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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 40 anno IX - 8 novembre 2014 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Il Crocetta ter sancisce un fallimento d i Fabio Tra cuzzi Leggere la lista dei nuovi assessori non serve proprio a nulla. Uno vale l’altro. Forse uno più bravo, forse uno meno, forse uno bravissimo e forse uno assolutamente incapace (e di questi i precedenti governi Crocetta ne ha messi in vetrina più di uno). Il punto di vista sul Crocetta ter può e deve essere solo politico. E politicamente parlando non c’è dubbio che questo terzo governo del governatore,purtroppo, in carica (senza contare tutti gli assessori che via via sono stati fatti fuori) è l’ennesima conferma del totale fallimento di Crocetta e dei suoi proclami. Lui sarebbe stato diverso, lui avrebbe cambiato il modo di fare politica, lui avrebbe sconfitto le logiche dei partiti, lui non avrebbe accettato ricatti dai partiti, lui avrebbe riavvicinato i siciliani alla politica restituendo loro dignità coraggio e lavoro. Tutte balle. Crocetta non è riuscito a mantenere la schiena dritta su nessuno degli impegni da lui presi con i suoi elettori. Ma questo lo avevamo capito da subito e abbiamo avuto il coraggio, in pochi tra tanti, di dirlo subito. Se avesse avuto, il signor Rosario Crocetta da Gela, un po’ di dignità, umana e politica, non avrebbe accettato il ricatto del Pd, e avrebbe tolto il disturbo. continua a pag 12

Catania

Siracusa

Una città in mano a vandali e baby gang

Il prefetto spiega i problemi della città

Servizi

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La sommatoria negativa delle emergenze catanesi di Giuliano Busà

Esistono dei parametri oggettivi per stabilire la vivibilità di una città? E cosa si intende per vivibile? Troppo difficili e contaminabili da soggettivismo, queste domande – diciamocelo – lasciano il tempo che trovano. Più che tentare di equiparare situazioni e contesti diversi, trovando una chiave di lettura buona per ogni circostanza, per analizzare ciò che nell’ultimo periodo Catania è, ahinoi, diventata in termini di vivibilità, ci è sufficiente sommare i tanti addendi che, sotto forma di pessime notizie (ma sarebbe sufficiente girare per la città armati di taccuino o macchina fotografica per rendersene conto, anche senza leggere un giornale), portano ad un risultato desolante, vicino all’oggettività proprio per il suddetto richiamo matematico del metodo. Partiamo dalla fine, da quella che dovrebbe essere la ciliegina sulla torta della vivibilità che stiamo provando a disegnare. Può dirsi vivibile una città che non incoraggia, non investe e non tutela i propri operatori della cultura? Le maestranze del Teatro Bellini sono ancora in agitazione, ormai perenne, e continuano ad ammonire – senza che peraltro nessuno dia una risposta adeguata – alla città, disperati: “Un popolo senza teatro è un popolo morto”. Lo striscione che campeggia sul tetto del teatro massimo catanese è ormai un must ed è anche una summa di quanto la cultura sia relegata a settore di second’ordine, uno dei primi a subire i pesanti tagli regionali e comunali imposti dalla spending review e da un passato fatto di immotivati e scellerati bagordi economici. Dal tetto, durante un pomeriggio di passione e di terrore durante il quale uno dei lavoratori del teatro ha minacciato di darsi alle fiamme, le maestranze hanno adesso deciso di occupare il palco, non impedendo tuttavia la messa in

Il ragazzo accoltellato nei giorni scorsi in centro a Catania

scena della prima di “Capuleti e Montecchi”, per volere e per intervento del sindaco in persona, il quale pure in qualità di presidente del Consiglio d’Amministrazione del Teatro Massimo continua a piangere lacrime palermitane e a non trovare una soluzione. E oltre al principale teatro cittadino, anche per il “Piccolo” sembra paventarsi una crisi apparentemente insostenibile, nonostante gli accorati appelli di attori e ballerini. Ma di soluzioni l’amministrazione sembra essere davvero carente e sembra che debba sempre accadere qualcosa – perlopiù di grave – perché a Palazzo degli Elefanti si spremano le meningi. Ha commosso e indignato una città intera la morte della giovane donna travolta da una palma in Piazza Cutelli. L’albero ha ceduto per via del forte vento che ha imperversato nei giorni scorsi sulla città, ma a rendere il tronco così fragile era il punteruolo rosso, sul quale è mancato un corretto monitoraggio da parte degli organismi comuna-

li preposti. Cercando di limitare i danni – l’episodio, grave, resta comunque una fatalità – l’assessore D’Agata, respinte le richieste di dimissioni, ha disposto i sigilli e una sorta di transennamento in prossimità di tutte – tutte – le palme e gli alberi “pericolanti” in città, dal Passiatore a Piazza Roma. Una misura esagerata che se fosse giustificata renderebbe ancora più grave la negligenza, anche a prescindere da quanto accaduto. Altro addendo che si aggiunge alla nostra sommatoria – il cui risultato, cominciamo ad intuire, sarà un numero negativo – della vivibilità cittadina è dunque la sicurezza. Ed è proprio la tutela della sicurezza il vero tallone d’Achille della nostra sciagurata città. Per quanto si possa pregare il prefetto – lo hanno fatto, sempre dopo qualche episodio increscioso, i consiglieri di maggioranza Lanzafame e Vanin – di aumentare il dispiegamento di forze dell’Ordine, il problema della criminalità del centro storico, specie nelle ore serali e nel weekend, è un pro-

blema apparentemente inestirpabile. Sul web – sempre partecipativo ma spesso foriero di eccessivo semplicismo nella proposta dei problemi e soprattutto delle soluzioni – c’è chi ha addirittura stilato un decalogo nel quale si enumerano i motivi per cui è sconsigliato frequentare le vie del centro il sabato sera. I fatti danno ragione a chi vorrebbe fare una semplice passeggiata e si ritrova invece in una giungla urbana senza regole. Altro che movida: se passeggi dentro la Villa Bellini può capitare anche che una spedizione di adolescenti (nello specifico, tre sedicenni e un quattordicenne) ti accerchino, pestandoti per rubarti cellulare e spiccioli. O se sei un esercente, pare ti tocchi dormire sempre con un occhio aperto, giacché un manipolo di delinquenti potrebbe sempre pensare di sfasciarti le vetrine del negozio con l’auto e saccheggiare la merce al suo interno, come accaduto qualche notte fa in viale Jonio (non certo una zona degradata di periferia) al negozio di

abbigliamento a conduzione familiare “Urban”. Servirebbe una task force, servirebbe uno studio oculato del caso, giacché le vie del centro maggiormente frequentate sono terra di conquista anche per giovani spacciatori in erba, incoraggiati dall’impunità ormai proverbiale di cui si gode in città. Servirebbe soprattutto che delle misure si trovassero prima e non dopo spiacevoli accadimenti. A chiudere questa sempre più impietosa disamina la classifica, stilata dal Sole 24 Ore, dall’Istat e da Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani. Catania si piazza al 95esimo posto su 104 comuni, ai piedi della top ten del peggio che il nostro Paese offre in termini di inquinamento, tasso di motorizzazione, trasporto pubblico e gestione dei rifiuti. A preoccupare sono in particolare i dati concernenti la qualità dell’aria, con alti tassi di polveri sottili, ozono e biossido d’azoto, e quello su mobilità e energie alternative (car sharing e rinnovabili rimangono vocaboli alieni alla nostra città). Non serve certo una calcolatrice per rendersi conto che la vivibilità non è di casa alle pendici dell’Etna. Due le soluzioni possibili, anzi indispensabili, e tra loro complementari. La prima è un esame di coscienza: parafrasando Montanelli, il problema non è l’inciviltà in sé ma l’inciviltà in noi. Impunità e degrado culturale fanno parte della nostra quotidianità e potrebbero autorizzarci ad unirci a questa sorta di Sin City moderna; con piccoli accorgimenti comportamentali è invece possibile una efficace inversione di rotta. La seconda e più importante è esigere la tutela che, in quanto cittadini, meritiamo per diritto. Chi ci governa non si sta dimostrando in grado di farlo: ricordiamocene quando sarà opportuno.

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Gangs of Catania... terrore nel centro storico di Claudio Mec Melchiorre Catania, via Etnea, ore diciannove. Il passeggio è sostenuto. Un gruppo di carusiddi tra i nove e i quattordici anni si muove compatto. Circondano un ragazzo più grande di loro, sui quindici anni e cominciano a provocarlo, spingerlo, picchiarlo. Intorno, i passeggiatori sono incuriositi ma sostanzialmente non si fermano, tirano avanti. Il ragazzo circondato reagisce, dal nulla arrivano, oltre alla già pericolosa torma di carusiddi, un gruppetto di ben organizzati adulti che li spalleggiano. Via Etnea, ore diciannove e trenta. Il ragazzo è stato rapinato dei soldi e del telefonino. Aveva un appuntamento con i suoi compagni di classe. E’ scosso. Gli amici chiamano il 113. Il poliziotto all’altro capo del filo segnala che ci sono già delle pattuglie di Carabinieri a pochi metri da lì e raccomandano di segnalare il fatto a loro. Ore diciannove e quaranta. I ragazzi trovano i due Carabinieri di pattuglia i quali spiegano che sanno benissimo che si verificano questi fatti, che i ragazzini sono tanti e loro in due, che se interve-

nissero avrebbero la peggio. Impunità. Siamo cresciuti con la consapevolezza che la prima regola per poter affermare che si vive in una Repubblica democratica è che questa deve essere uno Stato. Lo Stato ha il controllo del suo territorio. A Catania, nel centro che accoglie i turisti e i ragazzi, specie la sera, questo controllo del territorio non c’è. L’intervento delle forze dell’ordine è il primo servizio che paghiamo attraverso le tasse, il fatto che queste non abbiano mezzi e strumenti per garantirlo è gravissimo. In un Paese normale, ci sarebbe anche una giurisdizione dove far valere questo diritto. Il ragazzo rapinato potrebbe proporre una denuncia, un comitato di cittadini potrebbe premere sul sindaco e sul questore per ottenere l’immediato sgombero dei nostri quartieri da questi bulli che utilizzano queste occasioni per esercitarsi a diventare, domani, soldati di un esercito infame e che possiamo definire mafioso. Anzi, in fondo, già lo sono. Questa volta non è un problema di segnalazioni o denunce. Questa volta è un problema di man-

cato intervento e di perdita di fiducia nelle nostre polizie in se stesse. Volendo utilizzare una parabola calcistica, possiamo dire che carabinieri e poliziotti non si fidano della loro squadra, dirigenza o allenatori che siano. Anche loro sanno che non c’è una giurisdizione utile per far valere l’eventuale fermo. Non c’è un carcere dove far scontare a un teppista una pena, anche breve. Il rischio di essere coinvolti in una rissa, senza poter arrestare nessuno è forte. Risultato: i cittadini se la devono vedere da sé. La traduzione di questa tragedia sociale che è la perdita del controllo del territorio, in maniera così eclatante, è la necessità, da parte dei cittadini di trovare soluzioni autonome per vivere normalmente nella propria città. Le opzioni non sono molte. La prima è evitare i luoghi dove si verificano questi atti di violenza. Lasciare le gang giovanili da sole in via Etnea è innaturale. Sarebbe un colpo al turismo formidabile. Andremmo a finire sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Saremmo nuovamente la solita Sicilia della mafia e dell’insi-

curezza. I paragoni col Messico dei 25mila omicidi e centomila rapimenti del 2013 sarebbero ingenerosi, ma l’immagine sarebbe quella. L’alternativa sarebbero le ronde di cittadini. Sembra una soluzione di buon senso, ma non lo è. Molto probabilmente le ronde sarebbero costituite dagli stessi soggetti che impauriscono, importunano e rapinano. Sarebbero un pizzo legalizzato. L’ennesimo. Molti potrebbero decidere di armarsi e rendere le nostre strade ancora più pericolose. Non ci sono alternative, quindi. Dobbiamo potenziare il presidio delle forze di polizia e, per far questo, trovare le risorse, pretenderle. Catania è una città bella perché vivibile rispetto a tanti altri posti. Non funziona quasi nessun servizio, viviamo in una illegalità diffusa e perniciosa. A predicarla sono anche i poteri pubblici come il Comune che, per dirne una, chiede il pagamento di tributi inesigibili approfittando di norme a tutela del cittadino inapplicabili per costo eccessivo o mancato funzionamento. Ma aldilà delle prediche, se non preserviamo il controllo del territorio attraverso

un piano costante di vita sociale avanzata e capacità operativa di intervento delle Forze dell’Ordine contro chi si crede più forte della vita serena e civile, le nostre speranze di rinascita sono già morte. Il Comune di Catania non dica che non è sua competenza pensare all’ordine pubblico. Il Questore non si arrenda alla esiguità di risorse. C’è una città che viene colpita pesantemente e tutti i giorni da questo fenomeno che è grave e antisociale, esattamente come il pizzo. Non vogliamo fare denunce contro il singolo Carabiniere, sarebbe ingiusto. Ma chiediamo subito un intervento forte ed immediato, abbiamo la pretesa che le norme sull’ordine pubblico tornino ad essere applicabili, contro le bande di bambini e di adulti, che si possano combattere con efficacia gli scippi e le estorsioni. La politica se ne faccia carico. O non potrà più dimostrare di avere senso nel nostro vivere quotidiano. In pratica, sta collezionando l’ennesimo ridicolo fallimento. Sono infatti queste le cose, che più di ogni altra, fanno dire: ma dov’è il sindaco?

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Fiera dei Morti: “1.150 euro di profitto” per il Comune di Flor a B onaccor s o Base d’asta di euro 15.000, ma il rialzo a 16.150 euro insieme al ribasso sul canone degli espositori ha permesso alla Essece S.r.l. di aggiudicarsi l’appalto dell’organizzazione della Fiera dei Morti 2014 a Catania. Quest’anno l’Amministrazione comunale ha fatto bis, rinnovando la location nei pressi dell’Aeroporto accanto al parcheggio gestito dall’Amt. L’Azienda metropolitana trasporti si assicura così, dal 29 ottobre al 2 novembre, incassi di 2 euro a posto auto. L’investimento degli operatori commerciali varia da 200 a 1.500 euro in base ai metri quadrati dell’area locata per allestire il proprio stand. Rispetto allo scorso anno, l’Amministrazione comunale ha impegnato la società che si è aggiudicata l’appalto a migliorare l’offerta dei servizi, tanto agli avventori quanto ai commercianti. Le novità sono tre: tenda allestita per il primo soccorso attrezzata di ambulanza pronta al trasporto in Pronto Soccorso; Area Food, ovvero lunghe tavolate dove intrattenersi per consumare un pasto in allegria; efficienza del servizio di pulizia e raccolta rifiuti. Ci permettiamo tre commenti, e non per il gusto della polemica fine a se stessa. Primo, non ci è parso adeguatamente dotato di personale qualificato l’angolo infermeria. Secondo, fare in modo che nelle grate sistemate per far defluire l’acqua piovana non resti incastrata la ruota di una carrozzina, in barba all’abbattimento delle barriere architettoniche. Terzo, augurarsi che dal ponte che sovrasta l’ingresso al parcheggio nessuna auto o camion abbia un sinistro che le faccia saltare di sotto, oltre la rete messa a protezione. Vi fa sorridere tanto? Eppure a Catania, come nel vicino comune di Acicastello, due persone sono morte nel giro di un pugno di mesi per l’abbattimento di palme malate. Potremmo allora dire: poiché l’errore

è sempre in durante l’anno, agguato, è in attività di responsabile supporto alle considerarlo comunità locaprima piuttoli. Due esemsto che sotpi bastino: ad tovalutarlo Acireale si e subirne le prendono cura conseguenze della mensa dopo. pubblica alLa Fiera dei lestita da una Morti e la Fieparrocchia; ra di Sant’Arecentemente gata rapprehanno ripulisentano gli to dai rifiuti e appuntamenti dalle sterpacommerciali glie un tratto più importanti della scogliera della città di catanese. Catania. Tra i All’edizione catanesi è così di questo anno forte l’affeziodella Festa ne alla tradidi Autunno, zione popolare che si è svolta di “fare regali nei giorni del per la Com24 e 25 ottomemorazione bre scorsi, è dei Defunti” stata invitaal punto che ta l’Enoteca il fine settimaprovinciale di na precedenMessina nello te l’apertura spirito dello della Fiera dei scambio culMorti in tanti turale. “L’Esi sono messi noteca è stata in fila per Halinaugurata loween. nell’ottobre Nonostante la del 2010 – ci politica interspiega la dirinazionale non gente Silvana dia tregua, Schachter -, Nassing – per istituita con i intenderci, la fondi Por Sicibase militalia 2000/2006. re americana La sede dell’Esita nei presnoteca è nel si di Motta Monastero S. Anastasia dei Benedetti(Catania) – ha ni ‘S. Placido l e t t e r a l m e n - Dall’alto: le bancarelle, l’infermeria e la pianta della fiera Calonerò’, che te aperto al ospita pure pubblico, per due giorni con- stessi militari americani e tra l’Istituto Agrario ‘Cuppari’”. secutivi, le porte della Festa di loro e i siciliani. “I proventi delle Quattro le qualità di vino offerte Autunno, la tradizionale sagra vendite, tutto rigorosamente cu- per la degustazione: Doc Faro, americana che noi conosciamo cinato o confezionato dai milita- Doc Mamertino, Doc Malvasia ri americani, finanzia le attività delle Lipari, Igt Sicilia. In tutta come festa di Halloween. La Festa di Autunno rappre- culturali svolte dalla base”, ci la faccenda c’è un solo aspetsenta per Nassing e Catania un spiegano. Ricordiamo che i mi- to negativo: la partecipazione momento di convivialità, tra gli litari di Nassing sono impegnati, resterà un’esperienza isolata,

stante che le aziende agricole del messinese non sembrano al momento interessate a crearsi sbocchi di vendita negli Usa. Brevi note storiche sulla Fiera dei Morti “Solo a partire dal ‘600 la Fiera di Ognissanti verrà denominata ‘dei defunti’, mentre nell’800 prenderà il nome attuale di ‘Fiera dei Morti’. Il significato di questa scelta sembra voler esprimere il desiderio di rendere compatibile il ricordo e il rituale ricongiungimento con gli antenati con l’esigenza di attenuare il sentimento di tristezza comunque presente nella memoria dell’assenza. Oggi, la Fiera dei Morti rappresenta comunque una tradizione molto sentita dalla popolazione: è difficile che non si faccia almeno una visita alla fiera e non si acquisti qualcosa. La Fiera rappresenta quindi un rituale simbolico di appartenenza alla comunità, che si ripete regolarmente ogni anno, e che sembra segnare nell’immaginario collettivo i cicli della vita, di cui il ciclo stagionale - il passaggio dalla bella stagione a quella invernale – è da sempre fattore di identità con la propria terra e le sue consuetudini. La funzione simbolica e di aggregazione cittadina sopravanza così quella economica, dando un senso compiuto ad una attività commerciale che, sul piano economico, non potrebbe certamente competere con i centri commerciali o la grande distribuzione. Il progressivo incremento di qualità dell’offerta commerciale, sempre più orientata a proporre prodotti tipici, rari e di provenienza locale, promuove l’attuale Fiera dei Morti anche presso le città vicine, da cui si registra un buon afflusso. In tal senso, l’evento ha ormai acquisito anche una sua rilevanza turistica entrando a far parte del calendario delle grandi e tradizionali manifestazioni della città di interesse turistico”.

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Processo ai vigili urbani: ma il teste è impegnato in un altro procedimento di Mar co B enanti Quando lo hanno chiamato e hanno verificato se fosse presente, in aula è sceso un po’ di imbarazzo: poi, alla fine è stato reso noto che il teste –il luogotenente della Guardia di Finanza Francesco Caccamo, protagonista dell’inchiesta come investigatore- non era presente perché coinvolto in altro procedimento. E’ accaduto anche questo nell’ambito del processo contro quattro vigili urbani che si celebra davanti ai giudici della terza sezione penale del Tribunale di Catania (Presidente Rosa Anna Castagnola, a latere Cascino e Cristaldi) per un’inchiesta, condotta dalla Finanza, coordinata dalla Procura della Repubblica che ipotizza -a vario titolo- i reati di concussione, falso e abuso d’ufficio. Imputati Giovanni Gemmellaro, Santo Calderone, Aldo Midolo e Gaetano Villa, tutti appartenenti al corpo della polizia

municipale di Catania. Tutti in servizio. I quattro sono stati rinviati a giudizio dal Gup Giuliana Sammartino su richiesta del Pm Angelo Busacca. Il comune di Catania, con l’avvocato Agata Barbagallo, si è costituito parte civile (in totale cinque), compresi venditori e ambulanti. I primi testi dell’Accusa ascoltati in aula hanno confermato, in generale, le accuse. Come Giuseppe Isidoro Catania, il titolare della bancarella di abbigliamento oggetto di sequestrato nel 2009, nei pressi della “fera o luni” (la fiera del lunedì, ndr), nel centro storico di Catania.L’ imprenditore, che dopo gli episodi ha cambiato mestiere, ha raccontato la sua versione. “Il 26 giugno 2009 – ha detto – non ero sul luogo. Avevo chiesto ad un rivenditore vicino, di origine bengalese, con il quale collaboravo, di potermi sostituire. In mattinata, si sarebbero

dovute saldare delle fatture e ho lasciato circa 1.750 euro nella cassetta dei soldi. A metà giornata mi ha chiamato al telefono. Era spaventato. Mi diceva che i vigili urbani erano venuti e avevano portato via tutta la bancarella”. Catania, che già nel 2008 aveva subito un simile sequestro dai vigili Calderone e Gemmellaro, nel pomeriggio insieme ad un legale ha riferito di essere andato al comando della municipale. Niente da fare, però. Dopo alcuni giorni, l’1 luglio 2009, il bis di quanto già accaduto, quindi la decisione di rivolgersi alla Guardia di Finanza. “Il 9 luglio – ha detto il teste – siamo stati chiamati. Al deposito del Comune ho riconosciuto della merce e mi è stata riconsegnata. Si è trattato, però, solo di una parte. Nella cassetta dei soldi, poi, c’erano solo 63 euro.” Un cittadino extracomunitario

ha raccontato in aula: “sono venuti e mi hanno detto che dovevo andare via. Ho risposto dicendo di aspettare il titolare ma loro mi hanno indicato le manette. A quel punto mi sono allontanato per paura”. Il riferimento è alle modalità di intervento di due vigili urbani il 26 giugno 2009 alla “fiera”. Il bengalese, a cui il proprietario della bancarella sequestrata aveva affidato la merce perché impegnato, quella mattina, nel disbrigo di alcune pratiche. “Quel giorno –ha continuato il testimone- il nipote della signora per la quale lavoro mi ha chiesto se potevo sostituirlo per qualche ora nella vendita della merce alla fiera. Lui trattava scarpe, jeans, magliette. Mi aveva detto di fare attenzione ad una cassetta bianca, di ferro. Lì anche io avevo messo i soldi dei capi che ero riuscito a vendere. Quando sono arrivati Calderone e Gemmellaro, mi hanno chiesto di chi

fossero quelle cose. Ho detto che non erano mie e di aspettare il titolare. Mi hanno indicato le manette e detto di andare via. A quel punto mi sono allontanato”. Il teste, all’epoca era in attesa di regolarizzare la sua posizione per il permesso di soggiorno. Ha raccontato ancora, in riferimento alle operazioni dei vigili: “hanno messo la merce negli scatoli e hanno portato via tutto”. Alla riconsegna, però, il legittimo proprietario ha lamentato l’assenza di buona parte dei beni. Nella scatola di ferro, poi, solo poco denaro. I quattro appartenenti alla polizia municipale, successivamente all’arresto (sono finiti ai “domiciliari”), sono tornati in servizio. Il luogotenente Caccamo sarà sentito come teste il 28 novembre prossimo: il giorno prima sarà imputato nel processo in cui è coinvolto, con altri colleghi di lavoro.

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Importantissimo provvedimento della Procura della Repubblica di Latina: sospensione della procedura esecutiva immobiliare! Ordinanza del 28/08/2014 Quello che esaminiamo oggi è un Provvedimento della Procura della Repubblica di Latina con cui è stata disposta la sospensione della procedura esecutiva immobiliare ai sensi dell’art. 20 L. n. 44/99 a vantaggio di clienti di SDL Centrostudi, persone offese nel procedimento penale attivato per usura bancaria. Orbene è noto che ai sensi dell’art. 20 della Legge 44/1999 “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura” a favore dei soggetti che hanno richiesto o ottenuto l’accesso al Fondo di Solidarietà, sono prorogate le scadenze relative ai mutui e prorogati i termini relativi alle procedure esecutive. Ai sensi dell’art. 623 c.p.c. si tratta di sospensione prevista dalla legge, da chiedersi al Giudice dell’Esecuzione (Cass. civ. III sezione 24.01.2007 n. 1496). A seguito dell’entrata in vigore della L.27.01.2012 n.3 (entrata in vigore il 29.03.2012) recante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovra indebitamento”, all’art.20: 1) il comma 7 è sostituito dal seguente: “7. Le sospensioni dei termini ai cui ai commi 1,3 e 4 e la proroga di cui al comma 2 hanno effetto a seguito del provvedimento favorevole del Procuratore della Repubbli-

ca competente per le indagini in ordine ai delitti che hanno causato l’evento lesivo di cui all’art.3, comma 1. In presenza di più procedimenti penali che riguardano la medesima parte offesa, anche ai fini delle sospensioni e della proroga anzidette, è competente il procuratore della Repubblica del procedimento iniziato anteriormente. 2) dopo il comma 7 sono aggiunti i seguenti: “7-bis. Il prefetto, ricevuta la richiesta di elargizione di cui agli articoli 3, 5, 6 e 8, compila l’elenco delle procedure esecutive in corso a carico del richiedente e informa senza ritardo il Procuratore della Repubblica competente che trasmette il provvedimento al giudice, o ai giudici, dell’esecuzione entro sette giorni dalla comunicazione del prefetto”. “7-ter. Nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti dell’erario, ovvero di enti previdenziali o assistenziali, non sono poste a carico dell’esecutato le sanzioni dalla data di inizio dell’evento lesivo, come definito dall’articolo 3, comma 1, fino al termine di scadenza delle sospensioni e della proroga di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo”. Ritenendo che nell’eventualità in cui fosse dato tale parere favorevole, il G.E. deve limitarsi a prenderne atto con conseguente sospensione ex lege dei termini della procedura in

quanto la norma, nell’attuale formulazione, introducendo ancora una volta l’aggettivo “favorevole”, statuisce che il potere di sospensione in tal modo è attribuito non più al Prefetto ma al Procuratore della Repubblica, esautorando di fatto la decisione del g.e. La novella di cui alla legge 27 gennaio 2012 n. 3 in questione, al di là di meri ritocchi terminologici al precedente testo del comma 7 nel giusto obiettivo di condurre a coerenza i riferimenti agli istituti della “sospensione” (commi 1, 3 e 4 dell’art. 20) e della “proroga degli adempimenti fiscali” (comma 2 dell’art. 20), introduce alcune novità di sostanza destinate ad incidere sull’itinerario decisorio orientato alla sospensione dei termini; in particolare, per ciò che rileva in questa sede, di quelli relativi “…ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva”, primi fra tutti i termini concernenti le procedure di esecuzione mobiliare/immobiliare pendenti presso il giudice dell’esecuzione, come contemplato al comma 4 che appunto alla dilazione del comma 1 fa espresso rinvio. Prima della riforma, l’effettività della sospensione era collegata alla espressione di un “parere favorevole del Prefetto competente per territorio, sentito il Presidente del Tribunale”, fermo restando che a disporre la moratoria era comun-

que il giudice dell’esecuzione con effetti dal momento della presentazione dell’istanza innanzi a sé e non dalla presentazione della richiesta in sede amministrativa (cfr. Cass, 24 gennaio 2007 n. 1496). La sospensione in oggetto costituisce un rimedio di tipo cautelare per consentire alla vittima di quei reati di ottenere l’accesso al Fondo (c.d. elargizione) senza incorrere medio tempore nei rigori processuali collegati ai procedimenti espropriativi sorti in base ai debiti scaturenti dai delitti di usura e di estorsione. Nell’ottica legislativa riformata, l’attribuzione del potere di sospensione all’organo inquirente implicherebbe, per ratio di sistema e per carenza di specificazione normativa, la contingente inoppugnabilità del provvedimento. Pertanto il giudice dell’esecuzione dovrà recepire il decisum del Pubblico Ministero con un proprio «provvedimento di presa d’atto e previa effettuazione di un vaglio limitato al controllo eziologico tra esecuzione e editto d’accusa»; una verifica, cioè, di corrispondenza normativa in ossequio alla ratio della legge n. 44 del 1999, incentrata sull’esistenza del rapporto tra la fattispecie di reato e il credito azionato in sede esecutiva. Ancor più chiara è la ratio

della riforma così intesa se si considera poi che la stessa novella, nell’intento di una reconductio ad unum dell’organo giudiziario inquirente chiamato a pronunciarsi proposito che discende dall’inaugurazione della regola, presente nel nuovo comma 7, di individuazione della “competenza” in caso di plurime procure interessate alle indagini - pretende che la potestà decisoria spetti in forza di una conoscenza diretta dello sviluppo delle indagini interessate dalle denunzie degli istanti e che conseguentemente il beneficio della moratoria abbia parimenti unica e generale soluzione. Diversamente opinando, ben (è accaduto e ancora) potrebbe accadere che per un medesimo fatto estorsivo e/o usurario, ove l’intendimento del PM indagante non dovesse intendersi definitivo e vincolante, si rischierebbe l’effetto che diversi giudici dell’esecuzione, quando geograficamente diverse dovessero essere le procedure espropriative in corso, emettano contraddittori provvedimenti di accoglimento e/o di rigetto della sospensione; rischio assai concreto e fortemente avversato dal legislatore della riforma in quanto generatore di un inammissibile vulnus agli interessi delle vittime di usura/estorsione considerati di preminente interesse pubblico.

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NOVEMBRE 2014 - Catania

La brillantina di Bianco non basta sui ghetti neri del terzo millennio di Alb er to Car di llo “Vedere i miei ragazzi dello SPRAR fuori un noto centro commerciale della zona chiedere l’elemosina, mi ha resa semplicemente triste e incazzata. E li definisco “miei” perchè dopo aver passato del tempo con loro (poco e forse anche male), cercando di capire chi è e cosa fa un mediatore culturale, li ho in parte conosciuti, ascoltati e sono diventati i MIEI amici, i MIEI ragazzi! Oggi vederli con un bicchiere in mano mi ha fatto riflettere, mi ha fatto pensare che ho fallito anche io insieme all’Italia. Vorrei far notare che giungono in Italia con la speranza di giorni migliori e io rispetto quella speranza. Se l’Italia non è pronta all’immigrazione allora la smetta di cantare ‘aggiungi un posto a tavola’, la smetta di essere ipocrita”. Nel virgolettato d’apertura l’amara riflessione che qualche giorno fa Graziella, una giovane mediatrice culturale di Catania, ha affidato alla rete di Facebook. E’ da qui che vogliamo partire per analizzare i problemi -ormai emergenze- dell’immigrazione, dell’accoglienza e della integrazione sul territorio catanese. Problemi sotto gli occhi di tutti ma che allo stesso tempo vengono abilmente ignorati e aggirati dalla politica e da certi ambienti -maggioritari- della stampa. Catania è al collasso, e la brillantina delle nuove rotatorie e delle rigogliose fioriere sul lungomare non bastano a nascondere interi quartieri-ghetto dove trovano rifugio migliaia di extracomunitari. Africani, asiatici e genti provenienti dall’est Europa, si accalcano nelle viuzze alle spalle delle strade principali

del centro storico e nei quartieri ai margini della città, là dove un tempo abitavano i catanesi di estrazione più popolare. Vivono in “alloggi” fatiscenti, spesso si tratta di case di nessuno, abbandonate, e occupate dai Clandestini vendono in corso Sicilia disperati di turno. Moltissimi, in particolare siriani, arrivano esempio, di spaccio di stupefaa frotte quasi giornalmente alla centi, c’è chi finisce in Corso Stazione centrale, lì restano an- Europa o in via Etnea a vendere che per giorni, bivaccando anche prodotti contraffatti. per giorni con donne e bambini. Le donne, spesso ragazzine, fiLe condizioni igienico-sanitarie niscono nella maglie della vioe sociali sono ben oltre il livello lenza e della prostituzione nella buia notte catanese. di allarme. Spesso e volentieri si tratta di Italiani brava gente, recita il clandestini, gente che attraversa vecchio ritornello, è vero, siail nostro territorio senza averne mo brava gente nelle intenzioni, legalmente il diritto, gente invi- tutti bravi i nostri alti papavesibile alla legge. Per le strade di ri –come diceva in apertura la Catania vagano migliaia di ra- mediatrice- con il refrain della dell’accoglienza, gazzi che nella speranza di tro- solidarietà, vare un mondo migliore di quel- del “volemose bene”. Il peccato lo che si sono lasciati alle spalle, mortale è che oltre l’ampollosità hanno deciso di solcare il me- delle belle parole non c’è nulla. diterraneo su delle carrette del La generosità dei centri di accomare. Molti loro coetanei in quel glienza per migranti, spesso animare ci sono rimasti per sempre. mati da giovani volontari, non E se è vero che siamo Europa basta più. Unita, cosa offre Catania, Città La Sicilia, porta d’Italia e d’Europa, non è più in grado di accod’Europa a queste persone? Catania offre illegalità o nelle gliere altri clandestini o legittimi migliori delle ipotesi accatto- richiedenti asilo, per il semplice fatto che già da un pezzo le nonaggio. La quasi totalità dei ragazzi fini- stre strutture deputate a questo sce nelle mani della criminalità, compito non sono più nelle concon diverse sfumature: c’è chi dizioni economiche, materiali e viene scelto per essere “brac- logistiche per poter predisporre cio armato” nelle operazioni, ad l’ordinata permanenza di questi

Prostitute nei sobborghi di Catania disperati sul nostro territorio. E’ semplicemente assurdo che ciò non sia denunciato dal sindaco di Catania (già ministro dell’Interno) e dal presidente della Regione. Non si comprende che il disagio sociale degli stranieri e degli italiani interessati direttamente dal fenomeno dell’immigrazione di massa è ai limiti del controllabile. Eppure è chiaro a tutti che per risolvere -o quantomeno attenuare- la grave situazione servirebbe un massiccio intervento dell’Unione Europea capace di predisporre sul campo risorse umane ed economiche capaci di fare fronte a questa immane crisi umanitaria. L’Europa ha il dovere di non lasciare da sola una Nazione come l’Italia, la quale non è neanche in grado di prendersi cura dei suoi giovani, figurarsi per quelli stranieri. C’è bisogno di ridistribuire su tutto il territorio europeo il peso di questi flussi migratori straordinari, creando strutture efficienti, dove i migranti siano sia controllabili che “formati” per

permanere sul territorio europeo, insegnando loro le basi della nostra cultura, la lingua, avviandoli al contempo alla realizzazione di lavori di utilità sociale. Questo non accadrà? Ogni Paese dell’Ue continuerà a giudicare la questione come un problema strettamente italiano? I nostri amministratori locali continueranno a far finta di niente? Il sindaco Bianco continuerà a tapparsi occhi, naso e orecchie passando dalla Stazione, da via Etnea o da Corso Sicilia? Rassegniamoci ad un futuro di lotta tra poveri, violenza e insicurezza. A conti fatti, la politica dei respingimenti in mare dei governi passati fu molto più umanitaria: evitò migliaia di morti in mare e i disastri di un’accoglienza che, fatta eccezione di alcune lodevoli realtà, non esiste. Nel frattempo, anche stanotte andrà in scena il solito film, con i ragazzi di colore a delinquere o a vendere borsette contraffatte e ragazze a vendere il loro corpo. Nei loro occhi la sconfitta di una intera civiltà.

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NOVEMBRE 2014 - Caltanissetta

Una provincia nel caos per perenne mancanza d’acqua d i L il ia na Bla nco Caltanissetta, una provincia sott’acqua, si fa per dire, per mancanza di acqua. In questi giorni in vari comuni del territorio nisseno sono stati registrati pesanti disservizi per la mancata erogazione. A Caltanissetta la protesta è arrivata dagli agricoltori ed allevatori che operano tra le Contrade La Spia, Pescazzo, Xirbi e Borgo Petilia, che stanno subendo disagi a causa della interruzione dell’erogazione idrica delle fontane storiche. A Gela il quartiere Caposoprano che conta circa 30 mila abitanti è rimasto a secco per una settimana per un problema di conduttire fatiscenti coniugato alla carenza di fornitura da parte di Siciliacque.A Niscemi il problema dell’erogazione è grave e perenne: i turni in media sono di circa otto giorni con punte che spesso raggiungono anche i dieci/undici giorni (rispetto dei trequattro di qualche tempo fa) . E pensare che il contratto trentennale fra la provincia di Caltanissetta e Caltaqua, stipulato quasi

sette anni fa, prevedeva l’erogazione di acqua potabile h 24 con le campagne elettorali dell’allora sindaco Crocetta che ha fatto di questa clausola uno slogan. Una situazione insostenibile che segue un’erogazione di un’ora ogni due giorni per il comune di Gela nel periodo compreso fra giugno e settembre, proprio quando la città si riempie di emigranti che tornano nella città natale e per i quali servono forniture più abbondanti. “A fronte di questa situazione si regalano 100 milioni ad Siciliacque e non si fa nulla per garantire il servizio idrico nei 52 comuni siciliani – scrive in una nota M5S - che si dice esterrefatto per il decreto a firma di Lupo e Calleri che in estate avrebbe regalato 100 mln a Siciliacque, sotto forma di maxisconto sul canone da versare all’Eas. Cosa che avrebbe messo in seria difficoltà l’ Ente pubblico, come ha recente denunciato il suo commissario”. Il Consigliere Comunale di Forza Italia, Oscar Aiello, facendosi portavoce di agricoltori ed allevatori ha reiterato una richiesta

inoltrata al Sindaco in estate per la riattivazione del servizio di erogazione idrica delle fontane, ma a distanza di mesi i bevai delle zone ricche di aziende agricole continuano a rimanere a secco, lasciando in difficoltà famiglie e contadini.“Nonostante la risposta scritta con la quale mi

era stato assicurato il ripristino dell’erogazione idrica – dichiara il Consigliere Oscar Aiello – sono andato personalmente a verificare che nulla di quanto promesso per iscritto dall’Amministrazione comunale è stato ancora fatto”. Il Partito democratico di Ni-

scemi ha chiesto all’Amministrazione Comunale se ha dato incarico ad un Legale per dare seguito alla delibera del Consiglio Comunale tenutosi mesi fa in cui si dava mandato alla Giunta Municipale di chiedere a Caltacqua un risarcimento di un milione di euro per il danno provocato alla città per il suddetto disservizio idrico. Inammissibile l’ atteggiamento tenero, che sa anche di complicità, della giunta La Rosa nei confronti di Caltacqua, che danneggia fortemente la comunità niscemese. Una Amministrazione Comunale che non è in grado di affrontare e risolvere con tempismo ed efficacia la primaria esigenza di una città che è “L’ACQUA”, non ha nessuna ragione per governare la nostra comunità. Il Pd intende coinvolgere i cittadini, le locali forze sociali e politiche, nonché i consiglieri comunali che hanno a cuore il vivere civile e dignitoso di Niscemi, per individuare assieme iniziative forti, e se il caso anche eclatanti, per costringere l’Amministrazione Comunale a mettere in campo azioni incisive.

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NOVEMBRE 2014 - Adrano

Incontro per la rimodulazione delle tariffe Acoset d i C h ia ra Bua Tutti contro l’Acoset. Chiamati a raccolta dal Presidente del consiglio comunale di Adrano Alessandro Zignale, i Comuni etnei che usufruiscono dei servizi idrici offerti dall’azienda hanno infatti deciso di unire le forze per cercare di porre rimedio a quella che ritengono essere una situazione ingiusta e insostenibile. Nel settembre del 2013 il consiglio d’amministrazione dell’Acoset, presieduto da Giuseppe Rizzo, approvò una delibera, la n. 66, con la quale si diede il via libera alla rimodulazione delle fasce tariffarie che ha portato ad un innalzamento delle stesse e all’eliminazione del consumo minimo impegnato. Una modifica che ha suscitato il malcontento degli utenti che a partire dal gennaio 2014 sono stati costretti a pagare bollette più care e che in questi dieci mesi hanno più volte chiesto alla classe politica un intervento concreto. A fare il primo passo in questa direzione è stato il consiglio comunale di Adrano che ha votato all’unanimità la richiesta avanzata dal consigliere comunale Elisa Leocata di chiedere all’Acoset una rimodulazione della tariffazione in vigore. Su invito dell’ing. Zignale, i presidenti dei consigli comunali dei venti comuni serviti dall’Acoset si sono riuniti all’interno dell’aula consiliare adranita per raggiungere un’intesa al fine di far sentire la propria voce all’interno del consiglio d’amministrazione dell’azienda. “Oggi siamo qui per chiedervi di unirvi a noi - ha esordito Alessandro Zignale - e per dare a tutti i nostri concittadini una prova concreta del nostro impegno. Il consiglio comunale da me presieduto ha già votato all’unanimità la richiesta di rimodulazione delle tariffe Acoset e chiediamo anche a voi di fare lo stesso, perché soltanto lavorando insieme possiamo avere la possibilità di ottenere dei risul-

Il municipio di Adrano tati significativi. Spero, inoltre, che questo sia soltanto il primo di una serie di incontri che ci vedranno uniti anche su altri fronti così da poter dare il via a un nuovo modo di fare politica nei nostri territori”. Un invito accolto favorevolmente da tutti gli intervenuti, i quali hanno manifestato la loro solidarietà nei confronti dell’iniziativa avviata dall’assise adranita: i presidenti dei consigli comunali di Aci Bonnacorsi, Aci S.Antonio, Belpasso, Camporotondo Etneo, S.G.Galermo, Gravina di Catania, Mascalucia, Nicolosi, Pedara, Ragalna, S. Agata Li Battiati, S. Giovanni La Punta, S. Gregorio, S. Maria di Licodia, S. Pietro Clarenza, Trecastagni, Tremestieri Etneo, Valverde e Viagrande hanno infatti fatto propria la richiesta approvata dai consiglieri comunali di Adrano e la porteranno all’interno delle rispettive assemblee. Con la delibera n.66 del 30 settembre 2013 il presidente Rizzo e i cinque consiglieri - Giuseppe Rizzo, Giovanni Alì, Mirella Maggio, Salvatore Cavalli e Gianpaolo Adonia - hanno eliminato il consumo minimo impegnato a favore di una suddivisione in quattro distinte fasce di consumo. Se prima gli utenti

Acoset pagavano 15,5 euro per un consumo massimo di 30 metri cubi (consumo minimo impegnato); 0,92 euro a mc dai 31 ai 45 mc; 1,23 euro a mc dai 46 ai 60 mc; 1,85 euro a mc dai 61 mc in poi, con la nuova tariffazione pagano 0,72 euro a mc per un consumo fino a 23 mc; 1,29 euro a mc da 23,1 a 46 mc; 1,73 euro a mc da 46,1 a 60 mc e 2,59 euro a mc oltre i 60 mc. Un aumento dettato dalla necessità di adeguarsi alle normative europee che prevedono che il costo del servizio della fornitura idrica sia totalmente a carico degli utenti, ma che fa sorgere diversi dubbi sulla sua effettiva legittimità vista l’inefficienza dello stesso riscontrata in molti centri abitati. “All’interno del nostro Comune subiamo un gravissimo disservizio - ha affermato il Presidente del consiglio comunale di Aci S. Antonio - visto che l’acqua manca costantemente e spesso anche per più giorni consecutivi. All’aumento delle tariffe, per quanto ci riguarda, non è di certo seguito un miglioramento del servizio che oltretutto altre aziende offrono a tariffe molto più basse rispetto a quelle dell’Acoset e non riusciamo a spiegarci il perché di questo evidente dislivello”.

Gli ha fatto eco il collega di San Pietro Clarenza che ha parlato di “un servizio eccessivamente caro per le famiglie, a fronte di un servizio spesso davvero pessimo”. Il Presidente del consiglio comunale di Viagrande ha puntato l’attenzione sull’assenza di un rappresentante dell’azienda attorno al tavolo: “Fermo restando l’impegno che ognuno di noi è chiamato ad assumersi per fare in modo che queste tariffe vengano riviste, credo che sarebbe stato importante e opportuno che almeno un rappresentante dell’Acoset fosse qui per potergli rivolgere alcune domande fondamentali, come ad esempio la natura della composizione delle tariffe, visto che in effetti non si sa bene quali voci siano contenute all’interno del tariffario”. Nonostante il Presidente Rizzo sia stato invitato a partecipare dal Presidente Zignale, né lui né un suo delegato hanno presenziato all’incontro, un’assenza che ha fatto discutere, e non poco, i presenti. Ha invece raccolto il favore degli intervenuti la presenza del Sindaco di Adrano Pippo Ferrante che ha espresso tutta la sua solidarietà nei confronti dell’iniziativa avviata dal Presidente Zignale

“perché è necessario dare un segnale forte affinché le cose possano anche solamente iniziare a cambiare”. “Ritengo - ha dichiarato il Presidente del consiglio comunale di San Gregorio - che la rimodulazione sia esagerata, io ad esempio ne ho pagato le spese in prima persona visto che la mia bolletta è passata da 90 a 490 euro. Le tasse e i servizi vanno pagati, ma scommetto che tutti noi compriamo l’acqua imbottigliata quando invece paghiamo un servizio di depurazione che dovrebbe consentirci di non farlo, ammesso che la depurazione avvenga davvero”. Dal Presidente del consiglio comunale di Belpasso, invece, è giunta la proposta “di appianare la situazione debitoria dei singoli Comuni, un gesto a mio avviso importante che potrebbe metterci nelle condizioni di poter reclamare a voce più alta un giusto trattamento per i nostri concittadini. Non possiamo chiedere una rimodulazione delle tariffe quando noi per primi non abbiamo i conti in ordine”. Un primo incontro che ha quindi gettato le basi di un’intesa che avrà come compito quello di portare all’interno dell’assemblea dell’Acoset il malcontento dei cittadini che considerano ingiusto l’aumento delle tariffe. Utenti che oltretutto sono già ampiamente rappresentati all’interno dell’assemblea visto che i sindaci dei venti comuni fanno parte dell’organo, ma fino ad ora non sono riusciti ad ottenere alcun risultato: anche per questo motivo si è reso necessario un intervento dal basso promosso dagli organi elettivi che hanno il compito di rappresentare i cittadini. Nessuno può promettere o assicurare che i presidenti dei consigli comunali riusciranno ad avere successo laddove i sindaci sembrano aver ampiamente fallito, ma senza dubbio va apprezzato l’impegno mostrato nel tentare di fare qualcosa in merito.

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NOVEMBRE 2014 - Messina

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NOVEMBRE 2014 - Messina

l Pd a Roma si divide, a Messina celebra la “Festa dell’Unità” d i Giovanni F ra zzica Clamoroso il risultato del referendum di Capizzi, nettamente in controtendenza rispetto alla linea del sindaco. Su 1.291 votanti, ben 1.099, l’86,8 %, hanno scelto di restare con Messina e i Nebrodi, ed appena in 167, il 13,2 %, hanno votato a favore del passaggio a Enna. E adesso la minoranza consiliare chiede le dimissioni del sindaco, Giacomo Purrazzo, che aveva caldeggiato il cambio di provincia. Ciò si inquadra con quanto previsto lucidamente da Paolo Amenta, Vice-Presidente di Anci Sicilia, nel corso di un confronto con il Segretario provinciale del Pd, Basilio Ridolfo, nella serata conclusiva della Festa dell’Unità di Messina. Per Amenta infatti esaurita la sbornia determinata dalla accelerazione televisiva che il Presidente Crocetta aveva inteso dare al tema delle Città metropolitane e dei liberi consorzi, si andrà probabilmente al recepimento della legge Del Rio ed al mantenimento della perimetrazione territoriale vigente, evitanto fughe e sbandamenti privi di senso. Basilio Ridolfo ha colto l’occasione dell’evento per parlare di quelle che saranno le varie tappe del percorso che il Pd seguirà nei prossimi mesi e che culminerà con una Conferenza programmatica per dare libero spazio al confronto con esperti, sindacati e associazioni, analizzare i problemi del territorio e definire iniziative politiche adeguate, mirate alla soluzione delle criticità. Un percorso che si suddivide in diversi momenti ma che ha un unico obiettivo: realizzare un dibattito costruttivo e porre le basi per una progettualità futura. E, anche, riconquistare la stima dei tanti cittadini che hanno preso le distanze da un universo politico dal

A sinistra La Torre, Schipani, Genovese, Busacca e Lo Re. Nella foto a destra Giuseppe Picciolo quale si sentono poco rappresenti. La “Festa dell’Unità” cittadina ha avuto proprio questo proposito ed è stata, grazie alla intuizione ed al lavoro di tanti giovani, prima tra tutti Alba Marino, una delle fasi importanti nel cammino verso una maggiore coesione di un partito per troppo tempo paralizzato dalle divisioni interne. «Bisognava ripartire da qualcosa – ha detto il giovane coordinatore dell’evento, Guglielmo Sidoti – da una festa, per mettere insieme i motivi di unità e coesione». Di notevole interesse il dibattito su “Lavoro, sviluppo, opportunità: dal Job Act al Piano Giovani”, che ha visto protagonisti Bruno Busacca, Capo Area Tecnica del Ministero del Lavoro, Tonino Genovese, Segretario generale della Cisl di Messina e Alfredo Schipani, Presidente degli industiali messinesi. La Festa si è chiusa con l’intervento di Fausto Raciti, Segretario regionale del Pd. Anche altri graditi ospiti sono venuti nella Città dello Stretto. La commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi, ha ascoltato il segnale d’allarme sugli illeciti interessi dei

clan del barcellonese nella gestione delle discariche. Prelimiarmente ha ascoltato il procuratore capo Guido Lo Forte, che le ha ribadito il quadro tracciato nelle sue numerose relazioni. “Questo risveglio della coscienza civile della città di Barcellona Pozzo di Gotto - ha detto il presidente della commissione Rosy Bindi - ci lascia ben sperare per il futuro anche se la situazione resta difficile e preoccupante, Barcellona Pozzo di Gotto resta il centro della mafia della provincia. A Barcellona c’è una situazione paradossale, il fatto che si confermi quale vero insediamento mafioso e che vi sia al contempo una debolezza della procura con la possibile partenza di alcuni procuratori aggiunti; faremo presente al ministero della giustizia ed al Csm questa situazione critica”. Allo stesso modo il tribunale delle misure di prevenzione di Messina ha aggiunto l’on. Bindi: “Ha fatto un grande lavoro e come commissione chiediamo l’istituzione di sezioni specializzate per le misure di prevenzione perchè ormai è uno dei capitoli più importanti della lotta alla mafia”. L’on. Bindi ha

anche annunciato: “dagli elementi acquisiti chiediamo al Prefetto l’avvio della procedura per insediare la Commissione di accesso agli atti del Comune di Mazzarrá Sant’Andrea. Porteremo con noi in tutte le sedi competenti e sosterremmo, la richiesta di potenziamento di organico della Procura di Barcellona e l’istituzione di una sezione specializzata del Tribunale Misure di Prevenzione”. Buone notizie nel campo della politica. Messina riesce a mantenere il posto in Giunta nel nuovo Governo Crocetta con l’incarico di Assessore al Territorio. Il prescelto è Maurizio Croce, classe 1971, laureato in Chimica a Messina, già Commissario Straordinario Delegato, su incarico della Presidenza del Consiglio, per l’attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico nelle Regioni Sicilia e Puglia, Croce è anche stato Commissario per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque in Sicilia e ha collaborato alla messa in sicurezza di numerosi siti in Italia. L’impegno per una presenza messinese nel governo è stato fortemente voluto dal capogruppo

del PDR Giuseppe Picciolo, che non potendo più sostenere Giusy Furnari, non più adatta per sua formazione a sostenere le incombenze del nuovo assessorato, ha scelto e inserito, in armonia con Totò Cardinale, il nome del tecnico messinese Maurizio Croce. Non si conosce la sorte di Pippo Morano che in questi mesi aveva lavorato con molta dedizione a fianco dell’Assessore Furnari. Intanto ricompare sia pure senza enfasi un’altra buona notizia: il Ponte di Messina, è previsto un fondo di più di un miliardo per la costruzione dell’opera sullo Stretto. L’infrastruttura che era stata sospesa dal governo Monti, è nei meandri del Documento di economia e finanza: 1.287.324.000 euro alla Società Stretto di Messina. Lo stesso a.d. Salini (Impregilo) capofila del consorzio Eurolink in contenzioso con lo Stato per il pagamento delle penali dopo il ‘no’, si augura che “il governo riapra il dossier sul Ponte di Messina”. A margine dell’assemblea della società, aveva detto: “Siamo disponibilissimi a rinunciare alla penale se il progetto riparte”.

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NOVEMBRE 2014 - Politica regionale

Il Paginone segue dalla prima

Crocetta resta nell’angolo, sempr di Mar i a de los Ang eles Gar ci a

Inadeguato, lo avevano definito i commentatori - Ma Crocetta è riuscito a fare di più, costringendo all’indignazione non solo la piazza, ma anche maggioranza e opposizione - Il governatore dopo una lunga serie di rinvii, ha annunciato la formazione del nuovo governo – Mentre in aula arriva la sfiducia Nelli Scilabra Perché, lo ribadiamo, la sua presenza per il popolo siciliano è effettivamente un disturbo. E non ci venga a parlare, proprio a noi, del suo impegno antimafia. Tanti, troppi sono i giornalisti siciliani, che hanno pagato col sangue e la vita per una vera costruttiva efficace contrapposizione alla mafia. Crocetta quindi andrà avanti. Per quanto ancora non è dato sapere. Certo ha ricompattato il Pd ma ha scontentato e fatto arrabbiare (la parola più giusta sarebbe incazzare) alcuni degli alleati più prestigiosi per la mancata riconferma di alcuni assessori e presto, vedrete, politicamente parlando, gliela renderanno. E il Pd, ancora di salvezza del governo Lombardo (chi non lo ricorda?) adesso si mette a protezione del governo Crocetta . Il partito di Raciti, segretario regionale, ha dettato le sue condizioni e Crocetta aveva due possibilità: o andarsene con grande dignità o restare con ignominia, pur di salvare la sua prestigiosa poltrona. Questa operazione non salverà e non rilancerà la Sicilia: il solco segnato da Crocetta è ben profondo. Noi ci auguriamo di sbagliare ovviamente, ma sia chiaro che se il fallimento continuerà questa volta la responsabilità sarà solo ed esclusivamente del Pd. Tutto il Pd. Infine un pensiero per Nellina Scilabra. Lei conosce Crocetta molto meglio di noi e quindi avrà capito che la sua testa sarebbe caduta quando don Saro assicurò con i suoi proclami che lei sarebbe rimasta sempre al suo posto. Scialabra sa che tutto quello che Crocetta dice non si realizza. E se possiamo dare un piccolo consiglio all’ex assessore, visto che Crocetta gli ha pronosticato un grande futuro politico a Roma, bè allora sarebbe meglio che torni a studiare per prendersi quella famosa laurea. E senza dirlo a Crocetta

Crisi e sfiducia - E’ anche questo un primato. Un primato assoluto. Dal 1948 ad oggi, mai un Presidente della Regione aveva avuto il coraggio di azzerare il proprio governo e di farne uno nuovo di zecca alla vigilia della discussione, in Parlamento, di una mozione di sfiducia presentata contro di lui. Mai un governatore aveva osato rimescolare la sua maggioranza, indebolendola, prima di una prova tanto impegnativa. L’affrettata soluzione della crisi politica e la sfiducia possono rappresentare infatti un cocktail dagli esiti imprevedibili. Una “maionese impazzita” in grado di travolgere ogni argine politico. Eppure a questo siamo arrivati. Alla mossa disperata di un uomo che, invece di prendere atto dei propri insuccessi, attizza il fuoco della polemica. Ecco come ci appare Crocetta in questo suo sforzo autunnale: novello piromane di provincia, accecato dal fumo delle sua stesse azioni irrazionali. Il click che ha fatto detonare in sistema - A questa situazione siamo arrivati – sia detto con chiarezza - per una serie di fatti tra loro strettamente concatenati, fin troppo evidenti a tutti. Ma raramente mesi in ordine logico e cronologico. Ci proviamo noi. Questa fase estrema è iniziata infatti dal disastro del “click day”, che ha rappresentato la punta massima di approssimazione del governo e della concreta distruzione del sistema della formazione professionale in Sicilia. Sbandierando una riforma della formazione che lui solo capisce e conosce, Crocetta e suoi hanno azzerato un settore zeppo sì di carenze e contraddizioni, ma senza creare alcuna alternativa. Gettando sul lastrico decine di aziende, migliaia di addetti e negando ogni possibilità di ammortizzatore sociale o di qualificazione professionale – quale che fosse – a una milionata di giovani disoccupati. Mandando, come effetto finale, al macero centinaia di milioni di

fondi europei. Piuttosto che ammettere l’insuccesso e di immolare l’assessora responsabile di tali lusinghieri risultati – Nella Scilabra, studentessa plurifuoricorso disoccupata - l’inimmaginabile fantasia del governatore aveva pensato di mandare al rogo Maria Rosa Corsello, dirigente generale dell’assessorato: a sua volta fedelissima della “reggente” della macchina amministrativa regionale, la segretaria generala Patrizia Monterosso. Ma la Corsello – dalla Monterosso – aveva imparato a collezionare, in copia, le carte più delicate che le passavano per le mani. E così, se non è riuscita nell’intento di mantenere la poltrona, attività in cui la sua “maestra” è abilissima, almeno ha tentato di difendersi. Ribaltando proprio sull’imberbe assessora ogni responsabilità politica, decisionale, perfino amministrativa: “ho obbedito a ordini” ha detto. Talmente chiari, da essere perfino sintetizzati in una raffica di “sms” inequivocabili. La folla, ma perfino la politica – unanimemente – voleva, semplicemente, la “testa” della Scilabra. Operazione che si sarebbe certamente compiuta con il voto, in aula, della mozione di censura presentata contro la giovane assessora. Ma uno sgarbo simile, Crocetta non poteva certo farlo al suo mentore Giuseppe Lumia, che oltre ad essere grande “elettore” della Scilabra è unanimemente considerato il vero “governatore ombra”. E così, Crocetta ha inventato la crisi-lampo che, due settimane fa, ha evitato il voto contro la Scilabra. Ma non ha certamente risolto il problema. Nelle piazze gli ottomila lavoratori della formazione licenziati dagli enti, non danno tregua ai palazzi del governo. Ai formatori senza più lavoro, non certo a sorpresa, si sono aggiunti i 27 mila lavoratori forestali, che sono rimasti senza stipendi a causa della maldestra gestione del bilancio da parte dell’ineffabile governatore. Tre

Il presidente Crocetta finanziarie tre, non sono riuscite a garantire gli stipendi a una lunga serie di aziende regionali. A partire proprio da quella delle foreste. Crocetta, Giletti e la Costituzione - Il governatore, che al suo arco sembra avere una infinita quantità di frecce incendiarie, aveva deciso di placare la piazza, facendo una delle sue spericolate azioni di filibustering finanziario. Sfidando le ire del Commissario dello Stato, aveva infatti immaginato di tagliare i fondi destinati allo sviluppo delle attività dell’artigianato, per finanziare una tranche di cassa integrazione per i lavoratori della formazione, e una manciata di stipendi per i lavoratori forestali. La folle idea di sottrarre fondi per lo sviluppo e destinarli alle spese correnti, vietata da una lunga serie di norme di rango costituzionale, era stata già ampiamente intercettata dal Commissario, nelle tre finanziarie precedenti. Ma il mix di ignoranza e di supponenza che contraddistingue le attività di palazzo d’Orleans, ha fatto partorire il quarto tentativo di disegno di legge che lo prevedeva. A chiare lettere. Il disegno di legge populista e incostituzionale, aveva ottenuto perfino il visto positivo di due commissioni parlamentari e appariva, quindi, pronto per l’esame dell’aula. Proprio quando i giornali hanno riportato la notizia, il Commissario dello Stato, evidentemente, ha dato un “altolà” preventivo a governo e parlamento. Con il risultato che Crocetta, senza battere ciglio, ha ritirato il provvedimento. Senza darne conto all’opinione pubblica. Almeno fino a domenica scorsa, quando un baldanzoso governatore ha fatto apparizione – dopo un lungo periodo di assenza – nel salotto del suo amico e sodale Massimo Giletti. Evidentemente Crocetta ha fatto pace con Klaus Davi, suo storico “promoter”, con cui c’era stato un elegante scambio pubblico di commenti sui reciproci gusti sessuali . E tanta

deve essere stata la “pace”, che domenica in tv Crocetta è stato incensato nientemeno che per i tagli fatti sia ai costi della burocrazia che al finanziamento dei forestali. Abbiamo assistito, in tv, a un “numero” equilibri stico sì, ma di alta disinformazione. Con Giletti impegnato a far finta di interrogare alcune ignare vittime dei suoi giochetti di prestigio: dal capo dei deputati questori del parlamento, fino al responsabile del sindacato dei forestali. Nel corso del siparietto televisivo, nessuno ha osato – né ha avuto la possibilità - di dire che Crocetta gli stipendi dei forestali non li voleva tagliare, ma pagare. Perfino con una legge incostituzionale. Peccato che non ci sia riuscito. E che abbia tentato di trasformare questa sua nuova impotenza in un coraggioso atto di governo. Così come nessuno ha detto che il taglio a 160 mila euro l’anno degli stipendi dei dirigenti, sia stato dichiarato incostituzionale dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, la sezione siciliana del Consiglio di Stato. Per Giletti e i suoi ospiti fissi, si tratta di due “medaglie” da mettere al petto del governatore. Anche se si tratta di due maldestri tentativi di violare la Costituzione. Finiti in becera propaganda politica, senza produrre alcun effetto positivo per nessuno. Arnone, Lumia, i pentiti… - Ma i notiziari regionali di quotidiani, radio, televisioni e siti internet hanno incredibilmente “bucato”, questa settimana, un’altra roboante notizia: la denuncia presentata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo dall’avvocato Giuseppe Arnone, il noto, storico, leader agrigentino degli ambientalisti siciliani. Arnone ha depositato un dossier in cui si denunciano una lunga serie di fatti, attribuiti al presidente dell’IRSAP, il mega ente che ha inglobato i consorzi per le aree di sviluppo industriale della Sicilia. La lunga serie di fatti e circostanze, finirebbe

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mpre più stretto tra crisi e sfiducia

Dall’alto a sinistra: Nino Caleca, Mariella Lo Bello, Maurizio Croce e Alessandro Baccei – secondo Arnone – per dimostrare che il senatore Giuseppe Lumia sia il vero regista del governo regionale. E che Lumia sia impegnato a utilizzare il suo ruolo di presidente della delegazione del Pd nella commissione giustizia del Senato, per proteggere Crocetta e la sua ristretta cerchia di amici. Attività che Lumia svilupperebbe – afferma Arnone - orientando l’attività dei magistrati siciliani a favore delle attività governative. Una bomba a ciel sereno. Vuoi perché Arnone è adesso un dirigente regionale del Pd. Vuoi perché di Lumia sembrava buon amico. Al punto di aver scritto con lui – a quattro mani – un libro sulle dichiarazioni di un pentito della mafia agrigentina. La denuncia, comunque si voglia leggere, è un fatto eclatante perché rivela, senza mezzi termini, circostanze certamente imbarazzanti sua sul fronte politico, che su quello giudiziario. Ma nessuno – o quasi – ne ha parlato. Nessuno ha commentato. Una denuncia di questo tipo è una sorta di bomba innescata

che, se verificata, può esplodere – in qualsiasi momento - lacerando ampi settori istituzionali. In caso contrario potrebbe implodere cancellando dalla scena politica il suo autore, ma santificando i suoi accusati. L’interesse di tutti – a cominciare dalle persone coinvolte a qualsiasi titolo – dovrebbe essere quello di fare chiarezza subito. Invece no. La consegna – come spesso è accaduto in Sicilia – è quella del silenzio. La crisi di nervi - Ma torniamo alla politica. Quella del governo doveva essere una crisi – lampo. Un lampo in grado di accecare e oscurare tutto e tutti, per permettere al governatoreprestigiatore di rimettere tutti i pezzi di nuovo al loro posto. L’idea “centrale” rimane quella di continuare con le operazioni di piccolo cabotaggio, buone a tenere impegnata la “massa” e a lasciare lo spazio per “saturare” ogni posizione di sottogoverno in enti, comuni, province, consorzi, banche e finanziarie. E la nuova giunta, annunciata proprio alla vigilia della discussione della sfiducia al governatore,

pare rispondere pienamente a questi requisiti. Tranne alcune eccezioni, anche questa compagine di governo è fatta in massima parte da “controfigure”: da persone che in realtà ne rappresentano altre, con poteri più forti e consolidati. E’ uno schema a cui Crocetta non è riuscito a sottrarsi. In nessuna riedizioni dei suoi multiformi governi. Mai come questa volta però, la sensazione è che il giocattolo si sia rotto. I partner di governo non hanno più voglia di stare ad attendere fuori dalla porta. Avevano chiesto di entrare a pieno titolo, nelle stanze del potere. Chiedendo – intanto – più spazio per tutti e una rappresentanza “politica”. Ma neanche questa volta ci sono riusciti. E mai come questa volta pare proprio che i conti siano saltati. Il Presidente – è vero – ha fatto a meno di quasi tutti i suoi riferimenti: dalla Scilabra alla Stancheris, passando per i due “anonimi”, quello importato dalla Toscana e quello “pescato” a Rosolini. E ha tenuto in giunta solo la Borsellino e la Vancheri. Ma alcune mosse rischiano di

aprire brecce più grosse dei buchi che si sono tappati. Il recupero della Lo Bello, riapre infatti le ferite siracusane e lascia scontento sia il sindaco aretuseo che Articolo 4, che rivendicava un secondo assessore e non “riconosce” come sua espressione Nino Caleca, che ha preso il posto di Ezechia Reale, candidato sindaco perdente proprio a Siracusa. E aperta rimane la ferita con il gruppo CrisafulliCapodicasa, a cui è stata negata la presenza in giunta, ma che ha un certo peso parlamentare. Arrabbiati anche gli Udc, che si sono visti negare la riconferma di Nico Torrisi, tanto cara all’ala catanese del partito. Il fronte degli “arrabbiati” esce quindi rinforzato da questo rimescolamento di carte. Anche perché – designazioni a parte – nessuno avrà più libertà di movimento sul profilo finanziario. Come annunciato, da Roma è arrivata la designazione del nuovo assessore all’economia, che Crocetta ha supinamente accettato. La disfida all’OK corral - In questo contesto, non certo a sorpresa, arriva in discussione

anche la mozione di sfiducia “promessa” dall’opposizione dinanzi alle spregiudicate – ma inutili -manovre del governatore per il salvataggio della Scilabra. Il voto, a questo punto avrà il sapore di una vera e propria disfida all’ok corral. L’opposizione, per la prima volta unita, schiera uno schieramento che va da Ncd ai Cinquestelle, passando per Mpa, Forza Italia e il Movimento di Musumeci. Sulla carta mancano solo sei voti per abbattere Crocetta e il suo governo. Sei voti che, conti alla mano, non dovrebbe essere difficile raggranellare mettendo insieme gli “irriducibili” del pd e gli scontenti che fanno parte del multiforme gruppone di “articolo 4”. Se – mentre il nostro giornale è in fase di stampa – si realizzasse questa condizione, per la prima volta l’Ars sarebbe sciolta per l’approvazione di una mozione di sfiducia al Presidente della Regione e si tornerebbe presto a votare. Con una grande operazione di “rigenerazione” della politica. Ma è più probabile, che – grazie a un ponderato gioco di assenze - si arrivi a un “passo” dall’approvazione della sfiducia, proprio per dare un segnale chiaro al Presidente. In vista della discussione del nuovo bilancio. L’ipotesi di assistere all’eutanasia della legislatura è – oggettivamente - all’ultimo posto tra gli scenari possibili. Perché i fortunati eletti nel listino del presidente sanno di non poter contare su nessun miracolo per tornare tra i banchi del parlamento regionale. E che fuori dai comodi “scranni” di sala d’Ercole – comunque – rimarranno venti degli attuali deputati, considerato che la prossima assemblea sarà di settanta membri e non più di novanta. Per non dire dei costi e dei rischi – per tutti – di una nuova campagna elettorale. Una onerosa opzione da contrapporre alla “certezza”, forse politicamente meno dignitosa, ma più agiata, di continuare a vivacchiare per altri tre anni, senza ansie tra i palazzi del potere, con privilegi e prebende da supermanager. Per non dire della possibilità, prima o poi, di riuscire a strappare qualcosa anche dalle mani dell’imprevedibile Crocetta.

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Migranti, veleni, inquinamento, protezione civile. Tutti i pr di R os a T omar chi o Siracusa? Una provincia fantasma. Se ne è accorto anche il Prefetto di Siracusa, Armando Gradone, dopo due anni dal suo insediamento. Dal giorno di Santa Lucia non si è mai fermato un attimo in quella che è la gestione diretta del quotidiano. “Mi sento come completamente assorbito dal tempo - esclama tra una giornata intera trascorsa ad accompagnare la Commissione UE per gli immigrati per i centri di accoglienza di Augusta. Un compito diplomatico, per certi versi, - afferma Armando Gradone, prefetto di Siracusa da quasi un anno -, ho portato la delegazione di Bruxelles in giro per i vari centri di prima accoglienza. Spero sia servito a dare un po’ di attenzione in più alla questione tutta siracusana”. Come ha vissuto questa esperienza degli sbarchi? “Lo ammetto, con orgoglio ma anche con profondo rammarico. Stiamo facendo un bel lavoro a Siracusa, qui arriva il 50 per cento di tutti i flussi migratori siciliani se ne arrivano 100 mila, la metà è sicuramente sbarca a Siracusa. Non posso essere che orgoglioso di questa attività così straordinaria che stiamo conducendo insieme all’Interforze di Mare Nostrum ed a tutti i volontari, ma è anche vero che sono rammaricato perché trovo che Siracusa sia una provincia fantasma. A Palermo (al governo) si sente parlare solo di Lampedusa mai di Siracusa o Augusta dove accadono, ripeto, il 50% degli sbarchi siciliani. Penso che questo sforzo che la provincia di Siracusa stia facendo non viene ripagato abbastanza”. Forse perchè non si vede abbastanza? “Lei crede? Quel giorno, ad Augusta, con la Commissione UE, a conclusione della visita al porto e al centro accoglienza, il capo delegazione si è alzato in piedi e ha dichiarato pubblicamente: “Grazie al territorio di Siracusa, non posso dire nulla! Oggi ho finalmente visto coi miei occhi quanto e come si sta operando, riferirò a Bruxelles dove, purtroppo, non conoscono la situazione veramente a fondo, cosa avete fatto e cosa state facendo. Grazie perchè da Bruxelles non si è capito realmente cosa accade da queste parti. Il messaggio non sarebbe arrivato se non fossimo venuti sin qui. A voi, Siracusani, non possiamo

chiedere null’altro”. Davvero belle parole quel del Capo Delegazione UE. Sembrerebbe tutto perfetto, eccellente. Ma sappiamo bene che, eppure, qualcosa non quadra. Per esempio, la faccenda sui minori? “Mette un dito sulla piaga. Come si sa, per legge, i minori sono di esclusiva competenza dei servizi sociali del Comune ospitante anche se finanziariamente devono essere sostenuti dal Ministero. Ai minori viene applicato un procedimento diverso per, si suppone, una migliore protezione. Ma questa legge era stata concepita per dare tutela ai nostri minori, parlo di soggetti abbandonati. E’ giusto che se ne occupino i servizi sociali e le magistrature, però qui stiamo parlando di flussi migratori che sono cosa ben diversa. Ad ogni sbarco arrivano cinquanta, cento minori e tutto quello che facciamo è sempre troppo poco rispetto al fabbisogno naturale”. Una situazione satura che si trascina ormai da tempo. Siracusa in due anni ha fatto scuola. “Personalmente è da un anno che lo segnalo a chi di competenza. E’ una materia che deve essere affrontata a livello regionale non territoriale. Noi stiamo trasmettendo le nostre esperienze in loco ma loro devono avere però l’ umiltà di ascoltare prima e poi dire”. Cosa è venuta fare qui la Commissione Europea? “Aveva due esigenze: comprendere la procedura di identificazione e di foto segnalamento dei migranti. Una operazione che comporta immissione delle impronte digitali in banca dati europea”. Ma allora, come mai tanti migranti di transito in Sicilia arrivano indisturbati in altri paesi del Nord Europa? “Ci sfugge proprio quest’operazione. Perché i migranti, in realtà, non hanno intenzione di fermarsi qui in Sicilia, ma di andare altrove per raggiungere le loro comunità. Proprio come facevamo noi quando andavamo dai parenti in America, in Svizzera o in Francia. Ho anche spiegato che questi migranti spesso si sottraggono alle procedure di riconoscimento appositamente. Chiaramente non possiamo esercitare forza e così cerchiamo di spiegare loro che è previsto dalla legge italiana, che è obbligatorio

Armando Gradone, prefetto di Siracusa e che sono previste persino delle sanzioni per chi non si fa riconoscere. E’ importante capire, allo stesso tempo, anche i nostri bisogni, di una terra che deve accoglienza ma che necessita del contributo fondamentale da parte dell’Europa. Che non è mai abbastanza, i bisogni sono tanti”. Miasmi. Cosa può fare un Prefetto quando c’è un popolo in piazza che grida allo scandalo e pretende sia fatta giustizia contro chi inquina. “Basta Veleno dalla Zona Industriale”, cosi come il comitato di Noi Mamme nato a Belvedere e Città Giardino, sono gli ultimi sussulti di una società veramente arrabbiata. “Basta Veleno” sarà in corteo il prossimo 29 novembre, su Facebook sono ottomila gli iscritti, tra Siracusa e provincia. Lo scorso anno novembre è stato inviato un esposto in Procura con seicento firme; la scorsa settimana sarebbero iniziate le prime indagini della magistratura su ben 12 filoni che competono il petrolchimico siracusano e gli enti pubblici di pertinenza. Sarà un iter lunghissimo, purtroppo, per scoprire, alla fine, la famosa acqua calda. Insomma, Eccellenza, la situazione è molto complessa, si rischia il disordine pubblico se la gente non dovesse ottenere in breve tempo le giuste risposte. E poi, la delegazione UE di Bruxelles non ha sentito nulla nell’aria durante il transfer dall’aeroporto di Catania ad Augusta? “Allora, dico intanto che non ho elementi certi per dire che c’è un peggioramento di un proble-

ma che comunque c’è. Io abito ai Cappuccini e la puzza arriva anche da me. Se sentissi l’odore del mare sarebbe meglio”. Sfiaccolamenti (due in una settimana alla Esso di Augusta), miasmi, incidenti industriali (vedi Milazzo) ormai sono all’ordine del giorno. Perché tutto questo attendismo? “Il problema vero, semmai, è se l’azienda rispetta o meno le normative vigenti. Perché queste aziende del petrolchimico sono comunque soggette a delle regole imposte. Inoltre, bisogna mettere sempre a fuoco un dato specifico: non dimenticare che il sistema di controllo si deve confrontare con un‘area di dimensioni straordinarie, il polo petrolchimico più grande di Europa. C’è un sistema di controllo che sicuramente deve crescere, deve potenziarsi perché costretto a confrontarsi con una realtà industriale che non ha dimensioni normali. Se un sistema di controllo va bene ad Avellino (la mia città) dove sentiamo odore di torrone e vi sono industrie dolciarie, a Siracusa questo sistema deve essere sicuramente rapportato a questo tipo di realtà che produce. Mi rendo conto che, dal punto di vista dei cittadini, si tratta di un processo molto lento, ma è questo l’obiettivo da coltivare e ne siamo tutti consapevoli”. Ma perché tutti se la prendono col Cipa, la rete di controllo inquinanti finanziata dalle aziende ? Il Cipa per lei è un no sense? “E invece sbagliamo a prendercela col Cipa. È un organo di

controllo delle aziende che hanno la necessità di avere elementi sul proprio monitoraggio. A Siracusa il sistema di controllo pubblico dovrebbe essere il punto fondamentale, ma non è ancora cosi forte. E così Arpa e Provincia sono costretti ad avvalersi del controllo Cipa. Eppure, c’è la pretesa che avanza qualcuno (il Comune di Siracusa, ndr) che il Cipa debba passare sotto controllo pubblico. Si potrebbe anche ragionare su questa possibilità ma, ripeto, non possiamo prendercela con le aziende”. Ma perché allora non potenziare l’Arpa? Come fa la rete pubblica a non essere così robusta nel petrolchimico più grande d’Europa? “Ecco, è proprio su questo che occorre lavorare in sinergia verso un sensibile potenziamento del sistema pubblico. L’Arpa è un organo fondamentale ma attualmente il suo potenziale è poco significativo. Debole. Il sistema di controllo pubblico più forte è quello della ex Provincia Regionale dove si concentra il grosso delle centraline per il monitoraggio. E si sta ulteriormente potenziando, so che vi sono finanziamenti in atto”. (L’ing. Domenico Morello, di Augusta, è il responsabile del sistema di controllo anche per inquinamento ambientale della Provincia ora Consorzio dei Comuni). Perché allora non formare una unica grande e potente rete di controllo da cui far scaturire solo un dato indelebile e indiscutibile? “Non è peccato pensare che

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i problemi di Siracusa visti dal Prefetto Armando Gradone anche la rete Cipa possa essere inserita in qualche misura nel sistema pubblico. Ma le aziende non sono di questo avviso, non in questa fase, e non commettono peccato perchè la rete l’hanno comprata loro, coi loro soldini. Non si può avere un sistema intero di controllo, ogni azienda deve avere il suo. Noi istituzioni invece dobbiamo lavorare per far crescere il sistema pubblico di controllo e, ripeto, è una delle iniziative considerate”. Ma quanto tempo occorre? “Se non allineiamo i linguaggi, se non parliamo la stessa lingua, non ci comprenderemo mai. Bisogna capire i disagi dei cittadini ma capire anche quali problemi ci stanno sotto in realtà”. Chi ha permesso tutto questo? “Dobbiamo trovare il modo per far convivere l’industria con la cittadinanza che non può subire effetti abnormi, e capire insieme come e quali azioni sono possibili per migliorare la condizione di vita dei siracusani e provincia. Il polo c’è, la chimica e la raffinazione pure, si sa da 70 anni che qui non si fanno biscotti nè caramelle come dalle mie parti!”. E allora, scappare dalla città o eliminare il polo? Piccola provocazione. Andando invece al dato concreto: come mai il tavolo Aia (autorizzazione integrata ambientale) è andato deserto a Roma? “L’Aia è lo strumento che regola la vita di queste aziende ma è un metodo che si può evolvere. Come sapete, l’Aia determina le asticelle delle aziende, i limiti entro cui possono arrivare. I parametri non sono quelli che immaginate. Cosa fare? Intanto, lavorare per il potenziamento del sistema pubblico di controllo, come già detto, perche il primo passo per avere la terapia esatta è la diagnosi corretta. Ed il problema lo sappiamo tutti qual è, i soldi. Occorre spingere tutti, noi istituzioni e voi cittadini, sulla Regione perchè finanzi il progetto”. Scoperto il gap: non comunicano “le teste pensanti”, non comunicano nemmeno le mac-

chine? “Abbiamo centraline, quelle della Provincia, del Cipa, dell’Arpa, che non dialogano tra loro. I dati devono essere armonizzati, i linguaggi allinearsi, in parole tecniche occorrono le intercalibrazioni, cosicchè tutte le Il centro petrolchimico centraline possano controllare tutte le è di dominio pubblico, c’è stesse sostanze e parlare lo stes- comunque qualcosa che non so linguaggio. Mettere le reti in funziona, possiamo tranquilsintonia”. lamente chiamarlo stato di Bene, ma chi compete? A emergenza? Roma o a Palermo? “Quello che si deve compren“E’ una questione politica. Cer- dere è che ciò che considera la tamente non compete alla Prefet- normativa vigente non è lo sfotura. Capiamo bene il ruolo, qui ramento di quel giorno ma la disi fa pubblica sicurezza”. namica del tempo su base annua. Bene, parliamo allora del piano Se ci sta un piccolo sforamento di evacuazione per Siracusa in oggi e domani, non basta per crecaso di incidenti industriali, di are lo stato di emergenza. Vero maremoti e terremoti. Manca. è che ci sono questi sforamenti “In fatto di inquinamento, stiamo abnormi ma, se vanno considefacendo alcune cose per ridur- rati all’interno della logica norre gli effetti nocivi. Personal- mativa, sembrerebbero in linea. mente, sto cercando di mettere Ripeto, a me non risulta, il fatto insieme tutte le “teste pensanti” che mi preoccupa è che se gli efdel territorio ed insieme a loro fetti sono quelli che si lamenesplorare le strade che portino tano significa che devo cambiare a risultati positivi. Insieme alle la legge. Ma io non ho potere di commissioni stiamo cercando niente su questo versante. Esiste di capire al di là delle normati- un procedimento giudiziario ad ve nazionali se le aziende stanno hoc sebbene la comunità siracuin regola. Perche, se stanno in sana reclami un di più per cerregola, vuol dire che non basta, care di contenere questi effetti perche la puzza continua e le che sembrerebbero in regola. morti ci sono. Quello che stiamo Ripeto, non sono un tecnico, ma facendo noi è un lavoro che si esisterà pure un modo per isosvolge nella logica del confronto lare le sostanze che producono e della collaborazione volonta- effetti peggiori dal punto di viria. I cittadini sono sempre più sta olfattivo, che creano disagio sensibili, giustamente reclamano alla popolazione. O qualche altra un ambiente sano e vivibile, sen- indicazione che ci faccia capire za preoccupazione per rischi per ciò che fa male, che va oltre la… la propria salute”. puzza. Allora io chiederei a quePosto che la normativa è ri- sti signori scienziati di sapere spettata, sulla base di ciò che oggi quali sono le quattro, dieci

sostanze prodotte dal petrolchimico che possiamo considerare con maggior preoccupazioni e rischi per i cittadini, così, a livello pattizio , lasciando stare la norma generale. Ogni volta che il parametri sforano, concordare insieme ,tra amici e gentiluomini, quali azioni attuare non trascurando l’eventuale fermo temporaneo di un’azienda. Alle brutte anche il fermo dell’intera produzione del petrolchimico. Non è una idea originale, la avete già vissuta a Siracusa nel 2005, così mi hanno riferito i tecnici, ed ebbe pure successo”. Inquinamento e industria a parte, lei che è un tecnico di protezione civile ci sa dire a che punto siamo con il piano di evacuazione in città nel caso malaugurato di evento sismico o incidente industriale? Viadotto interrotto, ponte dei Calafatari da demolire, poche vie di fuga e, tra l’altro, nessun progetto serio per le aree di raccolta. Qualcuno della Protezione Civile ha addirittura affermato che “il Piano di evacuazione è un piano aleatorio”. Perché nessuno pensa ad una simulazione definitiva? A quando la prova generale? “Non so, vedremo. Al momento non posso rispondere, non ho elementi utili. Devo raccordarmi con i miei collaboratori. Io non so nemmeno cosa succede domani. Tuttavia, mi farò portavoce dei questa istanza. Piuttosto, voglio porre l’accento ancora una volta sul caso inquinamento industriale. Per dirla tutta, il lavoro virtuoso intrapreso purtroppo è stato interrotto il 5 marzo scorso. Mancano le firme per dare il via a quel famoso piano di intercalibrazione, al nuovo regolamento sulla immissione dei dati online giorno per giorno a beneficio dei cittadini. Il documento non è stato formato perche non è facile mettere insieme tutti questi enti. Una trentina almeno. Neanche il tavolo prefettizio basta per contenere tutti gli interlocutori. Ci vorrebbe l’assemblea regionale. E poi, ad ogni riunione emerge sempre un problema nuovo. Insomma, tre mesi dopo il mio insediamento mi sono occupato

subito di petrolchimico, ma ancora tutto rimane in sospeso”. Tre mesi. Nulla a cospetto dei 30 anni di attesa e di speranza maturata in cuor suo dal signor Tranchino, titolare dei uno dei negozi più famosi a Siracusa sin dagli anni Sessanta. Oggi il signor Tranchino ha settanta anni suonati e ricorda con amarezza quella mattina di trenta anni fa. “Come sempre mi reco ad aprire il negozio (in via Maestranza) quando mi accorgo di un odore fortissimo proveniente dalla zona industriale. Vado dai vigili urbani, che allora si trovavano in via Gargallo, una puzza incredibile imperversava su tutta la città. Alla Polizia Municipale mi suggeriscono di recarmi al Comune presso l’ufficio ecologia di piazza Duomo. “Non abbiamo nemmeno gli stampati per la domanda al sindaco. Si rivolga alla Provincia”. Ma anche li, buco nell’acqua.” Noi facciamo solo rilevamenti per smog automobilistico. In Prefettura ne sapranno di più”. “Noi non ce ne occupiamo – rispondono dal Palazzo di Governo - vada alla Provincia che gli daranno più soddisfazioni”. Dal quell’incredibile rimpallo sono trascorsi trenta anni, frattanto sono cambiati prefetti, sindaci. Ma la puzza industriale, quella rimane”. Che ne pensa di questa storia, signor Prefetto? “Nessuno ha la bacchetta magica. Posso rivolgermi a San Gennaro da buon napoletano. Resta il fatto che per me questo tavolo ha senso sebbene lo sport nazionale di questo Paese è sottoscrivere protocolli , con titoloni sui giornali per poi, il giorno dopo, dimenticare tutto. Questo è un lavoro certosino i cui frutti possono vedersi dopo anni. Nel tempo. Bisogna avere pazienza e intanto iniziare. Continuo a credere che il valore aggiunto è quello di tenere vivo questo tavolo,tenerlo attivo almeno una volta al mese vuol dire capirsi. Dopo discussioni di ore e ore siamo arrivati a poco. E non è di certo colpa mia. Questo un lavoro enorme, lo si fa un po’ per volta e sperare insieme che qualcosa possa cambiare negli anni”.

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Convegno ambientalista o campagna elettorale? Un convegno ambientalista “camuffato” da apertura di una campagna elettorale all’insaputa di alcuni degli stessi organizzatori dell’evento. E’ prevedibile che volassero stracci durante e dopo l’incontro “oltre il fossile” promosso dai Verdi e da Green Italia. Tra i testimonial la vicepresidente dei Verdi Europei Monica Frassoni, insieme al presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana, Paolo Pantano portavoce provinciale dei Verdi e il responsabile cittadino per Siracusa, Peppe Patti. Tutto normale sin qui. Piazza gremita, tema forte, molti ambientalisti cosi come tanti i cittadini “offesi” dall’inquinamento industriale. Poi, all’improvviso, il fulmine a ciel sereno. L’apparizione di Marco Stella, in realtà, ben preannunciata largamente dai manifesti ufficiali sulla sua candidatura a sindaco. Nessuna novità, la candidatura a sindaco di Stella, ex An, campeggia da almeno due anni su tutti i network e su tutte le piazze cittadine. Ma la sua candidatura è sembrata una novità quel giorno, una specie di quadro che si stacca dal muro e cade a terra fragorosamente. Cosa? E cosa c’entra la politica in un convegno sull’ambiente? Diranno i più “nervosetti” non appena vedono Marco Stella pronunciare la fatidiche parole: “Questa manifestazione…., voluta fortemente da Fabio Granata qui ad Augusta,…. coincide di fatto con l’apertura della campagna elettorale”. Non l’avesse mai detto. O forse, magari, non l’ha nemmeno pensato, eppure i pruriti e i mal di pancia aumentavano rumorosamente tra la folla. Sino a quando, si

leva una voce grossa dal coro. L’uomo inveiva contro Stella e Granata, principalmente. Non condivideva nè il momento nè il luogo per parlare di competizione elettorali ad Augusta. “qui si doveva parlare di inquinamento industriale, semmai”rintuzza dalla piazza. In pochi minuti si solleva un polverone. Mentre Patti e Pantano cadono dalle nuvole, il secondo è completamente basito, Granata è il primo a chiarire i termini della faccenda, tra i Verdi inizia una serie di scambi di interrogativi, della serie “ma tu sapevi, ne eri al corrente?”. Interviene anche qualche agente per calmare gli animi che per fortuna resteranno distesi. Alla fine, tanto rumore per nulla. Risaputa l’amicizia politica che lega da anni Stella e Granata, come altrettanta scontata sarebbe stata la comparsa di Stella che è candidato sindaco da almeno sei anni ad Augusta. Va da sè, che i Verdi hanno ritenuto quanto mai opportuna e doverosa una precisazione il cui testo riportiamo integralmente: “La federazione dei Verdi della

Marco Stella e Fabio Granata Sicilia e della Provincia di Siracusa, in condivisione con la federazione nazionale dei Verdi, comunica che la candidatura a sindaco di Augusta di Marco Stella per le prossime elezioni amministrative non è sostenuta dalla federazione dei Verdi. I Verdi lavoreranno nei prossimi giorni affinché si possa trovare la massima convergenza per individuare una candidatura attraverso un processo di partecipazione che coinvolga cittadini, associazioni, movimenti impegnati nel liberare Augusta come Priolo dai veleni e indicare la strada di uno sviluppo economico alternativo che non possa prescindere dall’applicazione del principio chi inquina paga”.

La nota è firmato da Carmelo Sardegna, Beatrice Filangeri coportavoci Regionali Federazione dei Verdi Sicilia, da Paolo Pantano Portavoce Provinciale Federazione dei Verdi Siracusa. Ma non da Peppe Patti. Non da Patti perchè lui è il coodinatore cittadino a Siracusa. Glissa bene. Meglio stare fuori dalla maretta che in questo momento agita gli animi sino a Bruxelles. Certamente, la Frassoni pare non ci sia rimasta un granchè bene della presenza di un candidato sindaco nel “suo” convegno “verde&green”. Come si sa, la copresidente dei Verdi nel Parlamento Europeo è organica a Green Italia che ai Verdi Italiani. Non solo. A cascata, anche a

Siracusa si potrebbero presagire nuovi epiloghi per l’imbarazzante vicenda. Ovvero, che la sacra alleanza tra Patti (Verdi) e Granata (Green Italia) possa rompersi di colpo. Già, proprio come quel quadro che cade per terra fragorosamente dopo tanto tempo che è attaccato al muro. Cosi, senza avvisi e preavvisi. Senza alcuna informazione preventiva ed, alle volte, doverosa. Insomma, se Green ancora non è ancora “washing”, poco ci vuole. Appena un accenno lontano dalla polemica e qualche precisazione da parte di Marco Stella, motivo del contendere. “Non posso replicare “al nulla” ma quando sento pubblicamente delle cose che ti riguardano ti senti infastidito – ha affermato il candidato sindaco di Augusta –, i fatti riferiti non avevano nulla a che fare con la mia candidatura ma erano relative a un personaggio invitato da Paolo Pantano dei Verdi al quale abbiamo dato anche la parola. La manifestazione era stata ideata e voluta e aggiungo che almeno pantano, non so Patti che però si era impegnato a farlo, avevano mandato mail e già si parlava di lista e possibili candidati. Resto solo un po’ perplesso e assicuro che nessuno dei Verdi cadeva dalle nuvole. Tutto ciò non mi preoccupa nè mi innervosisce ma, come sempre, preferisco dire e sentire le cose cosi come sono. Auguro ai Verdi il massimo della fortuna e che possano trovare un candidato all’altezza delle loro aspettative. Io vado sereno per la mia lunga e faticosa strada”. Rosa Tomarchio

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Start Up: due team universitari catanesi andranno a Sassari a dicembre d i Saro F a ra ci La stagione delle competizioni fra start up non conosce sosta a Catania. Dopo Start Up Academy, il gioco d’Ateneo riservato agli studenti e concluso con il Contest Day del 22 maggio, l’Università di Catania – che nel frattempo ha lanciato la call per il Contamination Lab - mette a segno un altro importante risultato con Start Cup Catania, la business plan competition riservata ad undici team in gara che, dopo una prima fase di selezione a luglio e l’assistenza ricevuta durante l’estate dai professionisti dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Catania, si è conclusa il 20 ottobre scorso con la premiazione in Rettorato dei due gruppi vincitori premiati dal prorettore Alessandra Gentile. Al primo posto si è classificato il team “SMS Smart Measurement Solutions”, che tramite tecnologie efficienti e a basso costo, sviluppa “sistemi sen-

soriali a supporto dell’autonomia e dell’assistenza di utenti fragili”. E’ una spin off universitaria e il business plan vincente, selezionato dal comitato tecnico-scientifico di StartCup Catania 2014, è stato presentato da un team composto dal Prof.Bruno Andò e dagli ingegneri Salvatore Castorina, Cristian Orazio Lombardo, Vincenzo Marletta, Antonio Pistorio e Angelo Emanuele Lombardo. A “Omnia School Innovation” un sistema digitale “all inclusive” per le scuole, è stato assegnato il secondo premio. Il progetto è stato elaborato dagli ingegneri

Il gruppo di lavoro universitario Dario Zappalà, Claudio Sichili, Daniel Gustav Indelicato e dal dott. Andrea Castagna. A “Motorsquare” - piattaforma che supporta l’utente nella scelta della propria autovettura - è andato il terzo premio speciale offerto dagli sponsor (TechLab

Work, Microsensor, Marconi Impianti) assegnato dal pubblico, con il sistema di televoto Freello, durante la prima edizione della “StartUp night. La notte degli Innovatori. Premio StartCup Catania 2014”, che si è tenuta venerdì 17 ottobre al

MA Musica e Arte di Catania, cui ha partecipato fra gli altri il Rettore Giacomo Pignataro. A questi progetti si aggiunge quello presentato del team Archicart, per la progettazione e realizzazione di elementi di fabbrica integrati in cartone ondulato, un’altra iniziativa di matrice universitaria (ne fa parte il prof. Vincenzo Sapienza insieme all’ing. Dario Distefano e altri componenti) che si è aggiudicato la prima edizione di Start Cup Sicilia, tenutasi a Palermo il 24 ottobre a scorso, nei locali dell’incubatore Arca, con la partecipazione dei gruppi provenienti dalle Start Cup dei quattro Atenei siciliani. I due progetti vincitori di Start Cup Catania e Start Cup Sicilia – unitamente ai due vincitori dell’Università di Palermo e ad un vincitore ciascuno per le Università di Messina e Kore di Enna - sono ammessi alla finale del Premio Nazionale per l’Innovazione-PNI Cube che si terrà a Sassari il 4 e il 5 dicembre prossimi.

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La pagina delle rubriche Il partito della nazione nella politica italiana di Maurizio Ballistreri

Bisogna riconoscere grande coraggio a Renzi per avere lanciato IL “Partito della Nazione”, una proposta di forte rottura con la vecchia e stantia tradizione della sinistra ideologizzata nel nostro Paese, in primo luogo sul terreno nominalistico. Solo qualche anno or sono sarebbe stato impensabile parlare a sinistra di nazione, a causa della prevalenza politica e culturale di tendenze fortemente critiche nei confronti dei valori di patria e di nazione. D’altronde, non è chiaro cosa si intenda in Italia, ancora oggi, per “identità nazionale”, poiché entrambi i termini, identità e nazione, sono ambigui e polisenso. Siamo un Paese segnato da differenze profonde. Tra Nord e Sud, tra una regione e l’altra, tra le provincie e tra le città, tra gli stessi quartieri nei comuni, secondo l’italica logica “del campanile” profondamente criticata da Francesco Gucciardini nella sua “Storia d’Italia”. Difficile trovare un paese come il nostro attraversato da altrettante diversità culturali, di gusto, costume, stili di vita e lingue. Per non parlare delle differenze di opinione e di fede. L’Italia storicamente terra di conflitti profondi, con guerre civili: politiche e religiose, tenuta assieme per reazione alla paura di cosa potrebbe succedere “se cessiamo di essere una nazione”, come recita il titolo di un celebre saggio del politologo Gian Enrico Rusconi pubblicato nel 1992. E al tema dello scarso sentimento nazionale degli italiani è collegato quello della patria. Ernesto Galli della Loggia ha parlato di “morte della patria” a seguito

delle complesse vicende della Resistenza, dell’antifascismo e della Repubblica e qualcuno ne ha anche individuato la data: l’8 settembre 1943, con l’armistizio di Badoglio e la successiva fuga del re a Pescara. Ma già nei mesi precedenti, dallo sbarco angloamericano al bombardamento di Roma, gli italiani avevano mostrato di non saper opporre ai rovesci nazionali un sentimento di unità. I partigiani che diedero vita alla Resistenza e alla lotta di Liberazione furono, com’è noto, una minoranza come, d’altronde, lo stesso Risorgimento fu concepito e attuato (tranne che per le Cinque giornate di Milano) da élites aristocratiche e borghesi. E la prima esperienza repubblicana nel dopoguerra, ha visto i partiti di massa confrontarsi (e scontrarsi) tra opposte lealtà non nazionali: da una parte al comunismo sovietico ed alla sua visione dell’internazionalismo proletario, dall’altra all’atlantismo o al Vaticano, con il tema della patria o della nazione ritenuti appannaggio del revanscismo neofascista, anche se lo storico inglese Eric Hobsbawm, l’autore de “Il secolo breve” recentemente scomparso, dichiaratamente marxista, affermava nel 1997 che “il patriottismo è di sinistra”, dato che la stessa parola patriota “è di origine rivoluzionaria”. Fu Bettino Craxi nella sinistra italiana a recuperare l’anelito nazionale con il “socialismo tricolore” e un forte richiamo alla figura di Garibaldi nel “nuovo corso” del Psi. Probabilmente, il nostro recente europeismo, oggi significativamente in crisi a causa della grave condizione socio-economica attribuita alla moneta unica, è motivato proprio dal nostro minore attaccamento, rispetto ad altri popoli del continente, al nostro paese e alle sue tradizioni: forse ancora oggi ha senso l’esigenza posta da Massimo d’Azeglio (anche se qualcuno attribuisce la frase a Cavour), “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. E per superare il pessimismo insito nella frase di d’Azeglio, con il connesso pregiudizio antimeridionale, sarebbe necessario stimolare il senso patriottico e

nazionale degli italiani, a cominciare dal rapporto antinomico tra nazionalità e globalizzazione: sono entrambe tendenze in atto, da un lato c’è quella di proteggersi attraverso le identità territoriali o addirittura etniche, dallo shock della globalizzazione; dall’altro c’è una rielaborazione della funzione delle nazionalità o delle identità culturali esattamente per come la globalizzazione le porta in superficie, vale a dire come processo che sollecita le differenziazioni e nello stesso tempo le ricongiunge in maniera asimmetrica e conflittuale. Ed in questo scenario che il Partito della Nazione potrebbe rappresentare un punto di svolta per la politica italiana, recuperando e attualizzando le grandi correnti del pensiero politico del ‘900: quella del socialismo democratico e riformista, quella dei cattolici a vocazione sociale, quella liberaldemocratica, non dimenticando alcune specificità politiche italiane di grande rilevanza quali il repubblicanesimo mazziniano e l’azionismo, quest’ultimo fortemente influenzato dalle dottrine economiche keynesiane, e la stessa attenzione di Gramsci, presente nei Quaderni del carcere, all’esigenza di un diverso rapporto tra intellettuali e popolo e di una cultura “nazionale e popolare”, anche selezionando e creando una gerarchia nella rappresentanza degli interessi, per non essere intrappolato nella logica del “Partito pigliatutto”. Si è già avuto modo sulle colonne dei “Vespri” di soffermarsi su questo modello di organizzazione politica, elaborato dal politologo tedesco naturalizzato statunitense Otto Kirchheimer: “La principale caratteristica di questo partito sarebbe quella di concentrare tutte le sue energie nella competizione elettorale”, in conseguenza della perdita dei legami ideologici e riducendosi l’asprezza dei conflitti sociali, con l’allargamento del mercato dei clienti-elettori a cui “vendere” il proprio prodotto politico, soprattutto utilizzando la potenza dei mass media schierati a sostegno. Il “Partito della Nazione” come rifondazione della politica italiana.

(“Le cinquanta sfumature del grigio…”) Gli sperperi regionali sono “pari opportunità” di Enzo Trantino Se vi dicessi che le “spese pazze” (dalle mutande ai campanacci per le mucche!) delle varie regioni italiane (impressionante sintonia!) possano costruire “notizia”, vi offenderei. Ma quando si verifica l’ironia involontaria, allora sì avviene la consolazione umoristica, che, visti i morsi dei cattivi esempi generalizzati, almeno si potrà dire: è negativa, ma invita al sorriso. E’ avvenuto in Piemonte (poteva essere ovunque, tale è l’unitarietà della “linea” degli “onorevoli di serie B”). Il giudice delle indagini preliminari ha chiesto al P.M. l’imputazione “coatta” anche per l’assessore alle pari opportunità, sinora esclusa (quasi un marchio d’incapacità…). Finalmente! Non è la nostra esclamazione di compiacimento per la specifica persona, tra l’altro sconosciuta. Quanto per l’incarico dalla stessa ricoperto: “pari opportunità”. Vuol dire, tutti eguali davanti alle “opportunità” (le opportunità come le occasioni, secondo un detto popolare, fanno l’uomo o la donna, ladri). Tutto nella tradizione… E’ bello sapere che non sfiguriamo con la nostra beneamata regione; ma è ancora più bello constatare che non siamo i soli o i pochi. Rizzo e Stella (quelli della “Casta”) devono riabilitarci o quasi. Eravamo prima indicati quali esempi… negativi, ora, invece, non si salva nessuno: tutti in barca! E se è vero che da noi, in Sicilia, vi sono prezzi più favorevoli per molti generi, vuoi vedere che i nostri “statisti” sono stati più …risparmiosi? Tirando le somme, occorre amaramente concludere: il danaro del cittadino ha l’originario difetto di “stampa” di restare appiccicato nelle mani di chi lo gestisce. E se viene dagli economisti definito “denaro pubblico”, è come se fosse “res nullius”, cosa di nessuno. Visto l’andazzo (non ci sono arresti, processi o scandali diffusi, a costituire freno per il gradevole…contagio), una pubblica gogna potrebbe essere l’assegnazione di bandiera, ad imitazione di quelle blu in premio al mare pulito. Un suggerimento: scegliere il grigio, il colore tipico della malinconia, dei tramonti... E per non essere ingiusti, differenziare attraverso la qualità dei profitti, le “sfumature”. Ricordare “le cinquanta sfumature del grigio” è dimostrazione di aggiornamento eventuale. Cioè: essere colti. Colti nel fatto.

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Virus Ebola, la peggiore dai tempi Aids. La parola al virologo Giulio Tarro di L ella B atti ato Il virus Ebola appartiene alla famiglia dei virus filamentosi ed è stato scoperto nel 1976 in una epidemia della valle del Congo chiamata Ebola. Il contagio è dovuto soprattutto al mangiare carne di scimmia non ben cotta e poi al contatto diretto con il malato e con gli abiti e le lenzuola del suo letto. La mortalità elevata, 50-90 per cento, è legata alla forte disidratazione e il conseguente mancato funzionamento di diversi organi vitali causando emorragie interne ed esterne. Il serbatoio naturale è rappresentato dal pipistrello, che non si ammala, ed è oggetto di preda delle scimmie, le cui carni vengono usate come cibo. Anche le antilopi possono essere infette. In aggiunta il procedimento dei riti funebri è un momento di rischio in quanto vengono lavati gli intestini dei defunti. La deforestazione rappresenta una delle cause della diffusione del virus Ebola dal momento che ha spinto gli animali (pipistrelli, serbatoi del virus) verso le aree abitate, e anche l’urbanizzazione e la povertà. L’incubazione dura da due giorni a tre settimane e l’infezione si contagia dopo l’inizio dei primi sintomi con i liquidi dell’organismo, sudore, saliva, urine, feci, latte materno, soprattutto sangue. Anche il rapporto sessuale è fonte di contagio. L’infezione può essere trasmessa anche tramite animali malati. La trasmissione virale avviene fino a 24 ore dopo il decesso, come spiega Tarro. La Sicilia è la regione più esposta geograficamente al rischio di

Giulio Tarro importazione della malattia, presso le cui aree portuali sbarcano periodicamente clandestini provenienti dai paesi africani come afferma anche la Società italiana malattie infettive e tropicali? “Il tempo di incubazione del virus da 2 a 21 giorni prima della sintomatologia, evidenzierebbe la malattia prima del loro sbarco: dai paesi colpiti dell’Africa occidentale questi individui dovrebbero attraversare il deserto e quindi imbarcarsi; il virus Ebola avrebbe tutto il tempo necessario di manifestarsi durante il lungo tragitto!” Quale terapia può essere utilizzata? “In mancanza di una terapia specifica antivirale e di profilassi vaccinica, potrebbe essere utile il ricorso alla vecchia immunoterapia passiva (immunoglobu-

line con anticorpi specifici dei pazienti guariti) o a quella attuale di anticorpi monoclonali, ancora esigui, da sperimentare però su campo”. Il vaccino italiano anti ebola,è stato sancito dall’oms e consegneranno10 mila dosi entro dicembre e per il 2015 sta trattando una fornitura di un milione di provette con la GLAXOSMITHKLINE, che, quest’anno ha acquistato per 250 milioni di euro l’italiana OKAIROS,sviluppatrice del brevetto del vaccino. Che valore ha questo vaccino sul piano terapeutico? Il vaccino italiano, purtroppo, non è più tale perché la Glaxo SmithKline (GSK) lo ha acquisito e lo sviluppa con la collaborazione dell’Istituto nazionale della salute (NIH-USA). Se attualmente la mortalità con Ebola è del 50

per cento e si trova che il vaccino perché non ha bisogno del richiaprotegge del 50 per cento qual è il mo”. significato dello stesso?”. Si può fronteggiare la peggiore Sviluppare vaccini, come fa Ric- epidemia da almeno 40 anni, ancardo Cortese dall’ intero virus, è che con la diagnosi? la strada giusta che porterà al ri- “La diagnosi risulta costosa dosultato finale, la guarigione? vendo ricorrere a diversi reagenti “Il vaccino è un mezzo di preven- per la differenziale” in quei paesi zione e non di guarigione! Perso- – Guinea, Sierra Leone, Liberia, nalmente ribadisco la mia linea Nigeria, Benin – pochi laboradi ricerca e sviluppo dei vaccini tori sono in grado di effettuare in modo classico con risposta de- un test per un agente patogeno gli anticorpi umorali e/o cellulari di livello 4 (pericolosità). Credo da parte del ricevente verso virus inutile fare test per le persone in inattivati (esempio Salk) o atte- uscita da porti, aeroporti e valinuati (esempio Sabin), oppure chi di frontiera, ma è importante particelle mimetizzate (esempio proibire l’uso della selvaggina in papilloma virus). Attualmente quei paesi e soprattutto miglionon vi è alcun vaccino e alcuna rare l’informazione da parte dei terapia”. pubblici ufficiali e dei sanitari per Ci sono altre ricerche in corso? divulgare meglio quelle misure “Il vaccino usa la strategia del ca- di prevenzione e di controllo che vallo di Troia con un vettore vira- già si sono dimostrate efficaci”. le benigno e una proteina di superficie del virus Ebola verso cui Giulio Tarro, scienziato di Messina, nel l’individuo ri2006 lascia il “Cotugno” dopo vent’ancevente produce ni di guida al laboratorio di virologia del anticorpi cellulapolo infettivologico e nel 2007 torna negli ri specifici. Nella Usa a Philadelphia, ricongiungendosi con fase preliminare la patria che lo ha visto giovanissimo al sulle scimmie si fianco del grande Albert Sabin, con il quaè usato un richiale collabora a metà degli anni Sessanta, mo come adiuin una messa a punto del vaccino contro vante alla rispola poliomelite. Attualmente Tarro è prosta immune che fessore aggiunto presso il dipartimento di non è previsto biologia della Temple University di Phinella applicazioladelphia e chairman della commissione ne sull’uomo. Un alle biotecnologie della virosfera; fa parte altro vaccino studell’organismo scientifico dell’Unesco diato in Canada che ha sede a Parigi ed è presidente della utilizza un altro fondazione Teresa e Luigi de Beaumontvirus vettore che Bonelli per le ricerche sul cancro. di per se è più immunizzante

Chi è

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Con ‘I Capuleti e i Montecchi’ riprende la lirica al Bellini d i Al d o M a t t ina Il teatro Massimo ‘Bellini’ ci prova e riparte con la seconda parte della stagione lirica 2014. E’ in scena l’amato Vincenzo Bellini con un’opera che mancava dalle nostre scene da quattordici anni: I Capuleti e i Montecchi. Certo la ‘prima’ non si è presentata sotto i migliori auspici a causa del perdurare della situazione relativa ai 28 precari che stazionano da una quarantina di giorni sul tetto del teatro. Pare che solo ad alcuni di loro fosse stato fatto un contratto per pochi giorni di lavoro (giusto il tempo delle repliche dei ‘Capuleti’), insomma una ulteriore beffa che ha spinto questi lavoratori a manifestare sul palcoscenico minacciando di far saltare la recita. La tensione ha raggiunto l’apice quando uno di loro ha addirittura tentato di darsi fuoco per la disperazione ma, fortunatamente è stato fermato in tempo dai colleghi. La situazione si è quindi ‘normalizzata’ e lo spettacolo ha potuto avere inizio non senza che un rappresentante dell’orchestra esprimesse la solidarietà di tutti i lavoratori dell’ente ricevendo i calorosi applausi del pubblico. In queste condizioni, aver realizzato una recita preparata con la solita abnegazione da tutti i lavoratori e dagli artisti ospiti ha rappresentato un piccolo miracolo di professionalità. Il buon risultato è quindi doppiamente meritorio di apprezzamenti. Le scene utilizzate erano quelle già di proprietà del teatro, riutilizzate in questa circostanza da Salvatore Tropea, ma a partire da queste il regista Ezio Donato è riuscito ad imprimere qualco-

Alcuni momenti dello spettacolo sa di nuovo e personale con un chiaro riferimento alle origini del mito di Romeo e Giulietta, rievocando quasi in antefatto (durante le note della Sinfonia) la tragica vicenda delle Metamorfosi di Ovidio al tempo di Semiramide, con la pantomima degli innamorati Piramo e Tisbe sotto l’albero di gelsi le cui bianche bacche si tingono di rosso, come il sangue dei due infelici amanti. Anche i variegati costumi realizzati da Dora Argento contribuivano a rivitalizzare la scena. La tragica vicenda dei due innamorati, il cui amore è reso impossibile dalla rivalità delle due famiglie, è tornato così a vivere, ancora una volta, reso credibile e struggente grazie alla creazione vivida e drammaturgicamente pregnante del Cigno etneo che preparava così la strada ai suoi ultimi capolavori, dalla Sonnambula alla Norma ai Puritani. Grazie al concreto e rispettoso taglio registico di Ezio Donato tutti gli interpreti si muovevano con credibilità scenica, a partire dalla coppia di innamorati

pur nel paradosso sessuale del Romeo-donna en travesti, secondo una tradizione ancora in uso all’epoca di Bellini ricollegandosi alle paraboliche astrazioni di barocca memoria (ma ancora Mozart ne faceva buon uso). Rosanna Savoia era una trepida e determinata Giulietta, dalla voce pronta a piegarsi alle sfumature della liricità ‘lunga lunga’, così tipica del musicista catanese. Elena Belfiore interpretava con fiero cipiglio l’innamorato Romeo, spavalda sulla scena e disinvolta nel fraseggio mezzosopranile, cui avrebbe dato maggior autorevolezza una maggiore corposità vocale non incrinata da un costante vibrato. Shalva Mukeria era un Tebaldo dallo squillo tenorile sonoro e ben proteso verso la regione acuta. Accanto ai tre protagonisti si muovevano in equilibrato ‘ensemble’ Maurizio Muscolino (Un Capellio di buona fattura), Daniele Bartolini (Lorenzo) e, ancora, Luca Iacono e Lucia Portale. Ottima come di consueto, la

prestazione dell’orchestra e del coro stabili, veri e propri punti fermi e di riferimento del Bellini che nulla hanno da invidiare ad altri complessi di teatri magari più titolati. Sulla loro preziosa permanenza, avvalorata dal necessario rientro degli stagionali storici, bisognerà puntare per il rilancio dell’attività del teatro ed il recupero di una programmazione che oggi appare sempre più problematica. Fabrizio Carminati sul podio direttoriale ha tratto

dall’orchestra impasti sonori dinamici (al bisogno) e di melodica delicatezza cui contribuiva anche l’intervento del coro istruito con perizia da Gaetano Costa. Buon successo di pubblico ma bisogna purtroppo registrare la contrazione del numero. E su questo l’amministrazione del teatro, con il nuovo CdA, dovrà fare le debite riflessioni perche si è tirata troppo la corda. Bisogna resistere e non darla vinta alla matrigna Regione.

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Il libro della settimana La guerra di Libia e lo scoppio della prima guerra mondiale in un saggio di Cardini e Valzania di Giovanni Vecchio

Maurizio Gasparri - La lite tra Fedez e Gasparri diventa virale e l’hastag #gasparri si piazza in fretta al numero uno delle tendenze italiane dopo che il rapper milanese ha risposto con una lunga lettera su Facebook al senatore che aveva insultato una ragazzina sua fan. Gasparri aveva twittato: “Meno droga, più dieta, messa male”. 0 – intelligente, nello sguardo e nella mente, sempre…. Stefania Craxi – “Antonio Di Pietro che elemosina una candidatura a sindaco di Milano mi fa pena, con le sue inchieste ha gettato fango sulla città”. Stefania Craxi, figlia dell’ex presidente del Consiglio e già sottosegretario agli Esteri con Berlusconi, lancia l’ipotesi di correre alle elezioni per Milano 2016 sfidando in questo modo proprio “l’inquisitore” per eccellenza del padre Bettino. Proprio su Mani Pulite la Craxi ricorda polemica: “Le sue inchieste di allora non hanno risolto nulla e la riprova l’abbiamo ora: non mi pare che a Milano la corruzione l’abbiamo debellata.” 7 – tosta, come il padre!

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Salvatore Calleri - “Ma chi era Giuseppe Alessi?”. A chiederlo, al suo arrivo nella Sala Alessi di Palazzo d’Orleans, non è un turista ma l’assessore regionale all’Energia della Sicilia Salvatore Calleri. Arrivato nella sede della presidenza della Regione siciliana per partecipare alla conferenza stampa del governatore Rosario Crocetta, in cui ha annunziato l’azzeramento della giunta regionale, Calleri, siciliano di origine ma che ha vissuto molti anni in Toscana, si è rivolto ai giornalisti chiedendo: “Ma chi era Giuseppe Alessi?”. Non sapendo che Alessi è stato il primo presidente della Regione Siciliana, eletto il 30 maggio 1947. Ma è stato anche, dal ’56 al ’59, presidente dell’Assemblea regionale siciliana. 1 – in Toscana, presto! Susanna Camusso - “Al lavoro e alla lotta” ha detto la leader della Cgil Susanna Camusso, e ancora “non siamo tristi e non siamo scoraggiati. Nessuno, neanche questo governo potrà cancellare la voce del lavoro”. Lo scontro sull’articolo 18 non si ferma qui, né si fermerà con l’ennesima fiducia che l’esecutivo chiederà in parlamento”. L’intenzione dichiarata a piena voce dinanzi a un milione di persone (le stime sono quelle degli organizzatori) è di procedere verso lo sciopero generale. E per sostenere “le richieste” inoltrate a Matteo Renzi in tema di lavoro e diritti, la Cgil oggi si dice pronta a “usare tutte le forme necessarie”, perché noi “non difendiamo solo chi le tutele le ha già, ma chiediamo che” quelle esistenti “siano estese a tutti”. 7 – una sindacalista ruggente, finalmente!

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Pierluigi Bersani – L’ex segretario del Pd all’opposizione di Renzi ha detto “sono d’accordo con la manifestazione della Cgil ma non parteciperò”. E già, Bersani, che assomiglia preciso al comico Maurizio Ferrini, che nella trasmissione “Quelli della notte” di Arbore faceva lo stereotipo del militante comunista di un tempo, ne utilizza anche i detti “non capisco ma mi adeguo!”. 3 – mentalità veterocomunista

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di S par tacus

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Leonardo Agueci - “Diffido del politico che si proclama antimafioso. Non significa niente”. Così Leonardo Agueci, procuratore aggiunto di Palermo e titolare delle più delicate inchieste della procura sui colletti bianchi. “Il mondo della politica crede di avere risolto i problemi creandosi un’immagine pubblica di lotta alla mafia – dice il magistrato -. L’antimafia di facciata c’è sempre stata, la gente però ora ha imparato a riconoscerla”. 7 – coraggioso e fuori dal conformismo giudiziario, nel solco di Sciascia!

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del territorio nazionale”. La conquista fu voluta dal presidente del Consiglio non tanto per concorrere con Francia e Inghilterra nella conquista coloniale, bensì per motivi interni (nonostante le sue tardive dichiarazioni in contrario), ovvero avvicinare la Destra che si metteva di traverso rispetto alle sue riforme sociali e politiche, ritenute sbilanciate a sinistra. Il Ministro degli Esteri Antonino di Sangiuliano, tramite un pro memoria riservato, aveva avvertito Giolitti sui rischi che si prospettavano ovvero l’esplosione della questione balcanica. Al presidente, tuttavia, serviva una vittoria militare e non volle saperne, pertanto, dell’offerta dell’Impero Ottomano di cedere all’Italia senza belligeranza quei territori, a condizione che Costantinopoli mantenesse la sovranità nominale, come era avvenuto per l’Egitto, divenuto protettorato inglese, e l’Algeria, francese. La mancanza di visione strategica dello stato maggiore italiano prolungò la guerra per più di un anno dando modo ai Paesi balcanici di attaccare l’Impero Ottomano per rivendicare la loro indipendenza. Così la Serbia, la Bulgaria, la Grecia e Montenegro scesero in campo. L’esito della guerra portò alla nascita della grande Serbia, che contribuì notevolmente a destabilizzare l’Austria-Ungheria. L’equilibro tra le potenze europee che, tra alti e bassi, si era mantenuto dal 13 luglio 1878 con la firma del trattato di Berlino a seguito del Congresso che si era svolto in quella città tedesca sotto l’ala del Bismarck, venne bruscamente compromesso: “a Sarajevo viene accesa la miccia della bomba che l’Italia ha innescato, l’occasione attesa dal governo di Vienna per tentare di ridimensionare l’avversario serbo” (dal risvolto di copertina). Gli autori affermano che “ci sono pochi dubbi che sia stata la guerra italo-turca ad aprire e portare a maturazione il processo di trasformazione culturale in senso filobellicista che i conflitti balcanici avevano poi completato”.

Voto

In occasione del primo centenario dello scoppio del primo conflitto mondiale, sono stati pubblicati tanti saggi storici per la maggior parte interessanti, che ci aiutano ad inquadrare quella guerra nelle sue varie e articolate motivazioni. Tra i tanti cha abbiamo esaminato, ci ha colpito particolarmente per il suo approccio “inedito” quello dal titolo “La scintilla”, che porta come sottotitolo “Da Tripoli a Sarajevo: come l’Italia provocò la prima guerra mondiale” (Mondadori, Milano 2014), scritto dal noto storico dell’Università di Firenze e Bari Franco Cardini e dallo storico e studioso della comunicazione e direttore di programmi Rai, Sergio Valzania. Se è vero che l’Italia all’inizio del conflitto, nell’agosto del 1914, rimase estranea alle ostilità e intervenne dal 24 maggio 1915, tuttavia, secondo una analitica e convincente ricostruzione dei fatti da parte dei due autori, l’impresa militare per la conquista della Libia (antico nome dell’area nordafricana di Tripolitania e Cirenaica) a danno dell’Impero Ottomano ebbe delle conseguenze che allora il governo italiano non seppe prevedere. Infatti, le scelte politiche del presidente del Consiglio Giovanni Giolitti e quelle militari contribuirono decisamente alla rottura dell’equilibrio tra le potenze europee. L’impresa di Libia, avviata nel 1911, venne, tra l’altro, sottovalutata nei suoi rischi militari perché non accompagnata da una visione realistica delle condizioni umane, religiose e territoriali di quel Paese. A nulla valse quanto osservò Gaetano Salvenini che “quello che l’Italia intendeva conquistare era un paese molto arretrato, perciò anche se una parte consistente del suo immenso territorio si fosse rivelato fertile … per crearvi un’agricoltura redditizia, capace di assorbire l’eccedenza di manodopera italiana che si indirizzava verso l’emigrazione, sarebbe stato necessario effettuare investimenti giganteschi, che avrebbero potuto essere destinati più proficuamente alla riqualificazione di una larga parte

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NOVEMBRE 2014 - Rubriche

Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

L’invito

Giovanni ha invitato alcuni amici a casa sua. Gli offre delle castagne in un vassoio. Luca ne prende 1/3 più 2 di quelle contenute nel vassoio. Giorgio ne prende 1/3 di quelle rimaste. Piero ne prende solamente 2. Se nel vassoio rimangono 2 castagne, quante ce n’erano all’inizio ?

Numeri a tre cifre

Mimma è alle prese con un numero a 3 cifre tutte diverse da zero. Il suo valore è uguale al prodotto delle cifre per la somma delle medesime. È anche un quadrato perfetto. Qual è questo numero ?

Addizioni

È data la somma riportata in figura. C 6 B A + 3 B A C + A B 7 2 = __________________ 1 0 5 3 8 Trovate A, B, C non nulli per i quali è verificata la suddetta operazione. Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Serie numeriche: ci sono due soluzioni: (2 + 6 - 4 + 8 - 10 + 3), (2 - 6 + 4 -8 + 10 + 3); Castagne : 21, 14, 12; Le età dei fratelli: 20 anni

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Una folle passione Regia: Susanne Bier. Attori: Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Rhys Ifans, Toby Jones, Sean Harris, David Dencik, Kim Bodnia, Blake Ritson, Sam Reid, Ned Dennehy, Ana Ularu Warner Bros. Pictures e Village Roadshow Pictures presentano “The Judge”, con il candidato agli Oscar® Robert Downey Jr. (“Chaplin”, “Tropic Thunder”) e il Premio Oscar® Robert Duvall (“Tender Mercies-Un tenero ringraziamento”), insieme per la prima volta sul grande schermo. Il film è interpretato anche dalla candidata agli Oscar Vera Farmiga® (“Tra le nuvole”) e dal premio Oscar® Billy Bob Thornton (“Lama tagliente”) ed è diretto da David Dobkin. In “The Judge”, Downey interpreta il ruolo di Hank Palmer, avvocato in una grande città, che torna nei luoghi della sua infanzia dove il padre, con cui non ha più rapporti da anni e che è il giudice della cittadina (Duvall), è sospettato di omicidio. Decide allora di scoprire la verità e in questo percorso ricostruisce i legami con la famiglia da cui si era allontanato anni prima. Nel cast del film anche Vincent D’Onofrio, Jeremy Strong, Dax Shepard, Leighton Meester, Ken Howard, Emma Tremblay, Balthazar Getty e David Krumholtz . “The Judge” è prodotto da Susan Downey, David Dobkin e David Gambino, con Herbert W. Gains, Robert Downey Jr., Jeff Kleeman e Bruce Berman come produttori esecutivi. La sceneggiatura è di Nick Schenk e Bill Dubuque, il soggetto di Dobkin & Schenk. Nel team dei collaboratori di Dobkin troviamo il direttore della fotografia premio Oscar® Janusz Kaminski (“Salvate il soldato Ryan”, “Schindler’s List”), lo scenografo Mark Ricker, il montatore Mark Livolsi e la costumista Marlene Stewart. Le musiche sono del compositore candidato 12 volte agli Oscar® Thomas Newman (“Saving Mr. Banks”, “Skyfall”).

Dal rogo all’omicidio di Danila Intelisano Abbiamo conosciuto roghi, condanne e segregazioni. Minacce, molestie, abusi psicologici e fisici. E la pena di morte. Non è sufficiente né una legge, né una prigione, per combattere una balorda mentalità, radicata nell’errata convinzione che esista un solo essere umano prigioniero. Ogni giorno troppe donne vengono cancellate dalla terra. O violentate, sfigurate e offese nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle famiglie. Nel rispetto sacro che ci é dovuto! Di contro, un immaginario maschile che non accetta di essere lasciato e contrastato; che si definisce un essere evoluto e annulla corpi e anime di chi considera un oggetto di uso personale. E un ostacolo da rimuovere. Partiamo dai banchi di scuola, dalle famiglie, dalla chiesa e dai mezzi di informazione e di cultura. Da quegli uomini sani che devono opporsi, con determinazione, alla brutalità dei loro simili. Il cambiamento epocale può avvenire solo all’interno di un’educazione relativa non alla parità tra i sessi, ma alla chiarezza del concetto di libertà e di rispetto. E all’essenzialità che nessun tipo di amore o di convinzione, di fede o di ragione possono essere imposti e gestiti come una proprietà privata o una verità rivelata. Forse il problema, ancor prima di essere di coppia, è dell’individuo e nell’individuo che genera un concetto perverso di sentimento che fermenta nel cervello. E non trova via d’uscita se non nella carcerazione e nella soppressione, dove il rifiuto di una donna è vissuto come un intralcio ad un volere senza appello. Cosmo a quanto pare esprimere se stesse é una minaccia seria per gli ominicchi.. “Amore, rispetto e libertà non possono essere scissi. La loro coniugazione è la dimostrazione della veridicità di un sentimento scevro da ogni altra esigenza, che non sia quella di amare senza condizioni. Ogni forma di violenza, invece, presuppone una pretesa di schiavitù che rivela ancor prima la sconfitta di se stessi in ogni ruolo. Educare e moderare, sin dall’infanzia, le pretese del nostro IO, può aiutare a crescere sani e a prevenire tragedie”.

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