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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 6 anno X - 7 febbraio 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Signor Presidente prenda quel treno di Fabio Tracuzzi Presidente Mattarella, subito una richiesta per lei. E’ ufficiale: a partire dal mese di giugno, il 13 giugno per l’esattezza, verranno definitivamente sospesi i treni a lunga distanza da e per la Sicilia il che vuol dire che “capolinea” sarà Villa San Giovanni. Chi parte in treno per Roma o qualsiasi altra destinazione deve andarsene con altri mezzi a Villa. Lo stesso per chi arriva, o vorrebbe arrivare, in Sicilia dal continente. Direte, e che c’entra Mattarella? Ecco, ci dia l’esempio da buon siciliano, quando dovrà tornare nella sua Palermo lo faccia in treno in modo che tutti potranno vedere che anche lui, il Presidente, deve subire questa ennesima grave lacerante umiliazione. Siciliani basta pagare tasse per mantenere un paese che non ci vuole e non ci considera. E la colpa è solo nostra che abbiamo sempre piegato la testa. Ora basta. Se subiremo ancora una volta in silenzio vuol dire che ci meritiamo tutto questo e anche il peggio che verrà. Presidente Mattarella...a lei la prossima mossa...Sempre che Renzi le dia il permesso ovviamente. Nel Pd siciliano, intanto, si torna a litigare e tutto lascia prevedere che presto si scatenerà un’altra guerra interna quindi in casa Pd hanno cose più importanti da pensare che ai miseri problemi dei siciliani. Qualche voce, sparcontinua a pag 12

Servizi a pag 12-13

Catania mafiosa?

Siracusa

Vere le accuse di Musumeci? Fuori i nomi

E ora per la Sgarlata c’è l’archiviazione

Servizi

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R. Tomarchio

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Ecco Sergio Mattarella, il presidente (si d i Maria de lo s Angeles Ga rcia La sorpresa - Erano veramente pochi quelli che, all’inizio, avevano seriamente pensato alla possibilità che Sergio Mattarella potesse assurgere alla più alta carica della Repubblica. Il toto nomine regionale, è vero, lo aveva individuato tra i papabili. Ma sembrava più che altro una di quelle nomination destinate ad occupare la scena in attesa che, dietro le quinte, maturassero gli accordi tra i partiti. E invece, veramente a sorpresa, nel giro di 24 ore, la nomina ha preso quota e, in maniera irrefrenabile, è giunta in aula, dove non ha incontrato ostacoli. E’ la prima volta che accade, nella casistica della elezione dei dodici presidenti della repubblica, che una nomina abbia addirittura “bucato” la scena. Sorprendendo, a quel che si è capito, sia il presidente del consiglio, Matteo Renzi, che l’ha avanzata, che lo stesso Mattarella, al momento in cui la presidente della Camera gli ha comunicato l’esito dello scrutinio d’aula, alla quarta votazione utile. Un record. La vittoria politica - Per Matteo Renzi si tratta, indiscutibilmente, di una vittoria politica: del successo indiscusso e indiscutibile di una proposta che riscatta il partito democratico dalla pessima immagine trasmessa agli italiani poco meno di due anni fa, quando 101 franchi tiratori impallinarono in un sol colpo la candidatura presidenziale di Romano Prodi e quella governativa di Pier Luigi Bersani. Il gruppo Pd si è ritrovato compatto. E ha imposto ai suoi alleati la candidatura unica di Sergio Mattarella, ottenendo l’effetto di piegare le residue resistenze. La manovra, tra l’altro, ha finito per isolare e sterilizzare i due partiti di opposizione: cinquestelle e forza italia. I grillini hanno votato per il loro candidato di bandiera, Ferdinando Imposimato. Forza Italia, spiazzata dall’accelerazione del processo, ha votato scheda bianca... Il presidente e l’unità - Ma Sergio Mattarella, poche ore dopo la sua elezione, ha subito

Uomo schivo e taciturno, il nuovo capo dello stato non ama il clamore e il “colore” della politica – La sua fede nelle istituzioni e nella Costituzione non lascia molti margini alla creatività riformistica – Il discorso d’insediamento ha indicato la strada: l’Italia ha bisogno di riforme urgenti ed efficaci spiazzato giornalisti e operatori politici, riservando a Silvio Berlusconi, una delle sue primissime telefonate. Per invitarlo alla cerimonia d’insediamento. E il discorso, certamente d’alto profilo, pronunciato dinanzi alle camere riunite, ha riconfermato il “credo” presidenziale rispetto alla sua funzione istituzionale super partes e a garanzia dell’unità nazionale. Che vuol dire questo? A ben leggere tra le righe del messaggio indirizzato alle Camere, la formula-Mattarella appare ben chiara e delineata con rigore. Il discorso - Intanto al primo posto nella sua lista di ringraziamenti e riconoscimenti istituzionali ha messo proprio quegli organi che sono cardini della costituzione e del suo funzionamento: dalla corte costituzionale al consiglio superiore della magistratura. Segue il valore dell’unità nazionale, intesa sia come coesione territoriale che come modo di intendere il rapporto tra cittadini e istituzioni. Il messaggio poliico che il presidente ha voluto ribadire, riguarda le scelte che il governo e il parlamento devono assumere per permettere il superamento della crisi. La crisi – ha detto Mattarella – ha prodotto povertà e ingiustizia. Per superare questa situazione occorre - ha affermato il presidente - invertire il ciclo economico. Garantendo la crescita dell’economia a livello europeo. Rimuovendo gli ostacoli che li-

mitano la libertà e l’uguaglianza. Esigendo riforme incisive in grado di dare risposte efficaci. Le riforme costituzionali, la legge elettorale, gli interventi sull’economia che il parlamento sta discutendo – ha detto Sergio Mattarella – possono rappresentare l’occasione per dare queste risposte. Il Presidente della Repubblica – ha detto – sarà arbitro imparziale. E puntuale applicatore delle regole. A condizione che i giocatori impegnati sulla scena politica giochino correttamente. E qui, per chi è esperto di cose democristiane, è chiaro che il gioco si fa duro. Il Presidente è stato chiaro: saranno applicate le regole costituzionali e non sarà consentito il gioco pericoloso. Chi deve intendere intenda... La costituzione - Il faro, per Mattarella, è la Costituzione. Che per lui è una sorta di religione laica. E a rileggere il suo curriculum, si potrà ben comprendere come l’uomo non sia uso a cedimenti rispetto ai suoi pur ecumenici principi politici. Per traghettare i principi della sua democrazia cristiana oltre tangentopoli e mani pulite, il Mattarella politico non esitò a praticarle una brutale eutanasia. La sua nomina conferma che, cancellato il partito, la democrazia cristiana ha continuato a vivere e prosperare – dal punto di vista ideologico – sulla gambe dei suoi sacerdoti laici. E per cementare il sistema istituzionale reduce dalla prima

Il presidente Sergio Mattarella repubblica, il Mattarella legislatore non ebbe remore a confezionare una legge elettorale che fu considerata unanimamente inadeguata, per avere il pregio di non favorire nessuno. E il Mattarella costituzionalista, appena qualche mese fa, non ha avuto remore nel cancellare la figura del Commissario dello Stato che, per oltre 65 anni, aveva esercitato il controllo preventivo di costituzionalità sulle leggi approvate dall’assemblea regionale siciliana. La lotta alla mafia - Un capitolo a sé, Mattarella ha voluto dedicare alla lotta alla mafia. Ricordando l’impegno di tutti quei magistrati che, sulle orme di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si prodigano per estirpare la malapianta della mafia dalla nostra società. Mattarella ha legato il suo nome alla leale, costante, vera, lotta alla mafia. E questa sottolineatura inserita nel discorso di insediamento è solo una conferma della sua visione genuinamente legalitaria. Non a caso il Presidente ha voluto abbinare questo richiamo a quello alla lotta alla corruzione: un cancro che mina la solidità e la credibilità del tessuto istituzionale. L’impegno su questi due fronti, con uguale forza, permetterà risposte precise alle attese di giustizia che vengono dalla base. Tempi duri si preparano, insomma, per i professionisti dell’antimafia di maniera e per i maneggioni della politica. Dal

Quirinale non ci saranno protezioni. Le paure della politica - Ma davvero, l’elezione di Sergio Mattarella è una pagina latte e miele della politica italiana? A ben guardare la politica ha avuto, anche in questa occasione, una gran paura di sbagliare. Non so dire se la paura fosse limitata al puro senso estetico, o se ci fosse sotto una paura dei contenuti. Un fatto è certo: Mattarella non era certo al centro dell’attenzione della politica italiana. E in molti si sono “buttati” sotto la valutazione positiva e all’apparente understatement del suo cursus honorum. I registi dell’operazione Mattarella, però, avevano paura del voto segreto. Tanta paura. Al punto da applicare il sistema tanto banale quanto volgare della “firma” e del “controllo” del voto. Una pratica tanto deprecata – a parole – da essere nei fatti vietata dalla legge. Incuranti di questo “dettaglio”, i deputati eletti con una legge che la corte Costituzionale ha dichiarato non in regola con la Carta fondamentale, hanno eletto il Capo dello Stato utilizzando un sistema ufficialmente vietato. Chi ha seguito lo spoglio ha potuto vedere che i diversi partiti hanno votato in maniera differente: alcuni hanno votato Sergio Mattarella. Altri hanno scritto S. Mattarella. Altri ancora hanno utilizzato la dicitura on. Mattarella Sergio... Le diffe-

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(siciliano) che sembra tutto d’un pezzo renti “opzioni” hanno permesso di “controllare” il voto e hanno impedito – di fatto – la libera espressione della libertà di voto, costituzionalmente garantita a ogni parlamentare. Mattarella il temibile - Il nuovo presidente, comunque, non sarà certamente di supporto alle politiche di governo. Per la destra e la sinistra. Se i partiti, giocando correttamente, approveranno leggi coerenti con il dettato costituzionale, non ci saranno problemi. Ma guai a mettere in discussione la centralità della Costituzione. Guai a mettere in discussione le libertà individuali. Guai a forzare le procedure ricorrendo sistematicamente alla decretazione d’urgenza. In questi casi il nuovo inquilino dei Quirinale, a poche ore dal suo insediamento, ha già annunciato battaglia. Battaglia senza pietà e senza indulgenza. Provare per credere. Il futuro sarà migliore? . Troppo presto e troppa carne al fuoco per poter comprendere – adesso – se il nostro futuro, con un presidente come Sergio Mattarella, sarà o meno migliore. Certamente sarà diverso. Giorgio Napolitano, infatti, lascia il suo incarico lasciando l’amaro in bocca a molte, troppe persone, in tutta Italia. Delusi dal suo comportamento

Sergio Mattarella con Matteo Renzi sono i grillini, che lo hanno accusano di aver pesantemente appoggiato la politica del Pd. Contrariati dalla sua azione politica, sono sempre stati i leghisti. E palesemente ostili sono i parlamentari di Forza Italia, che in Napolitano hanno identificato il vero leader-ombra del Pd. Sconcertati dal suo comportamento sono moltissimi magistrati italiani, più o meno amici di Antonio Ingroia. A loro l’atteggiamento del Capo dello Stato nella vicenda della “trattativa” con la mafia è risultata assai indigesta. Mattarella, da buon democristiano, è ecumenico. Proverà, con tutte le sue forze, a rappresentare tutti. E’ possibile che ci riesca

accontentando tutti, oppure – come è accaduto altre volte nel corso della sua lunga carriera politica - è possibile che riesca a scontentare tutti. Raggiungendo, in fondo, anche in questo caso un risultato “universale”. Cosa cambia nella politica italiana - L’elezione di Mattarella, comunque, chiarisce molte cose nella politica italiana. Intanto conferma che la seconda repubblica non ha ancora consegnato alla storia un solo statista degno di questo nome. Le procedure attivate dal presidente del consiglio confermano poi che i piccoli partiti, sulla scena nazionale, non hanno ragione di esistere. Se non come “succedanei” di un partito ege-

mone, che detta le condizioni e non accetta condizioni. Paradossalmente, la consacrazione politica di Mattarella ha segnato infatti la piena sconfessione di Angelino Alfano e delle velleità del suo gruppo. Una sconfessione che è stata subito traumatica, soprattutto in Sicilia. La vicenda “Quirinale” ha scatenato un’altra catarsi. All’interno di Forza Italia, dove il Cavaliere ha senza dubbio subito la “defaillance” di Denis Verdini e del gruppo che ha pervicacemente voluto e gestito, fin qui, il cosiddetto patto del Nazareno. Se Pd e Forza Italia avevano trovato un tavolo di confronto sui grandi temi delle riforme istitu-

zionali, la fuga in avanti di Matteo Renzi sul nome di Mattarella ha fatto saltare il tavolo. Non perchè Mattarella fosse inviso al centrodestra. Ma solo perchè – è questa la contestazione sollevata – è stato violato il “metodo” del confronto. Come finirà? - Come finirà? Probabilmente con un riaggiustamento della situazione. E’ possibile che questo piccolo corto circuito, insieme a tutti quelli che, a caduta, ne deriveranno, faccia crescere la nostra democrazia. Che la faccia evolvere verso una forma di matura – vera – democrazia parlamentare. In cui i partiti possano – finalmente – fare il loro lavoro, sostenendo le proprie tesi e dialogando nelle aule parlamentari e non “inciuciando” nelle salette private, al riparo da occhi e orecchie indiscrete. Le riforme in cantiere sono un ottimo banco di prova. E il nuovo presidente è atteso alla prova dei fatti. Napolitano ha dimostrato che i poteri del Capo dello Stato sono “elastici” oltre ogni possibile previsione. La meticolosità costituzionale di Mattarella potrebbe produrre un atteggiamento diametralmente opposto. Con conseguenze “vistose” e “virtuose” sul nostro attuale sistema politico. Staremo a vedere.

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Sant’Agata tra luci e ombre: le ordinanze che nessuno fa rispettare d i Giu l ia no Busà Sant’Agata è la festa dei catanesi, il periodo dell’anno in cui la città offre quanto di più caratteristico e vivo possegga nel suo animo, e in cui quella strana crasi tra fede e folklore trova un equilibrio che chiunque, almeno una volta nella vita, dovrebbe vedere con i propri occhi. Come gli stessi catanesi sanno tuttavia la festa, la sua organizzazione, alcuni meccanismi celati dietro la devozione, ha delle zone d’ombra parecchio estese e delle consuetudini che di anno in anno si accettano come tali, e per la sopravvivenza delle quali ognuno fa la sua parte. L’amministrazione di turno che finge di imporre delle regole, i diretti interessati che fingono di rispettarle e gli altri catanesi o spettatori vari che fingono di non vedere o che sia tutto normale. Assunto questo punto di vista per così dire realistico, fanno quasi sorridere le ordinanze del Comune circa i divieti e i comportamenti da seguire nelle strade nevralgiche del percorso agatino, quelle cioè interessate maggiormente dal passaggio delle candelore e del fercolo. Da palazzo degli Elefanti fanno infatti sapere che: “Saranno vietati, nel periodo delle festività Agatine, l’accensione dei fuochi per la vendita e il consumo di alimenti lungo il percorso del Fercolo e l’accensione e il trasporto dei ceri accesi in tutto il territorio comunale. In particolare – si legge – la prima disposizione vieta nei giorni 4 e 5 febbraio, lungo il percorso del Fercolo e nei siti e vie adiacenti, lo svolgimento di qualunque attività commerciale che dia

luogo all’accendinanze parlesione di fuochi rebbero chiaro: con bombole e bisogna rispetbracieri per le tare la legalità e attività di venl’incolumità dei dita e consupedoni e degli mo di alimenti. automobilisti L’ o r d i n a n z a che dal giorno nasce dalla presuccessivo al vedibile grantermine della de affluenza di festa si riapprocittadini, fedeli prieranno dele turisti ed è file strade. Ma nalizzata a evicom’è possibile I festeggiamenti del giorno di Sant’Agata tare situazioni credere che dei di pericolo per la tutela della sa- gravi, per pedoni e autoveicoli. semplici vigili urbani – perché lute e dell’incolumità pubblica. I L’accensione dei ceri è invece poi sarà demandato a loro il più siti interessati dal divieto sono: consentita – si legge infine – per del carico di lavoro – possano mercoledì 4 febbraio, piazza contemperare le esigenze di si- addirittura sequestrare merci e Duomo, via Dusmet, piazza Gio- curezza con le tradizioni dei fe- poderosi impianti di street food vanni XXIII, viale Libertà, via deli, in siti opportunamente de- (chiamiamolo così)? Come nel Umberto, piazza Stesicoro, salita limitati e attrezzati. Si tratta di: caso dei parcheggiatori abusiCappuccini, piazza della Borsa e piazza Stesicoro, lato ovest, via vi, servirebbe soltanto un’opera vie adiacenti; giovedì 6 febbraio: Cardinale Dusmet; fontana S. di pattugliamento preventivo: piazza Duomo, piazza Universi- Agata, slargo tra la via Caronda, evitare cioè che i venditori di tà, via Etnea, piazza Stesicoro, via Fondaco e via Canfora; piaz- vivande, ceri e fuochi abusivi via Caronda, piazza Cavour, via za Cavour, lato sud-ovest”. montino le proprie strutture per A. di Sangiuliano, via Crocife- Chiunque abbia mai visto anche strada. Ma sta proprio qui la ri, via Garibaldi, e vie adiacen- solo una volta la festa di Sant’A- chiave di questo punto di vista ti. La mancata osservanza della gata e le strade del centro duran- della festa, che ormai i catanesi disposizione sarà punita ai sen- te i quattro giorni delle celebra- hanno ampiamente implemensi dell’art. 20 della L.R. 18/95, zioni si renderà conto non tanto tato, passandoci sopra come con la sanzione da euro 516,00 a dell’assurdità delle disposizioni, qualsiasi altra stortura ormai de euro 2.582,00 per chi esercita il che anzi tenderebbero a dare una facto legalizzata. Si sa che non commercio abusivo. Prevista an- parvenza di legalità alla suddetta andrà così, si sa – tutti sanno – che la confisca delle attrezzature zona grigia attorno alla festività, che le strade del centro durante e della merce oltre alle eventuali ma dell’impossibilità materiale Sant’Agata saranno invase da sanzioni amministrative e pena- di applicazione di tali divieti. paninari e ceri accesi ovunque, Sempre nella nota del Comune non ci sono ordinanze che tenli. La seconda ordinanza vieta, infatti si fa riferimento a Polizia gano, in special modo se poi a sempre nei giorni della Festa, il Locale, Vigili del Fuoco e Forze tali dettati dal Comune non cor3, 4, 5 e 6 febbraio, l’accensio- dell’Ordine che “assicureranno risponde una adeguata presenza ne e il trasporto dei ceri accesi il controllo del territorio nell’os- delle già citate forze dell’ordine in tutto il territorio comunale. servanza delle ordinanze”. Bene, sul campo (anche per comproQuesto perché l’accensione e il benissimo anzi. Ma riuscite an- vati limiti numerici). L’imprestrasporto dei ceri accesi da parte che solo ad immaginare la via sione quindi è che, come detto, dei devoti potrebbe comportare etnea, già a partire dal Borgo, ognuno reciti il proprio ruolo, problemi di pubblica incolumi- senza camion dei panini e devoti ma le cose continuino a scorretà e pericolo di incidenti, anche con ceri accesi? Eppure le or- re come sempre. Mettersi contro

il “sindacato degli abusivi” è ad oggi impensabile, dato il peso che continua ad avere. Ne abbiamo avuto riprova con le querelle legate alla consueta fiera di Sant’Agata e con la decisione di estromettere i torronai da piazza Università. Le decisioni di spostare la fiera in un’area interna al porto, confinante con gli archi, già l’anno scorso aveva sollevato una mezza rivolta, mentre quest’anno sembra essere stata accettata seppure non di buon grado. Epocale invece la protesta inscenata quest’anno dai torronai, in un primo momento esclusi dalle loro consuete postazioni di piazza Università e Stesicoro (vedi succitata ordinanza). D’accordo le tradizioni e i soliti richiami alla crisi, però davvero non si capisce come in difesa di questa categoria gastronomica sia intervenuto addirittura il presidente Crocetta, a sostegno dei suoi consiglieri Marco e Bottino, intercedendo a favore di un compromesso, poi appunto trovato. Ma come si fa a stabilire quali torronai abbiano il diritto di montare i propri stand e quali no? E perché i torronai sì e – per ipotesi – i venditori di carne equina no? Chi l’ha deciso? Eccoci al punto di partenza: la festa di Sant’Agata è il simbolo di Catania, del suo potenziale, della sua bellezza e delle sue inguaribili storture. Come in tanti altri ambiti si ha la certezza – non più l’impressione – che molte decisioni anche importanti non siano esclusiva del potere costituito, ma di un altro potere, fatto di zone d’ombra e di illegalità alla luce del sole. Ad ognuno la libertà di partecipare e vedere ciò che si preferisce.

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Il “sasso nello stagno”: una denuncia nel contesto di una città in Tutto comincia domenica scorsa, 1 febbraio 2015: un’intervista a “La Sicilia” del Presidente della Commissione Regionale Antimafia Nello Musumeci. Con richiamo in “prima” di cronaca: “per 4 consiglieri comunali sospetto di appoggio mafioso”. A pag 40, il titolo: “Catania ostaggio del voto di scambio”. Musumeci fa un esame della situazione, partendo dal contesto generale per poi arrivare alle dichiarazioni su singoli casi. Ne vine fuori un quadro devastante: una città in ginocchio, quella descritta dal “numero uno” dell’Antimafia regionale. Ecco alcuni stralci: «Catania è una città degradata, sul piano politico, su quello economico e sociale. Una città triste, nonostante l’ironia dell’intelligenza tipica dei catanesi. E la condizione di degrado non è riconducibile come si dice soltanto a una condizione di contesto internazionale, ma credo che abbia ragioni interne». E ancora: «…una città che ha smesso di amarsi. Eppure ha una straordinaria vivacità e quindi una capacità di ripresa, ma servirebbe una classe dirigente capace di incoraggiare e stimolare. E quando parlo di classe dirigente non mi riferisco soltanto a quella politica, ma penso anche all’imprenditoria, agli intellettuali, ai professionisti. E’ assurdo che oggi il ruolo di denuncia debba essere esercitato solo dai clubservice. Questo è significativo e sintomatico. Ad esempio non vedo più un intellettuale capace di indignarsi. Anche l’Università potrebbe giocare un ruolo fondamentale e invece vedo tanta rassegnazione». Sulla giunta: “…eravamo abituati a un Bianco protagonista e autonomo, forse troppo, rispetto ai partiti. Oggi, invece il sindaco sembra ingessato, come in una condizione di ostaggio. Attorno a lui volti e temo metodi ben collaudati nel passato. Gente che proviene dal centrodestra, e non da quello migliore, e che oggi è in condizione di potere rendere soccombente la Giunta. Penso solo al voto sul Pua, uno dei temi fondamentali per la rinascita della città. Insomma c’è troppo accattonaggio e lo dico con grande rispetto per i pochi che si salvano. Non sono abituato a fare pagelle e non ne ho il titolo, ma credo di avere

sufficiente serenità per dire che il voto di scambio, e non soltanto alle elezioni comunali, a Catania continua ad essere largamente praticato». Poi il “passaggio essenziale”: «come presidente della commissione regionale Antimafia abbiamo ricevuto tre, quattro segnalazioni su consiglieri comunali che in campagna elettorale, da candidati, avrebbero ottenuto il sostegno di determinati ambienti malavitosi. Alcuni addirittura parenti e familiari di pregiudicati condannati per reati associativi. Non posso dire altro, dico questo, senza configurare questa fattispecie in nessuna area politica, per dire che in questa città il voto non è sempre frutto di serena meditazione e riflessione, ma anche di piccoli interessi. E che questo voto di scambio sia presente nei quartieri periferici è risaputo, ma che possa e debba trovare nella nuova classe dirigente accoliti e propugnatori mi preoccupa tantissimo. Credevo che il ricambio generazionale potesse spazzare via metodi che vanno condannati senza se e senza ma. E quando parlo di voto di scambio non faccio sconti a nessuno. E’ risaputo che io a Catania, se mi candido, riesco a prendere in città migliaia di voti di preferenza, ma se io dovessi trasferire una parte dei miei voti a un candidato a me vicino, potrei farlo per un paio di centinaia di voti. Ora qualcuno mi può spiegare come può essere che in questa città alcuni uomini politici riescano a spostare su uno o più candidati fino a cinquemila voti? E’ una domanda che io faccio con seria preoccupazione. Quindi questa è una città nella quale gli apparati, i ricatti, le minacce, il voto di ritorno sono ancora pratiche vive e molto ben oleate.” Altre considerazioni: «Bianco i suoi avversari li ha all’interno del suo partito. Quanto all’opposizione il centrodestra al Consiglio è una sparuta

Nello Musumeci

pattuglia, peraltro non sempre incalzante. I vertici del centrodestra hanno delle grosse responsabilità in questa città, perché le rivalità sono legate spesso a risentimenti personali, a vecchie ruggini. In una città che non è mai stata di sinistra, mi chiedo dov’è finito il centrodestra, dov’è la cultura moderata, la cultura della meritocrazia, quella del decisionismo, la cultura capace di rappresentare e interpretare la presenza cattolica? E dov’è anche la cultura imprenditoriale... Catania sta subendo un processo di mutazione antopologica inspiegabile. Penso, per esempio, al settore degli imprenditori. Le grandi famiglie a Catania facevano da locomotiva. Oggi queste sono scomparse e non sono state sostituite. E non parlo soltanto dei cavalieri del lavoro che, a parte le loro degenerazioni, hanno rappresentato una sicura boccata d’ossigeno. Parlo invece di una imprenditoria medio piccola e di una sfiducia diffusa in tutti i settori produttivi. Insomma c’è il caos generale sul piano della pianificazione amministrativa.” Non si è fatta attendere la reazione dell’Amministrazione che arrivata lo stesso giorno, Non si è fatta attendere la reazione dell’amministrazione domenica 1 febbraio. Il Sindaco e la Presidente del Consiglio comunale chiedono “ogni approfondimento utile a fare massima chiarezza” sulle affermazioni dell’ex presidente della provincia, riguardo a segnalazioni sulla collusione con ambienti mafiosi di “tre o quattro” consiglieri comunali Il sindaco di Catania Enzo Bianco e la presidente del Consiglio comunale Francesca Raciti, in due differenti lette-

re indirizzate entrambe al Procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi, hanno chiesto “ogni approfondimento utile a fare massima chiarezza” sulle dichiarazioni alla stampa dell’ex presidente della provincia Nello Musumeci riguardo a segnalazioni, giunte alla commissione antimafia dell’Ars, sulla collusione con ambienti mafiosi di “tre o quattro” consiglieri comunali Catania. “Alla luce delle dichiarazioni - afferma nella sua lettera la Presidente Raciti -, in ragione del mio ufficio e del buon nome dell’Istituzione che presiedo e della città, le scrivo queste righe, certa del suo pronto interessamento. Infatti, nonostante una denuncia non circostanziata e assolutamente inusuale nei modi, soprattutto per chi é presidente della commissione Antimafia dell’Ars, tali gravissimi episodi, se confermati, lederebbero la correttezza e l’onorabilità di tutto il Consiglio”. “C’é una grande collaborazione - afferma Bianco nella sua lettera - a tutti i livelli tra le istituzioni catanesi, Magistratura, Prefettura, Forze dell’ordine, Comune, a partire dalla lotta alla criminalità, al contrasto alle illegalità e alla corruzione, al perseguimento della trasparenza amministrativa, alla battaglia contro le tante forme di abusivismo, alla segnalazione di fatti meritevoli di approfondimento. Catania ha bisogno di uno sviluppo serio, rigoroso e trasparente, con una battaglia incisiva e determinata al malaffare. Ecco perché c’è la assoluta necessità che si faccia piena luce, con precisione e senza lasciare alcuna zona d’ombra, colpendo con durezza chi ha eventuali responsabilità”. “La città - conclude il Sindaco - ha bisogno di capire e sapere notizie certe, lo meritano i tanti catanesi onesti che lavorano e vivono con la schiena dritta”. In poche parole Bianco sostie-

ne di non saperne nulla. Neanche il minimo sospetto. E prendiamo atto. Berretta il giorno dopo - “Le denunce del presidente della Commissione regionale Antimafia Nello Musumeci sulla possibilità di infiltrazioni della criminalità nel Consiglio comunale di Catania sono talmente gravi da richiedere un immediato chiarimento, anche di fronte all’Antimafia nazionale. Credo sia doveroso fare chiarezza. A tale scopo presenterò un’apposita interrogazione al Ministro dell’Interno e solleciterò la Commissione Nazionale Antimafia ad occuparsi della inquietante vicenda”.. “Sono certo che la magistratura inquirente e la Prefettura valuteranno con la massima attenzione le denunce sull’opacità di alcune candidature e sulle presunte infiltrazioni della criminalità in Consiglio comunale – prosegue il deputato etneo del PD – Un rischio, questo, che non possiamo sottovalutare in una città come Catania, dove la mafia esercita una funzione pervasiva e corruttiva della vita democratica ed economica della Città, e le numerose inchieste di questi mesi, ove fosse necessario, sono lì a dimostrarlo”. “Compito della politica tutta è prendere spunto dalla denuncia dell’On.le Musumeci, recidere in modo netto qualunque collegamento con la criminalità organizzata e operare nella massima trasparenza, isolando i collusi, i corrotti e gli affaristi che tanto male hanno fatto e fanno alla comunità” conclude Berretta. Ironica Cittàinsieme - “Siamo esterrefatti! Allibiti! Sconvolti! Negli scranni del consiglio comunale della città di Catania siedono, camuffati di brave persone, una mezza dozzina di consiglieri eletti con voto di scambio di chiara origine mafiosa Incredibile!Non ce lo saremmo mai aspettato! Questa eccezionale scoperta dell’on. Musumeci, presidente della Commissione regionale Antimafia, ha colto di sorpresa non solo gli interessati, ma tutti i cittadini catanesi, non solo, ma anche quelli di Adrano, Paternò, Belpasso, Passopisciaro, Realmonte, e persino di Corleone. Cittadini tutti altamente preoccupati che anche all’interno

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FEBBRAIO 2015 - Attualità

à in ginocchio. Musumeci denucia infiltrazioni mafiose al Comune dei loro consigli comunali sia, improvvisamente, accaduta qualcosa del genere. Dove sono andati a finire i bei tempi passati di quando a Catania era sparito il voto di scambio, il clientelismo del povero e del mafioso, e la scheda, deposta nell’urna in tutte le tornate elettorali, era pulita, immacolata, trasparente, immersa nella trasparenza della maturità politica e nella consapevolezza onesta dei votanti? Ma adesso tutto è cambiato! La mafia corrompe anche a Catania non solo la festa di Sant’Agata, ma anche le elezioni comunali… Mettiamo da parte lo scherzo! Vogliamo solo dire all’on. Musumeci che il dilemma è cornuto!

Delle due l’una: o egli sospetta, come tutti noi, che una percentuale degli eletti, utilizzi appoggi clientelari e talvolta mafiosi, ed allora ha scoperto l’acqua calda, oppure egli sa, chi, quali e quanti sono i consiglieri comunali che a Catania sono stati eletti con l’appoggio delle cosche mafiose. Si affretti allora a conferire con i magistrati, subito, perché i nomi dei mafiosi che ci amministrano li vogliamo sapere anche noi!” Il mondo poltico Antonio Malafarina, esponente del Megafono e membro della Commissione regionale Antimafia chiede all’ex presidente della provincia etnea di riferire su quanto dichiarato alla stampa. “L’allarme lanciato dal presidente della commissione re-

gionale Antimafia, Nello Musumeci, su alcuni consiglieri comunali di Catania che in campagna elettorale avrebbero avuto il sostegno di ambienti malavitosi o addirittura da parenti e familiari di pregiudicati condannati per reati associativi, getta sospetti infamanti sull’intero Consiglio comunale non essendo indicati i soggetti a cui si fa riferimento” - afferma il deputato. “E’ inusuale - aggiunge il parlamentare dell’Ars - che la commissione regionale Antimafia non sia stata resa edotta, come sarebbe stato giusto, sulle segnalazioni pervenute. E non sembra corretto consegnare alla stampa un allarme che non fa chiarezza. Prima di dichiarazioni alla stampa ben si sarebbe fatto ad approfon-

dire l’argomento con le necessarie inchieste riferendo in via preliminare alla magistratura e adottando gli atti di competenza della commissione regionale Antimafia”. Ritengo che sia necessario giungere ad una rapida conclusione - osserva Malafarina - per evitare che affermazioni generiche incidano negativamente su un clima sociale già abbastanza teso per la perdita di posti di lavoro e la crisi occupazionale che da anni investe Catania e l’Italia intera. Credo che Catania - conclude il deputato regionale del Megafono - possieda gli anticorpi sociali e investigativi necessari a stroncare eventuali infiltrazioni su cui sono sicuro interverrà la magistratura nell’esercizio dei suoi poteri”.

Infine una nostra conclusione. Musumeci è presidente della commissione regionale antimafia e s e parla nella qualità deve avere in mano carte ben precise. Fatti e non supposizioni che ciascuno di noi può fare. Adesso però bisogna chiudere il cerchio e Musumeci non faccia come Crocetta abituato a sparare nel mucchio di quelli considera nemici. Adesso ci vogliono i nomi. Nomi che, tra l’altro, a quanto si dice negli ambienti politici catanesi tutti sanno. Tutti tranne Bianco che stando alle parole del suo comunicato sembra cadere letteralmente dalle nuvole., E allora chi ha ragione? Bianco o Musumeci? Pretendiamo, si pretendiamo, di saperlo anche noi semplici cittadini. M.B.

La fiera della legalità a Catania: e nessuno si indigna di Claudio Mec Melchiorre

A volte le notizie della politica sono bombe. Che però non fanno vittime. Da Palermo, il presidente della Commissione antimafia, Nello Musumeci, rilascia un’intervista chiarissima: ci sono tre o quattro consiglieri comunali, a Catania, in odore di mafia. La reazione del Comune, attraverso sindaco e presidente del consiglio comunale è veloce ma spiazzante: chiedono al procuratore Salvi di far sapere qual è la posizione della Procura. Al tribunale però non sanno nulla. Musumeci si mette a disposizione del procuratore. Enzo Bianco organizza una mini delegazione con la presidente del Consiglio Comunale Francesca Raciti e chiede udienza dal giudice. Dal minuetto di partenza, sembra che nessuno abbia intenzione di muoversi dalle proprie posizioni. Il Comune di Catania continuerà ad andare avanti come se nulla fosse stato detto. Le celebrazioni di Sant’Agata e un’inchiesta sulla sospetta prescrizione di farmaci anti osteoporosi che coinvolge poco meno di mille medici di famiglia della provincia, forse faranno dimenticare velocemente che il presidente di una Commissione permanente dell’Assemblea Regionale ha accusato senza

mezzi termini l’assemblea cittadina della seconda città della regione di infiltrazione mafiosa. Dal nostro punto di vista di cittadini, possiamo sottolineare come questa nuova rivelazione ci lascia sempre più scettici rispetto a chi innalza vessilli di legalità. Abbiamo ricordato troppe volte come i servizi tributari, le società controllate, la gestione delle strade, la legalità urbana, la ristorazione e il commercio, l’edilizia di alcune imprese siano sistematicamente esclusi da questo anelito legale che si riferisce quasi solo esclusivamente a lotte a singhiozzo ai parcheggi scorretti e alle mancanze dei cittadini che pagano tributi ridicoli, come quello sulla depurazione delle acque che vengono sparse nel sottosuolo da decenni, o dei rifiuti indifferenziati. Anni fa la semplice voce che potesse esserci un’infiltrazione mafiosa nelle istituzioni avrebbe fatto scatenare un putiferio: lettere al Prefetto, richieste di intervento al Ministro degli Interni, appelli epocali all’assessorato Enti Locali della Regione. Oggi, sdegno di prammatica e un tiremm innanz’ degno della peggiore stagione omertosa della Sicilia o dello sfatto fatalismo di un popolo che non crede più a sé stesso, vincono su molto, se non su tutto. Ovviamente, la memoria corre

a quella manciata di voti che ha fatto eleggere Bianco al primo turno. Sapere che quella quota marginale possa essere stata ottenuta grazie all’intervento diretto di una o più famiglie mafiose fa impressione. L’inquinamento democratico sarebbe evidente. Enzo Bianco è un ex ministro degli Interni. Davvero nessuno lo ha avvertito del rischio? Certo, se fossimo in un Paese normale e capace di azioni e reazioni consapevoli, ora chiederemmo nuovamente i bilanci delle campagne elettorali di chi ha vinto, soprattutto. Sapere da dove sono arrivati fondi e voti comincia ad essere particolarmente importante. Forse il sindaco non c’entra nulla. Dobbiamo sempre ricordare che la campagna elettorale è arrivata dopo pochi mesi dalla scoperta dell’amore per il nostro primo cittadino. L’amore forse lo ha reso distratto. Non abbastanza distratto però. Sul web, le notizie riferite a servizi di locazione pagati dal sindaco con fondi dei rimborsi della Margherita alla stessa donna amata, sono sparite. Non c’è nulla di male. A parte la curiosa attitudine, tra amanti, di farsi pagare servizi e prestazioni professionali. Fatto sta che le notizie che lasciano perplessi su questa amministrazione, che si era

presentata con la stantìa promessa dell’ennesima primavera che non è giunta, cominciano a far breccia tra la gente. Nonostante le claques che non sono mai mancate nelle uscite pubbliche dei nostri politici, all’uscita della carrozza del Senato da Palazzo degli Elefanti, in occasione dei festeggiamenti di Sant’Agata, l’atmosfera è apparsa piuttosto fredda per il primo cittadino. Eppure, era un po’ che non si vedeva. Possibili conseguenze della denuncia di Musumeci in altri tempi sarebbero stati: un terremoto politico, la crisi della giunta, le dimissioni del Sindaco che è direttamente investito dalle conseguenze della denuncia mafiosa, perché sarebbe stato eletto con quei voti determinanti. Se invece le cose stanno diversamente, e cioè è stato Musumeci a forzare la mano per ragioni di tattica di partito, avremmo avuto immediata richiesta di dimissioni del parlamentare regionale di opposizione, la sua querela immediata, onta e disonore urbi et orbi. Delle due, non è accaduta l’una, ma nemmeno l’altra. Resta la legittima aspirazione di sapere cosa debba accadere perché i politici siciliani comprendano quale livello di stanchezza, rabbia, fame anima il popolo che pretendono essere “loro”.

In realtà noi non siamo affatto “di” questi politici. Ci fidiamo sempre meno di loro. Non crediamo alle loro parole e, così facendo, aumentiamo le probabilità che la mafia torni a farla da padrona. Noi non ci stiamo, come disse Scalfaro, anni fa. Mettiamo la cosa in modo semplice e brutale: se non si saranno dissipate le nebbie nel tempo di qualche giorno, la nostra associazione dei consumatori e questo giornale chiederanno al Presidente della Repubblica, il neo eletto Sergio Mattarella, di seguire la vicenda catanese con particolare attenzione. Il Presidente, fratello di un uomo morto per mano mafiosa, crediamo che non possa e non voglia sapere che ci sono sindaci che sono sul loro scranno grazie ai voti dei complici morali dell’omicidio di Piersanti Mattarella. Mafia alla fine è questo: morte e omicidio. Chi fa politica con i voti derivanti dalle “ammazzatine” non si illuda. Si è sporcato anche lui del sangue di uomini costretti a diventare eroi per il silenzio e l’indifferenza altrui. Se, come noi crediamo, Nello Musumeci è persona prudente e onesta, some ha dimostrato di essere in passato, allora a lui va il nostro grazie per aver detto una cosa semplice e chiara. Che magari pensavano in tanti. Ma ora è evidente. Diteci se è vero. In fretta.

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FEBBRAIO 2015 - Giarre

Giarre: «Sindaco domani sono chiuse le scuole?» d i Da rio Li Mura Qualcosa non funziona a Giarrecontemporanea, la maggioranza è inattiva, ferma al palo, il sindaco è iperattivo o ipercomunicativo, che per lui è uguale. ll suo “fare” è essenzialmente comunicare, senza che poi faccia granchè, la gestione degli eventi meteorici è esemplificativa: in questi giorni comunicati, post su facebook, interviste si moltiplicano, sul campo invece non avviene molto. Assistiamo alla gestione mediatica degli eventi meteorici, siamo al proverbiale “muttari u fumu cca stanga”, si dovrebbe investire in prevenzione, giacchè Giarre e l’area Jonica sono segnate su tutte le carte della Protezione civile come aree ad alto rischio idrogeologico, ma Giarrecontemporanea investiamo sul’addetto stampa che tiene a bada l’opinione pubblica più del panem et circenses, strumento degli antichi romani per addomesticare le masse, so-

stituito da un più economico e contemporaneo (of course) uso dei social network, fino a giungere al trend topic di questi giorni, la domanda degli studenti giarresi “sindaco domani sono chiuse le scuole?”, col primo cittadino che diviene l’idolo degli studenti il giorno che emette un’ordinanza di sospensione dell’attività scolastico e che poi è travolto nei giorni successivi da nuove richieste di chiusura delle scuole. E’ nota l’atavica aspettativa degli studenti per vacanze a sorpresa, e così Robertino rimane vittima dei suoi post su allerte e pre-allerte, insomma vittima dell’iperattivismo da social net-

Il municipio di Giarre work ed è costretto a pubblicare un nuovo post/comunicato che stavolta scontenta gli studenti: «Ogni giorno ricevo centinaia di messaggi privati dagli studenti giarresi che, di fronte a notizie di possibili «allerta meteo», chiedono l’interruzione delle attività didattiche.(…) Per ordinarie ragioni di buon senso, non si valutano misure straordinarie – come

la chiusura degli edifici pubblici – a causa della quotidiana doverosa attenzione (o preallarme) che le naturali condizioni metereologiche della stagione invernale quotidianamente ci impongono. In caso d’allarme rosso da parte della Soris, invece, gli enti locali possono prendere in considerazione la sospensione delle attività didattiche, la chiusura di strade, attività commerciali o edifici pubblici. È bene sottolineare che possono essere prese in considerazione misure straordinarie, ma coloro che devono prendere la decisione non si trovano di fronte ad un obbligo (…) Invito ragazzi e genitori a condividere questa spiegazione

sulle proprie bacheche, ad acquisire consapevolezza, anche perché, se a seguito di un allarme fondato, deciderò di emettere ordinanze o di prendere altri provvedimenti, lo comunicherò ai miei concittadini – come ho sempre fatto – un secondo esatto dopo la decisione con semplicità e senza filtri su Facebook, Twitter, e, ovviamente, sul sito istituzionale del nostro Comune. Tutti sarete informati, senza l’urgenza di inviarci reciprocamente troppi messaggi…». E mentre gli studenti tornano a scuola che farà il signor sindaco, in attesa della prossima allerta? Cosa scriverà nel prossimo post/stato/comunicato? C’è sempre Candy Crash saga ad attenderlo su Facebook, non sia mai che le venga voglia di attuare politiche di prevenzione del rischio idrogeologico, perché in quel caso dovrebbe limitarsi a scrivere un normalissimo «Sto facendo il sindaco». Non è mai troppo tardi.

Processo Pta Giarre, quando si dice la “sfortuna”! Nuovo rinvio di Marco Benanti

Come accade nella vita, ci sono persone o vicende “sfortunate”, che vivono cioè situazioni difficili, imprevisti, bizzarre. Un giudizio naturalmente commisurato al contesto generale: e nel caso di cui andiamo a parlare il quadro complessivo è quello dell’Italietta e di una città tragicomica come Catania, quindi, magari tutto è molto più comprensibile. Di cosa parliamo? Di un processo “sfortunato” visto i continui rinvii: quello per lo scandalo del Pta di Giarre. Prima delle “feste natalizie” era arrivato un altro rinvio, un altro ancora nella “storia” di questo processo: il 3 febbraio davanti ai giudici della terza sezione penale del Tribunale di Catania (Presidente Rosa Anna Castagnola, a latere Mirabella e Catena) si è saputo dell’ennesimo…

contrattempo. Quale? L’indisposizione di un avvocato difensore. Finale: tutto rinviato al 10 marzo prossimo. Il procedimento sul Pta di Giarre, quindi, sembra ricalcare “film già visti”: il rinvio a giudizio è arrivato ad ottobre 2012, poi una serie di rinvii. Ma –dicono- che è tutto normale. Siamo nel 2015, mai perdere la speranza di un processo che non sia “colpito”… dalla prescrizione. Che, a Catania, quando si tratta di pubblica amministrazione, sembra essere l’esito “di norma”. Ma mai perdere la speranza: la sfortuna potrebbe finire, non

si sa mai. Ricapitoliamo: sono quattro i rinviatii a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulla procedura amministrativa che aveva portato all’affidamento senza gara dell’appalto per l’informatizzazione del Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Giarre, assegnato alla Solsamb srl, società guidata da Melchiorre Fidelbo, marito

del presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro, che doveva essere sentito proprio il 3 febbraio. Tra loro lo stesso Fidelbo, il manager dell’Asp etnea Antonio Scavone, l’ex direttore amministrativo dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania Giuseppe Calaciura, e il direttore amministrativo dell’Asp Giovanni Puglisi. Non luogo a procedere invece per la responsabile del procedimento, Elisabetta Caponetto. I quattro devono rispondere di abuso d’ufficio e di truffa. Così ha deciso, nel 2012, il Gup del Tribunale di Catania Marina Rizza: l’in-

chiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Michelangelo Patanè e dal sostituto Alessandro La Rosa, era stata condotta dalla Guardia di Finanza. Inizialmente, la Procura aveva contestato solo il reato di abuso d’ufficio: successivamente, su iniziativa del Gup Rizza, si è aggiunto anche il reato di truffa aggravata. Al centro dell’inchiesta c’è la delibera n.1719 del 30 luglio del 2010 che ha autorizzato l’Asp di Catania a stipulare un convenzione con la Solsamb per il Pta di Giarre. Una delibera per un appalto milionario -poi revocato- che, secondo l’accusa, sarebbe stata redatta “senza previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica e comunque in violazione del divieto di affidare incarichi di consulenza esterna”. A marzo si ritorna in aula: magari stavolta andrà bene? Vedremo.

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FEBBRAIO 2015 - Gela

Gela: è partita la corsa a sindaco di Liliana Blanco

Tutti voglio diventare sindaco sperando di essere scelti come candidato unico. Ma siccome nel centrodestra i candidati sono quattro e nessuno fa un passo indietro nonostante i tentativi del coordinatore, si va alle primarie. Nel corso dell’ ultima riunione ristretta di Forza Italia di Gela in presenza del coordinatore provinciale Michele Mancuso e del responsabile per la zona sud Vincenzo D’Asaro si è stabilito che saranno le primarie a portare alla scelta del prossimo candidato sindaco nella città di Gela. “L’aver messo assieme le esperienze e le argomentazioni di tutti i nostri interlocutori è stato di grande aiuto - sottolinea Mancuso - certamente alcuni saranno d’accordo altri meno, ma per noi diventa assolutamente necessario rispondere all’ esigenza del popolo moderato, quella cioè scegliere il migliore tra i migliori. Nei prossimi giorni si lavorerà alle regole e subito la data. Come partito ma soprat-

Il palazzo municipale di Gela

tutto col senso di responsabilità che ci distingue cercheremo di contribuire alla migliore riuscita coinvolgendo quanti vogliono partecipare ad una esemplare esperienza di vera democrazia”. In un primo momento contrario a questa decisione, si ammorbidisce Lucio Greco: “Il mio lungo e costante impegno civile e politico teso a contrastare le scelte sbagliate dell’amministrazione, ha visto il coinvolgimento di molti gruppi e rappresentanti dei lavoratori. Qualsiasi mia decisone politi-

ca di impegno diretto non può non tenere conto dell’assenso di queste categorie. Solo dopo essermi confrontato serenamente e lealmente con tutti coloro che mi sono stati vicini in queste molte battaglie, sarò nelle condizioni di prendere le decisioni opportune”. Poi ci sono Elio Arancio e Saverio Di Blasi storico ambientalista che ha combattuto contro l’inquinamento industriale. “Non ci sono nomi da presentare per l’MpA-PdS. Anche se ce l’avessimo, non lo daremmo in pasto in questo momento.

Il problema della candidatura del sindaco è nel Pd e noi, che siamo un partito coeso, non possiamo condividere questo malessere”. Fuga ogni dubbio il dirigente Fortunato Ferracane nel marasma di notizie che si rincorrono sulle possibili candidature del suo partito. “Una cosa è certa: noi abbiamo lavorato con l’amministrazione di centrosinistra, abbiamo dato corso ad un patto, lo abbiamo rispettato ed abbiamo contribuito a grandi progetti come quello del risanamento del bilancio e questo non è cosa da poco, per non parlare degli altri progetti. Con la fine del mandato il patto è concluso. A portarci a queste determinazione è la condizione del Pd di Gela, frammentato e diviso in tante anime. Abbiamo avuto in questi 5 anni l’opposizione in casa e questo ha reso difficile il lavoro. Noi dell’MpA-Pds, non ci stiamo a queste condizioni e non stingiamo alleanze con un partito che non assicura stabilità, per questo abbiamo pensato di staccarci dal Pd e da quando abbiamo

espresso questa volontà, i ‘ corteggiatori’ non mancano. Ci stacchiamo e presenteremo un nostro candidato, ma sicuramente non saremo soli. Ma il nome a suo tempo. Si fanno il mio nome e quello di Federico, ma è normale: in genere circolano i nomi rappresentativi”. Nel centrosinistra questa volta non c’è accordo. Il sindaco uscente Fasulo non è l’unico candidato. Enrico Vella, delfino di Crocetta, si candida a sindaco di Gela in netta rottura con il suo stesso partito dove non è pervenuta alcuna richiesta ‘ufficiale’ di primarie. Il consigliere comunale sarà candidato con due liste civiche e pesto incontrerà i vertici di partito per discutere la questione. La rottura con la linea del Sindaco era chiara da tempo. Di certo il Pd perde un pezzo importante per la sua unità in vista delle prossime amministrative. Poi c’è Giuseppe Di Dio di Articolo 4 e Gioacchino Pellitteri per tutta la sindacatura seduto nelle file del Pd adesso si schiera col centrodestra ma non manovre ancora non del tutto chiare.

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FEBBRAIO 2015 - Siracusa

Sgarlata tutto rientrato. Stop alla macchina del fango di Rosa Tomarchio Come volevasi dimostrare, tanto rumore per nulla. Reintegrata la Basile, scagionata, o quasi, la Sgarlata. Cosa cambia adesso? Se la Soprintendente è tornata giustamente al suo posto di lavoro, perchè il fatto, come si dice in questi casi, non sussisterebbe, l’ex assessore regionale tornerà da Crocetta oppure è fine di un idillio? Assurdo a come ormai si è ridotta la politica. Si ricorre persino alla magistratura intessendo vere e proprie persecuzioni giudiziarie pur di trovare una scusa, un alibi per annientare il presunto avversario. Eppure, Crocetta adorava la Sgarlata, tanto da volerla in giunta con lui, cosi come amava la sua inseparabile segretaria personale Michela Stancheris, anche lei immolata a una causa che non si capisce ancora sia giusta o sbagliata. Stancheris, in ogni caso, prosegue la sua ascesa politica verso la capitale (è entrata a far parte del gruppo dei consulenti alla Presidenza del Consiglio, at gratis, specifica lei). E la siracusana Sgarlata? Lei stessa ha dichiarato che la politica non intende mollarla, anche fuori dal governo, proseguirà il suo impegno per il territorio e i beni culturali in special modo, dando linfa al vecchio gruppo di amici simpatizzanti del mondo dell’associazionismo e qualcuno ex Megafono, ora ben altro. Intanto, la Sgarlata ha da festeggiare oggi, e ne ha ben donde. La Procura di Siracusa ha avanzato al gip richiesta di archiviazione del fascicolo su presunte irregolarità nella costruzione di una piscina e di un locale tecnico in un terreno di contrada isola di proprietà di Maria Rita Sgarlata. Per questa vicenda l’allora assessore regionale al Territorio del governo Crocetta si era dimessa dall’incarico. I

Maria Rita Sgarlata pm hanno accertato che le autorizzazioni erano state concesse nel pieno rispetto delle norme e nessun rilievo penale è emerso dall’inchiesta. La notizia fa il paio con il reintegro della sovrintendente Beatrice Basile che era stata sospesa al suo incarico in attesa che la magistratura facesse chiarezza sull’intera vicenda. Il governatore Crocetta si è precipitato al telefono per complimentarsi per la Basile per il suo ritorno ai vertici del Palazzo dei Beni Culturali a Piazza Duomo. Non è dato sapere che abbia fatto lo stesso con la sua ex amica assessore Sgarlata. Va da se che l’archeologa siracusana prestata alla politica è scagionata da qualsiasi eventuale accusa: “nessuna violazione è stata commessa”. Parlano chiari gli esiti delle indagini condotte dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, e dal corpo forestale dello Stato che mettono in rilievo il fatto si è operato nel pieno rispetto della normativa urbanistica, edilizia e di settore oltreché nell’osservanza di disposizioni amministrative interne. Nessuna rilevanza penale sulle asserite irregolarità a suo tempo segnalate dalla relazione

a firma del dirigente generale del dipartimento dei Beni culturali all’assessorato regionale ai Beni culturali, a seguito dell’indagine ispettiva urgente, trasmessa per competenza territoriale alla Procura di Palermo. Per questa vicenda, che portò anche alle dimissioni della stessa Sgarlata dalla giunta Crocetta venne pure attivata un’ispezione regionale sull’operato dei funzionari della soprintendenza ai Beni culturali di Siracusa, a conclusione della quale venne disposta la sospensione dall’incarico del soprintendente di Siracusa, successivamente reintegrata a seguito di annullamento giurisdizionale del provvedimento. Quale sarà la prossima mossa della Sgarlata? Tornerà a parlare con Crocetta o è veramente fine di un “amore”? Non tarda la dichiarazione ufficiale di Mariarita Sgarlata, ex assessore regionale prima ai Beni culturali poi all’Ambiente nella giunta Crocetta. Sgarlata, come si sa, al centro di una inchiesta giudiziaria per via di presunte irregolarità nella costruzione di una piscina di superficie nella sua villa al mare, risponde a chiare note non appena appresa la notizia

sull’archiviazione del caso perche “non sarebbe stata commessa alcuna illeicità”. E Sgarlata fa molto di più. Assicura di arricchiere il dossier della procura rivelando preziosi spunti per la riapertura di un altro troncone di inchiesta stavolta a carico di chi, dice l’ex assessore, avrebbe contribuito a mettere in moto questa abominevole macchina del fango. Di seguito proponiamo il testo integrale della Sgarlata: “Il provvedimento della Procura della Repubblica di Siracusa, con il quale è stata accertata la assoluta liceità della mia condotta in ordine alla realizzazione di lavori nella mia proprietà, conferma due principi ispiratori della mia vita e della mia politica: il primo di avere fiducia nella Magistratura; il secondo di non arretrare davanti agli attacchi di chi, trincerandosi dietro l’anonimato, tenta di screditare persone oneste solo perché nel servire la comunità tengono una condotta corretta, lontana da inciuci e connivenze di alcun genere. Il provvedimento ribadisce quanto avevo comunicato agli organi di stampa circa la legittimità dei lavori eseguiti e la liceità dei miei comportamenti. Lo stesso avevo

fatto in precedenza con il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, in data 29 agosto 2014, davanti ad una riservata personale a firma del direttore del Dipartimento dei Beni Culturali, Rino Giglione, ma, di fronte alla sua ostinata richiesta di dimissioni, ho auspicato l’intervento della Procura per chiarire che avevo agito secondo la legge. E così è stato! Sono stati mesi difficili e ho vissuto sulla mia pelle cosa significa essere al centro di dossier costruiti e killeraggi mediatici, perché, oggi come ieri, penso che un assessore non può e non deve privarsi dei suoi diritti di cittadino: così come un assessore alla sanità ha il diritto di farsi curare, o un assessore ai trasporti ha il diritto di viaggiare, un assessore ai beni culturali, ruolo che rivestivo all’epoca, ha il diritto di chiedere, alla luce del giorno, un regolare permesso al Comune e alla Soprintendenza nella quale risiede per realizzare alcune opere nella propria abitazione. Mi riservo di indicare alla magistratura precisi elementi e spunti di indagine perché si proceda nei confronti di tutti quelli che hanno partecipato all’attività di dossieraggio e a costruire maldestramente un castello di sabbia nei miei confronti al solo fine di diffamarmi, calunniarmi e costringermi alle dimissioni, rinunciando a tutte le iniziative che stavo portando avanti a tutela dei beni culturali e a difesa del territorio”.

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FEBBRAIO 2015 - Acireale

Acireale, dopo sei mesi sindaco in difficoltà di Saro Faraci Sei mesi dopo l’insediamento della nuova amministrazione guidata da Roberto Barbagallo, la città di Acireale prova a rialzare la testa e guardare avanti. Manca però ancora una chiara visione strategica su cosa fare e soprattutto su quali elementi ripartire per recuperare un’identità man mano smarritasi negli ultimi venticinque anni. La società civile acese non è ancora determinante nel dare indicazioni al riguardo, forse non lo è stata mai. La politica nemmeno, perché si fa politica in due modi. O sommando una serie di piccoli e grandi interessi di parte e trovando modo di ricomporli e portarli ad un quadro unitario; oppure scegliendo un grande progetto, ambizioso, forte e credibile, e su quello provare a coagulare il consenso delle diverse parti politiche. Acireale ha scelto la prima strada da tempo, non essendo stata capace di puntare sulla seconda, più difficile sicuramente, ma non per questo meno entusiasmante. Una volta c’era Basilio Catanoso, oggi c’è Nicola D’Agostino. Attorno alle loro figure carismatiche e le loro personali ambizioni politiche la città di Acireale prova a mettere insieme i tasselli di una identità smarrita. Ma non si riesce a volare in alto ancora. Basta guardare al momento attuale. Tutta la politica locale è rimasta imbrigliata intorno alla decisione di D’Agostino se aderire o no al Pd dove comunque lui non è molto gradito da buona parte dell’establishment di sinistra. Questa scelta ovviamente avrà

Il municipio di Acireale ricadute in ambito locale, anche se in questo momento con grande abilità il Sindaco Barbagallo prova a rimanerne fuori. E poi ci sono le determinazioni del Consiglio comunale dove ancora non si è trovata la quadratura del cerchio intorno ad un chiaro progetto di sviluppo del territorio. Prova ne sia che sulla questione se aderire alla città metropolitana o dar vita ad un consorzio di liberi comuni c’è ancora molta confusione, non si esauriscono i riverberi di un campanilismo antico e della storica rivalità con la città di Catania e fin quando non aprirà bocca l’on.D’Agostino nessuno

si permetterà di prendere una posizione chiara sull’argomento. E ancora le questioni legate allo sviluppo economico del territorio. Dove andrà Acireale nei prossimi anni? Sarà una città commerciale, turistica, a vocazione agricola, una città di servizi? Ma sulla base di quali presupposti? Anche qui il quadro attuale non è confortante. Le Terme stanno male e le poche centinaia di migliaia di euro rastrellate dal governo Crocetta per pagare i debiti pregressi sono soltanto un pannicello caldo per evitare che la situazioni precipiti realmente. Alla Regione tutto è fermo e soprattutto è

ferma la città di Acireale nell’aspettare le scelte di Palermo. E’ in corso il Carnevale, una delle manifestazioni alle quali Acireale indubbiamente lega la propria visibilità in ambito regionale e nazionale. Ma, nonostante i prodigiosi sforzi della Fondazione e del suo giovane presidente, manca un vero e proprio progetto di marketing territoriale capace di individuare i due-tre elementi al massimo sui quali costruire un’offerta economica attrattiva e credibile. E poi ci sono i problemi di sempre, della quotidianità, che aggrediscono un territorio che, per dimensioni e complessità,

non è paragonabile alla grande Catania o alla piccola Zafferana e che pertanto richiede soluzioni e interventi commisurati alle caratteristiche della città. Non si vede fermento di idee e progetti ad Acireale da tempo. Sarà colpa della politica, della società civile, dell’intellighenzia intellettuale? Certo è che il sindaco Barbagallo, sebbene eletto con una incredibile messe di voti l’estate scorsa, non può farsi carico da solo di una città dormiente. A meno che sia lui, coraggiosamente, ad assumere scelte forti capaci di imprimere una svolta per i prossimi ottodieci anni.

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FEBBRAIO 2015 - Attualità

Il Paginone segue dalla prima pagliata, si è alzata gridando allo scandalo e anche on. Attaguile riferimento siciliano della Lega di Salvini. E siamo al paradosso che sia la Lega a prendersene carico con una interrogazione parlamentare al ministro Lupis. Ma l’impressione che abbiamo è che si tratta di prese di posizione di facciata. Ci vuole ben altro. Ci vogliono azioni decise e durature. Bisogna guidare i siciliani alla mobilitazione. Ne saranno capaci i nostri politici. Più di un dubbio, anzi una certezza: non ci riusciranno. Hanno troppi padroni per darconto al popolo siciliano che serve solo, e va corteggiato, al momento di esprimere una preferenza in cabina elettorale. Di quello che dovrebbe fare Crocetta non vale la pena perdere tempo. Tanto sappiamo bene che non farà nulla se non qualche (finta) isterica presa di posizione. Dio sa quanto ci vorremmo sbagliare. Dal 13 giugno quindi lo Stretto si attraversa a piedi o, se qualcuno ha ancora voglia di imitare Grillo, a nuoto. Presidente Mattarella, tornando a noi. Prenda quel treno. E ci dimostri con i fatti che il discorso fatto alla Camera nel giorno del suo insediamento non era solo frutto di parole buttate con ordine su un foglio di carta ma assoluta volontà di fare. O la Costituzione che lei ha snocciolato punto per punto non vale per i siciliani. E cerchi di ridare un po’ di speranza. Speranza, fiducia e pazienza che noi siciliani abbiamo già esaurito. Fabio Tracuzzi

La Sicilia è sempre più isola e sempre più so di Ros a T omar chi o La mazzata finale l’ha data, magari involontariamente, l’Expo 2015. Sicilia completamente isolata mentre salgono alle stelle le tariffe aeree Sicilia-Milano. Si parla di oltre 200 euro a tratta. Costa meno andare a New York con un volo low cost da Catania. Perché escludere la Sicilia dal resto d’Italia? Perché la Sardegna spende 200 euro andata-ritorno per andare a Milano o a Roma? Nell’isola dell’isolitudine e del Gattopardo, arriva come una bomba la notizia ufficiale della Direzione Nazionale delle Ferrovie che ha confermato il taglio dei treni a lunga percorrenza dalla Sicilia verso il resto del Paese a partire dal 13 giugno prossimo. Con l’entrata in vigore dell’orario estivo saranno, pertanto, soppressi tutti gli Intercity Giorno per Roma, ovvero i treni 724-728-723-727, e l’Intercity Notte per Milano 784-785. I collegamenti a lunga percorrenza e la continuità territoriale saranno affidate a due soli treni notte per Roma e una nave traghetto che effettuerà 18 corse per i treni rimasti e le merci. Rfi dichiarano, peraltro, che nell’assunzione di tale nefasta decisione ha pesato la totale assenza di sovvenzioni statali per la continuità territoriale dei siciliani già dal 23 dicembre scorso. Una scelta gravissima e inaccettabile a danno dei cittadini e delle

imprese siciliane che mette a chiaro rischio circa 1.000 posti di lavoro tra diretti e indotto. Non solo. Una scelta che di fatto taglia fuori la Sicilia dal resto d’Italia in quanto costringe i passeggeri a raggiungere con mezzi propri Messina e traghettare autonomamente per Villa S. Giovanni. “Uno scippo al diritto alla mobilità per i passeggeri e le merci, - grida il deputato nazionale Pippo Zappulla -, una decisione scellerata contro il diritto dei siciliani ad avere una sistema dei trasporti moderno, avanzato, integrato e intermodale. Giuste quindi le forti proteste e le denunzie di questi giorni avanzate dalle organizzazioni sindacali, dai comitati dei pendolari, da enti locali e singoli parlamentari. Ho già chiesto, con una specifica interrogazione, al ministro Lupi di intervenire su Rfi e convocare un incontro urgente. Penso però che sia altrettanto necessario e improcrastinabile l’intervento della Regione Siciliana; Crocetta e l’assessore regionale ai trasporti facciano sentire al voce indignata della Sicilia pretendendo le giuste risposte. Di cattivo gusto, inoltre, l’assunzione di una tale decisione proprio mentre viene eletto Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, una personalità siciliana di altissimo valore istituzionale e morale. Data la gravità concre-

Imbarco dei ta e simbolica della decisione chiederò pertanto l’intervento diretto del Presidente del Consiglio”. Italia una e indivisibile? Pare proprio di no, in spregio ai padri costituzionalisti. Le regione sul suolo nazionale sembrerebbero 20 in quanto in Sicilia rimarranno solo due treni a ga-

rantire una minima continuità territoriale, due notturni per Roma. Tagliato tutto il resto e quindi i collegamenti con Milano e di giorno stop a Messina o Villa San Giovanni per attraversare lo Stretto “a piedi” e con i bagagli in mano perchè i treni non traghettano più. La colpa, spiegano da Rfi, è dei

Caos treni, di Giovanni Frazzica Non c’è pace a Barcellona, dove Cosimo Recupero, da poco estromesso dalla giunta comunale senza alcun valido motivo, si sta attrezzando per ritornare sulla scena politica e che con un comunicato, di cui pubblichiamo una sintesi, comincia a fare delle precisazioni:”Ho appreso che in data 20 gennaio il Sindaco aveva convocato una riunione con i consiglieri per presentare i due nuovi assessori. Considerato che ancora i partiti della coalizione stavano discutendo della nuova composizione della Giunta, ho trovato la conferma, ove ve ne fosse bisogno, del fatto che il primo cittadino o chi per lei aveva già deciso gli avvicendamenti, senza tenere in alcun conto il parere dei partiti che, non capisco davvero perché, continuano formalmente a sostenerla”. Recupero conclude la sua nota con alcune precisazioni sulla vicenda Stebem, collegata alla grave emergenza abitativa che colpisce

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ù sola con l’annuncio dei tagli ai collegamenti ferroviari

barco dei traghetti di Villa San Giovanni: dal 13 giugno i treni dal continente non arriveranno più in Sicilia tagli governativi che costringono a sopprimere tre treni e due navi. Da giugno ci sarà un solo traghetto che permetterà, ad esempio, di arrivare da Siracusa a Roma senza scendere dal treno. La politica siciliana prova a reagire ed alza la voce, senza però riuscire ad incidere. Il

governatore Rosario Crocetta ha inviato una nota al ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi. Scrive di una “grave situazione che si sta creando nel campo dei trasporti ferroviari in Sicilia, a causa dell’eliminazione dei treni di collegamento con il nord”. L’assessore regionale alle In-

frastrutture, Giovanni Pizzo, bacchetta le Ferrovie che non avrebbero brillato per comunicazione con le istituzioni. Il deputato siracusano, Pippo Zappulla, chiede a Roma l’intervento del governo. Schermaglie verbali che non paiono poter condurre a risultati concreti, specie considerando che da Rfi

fanno orecchie da mercante. Il servizio offerto sui binari in Sicilia non è mai stato di livello europeo, se non rare eccezioni. I tempi di percorrenza, come documentato dal comitato pendolari, “sono da terzo mondo e le vetture desuete”. Rfi parla di investimenti impossibili in Sicilia perchè non nessuno usa

i treni. Falso problema: non si usano i treni per via della qualità appena accettabile del servizio. Ed anche gli annunciati interventi per il rafforzamento della rete ferroviaria interna (con Siracusa comunque esclusa perchè si guarda solo alla linea Palermo-Messina-Catania, ndr) non convincono i sindacati.

ni, anche Messina invoca una forte presenza della politica le fasce più deboli della città, per cui a suo tempo aveva contattato personalmente i vertici dell’Iacp di Messina. Certamente Cosimo Recupero non è un capitolo chiuso nella storia politica barcellonese e sono già in cantiere alcune iniziative che verranno realizzate nelle prossime settimane. A Messina i tagli annunciati dalle Ferrovie non piacciono a nessuno, con la soppressione dei treni a lunga percorrenza tra la Sicilia e il continente a partire dal 13 giugno si andrà a completare un disegno che le FS coltivano da diversi anni e che ritengono di poter attuare in un momento in cui la politica è debole e poco rappresentativa, non in grado di poter determinare un efficace contrasto. Si apprestano, nel segno della riduzione dei costi, a vincere una partita sulla pelle di quei cittadini che hanno la necessità di viaggiare tra le due sponde dello Stretto. Ferrovie dello stato cancellerà tutti i treni intercity giorno e quello notte che attualmente collega la Sici-

Vincenzo Garofalo lia a Milano. Dal 13 giugno resteranno solo due treni notte da e per Roma, ma con quali garanzie per il futuro? Domani le Ferrovie, ormai mosse da una logica privatistica, potrebbero cancellare anche questi. L’assessore comunale Sebastiano Pino, davanti ad una situazione che lede gli interessi di tutto il territorio messinese, rivolge un appello per creare un fronte comune in difesa della città: “L’impegno

per la difesa occupazionale, per servizi quantomeno decorosi, per evitare un depotenziamento che potrebbe avere conseguenze devastanti sulla nostra comunità, deve essere condiviso da tutti coloro che non vogliono rassegnarsi ad essere trattati come cittadini di serie b”. Ma la sua è una voce senza peso, espressione di una giunta che ha come vertice un sindaco privo di qualsiasi credibilità nei tavoli regionali e na-

Cosimo Recupero zionali. Attualmente scendere da un treno a Messina e raggiungere la stazione di Villa S. Giovanni, o viceversa, resta un’impresa che diventa estenuante per quei passeggerei con bagagli pesanti, o con difficoltà motorie. Né si può ipotizzare che entro cinque mesi si possano approntare tutti quei correttivi affinché si possa, senza disagi, scendere da un treno a Messina e proseguire verso gli imbarchi ed avere lo stesso

trattamento per poter risalire in treno a Villa San Giovanni. Rosario Crocetta ha inviato una nota al ministro Maurizio Lupi, con la quale chiede un incontro urgente per discutere della grave situazione che si sta creando nel campo dei trasporti ferroviari in Sicilia, a causa dell’eliminazione dei treni di collegamento con il nord. “I tagli - sostiene Crocetta - penalizzano pesantemente le comunicazioni da e verso la Sicilia, danneggiando fortemente il turismo. Per questo è stato richiesto un incontro urgente al ministro dei Trasporti, per cercare di bloccare quest’ulteriore misura penalizzante per lo sviluppo economico della Sicilia”. Vincenzo Garofalo ha scritto all’amministratore delegato di FS, Michele Mario Elia, per chiedere un incontro che faccia chiarezza sulle intenzioni della società. Anche il deputato regionale Nino Germanà ha chiesto al ministro Lupi di intervenire subito affinché Rfi torni sui propri passi al più presto.

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Riconoscimento sommatoria tassi mutuo Dopo la sentenza n. 25/2015 del Tribunale di Enna, anche il tribunale di Pavia riconosce che le banche sui mutui hanno spesso applicato interessi usurari. In questo caso il consumatore agiva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pavia nei confronti della banca per accertare l’applicazione d’interessi usurari sul contratto di mutuo secondo le risultanze della perizia contabile, che veniva depositata. Il verbale di causa appare perfettamente allineato al dettato normativo, basandosi sui tre passaggi fondamentali nella normativa anti-usura. Il primo muove dal cardine principe che è la legge 108/96, come interpretata in maniera autentica dall’art.1 del d.l. 29 dicembre 2000, n.394, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n.24, con la quale il legislatore ha fissato non solo l’esatta connotazione dell’usura oggettiva, ma anche il momento in cui la stessa prende compiutamente forma cioè̀ il momento della pattuizione, ovvero quando gli interessi vengono promessi o convenuti a qualunque titolo.

Il secondo si articola attraverso la testuale applicazione dell’art.644 c.p.c, come riformato dalla legge 108/96, analizzando tutti quegli elementi fondamentali ai fini del calcolo del TEG, tasso effettivo globale, ovvero tutte quelle remunerazioni che a qualunque titolo incidono sul costo del finanziamento fatta eccezione di imposte e tasse. Anche in questo caso è stato applicato fedelmente l’art. 1 della legge 108 del 1996 che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti (corrispettivi + moratori) debbono essere considerati usurari. Considerando parte del TEG tutte le remunerazioni a prescindere dalla loro funzione, concludendo che gli interessi convenuti, superando il tasso soglia, fissato attraverso le rilevazioni ministeriali nel tasso

medio aumentato della metà, alla data di stipula del contratto, sono usurari. Il terzo ed ultimo aspetto è dato dall’applicazione dell’art.1815 comma 2 c.c., come riformato dalla legge 108/96 : “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. In particolare a Pavia il consumatore rilevava come, dal tenore letterale del contratto di mutuo, non appariva evidente che il tasso di mora fosse applicato sulle rate scadute in sostituzione del tasso conven-

zionale. Di conseguenza il contratto non escludeva un’applicazione congiunta dei due tassi sulle eventuali rate scadute. D’altro canto le rate del mutuo si compongono di una quota capitale e di una quota in-

teressi. In questa situazione, in assenza di una clausola del contratto di mutuo che preveda specificatamente l’applicazione del tasso di mora in sostituzione del tasso convenzionale sulle rate impagate, l’applicazione congiunta dei due tassi e la relativa sommatoria risulta contrattualmente pattuita. All’udienza ex art. 184 c.p.c di ammissione dei mezzi di prova, il giudice riteneva la causa matura per la decisione rinviando a p.c. e contestualmente proponeva alle parti di chiudere la vertenza alle se-

guenti condizioni: 1) la Banca restituisce tutti gli interessi, compensativi e/o moratori fino ad oggi pagati 2) le parti concorderanno per iscritto che l’eventuale applicazione dell’interesse moratorio avverrà sulla quota capitale della rata scaduta e non sull’intera rata. Alcuni stralci del verbale di causa: Il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, rinvia per PC (..) proponendo alle parti di chiudere la vertenza alle seguenti condizioni: la Banca restituisce tutti gli interessi, compensativi e/o moratori fino ad oggi pagati; le parti concorderanno per iscritto che l’eventuale applicazione dell’interesse moratorio avverrà sulla quota capitale della rata scaduta e non sull’intera rata.

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I commercilisti siciliani chiedono la proclamazione dello sciopero nazionale Alla luce delle ultime novità fiscali, la categoria dei commercialisti è ancor di più irrimediabilmente sfiancata dalle vessanti pretese dell’amministrazione finanziaria, che si concretizzano in adempimenti quasi sempre complicati, mai perfettamente chiari, spesso ridondanti o inutili. Tali adempimenti a carico dei contribuenti, in molti casi apparentemente semplificazioni, ripercuotono i loro pesantissimi effetti unicamente sugli studi dei commercialisti determinando una sempre maggiore penalizzazione dei professionisti, ormai palesemente e totalmente asserviti alle volontà legislative della governance politica ed obbligati all’assun-

zione di responsabilità di dubbio profilo costituzionale. La nostra classe politica che dimostra sempre più di essere scollata dalla realtà ed impone quotidianamente al cittadino, adempimenti, dichiarazioni e comunicazioni, imposte da norme a carattere fiscale, costringendo noi commercialisti ad assolvere sempre più scadenze con l’aggravio: - di crescenti sanzioni a nostro carico (si veda il nuovo mod. 730 precompilato); - di duplicazioni di comunicazioni (come la neointrodotta certificazione unica con scadenza 7/3 p.v.); - dell’adeguamento dell’assicurazione

obbligatoria (inevitabilmente a nostre spese) afferente il Visto di conformità; - e senza trascurare tanti ed innumerabili adempimenti, vecchi e nuovi, cui siamo sottoposti quotidianamente. La misura è colma e ci riporta al grido lanciato dal Coordinamento Siciliano già dal lontano 2010 “Basta adesso Basta!” Per i motivi sin qui rappresentati, le Associazioni dei Commercialisti riunitesi in coordinamento a Marsala lo scorso 24 gennaio con determinazione e fermezza chiedono al coordinamento nazionale delle sigle sindacali di categoria (Adc – Aidc – Anc – Andoc – Ugdcec – Unagraco – Unico) di indire, senza indugio

alcuno, lo sciopero nazionale di categoria. In questo tutti uniti: l’associazione commercialisti Agrigento – il presidente Salvatore Russo, l’associazione commercialisti Nicosia/Enna – il presidente Salvatore Burrafato, l’associazione commercialisti Messina – il presidente Orazio Antonio Russo, l’associazione commercialisti Ragusa – il presidente Antonietta Laterra, l’associazione commercialisti Siracusa – il presidente Salvatore Geraci, l’associazione commercialisti Trapani – Il Presidente Michela Rallo, la Unagraco Palermo – il presidente Giuseppina D’oca e per la Unico di Catania il presidente Tito Giuffrida.

Sopravvivere nel regno delle bufale d i V al e r ia A nfuso Barcamenarsi tra notizie vere e notizie false è un’operazione complessa, resa ancor più difficile e insidiosa dai mezzi a disposizione di tutti nell’era di internet. Esistono delle norme di buona condotta, almeno in teoria, che ciascuno di noi dovrebbe osservare in quanto utente coscenzioso della rete. Qualcuno parla di “galateo sul web”, altri di “netiquette”, ma basterebbe parlare semplicemente di “buon senso”. Nel processo di condivisione, ormai reso semplicissimo da Facebook e da Twitter e dai siti o blog che implementano i “social sharing buttons”, occorre fermarsi ed evitare a tutti i costi la sindrome da sharing compulsivo. Mettiamola così: se un perfetto sconosciuto, senza

presentarsi, comparisse per strada rivelandovi che a momenti accadrà qualcosa, senza dirvi da chi lo abbia sentito e senza informarvi di un modo per capirne di più, gli credereste? Naturalmente nessuno lo farebbe, né tanto-

meno prenderebbe il cellulare per inviare sms agli amici per comunicare la presunta news. Insomma, valgono le regole della vita reale, con tante cautele in più: ricerca su fonti ufficiali e astenersi dalla condivisione fin-

ché non si è certi della veridicità della notizia. Sul web, sui social network, il problema di fondo è che il passaparola non è limitato agli amici e agli amici degli amici. Quando dite qualcosa sulla vostra bacheca, state innescando una catena di voci e conversazioni con ripercussioni imprevedibili: le informazioni corrono e si diffondono come polvere, come spore pronte ad attecchire, crescere ed espandersi. Sì, proprio come i come funghi. La soluzione è adottare una serie di accorgimenti alla portata di tutti e che richiedono solo buon senso: fate una selezione sui vostri social-network, seguite solo fonti che giudicate autorevoli; abolite il pensiero “nel dubbio, condivido”: capovolgete il ragionamento, se trovate il titolo di una notizia inte-

ressante ma non avete il tempo di leggerla e non conoscete la testata da cui proviene, nel dubbio, evitate di condividere! Utilizzate questa cautela anche per i like, tenendo presente che il contenuto di un articolo che non leggete potrebbe contenere notizie offensive o che vanno contro i vostri principi, con evidenti ripercussioni sulla vostra reputazione. Utilizzate i feed Rss, vi aiuteranno a tenervi aggiornati attraverso le vostre fonti preferite. E infine, segnalate le notizie false. Anche Facebook sta adottando delle misure per far sì che gli utenti segnalino le bufale. Naturalmente, speriamo che questo prezioso mezzo venga utilizzato in maniera appropriata, con il solo fine di far circolare sempre meno notizie false, post acchiappa click e truffe.

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Al “Karol Wojtyla” nasce Un futuro per gli autistici” d i L e l l a Ba t t ia t o Nell’aula magna dell’istituto alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania è stato organizzato dall’associazione “Un futuro per l’autismo” il primo dei quattro incontri formativi sulle tematiche inerenti l’autismo, rivolto a genitori, insegnanti ed operatori del settore. Si è parlato in particolare della diagnosi, della presa in carico dei soggetti e le loro famiglie. Gli altri incontri verteranno sulla abilitazione sociale e didattica nelle persone con sindrome di Asperger, per continuare affrontando le problematiche sulle difficoltà e sui problemi scolastici, dall’aspetto legale alle difficoltà dell’inserimento. Obiettivo dell’associazione è migliorare la qualità di vita degli autistici in tutti i settori, parlando anche degli adulti: è stato presentato il libro “Siblings. Storie di un viaggio” scritto dai fratelli dei ragazzi affetti da autismo, una raccolta di aneddoti dei loro pensieri che riguardano la sofferenza nel bene e nel male. Dopo i saluti del dirigente scolastico Daniela Di Piazza,

Nerelli, Scifo, Di Piazza, Caltabiano che ha sottolineato come si tratti di “tematiche che meritano sempre di essere approfondite, è importante la conoscenza del settore che può fornire strumenti idonei per aiutare i ragazzi, interpretare le loro esigenze con l’obiettivo di migliorare la qualità del servizio scolastico e integrarli nel territorio”, fra i relatori ha aperto l’incontro Renato Scifo, responsabile Uoc di neuropsichiatria infantile all’ospedale di Acireale, servizi per l’autismo Asp Catania, ha presentato e spiegato l’eziologia dei disturbi dello spettro autistico e l’organizzazione dei servizi de-

dicati sul territorio. L’autismo è un disturbo disintegrativo dell’infanzia con grave alterazione della relazione sociale e spesso l’esordio avviene nei primi due anni e mezzo circa, è una patologia con componente genetica elevata, e anche alterazione del cromosoma 15 elevato, il rischio dall’80 al 90% nei genitori monozigoti meno rilevante negli zigoti. Rischio genetico dal 2 al 6% nella fratria, nel rapporto maschio/femmina, rischio maschile. I dati epidemiologici sono stabili e l’Asp segue più di 1.100 casi e grazie all’intervento preco-

ce si può prevenire l’esito invalidante. Abbiamo a Catania 332 soggetti autistici di cui adulti 65, fuori provincia 46 (adulti 4); ci sono 70 nuovi casi all’anno, sta aumentando la diagnosi precoce. La Nerelli, pedagogista educatrice presso l’Asp di Messina e La cittadella della speranza a Nizza, ha focalizzato l’intervento intensivo precoce curriculare rivolto ai bambini affetti da autismo (per evitare che il disturbo si cronicizzi), intervenendo sull’importanza da effettuare subito dopo la diagnosi. “Il messaggio che vuole passare, continua, è l’idea della collaborazione in cui tutte le figure sociali che vivono la quotidianità del bambino autistico sono parte attiva e possono avere valenza educativa”. Le metodologie a cui si attinge sono comportamentali, naturalistiche ed evolutive, ma l’intervento è individualizzato e operativo insieme ai genitori, attraverso training precoci e intensivi, si ribalta la modalità del rapporto con i genitori fuori dal setting. Il presidente dell’associazione

Vera Caltabiano ha concluso dicendo che “è fondamentale il lavoro di rete previsto anche dalla legge regionale, con la diffusione delle buone prassi, sostegno e informazione alle famiglie, corsi di formazione, nonché la collaborazione con gli enti pubblici territoriali preposti all’educazione e alla presa in carico socio-sanitaria”; inoltre sottolinea “le terapie devono essere cucite sulle persone con un trattamento h 24, e di fronte alle difficoltà, rivalutare e se è il caso modificare”. La legge economica regionale siciliana, con decreto destina lo 0,1 per cento del proprio bilancio alle Aziende sanitarie provinciali e in modo specifico ai servizi dedicati ai pazienti con autismo, un’occasione da saper sfruttare. Catania ha iniziato il suo lavoro in rete di diffusione tra società di neuropsichiatria e pediatri, realizzando un questionario specifico con parametri semplici, che consente così di rilevare il rischio di autismo in tempi veloci individuando la problematica e inviando al settore territoriale dell’Asp, il bambino per diagnosi precoce.

Al teatro L’istrione la commedia Ingeborg, ed è subito successo Valerio Santi firma la regia e la scenografia di un classico di Kurt Goetz, “Ingeborg”, una versione con surrealismo all’italiana, che ha riscosso enorme successo e si rivolge a un uditorio attivo e non semplicemente passivo spettatore di quel che vede. Si tratta di tematiche che coinvolgono la coscienza individuale e alle quali non è possibile spesso fornire risposte preconfezionate “Ingeborg” scritto dal drammaturgo, sceneggiatore, attore e regista tedesco Kurt Goetz nel 1922, risulta essere uno tra i testi più interessanti della sua drammaturgia, scrisse una serie di commedie improntate ad una satira sociale di immediata presa. Una commedia dai ritmi altalenanti, determinati da un continuo susseguirsi di eventi e colpi di scena capaci di trasformare l’andamento della stessa da comico a drammatico, da ironico a romantico, da inverosimile a grottesco. Un vero e proprio romanzo borghese dove attraverso un apparente quotidianità domestica, l’autore, mette in risalto i vizi, le debolezze, gli imbrogli e le infedeltà di una borghesia legata per convenzioni all’appa-

Clio Saccà renza. “I personaggi della pièce, chiarisce Santi, si trovano, per ironia della sorte, impegnati in una caccia spietata nei confronti della propria posizione, scontrandosi ripetutamente con dei sentimenti più forti e contraddittori della stessa volontà”. Perno principale e oggetto della contesa, una giovane donna, Ingeborg, ruolo affidato alla spregiudicata e apprezzata Clio Saccà, piena di esuberante gioia di vivere, disquisita da una parte dal pedante marito entomologo e dall’altra da un onesto commediografo ricamatore della fantasia. Cardini anch’essi principali, nonché

Francesco Russo, Valerio Santi facce della stessa medaglia, sono la nobile signorina Von Dingelstadt (zia Ottilia) interpretata magnificamente da Marta Limoli, evidenzia il regista “modello esemplare di un’ipocrita aristocrazia, e il riverente ed operoso maggiordomo, teologo morale, saggio e responsabile, a cui tutti si rivolgono quando un “caso” fuoriuscendo dai canoni previsti dalla società diventa “speciale”, portato in scena con magnificenza dall’insuperabile Valerio Santi. I due protagonisti sono assai bravi e hanno suscitato discussioni inedite, un cast affiatato insieme a Concetto Venti e Francesco Russo che hanno riscosso

lunghi appalusi. Una pièce dal gusto raffinato e spesso nel sorriso c’è un’amara consapevolezza, adornata da una leggera e sottile ironia ma al tempo stesso pregnante e ricca di significato, è quella di Goetz, difatti nel 1960 fu riproposta in versione cinematografica dalla

Roxy Film GmbH & Co. per la regia di Wolfgang Liebeneiner con Ingrid Ernest, Walter Giller, Dietmer Schonherr, Fita Benkhoff e Rudolf Vogel. Nel 1949 venne rappresenta per la prima volta in Italia dalla compagnia Adani-Tofano-Cimara con Laura Adani, Sergio Tofano, Luigi Cimara, Lia Angeleri ed Enrico Maria Salerno; come sottolinea Valerio Santi attore brillante “da allora non si hanno notizie di altre rappresentazioni italiane, pertanto siamo ben lieti di aggiudicarci il primato nel riportare dopo più di sessant’anni questo testo sulle scene”. Dramma ironico che pone il dilemma eterno della vita, perché le conseguenze delle nostre azioni possono coinvolgere, anche dolorosamente altri che magari ci stanno vicino, ma non condividono i nostri impeti. L.B.

Il cast Ingeborg di Kurt Goetz Valerio Santi (Pietro Pietri), Francesco Russo (Ottone), Clio Saccà (Ingeborg), Marta Limoli (zia Ottilia), Concetto Venti (sig. Condizionale). Regia e scenografia Valerio Santi; fonica e luci Aldo Ciulla; costumi Costumeria L’Istrione.

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Putin tende la mano alla Grecia: e si aprono spiragli d i Sal vo A rdizzo ne La Grecia è stato il Paese più colpito dalla crisi iniziata nel 2008; per evitare il default, tra il 2010 e il 2012 ha ricevuto 240 Mld dagli altri Paesi della Ue, dalla Bce e dal Fmi, ma è stata costretta a sottostare a un pesantissimo programma di tagli ai salari, licenziamenti, pseudo riforme e privatizzazioni, che l’hanno letteralmente distrutta: fallimenti a migliaia, una disoccupazione al 25,5% (e chi è occupato è drammaticamente sottopagato) e circa il 35% della popolazione sotto la soglia della povertà, a parte un crollo del P.I.L. nell’ordine del 30%. Come si sa, Syriza ha vinto le elezioni con un programma che prometteva la fine delle politiche imposte dalla Troika e la rinegoziazione dell’enorme debito pubblico (giunto al 176% del P.I.L.): i primi passi concreti sono già andati in questa direzione. Nel primo Consiglio dei Ministri, Tsipras ha innalzato il salario minimo e bloccato la privatizzazione del Pireo, che stava per essere venduto alla Cosco Group cinese, contraddicendo precise prescrizioni della Troika. Inoltre, al presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, venuto ad Atene per sondare le intenzioni del nuovo Governo, il ministro delle Finanze Varoufakis ha detto chiaro che la Grecia intende porre fine alle politiche di austerità fin lì seguite e si rifiuta di accettare nuovi finanziamenti per pagare i debiti precedenti, praticamente insostenibili; ha concluso disconoscendo l’autorità della Troika. In parole povere, ha tracciato il percorso dell’Esecutivo: tabula rasa di tutti i vecchi privilegi, lotta (seria) a evasori e speculatori, fine delle politiche che hanno distrutto un Paese e gettato nella miseria vasta parte della popolazione, basta con i prestiti concessi dalla Comunità

Putin e Alexis Tsipras Internazionale solo per pagare le rate dei debiti precedenti, con l’unico risultato di aumentare il debito della Grecia e dissanguarla. È una posizione di completa rottura con chi regge le fila delle attuali politiche di Bruxelles; nella sostanza Syriza sostiene che i cosiddetti aiuti ricevuti, non sono finalizzati ad avviare lo sviluppo o a sollevare le condizioni disperate del Popolo, ma a ripagare quel debito pubblico (322 Mld complessivi) per circa il 76% in mano ai Paesi della Ue (200 Mld), al Fmi (32 Mld) e alla Bce (26 Mld) e gli spaventosi interessi conseguenti. Nella stretta fra tagli disumani e pagamenti di rate di debito sempre più pesanti, il collasso totale del Sistema greco è garantito malgrado gli enormi sacrifici. Atene vuol porre fine a tutto questo rinegoziando quel debito spropositato per le dimensioni e le condizioni della sua economia, sospendendo la restituzione di rate e interessi e legandola alla ripresa del Paese da un canto, e investendo nell’economia

dall’altro, perché solo se l’economia riparte il debito potrà essere restituito. Resta il fatto che le misure per dare sollievo alla popolazione stremata e rilanciare un’economia depressa costano: Tsipras le ha calcolate nell’immediato in circa 11,5 Mld, e al momento le casse sono praticamente vuote; è impossibile prenderli sui mercati, perché la speculazione farebbe pagare un prezzo spropositato, e allora? A parte le misure di lotta (vera finalmente) a spese parassitarie, evasione fiscale e privilegi (mai contrastati seriamente), c’è una via interessante che s’è aperta. Tsipras non ha mai fatto mistero d’avere una posizione critica verso la Nato e di non approvare l’approccio di Bruxelles nella crisi ucraina, giudicato troppo sbilanciato verso gli interessi di Washington, tanto che nella prima riunione del Governo s’è detto contrario a nuove sanzioni contro la Russia. Il 29 gennaio, il Consiglio dei Ministri degli Esteri della Ue ha prorogato di sei mesi le sanzioni

già in vigore, ma ha rinviato alla prossima riunione dei Capi di Stato e di Governo in programma per il 12 febbraio l’introduzione di sanzioni più stringenti proposte dal solito fronte pilotato da oltre Atlantico. È stato un compromesso moderato in cui hanno giocato un ruolo sia l’Italia che diversi Paesi dell’Est Europa, ma è stato assai significativo il ruolo di Kotzias, il neo Ministro degli Esteri greco. Per promulgare sanzioni occorre l’unanimità e a questo punto la Grecia potrebbe mettere il veto, come ha già lasciato intravedere. Il Cremlino ha accolto con estremo favore la posizione ellenica e lo stesso giorno, in un’intervista, il Ministro delle Finanze russo Siluanov ha dichiarato che Mosca è pronta ad aiutare economicamente Atene; certo, la Russia è sotto l’attacco concentrico della speculazione finanziaria guidata da Washington e il ribasso del petrolio manovrato da Riyadh, ma 11,5 Mld sono pur sempre una cifra accettabile per Putin, che ha il

fiuto d’intuire quale incalcolabile vantaggio politico gliene verrebbe. A novembre ci saranno le elezioni in Spagna, se Tsipras dimostrasse che la sua politica non è un sogno velleitario, tirerebbe la volata a Podemos che bisserebbe il successo di Syriza, saldando un fronte a cui, dietro le quinte, andrebbero gli appoggi di tutti quelli che annaspano sotto i diktat di Berlino (Francia e Italia per cominciare). Tsipras lo sa e da martedì ha cominciato un viaggio che gli farà incontrare Renzi, Hollande e Cameron, per un appello all’Europa politica contro quella dei tecnocrati, mentre Varoufakis percorre il Continente per illustrare le proposte greche alle istituzioni finanziarie. Se avranno successo, e l’aiuto di Mosca sarebbe vitale, tutto l’attuale assetto di potere che mantiene l’Europa inchiodata agli immediati interessi economici di Berlino e a quelli politici di oltre Atlantico, Nato compresa, potrebbe essere ribaltato.

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La pagina delle rubriche Craxi, il grande “eretico” della politica italiana di Maurizio Ballistreri

Chissà cosa avrebbe detto del nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella Prima Repubblica tra i fautori con Ciriaco De Mita dell’incontro tra la cosiddetta “sinistra democristiana” e i comunisti, Bettino Craxi, che, come scrisse lo storico e giornalista Enzo Bettiza, di cultura laica e liberale, “ Nei giorni in cui la figura di Bettino Craxi è stata ricordata, a 15 anni dalla sua scomparsa, mi sono interrogato su quale altra figura storica potesse essere paragonato. In mente mi sono venuti Giordano Bruno, il grande filosofo-monaco nolano bollato come “eretico” dalla Santa Inquisizione, e a Giuseppe Garibaldi, che condannato a morte per la sua partecipazione alla cospirazione genoana dell’altro grande esule Giuseppe Mazzini nel 1834, fuggì venendo dichiarato contumace e latitante. Se si eccettuano le solite affermazioni di chi ritiene si debba usare la giustizia come una clave contro gli avversari politici, i meriti che il leader socialista, scomparso il 19 gennaio del 2000 in esilio ad Hammamet, ha

Da la foto della

avuto per il nostro Paese sono oggi oggetto di una valutazione più serena. La revisione del Concordato, la sconfitta del massimalismo sindacale nel referendum sulla scala mobile e del potere di veto del partito comunista, l’abbattimento dell’inflazione, lo sviluppo e l’internazionalizzazione della nostra economia, il consolidamento dello Stato sociale, l’affermazione dell’identità nazionale a Sigonella a petto degli americani (negli anni del reaganismo!) e dell’europeismo, con l’allargamento, imposto alla “Dama di ferro” inglese Margareth Thatcher: questi sono alcuni dei risultati conseguiti da Craxi, negli anni della sua presidenza del Consiglio, la più lunga della storia della prima Repubblica. Inoltre, la visione umanitaria e libertaria del socialismo (si veda la battaglia per salvare Aldo Moro dalle mani dei brigatisti rossi e lo scontro politico per impedire il compromesso storico), senza cioè vizi ideologici e dottrinali tipica dei custodi del dogma marxista-leninista in Italia, con la battaglia culturale a sinistra contro l’”egemonia” gramsciana del Pci sulla società civile e anche per fare prevalere il riformismo nel sindacalismo italiano, e il grande ruolo nel promuovere i valori della democrazia contro la feroce dittatura militare di Pinochet in Cile ed il totalitarismo comunista in Polonia e di libertà dal bisogno come vicesegretario generale delle Nazioni Unite, nei paesi del Terzo mondo. E certo ci sono anche gli errori, come l’eccesso di pragmatismo

dettato dall’esigenza di muoversi tra i due colossi della politica del tempo: la Dc, con la sua mostruosa occupazione dello Stato e il Pci, con il più formidabile apparato di partito di tutto l’Occidente (sostenuto da colossali flussi di denaro provenienti dal Blocco sovietico ma anche da quelle che Togliatti definiva le “salmerie”: le cooperative “rosse”). Di Craxi si tace sovente un aspetto: egli fu avversario non solo degli ideologismi della sinistra ma anche del liberismo e dei “poteri forti” del capitalismo finanziario nazionale ed internazionale, con i loro corifei mediatici, che vedevano in lui l’avversario da abbattere per mettere le mani sul prezioso sistema delle Partecipazioni Statali del nostro Paese, come testimonia il celebre incontro sulla nave reale inglese Britannia, il 2 giugno 1992, tra imprenditori e grand commis di Stato, per spartirsi sotto l’egida della finanza anglo-americana a prezzi di saldo i “gioielli” dell’industria pubblica: proprietà del Ministero del Tesoro, come: Telecom, Seat, Ina, Imi, Eni, Enel, Mediocredito Centrale, Bnl; dell’Iri come Finmeccanica, Aeroporti di Roma, Autostrade, Stet, Ilva, Comit, Credit, Banco di Roma e Mediobanca; dell’Eni: come Enichem, Saipem, Nuovo Pignone; dell’Efim. Nella difesa dell’economia pubblica dal capitalismo monopolistico e parassitario italiano Craxi fu sempre intransigente, così come contro la regressione dei diritti sociali che il Trattato di Maastricht e l’euro hanno provocato.

(Mentre impazzano i cuochi maleducati) Ottanta milioni di ettari preda di 5 multinazionali di Enzo Trantino Carlin Petrini, notissimo fondatore di “SlowFood” ha lanciato ad Urbino un appello che dovrebbe scuotere ogni coscienza: “Quando si parla di gastronomia, non bisogna solo pensare al mangiare, ma a tutto quello che riguarda l’uomo quando si nutre. In Africa 80 milioni di ettari sono stati svenduti a Emirati Arabi, Cina, multinazionali. Gli stanno levando la terra da sotto i piedi… L’80 percento delle sementi sono di proprietà di cinque multinazionali”. Chi ha sensibilità si affida subito a un confronto avvilente: in tutti i canali televisivi, a tutte le ore, impazzano programmi dedicati alla cucina, (quasi fosse la terra della sfrenata abbondanza) con siparietti psichiatrici, perché alcuni energumeni urlando e giudicando umiliano diversi nuovi cuochi, colpevoli di avere, a volte, autonomia creativa. Ma, indipendentemente dalla motivazione, offende la pubblica violenza verbale, in un contesto in cui si pretenderebbe elementare rispetto umano. Due osservazioni su tutte. La prima: quei soggetti che preparano “piatti” nuovi, e vengono insultati come incapaci, sono uomini e donne con normali storie anagrafiche: sono figli, coniugi, genitori di altri soggetti, che, a casa, vengono richiamati dal parente in TV e assistono, perciò, allo spettacolo della bocciatura (legittima) dai toni incivili e violenti (illegittimissima). L’altra. So per certo che questa tipologia di programmi gastronomici attira, in modo sempre crescente, un pubblico di bambini e ragazzi. I bambini sono come la carta assorbente. Catturano quei cattivi esempi e cominciano a giudicare il mondo attraverso la pratica delle prepotenze, ad opera di maestri della materia, indegni del ruolo. Dice l’incolto: “ma sono bambini, non possono capire certe condotte dei grandi”. Rispondono gli studiosi (per tutti, lo scrittore Michele Mari): “Ci formiamo fino a sette anni, il resto è aggiornamento”. Gli incolti sappiano perciò che le fasce colpite sono i soggetti in formazione e quelli destinati ad “aggiornarsi”. I primi automaticamente (gli esempi contano!) sviluppano la pellicola: “se i grandi si comportano così, vuol dire che così è giusto”; gli altri elaborano e applicano ai rapporti familiari e generazionali la maleducazione, interpetrandola come legge del potere. Dietro queste malformazioni resta la mortificante,disumana realtà: chi pensa a interi continenti, a milioni di persone a cui “hanno tolto la terra da sotto ai piedi”? Ottanta milioni di ettari rappresentano una superficie immensa. Invece di portare trattori e sementi, di scavare pozzi e insegnare tecniche di cultura, i nuovi colonizzatori rubano il futuro e il cibo degli affamati, mentre impazzano gare di paesi sazi, dove si insegna il disprezzo per chi non vince. E poi ci chiediamo (controlli a parte) perché sbarcano eserciti in cerca di pane e dignità. Il cibo viene dalla terra, quella che rubata appartiene ad altri. Ai sazi sino all’eccesso.

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L’importanza di essere... Oscar Wilde d i Aldo Ma t t ina Il problema di fondo è: cosa ci si aspetta oggi da una graffiante commedia inglese scritta ed ambientata in epoca vittoriana, al tempo dei vacui salotti in stile parigino, dove imperavano le frivolezze e le mode di un’aristocrazia che cercava di annegare la propria inutilità tra pettegolezzi, battute di caccia, pranzi e feste, riti del tè pomeridiano, esaltazione del dandysmo e chi più ne ha più ne metta. Sicuramente Oscar Wilde con la sua ultima commedia, “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, ne diede a suo tempo una rappresentazione esemplare, prendendosi gioco, come gli era congeniale, di quella stessa società cui ostentatamente apparteneva. Ma oggi? Sarebbe difficile pensare ad una qualsiasi forma di ‘modernizzazione’ per trovare improbabili analogie con un mondo assolutamente storicizzato e, fra l’altro, abbastanza distante dalla nostra cultura, ancor più se collocata in area mediterranea. E allora? Bisogna fare uno sforzo e cercare di godere l’eleganza del testo, la potenza della frase apodittica, la geniale costruzione come di un congegno ad orologeria (e ben gliene saranno grati Feydeau e i suoi tanti proseliti) con il dovuto distacco e con la conspevolezza di compiere un’operazione più letteraria che di possibile identificazione. Vista in quest’ottica la commedia di Oscar Wilde resta una delle più riuscite manifestazione della cultura teatrale anglosassone di fine Ottocento. Rammentiamo rapidamente la vicenda. Nell’Inghilterra salottiera dell’epoca vittoriana, Algernon Moncrieff ed Ernest Worthing sono due amici di vecchia data. Il primo abita in città ed il secondo

Alcuni momenti dello spettacolo in campagna, ed entrambi vivono una ‘doppia vita’: Algernon finge di avere un vecchio amico malato di nome Bunbury in campagna, mentre l’altro, il cui vero nome è Jack, finge di avere un fratello scapestrato di nome Ernest (la cui pronuncia, in inglese assume il significato di ‘onesto’). Tale espediente permette loro di assentarsi dalle rispettive case e famiglie quando e come meglio credono presentandosi in tempi diversi (entrambi utilizzando lo stesso nome, Ernest appunto) a due ragazze, Gwendolen e Cecily, rispettivamente figlioccia dell’uno e cugina dell’altro, che ne ricambiano le attenzioni, pur ostacolate dall’ingombrante presenza di Lady Bracknell, madre della prima e tipica rappresentante di quell’aristocrazia salottiera che dettava le regole della moda e delle convenienze sociali. Le fanciulle, maliziosette e furbette alquanto, credono così di amare lo stesso uomo, dando luogo ad uno dei più intrigati tourbillon della storia del teatro, farcita di equivoci, scambi di persona, agnizioni conclusive. Il finale, celeberrimo, nel rimettere le cose a posto rappresenta lo sberlef-

fo conclusivo del trasgressivo e spregiudicato Oscar Wilde, a suo modo rivoluzionario moralista. E veniamo all’allestimento oggetto del nostro intervento, proposto dal Teatro Stabile etneo, alla sala Verga. Una produzione del Teatro Quirino “Vittorio Gassman” e del Teatro Stabile di Calabria che riprende, revisionandola, la storica e fortunata messa in scena di tredici anni fa, dovuta a Geppy Gleijeses in qualità di regista, realizzatore dello spazio scenico e protagonista, con l’ausilio dei costumi di Adele Bargilli, la proiezione scenica di Teresa Emanuele (l’umbratile giardino sullo sfondo nel secondo atto), le musiche di Matteo D’Amico e le luci di Luigi Ascione. Tredici anni che probabilmente fanno la differenza rispetto alle mutate condizioni del gusto teatrale facendo apparire lo spettacolo un po’ ‘datato’. E’ pur vero che la lentezza è carattere originale della piece, la cui arguzia nei dialoghi prevale sulla potenziale e non reale velocità dell’azione, ma nella visione di Gleijeses sembra prevalere un ulteriore ‘gingillarsi’ sulla parola che appesantisce inevitabilmente lo spettacolo, pur

mantenendosi su un piano di estetizzante eleganza formale. A dare vitalità allo spettacolo è sicuramente la buona prova attoriale dell’intera compagnia con una magistrale Lucia Poli che, nei panni dell’anziana Lady, tiene le fila con una recitazione cangiante, disinvolta, divertita e divertente. Accanto al disinvolto Jack di Gleijeses c’è poi l’efebica ed androgina figura en travesti di Marianella Bargilli bravissima nei panni di Algernon, a sottolineare ed estremizzare la sottesa ambiguità dell’amore secondo Wilde (ma non è una forzatura?). Valeria Contadino, Giordana Mo-

randini, Renata Zamengo, Orazio Stracuzzi e Luciano D’Amico completavano l’affiatato cast. Un’ultima annotazione. Ci è parsa elusiva l’incombente presenza di un grande ovale raffigurante il celebre martirio di S.Sebastiano del Reni trafitto dagli strali; secondo Gleijeses raffigurazione della “estetica trafitta dai dardi del destino come un destino crudele trafisse Oscar Wilde”. Una simbologia esplicativa che, francamente, non sembra aggiungere nulla. Il pubblico non ci è parso entusiasmarsi più di tanto. E neppure noi.

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Alexander Vakoulsky e Pavel Berman al Bellini Ed ecco, al quarto concerto della stagione sinfonica del Bellini, un altro stravolgimento di programma. Sul podio è rimasto Alexander Vakoulsky ma al posto del pianista Mikhail Rudy è giunto il violinista Pavel Berman; conseguenza: il programma è stato naturalmente rivoluzionata ripiegando su titoli del grande repertorio romantico quali il Concerto per violino e orchestra di Ciaikovskij e la Seconda Sinfonia di Brahms. Ci può anche stare ma sarebbe stato corretto informare della sostituzione, invece non solo non è stata data alcuna motivazione, ma non si leggeva da nessuna parte che il concerto fosse ‘cambiato’. E’ solo un piccolo esempio che dimostra l’assoluta inefficenza della comunicazione in teatro, ma pare che non ci sia proprio bisogno di un responsabile dell’ufficio stampa…

Alexander Vakoulsky e Pavel Berman D’altra parte a riprova dell’attuale inefficienza comunicativa basta osservare il numero di spettatori che sta frequentando la stagione concertistica, un vero flop. Si può continuare così? Ma veniamo al concerto. Pavel Berman è sicuramente un concertista di grande talento; suona, fra l’altro, con un meraviglioso strumento, lo Stradivari ‘Conte De

Fontana’ del 1702 (di proprietà della Fondazione Pro Canale) che fu di David Oistrach. Il suo bagaglio tecnico ed il suo virtuosismo sono indiscutibili ma… a volte non basta. Si aveva come la sensazione che suonasse sensa particolare motivazione. Beninteso, i suoni uscivano ben torniti, cristallini; si avvertiva la familiarità con il concerto ciaikovskia-

no, però mancava qualcosa, era come privo dell’anima. D’altra parte sul podio Vakoulsky non sembrava facesse nulla per galvanizzare l’esecutore e l’orchestra tutta; il suo impegno pareva rivolto ad ottenere suoni forti, a ‘caricare’ la timbrica, a far sottolineare le frasi dai timpani; cosa ben lontana dalla malinconica gioiosità che ci si aspettereb-

be dalla musica di Ciaikovskij; veniva invece affermata la perentorietà dei movimenti veloci facendo scivolare velocemente la mirabile ‘canzonetta’ del secondo movimento. Berman, dal canto suo, terminava la sua esibizione affidando accademicamente il suo bis al Largo della Terza Sonata per violino solo di Bach. La seconda parte era interamente dedicata ad un capolavoro del sinfonismo tedesco, la Sinfonia n.2 in re maggiore op.73 di Johannes Brahms. Poco da aggiungere, una esecuzione pulita, professionale ma niente di più. Sicuramente l’orchestra etnea può fare di meglio ma sembra attualmente mancare di quegli stimoli in grado di conquistare quel ‘colpo d’ala’ a cui ci aveva abituati. Applausi non particolarmente sonori ma parametrati anche alla relativa presenza in sala. A.M.

Micaela Esdra giunge Alla meta Non è facile per il pubblico odierno seguire, concentrati e con attenzione, uno spettacolo teatrale della durata di oltre tre ore con tre soli personaggi sulla scena di cui, però, solo uno assoluto protagonista, a reggere quasi interamente un monologo e con una assoluta mancanza di azione; in effetti un teatro in cui solo la parola è protagonista. Tale è stato “Alla meta” dello scrittore austriaco Thomas Bernhard (qui tradotto da Eugenio Bernardi), in scena alla Sala Musco per la stagione dello Stabile etneo dal titolo complessivo “Il teatro che fa testo”. Bernhard, d’altra parte, è autore della negatività, della lotta dell’uomo contro il processo di decomposizione che tutto inghiotte, di un quasi inutile parlare che si fa ossessione solipsistica e fallimentare alla ricerca di una realtà che non si riesce ad afferrare. Così assistiamo al logorroico sproloquiare della protagonista, proveniente da una famiglia circense, sposata poi senza amore, forse per curiosità, ad un ricco industriale padrone d’una florida fonderia, dal quale ha avuto due figli: un maschio morto prematuramente e una femmina che le sta sempre accanto, rigida, obesa e ritardata, che si esprime quasi come un automa. Le due donne

Micaela Esdra e Rita Abela durante lo spettacolo sono pronte ad andare in vacanza nella loro casa al mare come hanno fatto per tanti anni. Con la differenza che questa volta che non partiranno da sole ma in compagnia d’uno scrittore di teatro conosciuto da poco, che giungerà dal fondo della sala e che ha avuto un grande successo con un suo lavoro rappresentato in città. In questa totale inazione cam-

peggia la figura quasi titanica di un’attrice dalla bravura strepitosa, Micaela Esdra, in grado di polarizzare l’attenzione su di sé grazie ad una tavolozza vocale estremamente variegata, sapiente, tecnicamente controllata ma espressa con una naturalità quasi disarmante. Accanto a lei Rita Abela (la figlia) e Diego Florio (lo scrittore) restano come due ombre appena delineate; il testo

è coinvolgente, ricco di contenuti pur nell’apparente elementarità del quotidiano. Lo spettacolo è prodotto dall’Associazione Culturale Gianni Santuccio, con l’essen-

ziale regia di Walter Pagliaro, le scene di Sebastiana Di Gesu e le musiche a cura di Ilaria Grieco. Applausi a scena aperta per la bravissima Micaela Esdra. A.M.

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Il libro della settimana Una ricostruzione cronachistica approfondita degli eventi garibaldini in Sicilia nel 1860 di Giovanni Vecchio

Riccardo Nuti – Dal coro di lodi, spesso ipocrite, sul nuovo Presidente della Repubblica è uscito il deputato grillino Riccardo Nuti: “Lodare Mattarella come antimafia perchè il fratello fu ucciso dalla mafia è falso e ipocrita perchè allora bisognerebbe dire anche che il padre era vicino alla mafia. Ma se è vero che gli errori dei genitori non possono ricadere sui figli, allora non possono essere utilizzate altre vicende dei parenti in base alla propria convenienza. L’uccisione di un parente da parte della mafia (i motivi possono essere tanti e diversi fra loro) non da nessun bollino di garanzia di lotta alla mafia”. 6 – brutale ma non ipocrita Stefania Pezzopane – Quale potrebbe essere il simbolo della politica trash dei giorni nostri? Ma certamente la “love story” tra la senatrice del Pd Stefania Pezzopane e il suo toy boy Simone Coccia. Lei 54enne, lui 30enne; lei 1,40 di statura e lui 30 cm più alto con viso inespressivo quale proiezione del quoziente intellettivo. La Pezzopane, ex vice presidente del Consiglio regionale di Abruzzo e presidente della Provincia prima di essere eletta a Palazzo Madama e Coccia, modello (?) con un passato da spogliarellista e il sogno nel cassetto di una carriera da attore, presto sposi? 2 – trash

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Giuliano Ferrara – Chissà come sarà il Foglio senza il suo fondatore-direttore, l’”Elefantino”, al secolo Giuliano Ferrara? Giornalista e opinionista, passato agilmente (nonostante i 150 chili di peso…) dal comunismo al socialismo craxiano e al Berlusconismo e, ancora, alle simpatie per Monti Mario e oggi tra i plauditores di “Pittimbo” Renzi, con la sua facondia esuberante da novello Falstaff ha rivoluzionato la carta stampata, inventando il quotidiano-newsmagazine. Al suo posto un giornalista “imbullonato” (con tanti piercing!) e la barbetta alla moda. Vedremo. Ciao Giulianone, ci mancherai! 7 – giornalista d’avanguardia

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Rosario Crocetta - Il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta all’atto del suo insediamento disse che avrebbe fatto cessare “a’ manciugghia”. Spartacus si chiede come mai allora, sia molto legato alle Partecipate regionali. Sull’ipotesi di liquidare Riscossione Sicilia e passare il servizio ad Equitalia paventa il licenziamento del personale. Un espediente penoso, proprio perchè la prima condizione dell’eventuale passaggio sarebbe la garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali, secondo le norme lavoristiche vigenti. Spartacus dice: “ci occuperemo di Riscossione Sicilia…..” 3 – predica bene e…..

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Alexis Tsipras- Il giovane leader della nuova sinistra greca ha vinto e le cose si mettono male per Frau Merkel e l’euro. Le prime parole sono state: “La Troika è finita, cancellata la parola austerity, facciamo sorgere il sole, la speranza ha vinto!”. Finalmente parole per il popolo! 8 – uomo del popolo

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Alessandro Cecchi Paone – Spartacus ride a crepapelle pensando alle parole del presentatore televisivo, gay dichiarato, Alessandro Cecchi Paone a proposito della liason del leader della Lega Matteo Salvini con la soubrette Elisa Isoardi : “Salvini è un uomo rozzo che non si lava, si veste male, con la barba sempre lunga e l’alito che sa di grappa. Sono basito, lei è una bella ragazza, una delicatissima. Lui un uomo rozzo”. 6 – senza peli sulla lingua

di S par tacus

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I nostri voti

della Ricerca Sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma. Il suo interesse per la tematica è legato soprattutto alle sue origini, infatti è nativo di Linguaglossa in provincia di Catania e ama ripercorrere le tracce degli eventi passati dell’isola. La parte centrale dell’opera è occupata dalla descrizione di tutti i movimenti delle truppe, delle strategie adottate da Garibaldi per aggirare le mosse dei borbonici, delle barricate garibaldine e dei bombardamenti borbonici, delle comunicazioni ufficiali (proclami) e riservate, dei contatti , dopo la conquista della città di Palermo, con gli esponenti della Corona inviati da Napoli Letizia e Buonopane. Non mancano pagine dedicate alla presenza dello scrittore Alessandro Dumas padre e dei giornalisti inglesi e francesi al seguito della spedizione. Dopo Palermo, l’autore ci racconta il prosieguo della campagna di Sicilia con tre comandanti per tre colonne e tre vie: Stefano Turr e Ferdinand Nandor Eber, Nino Bixio, Giacomo Medici. Una ricostruzione analitica è riservata ai fatti di Bronte e a Nino Bixio, visto negli aspetti ufficiali e psicologici. Molto interessante la parte dello scontro con le forze borboniche della fascia tirrenica attestate su Messina e Milazzo: sembra di assistere ad un film d’azione altamente drammatico; la ricostruzione del terribile scontro è lucida e talora inedita. Infine l’autore si sofferma sul tentativo di attraversare lo Stretto da Capo Faro e la scelta finale di partire, invece, di sera da Giardini Naxos a luci spente con direzione verso Catania e, una volta verificato che non c’erano in vista altri piroscafi nel quadrante di mare vicino alla Calabria, si provvede all’inversione di rotta verso Porto Salvo di Melito. Qui finisce la ricostruzione di Frudà. Chi era convinto di saper tutto su questi eventi, dopo aver letto questo libro dovrà ricredersi perché scoprirà che c’è molto da aggiungere e spiegare rispetto a quanto, talora superficialmente, è stato scritto.

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“Garibaldi in Sicilia” di Luigi Gabriele Frudà (ed. Gangemi, Roma 2014) è un lavoro di ricerca che si propone di ricostruire gli eventi, i personaggi (tutti!) e i luoghi della spedizione garibaldina in Sicilia dal 27 maggio al 18 agosto 1860. Ma non è un testo di storia come comunemente si intende, si tratta, invece, di un’indagine analitica sui territori siciliani coinvolti nell’impresa e sui protagonisti principali e secondari di quel momento storico. L’approccio è sociologico e cronachistico. Sorprende il lettore la prima parte dell’opera nella quale vengono individuati i luoghi fisici attraversati dagli avvenimenti nella città di Palermo e la loro denominazione. Infatti l’autore ripercorre le origini di questa toponomastica risalendo molto indietro nei secoli e così veniamo a sapere perché tutt’oggi abbiamo, ad esempio, la denominazione “Il ponte dell’Ammiraglio” o il “Ponte delle teste (mozze) o il castello di Maredolce. Non solo, Frudà è tornato sui luoghi ed ha constatato come essi, quasi tutti, sono non curati e soprattutto ignorati dagli stessi abitanti i quali, pur adoperando tuttora i nomi, non sanno dire nulla sul perché di tale appellativo. La seconda parte, invece, frutto di una ricerca analitica e puntigliosa, ricostruisce tutti (o quasi) i momenti dell’impresa garibaldina relativa alla cacciata dei Borbone dalla Sicilia soffermandosi su informazioni, anche minute, arricchite da note a piè di pagina, talora esplicative tal’altra integrative rispetto al testo generale, il tutto sempre accompagnato da immagini dei personaggi coinvolti (anche rare) e dei luoghi come vennero raffigurati nell’Ottocento e come si presentano ai giorni nostri. Chi pensa, leggendo il titolo, di trovarsi di fronte all’ennesima opera storica su Garibaldi o nell’ambito di prese di posizione contrastanti sugli eventi del 1860, rimane sorpreso perché Frudà non è uno storico di professione e neanche un giornalista alla ricerca di successi editoriali, è invece professore ordinario di Metodologia

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

La spesa settimanale

Loredana, Maria e Luisa sono amiche da tanti anni. È da tre settimane che fanno insieme la spesa. La prima settimana Loredana ha comprato 2 chili di limoni, Maria ha comprato 4 pacchi di pasta e Luisa ha comprato 3 confezioni di acqua e hanno speso complessivamente 9 euro. La seconda settimana Maria ha comprato 1 chilo di limoni, Loredana ha comprato 1 pacco di pasta e Luisa ha comprato 1 confezione di acqua e hanno speso complessivamente 3 euro. La terza settimana Luisa ha comprato 1 chilo di limoni, Maria ha comprato 2 pacchi di pasta e Loredana ha comprato 3 confezioni di acqua e hanno speso complessivamente 6 euro. Quanto è costata 1 confezione di acqua?

Polinomi

È dato il seguente polinomio. (x^4 + 2)^5674 – (x^4 + 8)^2837 + x^10 – 4x^5. Quanto vale la somma algebrica dei suoi coefficienti?

Resti

Se dividiamo il numero 4^1245 per 3, che resto otteniamo?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero I coefficienti: 5; I resti: 11

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Italiano medio REGIA: Maccio Capatonda- SCENEGGIATURA: Maccio Capatonda, Marco Alessi, Sergio Spaccavento, Daniele Grigolo, Danilo Carlani, Luigi Luciano Dopo i tragici fatti di Charlie Hebdo e la riscoperta da parte del pubblico nostrano dell’importanza della libertà di espressione, uno spettro culturale si aggira per l’Italia. Si tratta del mormorio di fondo prodotto dall’opinione pubblica che celebra il valore della satira e contemporaneamente esita nel riconoscerle la capacità anarcoide di non avere templi da considerare come inviolabili. È in questa cornice che Marcello Macchia, in arte Maccio Capatonda, star della comicità surreale dai tempi di Mai Dire Gol, passando per YouTube, presenta il suo film, Italiano Medio, scritto e diretto in prima persona. Un’introduzione è però d’obbligo. Quando si parla di comicità di nuova generazione, nata per esempio all’interno di contenitori diversi, dallo show umoristico alla rete, bisogna accreditarle lo status di specie protetta. Infatti, l’ironia esacerbata tipica del genere, si esercita oggi in un panorama mediatico che fatica ad attribuire alla satira un valore specifico. Parliamo di un ruolo di verità artistica, sociale e politica in grado di raccontare il presente in maniera più completa del semplice sentimento di rottura provocato dalla volgarità ilare di certa comicità pre-youtuber. Per questo motivo, l’atteggiamento di chi scrive, è quello di riservare una particolare indulgenza nei confronti delle prove cinematografiche che provano a percorrere la strada del racconto dell’Italia in chiave umoristica e paradossale. La storia di Giulio Verme (Maccio Capatonda), un uomo che con l’ausilio di una pillola magica passa dal 20% al 2% di utilizzo delle proprie capacità celebrali, è da un lato un film di certo imperfetto, cadenzato da scivolate mediocri, dall’altro è testimonianza parziale di una maniera del tutto nuova di far ridere e di raccontare i mali del Belpaese. Arrivano conferme ma anche attese in qualche modo disilluse. Se da una parte il comico si dimostra capace di rinnovare il linguaggio narrativo attraverso uno storpiamento verbale che interessa non solo il contenuto interno del film ma anche la cornice, dai titoli di testa a quelli di coda, dal punto di vista dei personaggi, è la rappresentazione, già diventata maniera, di una tipologia di umanità becera e celebrata da un contesto pubblico sempre più estasiato dalla mediocrità, a occupare gran parte della scena e delle energie creative. Altrove invece, in una prima parte originale e dolceamara, vediamo un film capace di sostenere con fermezza un’ottima intuizione artistica. Il Giulio Verme in versione Don Chisciotte maniaco-ambientalista che lotta contro l’indifferenza popolare e finisce per cedere alla comodità dell’ipocrisia, incolla il Paese in cellulosa a quello Reale con sorprendente coerenza. E allora è più facile capire come il primo film di Capatonda confermi un talento espressivo nuovo, anche se incompleto, che avrebbe dovuto difendere con maggiore convinzione la portata innovativa delle proprie premesse e conclusioni

In ricordo delle famiglie… di Danila Intelisano Indovina chi viene a cena? Il nemico per eccellenza delle famiglie é in cima alla classifica ed è diventato l’ospite fisso, soprattutto durante i pasti. Si intrufola tra profitti scolastici, delusioni amorose e problemi alimentari; interrompe il dialogo e smorza, senza pietà, il sorriso e la parola dei bimbi. Squilla insistentemente o emette suoni di ogni genere, pretendendo la massima attenzione, e la comunicazione familiare è azzerata o ridotta, mentre la verdura di tuo figlio resta immobile sul piatto. Privi di interlocutori, molti bambini moderni utilizzano il fai da te; scelgono da sé programmi, orari, cibi, amicizie e crescono tristemente soli. Come Luca, figlio di amici di soli sette anni che, col tempo, ha iniziato a rifiutare il cibo, in particolare quello più ostico ma più importante: frutta e verdura. I genitori, concentrati sul messaggino, al secondo rifiuto, spostano il piatto e rinunciano alla sua crescita. La stessa situazione è evidente in molteplici posti e in troppe pseudo famiglie. Un tempo le nostre mamme dovevano affrontare la difficile battaglia dei legumi e facevano smorfie di apprezzamento e gesti di convincimento che provocavano il nostro sorriso mentre portavamo alla bocca ogni cosa; era il loro interesse e il loro affetto che ci nutriva e ci rendeva sicuri. E giù passati di verdura e frutta di stagione che ci hanno reso più sani e più forti. Tempi fortunati di genitori attenti e persuasivi; grandi educatori e soprattutto comunicativi. I figli dei genitori ultratecnologici, invece, sono più fragili fisicamente e psicologicamente; insicuri, scontrosi, introversi e spesso anarchici. Se solo si pensasse che il cellulare può aspettare, mentre l’infanzia di tuo figlio passa e la perdi per sempre. Non basta procrearli, bisogna anche amarli. Naturalmente se non è di troppo disturbo al vostro ospite. Che bella la tavola di Cosmo, in questa foto mi ricorda la mia famiglia: una mamma, un papà, figli felici e il veto assoluto ad ogni intruso. Eravamo tante e ci chiamavamo famiglie.

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