaggio di primo piano della politica nazionale, il segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini, ha definito Crocetta “il peggior presidente della Regione della storia”. E lo ha detto in conferenza stampa,

dinanzi ai giornalisti di mezza Europa che lo hanno seguito a Mineo durante la visita al centro di accoglienza per i rifugiati richiedenti asilo. La struttura che è finita nel mirino sia dell’autorità anticorruzione che della magistratura, nell’ambito dell’inchiesta romana su Mafia Capitale. L’inchiesta, per dirla tutta, che vede indagato l’ex presidente della provincia di Catania, Giuseppe Castiglione, attuale sottosegretario all’agricoltura. Adesso, per Saro Crocetta, la Procura non è più la giostrina da visitare per gettare un po’ di fumo negli occhi ai siciliani, è l’ufficio in cui dovrà presentarsi accompagnato da un avvocato difensore. Dopo decine di bocciature da parte della Corte dei Conti e del Tribunale amministrativo, per il governatore inizia anche la via crucis penale. Che comincia, come in tutti i casi simili, con una incriminazione per abuso d’ufficio. Che si associa subito alle quattro/cinque incriminazioni per calunnia e diffamazione che già pendono sul suo capo. Un certificato “carichi pendenti”, quello del governatore, non certo invidiabile, per un politico ai tempi della legge Severino. A Crocetta basta poco per mettere in fila un paio di condanne che potrebbero portarlo, in breve, alla decadenza e all’interdizione dai pubblici uffici. La finanziarie e i diversivi tattici - Nonostante i non pochi guai giudiziari, per Crocetta la pena più grossa continua a essere quella finanziaria. Fin dalla sua elezione, lo “scoglio” più difficile da superare è stato

Rosario Crocetta il bilancio. Troppi vincoli da rispettare. E troppi debiti da pagare. Con questo quadro generale d’insieme, Crocetta non è mai riuscito a tirar fuori il suo ragno “rivoluzionario” dal buco in cui è finito rintanato. Eggià! La rivoluzione ha i suoi costi sociali. E con un bilancio che non consente ormai neanche più le spese obbligatorie, c’è poco da far la rivoluzione. Altro che lavoro e reddito garantito per tutti! Mamma Regione non riesce più a pagare neanche le spese cosiddette “correnti”. Anche perchè nessuna politica di razionalizzazione della spesa è stata mai attuata. Tanto meno da Crocetta e dai suoi governi. Il governatore, nel tentativo di buttarla in polemica, da una settimana prova a far scoppiare la bagarre. Prima si è scagliato contro i sindaci e le amministrazioni comunali. Colpevoli, secondo lui, di “gonfiare” i gettoni di presenza dei consiglieri e degli assessori. Scatenando – manco a dirlo – una polemica su scala nazionale con i sindaci e le associazioni dei comuni. Poi ha aizzato il “popolo” contro i dipendenti regionali, colpevoli di guadagnare troppo e di lavorare troppo poco. Proponendo di riparametrare salari e pensioni ai livelli dei dipendenti statali. Dimenticando che il primo ad applicare questi tagli e queste politiche di comparazione fu – tanto tempo fa – Matteo Graziano. E che il groviglio di leggi e regolamenti che regolano la materia – al di là dei numeri che da tempo sono parametrati – è materia troppo specialistica per essere affrontata a cuor leggero. E mentre l’opinione pubblica ve-

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nché va... lasciala andare, tanto è già affondata

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niva sapientemente distratta spostando l’attenzione di tutti sui numeri milionari delle nuove spese pazze scoperte all’assemblea regionale, ecco scoccare un’altra freccia contro i regionali. Questa volta a parlare – per difendere il governatore – è Davide Faraone, sottosegretario alla pubblica istruzione. Che chiede lo sforbiciamento dei permessi ai rappresentanti sindacali dei dipendenti regionali. Il problema bilancio - Ce n’è abbastanza per comprendere che quella in atto non è solo incapacità politica: qualsiasi consigliere di circoscrizione capisce da sé che, a trenta giorni da una scadenza “di legge” ineludibile come l’approvazione del bilancio, tutto si può fare, meno che dar fuoco alle polveri della rabbia politica e/o popolare. E invece sia Saro Crocetta che i suoi più autorevoli sponsor, si stanno comportando come piromani compulsivi in pieno mese d’agosto: stanno fomentando la rivolta, sia politica che sociale, costi quel che costi. Con dichiarazioni e provocazioni belle e buone, esibite platealmente. Perchè? La risposta è semplice e drammatica allo stesso tempo: la quadratura del bilancio, a bocce ferme, non è possibile. Se n’è accorto, senza troppe difficoltà, il ministero dell’economia, dando uno sguardo non troppo approfondito all’esercizio provvisorio votato il 31 dicembre dall’assemblea regionale. Di solito il controllo di atti “interlocutori” come l’esercizio provvisorio è solo formale: quello che conta non è lo stralcio dei primi quattro mesi dell’anno, ma il documento che “fotografa” i conti pubblici della regione per tutto l’anno. Eppure, i tecnici del Ministero, non hanno potuto fare a meno di chiedere un immediato chiarimento a Crocetta e Baccei,

dopo aver verificato che anche i conti del primo quadrimestre non “quadrano” perchè le uscite sono già superiori alle entrate. E perchè le spese ordinarie sono garantite non da altre partite di bilancio, ma da un mutuo. Circostanza vietata da una dozzina di leggi passate, presenti e perfino future. Crocetta e Baccei quindi, sono stati costretti a una missione imprevista a Roma, per assicurare, giustificare, promettere, un maggior rigore “ragionieristico” nel bilancio vero, quello che l’assemblea dovrà approvare entro il 30 aprile. Peccato che questo rigore e la conseguente “quadratura” non sembrano profilarsi facilmente. E allora Crocetta e i suoi si son messi al lavoro. Per scatenare la bagarre, sempre e comunque. Contro i deputati regionali, per intimidirli e prevenire ogni loro richiesta di spesa clientelare. Contro i partiti e i loro gruppi consiliari, per consegnare alla storia la prima riduzione delle spese destinate all’attività politica e ai rimborsi. Contro i Comuni, per creare un clima di caccia alle streghe buono a giustificare ogni taglio, ogni riduzione di spese in qualsiasi fornitura di beni e servizi. Per poter gloriarsi di un ulteriore taglio alle spese destinate al più basso livello di partecipazione democratica. Contro i dipendenti regionali e i loro sindacati. Per tagliare lì dove è certamente più facile tagliare: all’interno dello stesso bilancio della Regione, tentando di ridurre drasticamente le spese destinate al personale e di fiaccare – al tempo stesso – la resistenza sindacale. Amici e nemici - Il governatore ha quindi individuato i “nemici” di questa fase decadente della sua parabola politica: i partiti e i deputati regionali, i sindaci e i consiglieri comunali, i dipendenti e i sindacalisti regionali. A ben vedere, siamo di fronte alla più sfrontata e dichiarata uscita di scena mai annunciata nella politica siciliana. Per l’ultimo – difficile atto – della pantomima della sua presidenza, Crocetta getta definitivamente alle ortiche la politica e i suoi apparati. E si consegna, in

un atto di pura catarsi, al popolo della sua rivoluzione. Vorremmo segnalare ai “facinorosi” che sui siti e i blog internet, inneggiano alle scelte del governatore, che se anche fossero licenziati in blocco tutti i dipendenti regionali, le somme liberate non basterebbero a colmare il “buco” di cinque miliardi nei conti della sanità, il regalo di quattro miliardi fatto al governo Renzi per la rinuncia al contenzioso già vinto dalla Regione, i tre miliardi e mezzo di tagli che il governo nazionale ha fatto ai trasferimenti regionali, né la perdita di quasi tre miliardi di fondi europei “certificata” dal governo Crocetta appena lo scorso 31 dicembre. E questo solo per addebitare a Crocetta i “danni” già attribuibili senza paura di sbagliare alle politiche varate dal direttamente dal suo governo. Un conto a cui devono necessariamente aggiunti i costi di tutto il contenzioso che la giunta Crocetta ha creato e sta gestendo in maniera assolutamente fallimentare. Vanno messi in conto i soldi persi dalla formazione professionale e dalla pubblica istruzione – senza dimenticare né il disastro Ciapi, né Garanzia giovani, il Click day e tutto l’armamentario di appalti senza gare su cui la magistratura, prima o poi, si dovrà pronunciare -. Senza dimenticare la voragine della sanità: dove sono finiti i cinque miliardi “scomparsi” dal bilancio? Come saranno pagati i debiti contratti dalle aziende sanitarie? Chi pagherà i danni alla casa di cura Humanitas che ha vinto il contenzioso contro la Regione? E chi ripianerà il “buco” della gestione dell’elisoccorso e del 118? Ma sanità e Formazione, che rappresentano i settori nell’occhio del ciclone, sono naturalmente solo la punta dell’iceberg. Ricordate la milionaria missione di Crocetta, Lumia e compagni nei paesi arabi? E’ passata quasi sotto silenzio la nota con cui l’assessorato alle attività produttive ha preso atto del calo – vertiginoso – delle esportazioni siciliane nell’ultimo biennio. Per non parlare dei consorzi per le aree industriali, che – riuniti nel mega consorzio voluto da confindustria – hanno

un bilancio in rosso fisso. Ma chi ha avuto vantaggi dal governo Crocetta? Presto detto: intanto i trecento consulenti nominati in ogni dove. Poi l’esercito di amministratori di enti di sottogoverni. Poi i trenta assessori esterni che si sono avvicendati al governo, contendendosi paga da deputato e onori da ministro, pur non essendo mai stati eletti neanche all’assemblea del condominio del proprio domicilio. Un risultato mica da poco. Soprattutto se pensiamo che molti di essi erano dei signor nessuno in piena regola. Valga per tutti l’assessora-studentessa trentenne disoccupata, di cui la Sicilia non riesce a fare a meno neanche adesso che dall’assessorato è stata cacciata a furor di popolo. La memoria corta - Il siciliano – si sa – è un popolo con la memoria corta. Molte delle cose che raccontiamo, sebbene avvenute due-tre mesi fa, appartengono già all’oblio della memoria. Sono cancellate. Dimenticate. Che ne è stato degli ottomila neo disoccupati della formazione? Nessuno lo sa. E degli ex pip palermitani? E dei tremila ex operai fiat di Termini Imerese? E dei migliaia di ex dipendenti delle centinaia di società andate gambe all’aria in attesa di un finanziamento comunitario mai arrivato? E dei giovani inoccupati a cui nessuno potrà mai garantire una vera occupazione? Nessuno è più in grado di dire neanche quanti siano! Dobbiamo accontentarci di una certezza: sono più che in ogni altra regione d’Europa. Più che in qualsiasi altra epoca storica. Queste sono le “certezze” che sono “certificabili” all’epoca di Saro Crocetta Presidente, insieme alle decine di cause perse dalla sua amministrazione, insieme alla incapacità – anche questa certificata – di fare stare in piedi il bilancio della regione. Così come l’incapacità – accertata – di ridurre le spese veramente inutili e voluttuarie della politica. Nessuno mai aveva raggiunto tali “vette”. Nessuno mai era stato tanto approssimativo e “grossier”. Nessuno mai era diventato presidente con un con-

senso politico tanto risicato. E mai nella storia del trasformismo politico regionale, tanti deputati eletti nelle file dell’opposizione sono mai stati “folgorati” dalla causa politica della maggioranza. Etica e politica - Tutto questo sconcerta dell’era Crocetta. Un’era in cui ideali e ideologie sono definitivamente finite in soffitta. Un’era in cui il potere per il potere rappresenta l’unico punto di riferimento di uno stuolo di professionisti del sottogoverno. Un’era in cui la spregiudicatezza si mescola senza pudore alcuno all’opportunismo, prendendo la forma di una arroganza esibita, smaccata. Un’era in cui la burocrazia meno virtuosa si mette al servizio del potere e sforna “orrori” amministrativi. Ma viene premiata, con incarichi e prebende che non hanno precedenti storici. Etica e politica, che sono al centro dei proclami e degli anatemi del governatore e dei suoi seguaci, sono il fragile paravento che nasconde volgari accordi per la mera gestione del potere quotidiano. Senza alcuna visione veramente politica. In assenza di qualsivoglia progetto sociale. Fuori da ogni regola dell’economia. Ecco spiegato perchè, ogni giorno, l’obiettivo delle reprimende governative si sposta su una nuova vittima sacrificale. E’ il nuovo sabba del potere. Che non serve a evocare entità soprannaturali, ma che produce – questo sì – grandi effetti destabilizzanti nelle schiere avversarie. Che – per non farsi vittime – decidono di consegnarsi al nemico. Senza neanche provare a combattere. E’ accaduto così che un presidente “minoritario” sia riuscito, per tre anni, a navigare a vista nelle altrimenti perigliose acque della politica regionale. Un paio di voti d’occasione, si sa, in un’aula di novanta persone, si possono sempre trovare. Difficile sarà trovare, dopo, il consenso popolare. La crisi dilaga. E – come abbiamo visto – il governatore sta avvelenando i pozzi alle sue spalle, come si dice. E’ evidente che la sua “exit strategy” è già definita. A noi rimane il gravoso compito di spiegarla.

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Gettonopoli colpisce ancora. E fa vittime illustri d i Ros a To ma rchio Primo segnale per arginare il clima di antipolitica. Si sono dimessi gli otto presidenti delle relative commissioni consiliari. Ma non si sono dimessi dal loro incarico di consiglieri. Il suggerimento pare sia arrivato direttamente dal sindaco Garozzo. Si sono dimessi quelli che, probabilmente, erano i meno diretti interessati alla vicenda dei gettoni. La modifica del regolamento (legge regionale 30/2000) verrà discussa entro quindici giorni in consiglio comunale. Ma, a quanto pare, le dimissioni degli otto presidenti non bastano a saziare l’ira degli “indignados” che per il 27 insceneranno un presidio autorizzato per dodici ore sotto il Palazzo di Città. Apprezzabile il gesto dei presidenti, ma c’è dell’altro. Dice bene il consigliere Tanino Firenze: “Loro non hanno colpa ma si sono assunti la responsabilità del ruolo”. Non dovrebbero essere gli unici, a questo punto, a dimettersi. Dovrebbe farlo anche il presidente del Consiglio, Leone Sullo, in primis. Cosi, per esempio, la pensa Cetty Vinci di Fratelli d’Italia: “Il Presidente del Consiglio comunale avrebbe dovuto seguire lo stesso esempio degli otto presidenti di commissione – dice Vinci -. La proposta di taglio ai costi della politica del sindaco Garozzo non è sufficiente a rompere col sistema degli elevati costi dei rimborsi ai datori di lavoro e a produrre un adeguato abbattimento dei costi del Consiglio comunale, né serve tutto questo tempo per portarla in aula. Attendiamo in ogni caso una convocazione urgente dell’assemblea cittadina sull’argomento”. Non solo. Il gesto estremo, ma altamente significativo, doveva essere commesso anche dai capigruppo consiliari, vero nodo del contendere di tutto questo “scandalo” che, secondo il regolamento, “non avrebbero diritto a percepire il “famoso” gettone in quanto non avrebbero diritto al voto in commissione”.

Qui sopra “Indignados”, a destra Simona Princiotta (Pd); Alberto Palestro (Sicilia Democratica) Tony Bonafede (Pd) Sarebbe bastato un semplice passo indietro dei capigruppo, stop. Siracusa non è il solo caso “Gettonopoli”. Anche il Comune di Priolo, stranamente non assurto agli “onori” della ribalta nazionale, ha messo in campo alcuni aggiustamenti: intanto le commissioni sono state ridotte da sette a cinque, ed il gettone di presenza in commissione scatterà dopo il 35 minuto di seduta (il gettone di presenza è di 30 euro l’ora, la metà percepito dai consiglieri siracusani). Cosi è stata accolta la proposta del presidente del Consiglio comunale di Priolo, Beniamino Scarinci, dopo la presa d’atto della crisi generale che campeggia quasi in tutti i consigli comunali siciliani. Quanto meno il “sacrificio” di Siracusa -capoluogo è valso a dare il buon esempio a tutti. Che si dica. Per fortuna, il massacro su La Gabbia è durato molto meno rispetto ai 60 minuti di sangue e “Arena”. Paragone sguinzaglia i suoi inviati, “ben informati”, sino in commissione Bilancio che impattano subito, guarda caso, nei consiglieri comunali Palestro, Bonafede, Firenze. E vanno pure a cercare la “pasionaria” Princiotta per imputarle appena due commissioni superveloci, appena dieci minuti (cosi si evince chiaramente dall’intervista). Titolo grosso campeggia sullo schermo nazionale di la 7: “Siracusa, il Comune usato

come bancomat”. Altro fango sulla città di Archimede. Ma per colpa di chi? “Si dovrebbero vergognare”, gridano i cittadini ai microfoni di LA 7, e ancora “siamo o funnu!”. Dal clima di antipolitica dilagante da sette giorni nelle piazze e sotto il Palazzo Comunale, ne consegue inesorabilmente un problema serio di “sicurezza”. Alberto Palestro: “Stiamo abbassando i costi della politica dal 2009, non è normale, è vero - ammette - ma c’è una regola (la famosa legge 30 del 2000) e la regola la devono cambiare i deputati regionali”. Situazione imbarazzante per Tony Bonafede: “E’ vero, sono state fatte 1201 commissioni, altra ammissione - ma dovete capire che questa città ha avuto 15 anni di centrodestra; non appena il sindaco (Garozzo del PD) si è insediato si è cercato di stravolgere tutti gli atti ed i regolamenti.....”. Il caso “rimborsopoli”, ha fatto bene a ricordarlo “LA Gabbia”, è in realtà oggetto di indagine per truffa, e tra gli ex consiglieri comunali rinviati a giudizio compare proprio il padre di Tony Bonafede, Sergio. “Non mi sembra giusto che a pagare le colpe dei nostri predecessori (tra questi anche il padre) dobbiamo essere noi giovani, - si difende il consigliere renziano - sempre se ci fossero colpe. So che mio padre è innocente, gli è semplicemente capitato un lavoro vero dopo la sua

elezione in consiglio e sanno tutti con quanta passione ha lavorato da consigliere per la sua città”. La procura ha aperto un fascicolo due anni fa e ora storce il naso dinnanzi al “record nazionale”, 1201 commissioni in un anno. Numeri, sembra, che da nessun’altra parte d’Italia si possano trovare, a quattro cifre, cosi eclatanti anche dal punto dei vista dei rimborsi per i consiglieri. Paragone ricorda che adesso a Siracusa c’è il problema della sicurezza. La gente non si fida più della politica. E la politica non si fida più di stare in mezzo alla gente. Mughini, forse, è l’unico ad iniziare a centrare il tema: il Parlamento regionale. “A Bergamo spendono un decimo di quello che spendono a Siracusa! Da siciliano mi si rizzano i capelli in testa... mia madre è sepolta in Sicilia”. Si aggiunga un altro tassello alla riflessione di Mughini: per un micro secondo si provi a spostare l’attenzione dai consiglieri comunali, e ci si chieda se la “burocrazia” del Palazzo, per esempio, c’entra e in che misura in rapporto alla legge regionale 30/2000? Se lo chiederanno, infatti, a gran voce, invocando le dimissioni di massa del consiglio comunale, gli indignados che, ancora una volta, protesteranno sotto il Palazzo di Città in piazza Duomo in un sit in pacifico e, da sottolineare, autorizzato dal-

le forze dell’ordine. L’appuntamento è per venerdì 27 marzo. Dodici ore continue di presidio, si ribadisce, autorizzato a partire dalle ore 9. Gli indignados si rifanno, per lo più, al pensiero dei Cinquestelle ritenuti responsabili di aver acceso la miccia alla bomba Vermexio. Dunque dimissioni in massa. Ma sarà questa la vera panacea? Cosa accadrebbe se tutto il consiglio comunale andasse a casa? Scatterebbe subito l’invio del commissario prefettizio di Crocetta. Non solo. Si verrebbe a costituire una sorta di “oligarchia” autorizzata ancora una volta da una legge “capestro”: il sindaco Garozzo e la Giunta continuerebbero a svolgere la loro attività indisturbati più che mai e senza incontrare l’attrito o la dialettica costruttiva di un consiglio comunale e, soprattutto, di una opposizione propositiva. Supervisore di questa sorta “di cavalieri della tavola rotonda” ci sarebbe questa figura superpartes, il commissario ad acta. Ma è proprio questo ciò che serve a Siracusa? Non sarebbe meglio accontentarsi dei rimborsi, semmai, da parte dei consiglieri comunali, qualora la legge 30 dovesse effettivamente presentare la famosa “falla”? Intanto, prosegue la petizione online sulla richiesta delle dimissioni del consiglio comunale indetta dal comitato cittadino “Smuoviamo le acque”.

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Bindi e l’antimafia, tanti allarmi poche certezze Era tanta la carne al fuoco, due giornate intense di audizioni, dal prefetto, agli enti locali, alle forze dell’ordine, ai sindacati e antiracket, che l’ora di “fastidioso” ritardo è stata ampiamente giustificata quando la Commissione Nazionale Antimafia ha fatto il suo ingresso al cospetto della stampa tradendo alla fine le sane aspettative di un territorio che urla, pretende legalità e giustizia. Tanta la carne al fuoco, è vero, ma ci si aspettava qualche certezza in più, delle risposte più esaurienti. Dagli appalti per i rifiuti, per igiene urbana, servizio idrico, immigrazione, centri accoglienza, tratta degli esseri umani, traffico di droga. Eppure, certe criticità sarebbero state appena sfiorate, per esempio, le anomale situazioni nei Comuni di Augusta e di Melilli (nel primo caso un consiglio comunale sciolto per sospette infiltrazioni mafiose, nel secondo un sindaco sospeso perché inquisito che lascia le redini a tre assessori). Alla base di tutto, si è detto in commissione, il nodo disoccupazione e il problema lavoro, le bonifiche industriali e la questione criminalità mafiosa verso la quale l’attenzione della magistratura e delle forze dell’ordine non deve mai abbassarsi. L’impressione è quella di una mafia che si sta indebolendo. E invece. “In questa provincia c’è una grande capacità di reagire - ha detto la presidente della Commissione Nazionale Antimafia, Rosy Bindi- , si sta facendo un gran bel lavoro sinergico senza mai abbassare la guardia, laddove la mafia c’è, vegeta e cresce. Sicuramente c’è un grande problema di sicurezza e una sfida lanciata al tema dell’integrazione. Penso che il lavoro della Procura andrebbe alleggerito grazie al controllo delle amministrazioni locali, soprattutto, nell’ambito dei grandi appalti e delle opere pubbliche. Se tutti facessero bene il proprio lavoro, la giustizia emergerebbe subito e meglio”. Sul caso Melilli, la presidente Bindi ha fatto intendere possibili significativi sviluppi. Così come per i Centri accoglienza di Melilli, Priolo e Siracusa per i quali la commissione è venuta per raccogliere indizi sotto segreta azione. Butta sempre l’occhio sull’orologio, la Bindi (al suo fianco anche il senatore siciliano del Mefagono Beppe

La commissione antimafia a Siracusa presieduta da Rosy Bindi Lumia) che fa una breve introduzione in sala stampa a beneficio di chi non ha presenziato alle audizioni, due giorni intensi di commissione in Sicilia, da Caltanissetta, a Vittoria e Ragusa. A Siracusa, si è pure constatato che c’è grande attenzione da parte della Procura, della Dda di Catania, della Prefettura, della Polizia e Forze dell’Ordine su Cosa Nostra e le altre mafie in Sicilia, da quelle catanesi a quelle più locali, come Gela o Siracusa, ancorchè indebolite dal lavoro investigativo di questi anni. Eppure, restano strutture ancora ben solide, tutt’altro che sconfitte, la loro presenza rimane forte, capace di intimidire nel settore agroalimentare, nell’immigrazione, nel traffico di droga, usura, estorsione, persino nell’utilizzo dei finanziamenti, le mafie hanno capacita di inserirsi negli appalti, nonostante la forte presenza della magistratura e delle forze dell’ordine cosi come della lotta sociale e civile delle associazioni e dei movimenti. “L’indebolimento complessivo della società dovuto anche alla crisi, all’emergenza lavoro, diventa, da una parte, il presupposto che alimenta rischi di illegalità sempre più diffusa, dall’altro una predisposizione maggiore della mafia di esercitare agevolmente il suo potere – dice la Bindi - . C’è una capacità a Siracusa di una criminalità ,che non è propriamente mafiosa, di usare il clima di rischio, e di converso, la capacità della vera mafia di utilizzare la criminalità comune. Come Commissione invitiamo a non abbassare la guardia, la mafia va ricercata laddove c’è. Non si deve aver paura di ammettere che esista

perche questo è il presupposto per poterla combattere. Importante, poi, l’opera di prevenzione da parte dei magistrati il cui lavoro potrebbe essere qualche volta alleggerito dalle forze politiche, sociali e dai controlli amministrativi che potrebbero arrivare un po’ prima della magistratura. (riferimento appalto casa accoglienza Mineo, bollato per “illegittimo” e che poteva benissimo uscir fuori prima dell’inchiesta di Mafia Capitale. Esempio troppo eclatante” – esclama la Bindi). Sullo spirito genuino di antimafia che aleggia in Sicilia, e più precisamente, sul caso palermitano del presidente della Camera di Commercio. “Mi sono limitata a dire che, accanto allo sconcerto, - risponde la Presidente Antimafia - era necessaria una valutazione al di là di una precisa responsabilità della persona. Responsabilità, tra l’altro, ammesse. Non so che tipo di collegamento potesse avere col movimento antimafia a parte qualche partecipazione ai convegni. Personalmente, ho proposto alla commissione di avviare una inchiesta sull’antimafia in Sicilia, per rendere ragione a tutte quelle persone e a tutti quei movimenti che in questi anni si sono impegnati, e continuano a farlo, sui cui non possiamo ammettere che possano gettarsi ombre per colpa di qualcuno che sbaglia. Credo che per combattere la mafia bisogna essere capaci di grande coraggio e trasparenza. Espellere da Confindustria chi paga il pizzo è sicuramente un fatto molto positivo, dobbiamo evitare però che su questo grande movimento antimafia, che non ritengo meno importante della magi-

stratura, ci siano delle incertezze e dei punti interrogativi”. Rispetto al caso Agenzia Beni Confiscati quali proposte? “Personalmente, auspico che Confindustria venga coinvolta, in qualche modo, nella gestione delle imprese confiscate, in una fase di tutoraggio accanto agli amministratori giudiziari. Chi è potenziale gestore di beni confiscati non dovrebbe fare parte del Cda che affida i beni confiscanti, mi sembra logico. Come Commissione ho proposto la modifica della struttura dell’agenzia, con i gestori coinvolti ma non come affidatari di beni, un patrimonio, lo ricordiamo, da 25 miliardi di euro. Ci eviteremo qualche finanziaria se questi beni venissero messi a frutto! Scherzi a parte, ci sono stati parecchi dubbi e perplessità su come le associazioni antiracket sfruttavano i fondi pubblici, a livello nazionale. Così abbiamo aperto una piccola inchiesta e per il lavoro svolto sinora, che è stato oggetto di una nostra relazione, non abbiamo ravvisato irregolarità qui in Sicilia, almeno da parte del Fai (Federazione Italiana Associazioni Antiracket e Antiusura) e “Addio Pizzo”. Riguardo agli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali. Auto in fiamme, lettere minatorie. A Melilli come a Rosolini e Priolo. “Metodo mafioso ma non per forza riconducibile alla mafia. – ha esordito la Bindi -. Un punto su cui occorre riflettere insieme, inquirenti e comunicazione”. La Commissione Antimafia a Siracusa sostanzialmente per raccogliere indizi e sollecitare a un maggior controllo sulla presenza mafia in provincia.

Mafia che potrebbe annidarsi negli enti locali, nel polo industriale, nella riconversione e nella gestione delle bonifiche ambientali, negli appalti rifiuti, immigrazione. Qui il messaggio della Bindi è stato inequivocabile:”Inviteremo la Prefettura a precedere la magistratura”. E sul probabile nesso tra i casi di infiltrazione mafiosa nel comune di Augusta e il famoso scandalo “Veleni in Procura”? In questo senso, la Commissione giunge a Siracusa con due anni di ritardo. “E’ una vicenda che ormai appartiene al passato. Oggi, mi pare, che a Siracusa sia arrivato un nuovo procuratore. Dunque, il problema è stato già affrontato e adeguatamente risolto”. Dunque, capitolo chiuso. E per la questione Augusta? Il comune compie due anni dal suo scioglimento per sospette infiltrazioni mafiose. Come Commissione non sentite l’esigenza di licenziare atti di indirizzo da rivolgere confronti all’elettorato che si appresta il 31 maggio a scegliere il sindaco e il consiglio comunale? Considerata l’eccezionalità del caso, tre commissari prefettizi per amministrare la “vacatio” di Palazzo San Biagio per lunghi 24 mesi. “Se fosse così usciremmo fuori dai nostri compiti istituzionali. Anche perchè all’interno della Commissione – ammette Bindi - vi sono diverse forze politiche e ognuna di esse finirebbe col dare delle indicazioni diverse agli elettori. Sarebbe poco rispettoso. Meglio lasciare ai singoli partiti, ai quali apparteniamo, il compito di fornire indicazioni utili ai cittadini”. Rosa Tomarchio

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MARZO 2015 - Scuola

“Il viaggio in Inghilterra è stato un sogno finalmente diventato realtà” d i C h iara Bua Andare all’estero per migliorare la conoscenza di una lingua straniera è uno dei sogni di qualsiasi teenager, ovunque egli viva. Certamente non fanno eccezione i quindici alunni del liceo Verga di Adrano che grazie ai fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione Europea all’interno del Pon “Competenze per lo Sviluppo”, hanno avuto la possibilità di studiare una delle lingue straniere previste all’interno del loro piano di studio, l’inglese, direttamente sul posto e gratuitamente. «È stato come un sogno finalmente diventato realtà - hanno commentato entusiasti i ragazzi della 4A Linguistico al loro rientro - non dimenticheremo mai questa esperienza che, tra le tante altre cose, ci ha permesso di visitare Londra, la città dei nostri sogni!». Appena arrivati in Inghilterra gli studenti della sezione linguistica del liceo Verga di Adrano hanno infatti trascorso un weekend nella capitale inglese interamente dedicato alla scoperta delle sue bellezze storiche e artistiche. «Dopo questi due splendidi giorni - ha raccontato Lorenzo Greco - un autobus ci ha portati a York, nel nord dell’Inghilterra, la città meta del nostro viaggiostudio. Ad attenderci abbiamo trovato le famiglie che ci hanno ospitato per tutta la durata della nostra permanenza. Sicuramente separarsi gli uni dagli altri non è stato facile all’inizio, ogni famiglia infatti ha ospitato due o tre studenti, ma alla fine abbiamo capito che anche questo ci ha aiutati a crescere». I ragazzi sono stati quindi catapultati in una routine quotidiana completamente diversa rispetto a quella da loro vissuta nelle loro case.

Gli alunni della 4A Linguistico davanti al British Museum «Gli inglesi - ha spiegato Federica Tomasello - mangiano solo cibo spazzatura, il famoso “junk food”: la prima settimana eravamo entusiasti di questa loro abitudine, ma dopo un po’ abbiamo iniziato a sentire la mancanza della frutta e della verdura!». Il perno attorno a cui è ruotata l’intera esperienza vissuta da Simona Bulla, Eleonora Catalano, Federica Finocchiaro, Grazia Floresta, Giorgia Rosy Giacalone, Lorenzo Greco, Karmela Kováčová, Carmelita Panebianco, Mariapia Pastanella, Aurora Santangelo, Elisa Scarvaglieri, Lisa Scarvaglieri, Viviana Tempera, Federica Tomasello e Alessandra Ventura, è costituito dalle lezioni di inglese impartite all’interno di un centro linguistico multiculturale. «Ogni giorno - ha affermato Alessandra Ventura - siamo entrati in contatto

con altri ragazzi provenienti da posti lontanissimi tra loro come la Cina, la Libia o il Sud Africa». I ragazzi hanno seguito una tabella di marcia molto rigida: tutte le mattine le lezioni iniziavano alle 8 e 45 e si concludevano alle 13 e 15 per permettere loro di avere una breve pausa pranzo prima delle attività pomeridiane che comprendevano sia altre lezioni che attività extra. «Il nostro insegnante, Keith Dales, è stato davvero simpatico e socievole oltre che molto bravo - ha sottolineato Grazia Floresta - abbiamo instaurato sin da subito un ottimo rapporto e studiare in un’atmosfera così serena ci è stato d’aiuto visto che quello che ci veniva richiesto di fare era molto, molto impegnativo». Ma come ogni viaggio all’estero che si rispetti, una buona parte

del tempo è stata dedicata alle escursioni, soprattutto durante il weekend, che hanno inevitabilmente catturato l’attenzione dei ragazzi e regalato loro dei ricordi indelebili. «Siamo stati a Liverpool, a Manchester, a Whitby e abbiamo visto il più possibile di quello che York aveva da offrire - ha raccontato Carmelita Panebianco - e insieme a noi c’era sempre Alex, responsabile delle attività all’interno della scuola che abbiamo frequentato, una ragazza spagnola che lavora e vive in Inghilterra da molti anni e che quindi parla davvero molto bene l’inglese. Il fatto che fosse così giovane ci ha aiutati a legare molto con lei, e doverla salutare è stato davvero difficile». Quella sperimentata dagli studenti del Verga è stata un’esperienza davvero formativa sotto diversi punti di vi-

sta: oltre al principale, e ovvio, obiettivo di migliorare la loro conoscenza della lingua inglese, questi ragazzi hanno vissuto per la prima volta lontani dai loro genitori e questo è stato per loro un motivo di forte crescita personale. Senza dimenticare l’inevitabile arricchimento che hanno ricavato dal vivere in un contesto completamente differente rispetto a quello abituale e all’entrare in contatto con culture nuove e diverse. Anche i genitori sono rimasti soddisfatti dal viaggio-studio compiuto dai loro figli, come dimostrano le parole della mamma di Mariapia Pastanella: «Dopo i primi momenti di disorientamento, dovuti alla classica sindrome del letto vuoto, sentirla contenta ed entusiasta delle nuove esperienze, delle relazioni instaurate con la famiglia ospitante e con gli altri coetanei, è stata la migliore risposta possibile alle perplessità e ai “speriamo che vada tutto bene”. L’esperienza che ha vissuto a York è stata davvero utile per il suo inglese, ma allo stesso tempo divertente e coinvolgente. Condividere scuola, casa e attività con i compagni è stata un’occasione che l’ha aiutata molto ad aprirsi e a crescere. Mia figlia era partita con dubbi e timori, ma è tornata piena di entusiasmo e molto contenta dell’esperienza vissuta. Da mamma posso dirmi completamente soddisfatta dell’organizzazione, neanche un minimo particolare è stato lasciato al caso e questo ha dato molta sicurezza e tranquillità sia a lei che si trovava in un paese straniero, sia a noi genitori a casa. Al ritorno ho letto negli occhi di mia figlia la palese nostalgia dei luoghi frequentati, delle persone conosciute e delle emozioni provate».

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MARZO 2015 - Opinione

Wall Street ha guadagnato con la crisi che ha generato d i Sal vo Ardizzo ne

La crisi che ha dilaniato e dilania il mondo è nata negli Usa, è cosa universalmente nota; lo è meno il fatto che Wall Street, che ne è all’origine, ne abbia fatto pagare l’intero prezzo al resto dell’umanità e si sia arricchita sfacciatamente sui disastri causati dalla sua sfrenata avidità. Ma andiamo con ordine. Nel 2008, lo scoppio della bolla speculativa dei mutui subprime, unito alle folli spese generate dalle guerre scellerate dell’era Bush, avevano fatto preconizzare a molti un tramonto del predominio del dollaro e dell’economia statunitense sul globo; una logica considerazione a guardare i dati spaventosi di quei giorni, che però non teneva conto dei fattori geopolitici. Una moneta non conta soltanto per la forza dell’economia che ha dietro e che rappresenta, ma anche (e in questo caso diremmo soprattutto) per la forza politica e militare che la sorregge e per l’influenza sulla finanza degli altri Paesi. Gli Usa (e ancor più Wall Street) questo lo sanno benissimo da sempre, ed è per questo che puntualmente si sono affidati allo Stato o alla guerra per rilanciare la propria economia ogni volta che s’è trovata in difficoltà, senza curarsi minimamente dei paurosi deficit di bilancio che ne venivano perché li avrebbero scaricati su altri. Anche nel 2008, mentre i governi della Ue a rimorchio delle chiuse visioni di Berlino si affidavano a politiche rigoriste suicide, la Federal Reserve (Fed) guidata da Ben Bernanke, lanciava tre successivi programmi di acquisito di titoli di stato (Quantitative Easing) che in pochi anni hanno dilatato il suo bilancio da 850 a 4.500 Mld di $. Secondo il calcolo fatto a Washington, Cina, Giappone e le principali economie del G 20 (Brasile, India e così via), terrorizzate dal deprezzamento del dollaro, ne avrebbero fatto incetta sui mercati insieme ai

T – Bonds emessi dalla Fed. Se non lo avessero sostenuto, le loro monete si sarebbero rivalutate su di esso, rendendo le loro attività (basate sulla vendita di materie prime e di manufatti, Giappone escluso, di scarsa qualità e basso prezzo) assai meno appetibili; inoltre, un dollaro in caduta libera avrebbe falcidiato le loro riserve monetarie basate appunto sul biglietto verde. Il risultato è stato che, mentre la crisi finanziaria demoliva la Ue e Giappone e Cina si svenavano per rafforzare la valuta americana, fra il 2009 e il 2013 negli Stati Uniti si riversavano 2.510 Mld di $, praticamente lo stesso volume di moneta messo in circolazione nelle prime due fasi del Quantitative Easing della Fed, 2.600 Mld. Nella sostanza Washington non ha speso un soldo per rivitalizzare la sua economia, lasciando che economie avanzate e nazioni emergenti facessero a gara per sostenerla: il Giappone ha acquistato T – Bonds per 556 Mld, la Cina per 543; il Brasile per 129 e così via. E vista la crescente richiesta, questo finanziamento è avvenuto a interessi sempre più bassi, passando dal 4% pre crisi, all’1,5% nel pieno del ciclone. La Cina stessa, che un colosso economico ormai lo è, è stata costretta ad abbozzare: fra il 2013 e il 2014 ha provato a ridurre la montagna di debito statunitense che detiene, ma è stata una manovra di facciata, perché ha continuato a rastrellarne tramite il governo belga che è arrivato a detenerne una cifra mostruosa pari al 70% del proprio Pil (350 Mld). Anche Pechino è in trappola: se cade il dollaro, gli effetti per la sua economia, che attraversa un passaggio delicato, sarebbero devastanti. In questo modo la Fed può infischiarsene della montagna stratosferica del suo debito, schizzato oltre i 17mila miliardi, una cifra che mai e poi mai potrà rimborsare; allo stato dei fatti sono gli altri a farsene carico, e più aumenta più sono

costretti a farlo. Resta il fatto amaro che Nazioni con reddito pro capite assai basso debbono finanziare, in cambio d’interessi quasi nulli, gli enormi guadagni di Wall Street. E qui veniamo alla seconda parte del discorso: sarebbe comunque colpevole scaricare sugli altri Stati i propri errori, ma almeno sarebbe comprensibile; si tratterebbe di egoismo, spudorato cinismo, fate voi, se servisse a garantire il livello di vita dei propri cittadini; ma non di questo si è trattato, ciò che è accaduto e accade è assai peggio, è un crimine doppiamente odioso, che per sovrappiù è servito da giustificazione a molti altri. La Fed è la banca centrale più potente al mondo; teoricamente, e sottolineiamo il termine, dovrebbe essere indipendente dal Congresso, dalla Casa Bianca e soprattutto dalle istituzioni bancarie e finanziarie che è chiamata a governare. Semplificando al massimo, il suo ruolo dovrebbe (ancora il condizionale) essere quello di vigilare sulla moneta e sostenere unicamente le grandi banche tradizionali, senza avvicinarsi alle istituzioni finanziarie che campano sulla speculazione e hanno caratteristiche e requisiti diversi. Durante la crisi del 2008/2009, tuttavia, essa ha concesso oltre 16mila Mld di prestiti a bassi tassi d’interesse a ogni tipo di struttura finanziaria, spazzando via ogni distinzione e mostrandosi tutto fuorché indipendente dalle istituzioni che foraggiava così largamente. Al contrario, s’è sistematicamente rifiutata di sostenere le piccole banche (quelle che reggono l’economia reale) e d’intraprendere qualsiasi misura a favore delle piccole e medie imprese e dei governi locali (costretti a tagli dolorosi e licenziamenti di massa), trincerandosi dietro gli stessi limiti regolamentari che infrangeva regolarmente per favorire i Big. Insomma: ha coperto di denaro Wall Street (che il danno l’aveva fatto) disinteressan-

dosi completamente di Main Street, della gente comune che il danno l’aveva subito e che è stata scientemente abbandonata. La giustificazione ufficiale della scelta che ha sommerso di dollari le grandi banche e le strutture finanziarie più importanti è stata che, a cascata, quel denaro immesso nel sistema sarebbe sceso fino all’economia reale che boccheggiava. Peccato sia accaduto proprio il contrario: banche d’affari, hedge found e ogni altra istituzione di Wall Street si sono riempiti all’inverosimile di denaro a basso costo, scatenandosi nella speculazione con le spalle coperte dalla Fed in caso di ulteriori perdite. Di qui sono partite le ondate speculative che hanno messo in crisi il debito sovrano della Ue (soprattutto di Grecia, Spagna e Italia) e quando la Bce e il Fmi sono intervenuti per evitare il disastro, sono passate all’incasso di guadagni inimmaginabili. Goldman Sachs ha addirittura speculato sul debito greco, che lei stessa aveva nascosto ai tempi dei governi di centro destra attraverso operazioni finanziarie, facendone schizzare al cielo gli interessi, e sempre lei, insieme J. P. Morgan ed altre grandi banche, ha costituito fondi infrastrutturali per acquistare in Europa le attività statali svendute dai governi per fare cassa con le privatizzazioni imposte dagli ottusi rigoristi di Berlino; il tutto grazie ai fiumi di denaro della Fed che a questo venivano destinati, mentre disoccupati e homeless riempivano strade e periferie. In questo modo la crisi è stata un business senza precedenti per il famoso “un per cento” della popolazione, sulle spalle del resto della società; i milionari sono aumentati a dismisura insieme a un Pil bugiardo che ha ripreso a correre insieme alla povertà che ha inghiottito milioni di famiglie con l’esplosione delle più abiette diseguaglianze. Perché la Fed ha fatto questa

scelta, correndo in soccorso delle istituzioni che avevano determinato il disastro e coprendole mentre continuavano il saccheggio alle spalle della società americana e del mondo intero? Secondo le dichiarazioni ufficiali, essa ha compiuto una scelta tecnica imparziale e autonoma, ma se solo si guarda agli organigrammi ci si accorge che, seguendo un’antica consuetudine, Ben Bernake, Janet Yellen chiamata a succedergli e la stragrande maggioranza dei più alti rappresentanti della Fed e degli organismi di controllo sul mondo della finanza provengono da Wall Street e dalle istituzioni finanziarie più importanti, con cui continuano a coltivare stretti rapporti. Per fare un unico esempio fra i tantissimi, Jamie Dimon, Presidente di J.P. Morgan, era a capo della Fed di New York quando la sua banca non solo veniva esentata dai requisiti sul capitale, ma riceveva 29 Mld per acquisire Bear Stearns, zeppa di titoli tossici, il cui rischio veniva accollato alla Fed. Per dirla con Timothy Canova, la gestione della Fed è quella di “un pollaio gestito dalle volpi”. In questo modo, un sistema corporativo, separato dal resto della società e refrattario alle esigenze e agli interessi della massa della popolazione, ha manovrato somme enormi nel proprio esclusivo interesse. In questo modo, piegando norme e regolamenti a piacimento, e al riparo da ogni controllo, un ristretto numero di soggetti prima ha messo in crisi l’intero pianeta con le più assurde operazioni finanziarie dettate solo dall’avidità, poi ha lucrato somme incredibili grazie al disastro che aveva causato. E mentre a Wall Street si brindava per la pioggia di miliardi che la ricopriva, il mondo si riempiva di disoccupati, le famiglie finivano nella povertà, le aziende fallivano. Benvenuti nel paradiso del liberismo.

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MARZO 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche Una “democrazia protetta”? di Maurizio Ballistreri

La fine del bicameralismo perfetto nella riforma costituzionale e la nuova legge elettorale sono sostenute dalla maggioranza del Pd quali espressive dell’esigenza di governabilità del nostro sistema politico, per conseguire una vera democrazia matura, aliena da infiltrazioni estremistiche. I toni, invero, richiamano la politica italiana dei primi anni ’50 del ‘900, allorquando si sviluppò in Italia un serrato dibattito sulla “democrazia protetta”, espressione che in politologia si utilizza per indicare un quadro di norme che vietano i comportamenti finalizzati a scardinare la costituzione e l’ordinamento democratico di uno stato. Il tentativo del governo centrista di “proteggere

la democrazia” si sviluppò essenzialmente lungo tre direttrici: la mancata emanazione di alcune leggi di attuazione della Costituzione (in primo luogo della Corte costituzionale), il tentativo di varare una legislazione speciale, principalmente contro il partito comunista (che però non venne mai approvata), la drastica restrizione del diritto di sciopero e della libertà di stampa, la legge elettorale del 1953: la cosiddetta “legge truffa”; legge, quest’ultima, assai più democratica dell’Italicum in discussione nel nostro Parlamento, poiché prevedeva di assegnare il 65 per cento dei seggi alla coalizione che avesse raggiunto il 50 per cento più uno dei voti validi espressi, a fronte di un premio di maggioranza, pari al 55% dei seggi, che scatterà con il 40% dei voti validi nel testo già approvato in Senato ai giorni nostri. Quel modello fu giustificato dal governo presieduto da Alcide De Gasperi e dalle forze di maggioranza (partiti laici e socialdemocratici) con la necessità di contrastare il “pericolo comunista”, che avrebbe potuto inglobare l’Italia nell’orbita sovietica. Solo inserendo gli avvenimenti italiani nel contesto bipolare planetario, segnato dalla “Guerra fredda” e dal

pericolo di un conflitto nucleare con epicentro la Corea, infatti, si può capire la necessità avvertita dal governo di intraprendere iniziative istituzionali a tutela dello “Stato democratico”. Lo scenario geopolitico serviva a giustificare l’anticomunismo ideologico della maggioranza di governo, anche se riequilibrato, sia pure formalmente, dalla “Legge-Scelba” del 1952 contro la ricostituzione del partito fascista, configurando così una sorta di Berufsverboten all’italiana, il divieto costituzionale tedesco di costituire partiti comunisti e neonazisti. Riecheggia la metafora dell’autobus: lo Stato non è solo il controllore che si occupa unicamente di obliterare i biglietti dei passeggeri, ma deve decidere chi può salire a bordo. Ma oggi un’ipotesi di “democrazia protetta”, senza più il “pericolo comunista” e quello neofascista, è attuale? Ricorrono le parole del filosofo inglese Isaiah Berlin “La libertà per i lupi è la morte per gli agnelli” in The Crooked Timber of Humanity (Il legno storto dell’umanità), per ribadire l’importanza del bilanciamento tra i valori di libertà ed eguaglianza all’interno del pensiero democratico contemporaneo.

Da la foto della

settimana

(Un siciliano alla guida de “Il Foglio”) E’ arrivato Cerasa della scuola “prezzi fissi” di Enzo Trantino Mentre avanza la “democratura” (“democrazia pilotata” si diceva, profeticamente, una volta) esplode un personaggio del giornalismo nazionale, nato a Palermo (ascoltandolo in televisione ci è sembrato “orientale”, della Sicilia orientale cioè: sangue greco più che arabo, pensiero tagliente), Claudio Cerasa, il nuovo direttore di un giornale prezioso, “Il Foglio”, che deve essere letto con cura perché come il tritolo smossa, spiana, sopprime: a secondo l’uso, a secondo la carica. Lo abbiamo incrociato in un dibattito televisivo sulla responsabilità civile dei magistrati (più propriamente dei “giudici”, perché “violazioni di legge, travisamento del fatto o della prova”, sono attribuibili soprattutto ai soggetti che pronunciano “in nome del popolo italiano”, in nome, cioè, di tutti noi, anche di Cerasa… Il professore Fiandaca resta scettico…). Sembrava all’inizio un giovane ascoltatore serio e interessato, come l’Etna appare quieta, gentile nel verde e decisa nella pietra. E come il vulcano, quando prese la parola, esplose: documentato senza appunti, freddo ma appassionato, tosto ma civile. Il video si raddoppiò, Mentana, conduttore specialissimo, ebbe un riscontro nella scelta. Siamo addetti ai lavori, e non vogliamo etichette di “pro” e di “contro”, riscontrandoci in assoluto nell’intervento della nostra Camera penale: l’assenso o il dissenso non viene accolto in pace costruttiva, ma è sempre causa di veneficio delle tesi. E’ malattia… esantematica. L’interesse immediato è nel salutare un altro siciliano alla guida di un quotidiano nazionale, siderurgico nelle provocazioni (almeno per noi): martella, provoca scintille, forgia immagini e pensieri, è chiave o pugnale. Comunque è ferro specifico per usi specifici. Giuliano Ferrara, maestro incantatore, ha sempre amato stupire senza cercare esibizioni (che ne deve fare uno che dall’intelligenza pulita, non schierata, ha tutto ottenuto in ammirazione, consenso, invidia positiva?). Giuliano è ostetrico d’ingegni: ha puntato su tanti, dal patriarca ironico e saggio, Giuseppe Sottile, all’esplosivo, incatalocabile per eccesso di fosforo, Pietrangelo Buttafuoco, all’intelligenza mansueta e aggressiva di Stefano Di Michele, a una redazione di valori lucenti. Più che ritratti al muro, protagonisti di qualità: tutti usciti dalla “normalità” e perciò riusciti… Ci mancava la conoscenza diretta del nuovo direttore (quando ci recavamo per un saluto in redazione, Claudio era assente, perché a scuola, data l’età…). Ora è il direttore. Resta attivissima la scuola dei “prezzi fissi”; dove sono aboliti gli “sconti”. Nel Foglio colorato di lunedì nove marzo, tra tanta oreficeria, ci ha colpito, una “cassetta” in cui Nicola Porro (perfetto domatore televisivo), riporta un imperdibile “ritratto” di “un signore che si chiama Sergio Ricossa”, autore di un libro… inevitabile per coltivare la libertà: “Straborghese”. Un farmaco, prima che un prodotto editoriale… Ci fermiamo. Se la cosa interessa, basta dirlo. Riprenderemo il racconto.

Con l’Europa investiamo nel vostro futuro!

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MARZO 2015 - Attualità

All’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” incontro sui controlli alimentari d i L e lla Ba t t ia t o Sono state presentate e illustrate nell’aula magna dell’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania le linee guida sulla prevenzione, sicurezza e igiene alimentare dai funzionari della Polizia di Stato – Questura di Catania Food Safety “Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico”; relatori: Dott. Fabrizio Busacca (commissario capo U.P.G.S.P.), Dott. Cristian Fioriglio (Ag. Sc. Volanti – 113), Assistente capo Yuri Galasso. Il dirigente scolastico Daniela Di Piazza ha aperto i lavori ringraziando gli illustri ospiti sottolineando il contributo che offrono ogni giorno sul territorio e l’importanza dell’incontro nella scuola ai fini della formazione e professionalità degli alunni nel settore, per spendersi nel mercato del lavoro, osservando le regole e offrendo servizi che siano adeguati al rispetto della legalità alimentare, la chiave di tutto è l’informazione per modificare i comportamenti. I funzionari rivolgendosi agli alunni utilizzando modalità adeguate al setting operativo, hanno esposto con chiarezza il ruolo della Polizia di Stato che si occupa dei controlli ispettivi di tutela alimentare volti a proteggere la salute pubblica, presso

Un momento dell’incontro gli esercizi commerciali addetti alla ristorazione; nella violazione delle norme si interviene non solo verbalizzando, come spiega il dott. Busacca, ma anche dove vengono riscontrate violazioni penali arrestando l’autore del reato. Questa attività è iniziata nel 2014 all’interno della Questura, istituendo una task-force interdisciplinare di cui fanno parte la Polizia di Stato, l’Asp, gli ispettori del lavoro e ognuno opera nel settore di competenza. I dati territoriali rivelano, per quanto riguarda il controllo e la sicurezza alimentare che sono

stati verificati ad oggi circa 200 esercizi alimentari e l’80% è stato sanzionato. La necessità di una cultura igienica corretta degli operatori della ristorazione nasce dalla risoluzione dell’O.M.S. n. 785/89 che ha evidenziato, che gli accertamenti sanitari di routine sono inefficaci ai fini di un’adeguata attività di prevenzione delle malattie di origine alimentare, per cui rappresentano un’inutile spreco di risorse umane ed economiche; invece, chiarisce il dott. Fioriglio, un adeguato percorso di formazione e aggior-

namento continuo degli addetti con utilizzo di giuste tecnologie di sicurezza sono più utili allo scopo. I dati provenienti dai sistemi di sorveglianza hanno evidenziato come le tossinfezioni da alimenti non siano quasi mai legate allo stato di salute degli operatori alimentari (chiamati in causa solo nello 0,6% dei casi) ma siano, invece, legate alle procedure di approvvigionamento, preparazione, conservazione e somministrazione dei cibi. Gli alunni hanno partecipato attivamente non solo ascoltando attentamente ma ponendo domande appropriate per approfondire le loro conoscenze. Il funzionario Fioriglio, rivolgendosi ai ragazzi li responsabilizza indicandoli come futuri operatori nel settore alimentare, riferisce sui rischi del cibo avariato e le patologie ad esso annesse come botulino, agente patogeno neurobloccante che si può anche morire. Sotto accusa decine di locali, dove i topi ballano nei sacchi di farina e ceci, con panifici infestati dalle blatte in seguito a condotte errate dei titolari. Ha, continuato esponendo le regole che descrivono i metodi le attrezzature i mezzi e la gestione della produzione per assicurare gli standard di qualità appropriati soffermandosi sugli H.A.C.C.P. (analisi rischi

di controllo, una strategia adottata per garantire gli astronauti e la loro salubrità nel viaggio spaziale). Mette l’accento sulla prevenzione, attraverso le buone norme di lavorazione e le buone pratiche igieniche di sanificazione, attraverso la buona qualità delle materie prime e la conservazione alle temperature idonee e la giusta organizzazione del lavoro, la disinfezione e la disinfestazione. Presenta le normative sulla legislazione alimentare e i controlli attuati dagli organi ispettivi pubblici come la polizia di stato riferendosi al Libro Bianco sulla sicurezza alimentare, GMP: produzione e controllo dei processi (schede, tabelle dietetiche, scadenze sulle confezioni, controllo sul peso delle derrate) relativo alle strutture, i requisiti dei locali. Tutto ciò può funzionare solo se il personale è qualificato e aggiornato. Una giornata importante che ha avuto il plauso di alunni e docenti per gli efficienti oratori degli uffici delle volanti, che spesso debbono assumere il ruolo di tuttologi; hanno dato risposte concrete, e il dott. Busacca ha lanciato un messaggio di promozione per la legalità nel settore alimentare. I cittadini possono fare le segnalazioni al 113 o alla Questura per posta.

Luca Barbareschi all’ABC “Cercando segnali d’amore nell’universo” Luca Barbareschi, porta in Sicilia la tournée del suo spettacolo Cercando segnali d’amore nell’universo con la regia di Chiara Noschese, dal teatro Pino Di Lorenzo di Noto al teatro ABC di Catania per continuare tra Carlentini e Modica, un one man show di quasi due ore senza intervallo per festeggiare 40 anni di “onorata carriera”. In scena emozioni senza filtri tra palco e pubblico che racconta se stesso attraverso grandi emozioni che arrivano al cuore dello spettatore in maniera ironica, divertente, affascinando e incantando il pubblico, ripercorrendo il suo percorso artistico e umano. Inserisce anche il monologo del Gattopardo, che ha portato in scena dieci anni fa debuttando a Taormina, quasi sessant’anni ma con la leggerezza di un giovinetto. Metateatro dove elimina artificiosità e gioca il suo ruolo tra persona e personaggio in un crescendo di situazioni, raccon-

ti, momenti, ricordi, emozioni. Anche la scena ha un grande impatto emotivo, l’autore-attore accompagna lo spettatore in un viaggio sospeso nella magia del gioco teatrale con il “pretesto” della sua biografia racconta la sua vita intrecciandola con l’ironia di Mamet, l’entusiasmo visionario di Cervantes, la saggezza di Shakespeare, Wedekind, Tomasi di Lampedusa, Eschilo, Leopardi e l’accompagnamento di grandissimi autori musicali (Mozart, James Taylor, Bill Evans, Simon&Garfunkuel, Chico Buarque). In ogni scena succede un miracolo d’amore e la gente ride e si commuove con lunghi appalusi, “i genitori si subiscono, non si scelgono”, un padre con la sindrome di Ulisse, muscoli bellezza e cultore del gluteo, verbalizzatore, io bambino fragile e obbediente e una madre vaga, tata emiliana … ma sì! tutto il mondo è teatro. E poi figlio di divorziati, allora era come una malattia infettiva,

chiuso in collegio dei Gesuiti, Messa in latino, 500 domande di catechismo, avevo certezze anche con le mie due vecchie zie, era il mio viatico. Vado a scuola pubblica, privata non Luca Barbareschi avevo imparato nulla, ricorda Levi-Strauss se non riusciremo a far entrare antropologo e il compagno stra- amore, fantasia e immaginaniero Cesare, primario chirurgo zione nella nostra vita. […] In a solo 28 anni e morto di cancro questa avventura ho, con tanto a 29. Ed ecco che il teatro diven- affetto e onestà, accompagnato ta il palcoscenico della sua vita e un artista di enorme talento in un il suo punto di forza come sotto- percorso esaltante, emozionante, linea Chiara Noschese “Il teatro autentico”. è un luogo sicuro in cui Luca si Un linguaggio teatrale ricco di sente finalmente a proprio agio, passioni, dedicato a quanti non la passione alla quale continua a hanno smesso di cercare nei loro dedicarsi con energia e impegno, sogni, nei cieli notturni, nelle lo fa con la coscienza che que- storie antiche, nelle lunghe atsto nostro essere uomini cesserà tese, nella voglia di fare festa

perché la vita è questo strano gioco nel quale tutti ci troviamo a recitare. Lo show è arricchito dalla band musicale di Marco Zurzolo, musicista e amico con cui ha condiviso tante avventure artistiche: Zurzolo sax, Mario Nappi piano, Antonio Murro chitarra e voce, Diego Imparato contrabbasso, Gianluca Brignano batteria. A questi si aggiungono i brani la chitarra o il pianoforte dello stesso barbareschi. In scena recita canta, soffre, piange, sorride, suona, balla e canta, è un grande e senza essere patetico può permettersi tutto, non c’è mai retorica, non nasconde nulla. La musica è importante sia nella vita reale come sul palcoscenico e l’aiuta a cristallizzare nel ricordo ogni momento di vita vissuta. Dove arriva la finzione e dove la realtà? Sta allo spettatore scegliere, un invito a compiere anche lui un viaggio emotivo nell’”utopia teatrale”. L.B.

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MARZO 2015 - Spettacolo

Al Teatro Verga la lunga e vana attesa di Godot d i Al d o Ma t t ina Per la Stagione di prosa del Teatro Verga è stata la volta di un pregevole allestimento di quello che può essere ritenuto uno dei più emblematici e straordinari lavori del teatro contemporaneo: “Aspettando Godot” di Samuel Beckett. Lo spettacolo, prodotto dal ‘Centro di produzione d’arte contemporanea Teatro Carcano’ di Milano si avvaleva della determinante interpretazione di uno splendido “quartetto” d’attori con Antonio Salines e Luciano Virgilio che impersonavano i due vagabondi Estragone e Vladimiro in eterna attesa di un fantomatico Godot che non giungerà mai, Edoardo Siravo nei panni di Pozzo ed Enrico Bonavera in quelli dell’angariato Lucky. In breve apparizione alla fine dei due rispettivi atti, Michele Degirolamo, il ragazzo che reca la solita notizia che Godot “oggi non verrà, verrà domani…” Un teatro dell’assurdo, quello dello scrittore irlandese, ma anche un teatro di parola, di monologo più che di dialogo (e l’influenza dell’amico-maestro Joyce, con il modello del monologo interiore, appare in tutta la

A. Salines, L. Virgilio, E. Siravo, E. Bonavera sua evidenza) che ha dato voce all’angoscia dell’uomo contemporaneo con toni da commedia ma, anche, di profonda meditazione, segnando profondamente la drammaturgia del secondo Novecento. Un “pezzo” di grande teatro reso magnificamente nella sua essenzialità, nel suo voluto “vuoto” dalla regia di Maurizio Scaparro e dalle scene di Francesco Bottai (al centro campeggia solo uno stilizzato e spoglio albero che nel secondo atto presenterà una improvvisa mini-fioritura) con i costumi di Lorenzo Cutuli ed il disegno delle luci di Salvo Manganaro.

Uno spettacolo, magnifico, rigoroso, capace di rendere con il massimo di equilibrio le varie componenti che connotano il testo e la in-azione: c’è un gusto metafisico, quanto basta, c’è anche un’apparente naturalità o meglio ancora umanità nei personaggi, i quali occupano la loro vana attesa con dialoghi e silenzi, debitamente miscelati, fatti di banalità, di quotidianità, anche di umorismo più o meno involontario. Diretti con una perfetta scelta dei tempi da Scaparro, Salines e Virgilio disegnano due personaggi umanissimi e tragici, poetici e leggeri, attorno alla frase ricor-

Luciano Virgilio, Antonio Salines (ph. Andrea Gatopoulos) rente che rappresenta tutto il senso, o meglio il non-senso, della pieces: “Allora andiamo” – “Non si può” – “perché?” – “Aspettiamo Godot” – “Già, è vero”. Dal canto suo Edoardo Siravo irrompe sulla scena interpretando un Pozzo borioso, giocoliere, apparentemente privo di incertezze, aguzzino ma in fondo anche vittima di quel Lucky (un disinvolto e plastico Enrico Bonavera) a cui è affidato il più strampalato e assurdo monologo della commedia quando gli si ordina di ‘pensare’; un momento di vero e proprio ‘virtuosismo della parola’. ‘Aspettando Godot’ non può

essere più considerato né teatro d’avanguardia, né teatro dell’assurdo sic et simpliciter. E’ teatro allo stato puro ormai entrato nella storia della cultura. Ogni nuovo allestimento è una sfida e chi lo realizza deve avere la consapevolezza che si cimenta con un’opera già sviscerata e interpretata dai più grandi registi e dai più grandi attori. Accostatosi per la prima volta a Beckett, Maurizio Scaparro ha vinto la sua sfida e ha segnato una tappa fondamentale nell’interpretazione del capolavoro beckettiano; e certo deve dire anche grazie ai suoi magnifici atto

Grande Ottocento, grandi Sinfonie con Hubert Soudant È veramente ‘mimetica’ l’Orchestra stabile del Teatro Massimo, capace di repentini cambi di valore nella performance, a seconda di chi si trovi sul podio; così a distanza di una sola settimana appariva piacevolmente e positivamente trasformata poiché diretta da una bacchetta prestigiosa come quella dell’olandese Hubert Soudant, cui è legata da lunga e profiqua frequentazione, a dimostrazione di quanto sia importante essere diretti da un artista in grado di valorizzare un complesso che possegga grandi potenzialità, ma non sia sempre in grado di esprimerle al massimo. Il concerto di cui ci stiamo occupando è stato il nono della presente stagione sinfonica 2014-15 e presentava in locandina due grandi pagine del sinfonismo ottocentesco che nel catalogo dei due rispettivi compositori occupano una posizione di rilievo, anche se non sono tra le più popolari; ma stiamo parlando pur sempre di Ludwig van Beethoven e di Pëtr Il’ič

Čajkovskij e quindi tutto è relativo. I capolavori sono assicurati. La Sinfonia n.8 in fa maggiore, op.93 fu composta da Beethoven nel 1812, insieme alla più nota Hubert Soudant dirige l’orchestra del Massimo Hubert Soudant Settima. nomo. Entrambe furono eseguite per la un Mozart. cura del particolare, dalla timNella seconda parte del con- brica all’agogica all’equilibrio prima volta in pubblico soltanto Proprio questa serena levidue anni dopo, ed è sintomatico tà Hubert Soudant è riuscito a certo erano le più ampie sonorità fonico tra le diverse famiglie che lo stesso autore preferisse cogliere con la sua esecuzione, della Sinfonia n.4 in fa minore, strumentali. Il risultato è stal’Ottava alla più celebre ‘sorel- guidando un’orchestra ‘traspa- op.36 di Čajkovskij (scritta nel to brillante e vivace, privo di la’. E’ un’operà di una gioiosità rente’ come non mai; al tempo 1877/78) ad impegnare l’orche- quella magniloquente retorica e serenità quasi insolite per Bee- stesso è risultata particolarmen- stra catanese, ampliata nell’or- che troppo spesso accompagna thoven (e per questo la ‘piccola’ te briosa ed appropriata la scel- ganico, e la lettura di Soudant l’esecuzione delle composizioni sinfonia fu in passato piuttosto ta del tempo con la sua ritmica non si limitava ad assecondare ciaikovskiane. incompresa e quasi trascurata); scorrevole e preziosa; mirabile la vitalità del compositore rusPubblico particolarmente possiede una compostezza che la sapida scherzosità del secon- so, culminante nel travolgente soddisfatto e caloroso, ma il ci riporta alla concezione ‘clas- do tempo, Allegretto scherzan- finale, Allegro con fuoco, ma teatro non risulta ancora ‘tutto sica’ di un Haydn (con tanto di do, dedicato a Mälzel e alla sua percorreva l’intera sinfonia esaurito’. A quando? Minuetto nel terzo tempo) e di recente invenzione del metro- con una ricercata e minuziosa A.M.

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Il libro della settimana Disagio, devianza, carcere e dopo: testimonianze sulla condizione carceraria in Italia di Giovanni Vecchio

Antonio Ingroia - Nuove indagini sull’assunzione di settantacinque dipendenti da parte di Sicilia e-Servizi, la società che gestisce il sistema informatico della Regione Siciliana. È quello che ha ordinato il Gip del tribunale di Palermo Lorenzo Matassa, respingendo la richiesta d’archiviazione avanzata dalla Procura. E se la richiesta d’archiviazione era “a carico d’ignoti”, adesso Matassa chiede alla procura l’iscrizione nel registro degli indagati “dei nomi compiutamente identificati dalla polizia giudiziaria”: cioè il governatore Rosario Crocetta, l’ex pm Antonio Ingroia, oggi amministratore di Sicilia e-Servizi, più sei ex assessori regionali. 0 – da inquisitore a….inquisito

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Raffaele Fitto - Un flop “fitto fitto” - semideserto l’incontro a Torino con il “ricostruttore”: senza le truppe cammellate dalla Puglia, il dissidente non va da nessuna parte. Altro che nuovo leader di Forza Italia! 2 – leader senza truppe! Antonio Razzi – Sentite cosa ha dichiarato il senatore Razzi (quello vero non la fantastica imitazione di Maurizio Crozza….): “Ogni donna fa quello che vuole, ma mia moglie lo preferisco perché sta a casa, è spagnola ma ha imbarato a fare da mangiare molto bene. Io sono un pastaro, mangio tranquillo mezzo chilo di pasta al giorno, e lei la fa molto bene. La pasta c’ha dentro i calboidratets (carboidrati, ndr), e mantiene snelli, dinamici, sportivi”. 6 – surreale!

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Corrado Passera - “L’Italia non può più assorbire altri immigrati di livello mediobasso”: questa è la dichiarazione dell’ex banchiere e top manager, aspirante leader politico del centrodestra Corrado Passera. 3 – leader, dell’ovvietà!

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Marco Rizzo - Noi siamo marxisti-leninisti”, ha detto, fiero, l’ex parlamentare dei Comunisti italiani raccontando che, adesso a soli 55 anni, si trova fuori dalla politica dei palazzi romani, e deve arrivare a fine mese con un vitalizio di “soli” 4.500 euro netti al mese perché è stato vent’anni in parlamento. E i precari? E i pensionati a 400 euro al mese? E i disoccupati? “Ma mi faccia il piacere, se ne vada, avrebbe detto l’immenso Totò!”. 0 – comunista al caviale!

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Susanna Camusso - Maurizio Landini è stato smentito dalla Cgil. Il portavoce del sindacato ha precisato che “né il segretario generale della Cgil né la Segreteria della Cgil, sono stati informati della riunione di ieri della Fiom in cui si è discusso della formazione di una “coalizione sociale” e, tantomeno, ha espresso “appoggio” a quel progetto”. Roba da Presidium del Soviet supremo! 1 – neosovietica!

di S par tacus

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I nostri voti

possibilità che il futuro riserva a ciascuno di noi di cambiare e di scrivere un pezzo diverso della nostra storia, di poter imprimere cioè alla nostra vita uno sviluppo ancora inedito e non previsto in modo automatico o deterministico”. Atti autolesionistici e suicidi sono fenomeni frequenti all’interno delle carceri, ma vi si risponde soltanto con l’esasperazione di forme di sorveglianza intramuraria. Il vissuto della maggior parte dei detenuti, quando non giunge a questi estremi, alimenta, una volta ritornati in libertà, il fenomeno della recidiva. Per evitare questi esiti e rafforzare la propria identità, si individua il lavoro “vero mezzo di liberazione”. Nel racconto dell’esperienza con i minori risulta interessante la parte in cui si descrivono le pratiche di scrittura autobiografica in cui i ragazzi raccontano la loro vita recuperando la dimensione culturale e sviluppando in loro un’azione “terapeutica”. Tra i saggi (tutti interessanti) meritano di essere segnalati almeno quello di Emma Seminara dal titolo “Chi sbaglia paga (la pena dell’esclusione) ma chi cade va aiutato a rialzarsi (funzione della pena di re-inclusione)”, quello di Maria Pia Fontana sugli scenari giuridici e organizzativi della mediazione penale minorile in Italia e quello della curatrice del testo Nella Leone, docente di inglese nelle carceri, che raccoglie una serie di scritti di detenuti adulti, che esprimono i loro pensieri e le loro angosce . L’ultimo capitolo testimonia il serpeggiante senso di indifferenza e talora di ostilità dell’opinione pubblica, dei media e delle stesse istituzioni e l’esigenza di mettere al centro dell’attenzione la riabilitazione del detenuto per procedere “oltre i silenzi del vuoto”. E’ tutt’altro che un libro di letteratura di evasione, è piuttosto una testimonianza davvero drammatica di una situazione difficile da descrivere e da narrare, che ci obbliga davvero a fare un serio esame di coscienza.

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“Oltre i silenzi del vuoto” a cura di Nella Leone (Tiche Edizioni, Siracusa 2014) è un testo a più mani che porta un sottotitolo interessante “Disagio, devianza, carcere e dopo” e contiene una serie di riflessioni e documenti (vi è allegato anche un CD) sulla realtà carceraria ordinaria e minorile in Italia. Nel libro sono raccolte le esperienze di magistrati, assistenti sociali, educatori e insegnanti, che ci presentano una disamina della problematica carceraria negli ultimi anni in rapporto anche alla normativa vigente o ci confidano i loro vissuti sul campo a contatto non solo con l’ambiente carcerario dal punto di vista fisico, bensì e soprattutto, dal punto di vista umano con attenzione speciale agli aspetti rieducativi (che si traducono in diseducativi), contraddicendo l’art. 27, comma 3, della Costituzione Italiana che così recita:” Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. I vari contributi focalizzano, infatti, la loro attenzione sulla funzione riabilitativa della sanzione penale. In Italia non è contemplata la pena di morte, mentre invece nel vigente codice è previsto l’ergastolo. Alcuni degli autori dei saggi sottolineano come la persistenza dell’ergastolo escluda qualsiasi speranza perché la reclusione a vita impedisce la ricostruzione di un ruolo attivo in ambito sociale. Spesso sono le stesse condizioni della stragrande maggioranza delle carceri italiane (pochi sono gli esempi positivi) che contribuiscono, con le condizioni detentive, alla mortificazione della dignità spegnendo ogni speranza. Nella sua lucida introduzione la dott.ssa Maria Pia Fontana, assistente sociale specialista presso l’ufficio di Servizio sociale minorenni del ministero della Giustizia di Catania, scrive: “…Quando muore la capacità dell’uomo di riscattarsi, subentra la disperazione che non è altro che l’uccisione della speranza e della fiducia nella

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

L’acquario mezzo pieno e mezzo vuoto Un acquario pieno di acqua sino al bordo pesa 200 kg. Quando é meta’ vuoto, lo stesso acquario pesa 130 kg. Quanto pesa l’acquario vuoto?

Il mattone

Un mattone pesa 10 kg. piu’ mezzo mattone. Quanto pesa un mattone?

Numeri a quattro cifre

Laura e’ alle prese con dei numeri a quattro cifre ABCD non nulle e diverse tra loro. Qual e’ il piu’ piccolo numero a quattro cifre ABCD che risulta divisibile per quel numero a due cifre che si ottiende da esso togliendo le due cifre centrali?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Sequenza numeriche: 8-9+6-4+5+6-2; Sport: 84 minuti; Differenze: A=7, B=5, C=8, D=2

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Cenerentola Un film di Kenneth Branagh. Con Lily James, Richard Madden, Cate Blanchett, Helena Bonham Carter, Holliday Grainger Un ottimo film per famiglie nel senso più adulto del termine. Cenerentola di Kenneth Branagh si prende cura di coinvolgere i nostalgici del film di animazione del 1950 forse più di quanto lo faccia con l’audience di spettatori giovani. Il trend Disney di adattamento di fiabe e classici animati in lungometraggi in carne e ossa funziona qui al suo meglio, a cominciare dall’aspetto tecnico: Dante Ferretti costruisce la scena (e la ruba costantemente agli attori con le sue scenografie portentose), Sandy Powell crea i costumi assicurandosi di colpire lo spettatore con un trionfo di colori accesi ed esagerati. Il pacchetto include una dose solida (ma non troppo invasiva come nei film precedenti) di effetti speciali che si prendono cura di contestualizzare ed estendere il mondo delle fiabe nella realtà. Al resto ci pensa Branagh, al terzo blockbuster di fila dopo la sua rinascita hollywoodiana con Thor, sempre impegnato a cercare respiro in ogni dinamica in una storia di cui conosciamo già tutto lo sviluppo. Ciononostante, il suo lavoro concede allo spettatore la possibilità di lasciarsi andare. Come in una scacchiera di intrattenimento, il regista piazza tutte le pedine sforzandosi nel rendere credibile e umano il regno Disney (è questa la cosa che gli interessa di più). Chi ha sempre supportato il suo lavoro, guarderà probabilmente con nostalgia i tempi in cui realizzava i suoi di adattamenti, quelli shakespeariani - a cui probabilmente avrà la possibilità di ritornare proprio grazie ai risultati di questo film -eppure anche qui si riescono a cogliere i tratti del cinema di Branagh con Cenerentola presentata come un’eroina a cavallo in grado di fare innamorare un principe che maturerà proprio grazie alla scoperta dei suoi sentimenti. Cate Blanchett è impeccabile in uno dei ruoli più divertenti della sua carriera, ma sono i cinque minuti in scena di Helena Bonham Carter che valgono il prezzo del biglietto (più l’attrice va avanti con l’età più la scopriamo esilarante). L’intera sequenza dello scoccare della mezzanotte è quanto di più riuscito e avvincente prodotto in casa Disney negli ultimi anni. Anche per questo Cenerentola di Branagh è più solido del delirante Alice in Wonderland, meno creativo ma mai noioso come Il grande e potente Oz e più vero nella sua ricostruzione rispetto a Maleficent. Cenerentola è distribuito da The Walt Disney Company Italia.

Che bella cravatta professore Cosmo! di Danila Intelisano E’ degli anni Cinquanta quando ero più che maggiorenne ma bellezza e qualità non hanno tempo. Catania vanta un prestigioso passato sartoriale, tanto da essere denominata, dagli inizi del secolo scorso sino agli anni cinquanta, capitale della moda del Sud Europa. Le prime sartorie: Di Bartolo, Meli, Pandolfini portarono una ventata di novità nell’alta moda nazionale e non solo. Le vetrine splendevano come le luci di una giostra, ma solo nobili, artisti e borghesi facevano il loro ingresso nella giostra, per poi sfoggiare merletti e sete nel salotto catanese, la via Etnea. Nonno Iano Pandolfini, prima ai Quattro canti e poi a Piazza Manganelli - ricorda il nipote Niky - memoria storica arricchita dai racconti del padre Tino, figlio di Iano, si recava di persona a Londra e a Parigi e di persona abbigliava personaggi che hanno lasciato traccia, non solo di moneta. Maria Callas, non mancava mai, tra una Sonnambula e un risveglio da Traviata, di spendere una cifra iperbolica al suo passaggio, pari a circa quindici mila euro di oggi, e senza dimenticare il suo Meneghini almeno fino a quando Onassis non ha offuscato la seta luminosa delle sue cravatte. Meno devoto, ma moderatamente presente era Walter Chiari, il vulcano di idee che si spegneva nella sua apparente trasandatezza, ma che, ogni tanto, si riaccendeva con una bella camicia di seta. E tante battute, ma quelle dei veri artisti, prive di volgarità . Erano in tanti che, dopo la rappresentazione, venivano invitati dall’indimenticabile Turi Pandolfini a passare dal negozio per ricevere un omaggio di alta moda. Arte, musica ed eleganza erano le luci abbaglianti dei tempi e persino, di profezie avveratesi. Un giorno Tino si imbatte in negozio in un tal principe De Curtis, in arte Totò, che con mascella concitata e corpo snodevole, suggerisce a Tino, memore evidentemente del suo trauma con la suocera, di sposare un’orfana per un futuro radioso del matrimonio. Passa il tempo e, ci credereste? Tino incontra e sposa la bella Thea, che era orfana. E vissero felici e contenti.

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