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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 48 anno IX - 3 gennaio 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Lettera a Babbo Natale di Nunzia Scalzo Caro Babbo Natale, siamo stanchi. Tanto stanchi, troppo stanchi. In una parola stanchissimi. A guardare indietro nel corridoio di questi ultimi dodici mesi viene lo sconforto, e se si pensa al futuro viene l’ansia. Non abbiamo ancora l’età né di Papa Bergoglio né del presidente Napolitano per sferzare e mazzolare, come sono soliti fare gli anziani, i nostri rappresentanti e quindi non possiamo permetterci di essere sinceri e brutali come vorremmo, ma siamo tutti perfettamente in grado di capire e di dire che le cose hanno preso una brutta piega. Il Governo regionale è impantanato. La Sicilia è allo sbando, i disoccupati in aumento, le possibilità economiche delle famiglie siciliani sempre più ridotte e assottigliate, i parlamentari siciliani assai confusi e incapaci di ascoltare la gente che non ce la fa più, e per dirla con Bergoglio sembrano affetti di «Alzheimer spirituale» e «schizofrenia esistenziale». E le definizioni che il papa ha dato della Curia come «un’orchestra che produce chiasso», infestata di «esibizionisti, calunniatori, diffamatori, terroristi delle chiacchiere e omicidi a sangue freddo della fama dei propri colleghi» si attagliano perfettamente ai nostri rappresentati politici siciliani. Che dire? niente, per un giorno spegniamo il pensiero e sospendiamo il giudizio e buon Natale a tutti i nostri lettori.

Siracusa

Il 2015

Accoglienza e loschi affari

Consigli semiseri per l’anno che verrà

R. Tomarchio

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N. Scalzo

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Il nuovo bilancio della regione (ma sem d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Il bilancio zoppo - La legge parla chiaro: il governo può chiedere l’esercizio provvisorio – per un periodo massimo di quattro mesi – a condizione che abbia approvato e depositato presso l’assemblea regionale il bilancio di previsione e il documento di programmazione poliennale... adempimenti che, di norma, vengono esitati entro la fine di novembre di ogni anno. Ma il calendario è stato nemico, anche quest’anno, delle “indulgenze” crocettiane. E qualcuno ha scoperto, a cavallo di Natale, che senza l’approvazione di un bilancio – un bilancio qualsiasi – non sarebbe stato possibile andare avanti neanche nella ormai sgamata politica del “tirare a campare” che ha caratterizzato il 2014 del governo regionale. Serviva un foglio a quadretti con dei numeri sopra, da mandare a palazzo dei Normanni e ottenere, gioco forza, l’autorizzazione a spendere “in dodicesimi”, un terzo del bilancio di quest’anno ormai passato. Et voilà. In quattro e quattr’otto, bilancio e dpef si sono materializzati, nonostante l’assessorato all’economia abbia visto cambiare, in queste ultime settimane, ben tre ragionieri generali, due dirigenti generali e sia tuttora privo del 70 per cento dei dirigenti… L’assessore venuto da Roma, Alessandro Baccei, ha finalmente fatto la sua apparizione nella sede dell’assemblea regionale. No, non in commissione bilancio dove l’attendono da settimane, ma in sala stampa. Solo. E lì, impacciato, a volte insicuro, ha affrontato i giornalisti, tentando di spiegare che il bilancio presentato non è il vero bilancio… è un documento che serve esclusivamente ad ottenere l’esercizio provvisorio. Che le uscite previste sono maggiori delle entrate. E che l’unica soluzione era tagliare – in questa fase – un miliardo di spese e chiedere quattro mesi di tempo… per provare a far quadrare i conti. E dice un’altra cosa importante l’assessore all’economia: afferma che nel bilancio presentato è

Il parlamento costretto in aula a Natale per tamponare i ritardi della giunta – Unico obiettivo: tardare la quadratura dei conti per altri quattro mesi – adesso una infornata di proroghe - i tagli rinviati a Pasqua in attesa di un “salvagente” da Roma: gli aiuti o le elezioni anticipate… prevista l’utilizzazione dei fondi destinati agli investimenti, per pagare – intanto – gli stipendi. Una cosa che il governo sa di non poter fare. Che è vietata dalle norme di contabilità statale. Ma che è – in questa fase – l’unico modo di affrontare le spese. Ammonendo, tra l’altro, che da maggio, anche gli stipendi sono a rischio, senza un “salvataggio” da Roma. Solo un nuovo mutuo e l’intervento del governo nazionale, potranno – più avanti – permettere di scrivere un bilancio più “aderente alla realtà”. Più chiaro di così… Crocetta e la via crucis - E’ sfuggita una lacrima a Baccei, al momento della “confessione”. Quasi una “replica” dei singhiozzi della Fornero, già consapevole della carneficina di esodati che la sua riforma stava per profilare. A consolare l’indimenticabile “Elsa” c’era un “consapevole” Mario Monti. Baccei pronuncia frasi che rappresentano il chiaro presagio di nuove carneficine. Péer questo anche lui si commuove. Ma al suo fianco non c’è l’inconsapevole Crocetta. Baccei non lo nomina. Ma il tracollo dei conti siciliani è legato all’operato del governo. La relazione dell’assessore all’economia tocca argomenti che scottano… Baccei è un “tecnico” inviato da Renzi – a quel che si dice – per far quadrare i conti della Regione. Non è un politico fine. Non ne ha né il tatto né il necessario cinismo. E si muove – infatti –

come un revisore dei conti. Le sue parole inchiodano Crocetta e i suoi coloratissimi governi a responsabilità enormi. Che neanche la sbiadita opposizione parlamentare aveva osato descrivere con tanta crudele precisione. Intanto parla dei costi della dirigenza. Poi segnala i ritardi nella spesa e nella programmazione, sia dei fondi europei che di quelli della coesione. Indica gli errori contabili. E gli sprechi, nel settore dell’agricoltura, degli appalti, della funzione pubblica. Negli acquisti. Afferma che la riduzione della spesa è ineludibile. E spiega che il mutuo per ripianare i debiti delle aziende sanitarie è un problema del governo, non della sanità siciliana, che ha i conti in regola. Dice che il governo farà – con tre anni di ritardo – tutto ciò che la magistratura contabile gli ha contestato, a chiare lettere, nelle relazioni annuali sui bilanci regionali. E spiega, che senza misure gravi e onerose, è difficile prevedere una via d’uscita certa. Se non è l’annuncio del default, ci manca poco. E’ una resa. Incondizionata. Dinanzi agli organi di controllo e dinanzi al governo nazionale. La manovra a tenaglia - La conferenza stampa dell’assessore all’economia – osserva qualcuno - sta all’autonomia regionale, come l’armistizio firmato a Cassibile sta alla liberazione. E’ l’inizio di una nuova fase, in cui le truppe di invasione si preoccupano di scrivere e imporre nuo-

Il presidente Crocetta ve regole. Gli ultimi baluardi di resistenza erano del resto già distrutti o fiaccati dai “guastatori”. Crocetta, in soli tre anni, ha fatto strame degli istituti autonomistici, permettendo – chissà perché – ogni violazione dello statuto da parte del governo nazionale. Non ha mai partecipato a una riunione del consiglio dei ministri. Ha rinunciato a un contenzioso – in parte già determinato – con il governo nazionale, che ha fatto perdere alla Regione oltre 5 miliardi di euro. Ha assistito, senza battere ciglio, allo scippo di un miliardo e mezzo di fondi Pac non spesi, certificato con la legge di stabilità appena approvata dal parlamento nazionale. E non si è opposto in alcun modo a tagli di trasferimenti che ammontano ad un ulteriore miliardo. Nel frattempo ha bloccato il tentativo – avviato da Lombardo – di utilizzare i fondi europei per pagare l’esercito di precari siciliani, dai forestali ai dipendenti della formazione. E ha provocato un enorme buco di bilancio, usando tutti i fondi di “cassa” per pagare stipendi altrettanto precari. Prometteva il salario minimo garantito a tutti i siciliani e – intanto – distruggeva il minimo residuo di “tenuta” del bilancio regionale. Finanziando, tra l’altro, un esercito di inetti e incapaci, assurti a ruoli assai ben remunerati: assessori, esperti, consulenti, dirigenti, gabinettisti, commissari, consiglieri d’ammi-

nistrazione. La rivoluzione crocettiana, come i siciliani ricorderanno, è iniziata con una campagna di vere e proprie epurazioni. E le teste rotolanti offerte ogni giorno alle folle osannanti, venivano presentate come il risultato della lotta allo spreco e ai privilegi. Poi le teste da tagliare sono finite. La “purge” hanno prodotto nuovi adepti. E, nel silenzio generale, la politica dei “tagli” è stata sostituita da quella delle “sostituzioni”. E un circo di nuovi figuranti si è saldamente insediato in tutto il “sottogoverno” disponibile. Mantenendo e spesso addirittura aumentando i costi di quello che, una volta, era l’esercito “nemico”. Ecco. L’aumento dei costi improduttivi, la “distrazione” dei fondi destinati allo sviluppo, la creazione di un vero e proprio “buco” di bilancio, la paralisi di qualsiasi attività produttiva, non potevano che essere le premesse di una vera e propria “manovra a tenaglia” che – adesso – con l’arrivo di un “commissario liquidatore”, è giunta al suo epilogo. Gli scenari - L’Assemblea regionale ha trascorso Natale in aula. Costretta ad autorizzare il governo a continuare a far debiti. Con la pistola alla tempia dello scioglimento coatto previsto dallo Statuto nel caso di mancata approvazione – nei termini di legge – dei documenti finanziari. Se dovesse scoccare il 31 dicembre in assenza di un voto chiaro e

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sembra zoppo) del presidente Crocetta definitivo sulle proposte del governo regionale, il governo nazionale dovrebbe commissariare e sciogliere giunta e assemblea regionale, convocando le elezioni per il loro rinnovo. Per quattro mesi, insomma, il governo potrà continuare a tenere buoni i precari pagando qualche stipendio arretrato e facendo finta di affrontare una nuova stagione di riforme. E’ lo stesso film proiettato – nei palazzi del potere siciliano – l’anno scorso e ancora l’anno prima. L’unica cosa che diminuisce è l’autonomia finanziaria. Poi, inevitabilmente, arriverà il momento del “crack”. E allora il governo nazionale potrà intervenire. Magari con una riforma come quella appena annunciata, che prevede solo cinque macroregioni, al posto dei venti, costosissimi “carrozzoni” attuali. Possibile anche con un solo emendamento da aggiungere alla riforma del senato. La Sicilia, con il suo statuto di rango costituzionale è l’unico vero ostacolo da abbattere lungo la strada di una riforma delle “autonomie” che sarebbe, tutto sommato, in linea con la modifica dell’assetto delle province voluto da Renzi e Delrio: con

un drastico snellimento della democrazia assembleare e una “catena” di enti territoriali tenuti insieme da una serie di nomine “multilevel”, alla maniera delle multinazionali americane. In alternativa? Le elezioni anticipate. Sia a Roma che a Palermo, che finirebbero con lo scaricare su nuovi, “innocenti” governi, sia le casse ormai vuote che i debiti da pagare per le scelte scellerate di questi anni. La realtà - La realtà, intanto, supera la fantasia. Il contesto in cui ci muoviamo ha di gran lunga superato lo scenario che Grecia e Spagna hanno proposto alla opinione pubblica europea l’anno scorso. In Sicilia è molto peggio da un pezzo. Da anni non ci sono investimenti nazionali per nuove infrastrutture. Erano gli anni berlusconiani quando il governo nazionale autorizzò il completamento della Palermo Messina, ma solo attraverso l’utilizzazione di fondi europei. E se è stato dato il via libera a nuove tratte della Siracusa-Gela è solo grazie ai fondi privati che saranno ripagati dai pedaggi. Ma anche sull’utilizzazione dei fondi europei, ultima speranza sulla via dello sviluppo, Cro-

cetta e il suo governo ha dato il meglio di sè. La spesa sui fondi 2007-2013 è praticamente ferma dai tempi dei governi di Raffaele Lombardo. Sono andati avanti i pagamenti delle opere avviate. Ma non c’è stato un solo nuovo appalto. E perderemo, solo su questo fronte, oltre 3 miliardi di euro. Poi ci sono i cosiddetti fondi Pac. Fondi europei anche quelli, utilizzabili però, oltre che per infrastrutture, anche per interventi a sostegno della creazione di nuove imprese e di nuovi posti di lavoro. Ma la Regione – costantemente sollecitata - non ha presentato i progetti in tempo. Ed ecco volare via un altro miliardo e mezzo. Sfuma la possibilità di realizzare importanti snodi nel sistema dei trasporti. Ma sfuma anche il piano giovani, che già era stato “azzoppato” dal “flop” del click day e che era sotto osservazione dell’anticorruzione – e dei magistrati - per le modalità di affidamento degli appalti. La legge di stabilità nazionale mette fuori gioco anche i precari che lavorano negli enti locali siciliani. Altre duemila persone destinate a perdere il loro precarissimo lavoro. E se va a picco anche Sviluppo

Italia, la società regionale incaricata di accompagnare le nuove imprese nell’utilizzazione dei finanziamenti europei, il panorama diventa chiarissimo. I soldi da investire ci sono ma non si utilizzano. Gli stipendi dei 76 dipendenti si devono pagare comunque. E la società, pur avendo enormi prospettive, va in “rosso”. E finisce nel pacchetto di enti da sopprimere proprio perché presenta bilanci in perdita. Incredibile. In piazza, da settimane, ci sono anche i dipendenti delle società “partecipate” delle nove province regionali. Il governo regionale ha lasciato a metà la riforma dell’ente intermedio. I dipendenti delle partecipate, con le province senza risorse e senza funzioni, saranno i primi ad essere licenziati. E’ ormai una certezza. E cominciano a tremare i dipendenti “diretti” delle province regionali: cosa conterrà la riforma della funzione pubblica regionale che mira a contenere le spese? Il personale degli enti intermedi, in questo momento, è l’elemento più debole della catena… Natale in casa Crocetta - Con tutto il rispetto per casa Cupiello ed Eduardo De Filippo che l’ha resa famosa portandola in scena

per anni, anche in Casa Crocetta si è vissuto, come abbiamo visto, un Natale caratterizzato dalla commedia degli equivoci. Con documenti “scottanti” che circolano da una parte all’altra. Con personaggi che non si fidano l’uno dell’altro e che finiranno per scontrarsi in un grottesco “crescendo” di fatti incresciosi e fraintendimenti pericolosi. Un Natale diverso. Difficile. Dissimulato da falsi sorrisi. Ma turbato da cattivi pensieri e da un vorticoso girotondo di personaggi improbabili. In un contesto in cui tutto diventa possibile. Tutto appare credibile. Tranne che la verità. E’ il Natale forse più amaro degli ultimi dieci anni. Il Cardinale Paolo Romeo di Palermo lo ha sottolineato con chiarezza parlando a tutti i siciliani, celebrando una speciale messa di solidarietà a Casteldaccia, nella sede del pastificio Tomasello, che ha ormai chiuso i battenti. “Senza lavoro non c’è dignità” ha detto il Cardinale,riprendendo una affermazione di Papa Bergoglio, dinanzi agli operai e ai titolari della fabbrica, lasciati “soli” da una politica tanto sprecona quanto approssimativa e pasticciona. Auguri. Ne abbiamo bisogno.

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

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“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

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Teatro Metropolitan Catania

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GENNAIO 2015 - Opinione

Mediterraneo da scoprire, ma non troppo di Cla udio Mec Melchi or r e Lasciamo il 2014 nella certezza di essere al centro del Mediterraneo, ma dobbiamo sapere che non è vero. E’ stato solo qualche anno fa che l’Europa lanciava il programma Euromed. Non era una novità, esiste da qualche decennio. Puntualmente muore e risorge, per l’interesse di qualcuno che vuole provare a utilizzare il Mediterraneo come locomotiva per un’economia trainata dal Sud. Purtroppo la ricetta non funziona mai. Turchia, Barcellona, Malta, Tunisia, Marocco tirano, ma il resto del Mediterraneo è fiacco. Catalani e maltesi, tra gli europei, lo sanno, e prescindono dal resto del bacino, intessendo politiche commerciali e industriali con il Nord Europa e l’Est. I prosciutti e l’olio spagnoli hanno aumentato poderosamente il loro valore, surclassando molti dei nostri prodotti. Certo, l’Italia ancora ha una leadership nel buon cibo, ma perde terreno. Di industria pesante, a Sud non se ne parla più, a parte l’Ilva di Taranto. In fatto di arance, le bionde spagnole hanno mediamente molto più valore delle nostre, che siano bionde o rosse. I nostri produttori, quando parlano del loro business si adombrano per la scelta europea di favorire le importazioni dal Marocco, mai del dif-

ferenziale di prezzo in favore delle altre arance europee, rispetto alle nostre. Sarebbe come darsi degli incapaci. E comunque non sono in grado di vedere le grandi opportunità che si nascondono nell’ingresso del Nord Africa nel nostro mercato. Subiamo, non utilizziamo le scommesse che potremmo vincere facilmente. E’ evidente che nessuno crede davvero al Mediterraneo. Ci fa paura, non ci affascina. Si nota facilmente, grazie anche alla svogliata indifferenza con la quale osserviamo i ribelli islamisti impossessarsi della non più pacificata Libia. Il Sud dell’ex repubblica di Jamahiriya è perduto, a Nord, Derna e, forse, anche Tripoli sono state perse dal governo riconosciuto dall’Onu. Noi, fidando forse troppo nella presenza americana in Sicilia, ci disinteressiamo della questione. Eppure gli islamisti hanno ora piloti, aerei e vendono petrolio e gas alla metà del prezzo ufficiale, finanziando un esercito sempre più numeroso e addestrato. Presto saranno capaci di colpirci, a Marsala o Ragusa. Per non sbagliare, protestiamo anche contro il Muos, ma guardandoci bene dal preparare analisi strategiche per fronteggiare un problema di sicurezza nazionale. Non ci arrendiamo all’idea di essere diventati marginali. Se in Sicilia siamo indifferenti, nel

resto d’Italia non siamo brillanti. Il marò Salvatore Girone non tornerà in Italia nel prossimo futuro, l’altro è qui in Italia non per diritto ma per “ragioni umanitarie”. Con la presunzione europea che in India non possano curare un ictus, come se in India non ci fossero ricchissimi uomini che anche loro hanno ictus e infarti, riteniamo la presenza del marò “per malattia”, normale. Non ci vergogniamo a chiedere il ritorno anche dell’altro marine italiano, calpestando la dignità della magistratura indiana. Non ci curiamo di sapere che gli indiani hanno di sé un’altissima considerazione, da potenza regionale che si affaccia al gioco delle grandi potenze mondiali. Non consideriamo che è una potenza che ha armi nucleari e che ha due frontiere calde, come minimo, una storica con il Pakistan, l’altra con la Cina e sono consapevoli della loro capacità di reggere simili urti. Non teniamo conto di nulla, poi guardiamo il nostro ombelico e ripetiamo Europa no, Mediterraneo si. Come se esistesse un Mediterraneo. Ma non c’è. Il Mediterraneo è un’espressione geografica, non è il lago romano dell’antichità. Il Mediterraneo è tutto da scoprire, come diceva Mango, e la Sicilia non lo sa o fa finta di non saperlo. Se chiedessimo ai nostri figli dove siano Tel Aviv, Tiro, Marrakech, Il Cairo, Bodrum, Nicosia, i nostri figli

ci guarderebbero con gli occhi persi nel vuoto, ma noi adulti non andiamo meglio. Siamo poveri e senza una consapevolezza reale circa la necessità di rimetterci a produrre ricchezza. Non ci occupiamo di sicurezza estera, così come riteniamo che i furti, gli scippi, le rapine siano cose normali, in una “terra unni ci su ‘n zaccu ri carusi ca nun travagghiunu”. Siamo completamente ignari dei requisiti minimi dell’essere Stato o nazione. Se qualche rigurgito abbiamo, lo abbiamo come italiani. E’a Roma che guardiamo per la soluzione di qualsiasi problema, segno che delle nostre forze e capacità non ci fidiamo. Il 2015 porterà un cambio di rotta? No. Non se ne vedono i segni. Siamo imbottiti di pareri e articolesse che narrano di una nostra difficoltà economica dovuta alla impossibilità di stamparci una moneta sovrana. Nessuno che affronti la questione semplice: spendiamo molto più di quanto possiamo permetterci. Se potessimo anche stampare moneta, allungheremmo il brodo, distruggendo quel po’ di ricchezza residua che abbiamo. Lasciamo che i governanti di Comuni, Province (si, sono sempre lì, non sono state abolite), Regioni, Stato spendano sempre più soldi. Lasciamo che violino sistematicamente

le regole e la nostra dignità, per finanziare il loro benessere canceroso contro di noi, con la sola speranza che un po’ di quel grasso, possa colarci vicino. Siamo come la marmaglia affamata che si accalcava vicino alle regge di nobili alla fame ma che ancora spendevano e consumavano le loro residue ricchezze, per abitudine, attendendo il momento in cui i resti dei sontuosi banchetti, venissero gettati dalle finestre da una servitù che spesso derubava il padrone, finendo per sostituirlo, nei casi più clamorosi. Comincia un nuovo anno. Noi siamo sempre fermi al palo. Anzi, continuiamo a portarcelo appresso, mentre arretriamo. Fino alla befana non penseremo a niente. Poi, d’incanto, il sette gennaio tornerà a fare scoccare le ore del tempo, con sempre meno forza da imprimere ad una svolta che non si vede. Tanti auguri, uomini del Mediterraneo. Genti tra loro sconosciute che forse presto si combatteranno e che se invece fossero un popolo, potrebbero essere il centro del Mondo. Il nostro capodanno cristiano si è imposto negli appuntamenti e nei calendari, ma non illudiamoci, c’è un altro tempo che scorre, contemporaneamente. Noi, nemmeno lo vediamo. Presto si presenterà a noi. E lo subiremo, come tutto il resto. Buon 2015 a tutti. Insciallà.

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GENNAIO 2015 - Siracusa

Siracusa: immigrati, accoglienza e loschi affari di Rosa Tomarchio Il 2014 è stato l’anno del malconcio Viadotto Targia, del pericolante ponte dei Calafatari di Ortigia, dell’annunciato crollo del Teatro Greco, delle rotatorie cittadine ed extra urbane, l’anno del debutto della stagione della Lirica a luglio e del sold out in teatro con 22 mila presenze, è stato l’anno delle grandi e piccole opere di comunicazione e vie di fuga sempre poche e insufficienti a Siracusa, città d’arte patrimonio dell’Unesco e parimenti del polo petrolchimico più grande d’Europa. E’ stato l’anno di “Basta Veleno dalla zona industriale” e della presa di coscienza della gente che pretende un’aria più pulita. Ma il 2014 verrà ricordato dalla provincia di Siracusa come l’anno della grande accoglienza e della solidarietà con oltre 10 mila immigrati sbarcati nelle coste siracusane; un triste record che segna anche un rovescio della medaglia allarmante: business e affari illeciti attorno ai centri di prima accoglienza sparsi per la provincia aretusea su cui sembra allungarsi l’ombra nera di Mafia Capitale. 365 giorni di continue prove generali per un sindaco che, a sentire i più informati, avrebbe velleità oltre stretto e che sembra guardare con parecchia attenzione allo svolgersi della politica capitolina. Giancarlo Garozzo, renziano della prima ora, sarebbe stato identificato quale uno degli uomini politici più potenti e influenti in Sicilia. E’ sindaco e presidente Inda all’unisono, cosi vuole lo statuto della gloriosa fondazione, e prestò sarà anche presidente del Libero Consorzio dei Comuni una volta Provincia Regionale. Dunque, è tutta campagna elettorale la sua? “Dopo un anno e mezzo? Mi sembra un’assurdità – esclama il renziano di ferro Giancarlo Garozzo - 18 mesi fa ho preso un impegno preciso con i miei concittadini e sicuramente ho intenzione di portarlo a termine sino alla scadenza naturale del mio mandato”. Ci sarà tempo, allora, per mettere un punto definitivo sul caso Pillirina, l’ultimo pezzo di costa siracusana incontaminata dove il marchese Di Gresy avrebbe voluto costruire un resort extralusso ma che, abbandonando per sempre l’idea, chiederebbe a Comune e Regione oltre cento milioni di euro. Quell’insediamento turistico avrebbe comunque portato una ventata di ossigeno all’asfittica economia siracusana a cui non

nella rada di Siracusa almeno per tre volte rispetto agli anni precedenti. Nelle more attraccheranno come hanno fatto sino ad oggi. L’assessore ai Lavori Pubblici Gianluca Rossitto è molto presente Siracusa, migranti soccorsi dai bagnanti sui lavori del porto, gli piace concorrono nemmeno i cantieri monitorarli di persona, come se sempre annunciati ma mai aperti. la mattina andasse col pulmino a Come quello del malconcio via- prendere gli operai. Per maggio dotto di Targia, o come i lavori del si potrebbe liberare la banchina porto, e dell’unico obiettivo per in tempo con le rappresentazioni il quale quest’amministrazione di classiche”. centrosinistra vive sin dal suo pri- Che non salteranno per i presunti mo giorno di insediamento, ovve- crolli di un’ala del teatro greco? ro il Teatro Comunale di Ortigia. “Assolutamente no, - risponde il “Da circa un anno e mezzo aspet- sindaco che è anche presidente tiamo risposte dalla Regione per INDA - è stato chiesto però di conqui famosi 5 milioni utili per in- cordare un palco meno invasivo. tervenire per il viadotto – dice il Il teatro greco sta discretamente sindaco Garozzo – ma la risposta bene come sta da 40 anni a queda Palermo non è mai arrivata al ste parti. Ci prepariamo dunque ad Vermexio, e così abbiamo fatto di allestire una stagione straordinaria necessità virtù. Nel nostro bilancio da maggio a giugno e sino a luglio di novembre abbiamo previsto un con la Lirica di Castiglione, e per milione di euro per la costruzione la prima volta, da far notare, che di una bretella provvisoria per per- non vi è stata nessuna scelta da mettere intanto l’entrata e l’uscita contestare sulla terna dei registi, anche ai mezzi pesanti e chiudere tutti di altissimo spessore: Moni definitivamente il viadotto peri- Ovadia, Tiezzi e Pagelli. Prova ne colante per motivi di vera emer- è che la scelta del sovrintendente è genza. Ogni 15 giorni i tecnici del stata fatta con un bando rigido, la Comune vanno a verificare lo stato terna infatti è inattaccabile. Il midell’arte del viadotto e ci risulta nistro sceglierà nelle prossime ore. ancora che ogni notte passano di- Anche lui in imbarazzo nello sceversi mezzi pesanti nonostante il gliere un solo nome su tre: Lanza divieto. Ecco perchè una bretella Tomasi , Torrisi e Neuamann. Rida affiancare. Mi auguro solo che cordiamoci che se decolla l’Inda è non ci siano ricorsi alla gara d’ap- del tutto evidente che le ricadute palto cosicchè entro il 2015 si po- saranno importanti sulla città”. tranno iniziare i lavori”. Il 2014 è stato anche l’anno del deQuest’anno Siracusa fa da sé, non butto delle navette bus che hanno potrà nemmeno contare sui tra- raccolto il gradimento dei siracusferimenti regionali, persino gli sani e dei turisti, non foss’altro perstipendi dei dipendenti comuna- ché il biglietto di 90 centesimi coli sono stati in bilico per questo sta appena 50 centesimi. Una sorta mese. di diarchia, tra gestione privata Ast “Diciamo che le somme per Sira- e gestione pubblica con sei bus cusa sono congelate a Palermo per navetta elettrici che circolano non questioni di Patto di Stabilità e ral- solo dentro Ortigia ma arrivano lentamenti burocratici vari”. sino a Corso Gelone, Teatro Greco Il 2014 è stato anche l’anno delle e pista ciclabile Monumento dei grandi attese, come quelle attorno Caduti. “Quest’amministrazione il porto di Siracusa dove i casso- ha rimesso in circolazione sei nani che ostacolano la vista a mare vette e chi le guida sono dipendenti si stanno pian piano riempiendo di delle esternalizzate, dunque già in calcestruzzo. busta paga del Comune. A questi “I lavori dovrebbero essere com- dipendenti abbiamo fatto prendere pletati nel 2015 – dice il sinda- le patenti, non facili, per guidare co – abbiamo già riscontri con le questi bus che collegano attrattori grosse navi da crociera che faran- turistici essenzialmente. Nel bino fermata nella prossima estate lancio è stata prevista l’attivazione

del fondo Jessica per acquistare ulteriori 4 bus elettrici. Quelli attualmente in servizio passano ogni 25 minuti da una fermata all’altra a fronte di quell’ora e mezza di attesa di due anni fa”. Una delle caratteristiche di quest’amministrazione di centrosinistra quella di avere fattivamente al fianco l’associazionismo in generale. Il Comune concede spazi e possibilità di intrapresa, in cambio di nessun contributo o onere. Praticamente, l’ente pubblico acquisisce servizi a costo gratuito. Così è stato con la pista di pattinaggio sul ghiaccio a Largo Aretusa, e per le aiuole, le fontane ed il verde pubblico in città adottato da aziende private. E cosi sarà per le pensiline, annuncia il sindaco: “Garantiremo al privato dieci anni di pubblicità gratuita sulle pensiline delle fermate bus in cambio di manutenzione gratuita. Non solo. Abbiamo partecipato ad un bando del ministero per il quale abbiamo previsto l’installazione del GPS a bordo delle navette e nelle pensiline che avvertiranno l’utente tra quanti minuti arriverà il bus. Obiettivo è anche quello di rafforzare il servizio Ast specie nella zona periferica che rimane sguarnita di collegamento col centro storico. Il percorso virtuoso si lega agli orti sociali urbani, abbiamo ripulito una grande area su cui i cittadini andranno a coltivare ortaggi e frutta pagando solo cento euro l’anno. Nasce una comunità insieme alla cura del territorio. E quell’area pubblica un tempo abbandonata ecco che oggi sarà vissuta e bellissima”. A Palermo, nel corso della presentazione del piano turistico della città, sarebbero stati fatti i complimenti a Siracusa in termini di mobilità. “E’ vero, l’assessore regionale ha voluto sapere cosa abbiamo fatto in questo anno per risistemare i bus elettrici. Ha fatto un giro sui bus e ha visto come ci si muoveva e come lavorava il personale del Comune a full time. Abbiamo utilizzato personale che oggi è stato gratificato e guadagna anche di più. Stiamo dando un servizio migliore ai cittadini e ai turisti”. Turismo fiore all’occhiello della città, con un incremento del 12% nell’estate 2014 grazie agli eventi Inda e Lirica. Mancano i servizi. I parcheggi. Però quello del piazzale Poste va proprio eliminato ora che Ponte Calafatari in settimana scomparirà? “Proprio in quell’area dobbiamo fare degli interventi di riqualificazione, non sarà sfuggito infatti

che l’unica fontana non riattivata è proprio quella di Piazza delle Poste, questo perche l’albergo che sta aprendo nella prossima primavera ha predisposto una serie d’investimenti, dalla promenade dove sorge il ponte ed attorno alla Fontana appunto”. Parlando di turismo, uno dei punti focali per il mantenimento del titolo Unesco è quello della Ztl 24 ore. “Non è facile fare incontrare le esigenze del residente rispetto a quelle del ristorante e dell’albergatore. Si crea comunque uno scontro. Essendo Ortigia una isola non ha accessi ma solo due ponti. Pertanto, stiamo dicendo stop ai furbetti che sino a oggi sono entrati attraverso i 13 varchi eludendo le vie d’accesso ufficiali con telecamera. A secondo del periodo capiremo come tarare la Ztl nel rispetto di tutte le categorie che vivono e operano in Ortigia. E il 2015, come sarà? Sarà l’anno del posizionamento della Statua di Archimede tra il Ponte di Santa Lucia e il Ponte Umbertino. Sarà l’anno del ritorno degli appalti importanti, dopo trent’anni, dalla nettezza urbana al servizio idrico. Due questioni che alzano le aste della contestazione tra la gente e che, di contro, ha visto un Consiglio comunale poco acceso e povero di contenuti rispetto alle aspettative. Il 2015 potrebbe essere anche l’anno della Pax politica all’interno del PD. Dopo l’invio del commissario regionale Mancuso su input del segretario regionale Faraci, il centrosinistra tenta di ricompattarsi alla ricerca di quell’unità perduta. E’ anche vero che alcune battaglie anti-Garozzo sono state portate avanti da consiglieri di centrosinistra che dai banchi dell’opposizione. “Il consiglio porta avanti davvero le istanze dell’amministrazione e talvolta le migliora pure. Poi ci sono una serie di soggetti, ma questa è storia, che non hanno la visione puntata sull’intersesse collettivo rispetto all’interesse personale. Ci sono delle dinamiche all’interno del PD a cui, in verità, mi dedico poco. Per me prima viene l’amministrazione della città e poi le beghe politiche. Il nostro obiettivo è amministrare la città. Si può fare tanto e ci sono i margini per fare tantissimo. Sarò sindaco per i prossimi anni sino alla fine del mandato”. E per gennaio altro avvicendamento in giunta e in primavera finalmente l’apertura del Teatro Comunale.

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GENNAIO 2015 - Jonica

Ciro Palumbo in mostra tra Catania e Nola d i M. C a la ndrino Il mese scorso ha avuto luogo nelle nuove sale del convento di Santo Spirito, ex carceri di Nola (NA), la mostra pittorica di Ciro Palumbo intitolata “I Mulini di Dio”. L’artista napoletano trae ispirazione dal dipinto “Salita al Calvario” di Pieter Brueghel il Vecchio (1525? – 1569), per realizzare una serie di opere pittoriche che rappresentano una sua personale riflessione sulla natura umana. Palumbo dà enfasi all’immagine del mulino posto sulla cima di una roccia impervia e la utilizza sapientemente come strumento di riflessione. Essa è accompagnata da atmosfere magiche che generano piacevoli sensazioni misteriose. Sensazioni che spingono l’osservatore all’immaginazione. Quest’ultima è libera di volare qua e là, apparentemente senza limiti. Le uniche limitazioni possibili sono quelle che provengono dalla nostra fantasia. L’assoluta libertà d’immaginazione è frutto di quell’abilità artistica che si traduce nella capacità di saper trovare un giusto equilibrio tra gli elementi essenziali che compongono un dipinto. Chi apprezza l’arte di Ciro Palumbo conosce molto bene questa caratteristica, e sa, per esperienza diretta, che dall’osservazione dei suoi dipinti scaturiscono infiniti interrogativi. A che serve un mulino sopra una roccia inaccessibile? Alla medesima cosa cui servono le molteplici iniziative umane volte alla sopraffazione per l’affermazione dell’egemonia, cioè nulla. La sopraffazione dei più deboli è insita nella natura umana che al pari delle altre specie viventi agisce per istinto di sopravvivenza. Tale istinto può essere dominato attraverso l’impiego della ragione e dell’intelligenza, due preziose virtu’ che ci contraddistinguono. Sprecarle è come non averle. E dimostrare di non averle significa rinnegare il Dio che ci ha creato a sua immagine e somiglianza e vanificare il sacrificio del figlio Gesù, mandato sulla terra per indicarci la via del bene. Il mulino è anche ironica rappresentazione di quella presunzione umana che spinge l’uomo a credere di potere dominare la

In alto Ciro Palumbo e a seguire alcune delle sue opere natura. Per l’artista napoletano la vera modernità non s’identifica nell’evoluzione tecnologica, bensì in quella culturale. La storia millenaria che noi tutti conosciamo, racconta la nostra esistenza e accenna appena a quella della terra su cui viviamo. La storia non è fatta per riempire le pagine di un libro. Essa è esperienza di vita reale vissuta per noi da altri uomini, portatrice sia di regole per fare il bene, sia di regole per fare il male. Spetta a noi decidere quali regole seguire per continuare a vivere. In alcuni dipinti sono raffigurate grandi macine appoggiate ai muri di edifici rovinosi e abbandonati. Esse rappresentano, per ammissione del medesimo autore, il destino dell’uomo, ciclico come una ruota che gira in un verso o nell’altro e percorre, con maggiore o minore velocità, i medesimi spazi. Chi ci assicura che la ruota del destino non si fermerà mai e girerà per sempre? Nessuno! Abbiamo avuto il piacere di intervistare il Maestro Ciro Palumbo. Gli abbiamo posto alcune domande cui è stato lieto di rispondere. Quando e come ha deciso di intraprendere l’attività artistica?

R.: Circa quindici anni fa, mentre la decisione di dipingere l’ho scelta da sempre. C’è una ragione precisa per cui ha scelto il genere metafisico? R.: M’innamorai subito delle atmosfere dechirichiane, poi conoscendo e approfondendo sempre più il genere, incontrai la visionarietà di Alberto Savinio e le affascinanti parole mistero ed enigma. Tutto ciò ha sempre avuto una forte attrazione su di me. Ho tentato di riprodurre le atmosfere enigmatiche e surreali, partendo dai maestri della metafisica (compreso Carlo Carrà), cercando però una mia strada, una mia visione, andando oltre. Chi è il suo pittore preferito? R.: Non amo fare le classifiche e per questo potrei partire da Brueghel, Ruggeri, Guttuso per poi finire a Massimo Rao oppure Odd Nerdrum. In tutto questo apprezzo la bella pittura. Maestro Palumbo, cento mostre personali sono davvero tante. In termini di emozioni personali e soddisfazioni, c’è qualcosa che le accomuna? R.: Sarà forse scontato, ma ciò che più di ogni altra cosa accomuna tutte le mostre è la “sfida”. Ci sono poi altre piacevoli sensazioni che si provano prima di un’inaugurazione come quella

di mettersi alla prova su di un nuovo ciclo di opere, frutto di un cammino di ricerca che nasce sia dallo studio sia dal piacere di avventura. Quali consigli professionali darebbe a un giovane pittore? R.: Consiglierei di disegnare e dipingere sempre, di guardare e osservare, conoscere e ascoltare. Purtroppo tutto questo non basta, ma non bisogna arrendersi mai.

Un’ultima domanda: se potesse tornare indietro nel tempo, quali scelte rifarebbe e quali non rifarebbe più? R.: In termini professionali, sceglierei di seguire la strada della pittura molto prima, cominciando a sedici anni. Ciò vuol dire non accettare più compromessi, ma dedicarsi sin dall’inizio a questa esperienza. Ringraziamo di cuore il Maestro Palumbo per la sua disponibilità all’intervista. Alcuni giorni fa, é stata inaugurata, al MACS di Catania, la sua ultima mostra intitolata “Il silenzio di Prometeo”. Le opere saranno esposte sino al 3 febbraio 2015. C’è tempo, dunque, per ammirare di presenza le tele di questo straordinario pittore napoletano. Non abbiamo dubbi sul fatto che la carriera artistica di Ciro Palumbo ci riserverà ancora belle emozioni. Le premesse per un futuro più brillante, ci sono tutte.

Il percorso artistico Ciro Palumbo è nato a Zurigo (Svizzera) nel 1965. Il suo percorso artistico parte dalla poetica della scuola Metafisica di Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, per reinventarne i fondamenti secondo un’interpretazione personale del tutto originale. La sua formazione di grafico pubblicitario lo porta a esercitare per anni la professione di Art Director in agenzie pubblicitarie di Torino. È durante questo percorso che scopre e amplia le sue capacità visive e compositive. In seguito l’esperienza in una moderna bottega d’arte e la conoscenza di alcuni Maestri contemporanei, lo conducono ad approfondire la tecnica della pittura a olio con velatura.

L’artista inizia la sua attività espositiva nel 1994, e ha al proprio attivo un centinaio di mostre personali in tutta Italia. Nel 2011 partecipa alla 54° Biennale di Venezia, padiglione Piemonte. Tra le esperienze internazionali sono da segnalare la presenza all’Artexpo di New York, al Context Art di Miami, le mostre personali a Providence (USA) e in Svizzera a Bellinzona. Sue opere sono presenti all’interno della collezione della “Fondazione Credito Bergamasco”, presso la “Civica Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea G.Sciortino” di Monreale (PA) e al MACS di Catania. Attualmente vive e lavora a Torino.

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GENNAIO 2015 - L’oroscopo

Il Paginone di Nunzia Scalzo

Oroscopo 2015: ecco le istruzi Ariete

Toro

Chi non conosce la storia del topolino e del formaggio? C’era una volta un topolino che si sveglia e non trova più il formaggio al solito posto. Comincia a disperarasi, a lamentarsi, a piangere e ad accusare il mondo di avrecela con lui. Così facendo però rimane immobile e muore di fame. Non imitare quel topolino, caro Ariete. In questa crisi epocale anche il tuo formaggio si è spostato. Devi solo prenderne atto e andare a stanarlo altrove, sia esso un lavoro o un amore o un sogno perduto. E senza sporcare con il sapore acre del rancore e della recriminazione le capacità meravigliose del tuo olfatto.

Un giovane Tibetano desiderava visitare Shambhala. Cominciò a viaggiare in lungo e ion largo. Durante le sue peregrinazioni giunse alla caverna di un vecchio eremita che gli chiese dove stesse andando. “Vado a Shambhala, la città di Dio”, rispose il giovane. “Allora non dovrai andare troppo lontano – disse l’eremita – perché Shambhala si trova in fiondo al tuo cuore”. Anche tu Toro, lascia l’auto in garace. Questo è l’anno in cui viaggerai dentro te stesso. Non importa dove arriverai , importa che tu ti metta subito in cammino. La meta iniziale è solo uno stimolo per partire.

Leone

Vergine

Totalmente annichiliti dal gelo, privi di cibo e di aiuto, gli stambecchi del Gran Paradiso stanno per essere sottoposti a una spietata selezione naturale. Lo sanno e l’accettano. Ora tu, non belare di paura, Leone. Il 2015 sarà un anno faticoso per tutti, ma sconfiggerà solo chi non troverà dentro di sé la forza di sopravvivere. Vero che “il coraggio uno non se lo può dare”, diceva Don Abbondio nel più bell’anacoluto della letteratura italiana. Ma il coraggio chiunque lo può raggiungere. Si trova subito dopo la paura. Basta oltrepassarla, resistendo alla tentazione della fuga...

Cambiamento sarà la parola d’ordine per i nati nel tuo segno, e lo sarà davvero, l’anno del cambiamento, che tu lo voglia o no. Tante vale accettarlo, allora, assumendone la guida. All’improvviso certi rapporti ti sembreranno appassiti, compreso quello con te stesso. Distaccati da essi con tatto e gratitudine, ma senza angoscia. Oramai siamo entrati in una fase nuova della storia umana ed è meraviglioso che questo evento collettivo coincida con la tua rivoluzione individuale. Ogni volta che il panico ti assalirà - e accadrà spesso -, cantagli una ninnananna: l’ora più buia è sempre l’ultima prima dell’alba. Sorridi.

Sagittario

Capricorno

Un proverbio scandinavo recita: “Se ciascuno pulisce davanti alla porta della sua casa, alla fine tutta la città sarà pulita” e un poeta ligure che ci ha lasciati qualche anno fa cantava: “si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio”. Ora tu non ti lasciare distrarre dai comizi, Sagittario, e dissetati alla fonte della saggezza a cui hanno attinto i nordici e De Andrè. Sostituisci le tue chiacchiere con i gesti e l’universo ti ascolterà, perché è vero che la parola è il linguaggio degli uomini, ma ricorda che il silenzio è il linguaggio degli dei.

Per fronteggiare lo tsunami economico che ci ha massacrati, è dal 2009 che i vari governi dei paesi della Ue hanno messo in agenda una serie di riforme che invece di sollevare le sorti dei vari Paesi li hanno massacrati e, in taluni casi, colpiti e feriti a morte (vedi la Grecia). Non commettere lo stesso errore Capricorno . Osserva la relatà con sguardo sgombro dai pregiudizi. E fai una lista delle tue priorità, quelle vere che porteranno cambiamenti nella tua vita ma che non sempre coincidono con i tuoi comodi. Svegliati.

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GENNAIO 2015 - L’oroscopo

uzioni (semiserie) per l’anno che verrà Gemelli

Cancro

La prima volta che tutti intorno a te saranno presi dal panico e faranno schiamazzi e rumore, tu Gemelli, prova a rimanere calmo e silenzioso, e respirando con il diaframma prova ad abbassare il centro di gravità delle tue emozioni. Quando ti sarai allenato a sufficienza in questa nuova abitudine, comincerai a sentire una voce nuova che ti parla dentro e ti scalda. E’ la voce dell’intuizione. Ti dirà che nell’universo esistono cose che non possono essere colte né dai sensi né dal cervello. E sono le più importanti. Ce n’è una, in particolare, che le batte tutte. Si chiama Amore.

Ognuno di noi ha una frase preferita. Qual è la tua, Cancro? Quella che vorresti venisse addirittura scritta sulla tomba e prima, molto prima, sul tuo biglietto da visita? La mia recita così: “Gli innocenti non sapevano che la cosa era impossibile e per questo la fecero”. Questa la disse Bertrand Russel, filosofo che consiglio a tutti di leggere. Pensa anche tu alla tua frase Cancro, chiudi gli occhi e immagina di scriverla sul foglio della tua mente. Poi sforzati di metterla in pratica, ma senza trasformarla in nevrosi. E se necessario sii pronto a cambiarla, perché la parola chiave del tuo 2015 sarà: elasticità.

Bilancia

Scorpione

Il tuo 2015, cara Bilancia, si chiama concepimento. Dalle tue temprate viscere uscrirà un’opera prima. Forse sarà un quadro, un’amicizia, una canzone, un nuovo hobby, un romanzo, una scoperta scientifica o filosofica, un viaggio, un’applicazione inedita che cambierà la vita di tutti, una ricetta di lasagne, un’azienda, un matrimonio o la creazione più divina di tutte: un figlio. Qualunque essa sia avrà successo se ad ispirartela non sarà stato l’egoismo, ma l’amore.

“Il mondo era così recente che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle con il dito”, scrive Gabriel Garcia Marquez all’inizio dei suoi Cent’anni di solitudine, descrivendo la fondazione di Macondo. Anche a te benvenuto nella tua Macondo personale, Scorpione. Ogni giorno sarà per te una scoperta. Fino al giorno dei giorni che ti aspetta in un momento indefinito dell’anno, nel quale avrai la tua rivelazione più importante e sorprendente: il tuo cuore però conosce già tutto, basta che tu lo metta nella condizioni di ricordare.

Acquario

Pesci

Il sentimento di inaffidabilità nei cittadini continua a crescere a ritmi esponenziali e la vecchia politica, invece di correre ai ripari continua a conservare la vecchia classe dirigente , formata perlopiù da persone che erano in politica quando Matteo Renzi e frequentava l’asilo e Obama studiava al college. Non commettere lo stesso errore, Acquario. Sii fiducioso, convoca a congresso dentro di te gli esponenti meno logori della tua personalità, affinchè le loro idee anche semplici e sorprendenti possano accendere di fiducioso entusiasmo chi ti circonda.

“Alice Della Rocca odiava la scuola di sci”. Qua do il giovane fisico-scrittore torinese Paolo Giordano scrisse questa frase, non sapeva e non poteva certo sapere che sarebbe stata la prima del suo primo romanzo che nel 2008 avrebbe venduto oltre un milione di copie. Tuttavia sentiva però che gli era necessario scriverla. Comincia anche tu a scrivere il tuo anno dal principio, Pesci. Vivilo con entusiamo giorno dopo giorno, frase dopo frase. Non sai ancora dove ti porteà , ma se ascolterai la voce seducente e irresistibile della necessità, arriveraio lontano, molto lontano.

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GENNAIO 2015 - Attualità

Cosetta Gigli e Domenico Ciancio benemeriti de gli “Amici della Sapienza” d i Lella Battiato Evento di straordinario spessore culturale, la “Settimana della Solidarietà, della Cultura, dell’Arte e del Turismo” dell’Accademia internazionale “Amici della Sapienza”, si è conclusa nell’aula magna dell’Università degli studi di Messina, con la cerimonia di consegna dei Riconoscimenti benemeriti “N. Giordano Bruno”, sotto l’alto patrocinio di Assemblea Regionale Siciliana, Comune di Messina, Comitato provinciale Unesco, Università di Messina, Movimento Internazionale per la Giustizia a tutela dei Diritti Umani, Accademia Internazionale Città di Roma. La tradizionale kermesse di fine anno dell’Accademia (rettore Teresa Rizzo, presidente del comitato tecnico-scientifico Elio Calbo, segretario generale e direttore artistico Giuseppe Mazzeo), è stata coordinata dalle giornaliste Lella Battiato e Lorenza Mazzeo. In questa XVIII edizione i riconoscimenti sono andati a: Domenico Ciancio Sanfilippo, editore del quotidiano “La Sicilia” che ha sottolineato l’impegno costante di migliorare sempre il giornale attraverso i contenuti, in sinergia con le tecnologie più recenti; Giacomo Romano Davare, autore regista attore, che ha al suo attivo numerose pubblicazioni e traduzioni di autori classici ha calcato le scene oltre mille volte in svariati teatri in Italia, Svizzera e Inghiltera; Cosetta Gigli, soprano lirico “la regina dell’operetta” ha riscosso numerosi applausi da parte del pubblico, la vedremo prossimamente all’Arena di Verona con un bra-

Munafò, Ciancio Sanfilippo, Calbo, Gigli, Battiato, Rizzo e Schepis (foto Lorino) no del suo cd sulla sacra Sindone che eseguirà alla presenza di Papa Francesco ripresa da Rai 1. Sarà anche al Teatro Ambasciatori di Catania con “Nessun…A Dorma” e spiega “è un copione che ho scritto e riguarda l’esortazione a svegliare l’animo femminile, cercando di ribellarsi a questo stato di continua sfortuna, non solo nella realtà, ma anche nella lirica, poiché la donna è sempre vittima; tutto questo in chiave comica, per dare possibilità anche ai giovani di ascoltare e partecipare le opere liriche in una chiave a loro più congeniale e avvicinarli alla musica lirica”; Giuseppe Fabio Lisanti, violinista, valorizza la “Buona Musica”; Giuseppe Meliadò, vicepresidente della scuola superiore della Magistratura con funzioni di responsabile e coordinatore, chiarisce “da tre anni è nata la scuola ad hoc di specializzazione per magistrati, prima era gestita dal Csm; è ne-

cessaria per l’attuazione del diritto-dovere la formazione professionale iniziale e permanente degli appartenenti all’Ordine giudiziario nel settore, per l’evoluzione sociale ed economica”; Rev. P. Salvatore Miracola, storico dell’arte, privilegia la ricerca angiografica e storica di luoghi sacri della nostra regione; Alessandro Monteleone, chitarrista, ha esportato l’immagine della nostra terra di Sicilia nei contesti internazionali; Sabrina e Simona Palazzolo, “duo Gemelle Palazzolo”, giovani arpiste hanno arricchito la serata con i loro brani; Nunzio Sarpietro presidente Gip Tribunale di Catania, dopo aver parlato sulla difficoltà della “certezza della pena” esordisce “la Giustizia che funziona è il potere di chi non ha potere (Wacklav Haveel, drammaturgo presidente della Cecoslovacchia), continua “diffondere la legalità presso i giovani è fondamentale

per creare una rivoluzione culturale che abbandoni la logica delle raccomandazioni e spinga i giovani ad una sana gara per la scelta dei migliori. La mafia agisce adesso solo sul livello economico, creando delle bolle di illegalità e concorrenza sleale che drogano i mercati con gravi ripercussioni sul sistema nazionale. La strada principale da seguire è quella dell’aggressione dei patrimoni mafiosi da gestire poi, con sistemi manageriali ed economicamente validi”, ha consegnato il premio il magistrato Maria Fascetto, sottolineandone l’altissima preparazione e l’impegno profuso in una materia così delicata, un esempio per tutti noi. Un parterre ricco di personaggi tra cui l’editore Pino Santangelo, il Procuratore Capo del Tribunale per i Minorenni di Catania, Caterina Aiello, la quale chiarisce, in presenza di alcune problematiche emergenti du-

rante la serata riguardo i minori “i giovani sono la speranza del nostro futuro e hanno maggiore difficoltà a crescere in un’epoca come questa, sottoposti ad eccessive sollecitazioni e i rapporti interpersonali sono falsati dai media e dai social network, perdendo il contatto con la realtà.” Riconoscimenti “Amici della Sapienza” a Diego Lana, musicista discografo, e all’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania, dirigente Daniela Di Piazza; ospiti d’onore Fausto Cannone e i suoi allievi chitarristi Franco Lofria e Mirko Di Marzo, con la partecipazione di Eleonora Tavilla, Laura Colosi, IIS “Antonello”, dirigente Maria Muscherà, e coro “Antonello” diretto da Giacomo Villari. I premi letterari “N. Giordano Bruno”, XXII edizione, sono stati assegnati a: Cristina Lania, Anna Manna e Anna Cardona (poesia in lingua); Rosina Andreacchi, Angelo salvatore Daddelli e Giusy Baglieri (poesia in vernacolo); Giuseppe Barcellona, Nadia Betti Anna Manna, Linda Liotta e Castrenza Pizzolato narrativa). I premi assoluti ”Amici della Sapienza. Speciale Scuola”, presidenti delle giurie Venera Munafò (Istituti superiori) e Maria Schirò (Istituti I° grado), sono stati conseguiti rispettivamente da Gabriele Eduardo e Gabriele Pio Panasiti. Il must che caratterizza la”settimana” dell’Accademia “Amici della Sapienza” è il collegamento e la sinergia con le scuole del Messinese: tanti ragazzi e un riferimento a loro nelle motivazioni dei “Riconoscimenti”, assegnati a “esempi per le generazioni future”.

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GENNAIO 2015 - Attualità

Nuova luce su De Roberto accesa dal carteggio con Ernesta di Nunzia Scalzo “Quanti, quanti giorni senza notizie! E che spasimo l’aspettare quando si teme! Da ieri respiro più liberamente ma non sono però meno triste: le tue lettere sono così scoraggianti da togliere anche a me ogni slancio. La meravigliosa sorgente dell’amore si è disseccata in te; ricordi è vero, ma ricordare non vuol dire amare, e tu ora non ami più nulla e nessuno…”. Bastano queste poche righe per comprendere quale spasimo e quale paura si celano nel cuore di una donna innamorata. Parole che fanno parte di una delle tantissime lettere che compongono il corposo carteggio tra Federico De Roberto e la nobildonna Ernesta Valle Ribera, che costituiscono un vero e proprio Corpus e che sono un focus sull’epoca, sugli atteggiamenti, sul modo di pensare e di vivere, una testimonianza di temi non soltanto intimi ma anche letterari. Il carteggio fra i due è stato raccolto in un corposo volume di 764 lettere dal titolo quasi evocativo «Si dubita sempre delle cose più belle» Parole d’amore e di letteratura (a cura di Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla, Bompiani, «Saggi», pp. 2.132, euro 35.00); i curatori hanno annotato con perizia e hanno sempre lasciato la parola esclusivamente ai due protagonisti, senza mai interferire o prevaricare con inutili e pedanti note sulle lettere, costruendo un magistrale continuum cronologico che è un crescendo epistolare mettendone in luce l’intensità, le emozioni, le ansie e le paure con un ritmo sostenuto che poi è il ritmo dell’innamo-

Da sinistra: Federico De Roberto, Ernesta Valle Ribeira e a destra la copertina del libro ramento, della passione, in una parola dell’amore. Federico De Roberto (autore dei Vicerè) e Ernesta Valle Ribera, nobildonna coniugata all’avvocato messinese Guido Ribera, dallo scrittore ribattezzata con nom de plume Renata perché rinata all’amore, si sono intensamente amati per sei anni durante i quali entrambi si sono donati l’uno all’altra; nelle lettere emerge prepotente un sentimento che non solo lega, ma quasi avvinghia l’uno all’altra e viceversa; l’uno diventa indispensabile fonte di vita per l’altra; l’uno è talmente vitale per l’altra da non esitare a mettere in atto “sotterranee e complesse strategie, non minori manovre di occultamento e di dissimulazione che necessitano per sfuggire all’occhiuta, tirannica donna Marianna, rimasta vedova in giovane età…

Costante il ricorso a menzogne e sotterfugi in un laborioso rituale di accorgimenti messi in atto al fine di non farsi scoprire. Ma più che legittimo il sospetto, quasi la certezza, che il marito e la madre fingano di non sapere…”, come annotano ancora i curatori nella nota introduttiva, e ancora qui si sottolinea il pudore e l’attenzione con cui entrambi si sono accostati al lavoro di assemblamento delle lettere. Federico De Roberto non era forse una persona facile, il suo profilo storico è piuttosto impietoso e offre un’immagine dello scrittore come di un’arido di sentimenti, quasi un freddo, un calcolatore; ora sappiamo che non è così: il profilo che dell’uomo Federico rimanda il carteggio è nuova, attraverso le lettere indirizzate a ErnestaRenata-Nuccia si è come accesa

una nuova luce che lo umanizza, lo rende uomo in preda a sentimenti ed emozioni che lo rendono vivo, vitale, passionale, appassionato a tratti quasi ingenuo. Benedetto Croce lo aveva descritto con parole durissime, disse che era incapace sia di illuminare l’intelletto sia di far battere il cuore. E’ stato smentito: l’uomo che emerge dal carteggio lo sbugiarda e stronca il critico per antonomasia, incapace, lui sì, di cogliere la vera essenza di Federico che si tormenta e che regala tormento a sua volta, di leggere tra le pieghe di un’anima appassionata quale la rendono queste lettere. L’innamoramento di Ernesta lo stravolge e lo sconvolge, Federico non è quasi più lui, o forse è qui che è veramente lui, Renata – per chiamarla a suo modo- diventa il suo tutto: il suo punto di partenza e di arrivo, la

sua confidente, la sua amante, la sua amica, la sua musa, l’incarnazione del suo ideale femminile, la sua forza e la sua debolezza insieme, insomma il suo amore. Il suo vero amore. E’ De Roberto a scrivere: “E non voglio neppure chiamarti Anima: l’Anima non si stringe, non si bacia, non si sugge; l’anima è incorporea sfugge a tutti i nostri sensi: e tu sei tutta bianca, tutta bionda, tutta morbida, tutta odorosa, tutta fresca, tutta calda, tutta armoniosa: io ti vedo, ti tocco, ti aspiro, ti odo, ti assaporo; io ti penetro in tutti i modi, tu penetri in me; la tua carne si chiude sulla mia carne, mi stringe, vibra e pulsa forte, forte, forte…”. Se dalla penna di Federico De Roberto sgorgano tali pensieri che la penna traduce in parole, ogni commento è superfluo e non serve aggiungere altro.

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GENNAIO 2015 - Spettacolo

Teatro Bellini sempre più abbandonato a se stesso d i Aldo Ma t t ina Mai inaugurazione di stagione sinfonica al Massimo ‘Bellini’ fu più austera e, per certi versi, approssimativa. Era chiaro che i nodi dovessero venire al pettine e purtroppo si cominciano a manifestare le prima falle. Il dissennato disinteresse di chi dovrebbe gestire il teatro mette sempre più a nudo l’organizzazione del teatro rivelandone la fragilità. Come si può avviare una stagione in un quasi totale silenzio di comunicazione? Il pubblico intervenuto era prevedibilmente in numero ridotto rispetto al passato e veniva privato anche del tradizionale libretto di sala. A chi transitava all’ingresso per la vidimazione dei biglietti veniva detto laconicamente: stasera c’è un programma con musiche di Mozart… Non ricordo niente di simile in cinquant’anni di assidua frequentazione. Chi ha fatto l’abbonamento lo ha fatto al buio poiché nemmeno il programma

della stagione è stato stampato e distribuito. I lavoratori del Bellini, orchestra, coro, tecnici, amministrativi, cercano di sopperire con la passione che li contraddistingue, ma evidentemente non può bastare solo la buona volontà; un teatro dal prestigioso passato come il Massimo non può improvvisare come fosse un teatro amatoriale parrocchiale. A salvare la serata, ancora una volta, è stata la professionalità dell’orchestra e del coro, guidati dalla bacchetta dell’austriaco Günther Neuhold. Programma peraltro piuttosto impegnativo quello presentato, anche se un po’ scontato, con un ‘tutto Mozart’ che accostava

Il teatro Bellini la Sinfonia n. 35 in re maggiore ‘Haffner’al celeberrimo Requiem in re minore K. 626. Neuhold è un direttore particolarmente versato nella interpretazione del repertorio mitteleuropeo ed anche in questa occasione ha dimostrato una profonda co-

noscenza del compositore salisburghese, conducendo con rigore e precisa scelta dei tempi l’orchestra ed il coro stabili. Già il perentorio attacco del primo movimento della Haffner, Allegro con spirito, ne rivelava le intenzioni volte all’essenzialità ed

alla ricerca di un fluido dinamismo privo di compiacimenti senza rinunciare, specie nei tempi successivi (Andante e Minuetto) alla chiarezza e alla leggerezza, per chiudere con il brioso Presto dell’ultimo movimento. Naturalmente il pezzo forte della serata era costituito dal Requiem, capolavoro estremo (ed incompiuto) di Mozart; pagina di straordinario fervore creativo, scrigno dalle inimmaginabili purezze, affrontata dall’orchestra e dal coro con grande partecipazione emotiva e saldamene condotta da Neuhold, senza alcuna sbavatura. I quattro solisti di canto, il soprano Noemi Muschetti, il contralto Nidia Palacios, il tenore Marcello Nardis ed il basso Dario Russo, svolgevano con discrezione il loro compito quasi integrandosi al resto delle voci senza prevaricazione alcuna. Una esecuzione complessivamente molto dignitosa salutata con cordiali applausi dai presenti.

“Finis terrae”, storie di ultimi ed emarginati Come si può affrontare un tema tragico e dolente, quello del rapporto conflittuale fra diverse etnie, lo sfruttamento bieco di chi si arricchisce sulle miserie altrui, la necessità di una integrazione conquistata con la solidarietà; ma farlo con levità, con un sorriso amaro sulla bocca. E’ quanto tenta di fare Antonio Calenda traendone lo spunto da una drammaturgia di Gianni Clementi, “Finis terrae Lampedusa”. Lo spettacolo è stato realizzato al ‘Verga’ di Catania con una produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Fondazione Istituto Popolare San Miniato. La scena (realizzata da Paolo Giovanazzi) si apre su una spiaggia fredda e inospitale di un imprecisato sud del mondo, alla fine della terra. E’ la notte di Natale e in questo luogo hanno deciso di incontrarsi due miseri contrabbandieri

per necessità, il siciliano Carbieli (Paolo Triestino) e il romano Peppe (Nicola Pistoia); attendono un carico di sigarette di contrabbando che dovrebbe giungere su un gommone per essere poi trasportato da Peppe col suo camion. Per tutta la prima parte sembra di assistere alla vana attesa di un Godot mediterraneo, mentre i due delinquenti solidarizzano sulle rispettive miserie pur rivelandosi molto diversi: dotato ancora di un atavico senso morale pur nella consapevolezza della sua caduta, il siciliano, più cinico e disilluso il romano. La scena si anima all’improvviso con la progressiva irruzione di una variegata umanità che si concentra in questo lembo di terra dimenticato da Dio. E’ un barcone semidistrutto ad approdare col suo terribile e disperato carico umano, un gruppo di africani laceri e in-

Una scena dello spettacolo catenati, costretti in condizione di schiavitù da un moderno negrieroscafista autoproclamatosi novello Caronte, con tanto di citazione dantesca recitata a piena voce. E’ una scena terribile nella sua metaforica veridicità, resa però con toni surreali e grotteschi dai quali emergono squarci di poesia e di profondità. Gli ‘schiavi’ hanno perduto tutti i beni personali, ma non la dignità, non la consapevo-

lezza delle loro professioni (l’ingegnere, il muratore, il professore…), meno che mai l’amore della propria cultura madre che portano con sé e che andrà facendo breccia nei cuori dei due inconsapevoli osservatori. Avviene come un’ordalia di parole e di suoni: liberatisi dal loro negriero, gli africani (Anime clandestine vengono definite nel testo) rovesciano le parti, catturano il loro aguzzino e lo mettono in croce; la povertà che si ribella e sovverte i termini della storia, il negriero, simbolo del moderno sfruttamento capitalistico che soccombe! Poi inizia una forsennata danza accompagnata dai ritmi dei tamburi e dalla dolce melodia della Kora. In mezzo a questo caos la giovane Oblada, unica donna tra i migranti, dà alla luce la sua creatura: è la notte di Natale, quasi un segno di nuova speranza.

Lo spettacolo, pur con l’inevitabile retorica che lo accompagna, è un potente atto di accusa contro le incomprensioni tra diverse culture ed il cinismo del potere sempre pronto a lucrare sulle disgrazie altrui, ma lascia trapelare una luce di speranza, un recupero delle coscienze. Grazie anche alla trascinante prova collettiva che vede agire, accanto ai bravissimi ed istrionici Triestino e Pistoia, Francesco Benedetto (Negriero), Ashai Lombardo Arop (Oblada), Ismaila Mbaye (professore), Moustapha Dembélé (Yussuf) ed un gruppo di bravissimi strumentisti-danzatoricantanti-attori africani. Sintomatica e suggestiva la finale lettura fuori campo (una registrazione di Roberto Herlitzka) della profetica poesia di Pier Paolo Pasolini “Alì dagli occhi azzurri”. A.M.

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La pagina delle rubriche Legge di stabilità, mezzogiorno, comunitarismo di Maurizio Ballistreri

La nuova “Legge di Stabilità” del governo nazionale non potrà che penalizzare ulteriormente il Sud, bollato come territorio improduttivo e parassitario. Il Rapporto della Svimez 2012 ha sfatato miti e luoghi comuni sul tema del complesso rapporto tra il Mezzogiorno e il resto del paese, in primo luogo quello secondo cui il divario tra Nord e Sud sia stato conseguenza di una minorità storica e culturale già presente al momento dell’Unità d’Italia. In realtà il divario ebbe luogo e si sviluppò drammaticamente nel periodo che va dall’Unità nazionale sino alla seconda guerra mondiale e, poi, alla fine degli anni ’40, dove il divario economico tra Nord e Sud misurato in termini di Pil pro-capite arrivò sino a circa 40 punti. Dopo l’Unità d’Italia infatti, il Sud ha sostenuto la gran parte del peso, in termini economici ed umani: dalle tasse sull’agricoltura del Sud di fine ‘800, ai ripetuti flussi migratori nel XX secolo; dal grande tributo di vite umane nelle due guerre mondiali sino al contributo decisivo allo sviluppo industriale fordista nella rico-

Da la foto della

struzione e al risanamento economico nazionale per l’ingresso nell’eurozone. Per questo il tema del Mezzogiorno, ai giorni nostri, non si può ridurre alle risorse finanziarie, poiché il più grave problema negli ultimi venti anni, quelli della cosiddetta “seconda Repubblica”, non risiede nelle risorse economiche da mobilitare quanto nella degradazione nella gestione della cosa pubblica, con la degenerazione della classe politica, non solo meridionale, e la drammatica diffusione della economia sommersa e dell’economia criminale e mafiosa. In questa prospettiva, un soccorso concreto può venire dalla filosofia del diritto. C’è da osservare che l’arretramento e le difficoltà che vive l’azione delle istituzioni pubbliche di quella che è stata definita “razionalità occidentale” di fronte alla globalizzazione deve essere il terreno di confronto e di azione per ripensare profondamente il rapporto tra Stato e statualità, alla luce di quella subalternità e perdita di sovranità rispetto alla finanza ed al “capitalismo dei disastri” di cui parla Serge Latouche ed all’austerità e al rigorismo stolidi del “IV Reich” tedesco in Europa. In particolare bisogna elaborare una nuova teoria del potere in ragione delle domande di partecipazione, di autogoverno e di legalità dei cittadini e delle comunità locali, oltre la “gabbia” di ispirazione weberiana assunta e idealizzata nel giusformalismo di Hans Kelsen, che hanno prodotto una sorta di panstatualismo. Il superamento dei vecchi sistemi dello Stato moderno ha consentito di rivalutare l’accresciuta

importanza delle comunità di valori e di interessi, rispetto all’appartenenza territoriale, elemento costitutivo della persona giuridica dello Stato. Si tratta di recuperare le piccole comunità, dei territori, delle tradizioni dall’incalzare del fiume in piena della mondializzazione e dal suo frutto velenoso, la “società liquida” efficacemente descritta da un sociologo legato alla sinistra tradizionale come Zygmunt Baumann, che non può essere lasciato ad un “localismo oppositivo”, ma, al contrario, analizzato in una diversa prospettiva politica. Si tratta di andare oltre la visione panstatuale in favore di un sistema di rappresentanza comunitaria, in cui valorizzare il momento oggettivo dell’ordinamento rispetto a quello soggettivo della persona giuridica, con il superamento dei caratteri tipici della statualità per arrivare alla formazione di comunità di soggetti territoriali, con vasti poteri sulle materie economiche e sociali e sull’ordine pubblico contro le mafie e per la legalità, all’insegna del principio della responsabilità. La storia dell’Occidente, densa di tensioni e di conflitti, insegna che deve essere sempre presente lo sforzo di istituzionalizzare le differenze, che hanno codici diversi. La politica può essere una sintesi solo se rispetta la diversità di queste sfere. Non per nulla - ricordando Machiavelli - non esiste la politica dove non esiste la libertà e il “vivere libero” coincide con il “vivere politico”. Insomma, per il Mezzogiorno una “nuova politica”, legata al tema della responsabilità e della legalità.

(La giustizia dalla faccia feroce) A Totò Cuffaro confiscati gli affetti di Enzo Trantino Quando un potere dello Stato, avendone la facoltà, umilia il dolore e la morte imminente, diventa solo faccia feroce e non decisione “in nome del popolo italiano”. Ci riferiamo al provvedimento giudiziario romano disposto contro il cittadino Salvatore Cuffaro, il quale aveva motivato la richiesta di un breve permesso, al fine di abbracciare la madre prossima alla fine, che come un rintocco ripete “Perché Totò non viene a trovarmi?”. (Così i familiari che l’assistono). Siccome nella diagnosi è scritto che la signora versa in stato di “demenza senile”, il giudice, dismessa la toga, sale in cattedra medica e pronuncia: in quello stato non è in condizioni di conoscere, quindi turismo giudiziario inutile (nostra conclusione). La vicenda di Totò Cuffaro, già presidente della Regione, come, tutte quelle relativa a detenuti definitivi, oltre che affidata a norme giuridiche, è riferita a persona umana, con un patrimonio di affetti, memorie, sensibilità, che l’Autorità giudiziaria non ha potuto confiscare. Valori comuni, rispettabili nei confronti di chiunque, potente in disgrazia, o cittadino senza storia. Quindi, proprio perché “in nome del popolo italiano”, il giudice dovrebbe mostrare sentimenti ordinari non privilegi per chi , come nel caso, chiede il diritto a restare uomo e figlio, senza apparenti controindicazioni. Il dott. Cuffaro è detenuto avviato come tutti alla “risocializzazione”, cioè ad espiare, per tornare diverso e migliore in società (art.27 Costituzione). La giustizia romana che ha deciso nel modo sopra illustrato, interrogandosi, è in condizione di rispondersi che un uomo destinato a perdere la madre nel tempo breve, e invocante un ultimo abbraccio, potrà condividere o giustificare tanta sproporzionata durezza? Nel proprio animo scenderà ostilità o fiducia nelle istituzioni? Perché tale decisione? E’ una malattia inventata e sarà inventata pure l’eventualità molto fondata della morte? Non si ha il diritto a una carezza, l’ultima, per chi, d’accordo con Dio, ti ha dato la vita? Nella pietrificazione dei sentimenti non c’è spazio per la pietà? Chi ci legge, giudichi. E, alla fine, “il popolo italiano” che si pretende d’interpetrare, potrà non mostrare condivisione, per affidarsi a conclusioni critiche per non vedersi rappresentato, come umanità vorrebbe? E’ presunzione la nostra? Crediamo di no. E’ semplicemente sentire comune, cultura dell’equità, umanità ordinaria, senso del diritto, equilibrio e misura. E, se ci è permesso, figli. Nella divorante solitudine del rintocco già riferito.

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I libri della settimana Guerra, psicologia e intelligence nei documenti segreti inglesi e americani sullo sbarco in Sicilia del 1943 di Giovanni Vecchio Ci sono libri che dovrebbero essere conosciuti e letti da tutti coloro che si occupano di storia contemporanea, dagli storici veri e propri ai docenti di ogni ordine e grado nonché da parte di quei cittadini che amano avere un quadro quanto più possibile veritiero degli eventi storici che ci riguardano da vicino. E’ il caso del libro “Operazione Husky” (Lit Edizioni,marchio RX, Roma 2013, pp. 275) che con il titolo sembra ricalcare le molteplici pubblicazioni sullo sbarco in Sicilia degli Anglo-Americani del 1943 tra Licata e Siracusa; è invece il sottotitolo che apre la vera prospettiva che inevitabilmente annuncia il vero scopo dell’indagine dei due autori, lo storico ed esperto di archivi segreti Giuseppe Casarrubea e il collaboratore del quotidiano “la Repubblica” Mario José Cereghino, che si occupa da anni di archivi statunitensi e britannici. Il titolo secondario che spiega e amplia quello principale, infatti, è: “Guerra psicologica e intelligence nei documenti segreti inglesi e americani sullo sbarco in Sicilia”. I due autori hanno ricercato dei documenti, che risultano quasi tutti inediti, sulla guerra psicologica, la propaganda e le operazioni di intelligence attuate da Londra e da Washington “per gettare nel caos il Paese in camicia nera, tra il 1940 e il 1943”. Per circa dieci anni i due hanno spulciato migliaia di carte negli archivi di College Park (USA) e di Kew Gardens (Gran Bretagna) e hanno rivolto la loro attenzione in particolare ai rapporti “secret” e “top secret” acquisendo così informazioni dettagliate sulle strategie americane e inglesi “per infierire su una popolazione stremata dalla fame e dai bombardamenti. Vengono rivelati i piani dei servizi segreti alleati – a cominciare dall’Oss e dal Soe – che mirano a creare uno stay-behind e, al contempo, un’alternativa di facciata al regime mussoliniano; i contatti con i leader antifascisti socialisti, liberali e monarchici, in patria e all’estero; la diplomazia

Angelo Izzo/Massimo Carminati - Angelo Izzo, il “mostro del Circeo”, voleva uccidere Massimo Carminati. Il perché lo racconta in un’intervista rilasciata dal carcere di Velletri dove sta scontando la pena e pubblicata su Il Giorno: «Carminati aveva raggiunto un ruolo importante in certi ambienti romani, era il 1993». Perciò decise di ucciderlo dopo aver preparato un agguato da consumarsi in un ristorante. Tentativo fallito perché l’uomo di Izzo che avrebbe dovuto preparare la trappola a Carminati, di fatto si tirò indietro: «Er Cecato fa paura a tutti». 1 – criminali

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Bruno Vespa/Antonella Clerici - Rottamato lo Zecchino d’oro, ecco il Renzino d’oro. Cioè i bimbi del coro che cantano la gloria del Pittibimbo di governo. La trasmissione è andata in onda l’altra sera in diretta su Raiuno, con Antonella Clerici e Bruno Vespa a far la parte del mago Zurlì. Mai si era visto nella televisione italiana uno spiattellamento di infanzia ad uso e consumo del premier, mai i minori erano stati ridotti a stuoino per tale passerella del principe. Paggetti e damigelle al gran ballo del potere. 0 – senza vergogna!

Tiziano Renzi - Il padre del premier Matteo Renzi nei giorni scorsi è stato sentito dai magistrati per l’accusa di bancarotta fraudolenta. Secondo l’accusa Tiziano Renzi prima di dichiarare il fallimento della sua società con debiti per un milione 300 mila euro, nel novembre 2013, l’avrebbe spogliata del ramo sano cedendo i beni disponibili alla Eventi6, azienda di proprietà della moglie, Laura Bovoli. Si sarebbe dunque attuato il classico schema di tante bancarotte fraudolente: un debitore che, attraverso vendite più o meno fasulle, sfugge ai propri creditori nascondendo i beni. 2 – bancarottiere?

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Luca Cordero di Montezemolo Scherzando, fonti inglesi, l’hanno chiamato il “morso del cavallino”. Consiste in questo: dopo essere stato fatto fuori dalla Ferrari da Sergio Marchionne, due giorni fa Luca di Montezemolo è stato bloccato nella sua corsa alla presidenza della F1 Group. Sempre da Marchionne. 3 – marchionato Emanuele Macaluso - Emanuele Macaluso, vecchio amico di Giorgio Napolitano, prevede l’elezione del capo dello stato «più caotica che ci sia mai stata», una sorta di “Quirinal Vietnam”. La profezia di Macaluso, sull’elezione del capo dello stato, non è così assurda e Renzi trema: il Cav. non controlla le truppe, Fitto crea la fronda, Salvini e Grillo faranno “’ammuina”. 6 – veggente

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Matteo Salvini - “Oggi presentiamo la carta dei valori; cinque punti, battaglie che coinvolgono tutta Italia. Questo progetto parte per il Sud e per le Isole, dove ancora non ci siamo. Oggi parte una bellissima sfida, abbiamo tante idee e pochi soldi e vogliamo giocarcela dappertutto”. Così il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, presentando il nuovo soggetto politico per il Centro Sud. Da secessionista a unitarista? S.V. – se son rose….fioriranno!

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di S par tacus

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segreta per provocare il distacco dall’Asse dell’Italia fascista e arrivare a un armistizio con gli anglo-americani; gli accordi sottobanco con le mafie; il razzismo culturale anglosassone verso un popolo (quello italiano e siciliano in particolare n.d.r.) considerato più arabo che europeo”. Il risvolto di copertina in sintesi riesce a fornirci, dunque, le indicazioni fondamentali sui risultati di questa ricerca, che ribalta i luoghi comuni, contenuti nella pubblicista ordinaria e negli stessi testi scolastici più diffusi. Il piano di attacco angloamericano in Sicilia, ad esempio, avrebbe dovuto essere presentato come l’azione di liberatori venuti per aiutare gli italiani ad espellere i tedeschi e abbattere il regime fascista. Un altro elemento di grande importanza per noi siciliani è il piano concordato tra Londra e Washinton per utilizzare il separatismo “al fine di creare caos nell’isola”. L’incontro ammesso dagli agenti dell’Oss con boss mafiosi locali e la loro esplicita dichiarazione che è possibile “contare su di loro” e l’operazione antiseparatista svolta tramite il Partito d’Azione. Un’antologia di questi e altri documenti è la troviamo nella seconda parte del volume. Il documento più importante è quello che il 29 ottobre 1943 che il capitano americano W.E. Scotten invia al generale Julius Holmes, che si trovava in Sicilia, classificato “secret”, nel quale si analizzano i tre mesi successivi allo sbarco e si afferma, tra l’altro, che “la mafia ha conosciuto un’ampia rinascita” . Nel titolo di un indice scritto da un funzionario inglese sulle carte contenuta in un fascicolo si specifica che “il paragrafo n. 8 sostiene che le attività della mafia sono risorte in maniera considerevole in seguito allo sbarco alleato in Sicilia”. Gli autori concludono il loro prezioso saggio storico con questa considerazione. “La storia – quella vera – apre prospettive, stimola il pensiero e non procede per accumulazione bibliografica. E si fa soprattutto negli archivi, non nei salotti” (p. 93).

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Social-network, trend e pratiche d i Val e ria A nfuso Per alcuni sono indispensabili, per altri perfetti sconosciuti. C’è chi parlandone usa il termine “schiavitù”, chi invece si diletta a suon di sharing. I social network sono entrati a pieno titolo a far parte del nostro quotidiano, fino a diventare il luogo delle connessioni e delle conversazioni per antonomasia. Ritardatari anche nella penetrazione della capacità di connessione, con una media di otto punti percentuali al di sotto di quella europea, gli italiani sono dei social-network-addicted: il 49 per cento dei connessi al web è iscritto a una piattaforma di rete sociale virtuale. Secondo l’indagine “We are social” sull’utilizzo dei social media nel 2014, l’Italia è uno dei paesi europei in cui si trascorre più tempo su un social network con circa due ore giornaliere. Quale il social preferito? Nemmeno a dirlo, Facebook. Nato esclusivamente per gli studenti di Harvard, in 10 anni è riuscito a espandersi globalmente, abilitando gli utenti a svolgere progressivamente molteplici operazioni, dalla semplice capacità di contattare altri iscritti, a fornitore unico di servizi, come giochi, instant messaging, image e video-sharing, solo per dirne alcuni. Facebook ha col tempo implementato le “pagine” e

i “gruppi”, dando da una parte l’opportunità a brand e personaggi pubblici di appropriarsi di un importante “megafono” all’interno della rete e di partecipare alle conversazioni, dall’altra di riprodurre il “vecchio” concetto di community. La fetta più grande di utenti attivi risiede in Asia, seguono Europa, Usa, Canada e altri paesi. Impenetrabili alcuni territori dell’ex Unione Sovietica, dove si alternano VKontake e Odnoklassniki, e quelli cinesi, dove primeggia Qzone. Un altro social-network che ha un peso interessante nelle pratiche virtuali degli italiani è senza dubbio Twitter (terzo social network al mondo). Il social dell’uccellino blu è caratterizzato da linguaggi e pratiche totalmente differenti. Secondo uno studio della Pew Research, che non guarda alla sola Italia, gli utenti di Twitter sono in media più colti della “massa” facebookiana. Il tweet è sostanzialmente un

post concentrato in 140 caratteri che, grazie alla natura del mezzo (detto di “microblogging”), abilita meccanismi di partecipazione attiva a determinate tematiche (etichettate con gli hashtag). Se le pratiche più diffuse su facebook sono il controllo delle bacheche altrui e i commenti ai post, Twitter ha un mood totalmente diverso, avendo un’impostazione decisamente più informativa che interazionale: ciò che determina la relazione in Twitter è l’informazione stessa. Stampa, celebrità e personalità politiche popolano Twitter determinando o cavalcando i trending topics e i loro flussi tematici. Una delle pratiche più diffuse in Italia sul social delle poche parole, è il suo utilizzo come second-screen. Come commentato sul blog

di Twitter “Twitter è il second screen d’eccellenza per tutti coloro che si appassionano ai programmi televisivi e, twittando in tempo reale, condividono come da un grande ‘divano nazionale’ i momenti più divertenti e drammatici, insieme ad altri fan del piccolo schermo”. Ma è altrettanto interessante evidenziare una pratica come il customer-caring su Twitter da

parte delle aziende, tanto da determinare la nascita di una classifica di gradimento elaborata da Blogmeter. Un social-network in forte crescita è Instagram. Il suo punto di forza è fondato sulla capacità di intercettare due trend molto potenti: la potenza del visual web e del mobile web. Il social delle immagini ha da poco superato i 300 milioni di utenti attivi mensili, superando Twitter. In Italia Instagram ha un’identità forte che rompe i confini del virtuale con meeting ed eventi organizzati. Per dare un’idea della forza dirompente di Instagram, basti dire che sono 54 le community ufficiali di Instagram in Italia e che le foto con i rispettivi tag hanno superato i tre milioni durante lo scorso anno.

Qualche numero Secondo gli ultimi dati Censis, solo il 63,5% degli italiani usa internet, ma quasi la metà dei connessi alla rete ha un profilo sui social-network, trascorrendovi ogni giorno una media di due ore. I maggiori utilizzatori delle piattaforme di social networking sono i giovani tra i14 e i 29 anni. Per quanto riguarda la frui-

zione del social più popolare del mondo, è stato rilevato che tra il 2009 e il 2014 gli utenti di Facebook tra 35 e i 45 anni sono aumentati del 153%, ma la vera sorpresa riguarda gli over55, cresciuti del 405%. Qualche numero anche su Instagram: i profili attivi sono circa 4 milioni, più o meno quelli su Twitter.

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DICEMBRE 2014 - Attualità

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