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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 43 anno IX - 29 novembre 2014 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

“Uscau coppa”

Tanto era solo un pazzo...

d i Nu n zia Sca lzo Certe azioni vanno condannate, ma non sottovalutate poiché servono a scoprire o a ribadire verità fondamentali. Il pugno rifilato in pieno viso al sindaco di Catania Enzo Bianco è un gesto che non trova e non può trovare consensi. Ma se pur condannato, non va liquidato come il gesto di un folle, probabilmente dietro c’è di più, molto di più. Catania è oggi una città allo stremo sia sul piano sociale che su quello economico. La retorica tutta siciliana di minimizzare le colpe e ingigantire le innocenze non fa più presa. Chi è convinto che si tratti di un problema legato ai vecchi stereotipi di destra o di sinistra è fuori dal mondo e dalla realtà catanese: si tratta di un problema culturale che sta assumendo i contorni dell’emergenza. I catanesi vivono un disagio sociale dirompente: c’è fame di lavoro, c’è fame di speranza, c’è fame di investimenti, c’è fame di attenzione e di comprensione, e per tutta risposta l’amministrazione comunale invece di mettersi in ascolto dei cittadini, inanella un flop dietro l’altro con una disinvoltura al limite del candore. Enzo Bianco sappia che siamo tra quelli che condannano il gesto, ma non ci accodiamo alla pioggia di commenti dal sapore farisaico che da ogni parte hanno intasato le redazione dei giornali. Molti sono messaggi copia e incolla che sanno di vecchio, un modo come un altro per esorcizzare il presente e le responsabilità del disastro culturale e civile di una città di cui in tanti, troppi sono responsabili.

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Messina

Siracusa

Il Pd fa chiarezza e prova a ripartire

Il disagio dei futuri architetti

P. Frazzica

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R. Tomarchio

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Lo Stato stoppa la crescita del Sud: tutte le d i Maria de lo s Angeles Ga rcia La politica la realtà - Le guerriglie urbane che hanno sconvolto le periferie italiane confermano che il più grande nemico dei prestigiatori della politica è la realtà. Che – crudelmente – sta svelando al mondo l’inconsistenza dei proclami della nuova politica delle parole. Questi primi quindici anni del nuovo millennio hanno certificato la potenza della comunicazione “immateriale”. Grazie alle meraviglie informatiche, senza alcun costo si può comunicare con tutti, anche quando non si ha nulla da dire. La “quantità” fa affogare, nel cyberspazio, la “qualità”. E basta fornire la stessa tesi attraverso tre diversi sistemi di comunicazione, per ottenere una effimera, momentanea “realtà” virtuale. Nell’epoca della “reputation” conta il numero di contatti, non la forza o la coerenza delle idee. E questo fenomeno crea falsi miti, falsi personaggi, false idee e falsa politica. Accade così, giusto per fare una carrellata che parte dai macrosistemi, che a Barack Obama venga attribuito il Nobel per la pace, nonostante abbia dichiarato più guerre lui in quattro anni che – insieme - i quattro presidenti che lo hanno preceduto, passati alla storia come guerrafondai. Accade così che Jean Claude Junker diventi presidente della commissione europea, alfiere del rigore finanziario, nonostante – per quindici anni – abbia operato per fare del “suo” Lussemburgo la cassaforte di tutti gli evasori fiscali d’Europa. E’ per questo motivo che un personaggio come Matteo Renzi sia riuscito a conquistare Palazzo Chigi, senza passare dal voto, sbugiardando sé stesso e il suo famoso appello a Enrico Letta “Enricostaisereno” che lui stesso, attraverso Twitter, aveva voluto rendere pubblico. E la falsa informazione che vola su internet non ha saputo spiegare come sia possibile che un dipendente dell’Eni in aspettativa – nella veste di presidente della regione - abbia siglato, in Sicilia,

Basta con le menzogne – i dati reali dimostrano che lo Stato: il governo, le regioni, le banche e perfino le imprese, lavorano con zelo solo alla “destrutturazione” dell’economia reale – gli unici beneficiari, oltre alle “caste”, sono le “cosche” di tutte le mafie conosciute, in Italia e all’estero un patto segreto con il suo ex datore di lavoro, per la più grande campagna di ricerche petrolifere al largo del Mediterraneo. In barba agli impegni e agli slogan assunti in campagna elettorale. E in spregio dello Statuto e del Parlamento regionale. L’area di libero scambio - L’Europa dei popoli e delle Regioni avrebbe dovuto lanciare un’area di libero scambio nel Mediterraneo. Era stato deciso da tutti gli Stati europei, nel 1995, a Barcellona. Un anno dopo, nel 1996, scoppiò per la prima volta l’emergenza Lampedusa. Prima decine, poi centinaia di disperati, arrivarono a bordo di improbabili barconi, aprendo un vero e proprio “canale” migratorio attraverso il Mediterraneo. Giuseppe Provenzano – presidente del cinquantesimo governo della Regione – volle capire subito la natura del fenomeno e volò a Lampedusa ben prima del sottosegretario agli interni, Giannicola Sinisi. Imponendo al governo nazionale la presenza delle istituzioni regionali nelle attività di protezione civile per l’accoglienza dei primissimi profughi. Ci volle un po’ di tempo per capire che dietro gli sbarchi c’era il business degli scafisti che operavano per conto delle cosche delle due sponde. Un ignobile traffico di vite umane, si disse. E nacque così, all’epoca del centrodestra al governo della nazione, la legge Bossi-Fini, che si prefiggeva lo scopo di “arginare” e scorag-

giare il fenomeno, attraverso l’introduzione di nuove norme sull’immigrazione e il pattugliamento dei confini. A partire dal 2002, gli sbarchi si attestarono su un flusso di 9 /10 mila arrivi l’anno, concentrati quasi tutti nelle bella stagione, grazie alle favorevoli condizioni meteo del Canale di Sicilia. Il 55.mo presidente della Regione Siciliana, Totò Cuffaro, in quegli anni chiedeva, per fermare questo flusso, un nuovo “piano Marshall” per il nord africa, per creare lì nuove e più favorevoli condizioni economiche. Un consiglio accolto, ma solo in parte, da Silvio Berlusconi, che fece accordi con tutti i leader nordafricani, fornendo aiuti economici in cambio di un miglior pattugliamento dei confini. Un piano Marshall a metà, fondato tutto su iniziative repressive e di polizia. Che funzionò. Fino al 2010, quando il Mediterraneo – invece che area di libero scambio - divenne un mare di guerra. Nord europei e americani, infatti, quasi all’unisono decisero di istigare e finanziare i moti di piazza che portarono alla “primavera araba” e alla cacciata di tutti i capi di Stato nordafricani. Una lunga parentesi di guerra civile che – cinque anni dopo – è tutt’altro che finita. Da quel momento - ovviamente – sui sentieri tracciati dalla migrazione storica, si sono riversati i nuovi, enormi flussi generati dalla miseria, dalla violenza e dalla distruzione della guerra voluta

Il presidente Crocetta dall’europa. I flussi, così, sono aumentati di consistenza. Le statistiche dicono che a Lampedusa, ogni anno, dal 2010 in poi, sono arrivati almeno 20 mila persone. Il doppio rispetto alla “media” degli anni precedenti. Il percorso attraverso la Sicilia e la penisola italiana è infatti certamente più agevole per chi – lungo la strada - deve lavorare per pagare sia il viaggio già fatto, che quello da fare. Da Gibilterra non si passa: i gendarmi sparano a vista. E la strada che passa dalla Turchia attraversa regioni troppo povere per chi deve “autofinanziarsi” il lungo viaggio verso le regioni francofone del nord Europa. Mare nostrum - Ai nostri giorni si è conclusa l’operazione “Mare Nostrum”, pervicacemente voluta da Angelino Alfano, che ha rappresentato – come vederemo – il più grande errore strategico mai fatto sia sul piano dell’ordine pubblico che dei rapporti internazionali: con enormi danni economici, sociali e politici. Nell’ultimo anno – dati ufficiali – le navi della nostra Marina Militare, schierate nel canale di Sicilia con tutti i mazzi navali di Capitanerie, polizia, carabinieri e guardia di finanza, hanno “recuperato” 150 mila profughi, finanzi alle coste di Libia, Egitto, Tunisia. Una cifra che deve comunque essere “completata” dal dato degli sbarchi che sfuggono al controllo. E che sono confermati dai costanti ritrovamenti di battelli abbandonati “spiaggiati”

lungo le coste che da Licata arrivano a Siracusa. Queste 150 mila persone – uomini, donne, bambini, adolescenti – ufficialmente sbarcate in Italia dalle navi della nostra marineria, sono state oggettivamente “salvate” dal rischio di naufragio. E il dato va certamente a lode del sacrificio di migliaia di operatori, civili e militari, che si occupano della primissima fase di accoglienza. Poi questa diversa, diversissima umanità giunta in Sicilia, viene ospitata, a cura di Prefetture e Comuni, per il primo periodo di accoglienza, presso una lunga serie di enti di assistenza, il cui numero è cresciuto – in Sicilia e nel resto d’Italia – proporzionalmente a quello degli arrivi. In questi centri, i profughi, attendono che lo Stato italiano decida del loro destino: se la loro richiesta di asilo viene accolta, inizia per loro un diverso percorso di accoglienza e assistenza. Se invece il loro “status” rimane quello di semplici immigrati, la via obbligatoria è quella della ricerca di una casa e di un lavoro. Nei due casi, il loro percorso attraversa – anche se in modi assolutamente diversi – le periferie urbane e sociali di una Italia già allo stremo per la infinita crisi economica del paese. Il ritorno al “via” - Si consuma qui, nelle periferie italiane, insomma, il “corto circuito” che rimette le storie e le vite di questa umanità disperata, nelle mani delle “mafie” italiane. Le stesse

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e le bugie su Emigrazione, Europa, Economia mafie che, in collaborazioni con le “mafie” africane, ha già gestito, con precisione quasi militare, la fase degli “imbarchi” e dei viaggi via mare. Bisogna avere la mente libera da ogni pregiudizio, per capire che intorno a questo immane traffico di vite umane si è sviluppato un business miliardario, a cui “Mare Nostrum” ha dato linfa, vigore e sicurezza. Facciamo due conti e atterriamo sulla realtà. Ogni “passaggio” costa, a ciascun profugo, più o meno tremila euro. Quando ad affrontare la traversata erano 20 mila l’anno. Si trattava di un giro d’affari di 60 milioni di euro l’anno. Una cifra ragguardevole, ma ad alto rischio. Per organizzatori, scafisti e profughi. La traversata – allora – era lunga e pericolosa. Ogni viaggio era un rischio. Con “Mare Nostrum” è cambiato tutto. In centocinquantamila sono stati “trasbordati” in assoluta sicurezza dai nostri marinai in divisa. Con la fornitura di coperte, acqua e generi di conforto durante la traversata. Se i prezzi sono rimasti invariati, il business ha comunque raggiunto il tetto di 300 milioni di euro. Solo per fermarsi al giro illegale. C’è poi il “business” dei centri d’accoglienza, cresciuto a dismisura e senza gare d’appalto, che “assorbe” i famosi 35 euro al giorno pagati dalle istituzioni italiane per il primo periodo d’accoglienza. I primi controlli giornalistici confermano che tra essi molte sono “scatole vuote” che servono solo a drenare finanziamenti. Senza erogare alcun servizio in barba a qualsiasi controllo. E c’è, a chiudere il ciclo, il business delle mafie locali, che si vede consegnare, a domicilio, i profughi in cerca di lavoro per pagare – a rate – il viaggio verso l’Europa. C’è da scommettere sul fatto che chi ha organizzato il viaggio riceva garanzie da chi organizza il soggiorno... I dati sulla criminalità - Non è un caso che mentre le nostre periferie sociali insorgono in tutta Italia, al sud la convivenza invece appaia tranquilla. Qui non scoppiano rivolte popolari perchè i nuovi arrivati, infatti, vengono presi in carico dalle bande locali e avviati ad attività criminali marginali, sotto il controllo delle cosche. Lo confermano – in maniera solare - i dati sulla criminalità diffusi, la scorsa setti-

mana, dal Sole 24 ore. I furti in appartamento, ad esempio, diminuiscono a Catania e Palermo, aumentano vistosamente (dal 18 al 24 per cento) nelle aree di primo approdo: Siracusa, Agrigento, Caltanissetta. I giovani appena sbarcati che hanno indole criminale, provano insomma a fare – lì dove arrivano – il lavoro più facile: scassinare gli appartamenti. Ma in questa attività di primo “approccio” vengono necessariamente in contatto con la malavita locale: per procurarsi gli attrezzi, per vendere la refurtiva, per ottenere coperture. E’ il primo passo verso la graduale “crescita” criminale. Il percorso di apprendimento si sviluppa con indici esattamente opposti nel caso dei borseggi e delle rapine, che diminuiscono del 15/20 per cento nelle zone di arrivo e aumenta del 10/15 per cento nelle città metropolitane. La criminalità locale, insomma, ha messo a punto un “percorso formativo” utile a fornire “piena occupazione” alla manodopera che arriva dal Maghreb. Per mettere a segno borseggi e rapine ci vuole determinazione, organizzazione e copertura. La palestra ideale è la grande città, in cui i controlli di polizia sono drasticamente diminuiti in frequenza e incisività. Ottimo banco di prova, quindi, prima di immettere forze nuove nel traffico della droga, il livello più alto e remunerativo della piramide criminale. Il “buco” istituzionale - Il fenomeno, analizzato da qualsiasi sfaccettatura, ha un solo comune denominatore: l’assenza e la poca incisività dello Stato, a fronte di un tessuto sociale fiaccato e indebolito. La nuova classe politica a volte inutilmente dotta, più spesso coscientemente inadeguata, comunque dannosa e parolaia, non solo non è stata in grado di affrontare nessuno dei problemi della congiountura economica e finanziaria. Ma ha anche colpevolmente indebolito il tessuto istituzionale che, per centocinquanta anni, aveva “tenuto”, nonostante sottoposto a mille sollecitazioni. Attempate docenti universitarie “scollegate” dalla realtà e giovani signorine di belle speranze hanno avuto la possibilità di mettere mano alla modifica di meccanismi delicatissimi, provocando o minacciando di provocare

il collasso del sistema sociale e istituzionale. Basti pensare alle leggi Fornero: sulle pensioni e sul lavoro su tutte, per veder materializzare l’esercito di “esodati” rimasti in un limbo senza confini e migliaia di giovani espulsi perchè “choosy”, da un mercato del lavoro in cui avevano appena timidamente messo piede. E che dire della soppressione delle province fatta senza modificare la costituzione che, manco a dirlo, le prevede? Abbiamo – intanto, con un gesto di sana democrazia, abolito le elezioni per rinnovarle – le istituzioni “inutili” sono tutte lì, commissariate dalla politica che non riesce a fare a meno non dico di una poltrona, ma neanche di uno sgabello. Stessa sorte si profila per il Senato, che si vorrebbe sopprimere per motivi di spesa, eliminando un “pilastro” della nostra democrazia parlamentare che è proprio la “doppia lettura” delle leggi: garanzia “solo” di democrazia e partecipazione. Al posto della Camera Alta, si vorrebbe un cenacolo di rappresentanti delle regioni. A parità – se tutto va bene – di costi politici ed elettorali. E la legge elettorale? Se c’è un elemento censurato unanimamente e trasversalmente dagli italiani di tutte le regioni e di tutte le estrazioni politiche e sociali, è l’impossibilità di scegliere il proprio deputato. La nuova legge cosa fa? Conferma la possibilità riservata ai capi partito di nominare i propri “dipendenti” parlamentari, rafforzandola con un robusto, robustissimo premio di maggioranza: altro elemento censurato questa volta dalla Corte Costituzionale. Il Mezzogiorno violentato - Ma non è certamente tutto. Oltre al grande capitolo delle riforme istituzionali, la politica del XXI secolo ha deciso di mettere mano anche ai grandi temi della politica economica nazionale. La nostra forza sono sempre state le piccole e le medie imprese? Ebbene secondo le linee di politica economica e sociale tracciate dai recenti tre governi, questa fase deve essere superata. Bisogna pensare in grande, generando grandi flussi economici. E’ per questo motivo che le – poche - risorse disponibili sono ormai incanalate verso i grandi investimenti, le grandi opere, le grandi iniziative. L’epoca del

“piccolo” è inevitabilmente finita. Il governo pensa in grande. E spende in grande, solo per i grandi. Grandi progetti infrastrutturali, grandi programmi militari, grandi avventure internazionali e perfino spaziali. I fondi alle imprese del mezzogiorno, quelli no, non ha più senso gettarli in un calderone che non si colma mai. Lo conferma lo Svimez, il centro studi sul Mezzogiorno, che ha appena pubblicato uno studio che fornisce dati indiscutibili. I fondi destinati al Mezzogiorno, negli ultimi dieci anni, hanno subito tagli per l’80,5 per cento: l’ottanta virgola cinque per cento. Siamo passati dai sei miliardi e mezzo del 2003 al miliardo e duecento del 2012. Direte: colpa della crisi, che investe allo stesso modo tutti i territori. Bugia. Nello stesso periodo le somme destinate al resto d’Italia hanno subito sì tagli consistenti, ma molto meno eclatanti. La sforbiciata è stata infatti del 51,5 per cento (trenta punti in meno non sono uno scherzo), facendo segnare una flessione dai dieci miliardi del 2003 ai 4 e mezzo del 2013. E in cosa si traduce un taglio di oltre l’ottanta per cento dei trasferimenti alle imprese del Sud? Nella loro chiusura. Nella morte cioè di ogni timido tentativo di strutturare e rendere stabile qualsiasi indicatore economico e sociale. Vuol dire, che le imprese del nord che erano venute al Sud a lucrare i finanziamenti statali, han preso i soldi e sono andate via. Un esempio lampante per tutti: gli stabilimenti Fiat di Sicilia e Campania, abbandonati senza se e senza ma. Per non dire delle acciaierie e delle centrali a carbone. Al Sud e in particolare in Sicilia sono rimaste solo le raffinerie di petrolio. Perchè nessuno le vorrebbe in nessuna altra parte del mondo. E perchè continuano ad essere oggetto di ricatto sociale per ottenere – come nel caso delle trivelle nel mediterraneo – nuovi permessi di devastazione ambientale e sociale. Il governo siciliano - Ma il grosso del danno, naturalmente, lo fa il governo rivoluzionario guidato da Saro Crocetta. Che è riuscito a sottoscrivere un patto segreto con l’Eni, che prevede royalty inalterate per l’estrazione del petrolio nel Mediterraneo: argo-

mento di pura pertinenza del parlamento regionale. L’Assemblea, giusto per rimettere le competenze al loro posto, ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno che sconfessa il governatore. E lui, di ritorno dal Quatar, ha sinteticamente affermato che comunque si farà a modo suo. Del resto a modo suo si fa tutto o quasi. Mentre tutti gli assessorati battono cassa per mancanza di liquidità, il governatore ha dato vita alla missione estera probabilmente più costosa degli ultimi anni. Per portare 126 aziende ad esporre i loro prodotti negli emirati arabi, è stato speso più o meno un milione di euro. E abbiamo già l’annuncio che undici di esse avranno la possibilità di continuare a vendere le loro merci sul mercato arabo. Un po’ caro e tutto da verificare, come risultato di “nicchia”, ma sempre meglio di niente, in tempo di crisi. Un risultato che evidentemente Crocetta attribuisce in gran parte all’efficienza del suo staff. Che infatti, proprio durante la trasferta negli emirati, si è visto liquidare un premio di produzione di oltre 100 mila euro pronta cassa. Da condividere, pro quota, tra tutti i componenti della segreteria. Niente male, come anteprima della tredicesima natalizia. Ma agli sfarzi, la “corte” regionale ci ha abituato da tempo. A partire dagli inutili stipendi da deputato, pagati agli assessori esterni per fare un lavoro che i deputati farebbero certamente a minor costo per le casse regionali e probabilmente con più interesse e passione politica. Delle competenze abbiamo fatto a meno da tempo. Ciò che turba, non sono solo i 150 mila euro al mese di stipendi degli assessori. Sono i 15 mila euro al giorno di costo dei 40 – quaranta – esperti della giunta e dei 60 – sessanta – esperti del consiglio di presidenza dell’Ars. Per non contare il costo delle cosiddette indennità di gabinetto elargite a piene mani a interni ed esterni segnalati dai partiti di governo nelle segreterie degli assessori: altre 200 persone pagate una media di 2500 euro nette al mese: 40 mila euro l’anno per 200, che fa altri 800 mila euro. Attenzione: sono costi sostenuti da tutti i governi della Regione fin dalla sua istituzione, nel 1946. Ma Crocetta non doveva fare la rivoluzione? Qual è la verità?

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Manutenzione verde pubblico: a Catania è un tabù di Flora Bonaccorso

Gli studenti imparano che “Il verde stradale permette l’arredo di vie, viali, piazze e parcheggi. Rappresenta una tipologia di verde estremamente importante, che condiziona in modo sostanziale il paesaggio e l’ambiente urbano e la grande viabilità, ed è composto in prevalenza da alberi e arbusti. I viali alberati (detti anche alberate) costituiscono, dunque, un patrimonio da salvaguardare. Per questo sarebbe auspicabile che nel maggior numero possibile di Comuni (e non solo in quelli di maggiori dimensioni) al piano urbanistico comunale (PUC) fosse affiancato funzionalmente anche il Piano del verde urbano, un documento progettuale oggi poco utilizzato, la cui assenza produce un rilevante spreco di denaro pubblico e rende di fatto meno fruibile il verde per i cittadini. Nei paesi anglosassoni la disciplina che si interessa del verde urbano è conosciuta come urban forestry, (letteralmente: “forestazione urbana”), quasi ad indicare come le aree verdi possano proporsi come oasi di ruralità entro gli ambiti urbani, con una sottolineatura della wilderness delle aree verdi inserite in un arido edificato”. In base a quanto abbiamo letto, dovremmo allora rimandare sui banchi di Scuola il Comune di Catania? Pare proprio di si dopo aver attentamente os-

servato le strade pubbliche in prossimità dell’ingresso dell’Aeroporto internazionale “Fontanarossa”. Qui la fanno da padrone gli eucalipti, arbusti che si relazionano molto bene con il paesaggio circostante sotto diversi profili: ecologico-ambientale, stante che contribuiscono a mitigare gli effetti di degrado e gli impatti prodotti dalla presenza delle edificazioni e dalle attività dell’uomo, e gli effetti del microclima regimando i picchi termici estivi con una sorta di effetto di condizionamento naturale dell’aria; funzione sanitaria, sia per la presenza di essenze aromatiche e balsamiche sia per l’effetto psicologico prodotto dalla vista riposante di un’area verde; funzione estetico-architettonica, considerato che la presenza del verde migliora decisamente il paesaggio urbano. Invece, a Catania gli eucalipti rischiano di rappresentare un problema in prossimità dell’aeroporto che nell’agosto 2014, rispetto all’agosto 2013, ha registrato il +19% di movimenti (6.993 nel 2014 rispetto a 5.877 dell’anno precedente) e +21,7% di passeggeri nello stesso perio-

L’aeroporto di Catania

do (856.308 nel 2014 rispetto a 711.116 dell’anno precedente). Perché? Per il semplice fatto che la manutenzione lascia a desiderare. La potatura è da eseguire con il risultato che, quando le condizioni meteorologiche peggiorano, i rami spezzati dal vento intralciano la strada peggiorando la viabilità. Tanto si è verificato di recente, in occasione delle ultime piogge. La gente ivi residente è testimone dello spettacolo dell’aggrovigliarsi di auto e autobus per via della sede stradale ostruita dai relitti degli eucalipti, costringendo i turisti a trascinare le valigie in mezzo a tutto quel trambusto. Considerato tanto, domandiamo all’Assessore ai Lavori Pubblici: il Comune di Catania provvede al censimento delle aree verdi? Il censimento informatizzato delle aree verdi pubbliche rappresenta “lo strumento alla base della manutenzione delle aree

verdi, che permette il monitoraggio di tutte le superfici e delle diverse forme di manutenzione. Ogni area è censita su base Gis, georeferenziata e con supporto aerofotogrammetrico, identificata con un codice unico di riconoscimento, misurata e catalogata in funzione dei dati catastali e territoriali, della tipologia di area, del tipo di manutenzione, della gestione differenziata. Il censimento viene costantemente aggiornato, ad opera del personale interno, in funzione delle nuove acquisizioni, delle alienazioni e delle variazioni di destinazione d’uso. Il censimento costituisce la base per conoscere e visualizzare immediatamente le superfici oggetto di intervento o di segnalazione da parte dell’utenza; avere a disposizione dati esatti di superficie per la pianificazione, la rendicontazione e le rilevazioni statistiche; condividere la conoscenza del patrimonio verde pubblico con la cittadinanza”. Esiste il Regolamento Comunale del Verde Pubblico e Privato? Ovvero: come è mantenuto lo stato di conservazione del patrimonio verde comunale nelle

diverse tipologie, attraverso interventi programmati e tempestivi di ripristino delle situazioni di degrado estetico, funzionale e agronomico? Come è garantita la sicurezza degli utenti e/o degli operatori del verde pubblico, e quella veicolare in convivenza con il verde esistente? Come è elevato lo standard qualitativo di fruibilità del verde pubblico? Apprendiamo che nel Comune di Forlì “per rendere trasparenti e verificabili nel tempo i risultati qualitativi del servizio, gli uffici adottano criteri di controllo dell’appalto sotto forma di report fotografici periodici che hanno lo scopo di rappresentare la situazione esistente. Tali report, aggiornati dagli uffici, sono di libera consultazione da parte dei cittadini, i quali possono anche inviare rilievi, osservazioni o quant’altro ritengano utile al fine di migliorarne l’efficacia”. Il Comune di Catania garantisce la trasparenza al riguardo? Un altro capitolo dovrebbe aprirsi sul decoro da riconoscere a un aeroporto internazionale. È accettabile che un’infrastruttura così importante accolga i passeggeri con aiuole offese dai rifiuti e divelte, prati che denunciano una manutenzione incostante e il canale di gronda ingombrato dalle sterpaglie e privo di una recinzione di protezione sicché un pedone potrebbe scivolarvi dentro? È gradita la risposta.

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Articolo 4, Sicilia Democratica e i “valori di riferimento”: è declino di Gi uli ano B us à Prosegue il periodo di grande fermento politico a Palazzo degli Elefanti. La scossa data dalla crisi e dal rimpasto del governo regionale sta continuando a produrre effetti consistenti, con delle scosse di assestamento che sono il risultato di mesi di problematiche interne ai partiti e ai movimenti in questione. Ciò che queste ultime settimane ci hanno consegnato è infatti la prova della poca consistenza delle compagini politiche di casa nostra, anche (anzi, soprattutto) di quelle vincenti e coi “numeri”. Mantenere una entità politica vincente è quindi molto più complicato che crearla; i pochissimi riscontri e il poco controllo della cittadinanza su questo genere di operazioni politiche lascia inoltre liberi i componenti di tali formazioni di fluttuare liberamente all’interno del panorama politico di riferimento, senza troppo badare a dichiarazioni recenti di stima o ai salti di barricata tra maggioranza e opposizione. Ne abbiamo riprova al Comune di Catania, dove una maggioranza inizialmente compatta si sta via via balcanizzando, per via di vicissitudini che poco o nulla hanno a che fare con l’amministrazione della città - che poi è il motivo, teoricamente, per il quale consiglieri e assessori stanno là. La quasi totalità dei movimenti e dei fermenti che riguardano il consesso comunale hanno invece come oggetto questioni di carattere personale, divergenze “politiche” ma nell’accezione dispregiativa che questo termine ha assunto proprio per tendenze comportamentali come

questa. Protagonista senza mezzi termini dell’ultimo mese, sia all’Ars che soprattutto a livello locale e a Catania, è stato il movimento Articolo 4, fondato nemmeno due anni fa da un Lino Leanza conscio del proprio peso politico anche autonomamente dalle strutture e dalle segreterie partitiche, si chiamassero Mpa o Udc. Il movimento, sostenuto e legittimato dai numeri del suo fondatore, ha attirato a sé personaggi emergenti soprattutto nel catanese, su tutti Luca Sammartino. Onde ripetere vicende ormai risapute, andiamo al dunque. L’affare Caleca spacca il movimento, che nel giro di un paio di giorni si scinde. Particolare singolare è che sia lo stesso Leanza ad abbandonare Articolo 4, un po’ come se Crocetta uscisse dal Megafono. Volendo forse anticipare gli ex sodalizio e rassicurando circa la banalità delle discussioni sui nomi e sui simboli, Leanza tira dritto e volta ancora velocemente pagina, quasi stesse leggendo una rivista noiosa. Da ciò che rimane di Articolo 4, ossia l’area dei giovani catanesi facente capo a Sammartino e Sudano fanno sapere che il movimento “proseguirà l’attività politica e parlamentare all’Ars

Palazzo degli elefanti come nei tanti comuni dove è rappresentato e lo farà con l’orgoglio di aver tenuta dritta la barra e non aver deviato dalla direzione morale, etica e politica che si era prefissato. La nostra è stata una battaglia alla luce del sole improntata alla crescita dell’intero movimento. Non abbiamo mai ceduto alla tentazione - prosegue la nota diramata - di sederci al tavolo delle trattative ne ci siamo mai dimenticati l’obiettivo che era quello di portare avanti un partito dalle idee forti e chiare e ben radicato nel territorio. Abbiamo, insomma, remato sempre nella medesima direzione comune. Articolo 4 oggi è riconoscibile proprio per i valori in cui crede e che mantiene. Sono quei valori che restano come patrimonio. Non si tratta di un marchio o di una griffe. Non siamo mai stati e mai saremo un movimento ‘griffato’. Siamo i deputati e i consiglieri della gente e vogliamo che quel

simbolo serva solo a riconoscerci come le donne e gli uomini che si battono per i problemi comuni. Insomma non siamo il partito di uno ma il movimento di tutti e attento a tutti. Da sempre abbiamo interpretato il cambiamento in atto della nostra regione come nel Paese e non intendiamo appiattirci su vecchi schemi ormai invisi alla gente. Tanti veri e sinceri auguri a Leanza - si legge infine - per il suo futuro percorso”. Più di una contraddizione facile da ravvisare: i valori con i quali si dovrebbe facilmente riconoscere il movimento al di là del simbolo sono sinceramente ignoti ed è ingiusto intellettualmente dire che la faccenda della quale si scrive non riguarda il sedersi ad un tavolo delle trattative, giacché è arcinoto che proprio questo dettaglio ha fatto saltare il banco. Ma siccome questo andava scritto in questa circostanza, ci atteniamo alla finzione pubblicando il comunicato fingendo di annuire. Nei fatti quindi Leanza si prepara all’ennesimo cambio di casacca: l’unica particolarità è che da un po’ il politico malettese ha preso a cucirsele da sé, invitando semmai altri a vestirne di uguali. Un dettaglio illuminante se si vuole

comprendere come funzionano le cose, non solo dalle nostre parti. Da qualche giorno quindi, sia all’Ars che ovviamente a Palazzo degli Elefanti, è nato Sicilia Democratica, gruppo consiliare ugualmente vicino a Crocetta e Bianco, solo con più o meno la metà dei componenti. A Catania ne fanno parte il fedelissimo Sebastiano Arcidiacono, Carmelo Nicotra, che sarà capogruppo, e Giuseppe Catalano. A guidare Articolo 4 in Comune sarà invece Nuccio Lombardo (eletto all’unanimità); il vice sarà invece Giuseppe Musumeci. Gli altri consiglieri rimasti in Articolo 4, ossia Ludovico Balsamo, Antonino Manara, Giovanni Marletta e Beatrice Viscuso - al pari dei colleghi di Sicilia Democratica hanno inevitabilmente espresso piena adesione alla maggioranza e al programma di Bianco, in linea con quanto stabilito alle elezioni. Nell’immancabile nota, le solite dichiarazioni: “Articolo 4 continuerà ad essere quello di sempre ovvero una forza propositiva, pronta a portare l’innovazione e la freschezza tipica delle idee dei giovani, sempre vicina alla gente ed al territorio”. Insomma, difficilmente un cambiamento poteva essere più statico di così e ci svela - qualora ce ne fosse ancora di bisogno - quanto siano ormai evanescenti non solo i legami a dei simboli o a dei progetti politici decantati con propositi evangelici, ma anche il richiamo reale e non circostanziale a dei valori di riferimento, buoni ormai solo a riempire comizi, comunicati stampa e altre finzioni.

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NOVEMBRE 2014 - Redazionale

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NOVEMBRE 2014 - Catania

I Lombardo: due vite, due storie, due strategie diverse d i Marco Bena nt i Per il sentire comune, uno, Raffaele, è il più scaltro, una sorta di “Diablo della politica”, l’altro, Angelo, quello che il fratello maggiore ha dovuto aiutare in non poche occasioni. Insomma, il “meno dotato”, politicamente, s’intende. Dal punto di vista giudiziario, però, questo assunto viene smentito: ad oggi Raffaele Lombardo ha già subito una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa (nel febbraio scorso dal Gup Marina Rizza) e attende l’appello per il prossimo anno, mentre il fratello Angelo deve ancora vedere cominciare di fatto il proprio processo, in primo grado (con le stesse accuse del fratello ex governatore ovvero concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato). Una bella differenza, dovuta a scelte diverse: il primo ha optato per “l’abbreviato”, il secondo per “l’ordinario”. Due scelte e due strategie che per il momento stanno dando ragione… ad Angelo, il cosiddetto “meno dotato”. La posizione di Angelo Lombar-

do, anche lui conivolto nell’inchiesta “Iblis” su mafia-politica-imprenditoria, è stata adesso riunita a quella di personaggi noti della mafia catanese, come Rosario Di Dio e Vincenzo Aiello, di collaboratori di giustizia come Gaetano D’Aquino e di imputati come il geologo Giovanni Barbagallo. Costoro erano stati rinviati a giudizio dal Gup Alessandro Ricciardolo, per presunte violazioni in tema di voto, con l’aggravante di avere agito allo scopo di agevolare l’associazione mafiosa. L’accusa, nel primo caso per tutti e quattro, è perché “…in concorso tra loro e con il concorso morale di Lombardo Angelo Salvatore e Lombardo Raffaele, nei cui confronti si procede separatamente, nella qualità di esponenti delle associazioni di tipo mafioso Cosa Nostra, in cambio di generiche promesse di aiuti ricevute dai fratelli Lombardo direttamente e per interposta persona, per il rilascio di concessioni e di autorizzazioni, per l’aggiudicazione di appalti, per l’elargizione di pubbliche erogazioni, per l’assunzione di impieghi in favore di appartenenti del predetto sodalizio mafioso o di imprese dallo stesso

sodalizio direttamente o indirettamente controllate, promettevano e somministravano, anche per il tramite dei consociati al gruppo mafios o di appartenenza, denaro ed altre utilità a più elettori per ottenere il voto in favore di Lombardo Angelo, candidato alle elezioni politiche del 2008 per la Camera dei Deputati e del Movimento per l’Autonomia, di cui Lombardo Raffaele è il leader politico, per le medesime elezioni politiche del 2008 al Senato ed alla Camera dei Deputati. Con l’aggravante di avere agito allo scopo di agevolare l’associazione mafiosa Cosa Nostra nella quale sono inseriti…” Per Gaetano D’Aquino è imputato altresì perché “…in concorso con altri componenti del clan Cappello nel quale il D’Aquino era inserito e con il concorso morale di Lombardo Angelo Salvatore e Lombardo Raffaele , nei cui confronti si procede separatamente, in cambio di generiche promesse di aiuti ricevute dai fratelli Lombardo direttamente e per interposta persona, per il rilascio di concessioni e di autorizzazioni, per l’aggiudicazione di appalti, per l’elargizione di pubbliche erogazioni, per l’as-

sunzione di impieghi in favore di appartenenti del predetto sodalizio mafioso o di imprese dallo stesso sodalizio direttamente o indirettamente controllate, prometteva e somministrava, anche per il tramite dei consociati al gruppo mafioso di appartenenza, denaro ed altre utilità a più elettori per ottenere il voto in favore di Lombardo Angelo, candidato alle elezioni politiche del 2008 per la Camera dei Deputati e del Movimento per l’Autonomia, di cui Lombardo Raffaele è il leader politico, per le medesime elezioni politiche del 2008 al Senato ed alla Camera dei Deputati. Con l’aggravante di avere agito allo scopo di agevolare l’associazione mafiosa Clan Cappello nella quale il D’Aquino era inserito….” Per Vincenzo Aiello e Giovanni Barbagallo, inoltre, l’Accusa contesta che “…in concorso tra loro, con altri soggetti per i quali si è proceduto separatamente e con il concorso morale di Lombardo Angelo Salvatore e Lombardo Raffaele, nei cui confronti si procede separatamente, nella qualità di esponenti delle associazioni mafiose di tipo mafioso Cosa Nostra, in cambio di gene-

riche promesse di aiuti ricevute dai fratelli Lombardo direttamente e per interposta persona, per il rilascio di concessionie di autorizzazioni, per l’aggiudicazione di appalti, per l’elargizione di pubbliche erogazioni, per l’assunzione di impieghi in favore di appartenenti del predetto sodalizio mafioso o di imprese dallo stesso sodalizio direttamente o indirettamente controllate, promettevano e somministravano, anche per il tramite dei consociati del gruppo mafioso di appartenenza, denaro ed altre utilità a più elettori per ottenere il voto in favore di Lombardo Angelo e Lombardo Raffaele quest’ultimo leader politico del Movimento per l’Autonomia, candidato alle elezioni amministrative regionali del 2008 per la presidenza della Regione Sicilia. Con l’aggravante di avere agito allo scopo di agevolare l’associazione mafiosa Cosa Nostra nella quale sono inseriti.” Il primo dicembre prossimo si terrà la prima udienza del processo: il 18 è stato così deciso. Si è scoperto che c’era un problema nella composizione del collegio giudicante della quarta sezione penale del Tribunale.

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NOVEMBRE 2014 - Giarre

Giarre: un sindaco che amministra la straordinaria normalità di Spectator

Appurato che con la normale amministrazione ha qualche problema, tra bollette non pagate consulenze esterne mai comunicate al ministero della funziona pubblica, conti che continuano ostinatamente a non tornare, Roberto Bonaccorsi ci prova con la straordinaria amministrazione. Fa pulire le caditoie. Si dirà ma come, le caditoie straordinaria amministrazione!? Di più, a Giarre sub divo Roberto anche raccogliere le cicche è opera dimensionalmente paragonabile alla Tav. Non sazio di siffatta opera si procede ad asfaltare le strade, cosa che a Giarre ha assunto i tratti di un improbabile cantiere del Ponte di Messina, l’opera delle opere, manco fosse la Piramide di Giza. Ma la Giarre contemporanea che hanno lasciato i consociati di Roberto Bonaccorsi, quelle eterne facce di centrodestra, che cambiano partito al pari delle mutande al mattino, è una città dell’immobilismo

dove ad es. l’abuso generalizzato degli impianti pubblicitari li ha resi tutti immuni a qualsivoglia opera di rimozione. Ecco come questa città si è trasformata nel regno dell’abuso, quello degli ambulanti, quello dei politici e pure dei tecnici contro la città. Con sapiente operazione di immagine, dopo aver gestito con imperizia l’allerta meteo degli scorsi giorni, quando tante polemica avevano suscitato le caditoie non pulite, il manto stradale già dissestato e il letto del torrente Macchia non ripulito, il sindaco ha fatto di necessità virtù e si è eretto a paladino della sicurezza, dopo che già l’insicurezza non l’aveva cagionata altri se non la sua amministrazione (e certo l’inoperosità delle precedenti, ma se sei discontinuo devi essere diverso) immobile, avviando finalmente una normalissima opera di pulizia e di posa di un nuovo “tappetino” (così in gergo tecnico) di afalto sulle strade.

Roberto Bonaccorsi

Non pago di siffatta normalissima opera ammantata di straordinarietà, il sindaco ha avuto pure il tempo per farsi una foto col ministro Lorenzin. Farsi una foto sì. Pardon c’erano pure il vicesindaco e il sena-

tore. Ma per il sol fatto che la delegazione fosse nutrita non vuol dire che l’ospedale di Giarre è salvo. Senza dire che la sanità è di competenza della regione, ragion per cui anche un incontro col Papa sarebbe

andato bene per una bella foto da incorniciare e condividere su facebook, così da far ribollire di invidia gli amici. La politica nell’era della comunicazione è un’immagine, una fotografia. Sarà per questo che poi a Giarre arrivano le more, le bollette: l’ordinaria amministrazione se la son scordata a furia di selfie. Spazio alla fotografia. Non si asfaltano le strade, bensì si fa la foto ai mezzi che asfaltano le strade. E’ la tirannia dell’immagine, una politica schiacciata nel tempo presente, schiava della fotografia. Così se ieri era assai cool farsi ritrarre in consiglio a rispondere –attenzione senza mai dire davvero nulla- ai consiglieri interroganti, se prima era necessario accarezzare i consiglieri di maggioranza per il verso giusto per portare a casa bilanci e piano di risanamento, adesso, ottenuto il bottino, il Consiglio è superfluo e Roberto non ci va. Al diavolo quei consiglieri questuanti. Che credete lui ha ben altro da fare.

Un vulcano di idee

Escursione didattica sull’Etna per una cinquantina di studenti del corso di laurea in Economia Aziendale, a conclusione delle attività didattiche dello scorso anno accademico e del ciclo di seminari professionalizzanti “Un Vulcano d’Idee” dedicati al fare impresa nei territori dell’Etna. Domenica 16 novembre gli studenti, accompagnati dal presidente del corso di laurea prof. Rosario Faraci e dal prof. Massimo Picone, unitamente ai responsabili dei servizi didattici dott. Carlo Sammartano e della

biblioteca dipartimentale dott. Marco Ardini, si sono recati al Rifugio Galvarina (1878 m), partendo dal Rifugio Ariel in territorio di Nicolosi. Agli studenti, a parte la straordinaria opportunità di una passeggiata in mezzo alla natura, è stata offerta la possibilità di conoscere da vicino i luoghi dell’Etna, patrimonio mondiale dell’Umanità, e di apprezzare le potenzialità turistico-escursionistiche del territorio. L’iniziativa è stata supportata dall’ERSU e sostenuta dal suo presidente prof. Alessandro Cappellani.

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NOVEMBRE 2014 - Gela

Fiato sospeso per la decisone del Tar sul Muos di Lilia na Bla nco Il 25 novembre Sit – In di protesta, davanti la sede regionale del Tar, per l’udienza pubblica, sulla legittimità delle autorizzazioni Muos di Niscemi, il sistema di radio – telecomunicazioni satellitari ad altissima frequenza della marina militare statunitense; la segreteria regionale ed il coordinamento regionale delle Pari opportunità, le segreterie provinciali di Palermo e Caltanissetta i gruppi consiliari della città di Palermo Paolo Caracausi, Filippo Occhipinti e di Niscemi Giuseppe Rizzo e Sandro Pino Tizza del partito di “ Italia dei Valori” , comunicano che parteciperanno al Sit – In . Gli organismi del partito Idv apprezzano il lavoro e la relazione di Marcello D’Amore, professore eme¬rito dell’università della Sapienza in Roma, uno dei mag¬gior esperti nazio¬nale sulle onde elettromagnetiche, in qualità di esperto e verificatore del Tar di Palermo, riguardante il Muos. La relazione del verificatore, depositata in data 12 settembre alla prima sezione del Tar Palermo, mostra l’assoluta imparzialità tecnico professionale, evidenzia valutazioni di attenzione, riflessioni e criticità, in merito alle relazioni prodotte dall’Iss e dall’Enav, quest’ultime “Istituzione dello Stato Ita¬liano”, che dovreb¬bero garantire, tute¬lare la salute e la sicu¬rezza degli ita¬liani? Il verificatore sottolinea che l’istituto superiore di sanità, per la brevità dei tempi non è stato in grado di svolgere le proprie valutazioni, non è stato in grado di procedere all’acquisizione né dei codici di calcolo, né dei dati dettagliati necessari, come si legge nella relazione dell’11.07.2013, per cui è dovuto ricorrere a procedure di calcolo semplificate ritenendo che tali procedure potessero dare indicazioni nell’ottica del caso peggiore. Il professore Marcello D’Amore nella sua relazione sottolinea che la

semplificazione delle relazioni degli organi dello Stato “Iss, Enac e Ispra” , possono essere considerati inattendibili e quindi non certi per una corretta valutazione degli organi che dovranno decidere sul destino del Muos, inoltre, mette in evidenza le interferenze delle onde elettromagnetiche o fenomeno Emi per il corretto funzionamento degli apparecchi elettromedicali per i quali lo stesso istituto superiore di sanità indicava la necessità di un’attente verifica sul funzionamento corretto di quelli già impiantati e di appositi avvisi ai costruttori per evitare interferenze e malfunzionamenti su quelli ancora da impiantare. Condivide il professore Marcello D’amore la preoccupazione espressa dall’istituto superiore di sanità per la già critica situazione sanitaria del territorio interessato, già penalizzata dalla presenza del Petrolchimico e di altri inquinanti da correlarsi alla mancanza di studi sull’interazione delle diverse forme di inquinamento. La segreteria regionale ed il coordinamento regionale pari opportunità; auspicano una giusta ed equa decisione da parte del Tar di Palermo, si spera e si rimane fiduciosi che lo stesso Tar possa considerare e apprezzare la relazione tecnico - scientifica ed imparziale presentata dal Verificatore; sottolineano che il Governo Regionale si deve vergognare nell’avere adottato provvedimenti amministratiti di revoca della revoca dei provvedimenti, la giustizia è la vera bilancia della verità, noi siamo fiduciosi, solidarizziamo con tutti i comitati spontanei e in particolar modo con il comitato Mamme No Muos e il comitato No Muos Sicilia, per il loro impegno, per la loro tenacia e la loro presenza nei presidi per tenere alta l’attenzione e la vigilanza ad una vera battaglia No Muos, di essere stati barriera umana e rappresentare un intero popolo

siciliano, per difendere la nostra amata Sicilia quale territorio di pace . I fatti. Il 12 settembre è stata depositata alla Prima sezione del Tar Palermo l’attesissima relazione di verifica del professore Marcello D’Amore riguardante il Muos. Il Tar, in esito all’udienza dello scorso 27 marzo aveva chiesto infatti a D’Amore di integrare la propria relazione tenendo conto dello studio condotto dall’Iss e di quello dell’Enav. Il verificatore, nelle proprie conclusioni scrive che “l’Istituto Superiore di Sanità, a causa del tempo limitato previsto per svolgere le proprie valutazioni non è stato in grado di procedere all’acquisizione né dei codici di calcolo, né dei dati dettagliati necessari, come si legge nella relazione dell’11.07.2013, per cui è dovuto ricorrere a procedure di calcolo semplificate ritenendo che tali procedure potessero dare indicazioni nell’ottica del caso peggiore “Secondo D’Amore tale modo di operare rende per alcuni versi erroneo e, per altri, inattendibile il lavoro dell’Iss: “i valori di picco della densità di potenza e del campo elettrico lungo l’asse del fascio calcolati nella verificazione, contrariamente a quanto stimato dall’Iss, con approccio conservativo risultano superiori

ai limiti previsti”... “L’affermazione dell’Iss di danno trascurabile conseguente all’esposizione di una persona agli elevati valori della densità di potenza e del campo elettrico lungo l’asse del fascio a 1600W e 31 GHz, nel caso di malfunzionamenti dei sistemi di puntamento o di eventi sismici, non è condivisibile. Al contrario si ritiene che tale evento debba essere evitato”... Altri rischi il verificatore coglie, nello stesso studio dell’ISS per il corretto funzionamento degli apparecchi elettromedicali per i quali lo stesso Istituto Superiore di Sanità indicava la necessità di un’attente verifica sul funzionamento corretto di quelli già impiantati e di appositi avvisi ai costruttori per evitare interferenze e malfunzionamenti su quelli ancora da impiantare. Infine coglie la preoccupazione espressa dall’Istituto Superiore di Sanità per la già critica situazione sanitaria del territorio interessato, già penalizzata dalla presenza del Petrolchimico e di altri inquinanti da correlarsi alla mancanza di studi sull’interazione delle diverse forme di inquinamento (chimico ed elettromagnetico).Non va meglio sotto il profilo dei rischi per il traffico aereo. Infatti l’Enav avrebbe basato le proprie valutazioni utilizzando algoritmi per il campo

lontano, mentre, come già chiarito nella prima verificazione, il campo vicino per questo tipo di impianti ha una lunghezza di ca 67 Km. Ciò oltre ad inficiare le valutazioni fatte dall’Ente, le rende parziali ed insufficienti non essendo stata valutata assolutamente l’interferenza con gli aeroporti di Catania e Sigonella che pure rientrano nel capo vicino del fascio d’onde prodotto dalle parabole del Muos. Al riguardo va ricordato che la realizzazione del Muos venne trasferita da Sigonella, dove originariamente era stata progettata, a Niscemi per il rischio che le onde provocassero l’innesco degli ordigni collocati sugli aerei.Ora la decisione spetta al Tar che ha fissato la prossima udienza per il 25 novembre e che dovrà tener conto di quanto riferito dal Verificatore.”Una nota a parte va comunque riservata all’operato delle Regione - dicono i legali del coordinamento regionale dei comitati No Muos, Paola Ottaviano e Nello Papandrea, Finalmente infatti, un tecnico indipendente ha certificato quanto affermato da tempo dagli avvocati e dai comitati No Muos, riguardo il fatto che l’elaborato dell’ISS conteneva degli elementi di preoccupazione che non giustificavano la cd “revoca delle revoche” del 24 luglio 2013. Anzi, c’erano tutti gli elementi per confermare e mantenere la revoca (o meglio l’annullamento) delle autorizzazioni. Ricordiamo in proposito che l’associazione antimafie Rita Atria aveva querelato il dirigente Gullo, proprio per aver utilizzato in modo parziale e tendenzioso la relazione estrapolandone solo alcune parti al fine di farla apparire più tranquillizzante di quanto in effetti non fosse. In tale procedimento il Gip ha rigettato la richiesta di archiviazione chiedendo un maggior approfondimento che ora dovrà, probabilmente, tener conto anche di quanto risulta dalla relazione del professore D’Amore.

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NOVEMBRE 2014 - Messina

Il Pd di Messina si chiarisce le idee e prova a ripartire d i P iet ro F ra zzica Il Pd della Città dello Stretto e della Provincia sembra finalmente pronto a riprendere il proprio cammino, dopo circa un anno e mezzo di stasi caratterizzata da polemiche, dimissioni e scambio di note e di documenti corrosivi. “A coronamento di un lavoro condotto nelle ultime settimane a stretto contatto ed in armonia con tutte le componenti del Partito Democratico di Messina – scrive Basilio Ridolfo, in una breve nota di presentazione dei nuovi Direttivi - sono oggi in grado di varare i primi due Organismi necessari per l’attuazione di quel programma, predisposto a seguito dell’Assemblea svoltasi nel salone di Via Castellammare nella prima decade del mese di settembre u.s., in cui il Segretario regionale Raciti, al termine di un ampio dibattito, ha respinto le mie dimissioni. Da quel giorno è iniziata una fase nuova, che ha già trovato una larga piattaforma di interesse e di collaborazione che, sono certo, si svilupperà e si consoliderà maggiormente nel momento in cui – a breve inizieremo a svolgere le nostre

Maria Tindara Gullo normali funzioni politiche investendo ogni ambito territoriale e tematico”. In altra parte della nota lo stesso Ridolfo precisa che in questa fase:“A presiedere entrambi i coordinamenti sarà il segretario provinciale”. Adesso la politica deve tornare in primo piano, il territorio e la città capoluogo con i suoi numerosi e drammatici problemi, da domani saranno monitorati e analizzati oltre che dalle rappresentanze istituzionali (che in questi anni hanno fatto molto, pur lavorando in condizioni difficili) anche dai nuovi Organi di Partito. Intanto prosegue la serie di incontri con le varie realtà territoriali della

Basilio Ridolfo, segretario Pd Messina

Provincia: dopo quello informale di Milazzo, il Segretario provinciale incontrerà i circoli del PD di Barcellona, con l’obiettivo di portare alla unificazione delle diverse realtà che operano sullo stesso territorio. Questi i nomi dei componenti degli Organismi ufficializzati dalla nota sel Segretario Basilio Ridolfo. Iniziamo dal Coordinamento del Pd provinciale: Carmelo Cotugno, Ilaria Fagnani, Domenico Floramo, Nino Gigante, Giulia Ilacqua, Antonio Napoli, Francesca Sindoni (per la zona tirrenica), Emanuele Giglia e Teodoro La Monica,Paolo Starvaggi (zona nebroidea), Fabio Cicala (zona

jonica), Luigi Beninati, Pietro Di Pietro, Giovanni Frazzica, Luciana Intelisano e Luigi Omero (Messina). Membri di diritto: la deputata nazionale Mariella Gullo e i tre deputati regionali Franco Rinaldi, Filippo Panarello e Giuseppe Laccoto. Questi i nomi dei componenti del Coordinamento cittadino di Messina: Felice Calabrò, i consiglieri comunali Daniele Zuccarello e Claudio Cardile, Enzo Ciccolo, Giuppi Siracusano, Armando Hyerace, Raphael De Francesco, Rosario Cucinotta, Paolo Saglimbeni, Liliana Modica, Ezio Cilona, Nino Franco e Antonio Salvatore. Membri di diritto: Emilia Barrile

(Presidente del consiglio comunale), Paolo David (Capogruppo al Comune lista Pd), Giuseppe Santalco (Capogruppo lista collegata al Pd alle amministrative). L’ex Assessore, che fu tra i fondatori di FI a Messina, entra oggi a pieno titolo tra i dirigenti del Pd cittadino in quanto capogruppo della lista “Felice per Messina” collegata alle amministrative 2013 al Pd. Probabilmente con lo stesso criterio anche il capogruppo dei Progressisti democratici, Francesco Pagano, lista collegata al Pd, dovrebbe essere cooptato. E’ probabile infatti che in corso d’opera possano esserci degli aggiustamenti negli Organi di governo di un partito, soprattutto considerando che si presenta come un soggetto politico in continua crescita. Non sempre, tuttavia, le nuove adesioni vengono viste di buon occhio dai vecchi militanti. Una riprova di ciò si è avuta a Milazzo, dove la maggioranza del direttivo del Pd ha votato una mozione ostile al Sindaco Carmelo Pino che aveva preso la tessera seguendo le modalità previste sul sito internet. Eguali timori suscita un eventuale avvicinamento dell’on. Picciolo.

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NOVEMBRE 2014 - Messina

Area metropolitana a Milazzo, Delrio assente a Messina di Giovanni Frazzica Inaugurato l’Anno Accademico 2014/2015, Graziano Delrio, Sottosegretario di Stato presso il Consiglio dei Ministri, che avrebbe dovuto presenziare alla cerimonia, è stato trattenuto da sopraggiunti impegni istituzionali legati alle alluvioni che hanno colpito le regioni del nord ed il Governo è stato rappresentato dal Sottosegretario alle Politiche Agricole, on. Giuseppe Castiglione. “Puntare sulle giovani generazioni - ha detto il Rettore, prof. Pietro Navarra – non è solo la missione delle università, ma è la chiave di volta per la crescita dell’intero Paese. La formazione, cartina di tornasole del grado di civiltà e del patrimonio di conoscenze e saperi di una comunità, costituisce, infatti, lo strumento principale di valorizzazione delle attitudini e delle capacità delle persone e le rende al tempo stesso libere e in grado di essere il centro dello sviluppo di una società. Se l’Italia vuole superare il momento difficile di crisi economica e sociale in cui versa, deve puntare con più convinzione di quanto non stia già facendo sulle persone attraverso un più cospicuo investimento in capitale umano. Tuttavia, ciò è possibile se sono soddisfatte due importanti condizioni: attribuire il giusto valore alla conoscenza e al merito e reperire le risorse economiche da investire”. Il prof. Navarra ha anche rivolto un pensiero a Luigi Michaud, il ricercatore che a gennaio scorso ha perso la vita

Il rettore Pietro Navarra mentre svolgeva la sua attività di ricerca al Polo Sud. A Milazzo NuovoConvegno nell’Aula Magna dell’ITT Majorana sul tema: “ Area Metropolitana di Messina: quali opportunità per il Commercio ed il Turismo?”. - Dopo l’apertura dei lavori del Presidente del Civis Milazzo, Gianfilippo Muscianisi, il saluto del preside prof. Stello Vadalà e gli interventi introduttivi dei dirigenti Civis dr. Salvatore Alioto e dr. Giovanni Utano. A seguire le relazrioni del prof. Giuseppe Vermiglio, dell’Ing. Franceso Di Sarcina, Segretario dell’Autorità portuale di Messina e Milazzo, Tonino Genovese, Segretario generale della Cisl di Messina, Franco De Francesco, Commissario della Camera di Commercio di Messina e l’ing. Carmelo Di Bartola, Coordinatore dei Comitati per l’Aeroporto del Mela. A

segure gli interventi programmati di Giovanni Calabrò, Presidente provinciale di Confesercenti e di Carmelo Picciotto, Presidente provinciale di Confcommercio ed altri interventi dal pubblico tra cui quello dei Consiglieri comunali Nino Abramo e Franco Scicolone, dell’ex Consigliere provinciale Franco Andaloro, del prof. Vittorio Pantano e dell’ex Sindaco di Milazzo Lorenzo Italiano. In Sicilia è prevista l’attivazione delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Nel suo intervento il prof. Vermiglio ha spiegato l’area metropolitana non è solo un’istituzione, un nuovo complesso di procedure, di norme e di regole, una diversa configurazione di confini amministrativi, ma è soprattutto l’occasione per creare un modo nuovo e diverso di governare i territori e di attuare strategie (ambienta-

li, sociali, economiche, culturali, dei trasporti ecc.), le cui dinamiche e i cui effetti andranno al di là dei semplici confini amministrativi dei comuni come oggi li conosciamo. L’area metropolitana dovrà servire innanzitutto a migliorare i servizi urbani per i cittadini, le imprese e l’intera comunità che convive nel suo territorio, a ridurre i costi dei servizi erogati; ma anche a rimodulare il rapporto tra cittadini e istituzioni. Il governo dell’area metropolitana dovrà raccordare il territorio, mettendo in rete, le strategie, le politiche, i soggetti, i programmi, gli strumenti e ovviamente le istituzioni; ma anche ad armonizzare le città con il Governo Centrale e queste con le città metropolitane. Si tratta di dare impulso alla riorganizzazione della “filiera della programmazione”, l’area metropolitana è quindi una delle sfide principali da affrontare e dovremo capire le opportunità che la nuova realtà potrà offrire per lo sviluppo del turismo e del commercio. Molto apprezzato dai giovani anche l’intervento di Franco De Francesco, ex Direttore dell’Uffico provinciale del Lavoro che ha detto: “negli ultimi tempi si sono privilegiate le politiche passive del lavoro e non quelle attive, si sono finanziati gli ammortizzatori sociali. Così facendo non si sono attuate le condizioni per creare nuove occasioni di lavoro. La politica governativa degli sgravi fiscali alle aziende e degli incentivi all’occupazione non può risolvere tale problema, in quanto

la disoccupazione si combatte non con leggi di riforma, bensì con una ripresa dei consumi e con nuovi investimenti. La Camera di Commercio, in tale ottica, sta sviluppando progetti finalizzati ad aprire ai mercati esteri, e sta cercando di inculcare nei giovani un’autentica cultura di impresa, finanziando iniziative imprenditoriali che abbiano come protagonisti proprio i giovani disoccupati”. Applaudito anche Tonino Genovese, Segretario Cisl, che, riferendosi alle recenti conquiste aerospaziali che hanno portato una sonda sull’asteroide Rosetta, ha sottolineato che questo viaggio è iniziato 10 anni prima sulla base di un progetto, ciò significa che nulla si improvvisa e se vogliamo cambiare l’assetto istituzionale, migliorare il territorio e l’ambiente di domani, dobbiamo partire oggi a elaborare progetti e smetterla con le sterili lamentele. A rubare un po’ di scena alla politaca una brutta vicenda di arresti collegata agli appalti del Consorzio Autostrade. Coinvolti in primo luogo il funzionario arch. Letterio Frisone e l’imprenditore Nino Giordano. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore capo Guido Lo Forte e dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita. Per Letterio Frisone è stato disposto il sequestro preventivo dei beni fino a 100mila euro. Oltre a lui misure cautelari per gli imprenditori della Tecnogest, che fa capo ai costruttori Nino e Giacomo Giordano ed altri cinque indiziati.

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NOVEMBRE 2014 - Politica regionale

Il Paginone

L’aggressione a Enzo Bianco: ora il

di Cla udio Mec Mel chi or r e L’aggressione al sindaco Enzo Bianco arriva in un momento molto particolare. La crisi economica mondiale che però ha colpito Catania con grande anticipo e non intende smettere è dietro questo gesto che lo stesso ufficio stampa del Comune e la Questura definiscono opera di uno squilibrato. Dal timore di un’aggressione ad opera di un cittadino esasperato, alla certezza del raptus di una persona con problemi di mente, sono passati pochi minuti. Eppure, le redazioni si sono riempite, in un attimo, di solidarietà vaste e unanimi per l’aggressione che è stata disegnata come “vile”, fino al giudizio di para mafiosità dell’assessore alla bellezza. L’accademico filologo ha ritenuto il pugno galeotto figlio della bassezza cui Catania era arrivata un anno e mezzo fa, quando era nelle mani di alcuni suoi compagni di avventura amministrativa, capitanati dal sindaco Stancanelli. Invero, il predecessore di Bianco ha sempre sottolineato come la sua sindacatura, forse povera di risultati economici, si era però distinta per un ritorno alla legalità. Con la sola eccezione dei tributi comunali, aggiungiamo noi come parere dei paladini dei consumatori quali siamo, ma questa è un’altra storia che è comune anche all’attuale giunta. Ma torniamo al pugno sferrato al sindaco Enzo Bianco. Che a lui vada la nostra comprensione ed amicizia per aver incontrato una persona con pro-

blemi mentali per strada, pur accompagnato dalla scorta, è ovvio. Solidarietà contro qualsiasi violenza, di qualsiasi tipo che va sempre condannata. Ma quella violenza da raptus inconsapevole, perché figlio della follia, fa riflettere su quel che accade ogni giorno in città. Su queste pagine, ma anche su quelle del quotidiano cittadino stampato e sulle autorevoli testate online (nel senso di giornali), più volte si è gridato allo scandalo della violenza quotidiana ai danni di ragazzini delle medie e delle superiori rapinati di soldi, motorini e cellulari, di persone investite da pirati della strada, di aggressioni di parcheggiatori abusivi, di invasioni di extracomunitari e zingari che, quando si tratta di accoglienza sono profughi, quando si tratta di reprimere atti di illegalità diventano clandestini sui quali nulla possono le forze dell’ordine, figurarsi l’amministrazione comunale. Aldilà dell’ovvia condanna della violenza, quindi, cogliamo l’occasione per ribadire che non capiamo questo modo di guardare la realtà, con uno strabismo unico. Quando è la gente comune che si trova a dover fare i conti con una città lasciata a se stessa e senza regole, oggi come ieri, si cambia discorso. Quando tocca al primo cittadino ad opera per giunta di persona non tanto equilibrata e che quindi avrebbe potuto colpire chiunque, la mobilitazione è immediata. Queste cose sono oggettivamen-

Il sindaco Enzo Bianco e nelle fot te da medio evo. I bravi militi entrano immantinente in azione, a tutela del potente. Ma gli stessi tutori dell’ordine accampano scuse, una dietro l’altra, quando a prendere ‘palate’ è un ragazzo circondato da bande di delinquenti. Ci si lasci dire che è tutto davvero indecente. Enzo Bianco, se non fosse il primo cittadino di Catania, avrebbe dovuto assorbire il colpo in solitudine. Nessuno si sarebbe preso la briga di sapere chi era il matto. Avrebbero, gli stessi poliziotti intervenuti, detto al malcapi-

tato che purtroppo il soggetto in questione non stava bene e che avevano avvertito i familiari, ma non c’era molto da denunciare, perché svitato. Al contrario, per il primo cittadino, il colpevole è stato portato all’istante in Questura ed è partito il florilegio di solidarietà anche ai limiti del ridicolo. Come quella della Commissione Speciale per la Sicurezza Urbana. Non ce ne vogliano i consiglieri che ne fanno parte, ma ci sono momenti in cui il silenzio è d’oro, specie quando si fa parte di

un consesso così drammaticamente messo in mezzo dall’avvenimento in questione. Non sappiamo se ci sarà un seguito. Al Palazzo di Giustizia di processi da fare ce ne sono migliaia, ma sarà interessante capire se si arriverà al perdono del nostro sindaco, come perdonò Berlusconi il matto che gli tirò un duomo di metallo sulla mandibola. Ma qualcosa di importante è accaduto, grazie a questa aggressione. E’ diventato palese anche al primo cittadino che un proble-

Il pugno al sindaco: la reazione (non scontata) del web di Alb er to Car di llo Stiamo ballando su una polveriera. Da qualche settimana a questa parte l’aria di questo autunno caldo, anzi, rovente, è diventata quasi irrespirabile. Dalle rivolta degli abusivi delle case occupate di Milano, passando per le notti romane di fuoco a Tor Sapienza con le annesse veementi proteste contro Marino, fino ad arrivare all’aggressione fisica subita da Enzo Bianco mercoledì mattina. Cosa sta succedendo alla no-

stra Nazione? E’ evidente che la tenuta sociale è messa a repentaglio da anni di crisi che hanno massacrato principalmente i ceti medi e bassi. Questa riflessione va al di là del fatto che Bianco è stato aggredito da un soggetto mentalmente instabile, primo perché non conosciamo con certezza le reali condizioni psicofisiche del soggetto, e in secondo luogo perché devono fare riflettere molto le reazioni dei cittadini

comuni che hanno riversato sul web la loro opinione in merito. Attenzione, si parla di cittadini comuni, non addetti ai lavori, perché i politici dai comunisti fino ai centrodestrorsi hanno fatto tutti copia-incolla dello stesso comunicato stampa di circostanza: solidarietà e condanna del vile atto. E per carità, chi può non essere solidale con chi si becca un cazzotto in faccia appena uscito da casa? “Picchiato un uomo per la

strada, -scrive Antonio su facebook- in via Gabriele D’Annunzio. Il questore: non vuol dire che la città sia insicura. Se l’uomo è il sindaco: incivile attacco di stampo mafioso. Occorre un giro di vite. Andatevene tutti!!!”. Scorrendo i post di cittadini catanesi su facebook o twitter il leitmotiv resta sempre lo stesso: Raffaele, commentando il comunicato di solidarietà di

un deputato del centrodestra scrive: “piacerebbe tanto cordoglio anche quando comuni cittadini vengono quotidianamente aggrediti da bande che spadroneggiano liberamente in città”. Per Maria: “la violenza va sempre criticata e condannata, però il sindaco ci ha sbattuto il muso. Io ho subito due scippi sotto casa!!! Io non critico il sindaco, di tutta l erba non si può fare un fascio, ma la classe

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NOVEMBRE 2014 - Politica regionale

a il sindaco sa quanto questa città è violenta

e nelle foto accanto la polizia sul posto dell’aggressione in via Gabriele d’Annunzio ma di insicurezza a Catania c’è. E le parole al vento, dette in occasioni ufficiali sull’argomento, dello stesso Bianco, sono state spesso fuori luogo. Catania non è particolarmente accogliente. E’ pericolosa. Bisogna far qualcosa per farla tornare ad essere una città magari non ricca, nell’immediato, ma accogliente e umana. Le parole di solidarietà vuote e scritte in fretta e furia per un mero accidente della storia, un’aggressione casuale di un passante su di giri, non aiutano.

Sull’ordine pubblico non si fa molto in termini sociali e di coesione, ma solo qualcosa, e non sempre, in termini di repressione. Sappiamo bene che è difficile essere sindaci o questori in una città dove ormai più della metà della popolazione è alla fame, e non in senso metaforico. Ma la sfida di fare i sindaci in città come questa sta proprio lì, nell’accettare il compito più gravoso per farla risorgere. Ai catanesi, nel bene o nel male, non interessa molto se il pro-

web: solidali sì, però… politica in genere deve cambiare mentalità, si devono fare gli interessi dei cittadini e del paese, così come la mentalità la devono cambiare i cittadini quando sono chiamati al voto!!! Il voto è espressione di una propria responsabilità e non di un proprio interesse, che sia di amicizia o economico, ma fin quando questo non verrà capito non andremo da nessuna parte!”. Da Marco, invece, una riflessione amara affidata a twitter: “a 50 anni buttato fuori da lavoro. Non so cosa dire a mio figlio. Per me nessuna #solidarietà. A #Bianco un cazzotto a me la disperazione”. Giorgio, per restare sul pezzo, sceglie la via dell’ironia ricollegandosi alla ormai famosa dichiarazione del sindaco di due settimane fa, quando at-

tribuì zone di Catania colpite dal ciclone al Comune di Acicastello: “Bianco è stato fatto nero. Sarà stato uno di Acicastello”. Senza volerci avventurare in analisi sociologiche è ormai chiaro che il livello di “rabbia” raggiunto dalla stragrande maggioranza della società civile è oggi ben oltre la quota di preoccupazione. Sono tante, troppe, le malefatte e le omissioni di certa politica che anche un atto di violenza nei confronti di un esponente della politica ricevono sì solidarietà, ma condizionata. Solidali sì, ma… in quel “ma” un mare di distanza tra un mondo della politica che non ha più credibilità e una società civile in cui monta il disagio e c’è sempre meno spazio per la “moderazione”.

prio sindaco è nientepopodimenoche presidente dell’assemblea dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani, e ancora meno interessa che sia riuscito a far assumere la propria segretaria con uno stipendio mensile pari a quello annuale di un catanese normale. Sono cose da casta che davvero non appassionano, a parte il dubbio di opportunità. A noi interessa sapere che il concittadino Bianco Enzo stia bene. Ma interessa anche sapere che sta governando la nostra città,

che sia consapevole del rischio sociale nel quale viviamo. Una sberla casuale dovrebbe averlo reso evidente. Purtroppo, siamo in presenza di un dubbio amletico, sulla chiara comprensione. Alimentato dalla consapevolezza che da qui a qualche giorno si discuterà il bilancio. Alla voce spese sociali c’è l’ennesimo taglio. Alle famiglie con disabili non sarà riconosciuto nemmeno un rimborso annuo di 50 Euro per le spese di trasporto, con quasi totale certezza. E da queste cose pratiche si capisce che que-

sto sindaco e questa amministrazione, sono accompagnati da un consiglio comunale che non ha la percezione di cosa sia la nostra città e la nostra regione. Preferiscono essere una casta di periferia, piuttosto che governare. Si danno di gomito e si battono le spalle con soddisfazione per il nulla che fanno, almeno visto da fuori del palazzo. Ma come per Renzi, l’impressione è che ci sia una grande opposizione a questo modo di governare, a queste giunte, a questi governi: la realtà.

Ecco cos’è successo Erano le prime ore del mattino di mercoledì 19, Enzo Bianco stava uscendo di casa come ogni mattina per la consueta passeggiata. All’improvviso dietro l’angolo spunta un uomo che gli sferra un pugno in faccia. Il primo cittadino si trovava in via Vincenzo Giuffrida, all’angolo con via Gabriele D’Annunzio. Secondo alcuni testimoni, Bianco era accompagnato dalla sua scorta e l’aggressore si è diretto verso di lui colpendolo mentre il sindaco stava per attraversare via D’Annunzio. L’episodio si è verificato proprio davanti all’edicola sita in quei pressi. L’autore del gesto sarebbe un uomo di 49 anni, catanese che, dopo essere stato bloccato dagli uomini della scorta. Secondo fonti d’agenzia, il 49enne soffrirebbe di isdturbi psichici, era in cura e nell’ultimo anno sarebbe stato sottoposto per due volte a trattamento sanitario obbligatorio. Figlio di un medico, avrebbe agito senza alcun motivo preciso. E’ stato portato in ospedale per essere sot-

toposto a un nuovo Tso. L’uomo abitava non lontano dal luogo in cui ha incontrato Bianco e lavorava saltuariamente in un call center. «Ci saranno delle indagini che faranno luce - spiega il comandante della polizia Municipale di Catania, Pietro Belfiore - Tendo a escludere la premeditazione del gesto, è stato un fatto casuale». All’inizio fonti vicine all’amministrazione comunale avevano ipotizzato che si trattasse di un atto premeditato volto a colpire l’azione amministrativa. Conseguentemente al forte pugno ricevuto, il primo cittadino è caduto a terra ed è stato visitato in casa da un medico. Il primo ad intervenire è stato il vigile urbano che era nel gabbiotto a qualche metro di distanza. Bianco, impaurito e scosso, dopo essere stato visitato è rimasto in casa per riposare. Dal suo entourage è emersa comunque «la volontà di tornare subito a lavoro». A.C.

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Allo sbando i futuri architetti siracusani di R os a T omar chi o

Italia – Germania 1 a 3. E’ il rapporto quantistico di quanto spende lo Stato per l’istruzione universitaria. In Italia si spendono 110 euro procapite per ogni studente e 300 euro procapite per il gioco d’azzardo. L’esatto opposto avviene in Germania dove addirittura non si pagano nemmeno le tasse universitarie. Si apre sotto il segno negativo l’anno accademico, anche per i 980 iscritti ad Architettura di Siracusa dove si è tenuta l’assemblea inaugurale, forse la più numerosa negli ultimi venti anni, mentre i 101 futuri architetti suonano la carica verso l’ultimo banco di prova, gli esami di Stato. Quella mattina, nell’affollata aula magna di Piazza Federico di Svevia, c’era anche il rettore dell’ateneo catanese, Giacomo Pignataro che ha avuto parole di elogio per l’operato sin qui svolto dalla Scuola Didattica Sperimentale negli ultimi tre anni e, allo stesso tempo, mettendo la mano sul cuore, ha comunicato agli studenti la propria costernazione per la chiusura improvvisa di metà edificio, l’ex Caserma Abela, per motivi di sicurezza. Aule, laboratori e uffici amministrativi sono stati cosi “zippati” su una unica ala del vecchio Palazzo che dialoga da un secolo col vetusto Castello Maniace. “Reputo da sempre questa Scuola modello da seguire anche per l’Ateneo catanese – ha esclamato il Magnifico – sul piano della sperimentazione e della ricerca formativa. Oggi però provo sentimento di sofferenza e costernazione per le condizioni in cui sono costretti a svolgere le attività gli studenti, i docenti e tutto il personale tecnico amministrativo. Questo edificio, come si sa, è stato chiuso in parte per ragioni di sicurezza e verso la metà del 2015 inizieranno i lavori di ristrutturazione e consolidamento per una cifra di 3 milioni e 200 mila euro stanziati dalla Regione e che interesseranno non solo l’area inagibile ma tutto l’edificio. Purtroppo avremmo dovuto provvedere prima, è vero, ma bisognava programmare l’intervento preventivo per ridurre al massimo i disagi logistici. Cer-

L’inaugurazione dell’anno accademico cheremo di rendere questi lavori più veloci possibili in modo da restituire una scuola quanto più funzionale”. La prossima settimana, il mondo universitario italiano si interrogherà sulla questione della nuova didattica, altra sofferenza dell’ateneo. “Avverto uno scollamento con gli studenti – ammette Pignataro – e questo non giova perché alla base di ogni rapporto educativo, che non è solo il trasferimento di conoscenze, sta la capacità di ascolto. A un anno e mezzo del mio mandato, penso di aver assolto in una buona parte alle mission tese a garantire uno standard minimo di servizi da rendere allo studente. Accetto qualsiasi consiglio. Sul sito ufficiale dell’Ateneo è possibile pubblicare i suggerimenti che noi avremo cura di raccogliere e ascoltare. Cercheremo di utilizzare una modalità di comunicazione “usual friendly” con gli studenti. Altra novità, in fase dibattimentale, i tempi troppo lunghi delle lauree che sono doppi rispetto a quelli consentiti legalmente. I tempi troppo dilatati – ha concluso Pignataro – sono un tradimento dei nostri obiettivi di educatori. In esame anche il grado di innovazione nelle nostre università in termini di didattica e di strumenti di supporto rispetto a quelli tradizionali. Un ruolo fondamentale hanno i laboratori

ove si sperimenta giornalmente la conoscenza. Sarà un lavoro duro, quest’anno, per tutti, in un contesto di difficoltà anche di tipo economico”. Terzo anno per il processo di identità visiva alla ex facoltà di Architettura a Siracusa. Un lavoro collettivo tra studenti e docenti, un prodotto finale della Scuola di Didattica Speciale che risponde al quesito più angosciante in un clima che stravolge la vecchia figura professionale dell’architetto in piena era ambientalista e anticementizia. Su questa scia virtuosistica prende forma la sperimentazione didattica e la ricerca alla SDS, su due fronti: dall’interno, attraverso le varie iniziative extracurriculari, come Libri Imbottiti, ogni quindici giorni nella pausa pranzo con la presentazione dei libri dei docenti; o lezione extra per verificare lo stato di avanzamento delle ricerche effettuate dal docente per avere una percezione chiara del lavoro dei colleghi e perfezionare il proprio. E poi il fronte esterno, l’apertura della Scuola alla città, con i cicli di conferenze esterne, fondamentali con personaggi illustri ospitati nel salone di Palazzo Vermexio; o con Pianeta Sicilia serie di incontri su come fare didattica e ricerca in Sicilia con imprenditori, artisti, scrittori e personaggi che ruotano attorno al mondo della cultura e

dell’impresa in generale. E ancora l’interlocuzione attiva con gli enti pubblici, dal Comune di Siracusa, a quello di Avola (col quale Architettura collabora per la redazione del Prg), con Sovrintendenza e Inda) e le precise risposte date loro con i master sul riuso a cura della professoressa Zaira Dato”. Tra i prodotti sfornati dalla SdS, il libro tattile Atmosphere che impone una magica rotazione costringendo alla lettura trasversale. Un libro bifronte con un nocciolo duro all’interno – spiega il Prof. Marco Navarra – , un libro che vuole affermare la circolarità come nota critica nell’intenzione di aggiustare il tiro laddove necessita. Il corpo elemento fondamentale della didattica e della formazione correlati ai work shop e laboratori con l’obiettivo di mettere al centro la costruzione come elemento i verifica del progetto stesso. Atmosphere richiama all’ambiente, all’aria come condizione fondamentale, come insegnare e imparare architettura oggi. Costruire un ambiente vuol dire moltiplicare gli stimoli e le attività transdisciplinare, aprirsi all’inaspettato in piena epoca di “learning”. Altro prodotto di Architettura è “In Ombre” numero 3 che traccia un resoconto dei corsi in atto alla SdS. “La Facoltà di Archi-

tettura apre a Siracusa nel 1997, prima di allora non è mai stato pubblicato un libro del genere – ammette il prof. Fabio Ghersi – Mettere insieme i risultati dei corsi è una idea che nasce nel 2008 per opera di alcuni studenti. Un lavoro svolto in supplenza a quello che dovrebbe assolvere la stessa Università in venti anni. Le riflessioni accolte dagli studenti che si accorgono che questo sistema educativo comporta ormai una multidisciplinarità, oltre ai lavori di progettazione e di altre materie classiche come il restauro o le tecniche di riqualificazione. Oggi in Architettura si studia anche lo spazio-teatro, la scenografia (laboratori tenuti dal prof. Vittorio Fiore). Dunque, “In Ombra” è un volume che esce fuori dallo stretto specifico della Scuola di Architettura, interamente finanziato dal Consorzio Universitario Archimede cosi come il nuovo portale della Facoltà ora finalmente in linea anche su smartphone grazie all’intervento dell’arch. Salvo Mezzasalma”. All’inaugurazione del nuovo anno accademico anche il presidente del Consorzio Universitario Roberto Meloni il quale ha confermato la vicinanza del rettore dell’ateneo catanese Pignataro al territorio siracusano. “Sono quasi alla fine del mio mandato quinquennale – ha esordito Meloni – e ho vissuto sempre la testimonianza di questo rapporto inscindibile tra scuola e territorio”. Il sovrintendente ai Beni Culturali Calogero Rizzuto porta la testimonianza di 17 anni di successi e di crescita della ex facoltà di Architettura a Siracusa. “Questa Scuola ha vinto ampiamente la scommessa più importante quella di puntare su docenti giovani – dice Rizzuto – avete avuto il merito di fare innamorare tanti giovani di questo mestiere. A mio avviso, occorre però rafforzare il rapporto tra enti pubblici e facoltà, dal canto nostro metteremo a disposizione degli studenti la “polvere” dei nostri cantieri. Ritengo che abbiamo bisogno l’uno dell’altro per dare finalmente risposte a questa provincia”.

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NOVEMBRE 2014 - Siracusa

Il maltempo ha messo a nudo le criticità di Siracusa. Tutte gravi La città è libera grazie al lavoro dei volontari della protezione civile. Al quartier generale di via Elorina si fa ancora la conta dei danni dopo i due giorni di allerta meteo. Adesso si dialoga con il Dipartimento regionale. Nessun danno a persone, ma l’ondata di maltempo dei giorni scorsi ha rappresentato comunque un buon banco di prova per il Comune, le squadre di primo soccorso, i volontari, la protezione civile, vigili del fuoco, polizia ambientale e municipale e forze dell’ordine tutte sino alla prefettura. Una task force che, per fortuna si muove una volta l’anno. L’ultimo evento importante fu quello dell’alluvione di settembre di due anni fa. Il codice rosso voluto dal sindaco di Siracusa, dopo aver sentito la protezione civile nazionale e regionale, è stato abbastanza criticato. Era il caso di creare tutto questo allarmismo o di chiudere addirittura le scuole per due giorni consecutivi? Prevenire è meglio che curare, si dirà. Ma il punto è un altro, semmai, Siracusa è realmente una città a prova d’acqua? E, soprattutto, la città ha il suo piano di protezione civile in caso di disastro ambientale o climatico? Intanto, la stima dei danni. Durante le due notti trascorse sono stati effettuati interventi su rete fognanti e delle acque bianche, sugli impianti semaforici, diversi i tombini saltati per la furia delle acque piovane e gli allagamenti oltre misura delle strade. Disagi anche al verde pubblico e privato che ha impedito a tratti la regolare viabilità urbana ed extraurbana con la caduta di alberi completamente sradicati dal vento a 90 nodi. Una furia così violenta che ha piegato anche l’acciaio della segnaletica verticale, i cartelloni pubblicitari, le insegne. Oltre 70 gli interventi eseguiti in 24 ore nel solo capoluogo dove si è paventato il passaggio di un ciclone proveniente dall’A-

frica ma che, fortunatamente, ha arrestato la sua corsa spaventosa al largo del porto grande confermando i 50 nodi di velocità. Una decina le squadre attrezzatissime di tutto punto intervenute anche nelle zone balneari, di competenza della ex Provincia Regionale, come Arenella e Plemmirio dove grossi tronchi d’albero hanno ostruito il passaggio al traffico veicolare locale. Un barcone si è incagliato sulle coste della Costa del Sole e ha impegnato la pilotina della Capitaneria di porto andata in perlustrazione. Un peschereccio fantasma, si dirà, nessuno a bordo solo un vecchio ricordo degli ultimi sbarchi che il vento ha spiaggiato. Interventi per allagamenti anche a Spinagallo e Cassibile, nella zona del Cimitero, in contrada Renaura, circondata da torrenti e guadi per fortuna non tracimati. Ma l’area dove si è concentrato il maggior sforzo della protezione civile è stata, come sempre, quella del villaggio Miano, continuamente monitorato passo dopo passo. Non è stata una novità l’allagamento del parcheggio

Talete dove agli homeless sono state consegnate delle coperte. A piazza San Giuseppe nel cuore del centro storico sono caduti dei pezzi di intonaco, una situazione raccapricciante che si presenterà purtroppo ad ogni angolo barocco di Ortigia mai abbastanza attenzionata e continuamente “offesa” dal vento e dagli attacchi dei marosi. Ma a questo punto, qual è il posto più sicuro in città nel caso sciagurato di calamità naturale, evento sismico? Sicuramente le aree più a nord, da Belvedere a Pizzuta. Paradossalmente, anche l’area dove si estende la protezione civile, Pantanelli, è la più sicura grazie agli interventi di bonifica effettuati alcuni anni fa dall’Agip. Di questi, è rimasto l’Eliporto, il motore di sollevamento in grado di respingere eventuali piene d’acqua. Nella stessa vasta area trovano dimora, più a est, l’imponente laboratorio scenografico dell’Inda (l’istituto pagherebbe 10 mila euro al Comune d’affitto l’anno), le varie associazioni di volontariato che collaborano in sinergia con la protezione civile ed il comune di

Siracusa, una decina, anch’esse corrisponderebbero al Comune un quid all’anno o al mese attingendo dai finanziamenti ottenuti dallo Stato e dalla Regione. Ma del vecchio quartiere generale della protezione civile di qualche anno fa non c’è più traccia. Dopo l’ultimo raid vandalico con conseguente razzia di computer, telefoni e quant’altro, sono rimaste soltanto macerie e tavolo vuoti, vecchi faldoni impolverati buttati a terra dove possibilmente ancora vi è scritta parte della storia di Siracusa, banconi distrutti, pareti malmesse, controsoffitti crollati. Tutto questo scempio rimane nel silenzio all’interno del recinto assieme ai perpetui “furti” di luce ai danni del Comune. “Tanto paga tutto Pantalone!” – esclama qualcuno che trova ancora il coraggio di indignarsi. Come c’è da indignarsi quando si parla di Piano di emergenza della città. Attualmente ne esistono soltanto tre, pubbliche edizioni: la prima risale al 1996, sindaco Marco Fatuzzo. La seconda è più recente, 2009, sindaco Titti Bufardeci, la terza nel 2011 sindaco

Roberto Visentin. Enzo Vinciullo, attuale deputato regionale, era assessore alla protezione civile nelle due ultime edizioni. Furono almeno 44mila le copie stampate da distribuire alle scuole e alla cittadinanza. Di queste, 25mila copie si trovano ancora stipate nei magazzini della protezione civile. A fargli compagnia, tutte le auto di proprietà del Comune orami dismesse, compresa la vecchia macchina blu, la Lancia Thema dell’ex sindaco Bufardeci in attesa di essere rottamata, le roulottes dei senzatetto del terremoto del 13 dicembre del ’90. Interessante, infine, sapere quanto costa al Comune e ai cittadini ogni anno questa macchina organizzativa. Vediamo le voci una per una: produttività al personale euro 4910; straordinario al personale euro 3000; retribuzione di risultato ad una persona euro 12090; indennità di disagio euro 560 (questo è un residuo di anni precedenti); contributi previdenziali al personale euro 50465; salario accessorio anni precedenti euro 2495; acquisto scorte di magazzino e beni di consumo euro 36000,00; spese generali di funzionamento dell’uff. di Protezione civile euro 5200; spese generali Enel (si riferisce a tutta l’area) 75000; spese telefoniche euro 15000; spese per la pulizia euro 4700; spese manutenzione impianti e immobili euro 1000. Per un totale approssimativo di 218mila euro. Come si evince chiaramente sono più i costi fissi. Per certi versi un ente in passivo se non fosse per le associazioni e l’Inda che sembrerebbero morosi da tempo, e recuperando cosi circa 20mila euro. questo è il dato del bilancio preventivo 2014, comprensivo dei residui di anni precedenti che, naturalmente, ancora deve essere approvato dal Consiglio Comunale. Ciò vuol dire che si sarebbe lavorato in dodicesimi fino ad oggi. Rosa Tomarchio

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NOVEMBRE 2014 - Redazionale

Provvedimento di sospensione dei termini da parte della Procura della Repubblica di Roma del 14/07/2014 L’assai rilevante provvedimento della Procura della Repubblica di Roma testimonia la grande attenzione ormai rivestita dal fenomeno dell’usura della banca nella banca e testimonia i grandi successi riportati dalla SDL e dai suoi avvocati. Così come evidenziato dalla Suprema Corte (Cass. Sezione 1, 12.12.2012, n.22756) il richiamato art. 20 della legge n. 44/99, nei commi da 1 a 4, mira ad offrire tutela alla vittima del reato di usura e di altri ad esso assimilati, intendendo bilanciare l’interesse del creditore all’adempimento con l’apprestamento delle condizioni di un’eccezionale verifica di nesso eziologico tra la difficoltà solutoria e la genesi criminale del debito, così da assicurare agevolazioni e provvidenze alle vittime. Essendo questo il significato del blocco dei termini sostanziali di scadenza da un lato e di quelli processuali d’altro, appare evidente che la tutela pubblicistica che lo Stato aggiunge in siffatto modo all’elargizione economica verso le vittime introduce un’alterazione nelle ordinarie relazioni civili intermediate anche con il processo, collocandosi - al di là della legislazione sociale

di sostegno in un quadro di prevalenza dell’interesse pubblico alla protezione di ogni situazione debitoria, d’impresa o meno, incisa anche indirettamente da tali reati. Con riferimento alle procedure fallimentari la giurisprudenza (v. Corte di Appello di Brescia, sez I, 10.03.2010 n. 736) ha ritenuto che la legge n. 44 del 1999, concernente il Fondo di Solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura, sia applicabile anche nelle cause fallimentari (in argomento, vedasi la recente apertura di Cass. 22.1.2009 n. 1613; fra le pronunce di merito, Trib. Ascoli Piceno 9.10.2008) e, in concreto, che possa essere disposta una sospensione dei termini di decadenza prevista dall’art. 20 dal giudicante durante la procedura “prefallimentare”, venendo così ad essere temporaneamente impedita la dichiarazione di fallimento per l’applicazione analogica alle

procedure pre-fallimentari dell’art. 20 legge n. 44/99, norma che dispone la sospensione dei termini delle procedure esecutive per tale arco temporale in favore di soggetti che abbiano chiesto l’erogazione delle provvidenze di cui alla legge medesima. Compete, in concreto, dunque al Giudice della procedura (Cass. 24.1.2007 n. 1496) e non già al Presidente del Tribunale, il puntuale contemperamento delle ragioni dell’istante, vittima di odioso reato, con gli opposti diritti e gli interessi dei creditori (tra cui non necessariamente solo coloro che hanno dato luogo al fatto delittuoso) come nell’ipotesi di deduzione di scadenze di termini loro pregiudizievoli.

La valutazione va effettuata -secondo la condivisa dottrina- tenendo in considerazione gli effetti della richiesta di elargizione prevista dagli artt. 3, 5, 6 e 8 della detta legge, ovvero di concessione del mutuo senza interesse di cui all’art. 14 della legge 7.3.1996 n. 108, od ancora l’elargizione prevista dall’art. 1 della legge20.10.1990 n. 302, che all’evidenza sono funzionali al pagamento dei debiti. La decisione, ove ricorrano i presupposti, nel corso della procedura prefallimentare, va presa poi a prescindere dal parere del Prefetto, non vincolante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.457 del 2005, pur verificando l’esito dell’istanza per l’ac-

cesso al Fondo di solidarietà per le vittime delle estorsioni e dell’usura presentata in Prefettura, dell’istruttoria esperita e l’avvenuto inoltro o meno della pratica all’Ufficio di supporto del Comitato di solidarietà per le vittime delle estorsioni e dell’usura. Dopo la concessione del “termine di sospensione” ed il decorso dello stesso, compete al Tribunale verificare se sia ancora in essere l’insolvenza e se sussistano tutti gli ulteriori presupposti normativamente richiesti per la dichiarazione del fallimento. Va escluso, dunque, che il verificarsi delle condizioni di legge per il conseguimento delle provvidenze di cui alla legge n.44/1999 possa, di per sé, determinare automaticamente una preclusione legale alla dichiarazione di fallimento, un differimento della pronuncia o l’eventuale revoca della stessa.

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NOVEMBRE 2014 - L’intervista

Sindaco Ferrante: “Sono orgoglioso dei risultati ottenuti finora” di Chi ar a B ua Alla guida del Comune di Adrano dal 2008, esponente di punta dell’NCD locale, il sindaco Pippo Ferrante ci ha accolti nel suo ufficio per parlare di alcuni temi di attualità che interessano da vicino i cittadini del comune etneo e tracciare un bilancio su quanto fatto finora. Sindaco Ferrante, ad oggi qual è lo stato della situazione rifiuti ad Adrano? Nell’ultimo periodo la situazione rifiuti all’interno del nostro paese è notevolmente migliorata, anche se sappiamo che quello dei rifiuti è un problema generalizzato all’intera isola. Per quanto ci riguarda, abbiamo vissuto un periodo difficile, soprattutto in estate, perché ci siamo ritrovati a subire le difficoltà operative in cui si trovava l’unica ditta che aveva partecipato alla gara d’appalto per l’assegnazione del servizio di raccolta dei rifiuti. Nonostante il netto miglioramento, però, il problema non è stato certamente risolto del tutto, perché si tratta di una questione che ovviamente si estende ben al di la del disservizio che i nostri cittadini hanno subito. Allargando l’orizzonte d’indagine salta subito all’occhio che la problematica più importante, e anche ormai più urgente, è legata alle discariche: ogni giorno scopriamo che sono legate ad associazioni malavitose, le gare d’appalto vengono disertate come se ci fosse un cartello che vieta alle società di farsi avanti. Siamo dentro ad un sistema che cerca di condizionare la politica e che vuole che il costo del servizio rimanga elevato. Sicuramente nessuno oggi possiede la soluzione magica per la gestione dei rifiuti, tra le varie idee che stiamo vagliando quella della gestione in house o diret-

ta ci sembra la migliore e per un motivo molto semplice: ci permetterebbe di togliere il servizio dalle mani di coloro che vogliono lucrare su questa attività. Inoltre questo metodo renderebbe possibile un effettivo taglio della spesa per il nostro ente, anche se i cittadini però non ne avrebbero comunque un effettivo beneficio, perché per ottenere una sgravio nelle bollette bisogna intervenire su altre voci, ossia le discariche e il personale. I comuni, infatti, dovrebbero avere l’autorizzazione di associarsi per avere la propria discarica a gestione pubblica e di poter gestire in maniera autonoma il personale. Quello che manca davvero è una normativa in merito, quindi la l’assemblea regionale dovrebbe occuparsi di questo: fare in modo che siano i Comuni a gestire le discariche e ad agire in maniera incisiva sul personale. Per liberarci dalle infiltrazioni che ci tengono in pugno, dobbiamo essere noi ad avere in mano le redini del gioco. Alla fine dello scorso mese, un comitato cittadino è sceso in piazza per protestare contro l’operato dell’amministrazione comunale in materia di rifiuti. Qual è il suo commento? Sono dell’idea che le manifestazioni vadano sempre rispettate, anche se in questo caso specifico la bontà delle intenzioni di chi l’ha organizzata andrebbe analizzata, visto che è stato sfruttato un malessere diffuso per scen-

Il sindaco Pippo Ferrante dere in piazza con in mente ben altri obiettivi che gli interessi dei cittadini. Se il loro obiettivo era quello di abbassare la tariffa sui rifiuti pagata dai cittadini di Adrano, allora forse non sanno che noi siamo l’unico paese nella provincia di Catania che per quest’anno ha fatto una riduzione del 20% della tariffa. Invece penso proprio che la loro sia stata una strumentalizzazione, si sono approfittati della buona fede delle persone per cercare di mettere in difficoltà il sottoscritto. Il loro, infatti, non può essere considerato un comitato civico, ossia un gruppo di cittadini riuniti senza alcun obiettivo politico, in quanto stiamo parlando di un comitato messo in piedi da un ex sindaco e da uno dei candidati all’incarico di primo cittadino alle scorse elezioni: è quindi chiaro che di civico non c’è nulla mentre invece c’è molto di politico. A quasi un anno e mezzo dalla sua rielezione, quali crede siano stati gli obiettivi, e i fallimenti, più importanti messi a segno dalla sua amministrazione? Sono sicuramente molto orgoglioso di poter dire di essere riuscito a raggiungere un obiettivo che ritengo storico per il comune di Adrano, ossia mette-

re in sicurezza tutte le scuole. Grazie ad un grande lavoro di progettazione fatto negli scorsi anni, siamo riusciti ad intercettare una serie di finanziamenti regionali, statali ed europei che ci metteranno, entro un anno, nelle condizioni di poter intervenire per mettere in sicurezza le nostre scuole. Inoltre mi ritengo particolarmente soddisfatto del fatto che il nostro Comune sia il primo in Sicilia per numero di finanziamenti ricevuti negli ultimi sei anni da parte della comunità europea: i bilanci dei Comuni ormai sono tali che non è più possibile pianificare, per cui tutto quello che riusciamo a fare lo dobbiamo a questi finanziamenti che vengono dall’esterno. Spesso ci può essere la volontà di intervenire su una strada o su un edificio, ma se non ci sono bandi che finanziano quel tipo di lavoro allora non possiamo fare nulla. Orami non siamo noi a decidere cosa possiamo fare, dobbiamo adeguarci a quelli che sono i bandi attivati dalla comunità europea o da altri enti e fare in modo di ottenere quanti più finanziamenti possibili per poter portare a termine tutti i lavori necessari al benessere della nostra città. Per quanto riguarda invece i fallimenti, non ritengo di aver fallito in qualcosa, perché con i pochi mezzi a disposizione credo che abbiamo fatto tutto quello che abbiamo potuto. Anche la questione dei rifiuti, che ripeto rimane un problema

irrisolto per tutta una serie di ragioni che non sono di nostra competenza, ritengo che abbiamo fatto quello che era in nostro potere di fare, e cioè mantenere fede all’impegno preso in campagna elettorale di ribassare del 20% il costo complessivo del servizio, e noi l’abbiamo fatto. Quali sono i progetti ai quali sta lavorando la sua giunta? In questi giorni siamo riusciti a completare una rassegna teatrale di tutto rispetto, abbiamo anche ottenuto un finanziamento per l’acquisto di un pullman da utilizzare per scopi turistici all’interno del nostro paese, mentre a dicembre inaugureremo l’area mercatale all’interno della villa comunale. Il dipartimento dei servizi sociali, invece, sta portando avanti un progetto di pubblica utilità in favore degli anziani e dei disabili: un centro di accesso che si occupa di assistenza nei confronti delle due categorie in oggetto anche a domicilio. A breve saremo in grado di garantire sia la presenza di un’automobile che di un pulmino per permette ai cittadini che ne fanno richiesta di poter usufruire di un servizio di accompagnamento. Gli uffici del centro di accesso si trovano in via Duca di Misterbianco e coloro che hanno bisogno di assistenza possono chiamare il numero apposito a cui risponderà un operatore che provvederà ad inviare l’auto per poter permettere all’anziano o al disabile di andare a fare una visita medica, piuttosto che andare in farmacia o ad acquistare le medicine. Ritengo che sia un’iniziativa di rilievo sociale più che meritevole, in un momento storico in cui troppo spesso, purtroppo, i nostri anziani sono abbandonati a loro stessi.

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La pagina delle rubriche

(Ma in quale mondo viviamo?) L’1 per cento Debito pubblico e sovranità monetaria in Italia di Maurizio Ballistreri ha i soldi di tutti

Il mainstream per giustificare il ruolo decisivo svolto dall’euro per impoverire gli italiani, diffonde la falsa idea che la moneta unica ha salvato l’Italia dalla bancarotta provocata dal debito pubblico, generato dalla politica. Non vi è dubbio che buona parte del nostro debito sovrano derivi dalle scellerate politiche clientelari e assistenziali tra gli anni Settanta e Ottanta del ‘900, che non furono frutto, però, solo dell’azione dei governi di quel periodo, ma in buona parte anche delle intese consociative con l’opposizione comunista: Dc, Psi e forze laiche da una parte, Pci dall’altra erano sempre d’accordo in nome della spesa pubblica senza freni. A tal proposito bisogna sfatare un primo luogo comune, derivante dalla dittatura, quasi di stampo orwelliano, imposta dal conformismo dei media nazionali: il debito pubblico negli anni ’80 era dell’84,5% sul prodotto interno lordo; oggi, dopo anni di tagli alle politiche sociali, di riduzione del potere d’acquisto delle fasce più deboli della società italiana, di ulteriore marginalizzazione del Mezzogiorno, di aumento esponenziale della tassazione (che sugli immobili è divenuta una vera e propria patrimoniale permanente!), in nome dell’Europa e dei

Da

banchieri, il debito sovrano è pari al 130%! E allora c’è bisogno di un’operazione verità sui conti pubblici, per spazzare via i luoghi comuni e ripristinare la verità storica. Nonostante le dissennate politiche economiche della prima Repubblica, sino al 1981 il debito pubblico era stato tenuto sotto controllo. Infatti, con la riforma del mercato dei Bot (titoli di durata fino ad un anno, emessi dal governo italiano) del 1975, la Banca Italia era costretta ad acquistare in prima emissione tutti i titoli che il Tesoro non collocava sul mercato, finanziando quindi lo stesso con nuova moneta emessa. In questa maniera, utilizzando la tipica sovranità di uno Stato in materia monetaria, il Tesoro riuscì a mantenere in quel periodo bassi tassi di interesse per finanziare il disavanzo pubblico e, al tempo stesso, di tenere la lira svalutata rispetto alle valute dei paesi più industrializzati, sostenendo le nostre esportazioni. Nel luglio del 1981 però, si verificò un evento molto importante nella storia dell’economia nazionale, quello che è stato definito il “divorzio” tra Bankitalia e il Ministero del Tesoro, retto all’epoca da Benianimo Andreatta, il cui “allievo” è oggi Enrico Letta. Illuminante, a tal proposito, è la “Relazione Annuale” per il 1980 dell’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi all’inizio del suo mandato, che per contrastare l’alta inflazione dell’epoca (derivante in realtà dal continuo aumento dei prezzi petroliferi), sostenne la necessità di una politica monetaria restrittiva, funzionale agli accordi del Sistema Monetario Europeo, un sistema a cambi semifissi con le altre valute europee che il nostro paese sottoscrisse nel 1979. A seguito della separazione tra Banca d’Italia e Ministero del

Tesoro, il nostro istituto centrale di emissione (già da tempo privatizzato di fatto, visto che il suo capitale è partecipato tutt’oggi dalle principali banche come Unicredit, Banca Intesa e Montepaschi di Siena, mentre solo il 5% della proprietà appartiene ad enti pubblici) non fu più costretta ad acquistare in asta primaria i titoli invenduti e si sviluppò in forma esponenziale il debito pubblico, con la sistematica speculazione posta in essere dagli operatori finanziari che portò i rendimenti a tassi superiori al 12%, I protagonisti di tale scelta sbagliata furono in seguito coerenti: Ciampi da presidente del Consiglio e poi ministro del Tesoro del governo Prodi (prima di ascendere al Quirinale) nell’adesione entusiastica e incondizionata all’euro; Andreatta da esponente di spicco della corrente di De Mita ed economista, che suggerì la svolta tecnocratica e rigorista dello “statista” di Nusco, conclusasi con la disfatta nelle elezioni politiche del 26 giugno 1983 e l’avvento a Palazzo Chigi di Bettino Craxi. La sciagurata decisione del 1981 è senza dubbio la principale responsabile della crescita senza freni del debito pubblico in Italia, poiché dal quel momento, ad una politica di controllo del sistema monetario (con tassi sul debito inferiori al tasso d’inflazione in grado quindi di ridurre il debito complessivo) si sostituì una condizione strutturale di tassi d’interesse sul debito sempre crescenti, di molto superiori al tasso d’inflazione del periodo. L’euro si pone oggettivamente come il punto d’arrivo di quella visione economica monetarista, che ha minato la sovranità economica dello Stato italiano e con essa la stessa democrazia, distruggendo il benessere del Paese.

di Enzo Trantino “Tra il 2009 e il 2010, il 93 per cento dei profitti economici è finito in potere dell’1 per cento della popolazione”. L’annuncio sancisce una crudele realtà socio-economica che non sorprende gli addetti ai lavori e annichilisce chi ne è lontano. Ma c’è qualcosa che spaventa di più. E’ l’ironico cinismo del comunicato, dove i padroni del mondo (1, ogni cento disgraziati) vengono definiti “popolazione”, cioè iscritti all’anagrafe, occupanti in chiesa una sedia vicino alla tua, e, infine accomunati nei funerali, anche se “in differita”. Il risultato immorale è che tu non sai, essendo uno dei 99, chi sia il centesimo che dispone anche del tuo destino, determinando la “borsa” e i governi, le guerre nel mondo, e persino la durata della tua vita, se, stuprando l’ambiente, decide per i propri “profitti” di farti respirare catrame, avvelenare i pesci, intisichire i fiori, sporcare cielo, terra e mare. “E’ storia di sempre”, scriverà la cultura della rassegnazione. Ma se un visionario pensasse a una rivoluzione non violenta (i poveri non possono finanziare neppure… i debiti:perciò nessuno tema), tale da costringere all’ “adozione” obbligatoria, costringendo l’1 e i suoi pari ad adottare tutti i 99 moltiplicati, si avrebbe finalmente giustizia? La risposta è desolante: impossibile! Perché non conosciamo i pochi 1 per cento. Sono quasi tutti nascosti tra i nullatenenti, si mischiano in società anonime, non li trovi neppure in Paradiso, in quanto non hanno tentato di corrompere S. Pietro, avendo qui, in terra, i loro paradisi, quelli artificiali, dove, attraverso l’etere, spostano miliardi senza volti, mura e indirizzi, e poi quando devono fare i mortali tra i mortali, si schierano con le rivendicazioni dei poveri, i quali, rincitrulliti dai bisogni, possibilmente li acclamano, esibendo, lorsignori modeste utilitarie e dando spiccioli di mance o negandoli, se questo può generare sospetti. Ci sarà sempre il solito cretino a dire: “anche loro muoiono”… Il problema è: come vive il 99? Questo sfogo non ha nulla di originale ma un pubblico dovere al prorompente sdegno. Nasce da quelle immagini televisive ripetute dei bambini di colore con pance gonfie d’aria e di morte, che forse faranno dire all’anonimo “signor uno”: “ma non vedi come stanno bene. Sono a stomaco sempre pieno…”. Non auguriamo questo… benessere ai piccoli delle loro famiglie. I quali sono innocenti perché senza colpa. Nella speranza che siano meno volgari coi 99, i quali, come formiche impazzite, si dibattono litigando per il chicco che trasportano a fatica Sempre che il tosatore (quello che impone le tasse) non stabilisca nuovi balzelli per il trasporto abusivo, o, peggio, denunciaquerela per appropriazione indebita in danno dell’1, a cui spetta la presunzione di proprietà del chicco. La giustizia è giustizia; non guarda in faccia nessuno.

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“Il consiglio d’Egitto”, spettacolo allegorico salutato da scroscianti applausi d i L e lla Ba t t ia t o Debutta al teatro ABC di Catania per la quinta stagione di prosa “Turi Ferro” la prima nazionale de “Il Consiglio d’Egitto”, prodotto dall’Associazione Culturale ABC, con la regia di Guglielmo Ferro commedia ambientata nella Sicilia Borbonica, tratta dal libro di Leonardo Sciascia, pubblicato nel 1963, è in certo modo l’archetipo, e il più celebrato, fra i romanzi-apologhi di Sciascia, dove lo sfondo storico della vicenda si anima fino a diventare una scena allegorica, che in questo caso accenna alla storia tutta della Sicilia. Sei titoli, 24 rappresentazioni, da novembre ad aprile, con una proposta variegata e interessante, gradita e premiata dal pubblico. Ad aprire il mattatore Enrico Guarneri protagonista dello spettacolo, attorniato da un cast di livello che sa dare risalto a tutte le figure, la cui versatilità artistica ormai è una conferma di grande spessore, e Guglielmo Ferro, regista innovativo nel rispetto della tradizione, sono i punti fermi della nuova stagione. La pièce è ambientata a Palermo nell’ultimo scorcio del Settecento. Sullo sfondo di una società reazionaria l’abate Vella, maltese, che trova in Guarneri l’interprete ideale, sfruttando a proprio vantaggio il naufragio dell’ambasciatore marocchino Abdallah Mohamed Ben Olman, comincia così a tradurre il ”Consiglio d’Egitto”, un antico codice arabo che cancella ogni privilegio baronale e restituisce alla Real Maestà di Napoli il pieno potere sull’isola. L’apprensione comincia a serpeggiare fra l’aristocrazia isolana. Cresce la fama del “Grande Vella”, della sua sorte si interessa persino il Papa e tutto

L’attore Enrico Guarneri e il regista dello spettacolo Il consiglio d’Egitto, Guglielmo Ferro si gioca su una bugia. Ma è un bluff: l’abate non conosce l’arabo, il manoscritto che finge di tradurre è una vita del Profeta e il suo è un atto di geniale piaggeria che spera di innescare nell’isola un moto rivoluzionario. La messa in scena e la chiave registica dinamica che sollecita la struttura narrativa, vertono su un assunto ‘’pirandelliano’’: la verità può apparire confusa e la menzogna, per contro, può assumerne le sembianze. Lo spettacolo diventa così metafora del presente, di un mondo alterato dall’impostura, ma in cui la ragione tenta caparbiamente di difendere la dignità dell’uomo e dar forza al pensiero. Vella è un truffatore in cui cova la ribellione e Guarneri ne sottolinea la furbizia, il regista porta in scena il tempo in cui viviamo e il pubblico sta al centro dell’evento teatrale, lo spettacolo si presta sempre, nonostante siano passati

parecchi anni, a nuove chiavi di lettura. “La grande attualità del testo, in questa fase storica, come sottolinea Guglielmo Ferro, testimonia una Sicilia metafora di se stessa, poiché in Sicilia il potere si rigenera: o se ne fa parte o si viene schiacciati. È una sorta di grande allegoria che, partendo da fatti realmente accaduti nella nostra isola nella fine del XVIII secolo, si apre in un grande affresco nel quale prendono corpo i sentimenti estremi della Sicilia. Un universo nel quale la morte indossa la maschera della vita e viceversa. Questo testo racchiude il più grande Sciascia, punto di riferimento per altre massime espressioni della letteratura isolana, come Bufalino e Consolo”. Enrico Guarneri ha, invece, “scoperto” un ruolo e una storia bellissima che non conosceva. Pagina dopo pagina ha assimilato un romanzo meraviglioso

tanto da trasformarsi in un abate Vella dal quale fa emergere tantissime sfumature, dall’ironia alla furbizia. “Fondamentale è stata la capacità registica di Ferro per dare naturalezza alla mia interpretazione”, ha dichiarato Guarneri. Da sottolineare il doppio personaggio di Rosario Minardi nei ruoli dell’avvocato Di Blasi e Vincenzo Volo“la menzogna è

più forte della verità”. Applaudita, Francesca Ferro nel ruolo di simbolo dell’aristocrazia, uno straordinario personaggio femminile che insieme ad Ileana Rigano usano un registro linguistico eccentrico e loquace. Le scene sono di Salvo Manciagli, i costumi di Riccardo Cappello, una rappresentazione originale che ha strappato applausi meritatissimi.

Personaggi e interpreti Sul palco del Teatro ABC di Catania, un cast composto da dieci attori: Enrico Guarneri (Don Vella), Ileana Rigano (Principessa di Serradifalco), Francesca Ferro (Contessa di Regalpetra), Rosario Minardi (Avvocato Di Blasi), Vincenzo Volo (Camilleri), Rosario Marco Amato (Abate Meli), Pietro Barbaro (Monsignor Airoldi), Ciccio Abela (Conte di Regalpetra), Gianni Fontanarosa (Ambasciatore), Mario Sapienza (Hager). Le scene sono di Salvo Manciagli, i costumi di Riccardo Cappello.

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Il giardino dei ciliegi: riparte la stagione dello Stabile d i Al d o M a t t ina Si è appena iniziata la Stagione 2014-15 del Teatro Stabile di Catania. In scena ‘Il giardino dei ciliegi’, affresco di grande respiro della Russia di fine Ottocento scritto da Anton Cechov nel 1903, un anno prima della morte. Alla conferenza stampa di presentazione dello spettacolo inaugurale c’erano tutti, dal regista Giuseppe Dipasquale (che è anche il direttore artistico del teatro stabile) ai protagonisti: Magda Mercatali e Pippo Pattavina, ma anche Guia Jelo e i numerosissimi componenti della compagnia che prevede anche la partecipazione degli allievi del IV anno della Scuola d’Arte drammatica “Umberto Spadaro”, lo scenografo Antonio Fiorentino, il musicista Germano Mazzucchetti, la coreografa Donatella Capraro; Insomma un vero e proprio ‘colossal’. Quasi la sigla per una stagione che si preannunzia più intensa che mai; ci si chiede, infatti, come possa un teatro che vive una fase di grandi difficoltà economiche (in linea con l’attuale scenario di crisi) programmare ben 27 titoli. Ma tant’è. E’ vero che le sale impiegate dallo Stabile sono due, Verga e

Milazzo, Mercatali, Dipasquale e Pattavina. A destra la locandina Musco, ma sembra quasi che i due teatri vivano una schizofrenica attività che li porta a fare concorrenza a loro stessi; o forse la risposta del pubblico è talmente forte da potersi distribuire, scegliendo, tra le multiformi proposte offerte dallo Stabile, peraltro con diverse e variegate connotazioni. Il giardino dei ciliegi si replica al Verga fino al 7 dicembre, mentre in contemporanea il Musco propone ‘La città di plastica nel giardino dei sogni’ di Silvia Resta e Francesco Zarzana, poi nello stesso mese di dicembre sono previsti altri 6 spettacoli; al Verga: ‘L’ispettore generale’ di Gogol’(Produzione teatro

Stabile del Veneto, teatro Stabile dell’Umbria), ‘Finis Terrae’ di Gianni Clementi, con Nicola Pistoia e Paolo Triestino, ‘Il bell’Antonio’ di Brancati con Andrea Giordana e Giancarlo Zanetti. Al Musco: ‘Cloture de l’amour’ testo e regia di Pascal Rambert, con Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi, ‘La Centona’ di Martoglio, per la regia di Gianni Scuto con Nellina Laganà, ‘Passione’ di Giovanni Testori con Maddalena Crippa. Poi, ad anno nuovo si prosegue con immutato ritmo, sia con le produzioni dello Stabile, ‘Good People’di David Lindsay-Abaire, proposta per la prima volta in Italia nella recentissima tradu-

zione di Roberto Andò e Marco Perisse, per la regia dello stesso Andò, ‘Socrate’ di Vincenzo Cerami, per la regia di Ezio Donato con Pippo Pattavina protagonista, ‘Foemina Ridens’ di Pippo Fava con Miko Magistro e Guia Jelo (questi due ultimi spettacoli sono delle riproposizioni), ‘Clitemnestra’ di Vincenzo Perrotta con Anna Bonaiuto (in coproduzione col teatro Biondo Stabile di Palermo), sia con gli spettacoli ospiti, una sequela di titoli ‘classici’che rappresentano le migliori produzioni ‘di giro’: da ‘Enrico IV’ di Pirandello (diretto e interpretato da Franco Branciaroli) a ‘L’importanza di chiamarsi Ernesto’ di Oscar Wilde

(Geppy Gleijeses), da ‘Il ritorno a casa’ di Harold Pinter, con la prestigiosa regia di Peter Stein, ad ‘Aspettando Godot di Samuel Beckett (per la regia di Scaparro) fino a ‘Prima del silenzio’ di Giuseppe Patroni Griffi, con Leo Gullotta e Paola Gassman; tutte produzioni in scena al Verga. Al Musco la seconda stagione denominata “L’isola del teatro” propone oltre ai tre già citati, una lunga sequenza di spettacoli. Ci limiteremo, per intanto, a citarne solamente i titoli: ‘La volata di Calò’(Savatteri), ‘Alla meta’(Bernhard), ‘Crollasse il mondo’(Farau), ‘Trainspotting’(Welsh- Boyle), ‘Nastienka e il cantore’(Rilke), ‘Some Girl(s)’(La Bute), ‘L’indecenza’(Seminara), ‘Paolo Ciulla storia fantastica di un falsario’(Arriva), ‘Il compleanno’(Pinter), ‘Natale in casa Cupiello’(De Filippo). Sono previste diverse soluzioni di abbonamento sia al Verga (con 5 spettacoli fissi e 3 a scelta), sia al Musco (da 3 a 10 spettacoli). Lo Stabile sta inoltre organizzando la prima edizione del Premio di Drammaturgia (per under 35) dedicata alla memoria di Mario Giusti, storico fondatore del teatro.

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Il libro della settimana

Il teatro di ispirazione religiosa secondo Vincenzo Arnome di Giovanni Vecchio “Come Dio si muove sul palcoscenico” di Vincenzo Arnone (Ladolfi Editore, Borgomanero-Novara, 2013) è un’opera che comprende due monologhi “Adamo” ed “Eva”, un dialogo tra sante (Agata, Agnese, Lucia e Cecilia), un atto unico “Io, Pirandello Luigi”, un dramma in tre atti “Savonarola” e una nota critica finale che porta lo stesso titolo del libro. L’autore, nativo di Favara (AG), abita in provincia di Firenze; laureato in lettere moderne all’università “La Sapienza” di Roma, si occupa di tematiche letterarie e religiose, di saggistica e narrativa ed ha al suo attivo decine di pubblicazioni. Ha scritto e rappresentato, per quanto riguarda il teatro, sette testi. Quelli dei quali ci occupiamo in questa recensione presentano certamente delle connotazioni per certi versi inedite rispetto alla prevalenza dei testi in circolazione in quanto intendono far giungere al lettore e, soprattutto, allo spettatore, un messaggio di ispirazione cristiana altrimenti non facilmente veicolabile. La drammaturgia consente, infatti, di dare forza espressiva e di toccare diversi “tasti” che vanno dalla ragione al sentimento alle emozioni sincere e profonde dell’animo umano. Afferma l’autore che il suo teatro “è religioso sia nell’accezione più vasta e profonda da abbracciare tutte le domande radicali dell’uomo e sia in quella più determinante e precisa cristiana; un campo, si direbbe, riduttivo, ma a un tempo immenso nelle sue sollecitazioni e negli stimoli culturali, letterari e spirituali, come espressione di ciò che è inesprimibile”. Nel “Dialogo fra Sante” vengono rievocate la vita e il martirio dei primi cristiani e risulta inedito questo accostamento relazionale tra le quattro figure femminili con l’apporto del coro e del pastore della chiesa catanese Everio. Notevole ci sembra l’atto unico “Io, Pirandello Luigi”, che ci presenta lo scrittore e drammaturgo siciliano nella parte

Luigi Zanda - Avvocato, classe 1942, seguace di Francesco Cossiga, noto agli addetti ai lavori come il più cupo e cipiglioso capogruppo che il Pci-Pds-DsPd abbia mai acclamato al Senato: è Luigi Zanda; ma alzi la mano chi lo sapeva membro del consiglio d’amministrazione della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, via San Vitale 114, Bologna. La fondazione di cui è membro Luigi Zanda – capogruppo Pd al Senato, ricordiamolo, di rito renziano ed ex Margherita – mercoledì ha portato a casa il via libera del Senato per un finanziamento di 426.245 euro. Con buona pace di chi già grida all’”evidente conflitto d’interessi”. 2 - In conflitto di interessi...

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Giulia Innocenzi – La giornalista (bocciata agli esami di abilitazione professionale!), conduttrice di Anno Uno, fidanzata del comico Pif e “nel cuore” di Michele Santoro, graziosa e tutta politically correct, nel corso dell’ultima trasmissione ha avuto una terribile caduta di stile: ha fatto esibire le Femen che con parole e gesti volgari hanno attaccato il Papa, per stigmatizzare la sua pericolosa presenza a Strasburgo, dove parlerà al Parlamento europeo! Da difendere il diritto di opinione ma cosa c’entra la polemica politica e culturale con il trivio? 3 – fuori luogo (…e fuori onda!) Matteo Renzi/Silvio Berlusconi – D’accordo sulle riforme costituzionali e la legge elettorale e “in guerra” sulla costituzione del Governo nel processo al Cavaliere per le escort, il presidente del Consiglio Matteo Renzi e l’ex premier Silvio Berlusconi sembrano Totò e Peppino, Stanlio e Ollio, Billy e Riva, Bibì e Bibò, Gianni e Pinotto, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Ficarra e Pinotto o forse come “i ladri di Pisa” che andavano a rubare insieme durante la notte e poi litigavano fra loro tutto il giorno per dividere il bottino”. 0 – ridicoli (e furbi….)

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Angela Merkel - La Ddr, la Repubblica democratica tedesca, è stato uno “stato ingiusto, un regime di proprietà dell’ideologia”. Così, la “Cancelliera di ferro” il giorno delle celebrazioni del crollo del Muro di Berlino. “Bene, brava, sette più” avrebbero detto Cochi e Renato, peccato che Angela Merkel era attivista comunista nella Ddr! 2 – riverniciata

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Nicolò Marino – “Crocetta è condizionato dall’ingerenza di esponenti di Confindustria che continuano a garantirsi delle situazioni di vantaggio con il mero biglietto da visita dell’antimafia, privo di sostanza, e con il placet di parti della maggioranza e del Pd”. Così Nicolò Marino, ex assessore ai Rifiuti “dimissionato” dal governatore e oggi presidente di sezione del Tribunale penale di Roma, intervenuto duramente sul sistema delle discariche in Sicilia: un j’accuse contro Crocetta, il sen. Lumia e i confindustriali Ivan Lo Bello e Antonello Montante. 7 – coraggioso, contro la “mafia dell’antimafia”

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Giampiero Mughini – Mughini, il vulcanico e un po’ stravagante giornalista e scrittore è nato a Catania ma le sue parole durante una trasmissione sportiva su Italia 1 sembrano schizzi di fango sulla sua Isola. “Non è con le spiagge e i fichi d’India che costruisci una vita e un lavoro”, e ancora “quando io da ragazzo sono andato a Parigi, ho detto: Era qui che dovevo nascere, altro che il mare siciliano….”. 0 – siculo rinnegato

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di S par tacus

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I nostri voti

finale della sua vita quando, dopo aver vissuto tante esperienze amare ed esaltanti e aver viaggiato per il mondo, ritorna a Girgenti e si incontra in un’osteria con tre persone del popolo e lo stesso oste, molto diversi da lui non solo nel vestire e nel portamento, ma anche e soprattutto nel modello di vita che adottano. In una conversazione inevitabile nel piccolo locale egli rievoca le vicende della sua vita e conclude con questo monologo: “Ho sempre viaggiato, chiamato di qua e di là e come esortato a mantenere un obbligo che avessi contratto senz’essermene accorto … ora il cerchio si va restringendo … mi sto perdendo oltre i confini della mia forma … al Caos, al Caos …”. Molto interessante e innovativa questa pièce. Davvero notevole anche il dramma in tre atti “Savonarola” nel quale fra’ Gerolamo Savonarola è presentato nel contesto dell’epoca con i personaggi della Firenze del Cinquecento, da Lorenzo Il Magnifico a Sandro Botticelli fino ai frati e altre umili figure, ma anche il papato di Alessandro VI e i suoi messi nonché tanti popolani. E’ un’opera che fa rivivere lo slancio del predicatore fervente e lo scontro con il potere temporale ed ecclesiastico che non accetta le sue denunce forti e dirompenti, fino all’impiccagione del protagonista e il rogo del suo corpo, ricercati dallo stesso ad imitazione del Cristo percosso e crocifisso. Potente la carica drammatica e l’impatto sul pubblico. L’autore ammette che “il mettere mano a un’opera porta sempre un po’ di trepidazione per quella sorta di coscienza di incapacità che si ha di fronte a un’idea grande che sovrasta. Ma prevale sempre una specie di rischio … poetico”. Ci sembra che l’opera di Arnone si possa inserire degnamente tra quelle di Fabbri o Turoldo e le più recenti di Leonardo Mello, che hanno dato un’impronta significativa al teatro di ispirazione cristiana.

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Cioccolattini

Maria ha comperato ai suoi tre figli, Luca, Mario e Andrea, un cofanetto di cioccolattini. Luca apre il cofanetto ancora incartato e prende 1/3 dei cioccolattini in esso contenuti. Marco ne prende 1/4 di quelli rimasti mentre Andrea, a sua volta, ne prende la metà. Se nel cofanetto rimangono 11 cioccolattini, quanti ce n’erano all’inizio?

Somme

È data la somma riportata in figura. B 7 7 A + B A C + B C C 2 = __________________ 1 3 A 6 0

Penne e matite

Luca è andato due volte in cartoleria. La prima volta ha comperato 2 penne e 3 matite e ha speso 16 euro. La seconda volta ha speso 10 euro per una penna e 2 matite. Qual è il prezzo unitario delle penne e quale quello delle matite?

Trovate A, B e C non nulli per i quali è soddisfatta la suddetta somma.

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Numeri a quattro cifre: 1248; Divisibilità : 1235; Multipli: 226711, 203711

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Hunter games

Vita, morte, dolore… incomprensibili stati dell’essere

Un film di Gary Ross. Con Lenny Kravitz, Jennifer Lawrence, Elizabeth Banks, Woody Harrelson, Brooke Bundy

di Danila Intelisano

Tra gli obiettivi fondamentali di una saga, un posto d’onore è occupato dal cruccio di inseguire il respiro del mondo e di trasformare le storie individuali nell’epopea certa della collettività. Non fa differenza in questo senso il terzo episodio, diviso in due parti per pure esigenze commerciali, della trilogia firmata da Suzanne Collins. Rispetto ai capitoli precedenti, Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte 1 è però il film della trasformazione. A cambiare, nel lavoro firmato da Francis Lawrence, è la struttura portante dell’arco narrativo. Qui, la lotta per la sopravvivenza personale durante i terribili giochi di Capitol City diventa la guerra dell’intero regno di Panem contro un potere opprimente e crudele. Ma il film, invece di puntare tutto sul discorso corale e sull’azione, retrocede negli spazi claustrofobici del Distretto 13 e si perde nei tratti sentimentalistici della storia d’amore tra Katniss e Peeta fino a incagliarsi nel sovraffollamento di una decina di nuovi personaggi, tra cui la presidentessa Alma Coin (Julianne Moore), che riempiono la scena senza che sia il ritratto collettivo a trarne in qualche modo giovamento. Debole risulta anche uno degli aspetti più divertenti dei capitoli precedenti; quello della critica sociale al sistema di manipolazione mediatica. L’irriverente e rocambolesco ritratto del potere dei media lascia il posto a una tiepida riflessione sull’importanza della comunicazione anche per i ribelli e risolta in alcune scene fredde e meccaniche prive di qualsiasi originalità. Non tutto è perduto, tuttavia. Le scene d’azione passano la prova della dimensione globale con momenti alla disaster movie e un’ambientazione thriller che sembra quasi omaggiare le atmosfere di spionaggio del pluripremiato Zero Dark Thirty.

Non sappiamo cosa siano la vita e la morte. Figuriamoci il dolore! Non conosciamo perché un essere umano, anche dopo tanti anni, può risvegliarsi da un coma e altri sono destinati ad un misterioso silenzio, parziale o definitivo. Per tanti l’eutanasia appare come la liberazione dal potente nemico; il dolore per se stessi e per i congiunti. Ma anche la sicurezza che la vita appartiene solo ai sensi. E’ coraggio? Paura? Ignoranza? Sicuramente ogni giudizio, come ogni certezza, sono vani. Ma non la libertà! E allora, non me ne vogliate se anche io aggiungo un ulteriore ingrediente all’indigesto pasto. Vi è forse una parte di noi che va oltre la considerazione del corpo e che l’uomo si ostina ad ignorare? Per cui Eluana Englaro doveva essere accettata, fino alla fine, nel suo stato? E Brittany, la ragazza americana colpita da un cancro, avrebbe potuto trascorrere ancora del tempo con se stessa, per comprendere il senso della sua sofferenza? Esiste qualcosa che l’uomo non può controllare e dunque non considera? E se il coma, come ogni altro dolore, avesse un senso che oltrepassa i sensi? Non ci giro più intorno. E se l’anima, depositaria di ricordi, di esigenze e di consapevolezze, fosse uno dei massimi esponenti della coscienza e della conoscenza e le nostre paure interrompessero un cammino che deve essere considerato un valore così come si manifesta? Cosmo hai pensato al senso del dolore? “La libertà è sacra. Ma si potrebbe anche ipotizzare che un percorso drammatico può essere il mezzo riparatore e restauratore, sia per chi tace, sia per chi osserva. Il silenzio del veicolo fisico non prevede né la passività, né la fine della totalità di un essere, che può esplicitare, proprio in quell’esperienza, una sosta costruttiva per se stesso e per chi lo assiste. E allora cosa vuole dirci un dolore? E di cosa vuole parlarci la nostra paura? L’eutanasia, che é considerata il diritto di interrompere una sofferenza inutile e inconcepibile, per altri é un cammino da accudire, amare e rispettare fino all’ultimo capitolo.”

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