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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 3 anno X - 24 gennaio 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Quale nome dal cilindro? di Fabio Tracuzzi E adesso ovviamente i complimenti si sprecano. Quando qualcuno muore, o, evento più raro in questo nostro ex Belpaese, quando qualcuno si dimette non si fa altro che tesserne le lodi. Tutti, nessuno escluso, diventano come per incanto grandi statisti, grandi politici, grandi imprenditori, grandi manager, grandi qualsiasi cosa. Tutti che hanno, miracolosamente, contribuito a fare dell’Italia, con il loro prestigio, “un riferimento mondiale tanto da essere stimata e presente in tutte le grandi vicende mondiali”. Queste, ad esempio, sono alcune delle parole scritte dal compagno Emanuele Macaluso sul quotidiano catanese La Sicilia, per salutare il compagno Giorgio Napolitano nel giorno in cui lascia la “prigione” (così l’ha definita l’ormai ex Presidente della Repubblica) del Quirinale. Insomma a giudicare dai commenti che si leggono su queste dimissioni l’Italia appare oggi come un Paese ricco, felice, all’avanguardia, pieno di speranze e di possibilità. Nessuno fa cenno alla disperazione in cui questo Paese è piombato negli ultimi dieci anni, sì esattamente il numero di anni in cui Giorgio Napolitano ha occupato il palazzo del Quirinale. Disperazione e senza prospettiva di miglioramento. Quanto meno a breve scadenza. Colpa sua? continua a pag 12

Rosolini

Spettacoli

Ridicolo! Si rivota in due sezioni

Sì agli eventi nei teatri antichi siciliani

R. Tomarchio

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Servizio

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Crocetta affonda e per salvarsi usa a d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Crocetta va in Procura. Va a denunciare un altro possibile sperpero di denaro pubblico. Il dossier gli è stato preparato – in bella forma – dall’avvocato Antonio Fiumefreddo, che il governatore aveva avuto come assessore per un giorno e che – alla fine – ha collocato alla guida di uno dei tanti enti regionali. Fiumefreddo è uomo di legge. Uno che – tra l’altro – ama cavalcare la tigre giudiziaria e calcare le assi del palcoscenico della cronaca. Si è insediato alla guida di un ente che avrebbe dovuto valorizzare il patrimonio della regione e che invece ha generato un contenzioso milionario. E non si è fatto sfuggire l’occasione. Ha confezionato un dossier e l’ha mandato al governatore. Crocetta, che ama fare il poliziotto, alla vista di un carteggio che si presta a diventare un fascicolo giudiziario, è andato in brodo di giuggiole. E si è fiondato nello studio del nuovo procuratore della Repubblica, felice di aver qualcosa da offrirgli in visione. Poi, giusto per non perdere l’occasione di oscurare i disastri della sua attività amministrativa, ha convocato i giornalisti amici e si è lasciato andare a uno dei suoi show fanta-giudiziari un po’ a cavallo tra il kitch e il demodè: “a breve saranno in molti a ballare la samba”, ha detto ai cronisti, lieto di poter violare – se è vero che ha sporto denuncia – il segreto istruttorio... Ma si tratta, in realtà di un segreto di Pulcinella: tutti sanno infatti che l’operazione con cui il governo Cuffaro avviò – nel 2006 – il censimento e la valorizzazione del patrimonio immobiliare della regione, creando la Spi, è nata bene, ma è finita male. Con un contenzioso tra la Regione e i partner privati – manco a dirlo – che hanno gestito le attività tecniche. Fino a quel momento la regione non sapeva neanche quanti immobili possedesse, o quale fosse la loro consistenza, il loro valore. Mentre molti uffici occupavano immobili privati, in affitto da sempre. Partì un gigantesco censimento, che rivelò un gigantesco patrimo-

Il governatore “scopre” il caso della la società che avrebbe dovuto provvedere alla valorizzazione del patrimonio immobiliare della Regione. E va in Procura – Da Roma e Bruxelles arriva infatti una bocciatura al prepensionamento della formazione: in 4 mila dicono addio a ogni speranza – Mentre il governo “trova” 70 milioni l’anno per i dipendenti della Sas... nio. E fin lì tutto bene. Poi partirono le attività di valorizzazione: di vendita o di ristrutturazione, di affitto o di trasloco. Allo scopo di razionalizzare l’uso che la regione faceva dei suoi beni e della “patrimonializzazione” degli immobili in eccesso. A quel punto, però, nacquero dei problemi contrattuali con i privati, mentre – oggettivamente – la regione ottenne perfino un premio – tra tutti gli enti pubblici italiani – per l’attività svolta. Quando saltano i rapporti – si sa – saltano anche i numeri. Mentre il blocco delle attività avviate, invece di generare vantaggi, alla lunga sta creando costi. Dietro questa situazione ci sono errori? Ci sono comportamenti perseguibili? E’ probabile. Ma Crocetta, in materia di errori, non è certo l’uomo che può lanciare la prima pietra... Un errore tira l’altro - Sarà la sorte. O forse l’incoscienza. Molti giurano sull’ignoranza. Fatto sta che il governo regionale non riesce ad azzeccarne una, che sia una. Almeno sul piano amministrativo. Su quello penale le cose vanno a gonfie vele... Ma vediamo di spiegare, ai nostri lettori, cosa sta accadendo in queste ore nelle stanze del governo regionale. In realtà basterebbe una sola parola a spiegare tutto: il caos. Ma un caos calmo, quasi voluto... Il fatto è che da Roma e da Bruxelles, è arrivato un doppio “no” rispetto all’idea di utilizzare le risorse del cosiddetto “fondo giovani” per pagare... le pensioni dei di-

pendenti degli enti di formazione. Sì. Avete capito bene: il governatore più estroso della penisola, aveva pensato di utilizzare i fondi destinati alla formazione dei giovani inoccupati o disoccupati che siano – e sono tanti -, per pagare un paio d’anni di pensione ai dipendenti degli enti di formazione che lui ha gettato sul lastrico, con una politica nel settore della formazione che definire approssimativa è un grande complimento. Ma vediamo di spiegare. Come tutti ormai sanno, il settore della formazione professionale, inteso come il vecchio sistema di corsi offerti come ammortizzatore sociale all’esercito di disoccupati siciliani è saltato. Il “modello” era certamente logoro: usurato dal tempo e dall’uso spregiudicatamente politico. Ma serviva comunque a uno scopo sociale preciso: a dar lavoro a ottomila “formatori” e a dare qualcosa da fare e una sommaria preparazione professionale in alcuni settori a un vero e proprio esercito di “corsisti” che contavano sulle poche centinaia di euro di “gettone”, come loro unico reddito “sociale”. Crocetta aveva promesso di meglio e di più. E ha smontato, utilizzando le denunce e le inchieste giudiziarie, il vecchio sistema. Prima ha bloccato tutto. Poi solo i pagamenti. Poi ha falcidiato gli enti. Ha chiuso le porte ai corsisti. E alla fine ha massacrato i formatori. Non si è trattato, in realtà, di macelleria sociale. Ma di una vera e propria “mattanza” a cielo aperto. Il proposito, tra l’altro, è dichiara-

Il presidente Crocetta to: sostituire i vecchi enti in mano ai partiti con nuove realtà in mano agli imprenditori. E non ci vuole molto a capire che si tratta della vecchia tecnica del “togliti tu che mi ci metto io” tanto cara ai massimalisti in salsa rivoluzionaria. L’esatto contrario del consociativismo ecumenico dell’”aggiungi un posto a tavola” che ha caratterizzato la gestione intrinsecamente e storicamente democristiana del settore in Sicilia. Meglio? Peggio? Potremmo azzardare una valutazione solo se il nuovo modello “rivoluzionario” fosse, come dire, disponibile per il pubblico. Crocetta ha ripetutamente annunciato un disegno di legge, a firma di quel genio dell’amministrazione pubblica che porta il nome di Nella Scilabra e che i siciliani hanno potuto apprezzare proprio alla guida dell’assessorato nel corso della caccia all’uomo dei due anni che ci siamo appena lasciati alle spalle. La nuova assessora Mariella Lo Bello, con alle spalle una lunga esperienza negli uffici postali della repubblica, appena insediata al posto della bella Nella, ha però annunciato a sua volta che il disegno di legge aveva bisogno di alcuni approfondimenti prima di essere trasmesso all’assemblea regionale. Approfondimenti che sono tanto profondi da non lasciar intravedere nulla. Il disegno di legge è letteralmente sprofondato nel nulla... I lavoratori della formazione però no. Sempre la balda Nella, ne aveva previsto la riqualificazione e perfino il reimpiego attraverso la

riconversione degli sportelli polifunzionali. Ma il progetto è bloccato. A sostegno del lungo periodo di “blocco” dell’occupazione, aveva previsto il varo di un periodo di cassa integrazione “in deroga” per quattromila di loro e il prepensionamento per gli altri quattromila. Ma la cassa integrazione non è “passata”: non è possibile, hanno spiegato da Roma, applicarla ai lavoratori degli enti di formazione. E non è passato neanche il prepensionamento: non è poossibile usare i soldi destinati alla formazione per finanziare – tra l’altro senza prospettiva di futuro – solo due anni di prepensionamenti. Sarebbe una “contraddizione in termini” per la logica. Un “ossimoro” in valore assoluto per la grammatica. Una “distrazione di fondi” in termini amministrativi. Ma al governo regionale e ai suoi dirigenti, la logica, la grammatica e perfino il diritto amministrativo – come dire - “difettano” un po’... Il problema, non di poco momento, sta nel fatto che a pagarne le spese, in termini concreti, sono i siciliani. E la somma di queste “spese” sta diventando realmente insostenibile. La mamma degli sciocchi... - La somma di queste esperienze negative, direte, servirà comunque a far comprendere al buon Saro Crocetta che bisogna far qualcosa per cambiare registro. Per dare nuovo smalto all’azione del governo. Per imprimere una vera svolta al modo di intendere la politica, di fare l’amministrazione... E invece no. No in assoluto. Se è

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sa ancora il salvagente della Procura vero – ed è vero – che il governatore ha portato in aula un disegno di legge per l’esercizio provvisorio, lungo quanto una legge finanziaria. Il disegno di legge per l’esercizio provvisorio, di solito, è fatto di soli due/tre articoli. Lo stretto necessario per dire che il governo ha approvato il bilancio preventivo e che l’assemblea regionale ha bisogno di tempo – da uno a quattro mesi – per esaminare e approvare i documenti finanziari nella loro complessità. Bisogna poi dare atto dell’avvio dell’esercizio provvisorio al momento della pubblicazione sulla gazzetta ufficiale. E basta. Nulla di più. Crocetta no. Aveva pensato, in maniera creativa, di utilizzare i fondi disponibili un po’ qui, un po’ lì, approfittando del fatto che ormai il controllo del Commissario dello Stato non c’è più... Roba da pazzi. Tant’è che gli uffici dell’assemblea regionale non hanno avuto alcun dubbio nel proporre al presidente del Parlamento di rigettare in toto o quasi la “genialata” crocettiana. Rimane il fatto che il documento approvato dall’assemblea – comunque – rappresenta un “caso” nella contabilità pubblica nazionale. Un caso di cui – ne siamo certi – si parlerà a lungo. Senza alcun infingimento. E senza alcun timore, infatti, il governo ha scritto, “nero su bianco”, che il bilancio presentato all’assemblea regionale presenta coperture finanziari “meramente formali”. Arrivando perfino a “confessare” di aver usato risorse a destinazione vincolata per usi non consentiti dall’articolo 81 della Costituzione. Ma non è ancora tutto. Non “paghi” di aver previsto di utilizzare le risorse destinate agli investimenti per pagare stipendi e altre spese “non ammissibili”, il governo ha anche previsto di incassare somme che fino ad oggi – per l’ordinamento fiscale – sono di competenza dello Stato. Crocetta insomma, ha previsto di “prelevare”, non si sa con quale sistema, le tasse pagate al governo nazionale dai dipendenti pubblici che lavorano in Sicilia. Si tratta, si badi, di una prassi che dovrebbe essere applicata dal momento dell’approvazione dello Statuto autonomistico. Ma che non è mai stata codificata... Per finire, si prevede anche il famoso mutuo di “almeno” due miliardi, che servirebbe a coprire il “buco” - di cinque miliardi, di mancati versamenti al sistema sanitario. A parte l’evidente errore di

matematica elementare per cui due non basta a colmare una esigenza di cinque, c’è anche qui un piccolo problema “tecnico”: nessun ente pubblico può indebitarsi per pagare spese correnti, fossero anche debiti. Un mutuo si può fare solo per realizzare investimenti in particolare in materia infrastrutturale. Un debito è consentito cioè solo se prevede un futuro incremento del patrimonio dell’ente. Per capirci: Crocetta ha scritto un bilancio in cui si prevedono tre cose vietate dalla Costituzione, non previste dalle leggi o addirittura mai neanche negoziate. Per di più, per far quadrare i conti della Regione “solo” per un paio di mesi. Dichiarando candidamente che senza un finanziamento straordinario da parte del governo nazionale non sarà possibile neanche pagare gli stipendi... C’è solo un problema: il governo nazionale, fin qui, ha solo “tagliato” i fondi destinati alle regioni e quelli destinati alla Sicilia in particolare. E Crocetta – che avrebbe diritto di partecipare alle riunioni del consiglio dei ministri che delibera su materie di rilevanza statutaria, non solo non ha mai fatto sentire la sua voce. Ma, ricorderete, ha firmato – senza alcuna autorizzazione né del governo né dell’assemblea regionale – un accordo con cui ha rinunciato a quattro miliardi che il governo nazionale avrebbe dovuto pagare alla regione per aver perduto una causa di rilevo costituzionale... Le eccezioni alla regola - Attenzione. Il rigore non è per tutti. Intanto non c’è per il governatore e per il suo stipendio di cui nessuno ha mai potuto conoscere l’esatto ammontare. Ma non c’è per gli emolumenti dei tredici assessori esterni, che potrebbe essere facilmente azzerato o quasi chiamando alle funzioni di governo i parlamentari regionali. Non c’è per l’esercito di “gabinettisti” lottizzati selvaggiamente dai partiti che fanno parte del governo. E non c’è per le legioni di consulenti del tutto e del nulla di cui gli assessori tecnici esterni non riescono a fare a meno. Ma non c’è nessun rigore neanche per alcune categorie di dipendenti di mamma regione: è il caso dei mille e novecento dipendenti della società ausiliari siciliani, detta Sas: la mega soscietà in cui sono confluiti i dipendenti della “Multiservizi”, della “Beni culturali” e della “Biosfera”, tre società regionali che hanno reclutato questo piccolo esercito di beneficiati senza alcun concorso, per “chiamata diretta”.

Mentre i dipendenti delle altre società e degli altri enti dell’universo regionale, da maggio resteranno probabilmente senza stipendi, a questi “amici degli amici” e solo a questi, il governo Crocetta ha voluto riservare il privilegio non di un anno intero, ma di due anni di stipendi “sicuri”, con una norma “ad hoc” che è stata -manco a dirlo – approvata dal parlamento regionale. Ma... ci sono alcuni “ma”. Intanto perchè la norma “scarica” sulle aziende sanitarie che impiegano buona parte di questo personale, il cento per cento del costo degli stipendi. Fino all’anno scorso le aziende contribuivano solo con una quota del 37 per cento, pari a circa 8 milioni l’anno. Per il 2015 e il 2016, invece, si prevede – per legge – la copertura totale, senza quantificarla, a carico del sistema sanitario. E si tratta quindi di circa 25 milioni l’anno di spese a carico delle aziende sanitarie e degli ospedali. Il primo “ma” è proprio legato a questa scelta: se la Regione ha già debiti rispetto al sistema sanitario per non aver fatto, anno per anno, i versamenti dovuti, è logico – ed è lecito – scaricare sul creditore debiti del debitore? Il secondo “ma” è legato allo stanziamento di altri 45 milioni e mezzo, per gli stipendi del personale Sas eventualmente utilizzato in altre funzioni, da altri settori dell’amministrazione regionale. Se il virus “antimatematico” del governo non ha colpito anche noi, fa 70. Settanta milioni l’anno di multi e variegati servizi...alla politica. Alla faccia del rigore... Crocetta in Procura - Sì. E’ vero. Della nuova “sortita” del governatore in direzione della Procura della Repubblica abbiamo parlato addirittura nel titolo. E ne abbiamo parlato subito, fin dalle prime righe, giusto per rispettare le buone regole del giornalismo nostrano. Ma c’è di più. Perchè in questo caso, oltre al riferimento al “samba”, che è un ballo che evidentemente stimola la fantasia del governatore, vale la pena di segnalare la “freddezza” dei vertici del palazzo di giustizia, al cospetto di questo nuovo “numero” che Saro Crocetta ha voluto riservare al nuovo titolare della Procura: Francesco Lo Voi, che per ricevere il governatore ha voluto al suo fianco Leonardo Agueci. Si è trattato, per chi segue la cronaca, di un segnale preciso. Il nuovo Pocuratore ha annunciato di voler voltare pagina rispetto al normale

refrain che vuole il palazzo, diviso esattamente a metà tra tra magistrati “militanti” e progressisti e “attendisti” conservatori. “Non ci saranno più veleni a palazzo di giustizia – ha detto-. E non ci saranno magistrati di serie A e di serie B. Discuteremo, anche aspramente, a porte chiuse. E le inchieste andranno avanti. Con due soli riferimenti: la Costituzione e le leggi. Porte chiuse, insomma, alla politica politicante. Ma soprattutto porte chiuse soprattutto alle ingerenze della politica. Era stato proprio Leonardo Agueci ad affermare – durante la sua “reggenza” in attesa della nomina del nuovo procuratore – che certa antimafia faceva male alla giustizia. Ed era stato sempre Agueci a definire la nomina ad assessore regionale all’energia di Vania Contraffatto, ex pm, “una scelta che scredita la magistratura e conferma le ingerenze della politica...” Senza dire che certamente la procura sta vagliando numerose delle attività del governo regionale: dagli appalti senza gara assegnati nel settore della formazione in preparazione del “click day”, alle concessioni petrolifere rilasciate all’Eni, passando per le vicende che incrociano la nascita a Gela del progetto della centrale solare più grande d’europa. Fino alla vicenda degli appalti per l’ampliamento delle discariche siciliane, per cui qualche settimana fa è stato svelato il meccanismo di assegnazione degli appalti. Con una lettera resa pubblica, che coinvolge direttamente il governatore, non foss’altro perchè pubblicamente a lui indirizzata. Su questi argomenti, che meriterebbero altrettanti “dossier” e altrettanti esposti alla Procura firmati dal governatore, palazzo d’Orleans tace. Probabilmente per decenza. Ma non ci giureremmo. La morte di un uomo libero Voglio concludere la mia carrellata sulle vicende che riguardano la vita delle istituzioni regionali salutando un amico. Un giovane ma grande giornalista che ha legato il suo nome, la sua intelligenza professionale al servizio della cronaca. Soprattutto della cronaca politica. La scorsa settimana, alla giovanissima età di 49 anni ci ha lasciati Francesco Foresta, fondatore di Novantacento, la casa editrice di “I love Sicilia”, Live Sicilia” e “Esse”, tre testate giornalistiche che, sotto la sua direzione, hanno cambiato – in meglio – il giorna-

lismo siciliano. Lo hanno svecchiato e lo hanno innovato con una energia e una spinta che può essere paragonata solo a quella della nascita delle grandi tv private siciliane, negli anni ottanta del secolo scorso. Francesco Foresta si è sempre occupato di politica regionale. Ne è sempre stato un implacabile censore, fin dai tempi della sua folgorante carriera al “Giornale di Sicilia”, di cui fu cronista, notista politico, caposervizio e redattore capo. Ma il grande giornale, con i suoi riti e le sue gerarchie interne, le sue aderenze politiche e sociali, gli stava stretto. E – clamorosamente – lasciò, proprio quando sembrava aver raggiunto, giovanissimo, l’apice della sua autorevolezza professionale. Insieme a un altro personaggio del mondo dell’editoria regionale, Giuseppe Amato, nel 2006, fondò la casa editrice. E diede vita, con grande impegno professionale, alle sue “creature”. Che si imposero all’attenzione della politica e della società siciliana per la schiettezza del linguaggio. Per l’autonomia e perfino l’irriverenza verso i “poteri forti” dell’isola. Francesco ha indicato ai “suoi” giornalisti la strada vincente: un linguaggio fresco e incisivo, associato a un tratto elegante, mai arrogante. Con un solo “credo”: la notizia prima di tutto. Ed è stato subito successo. Hanno provato in vari modi a “imbrigliare” questa voce autonoma, libera di raccontare tutto a tutti. Anche attraverso una legge “bavaglio” fortemente voluta da alcuni deputati regionali e condivisa dal governo e dal governatore “rivoluzionario”. Ma se questi personaggi inqualificabili sono riusciti a chiudere in Sicilia – unica regione in Italia – l’ufficio stampa che garantiva la trasparenza del palazzo del governo, non sono riusciti a scalfire l’indipendenza di Live Sicilia, di I love Sicilia, di “Esse”. Francesco Foresta, come ha scritto Pietrangelo Buttafuoco, è stato un grande giornalista. Che purtroppo ci ha lasciati. All’improvviso, in punta di piedi, socchiudendo la porta alle sue spalle, battuto solo da una crudele, infida malattia. Ciao Francesco. Il coro di giornalisti liberi, perde una delle sue voci più chiare, più forti. Da oggi dovremo impegnarci di più per far sentire la nostra voglia di una terra migliore. Ci mancherai.

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Le strisce blu notturne non piacciono e la città si mobilita d i Giu l ia no Busà Prosegue la querelle strisce blu notturne che da qualche settimana sta animando il dibattito cittadino. Tutte e tre le parti interessate – l’amministrazione comunale, la cittadinanza e i parcheggiatori abusivi – hanno, ciascuno a proprio modo, manifestato e reso nota la propria volontà e le proprie opinioni in merito. Partiamo dall’autorità comunale e dalla improvvisa voglia di rivoluzionare il sistema dei parcheggi della notte catanese e di indispettire chi abita e frequenta il centro storico. L’assessore Mazzola, in quota Articolo 4 (sia pre che postscissione dal creatore Leanza), sentendo aria di rimpasto ha probabilmente voluto velocizzare le operazioni, uscendo dal cilindro questa bizzarra trovata, che lei stessa definisce punto di partenza “rivoluzionario”. Dal canto suo, Palazzo degli Elefanti prende tempo e fa sapere che il periodo di prova del parcheggio notturno a due euro dalle 21 alle 3 è prorogato al 18 gennaio e interessa l’intero centro storico, in particolare: via Dusmet (15 stalli), piazza Duca di Genova (6), piazza San Placido (6), via Coppola (8), via Gambino (3), via Puccini (4), via San Gaetano (16), via Spadaccini (10), via Gravina (14), via Gulli (7), piazza Caduti del mare (3), via Rabbordone (28), via Calì (40), via Perrone (3), via Porta di ferro (13), via Vecchio Bastione (9), via Vecchia Dogana (4), Via Carnazza Amari (5), via San Tommaso (4), via San Lorenzo (7), via Anzalone (2), via Alessi (4), piazza Carlo Alberto (192).

Quelli già esistenti nella normale tariffazione nelle ore diurne assumeranno anche quella notturna e si trovano in: via Lavandaie, via Museo Biscari, via Vittorio Emanuele II, piazza Cutelli, via San Giuseppe al Duomo, via Sangiuliano, piazza Manganelli, via Coppola, via Manzoni, via Montesano, via Paternò, via Caff, via San Michele, via Gambino, corso Sicilia, via Luigi Rizzo, via Di Prima, piazza Spirito Santo, via Santa Maria di Betlem, via Puccini, via Ventimiglia, via Luigi Sturzo, via Sada, piazza Borsellino, via Jonica, piazza Lupo, piazza Majorana e via San Gaetano. Il Comune quindi non lascia e non rilancia, aspettando ancora un’altra settimana per prendere una decisione definitiva, che speriamo non dipenderà soltanto dai soliti equilibri politici da mantenere o dalle solite casse della Sostare da rimpinguare (in fondo le scaltre multe di questi giorni basterebbero) ma anche dalle opinioni di chi la città la vive e la anima, ossia i cittadini catanesi. In tal senso, è emblematica l’iniziativa di un gruppo di cittadini (alcuni dei promotori sono gli stessi del Lungomare Liberato; ciò ad avvalorare il

progetto dell’associazionismo catanese di fare fronte comune proprio per esercitare pressione in casi come questo), che riunitisi in piazza Carlo Alberto, simbolo di questo “golpe” dei parcheggi, hanno pacificamente occupato la zona, proponendo delle soluzioni alternative circa la gestione dei parcheggi, del flusso di auto nel centro storico e della gestione della città in generale. Durante l’assemblea che spontaneamente è divenuta la concretizzazione dell’iniziativa, le proposte maggiormente condivise sono state: realizzare altri parcheggi scambiatori fuori dal centro storico con ampliamento delle tratte Brt, contrastare con maggiore fermezza i parcheggiatori abusivi, riorganizzare il traffico dei bus in centro per dare facilità di accesso dei mezzi pubblici a tutte le parti del centro ed il rispetto degli orari, favorire l’intermodalità e il traffico ciclistico con apposite piste ciclabili. Non è quindi con la

sovrapposizione di un cartello perlopiù foriero di errori e incomprensioni che si risolvono i problemi di viabilità e civiltà di una città. Insomma, sia per motivi di carattere concettuale rispetto ad un’idea di centro storico di una città moderna, sia più semplicemente per motivi economici o di legalità – la piaga degli abusivi è di là dall’essere risolta e non sarà certo questa “rivoluzione” a debellarla –, le strisce blu notturne non piacciono praticamente a nessuno. Nemmeno agli stessi abusivi. Che a modo loro manifestano il proprio dissenso, attuando dei correttivi anche abbastanza semplici. Dai loro posti di “lavoro” infatti non c’è modo di schiodarli (basterebbe solo la presenza di chi dovrebbe far rispettare la legge in fondo, ma per motivi che non ci è dato sapere la cosa pare irrealizzabile) e chi non accetta un no come risposta da chi ha già pagato l’obolo alla Sostare decide di farsi giustizia da sé. Sono già decine i parchimetri distrutti nelle ultime notti, con buona pace di chi continua ad auspicare il rispetto della legalità e la relativa vigilanza. A ciò si aggiunge – come già documen-

tato – la cortese esortazione da parte dell’abusivo a lasciare in regalo il biglietto delle strisce blu già utilizzato, in modo da poterlo rivendere all’automobilista successivo (ciò perché dalle 21 alle 3 il biglietto è unico). Che le decisioni in questa città vengano prese senza alcun criterio e senza un’idea di fondo, una visione – parola e concetto fondamentale nella campagna elettorale di Enzo Bianco e vero motivo per il quale in molti hanno dato fiducia per la quarta volta al politico di Aidone, memori forse di una primavera finita ancor prima di ricominciare – che stia dietro a singole iniziative come questa. Se sarà il buon senso a prevalere, la ricorderemo come un inciampo, l’ennesimo a dire la verità, di un’amministrazione slegata per via delle troppe anime politiche che la abitano e che tirano ognuna dalla propria parte in cerca di una maggiore considerazione politica e del mantenimento della poltrona ottenuta (come detto nel caso delle iniziative lampo di alcuni assessori in bilico in vista di un possibile rimpasto). Non è detto però, e non si ha recente memoria in effetti di un accadimento del genere, che sia il volere della stragrande maggioranza dei cittadini, espresso in qualsiasi maniera, a far pendere l’ago della bilancia verso la revoca di questa vera e propria mascalzonata. La Giunta ha un altro paio di giorni per decidere da che parte stare e per cercare di smentire o, ahinoi, di confermare, l’idea di una evidente inadeguatezza e approssimazione dei decisori che amministrano Catania.

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GENNAIO 2015 - Attualità

“Je suis Lillò”: condannato al carcere per satira di Lillo Venezia

Satira o risata. Questo non è un problema, esse si completano. La satira è all’ attenzione generale di tutto il mondo. Ma non la risata. 12 morti e una decina di feriti, anche gravi, certo non favoriscono la risata, anzi. Ma essa è la causa principale, quella evidente, davanti agli occhi di tutti, della strage di Parigi. Le vignette di Charlie Hebdo su Maometto e sull’Islam hanno scatenato le ire degli estremisti di fede musulmana, che hanno preso la stura per un attacco frontale all’occidente ed in particolare alla Francia, culla delle libertà e dei diritti individuali, in primis di opinione ed espressione. Nonostante la tragedia Charlie Hedbo è tornato in edicola, milioni di copie vendute,in copertina la la vignetta con Maometto. Je suis Charlie ha scandito per giorni il mondo, due milioni di persone hanno sfilato solo a Parigi, con alla testa del corteo tantissimi capi di stato ( mancava l’America), fra cui personalità non certo degne figure della libertà di espressione e opinione nei loro paesi. Io “Lillò” ho avuto l’onore di fare parte di un giornale satirico “ Il Male”, alla fine degli anni ’70. Un’esperienza in cui mi sono trovato per caso, chiamato da Vincino a dirigere per responsabilità il giornale,che era di fatto ingestibile. Alla prima riunione di redazione, una villetta a due piani nel rione di Monteverdi vecchia, quasi isolata, sono stato accolto dal Papa che dal balcone della redazione salutava l’immensa folla accalcata in strada ( in realtà gli stessi redattori e qualche curioso) e dava la benedizione Urbi et Orbi. L’arrivo della Digos fermò tutta la sceneggiata, messa su, come si direbbe oggi, ma anche allora, per marketing. Infatti come tante formiche comparsero im-

Assicurazioni Generali Venezia. E poi mentre faccio il giornale da me, senza l’aiuto di nessuno, redatto, stampato e distribuito, per finire sul cornicione di un ponte sul lungotevere, per buttarmi giù nel fiume ( devo dire, che nonostante fossi ben visibile sul cornicine, nessuno nè i Lillo Venezia con una vignetta di Andreotti pubblicata dal Male carabinieri di guardia alla provvisamente telecamere, fo- nale di Sicilia e de La Sicilia). vicina pagoda ebraica, né altografi e giornalisti, anche stra- Ma insieme aii numeri di gior- cuna macchina si sono intenieri. Una ottima pubblicità. Al nale, fioccavano le denunce ressati alla vicenda, pensando piano di sopra fui presentato ed i sequestri, ma la vendita a qualche fotoromanzo). Fra i allo staff e mi trovai davanti aumentava Il vilipendio alla tanti aneddoti, mi piace ricoril ghota allora della satira ita- religione di Stato e il reato di dare la presentazione del busto liana, almeno una grande par- oscenità, qualche diffamazio- ad Andreotti, organizzata sul te. Saviane, Pino Zac, Angese, ne, un rutto qui ed un rutto là, Gianicolo, alla presenza di RoVauro, Vincino, Sparagna, Pe- arrivò finalmente la condanna berto Benigni, ma anche di un rini, Jacopo Fo (o Giovanna due anni e sei mesi di reclusio- reparto di polizia della zona, al Karen), Jga Melik e tanti altri, ne ( poi ridotta ad 1 anno e otto cui comando vi era il commiscompreso l’amministratore Or- mesi). Mi ricordo che invitato sario Popò. Il quale, con tanta sini, il che non guastava. In se- a Telecolor, dopo la condanna di fascia tricolore addosso, ci guito avrei conosciuto Oreste insieme al mio avvocato Saro intimò di sospendere per graDel Buono ed anche Forattini, Pettinato, ad una domanda del vi motivi di ordine pubblico la che prese il mio posto per qual- direttore Corona, risposi che cerimonia, facendo nello stesche numero, come direttore. nessuno puntava una pisto- so tempo sequestrare il busto Fare, nel senso letterale della la alla tempia per compare il del presidente Andreotti, la parola, Il Male era una avven- giornale e nessuno era obbli- cui raffigurazione era con le tura caotica, ma divertente e gato in qualche modo, solo orecchie lunghe ed un accenno comunque responsabile. Nien- che Il Male era sicuramente il forzoso di una gobba, da mette era lasciato al caso, pe alcuni giornale adatto per i tempi di tere su un furgone della polizia giorni non si faceva altro che allora, perché irriverente con il appositamente fatto arrivare. Il inventare, buttare sul tavolo potere sia temporale che reli- commissario Popò, però, noon le idee e poi improvvisamente gioso. Ed allora i redattori de- certamente pensava di trovarsi la luce. Il giornale si costrui- cisero che era il mio momento, davanti Benigni che iniziò in va, con i mezzi di allora, cioè per cui si realizzò un servizio un certo senso a canzonarlo senza computer, scanner, tutto fotografico per la città di Roma con ripetuti Popò, molto scherrigorosamente artigianale. Ma con la carrozza, il sottoscritto zosi, tanto da suscitare l’ilariogni settimana il giornale era vestito di grigio fuma, birrit- tà agli stessi poliziotti e che il in edicola, con picchi stratosfe- ta in testa e sigarru in bocca, busto fosse molto pesante, per rici di vendita, quando si pub- facendo il giro delle mie pro- cui almeno 5 o 6 polizioti si feblicavano i cosidetti falsi (si prietà a Roma, Palazzo Vene- cero parte diligente per prenfecero anche il falso del Gior- zia e di fronte il palazzo delle derlo dalla colonna e deposi-

tarlo nel furgone. Ma quando si accorsero che il busto non era di marmo vero, ma finto, si accasciarono, sfiniti solo dal pensiero di doverlo perndere di peso. Ecco , ovviamente ce ne sarebbero una infinità, ma volutamente ho tralasciato di fare il solito pistolotto sulla libertà di espressione e di opinione. Ricordo ancora per ultimo il fatto che perfino l’ordine dei giornalisti di Sicilia, su istigazione di quello de Lazio,, mi processarono per indegnità, in quanto, fra le altre cose, riguardanti il vilipendio alla religione di stato, reato squisitamente di opinione riferentesi a patti del 18simo secolo ed al periodo del’Inquisizione, il giornale aveva raffigurato il Papa come una scimmia, peraltro simpatica e sorridente. Mi opposi naturalmente e con me anche l’Ordine nazionale, per cui mi beccai solo un richiamo ufficiale, firmato da quel grande amico che poi divenne il presidente Luigi Prestinenza. Solo una cosa posso dire. La satira non può avere limiti, o piace o non piace, ma fin dai tempi dei tempi dei greci prima e dei romani dopo, il potere è stato sempre sottoposto a verifica sarcastica, ad essere oggetto di risate ( anagrammate la parola), perfino la chiesa dovette fare i conti con le “ pasquinate”. Ogni secolo ha avuto la sua satira di riferimento. Al popolo non rimane altro, quantomeno sbeffeggiare il potere, anche religioso con i suoi simboli, soprattutto in tempi di crisi e di magra. Questo vale per i cattolici, i buddisti, gli induisti, i musulmani ed ebrei, integralisti o non, estremisti o non. A me personalmente non piace Charle Hedbo, in generale, solo Wolinski, che non a caso collaborava con Il Male. Ma poi alla fine, chi sono io per giudicare. Sono forse Lillò? Mah.

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GENNAIO 2015 - Cronaca

Catania affitti d’oro: il caso del tribunale del lavoro di Marco Benanti

A Catania si torna a parlare e a polemizzare sugli affitti comunali. L’ultimo caso è arrivato da un’interpellanza del consigliere comunale Niccolò Notarbartolo: ne è scaturito un vespaio di critiche, di interventi pro e contro. Il tema è quanto mai “caldo”, anche perché la spesa pubblica sotto il vulcano è stata troppe volte utilizzata non proprio per venire incontro a chi vive il bisogno. Davvero imbarazzante è poi, in questo contesto, il caso del tribunale lavoro, trasferito dalla vecchia sede di via Verona a quella di via Guardia della Carvana. Un “affitto d’oro” (800mila euro l’anno) anche questo finito nel turbine delle polemiche, malgrado i silenzi di una città sempre “pigra” a guardarsi dentro. L’amministrazione comunale ha fatto la disdetta del contratto, ma ancora per il trasloco alla scuola “Meucci”, dove è prevista la nuova sede, i tempi sono piuttosto lunghi. Comunque, grazie a pochi

che hanno sollevato il caso, la vicenda di via Guardia della Carvana è finita sotto l’osservatorio della magistratura. Peccato, però, che per un errore dell’ufficio requirente il processo che avrebbe dovuto avere inizio a novembre, slitterà. E ancora. Perché? Perché, a differenza di quanto fatto dall’ufficio di Procura, il procedimento doveva passare dal Gip, anzichè per citazione diretta. Per questo motivo, le carte sono tornate in Procura: che dovrà ricominciare daccapo la procedura, con l’udienza preliminare. E cosa, infatti, era accaduto? Era previsto che l’avvio del dibattiamento, a novembre, davanti al giudice monocratico della prima sezione penale del Tribunale di Catania, per l’imprenditore Domenico Toscano, il legale rappresentante della società “Domus Enterprice” Carmelo Russo e il progettista Giuseppe Garilli. Il Pm della Procura della Repubblica di Catania Agata Consoli aveva firmato il decreto di citazione a giudizio. I tre sono imputati di violazioni

edilizia (testo unico 380/01, 44 lett. B), falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica utilità (art. 481 codice penale) e di truffa (articolo 640). E’ scritto nel decreto di citazione che “…perché in concorso tra loro, il primo (Russo, ndr) nella qualità di legale rappresentante della società committente “Domus Enterprice”, il secondo quale progettista per la medesima ditta, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso dapprima in assenza di variante e concessione edilizia o permesso di costruire (già rilasciato il 17.5.2005 n. 07/0383) con semplice D.I.A. eseguivano lavori lavori di cambio di destinazione d’uso (da residenza a uffici) con aumento del volume urbanistico e lieve modifica dei prospetti, in un secondo luogo, dopo la naturale scadenza del titolo concessorio, di seguito a D.I.A., in assenza di regolare e valido titolo, eseguivano ulteriori lavori di cambio di destinazione d’uso dei locali di via Guardia della Carva-

na n.25 come al permesso di costruire. In Catania D.I.A. del 01.08.2008 e 11.09.2009. “Ancora: “…perché nelle qualità predette, il secondo in particolare quale progettista incaricato dichiaravano falsamente che i lavori per i quali erano presentante le D.I.A. del 01.08.2008 e 11.09.09 erano interventi che non incidevano nei parametri urbanistici sulle volumetrie senza cambio di destinazioni d’uso e comunque le opere edilizie realizzate di seguito alle due D.I.A. erano rispondenti alla normativa vigente. In Catania dichiarazioni prodotte il 01.08.09 e l’11.09.09”. Ancora terzo capo d’imputazione: “…perché in concorso tra loro nelle predette qualità con i raggiri esposti nel capo che precede ovvero con le false attestazioni prodotte a corredo della D.I.A. del 01.08.2008 e 11.09.2009 inducendo in errore il responsabile dell’U.T. del Comune di Catania circa la natura e consistenza dei lavori edilizi da eseguire presso i locali di via Guardia della Carvana n. 25 in specie non

descrivendo compiutamente che tratta vasi mutamento di destinazione d’uso e variazione di parametri urbanistici, richiedenti permesso di costruire e non D.I.A., procuravano a sé l’ingiusto profitto consistente nel versare un importo inferiore di oneri concessori con corrispondente danno per il Comune, nonché nell’ottenere i successivi certificati dagli organi competenti ai fini della agibilità e conformità urbanistica e sanitaria prodroniche alla stipula di contratto di locazione con il Comune di Catania al fine di adibire i predetti locali alle sedi giudiziarie del Tribunale e Corte D’Appello lavoro per i quali percepiscono quali locatari l’importo di Euro 656.688. tempo e luogo come sopra...” In relazione a questo, c’è da dire che alla “Domus Enterprice” sono successivamente subentrate nel contratto la “Leocam società immobiliare srl”, la “Femacar Immobiliare srl” e la “Leonhouse Immobiliare srl”.” Ora i tempi si allungano: come finirà?

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

5 SPETTACOLI IN ABBONAMENTO Prezzi: poltronissime € 70 - poltrone € 60 - Distinti € 50

Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

Catania - Via S. Euplio, 21 - Tel. 095 322323 - www.metropolitan.catania.it - info@metropolitan.catania.it -

Teatro Metropolitan Catania

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GENNAIO 2015 - Gela

Al via i mini-inceneritori. Realtà o utopia? di Liliana Blanco

Il dopo raffineria potrebbe essere fatto di trivelle e inceneritori. Potrebbe. Perché le novità si inseguono e la realtà è povera, ma quando l’Eni è pressata qualche risposta deve darla, anche se solo a parole perché se si ricorda il protocollo del 1999 prevedeva un investimento di 900 miliardi di lire: utopia! L’iniziativa sui mini-inceneritori, annunciata nei giorni scorsi prende corpo e viene condivisa dai dirigenti dell’Eni, i quali hanno annunciato che fra le compensazioni previste nella zona gelese ci sono un impianto di compostaggio e un inceneritore. Verranno realizzati da privati e si affiancheranno al progetto per bio-carburanti che da tempo è stato annunciato per convertire parte degli impianti di raffinazione: «Stiamo vagliando progetti per nuovi insediamenti produttivi – assicura Carlo Guarrata, amministratore delegato Rage (Raffineria Gela, ndr) - Si tratta di una piattaforma logistica dei rifiuti, un sistema di termovalorizzazione dei rifiuti e di

Uno striscione di protesta

un impianto di produzione di biocarburante a partire dalla paglia» . E mentre all’Ars si sarebbe dovuto discutere della presunta incostituzionalità dell’articolo 38 dello Sblocca Italia, a Gela si parla di una strada tracciata. I Comuni siciliani dove dovrebbe essere avviata l’ esplorazione in mare, alla ricerca di petrolio e gas, hanno detto a chiare lettere il loro ‘no’ ma sindacati e politica gelesi sono d’accordo nel difendere il protocollo del 6 novembre e le trivella-

zioni, con investimenti per 1 miliardo e 800 milioni di euro. Il sindaco Angelo Fasulo ha spiegato in questi giorni che il referendum No triv è solo una mossa politica sbagliata. Massimo Barbieri, l’amministratore delegato di Enimed (la consociata Eni che si occupa delle perforazioni a terra e a mare e che sta allargando l’organico) ha detto: «I nuovi scenari industriali e il referendum sulle trivellazioni potrebbero crearci qualche problemuccio – ha detto - ma noi

andiamo avanti e ancora oggi stiamo lavorando per realizzare nuove piattaforme che alcune società gelesi potrebbero realizzare. Ne risentiranno solamente le piccole aziende, quelle che non hanno una consistenza economica solida». Della serie i pesci piccoli possono essere mangiati! Del resto i lavoro per la costruzione della piattaforma Prezioso K, non dureranno anni e non si è dato sarepe se coinvolgeranno le maestranze locali. Ma incalzano i sindacati e sottoline-

ano che non si può perdere un finanziamenti di un milione e 800 mila euro. Nel dibattito sociale che si è elevato in questi giorni dopo la celebrazione di un incontro pubblico promosso da un’associazione giovanile è emerso che i morti non si compensano. “L’inquinamento pregresso e le politiche industriali non possono compensare i malati di cancro ed i morti. Non vogliamo l’elemosina ma poter risorgere sfruttando le nostre risorse e le nostre competenze”, dice Luca Alessi, un giovane laureato che sogna di tornare a lavorare nella sua città. A dare il “benvenuto” ai relatori sono stati gli attivisti di Forza Nuova, che hanno esposto uno striscione dai toni feroci ed eloquenti. “Fuori i preti dalla politica gelese”, un chiaro riferimento a don Giuseppe Fausciana che segue da vicino le attività dei giovani dell’associazione che è partita come organismo di semplici volontari, approdati ad un’industria dello spettacolo ed ora candidati alle prossime elezioni amministrative e alla classe dirigente del futuro domani.

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GENNAIO 2015 - Giarre

Il bicentenario di Giarre: l’occasione e la palude di Dario Li Mura

Il 2015 è per Giarre l’anno del Bicentenario, anniversari e ricorrenze civili della storia di una comunità meritano un rilievo, perché voltarsi indietro, essere coscienti del passato dal quale si proviene, degli errori, delle storie, degli uomini e delle donne è una occasione per alzare la testa e guardare avanti per porre nuove mete. E’ tanto più importante oggi, nei giorni della crisi, una crisi che si fa presto a dire economica, ma -come molti studiosi e gli economisti stessi sannonessuna crisi economica è solo economica, e a ben vedere, ad andare in crisi è un sistema produttivo, un sistema culturale, un sistema di stato sociale, la selezione delle classi dirigenti, la forza rappresentativa dei corpi intermedi, un sistema di valori, il sistema paese. E’ necessario avvalersi di una lettura spietata della realtà per riuscire a comprendere fino in fondo che bisogna porre in essere comportamenti nuovi, comportamenti orientati ad una nuova costruzione socia, altrimenti i 200 anni non saranno una tappa sul cammino di una comunità ma l’estremo saluto ad una storia mandata in frantumi. Pezzo dopo pezzo, invece, bisogna ricomporre le tessere del puzzle. In tutto ciò i duecento anni sono solo un’occasione, ma in fondo fu solo un’occasione favorevole –lo scioglimento del Parlamento Siciliano il 14 Maggio 1815 e il caos che ne seguì- a far sì che la richiesta di autonomia

amministrativa, presentata nel caos dovuto allo scioglimento del parlamento, dall’allora Procuratore Generale di Giarre presso il Parlamento Siciliano, Sacerdote Michele Antonio Gentile a Sua Maestà Ferdinando di Borbone, fosse concessa con determinazione del Re. Meglio dei giarresi di oggi, quelli di ieri hanno avuto un sesto sento per cogliere le opportunità storiche. Iniziato il 2015 nessun calendario di eventi, iniziative, premi o monumenti. E’ la solita normalità giarrese di questi anni. Celebreremo le incompiute quelle che giacciono dimenticate an-

cora in parte del Parco Chico Mendez, le numerose della frazione di Trepunti, il “Teatro Nuovo” vecchio di più di 60 anni e mai finito, un pozzo senza fondo, una voragine di soldi pubblici, una “minna” che le amministrazioni giarresi spremono per foraggiare clientele. Quanto ci è costatato questo utilissimo –come se la città non avesse già il Rex e il Cineteatro Garibaldi- teatro? 75 Milioni di Lire nel 1956, circa un miliardo e 725 milioni di Lire oggi, 28 milioni di Lire -oggi 420- nel 1964, nel 1968 una variante da 27 milioni di Lire -378 attuali-, altri 34

milioni (483 di oggi) nel 1969, 89 (795 di oggi) nel 1974, 3 miliardi (5,1 di oggi) nel 1987. Totale: nove miliardi di lire, pari a oltre quattro milioni e mezzo di euro. (fonte Gian Antonio Stella, Corriere della Sera). Con i lavori del contratto di quartiere per il ricco teatro sono arrivati altri 2 Milioni di euro, poco male che l’opera principale di quel contratto sia mal riuscita e gli alloggi popolari edificati sono in gran parte di misure ridottissime un’altra quasi-incompiuta. Eppure anche questa era un’occasione, come quella che si presentò ai giarresi e al Sacerdote Michele Gentile nel 1815. Il tempismo manca all’amministratore giarrese contemporaneo, che piuttosto pare essere la reincarnazione di Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, solo che il patrizio romano prese Annibale per stanchezza, l’altro sub specie vice sindaco con delega all’ecologia (che poi sono sicuri che i rifiuti solidi urbani e l’ecologia siano la stessa cosa?) non fa che rimandare l’inizio della differenziata e la città è presa non di stanchezza ma dalla monnezza, imitazione dei fasti partenopei si dirà. A ben vedere i duecento anni hanno portato solo ad avere un logo e torna l’imperativo categorico –comunicare, comunicare, comunicare- di una amministrazione impalpabile, che semplicemente non ha nulla da dire. Eppure questa fu la città dei giardini di agrumi e del commercio, oggi è tutto alla malora e se fossimo in gradi di ripensare questa

grande tradizione della terra e dell commercio? La vicenda degli agrumi e dei giardini potrebbe non essere diversa dal paradigma della vite e del vino, c’era un tempo in cui le uve e il mosto dei vitigni etnei erano venduti per tagliare altri vini pregiati, principalmente del nord-italia e il ricavato era una miseria, poi si inizio a investire sulla lavorazione della materia prima si inizio a vinificare a realizzare cantine industrialmente evolute, si aggiunse il marketing e la commercializzazione del prodotto finito. Davvero gli agrumi non possono seguire il paradigma dell’uva? Adesso valgono più sulla pianta che raccolti, non si può competere per prezzo con quelli d’importazione, ma se, come per il Nerello Mascalese, con un nuovo prodotto finito si aprissero nuovi segmenti di mercato? E in realtà poi a Giarre la lavorazione degli agrumi e l’indotto non sono una novità e le cronache raccontano di una cittadina dove si producevano macchinari per l’estrazione di oli essenziali e ora? Giarre non ha più classe dirigente è in fondo questa la risposta, il tratto distintivo di questi anni contemporanei ma tanto decadenti. E allora anche un calendario di eventi diviene un’impresa, accontentiamoci del logo o rimbocchiamoci le maniche, questa è l’opportunità è solo un’occasione e se chi amministra è inadeguato a ripensare il sistema paese di Giarre, niente impedisce che i cittadini autonomamente alla rigenerazione di Giarre.

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GENNAIO 2015 - Messina

Messina si racconta in una foto dal balcone d i P iet ro F ra zzica I locali del Pensatoio di Vittorio a Maregrosso, sede del collettivo Zonacammarata, sono stati teatro della rassegna Cemento: viaggio nel moderno dell’isola. Fulcro dell’evento è stato Fotografa da ‘sto balcone, un progetto realizzato dallo storico dell’arte Mosè Previti con la collaborazione del fotografo Gianmarco Vetrano, ideato come un concorso senza vincitori né premi in palio, volto a investigare la quotidianità estetica dei messinesi. In sessantaquattro giorni, hanno partecipato più di centosessanta utenti di facebook inviando una foto scattata dal balcone di casa. Dalla potente combinazione tra l’istantaneità dei social network e un medium espressivo intrinsecamente democratico per via della sua facilità d’accesso scaturisce un collage identitario in cui la città esterna la percezione di sé. È una visione d’insieme quasi completamente priva di scatti realizzati nella zona sud, plasmata dall’incontrastata colonizzazione cementizia dell’edilizia commerciale e abitativa, omissione riconducibile alla ricerca di una bellezza negata da uno sviluppo urbanistico non sempre armonico. A queste immagini se ne affiancano altre, proposte dallo stesso Previti come paradigmi narrativi della percezione urbanistica comune.Ritroviamo pertanto la Galleria monumentale Vittorio Emanuele III, connubio tra eclettismo Liberty e Decò, la cui realizzazione sulla base del progetto di Camillo Puglisi Allegra, resa possibile grazie alla committenza da parte della Società Generale Elettrica della Sicilia, giunse a compimento nel 1929 in un tardo tentativo di connettere la città ai movimenti architettonici e culturali europei. L’edificio, idealmente concepito per essere un ganglio vitale dei commerci e della vita mondana conobbe fortune altalenanti, sintomo di una mancata integrazione definitiva nella vita attiva del-

In alto affresco di Blu e qui sopra casa del Cavalier Cammarata, detto il Puparo la città. La fontana del Nettuno, copia ottocentesca dell’originale del Montorsoli, si erge, nella cornice spettrale delle panchine perennemente vuote, come un mero spartitraffico, fronteggiando in lontananza la stele votiva recante la statua della Madonna della Lettera, iconico landmark devozionale realizzato,per volere dell’arcivescovo Angelo Paino, nel 1934, da Tore Calabrò e inaugurato nello stesso anno dal Pontefice Pio XI, che poté attivarne l’illuminazione da Castelgandol-

fo servendosi di un dispositivo ideato da Guglielmo Marconi. Il pilone dell’alta tensione, oggi non più funzionalizzato, torreggia sui litorali del villaggio Faro come un totem della postmodernità tecnologica, esempio calzante di archeologia industriale annoverabile a pieno titolo tra i luoghi simbolo della città. Casa Cammarata, poco distante dal Pensatoio, è un’esplosione cromatica gioiosa e analfabeta, un avamposto irriverente, stretto tra il cemento e i binari della ferro-

via, metafore della modernità dirompente che col suo clangore sferragliante lacera il paesaggio contribuendo a esacerbare il rapporto tra la città e il suo mare. L’affresco di Blu sulla facciata della ex casa del portuale è l’opera abusiva e contemporanea di un artista anonimo dai forti toni di denuncia nei confronti degli eccessi della società dei consumi. A causa del suo status irregolare è esposta al degrado e al vandalismo perpetrato da chi non ne percepisce il valore.Vetrano ha

contribuito all’evento proiettando due suoi cortometraggi che raccontano la ricostruzione di Giampilieri dopo l’alluvione del 2009 e la concomitante creazione del Museo del Fango, un argine culturale sorto con lo scopo di prevenire la cancellazione dell’identità del piccolo borgo. Alle proiezioni è seguito un dibattito moderato dal sociologo Pierpaolo Zampieri a cui hanno preso parte Gaetano Sciacca, Luciano Marabello, Luigi Giacobbe, Alessandro Russo e Francesco Parisi, che ha presentato il progetto Cultee, in cui le t-shirt vengono utilizzate come vettori di cultura visuale recanti l’immagine del pilone trasfigurata in una grafica a 8 bit. I vari interventi hanno tratteggiato l’immagine di una città protesa a inseguire la memoria rinvangando una storia remota nei cui confronti gli eventi sismici del 1783 e del 1908 costituiscono una drammatica cesura. In entrambe le circostanze le opere di ricostruzione, eseguite rispettivamente secondo i piani Arena e Borzì, hanno ridisegnato la connotazione urbanistica. Paradossalmente edificare sotto la sferza dell’emergenza e del disagio produsse risultati migliori rispetto alla successiva espansione urbana, a tratti caotica e disarmonica. Pur possedendo numerosi esempi di edilizia di pregio, la città risulta ormai irrimediabilmente priva di una dimensione architettonica globale, fagocitata nell’inferno della cementificazione. L’eco del trauma sismico si riscontra, dopo oltre un secolo, nello sfaldamento del tessuto sociale, privo di una dimensione comunitaria ben definita. Questa rassegna è un tentativo di costruire una memoria urbana contemporanea che vada oltre le impalpabili suggestioni storiche e di promuovere l’osservazione critica della città, che di per sé costituisce un’azione utile per riscoprire e valorizzare luoghi dimenticati e per decidere come modificarla in futuro affinché si conformi alle esigenze e ai desideri dei suoi abitanti.

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GENNAIO 2015 - Messina

Picciolo e Sciacca fanno pace, Finocchiaro vuole un commissario di Giovanni Frazzica Dopo il tormentone dell’isola pedonale, che ha diviso inutilmente l’opinione pubblica messinese e che si è spento nel nulla, perché rappresentava un falso problema, ora si prepara un altro argomento divisivo che rappresenta solo l’incapacità di fare proposte e di attuare programmi: la nomina del nuovo assessore che dovrebbe sostituie il dimissionario Filippo Cucinotta ed anche Elio Conti Nibali, assessore per una notte. Questa storia ha già avuto un’appendice sconcertante, una lite tra il sindaco Accorinti e qualche esponente della sua giunta con la stampa presente in una conferenza stampa in cui il sindaco cercava di attribuire al dilettantismo di certa stampa messinese la responsabilità della scelta di Conti Nibali di dimettersi dopo poche ore dalla nomina. I giornalisti, perfettamente consapevoli che le dimissioni erano avvenute per i contrasti all’interno del movimento Cambiamo Messina dal Basso, hanno replicato con determinazione. Ne è nata una querelle che ha portato l’Ordine regionale dei giornalisti ad avviare un’istruttoria su quanto avvenuto nel corso della conferenza stampa del sindaco Accorinti e della giunta sulla rinuncia di Elio Conti Nibali ad accettare, dopo la nota ufficiale di conferma, l’incarico di assessore. Presto si terranno le audizioni dei giornalisti che hanno preso parte alla conferenza, sul caso sono già intervenuti l’Assostampa provinciale, con Giuseppe Gulletta, Francesco Celi e del vice-presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti Santino Franchina che ha sollecita-

Basilio Caruso to il primo cittadino a non sparare nel mucchio ma a riferire fatti e nomi. Per definire questa vicenda a Messina sono attesi dunque i componenti del Consiglio regionale dell’Ordine. Anche in provincia cè qualche problema di assessorato. A Sant’Angelo di Brolo il sindaco, Basilio Caruso, ha revocato l’incarico all’assessore Giuseppe Palmeri. La decisione del sindaco, tra l’altro, ufficializza la rottura con la componente di riferimento del presidente del Consiglio Franco Cortolillo con la quale da tempo vi erano dissapori manifestati attraverso dichiarazioni e comunicati stampa. Palmeri aveva le deleghe alla Trasparenza, all’Urbanistica e all’Edilizia privata e popolare, dopo che, nei mesi scorsi gli era stato revocato l’incarico allo Sport e al turismo. Nell e prossime ore sono attese le motivazioni della revoca da parte del sindaco Caruso che nominerà a breve il sostituto di Palmeri in giunta. Si vedrà anche se vi saranno reazione da parte dell’escluso.

La conferenza stampa del Dr Prima di rientrare a Messina passiamo da Milazzo dove fervono i preparativi della grande battaglia elettorale per la conquista del Palazzo dell’Aquila. I candidati certi al momento sembrano essere tre: il sindaco uscente, Carmelo Pino, lo sfidante nella stessa area politica, Giovanni Formica ed il rappresentante dell’Area ambientalista Giuseppe Marano. Tace al momento l’area del centrodestra ed il mondo liberal, ma se questi mondi riuscissero ad unirsi avrebbero ancora voce in capitolo. A Messina, dopo la scandalosa vicenda di Casa Serena, dove durante i giorni della neve gli anziani ospiti sono stati lasciati senza riscaldamento, scoppia la protesta dei villaggi della zona nord isolati e senza mezzi pubblici. Una delegazione di cittadini, accompagnata dai consiglieri della VI Circoscrizuone Giusy Feminó, Valeria Ballariano, Nunzio Cardullo ha manifestato il proprio malcontento a palazzo Zanca. Nei mesi scorsi i bus in circolazione quotidianamente erano

in media 40. Ora sono scesi nuovamente a 25. Protestano i villaggi di Salice, Gesso, Castanea, Masse, Torre Faro, Faro Superiore, Curcuraci, Ganzirri, Rodia e San Saba, perché ormai da mesi sono senza trasporto pubblico e i cittadini sono costretti a enormi sacrifici per andare a lavoro o, i giovani, per andare a scuola. I manifestanti sono andati a chiedere risposte a Palazzo Zanca, una protesta pacifica ma decisa. Si registra intanto una notizia che potrebbe avere risvolti positivi per la Città: la pace tra l’on. Beppe Picciolo e l’ex ingegnere capo del Genio civile Gaetano Sciacca, che assume particolare valore grazie anche alla presenza dell’assessore regionale Maurizio Croce, vicino a Picciolo, con una delega chiave proprio sul destino delle aree Zir e Zis e sulla Zona falcata. “Siamo stanchi di discussioni vuote commenta Beppe Picciolo- vogliamo parlare di programmi. Da oggi è l’anno zero e la zona falcata deve essere al centro di un accordo di programma che

porti in tempi brevissimi alla bonifica ed alla riqualificazione dell’area”. “La zona falcata, Zir e Zis sono il cuore dei problemi – dice Sciacca - Ma l’amministrazione comunale ancora non ha reso noto quanto deciso in merito. Per queste zone c’è una sola stella polare ed è il Piano di recupero particolareggiato, del quale però ancora non ha reso noto nulla, neanche le norme di attuazione. Nelle more del Piano il Ddl presentato dai Dr prevede quegli interventi che altrimenti sarebbero impossibili”. Sciacca poi sottolinea l’aspetto relativo ai tempi lunghi, il fatto che finora non si è provveduto potrebbe aprire le porte ad un commissario ad hoc inviato dalla Regione. “Solo con una politica forte - ha concluso Sciacca - si possono portare avanti forti iniziative e la zona falcata deve rappresentare la priorità”. La mancanza di partecipazione nelle politiche del territorio è stata sottolineata da Massimo Finocchiaro, cordinatore del Megafono, vicepresidente di Confindustria e riferimento provinciale del governatore Crocetta. “Le dichiarazioni dell’assessore De Cola sulle norme di attuazione sono un fulmine a ciel sereno perché nonostante le sollecitazioni degli ordini professionali non siamo stati chiamati a nessun confronto. L’unico fatto certo è che al momento è tutto fermo, l’area dovrebbe essere riqualificata ma è completamente bloccata con un danno gravissimo per l’edilizia. A mio avviso l’amministrazione è già inadempiente e i deputati potrebbero già chiedere l’invio di un commissario”.

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Il Paginone

Napolitano comunista della prima repubbica passerà al

di Cla udio Mec Mel chi or r e “Di fronte ad una Commissione d’Inchiesta parlamentare sul sistema di finanziamento illegale dei partiti e della politica, Giorgio Napolitano sarebbe un testimonio di primo piano ed un collaboratore utilissimo di verità e giustizia. “Ad affermarlo è stato Bettino Craxi, ex segretario del Psi che ha affidato queste sue parole a delle memorie da Hammamet. Testimonio del finanziamento illegale, significa che il Presidente Napolitano è sicuramente uomo della Prima Repubblica che di quella ha conosciuto tutto, nel bene e nel male. Comunista migliorista si definì e fu definito. I miglioristi erano amici dei socialisti, da questi finanziati, secondo le parole dei più autorevoli esponenti socialisti e per ammissione più o meno chiara di alcuni tra i comunisti riformatori, come amavano dirsi per confondersi con i riformisti del garofano. Posizione strana, quella del leader migliorista Napolitano che era comunista fidato, nella sua qualità di “ambasciatore del Pci”. Se infatti la sua corrente pare abbia avuto un aiuto dai cugini socialisti, sicuramente il PCI ebbe continui e grandi aiuti dal Partito Comunista Sovietico e dalla Russia, potenza nemica del blocco occidentale ma che aveva nel PCI il maggior referente in Europa Occidentale. Al disfacimento delle relazioni e degli stati legati all’Unione Sovietica, Napolitano già aveva ampiamente rivisto la sua posizione e si era già tramutato in campione dell’altantismo. Nel 1978 fa il suo primo ingresso negli Stati Uniti, grazie ai buoni uffici di Giulio Andreotti, leader navigato e sfacciatamente filo arabo, oltre che filo atlantista. Napolitano diventerà così affidabile che Wikileaks, appena qualche anno fa, svela che lo stesso gabinetto di Barack Obama rende esplicita dichiarazione di affidabilità nei confronti del Presidente della Repubblica Italiana. Giorgio Napolitano è infatti abilissimo e prudente nelle sue mosse. Non solo non rinnega le sue ori-

gini, ma non dà segno di discussione o macerazione nell’errore. La sua difesa dell’invasione sovietica in Ungheria non darà mai sfogo ad un ripensamento, ma ad un semplice riposizionamento molti anni più tardi, quando cioè il fallimento dell’esperienza del comunismo europeo ai suoi occhi diventa palese. Nel 1992, l’anno della svolta e, probabilmente, anche l’anno in cui l’Italia ha cessato di avere una politica estera, il futuro Presidente si è già riposizionato. Lui stesso, lo scorso anno, dando testimonianza al processo sulla cosiddetta “trattativa” Stato-Mafia parla di sé stesso come di uno dei tre che in quel periodo gestì la delicata fase politica, insieme a Spadolini e l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro. Di questi, solo lui è oggi ancora vivo e tante tante cose ancora non le ha dette. Tanto fu filosovietico all’epoca, quanto atltantista è oggi. Mai una parola contro gli interventi militari. Interventista a più non posso, persino in occasione della sciagurata guerra per la deposizione, poi trasformatasi in assassinio del dittatore libico Gheddafi. Non c’è che dire Giorgio Napolitano ha saputo fare di silenzi, parole dette al momento giusto, cambi di posizione senza troppe discussioni la sua cifra. Era fervente proporzionalista, oggi dà appoggio incondizionato ad un sistema elettorale che tende quasi completamente a prescindere dalla volontà degli elettori. Alla sua prima elezione viene considerato nemico del Cavaliere Silvio Berlusconi. Quando questi sarà al governo, mai Napolitano gli fa mancare il suo sigillo a qualsiasi iniziativa legislativa, sia pure discutibile. Prende posizione contro Berlusconi convincendolo, così come accadde in situazione diversa, ma simile per irritualità con Scalfaro, che l’unica strada possibile era quella delle dimissioni del suo governo. Silvio Berlusconi che, in effetti, non aveva dato grande impressione di saper gestire la com-

plessa partita economica, lascia il suo incarico e Napolitano prefigura in totale o quasi solitudine il destino del governo d’Italia, affidandolo al neofita Mario Monti. In pochi mesi, arrivano le riforme tanto agognate. A molti non piacciono, ma si fanno. Napolitano appoggia incondizionatamente questo governo dei tecnici, si sospetta che molti ministri siano stati scelti da lui, direttamente. Il governo Monti arriva a scadenza elettorale e qui accade l’impensabile: il Presidente del Consiglio tecnico, pretende di partecipare, con una sua formazione politica, alla tornata elettorale. Il Presidente sconsiglia caldamente la scelta. Le elezioni, che avrebbero dovuto essere vinte dal Partito Democratico, lontano parente del Pci che aveva in Napolitano il suo ministro degli esteri, danno un

pari e patta come risultato, con la grande novità di un impressionante numero di parlamentari eletti dalle liste di Beppe Grillo. I passaggi politici sembrano lunghi e difficili. Alla fine il governo finisce nelle mani di Enrico Letta. Pierluigi Bersani, già segretario del Pd e capo del governo in pectore durante la campagna elettorale appena conclusa, viene amaramente sconfitto da 101 franchi tiratori del suo partito, al momento di tentare la elezione di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica, dopo che questa viene formalizzata all’unanimità dalla direzione di quel partito. Quella sconfitta aveva anche portato a chiedere con insistenza e ad ottenere l’assenso di Napolitano a farsi eleggere per un nuovo mandato. Come un imperatore giapponese, Napolitano, ormai da tutti considerato Re Giorgio, con riluttan-

za e senso del dovere, decide di accettare l’incarico, ma a tempo. E’ signore incontrastato. Ed è quindi a lui che si deve la scelta di Letta come traghettatore verso le riforme e la gestione della crisi finanziaria italiana. Ma il governo Letta viene scandito dalla lenta ma sempre più rumorosa e accelerata andatura dell’enfant prodige, quel Matteo Renzi sconfitto con onore, ma pur sempre sconfitto, nelle primarie del Partito Democratico. Quando finalmente, il giovane toscano, meno che quarantenne arriva alla Segreteria del PD, cominciano le sirene. Tutti si aspettano che ci siano contraccolpi sul governo. Ma Renzi tranquillizza tutti: “Stai sereno, Enrico”. Enrico viene costretto alle dimissioni pochi giorni dopo. Napolitano, in questo momento, non sembra garantire all’altro giovane democristiano al potere,

segue dalla prima

re dopo il fallimento di Bersani e permettere al semplice cittadino di Renzi di andare a Palazzo Chigi senza alcun mandato popolare. O no? Ma non siamo qui per dare un giudizio politico su Napolitano, che non sarebbe lusinghiero per quanto mi riguarda (salvo solo il suo amore per Stromboli) ma cercare di pensare, sì pensare, a quello che succederà adesso. La

partita a scacchi, dove il popolo che dovrebbe essere sovrano può solo guardare senza commentare o ribellarsi, si è già iniziata. Mosse lente e studiate che porteranno a una scelta condivisa, ma solo dalla nostra pessima classe politica, al nome del nuovo inquilino del Colle. E, di questo ne siamo certi (ma come ci piacerebbe essere smentiti) sarà una scelta non per gli italiani,

ma per gli equilibri di una classe politica assolutamente inadeguata e incapace che continua a farci svolgere un ruolo di ruota di scorta nel panorama europeo e mondiale (vedi per citarne una la vergognosa vicenda dei nostri marò in India) E, credo a nessuno siano sfuggiti, si sono fatti anche i primi nomi. Prodi, Casini Veltroni e, considerata l’ipotesi di nominare una donna

(come se si trattasse di una gentile concessione) anche quello di Anna Finocchiaro. Ma, dico, siete tutti pazzi? Ma con quale coraggio si possono rispolverare personaggi del genere tanto da meritare anche la sola nomination e non la elezione? Rappresentano tutti, nessuno escluso, il vecchio e il peggio della classe politica di questa Repubblica, prima o seconda poco importa.

Magari non tutta,ma che nessuno provi a prenderci ancora in giro dicendo, che è esente da responsabilità. Sarebbe come dire che se un’azienda è sull’orlo del fallimento la colpa è solo di chi ci lavora e non di chi la dirige e che effettua scelte importanti e decisive. Nel caso di Napolitano quella di non sciogliere le came-

Giorgio Napolitano in alcuni momenti della sua presiden

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rà alla storia per i silenzi e per il plauso all’invasione dell’Ungheria

a presidenza e nella foto al centro l’ex Presidente della Repubblica quand’era leader del Partito comunista italiano lo stesso appoggio incondizionato che ci si aspetta. Cambia cavallo. Punta tutto sul giovane e intraprendente, financo disinvolto sindaco di Firenze. Da quando questo arriva al Governo, con un programma di cento giorni, che presto diventeranno mille, Napolitano appoggia ogni scelta istituzionale, amministrativa, politica. Mette pochi paletti. Vuole Padoan all’economia, poi impedirà che dopo la giovane ministra degli esteri Mogherini sarà nominata Commissario alle relazioni Esteriori della UE sia nominata alla Farnesina una ancor più giovane e inesperta ragazza, di fatto proponendo l’ex ministro delle Comunicazioni Gentiloni all’importante ministero. Tra i Ministri si chiacchiera molto anche della conoscenza diretta e fatale, per un suo nipote, della ministra Marianna Madia. Napolitano pare infatti essere

protettivo come una chioccia con quelli che considera vicini. Ora si è dimesso. Vuole tornare alla vita normale. La vita normale per lui sarà un ufficio di cento metri quadri al Senato come senatore a vita e Presidente emerito. Ma quale gioco farà? Al momento, per la scelta del suo successore è tutto in alto mare. Nessuno tra quelli che sanno le cose sa dire qualcosa di concreto. La nostra Repubblica non ha un capo effettivo, pur essendo teoricamente possibile una crisi di governo. Il compito dovrebbe essere assolto dal Presidente del Senato Grasso, che pare essere sempre più compreso nel suo ruolo di pretore d’Italia. Il ruolo in politica estera dell’Italia, dalla quale, secondo molti, dipendono i nostri destini interni, è nebuloso. Il Presidente del Consiglio che pare essere anche in questo caso

il vero giocatore, invero poco esperto, è presente su alcuni quadranti commerciali molto interessanti, come quelli dell’Est del Mondo. Ma dal punto di vista politico pare essere considerato poco più di un oggetto misterioso, se non fantasioso, dai partner internazionali. Eppure non c’è dubbio che l’ex Presidente Napolitano sullo scenario internazionale è uomo di peso. Persino la Regina Elisabetta lo ha ringraziato nei giorni scorsi per il suo contributo. Dal punto di vista interno, aldilà delle illusioni renziane, le cose non vanno bene. Le riforme sono affidate a decreti che nascondono insidie e sforamenti dai limiti delle deleghe già troppo ampie che il Governo ha ricevuto dal Parlamento. Ora resta il dubbio se Napolitano, cambiando nuovamente ruolo, non cambi anche posizione circa l’identità puramente mag-

gioritaria che l’Italia dovrebbe avere nel prossimo futuro. L’impressione infatti è che Napolitano cambi atteggiamento secondo il ruolo che gioca. Come un professionista. Di sicuro, al centro della politica italiana resta lui. Un re che non ha bisogno di trono per esercitare le sue prerogative. E non è affatto certo che la sua presenza renda più semplice l’elezione del suo successore. Né l’uso delle prerogative presidenziali una volta che sarà eletto. Più che dalla presenza di due Papi, il nostro futuro sarà influenzato dalla presenza di due presidenti. A chi obbediranno i poteri nascosti, palesi e militari di questa Italia che non ha più istituzione alla quale votarsi non è dato sapere. Il momento è delicato. Il profilarsi di un conflitto internazionale con forti ricadute su energia ed equilibri culturali ma anche di libertà e democra-

zia, non renderà più semplice il quadro. Scommetiamo pure che, con la consueta riluttanza, Giorgio Napolitano accetterà di essere mentore e suggeritore anche del nostro prossimo futuro politico. Agli italiani spetterà il compito di decidere se farsi piacere questa corte monarchico-repubblicana a tempo oppure no. Ma tanto gli italiani hanno un compito più urgente ed immediato: sopravvivere alla loro povertà progressiva. Certo, non presteranno troppa attenzione a chi davvero comanderà, quando le riforme istituzionali saranno completate. Pronti tutti a scommettere che nei ruoli chiavi, la corte napoletana avrà i migliori posti. A seguire, quella toscana. Ma quest’ultima pare essere a tempo indeterminato. In senso renziano. Cioè forse oggi, forse domani, ma presto o tardi passerà.

Gli italiani non vogliono essere rappresentati da coloro i quali hanno contribuito, e non poco, a sprofondarci nel baratro in cui si trovano. In cui ci troviamo. E allora ci vuole uno sforzo di fantasia, una persona che non abbia niente a che vedere con la brutta politica di questi ultimi anni, una figura che veramente possa ispirare fiducia e speranza, una faccia pulita e non compromessa

con i casini (e non Pierferdinando in questo caso) con il passato. Ne saranno capaci? Permetteteci di dubitare. Sarà quasi certamente una persona che avrà un mandato limitato, ancor più di quanto prevede la nostra carta costituzionale, o se preferite pieno di veti e condizionamenti per garantire, si dice così adesso, equilibrio e governabilità. Restiamo dell’idea, sì sì utopistica,

che il nuovo Presidente della Repubblica dovrebbe come primo atto sciogliere le Camere e indire nuove elezioni per dare la possibilità agli italiani di riconquistare un po’ di fiducia sul significato e sull’importanza del voto, e per dare al Paese una guida forte e sicura in quanto scelta dal suffragio popolare e non deciso nelle stanze, buie e tristi per quanto luminose e lussuose,

dei palazzi romani. Siamo degli illusi è vero. Ma fermamente convinti che se si vuole dare effettivamente al di là delle parole, nuova dignità alla politica, allora non c’è migliore occasione che l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica per dimostrare con i fatti, una volta tanto, che si vuole davvero avviare un cambiamento. Certo, i nostri dubbi aumentano quando

poi leggiamo le dichiarazioni di Renzi al Parlamento europeo dove, tra l’altro, con soddisfazione e orgoglio ha avuto l’ardire di dichiarare che le famiglie italiane si stanno arricchendo. Vorremmo proprio sapere a quali famiglie si riferisce il nostro Presidente del Consiglio. Mente sapendo di mentire. No, non abbiamo speranza. Fabio Tracuzzi

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GENNAIO 2015 - Agrigento

Omicidio Vivacqua: il disprezzo dei figli per la madre d i Franco Ca st a ldo I tre figli di Germania Biondo accusata di essere mandante dell’omicidio di Paolo Vivacqua, suo marito seppur separato, e padre, quest’ultimo di Davide, Antonio e Gaetano, si sono schierati apertamente con l’uomo assassinato. E non fanno alcun mistero di ciò con frasi, toni e modi davvero sprezzanti nei confronti della madre. Sono stati interrogati dai giudici della Corte d’Assise di Monza nell’ambito del processo scaturito dal delitto di Paolo Vivacqua, ucciso nel suo ufficio e compiuto a Desio il 14 novembre 2011 dove 7 colpi di pistola posero la parola fine alla vita del rotamat milionario di Ravanusa (Agrigento). Un impero economico costruito sull’illecito e sulle false fatturazioni. Da Ravanusa in Brianza un vorticoso giro di milioni di euro, una ricchezza ostentata e spaventosa che ha scatenato gli appetiti dei familiari, dell’imprenditoria e della mafia. Ma Vivacqua aveva anche scatti di generosità. A Ravanusa, sua città natale, aveva regalato una statua del Redentore, poi collocata nel locale cimitero, degna per fasto e bellezza al Cristo di Rio de Janeiro. Ed in Africa, regalava con tanto di benedizione della Chiesa, motociclette ai giovani. Un delittazzo di cui ancora oggi, pur con la celebrazione di un processo, non ha definitivamente chiarito movente ed esecutori. Ad oggi è viva la pista familiarepassionale-economica tutta siciliana ed agrigentina. Sul banco degli imputati, infatti, proprio Germania Biondo, il suo preteso amante, Diego Barba, Salvino La Rocca, altro agrigentino ritenuto vicino alla Stidda nonché Antonino Giarrana e Antonino Radaelli, entrambi

Da sin E. Infantino, P. Vivacqua, C. Licata Caruso. A destra I fratelli Vivacqua, Antonio, Davide e Gaetano già condannati per l’uccisione di Franca Lo Jacono, uccisa nel giugno 2012 a coltellate nel garage del suo appartamento a Desio per farsi consegnare il ‘tesoretto’ che avrebbe custodito per Vivacqua. Interrogato dal Pm, Donata Costa, Davide Vivacqua risponde: «Una persona che mi ha tolto il padre non è più mia mamma». Davide ha 25 anni ed è più piccolo degli altri due fratelli Antonio e Gaetano, che si sono costituiti parte civile al processo per l’omicidio davanti alla Corte di Assise. «Quando è morto mio papà io vivevo con la Biondo nella casa di famiglia. Era dal 2009 che mio padre non viveva con noi. Sapevamo che aveva una relazione anche se lui non ce l’ha mai detto. Solo quando gli è nato il bambino ci ha detto che avevamo un altro fratello. La Biondo invece ci ha sempre detto che non aveva bisogno di un’altra relazione perché voleva fare la nonna. Sono stato io a scoprire mentre eravamo in Sicilia che sul cellulare della Biondo era arrivato un messaggio da Barba. L’ho detto a mio fratello Antonio, siamo andati da Barba e l’abbiamo picchiato. Mio padre ci ha detto che avevamo sbagliato ad alzare le mani. Quando hanno ucciso la Lo Ja-

cono abbiamo pensato che fosse la Biondo il bersaglio e avessero sbagliato persona, ma lei ci disse che era tranquilla perché a lei non la toccavano. Ultimamente si lamentava perché mio padre gestiva da solo il patrimonio e mi chiedeva di interessarmi di dove metteva i soldi». Antonio Vivacqua ha 33 anni, è il fratello maggiore, meno parole di Davide, più reazioni violente. «Con mio padre avevo allentato i rapporti da quando avevo saputo che poteva avere una relazione. Sapevo che aveva altre donne, ma quando mi hanno detto che era in giro con l’auto di Lavinia insieme a lei a fare shopping, le ho spaccato la macchina. Con mia mamma ho interrotto i rapporti quando l’hanno arrestata. Ma quando sono stato 1 anno e 8 mesi in carcere mi è venuta a trovare solo 2 volte e non ha aiutato mia moglie con i 4 bambini piccoli». Già, Davide chiama sua madre “la Biondo”. Non meno tenero Gaetano, più lontano perché lavorava a Torino, che punta il dito contro la mamma. «Di una madre così non so cosa farmene». La pubblica accusa vuole capire quale peso ha avuto la separazione dei coniugi sui figli. “Quando

nel 2009 mio padre è stato scarcerato con l’obbligo dei domiciliari è avvenuta la separazione – spiega Gaetano -. Io lavoravo a Torino, sapevo che aveva una storia con una donna che però ci teneva nascosta. Non sapevo che la donna era Lavinia, così come non ho saputo se non dopo la sua morte che conviveva con Lavinia a Carate Brianza. Ero rimasto all’indirizzo di via Ferravilla a Desio. Per me è stato difficile accettare un altro fratello e del resto anch’io ero diventato padre da poco. Il rapporto tra la Germania e Barba? Quando vivevo con lei sentivo che spesso a mezzanotte parlava con qualcuno al telefono. Io sospettavo del Barba ed allora per sincerarmi mentre la Biondo era al telefono componevo il numero del cellulare del Barba e trovavo sempre occupato...Talvolta le ho chiesto: con chi stavi parlando? E lei: “con nessuno” “Quindi il sospetto di un rapporto tra sua madre e Barba c’era già allora?”. “Era amico di famiglia, vedevo dagli atteggiamenti. Quando mio padre e Germania andavano nella casa al mare Barba partiva per Punta Marina per essere vicino a lei. Mio padre mi ripeteva: quando non ci sono io o i tuoi fratelli in casa

non deve starci Barba”. “Barba non mi ha fatto niente”, mi disse Germania durante un colloquio a San Vittore alla presenza di mia nonna. “Scegli me o Barba”, la provocai e lei ripeté “Barba m’ha fatto niente”. “Non sapevamo da dove era venuta la mano che aveva ucciso mio padre, sapevamo era in casa”, dichiara Gaetano. Il pm: “Dopo l’uccisione di Franca Lo Jacono eravate preoccupati per l’incolunità di vostra madre?”. “C’era qualcosa di strano, perché vanno da una donna che lavora come impiegata in uno studio notarile?”. “Avevano ipotizzato che Paolo avesse dato i soldi alla consuocera”, incalza il Pm. “Che soldi? Se li cercavano li avrebbero potuti trovare da mia madre. E poi dei soldi di Bricoman chi sapevano tutto erano Licata Caruso ed Enzo Infantino che con mio padre stavano assieme 24 ore al giorno. Anche se noi sapevamo che i soldi non erano di Lillo ma di mio padre. Però con lui non abbiamo parlato molto. Quando succede un fatto così pensi mille cose fino a quando dai giornali abbiamo saputo. Mio padre aiutava molte persone. Sempre persone che gli stavano vicino”.

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GENNAIO 2015 - Siracusa

Rosolini farsa continua: si rivota in due sezioni d i Ros a To ma rchio Si ritorna alle urne, in due sessioni, per ripronunciarsi sulla scelta del sindaco. Un migliaio gli elettori chiamati al voto ma non per il rinnovo del consiglio comunale che resta cosi al suo posto in attesa di un nuovo corso politico. Una campagna elettorale bis abbastanza strana e inusuale che fa ancora una volta balzare la provincia di Siracusa agli onori della cronaca politica siciliana. La Giunta di Governo ha stabilito che, facendo seguito alla sentenza del TAR Catania, il 15 e 16 marzo 2015 ci saranno le elezioni suppletive per l’elezione del Sindaco di Rosolini, in due sessioni. Lo comunica l’On. Vincenzo Vinciullo, Vice Presidente Vicario della Commissione ‘Bilancio e Programmazione’ all’ARS. Ma andiamo indietro nel tempo. Non è stato cosi facile il percorso che ha portato oggi a questa decisione la Regione. Il percorso, come già detto, è stato abbastanza tortuoso, stando anche al racconto del sindaco uscente Corrado Calvo che ovviamente si rimette in sella per correre verso la poltrona più ambita lasciata un anno fa. “Non mi sono opposto alla sentenza sull’annullamento delle elezioni nelle due sessioni perchè volevo ridurre i termini per ritornare al voto. Non feci opposizione apposta, nonostante questo il governo Crocetta - racconta Calvo - non volle mandare Rosolini al voto. Dopo che la sentenza passò in giudicato, Crocetta avrebbe potuto benissimo mandarci

I candidati sindaci di Rosolini a votare. Ma il suo niet fu tutta una manovra politica ad hoc scaturita da un accordo col suo candidato alle regionali, il rosolinese Giovanni Giuca, per puntare così a rafforzarsi sul fronte regionale con la sua coalizione in lizza. (Da premettere che lo stesso Giuca venne sconfitto dallo stesso Calvo alle elezioni a sindaco). “Andremo a votare a novembre, associando Rosolini anche a quei comuni sciolti per mafia”, risposero dagli uffici palermitani che licenziarono pareri favorevoli, sia dal punto di vista legislativo che elettorale. L’assessore regionale, all’epoca era Valenti, fece la nota apposita e portò in giunta la delibera, con inclusione del Comune di Rosolini per indire le votazioni nel novembre 2014. Il giorno prima, però, nominano assessore regionale un altro rosolinese vicino a Crocetta, il renziano Piergiorgio Gerratana, e resta in auge la sacra alleanza tra Giuca e il governatore stavolta per fare fuori il siracusano Bruno Marziano deputato del PD in lizza con Giovanni Cafeo, altro siracusano piddino attuale capo di gabinetto

(esterno) del sindaco di Siracusa Garozzo. Ancora una volta Rosolini, tour court, viene esclusa della elezioni di novembre. “Notando questa grave ingiustizia – dice ancora Calvo - faccio ricorso al Tar e chiedo l’ottemperanza della sentenza dello scorso aprile, quando il Tar di Catania decide di far decadere sindaco e giunta. Il Tar mi dà ragione e condanna con sentenza sia il presidente Crocetta che l’assessore al pagamento delle spese di giudizio ed ordina di indire l’elezioni entro il termine dei venti giorni dal deposito della sentenza. Non solo: se Crocetta dovesse essere inadempiente per la terza volta, a quel punto sarebbe stato inviato un commissario ad acta per dirimere la situazione e indire le elezioni amministrative a Rosolini. Ed ecco che si arriva alla notizia odierna con il varo della giunta del decreto e la firma dell’assessore regionale. Un traguardo assai sofferto, dopo una vicenda durata un anno e molti sacrifici, anche economici, per il pagamento di una serie di ricorsi che comunque andavano fatti”.

Si prospetta particolarmente agguerrita la campagna elettorale con quattro candidati alla poltrona di sindaco: l’uscente Corrado Calvo, l’avversario di sempre Giovanni Giuca, anche se lo scoglio vero da superare è l’avvocato Pippo Incatasciato che però, secondo quanto decretato dal Tar, “non potrà andare una seconda volta al ballottaggio dato che la sentenza del Tar è esecutiva”; segue il candidato Pinello Gennaro. Adesso ritorneranno nuovamente tutti in campo, c’è un grande da fare a Rosolini in queste ore, tutti i candidati si stanno giustamente organizzando e coalizzando. Sicuramente, lo staranno facendo da tempo tutti i perdenti per tentare, stavolta, di fare fronte unico contro l’uscente Calvo a meno di guerre intestine. Considerato che il secondo arrivato Incatasciato, come già annunciato, non può più andare a ballottaggio perchè già battuto al secondo turno scorso da Calvo, dovrebbe essere a questo punto automaticamente escluso dalla competizione, e così non dovrebbe fare cose folli per cercare

di accumulare voti per sé perché avvantaggerebbe così il terzo candidato Giuca. Ma quale strategia allora pensa di mettere in campo il PD? A questo punto, non resterà che puntare sicuramente al secondo posto ed aprire la breccia a tutta quella parte di opposizione da scagliare su Calvo col solo intento di vincere collegialmente le elezioni. “Credo che non ci riusciranno – replica secco il sindaco uscente - stavolta sono talmente sereno che conto di fare una campagna elettorale senza strategie e infingimenti. Corro da solo, anche non farei mai uno sgarbo ai miei consiglieri comunali rimasti in aula nel caso di eventuali apparentamenti che metterebbero in grave pregiudizio la mia onestà politica nei confronti di chi ha mi ha sostenuto sin qui”. Detta cosi, sembrerebbe una sorta di autoisolamento quella del sindaco in pectore Calvo che lascerebbe in dote eventualmente un buco finanziario di 30 milioni di euro ereditato dalle passate amministrazioni e che sta facendo letteralmente imbufalire la gente.

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GENNAIO 2015 - Messina

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Spettacoli nei teatri antichi siciliani: sì, ma che siano eventi di Antoni o Rei na Eventi nei monumenti antichi più prestigiosi della Sicilia. Questa la nuova sfida lanciata dall’assessore regionale al Turismo Cleo Licalzi. Dal Teatro di Taormina, a quelli di Siracusa e Tindari, alla Valle dei Templi di Agrigento per un percorso culturale e turistico. Come non condividere? Vorremmo solo ricordare all’assessore che l’idea, per quanto apprezzabile, non è certo nuova anche in effetti mai realizzata. Fu l’allora assessore Nino Strano quando dal suo cappello magico tirò fuori, insieme a Franco Zeffirelli, l’idea del primo Circuito del Mito (Crocetta lo ricorderà bene visto che ne fu consulente pegato). Una serie di spetacoli di grande spessore e livello che dovevano fare tappa solo ed esclusivamente nei teatri di pietra siciliani. Ma il nobile progetto naufragò quasi subito in quanto Nino Strano si è dovuto arrendere alle logiche dei partiti di maggioranza, suoi alleati allora, e di opposizione , che così non avrebbero creato problemi, che volevano uno spettacolo per ogni buco di paese che avesse una piazza sufficientemente larga per ospitare uno spettacolo. Uno qualsiasi. E così fu così snaturata un’idea brillante e trasformata in un contenitore di spettacoli, alcuno belli altri brutti inutili e costosi, controllato dalla politica. Come sempre. Ma l’intento dell’assessore Licalzi resta comunque lodevole (ammesso che si faccia chiarezza sul vero significato della

Guarda ci si rivede, Alberto Veronesi

Il Teatro antico di Taormina parola eventi) e degno delle massima attenzione e considerazione. E ci sono già anche i primi commenti. E tra i primissimi il maestro Enrico Castiglione, direttore artistico della sezione musica e danza di Taormina Arte, che ha tra gli altri, anche il merito di aver riportato, dopo 30 anni, la grande lirica al Teatro greco di Siracusa. “Un percorso culturale ed artistico assolutamente auspicabile”. “Io mi batto da sempre per realizzare in Sicilia un cartellone unitario con la collaborazione di Taormina Arte, del Bellini, del Massimo di Palermo, del Vittorio Emanuele di Messina, dell’Inda, dell’Orchestra sinfonica siciliana, tutte eccellenze della nostra regione. Una scelta del genere rappresenterebbe la vera grane svolta culturale e turistica, quindi anche economica, della Sicilia intera”: “In questi anni a

Taormina, e spero che Taormina Arte si trasformi subito in Fondazione, siamo riusciti a portare sul palco del Teatro antico alcuni tra i più grandi interpreti della musica da Uto Ughi a Carreras a Lorin Manzel solo per citarne alcuni. E per la danza l’etoille Abbagnato, Roberto Bolle, i Momix. Stagioni di assoluta eccellenza che hanno fatto registrare sempre il tutto esaurito e hanno portato l’immagine di Taormina nel mondo. Con le nostre produzioni e le dirette in tutto il mondo e sulle reti Rai e Mediaset abbiamo ridato a Taormina la stessa dignità della stagione lorica dell’Arena di Verona anche se a Taormina si verificherà, da quest’anno uno strano fenomeno più unico che raro. Ci saranno più produzioni di opere liriche. Quella ufficiale di Taormina Arte e poi una organizzata da Enrico Stinchelli ad agosto e

Nonostante il TAR di Palermo abbia condannato con sentenza del 16 Aprile 2014 Alberto Veronesi e la sua Associazione Sviluppo Sinfonico Siciliano dichiarando illegittimi tutti i decreti di finanziamento dell’ormai tristemente famoso “Bellini Opera Festival” promosso da Veronesi nel 2011,sentenza poi confermata ed anzi aggravata dalla CGA con ordinanza del 29 settembre 2014, ponendo la Regione Siciliana sulla strada dellarevoca di quanto pagato e quindi del recupero di oltre 1.500.000,00 euro alla Regione siciliana hanno pensato bene a dare di nuovo fiducia a Veronesi. Sì,se non fossero solo indiscrezioni, potremmo ritenere che si tratti solo di voci. Ma in realtà le indiscrezioni spesso si trasformano in voci e poi (come in questo caso) in fatti. Veronesi ha chiesto e ottenuto di oral Teatro antico di Taormina di organizzare una sua stagione addirittura una terza nella prima settimana di giugno proposta da Alberto Veronesi. Una vera e propria stranezza, come se a Verona vi fossero più stagioni nello stesso cartellone”. Castiglione non vuole, al momento fare polemica, ma come dargli torto? Sono cose dell’altro mon-

lirica nella prima settimana di giugno. A parte il fatto, altra ridicolaggine, che sono già in programma altri due cartellini lirici per il 2015, ci si chiede come è possibile affidare nuovamente date al Teatro Antico ad Alberto Veronesi che certo non ha fatto fare una bella figura alla Sicilia con la sua rassegna su Bellini. Ecco i misteri della Regione Siciliana e della Giunta Crocetta. Assistiamo ogni giorno a proclami di trasparenza e di anti-corruzione e poi, grazie alle raccomandazioni (in questo caso del PD), si assiste al riciclo dei soliti nomi, per di più protagonisti già di manifestazioni artisticamente molto dubbie (Veronesi con il 1.500.000,00 in questione è stato capace di organizzare spettacoli da 33 presenze in barba ad ogni sana logica di ricaduta turistica). Che fa fare avere un cognome importante. do, incomprensibili e che alla fine produrranno solo danno. La regione dovrà vigilare anche su questi aspetti. Altrimenti i buoni propositi vanno a farsi benedire e si rischia di cadere nel ridicolo visto che alla fine sono i raccomandati dalla politica ad avere la meglio. Vero Veronesi?

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Un giovane artista catanese alla conquista di Broadway Questa è una di quelle storie che parla di eccellenze siciliane ed italiane capaci di stupire il mondo. Da Catania a New York a passo di danza. È iniziata molto presto l’avventura artistica di Francesco La Macchia, giovane di Catania, quando all’età di 19 anni ha lasciato la famiglia e gli affetti per coltivare il suo grande sogno: affermarsi come danzatore professionista. Francesco, catanese doc, ha cominciato i suoi studi di danza all’età di 10 anni a Catania alla “Nuova Accademia Arte Danza” oggi “Aire studio danza” sotto la direzione artistica della maestra Fia Distefano. Ha mosso i primo passi con la disciplina jazz e continuato con il balletto contemporaneo e l’hip-hop al fine di cercare di abbracciare la danza nel miglior modo. Già a 15 anni ha iniziato ad esibirsi professionalmente in Sicilia al : Teatro Metropolitan, Teatro Massimo Bellini, Palasport di Catania , in diversi festival e fashion runways; si è inoltre a esibito nella trasmissione “Inisieme” della TV locale Antenna Sicilia ed danzato per il cantante Massimo Di Cataldo presso il Teatro Metropolitan di Catania. Per l’impegno, la determinazione e il talento mostrato in giovane età, ha avuto modo di partecipare a diverse masterclass, e gli sono state riconosciute delle borse di studio da coreografi di fama mondiale quali Michelle Assaf (NYC) Jason Parson (NYC) Wes Veldink (NYC) Brice Mousset (FR). “Questi riconoscimenti –spiega Francesco La Macchia- mi hanno sostenuto nel perseverare e comprendere che la danza sarebbe stata la strada da proseguire e che per nessun impedimento al mondo lo avrebbe lasciato come un sogno nel cassetto irrealizzato o irrealizzabile”. Il 2007 è stato l’anno della svolta, poiché sono arrivati i ruoli importanti, presso il teatro Massimo Bellini e il teatro Metropolitan di Catania con i balletti “Phòbia (premio alla critica al VI concorso Internazionale di Danza “Michele Abbate” nel 2004 a Caltanissetta) e “La fede”, dove ottiene il ruolo da protagonista, entrambi balletti

Nelle foto Francesco La Macchia durante prove e spettacoli che lo hanno visto protagonista con le coreografie della Maestra Fia Distefano. Fu quell’anno che tutti capirono che ere nata una stella. Francesco, campione di umiltà oltre che di arte, ha sempre spiegato che non c’è stato modo migliore per poter esprimere attraverso la sua danza, la gratitudine alla vita, alla la sua famiglia, alla maestra e agli amici. Fu così che, ottenuto la consacrazione in Patria, approfittò per salutare la sua terra consapevole che il passo successivo era oltre l’oceano. E’ così che all’età di 19 anni si trasferisce a NYC dove riceve una prestigiosa e completa borsa di studio presso l’Accademia e Centro per Danzatori Professionisti “Steps On Broadway”, dove è entrato come membro nella compagnia “Steps On Broadway Repertory Ensemble” (NYC). Durante il suo percorso artistico a New York ha performato creazioni di alcuni dei migliori

coreografi contemporanei, quali: “Judgment day” - Coreografo: Yesid Lopez; “Social Discourse” - Coreografo: Sean Curran (direttore compagnia Sean Curran Dance Company) ; “The Line Up” - Coreografia: Karen Gayle; “The Audacious One” - Coreografia: Warren Adams; Nell’estate del 2011 rientra in Europa per trasferirsi a Rotterdam (Olanda) dove inizia la sua collaborazione con il coreografo William Lu partecipando alla produzione “A STOP” da presentare in Olanda all’ OPEN DANCE FESTIVAL. Qui un piccolo dolore accusato al ginocchio lo costringe a rientrare in terra madre ed a sottoporsi a una operazione al menisco presso una famosa clinica a Roma; complicazioni a seguito dell’intervento lo faranno fermare per 6 mesi prima di riprendere la sua attività e tornare in sala danza.
Nel 2012 partecipa al Video Project “School Hates” con

ESKLAN Direzione Artistica e Coreografie di Erika Silgoner. Successivamente è stato ingaggiato dalla prestigiosa società Tui Cruises per esibirsi nel teatro della nave da crociera tedesca Mein Schiff 1. Con la stessa società ha firmato ulteriori contratti negli anni 2013 e 2014. Nell’anno 2013 è divenuto membro della “Florence dance company”, con la direzione artistica Keith Ferrone e Marga Nativo, per la produzione di: ”Not two is Peace”, presentato al Teatro della Pergola di Firenze e della produzione. Poi è arrivata la chiamata anche per “Escalibur Trilogy”, presso il Teatro Cantiere Florida di Firenze, dove ottiene il ruolo principale di Re Artù. Ma non è finita. Ha partecipato alla produzione dell’operetta “Al Cavallino Bianco” con le coreografie di Daniela Campione presentato al teatro ABC di Catania. Nel 2013 a Catania ha danzato

come ospite nei balletti “Anime di Tango” e “Vento che porta via” di Rossana Tomaselli performate nel teatro Biscari. Nel 2014 appena trascorso ha collaborato con Alessio Di Stefano, giovane danzatore e coreografo emergente, nella creazione del Balletto “Winter Spasms”. Infine, poche settimana fa è tornato a New York, venendo notato da alcuni dei migliori coreografi e direttori di compagnie tra cui: Cherylyn Lavagnino, Pedro Ruiz, Obediah Wright, Michael Peter Moser, ottenendo ottimi feedback. Insomma, l’anno di Francesco La Macchia, inizia con grandissime speranze e con ottime proposte lavorative che certamente lo porteranno lontano dalla sua terra ma sempre più vicino alla realizzazione del suo sogno personale e professionale. Una storia di eccellenza e orgoglio siciliano di cui andare fieri C.A..

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La pagina delle rubriche Il nuovo anno e “la società del rischio” di Ulrich Beck di Maurizio Ballistreri

Il 2015 è cominciato riproponendo le grandi incognite dell’anno trascorso. Il dramma del terrorismo prodotto dal fondamentalismo islamico in primo luogo, con la strage nella redazione di “Charlie Hebdo” a Parigi; il “contro-shock petrolifero” connesso al surplus di produzione di greggio che ha abbattuto il prezzo del petrolio e, con esso, il sistema economico della Russia e le borse di tutto il mondo, ma anche alla frenata dell’economia cinese; la deflazione europea figlia dell’austerità imposta dalla Germania, con la crisi della domanda, della produzione e dell’occupazione, in cui si inserisce il buco nero politico ed economico della Grecia; i segna-

Da la foto della

settimana

li preoccupanti di una nuova crisi globale come quella derivante dai mutui subprime del 2008 negli Stati Uniti, che non risparmia le economie emergenti, come Brasile, Australia, Messico e India e vede il Giappone alle prese con una nuova stagflazione, l’accoppiata di inflazione e stagnazione economiche; le crisi geopolitiche prodotte dal terrorismo dell’Isis, dall’instabilità medio-orientale e dal suo epicentro con la questione-palestinese, dal conflitto in Ucraina e dai segnali minacciosi tra Usa e Corea del Nord. Si potrà obiettare che si tratta di una visione apocalittica, magari qualcuno come i teorici della “decrescita” alla Serge Latouche rilancerà le ricette del “catastrofismo illuminato”, ma non vi è dubbio che il nuovo anno è nato all’insegna dei gravi problemi planetari legati alla finanza globale, in Europa alle politiche monetariste, e all’instabilità geopolitica. Suonano davvero profetiche le analisi del sociologo tedesco, scomparso proprio a Capodanno, Ulrich Beck, sulla “società del rischio”. Secondo uno dei maggiori sociologi del ‘900, che ha elaborato alcuni dei paradigmi fondamentali della scienza sociale del nostro tempo, si pensi

a quelli della “modernità riflessiva” e dell’“individualizzazione”, i processi di modernizzazione delle società che avevano contribuito alla liberare l’umanità da antichi vincoli, si sono bloccati, trasformandosi da vantaggi in disvalori. Ma la risposta teorica di Beck a questi rischi non è mai consistita in una chiusura verso il progresso, poiché la modernizzazione non può e non deve essere fermata né ripercorsa all’incontrario. Un’idea di progresso certamente non legata ad alcuna “filosofia della Storia”, letta hegelianamente, ma di tipo volontaristico, dentro l’idea delle “società aperte” di stampo popperiano. E queste tesi il sociologo tedesco le applicò anche nell’ultimo suo libro, “Europa tedesca e la nuova geografia del potere”, pubblicato nel 2013 (in Italia per Laterza), in cui da europeista convinto (era membro del “Gruppo Spinelli”), sostenne che le spinte convergenti del populismo e dell’antipolitica si devono contrastare con il rafforzamento politico dell’Unione europea e con l’abbandono delle politiche di austerity. Un eredità politica e culturale per le classi dirigenti del Vecchio Continente.

(Lezione da uno sconosciuto) Noi, vincitori del destino di Enzo Trantino Non possiamo ringraziare lo sconosciuto autore (navigante in Internet), ma la gratitudine è d’obbligo per uno dei pochi, qualificati amici donatimi dalla politica: Marco Zacchera, autore di un’analisi, bella e vivace sui “60 anni di vita italiana”. (“La moscheruola”, Alberti Libraio Editore). L’ultimo capitolo ha per titolo: “Noi”. Da esso ho tratto, e ora riporto, emozioni veloci, utili ai coinvolgenti confronti di memoria: “Noi, che le nostre mamme mica ci hanno visto con l’ecografia; noi, che a scuola ci andavamo da soli e da soli tornavamo. Noi, che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su internet. Noi, che la vita di quartiere era piacevole e serena. Noi, che non avevamo videogiochi, né registratori, né computer, ma avevamo tanti amici lo stesso. Noi, che andavamo a letto dopo Carosello. Noi, che i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva. Noi, che avevamo il ‘nascondiglio segreto’ con il ‘passaggio segreto’ in fondo al giardino. Noi, che giocavamo a nomicose-animali-città. Noi, che ci mancavano sempre 4 figurine per finire l’album Panini (celò, celò, celò, celò,celò, celò, mi manca!). Noi, che compravamo dal fornaio pizza bianca e mortadella per 100 lire ovvero cinque centesimi di adesso e non andavamo dal dietologo per problemi di soprappeso, perché stavamo sempre in giro a giocare. Noi, che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la Bic. Noi, che le barzellette erano Pierino oppure “C’è un francese-un tedesco-un italiano…”. Noi, che il 1° Novembre era ‘Ognissanti’, mica Halloween. Noi, che nei mercatini dell’antiquariato troviamo i giocattoli di quando eravamo piccoli e diciamo “guarda! Te lo ricordi?” e poi sentiamo un nodo in gola. Noi, che siamo ancora qui e certe cose le abbiamo dimenticate ma sorridiamo quando ce le ricordiamo. Noi, che trovammo lavoro tutti e subito. …Noi, che siamo stati tutte queste cose e tanto altro ancora, perché questa è stata la nostra storia”. Noi, orgogliosi di opere e di speranze, senza destino diverso dalla certezza di un destino. Un destino, costruito, malgrado l’ostilità del destino.

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“La bellezza della fede popolare” con il sostegno del Fai e dell’alberghiero “Karol Wojtyla” d i L e lla Ba t t ia t o È stata inaugurata a Catania, all’interno della settecentesca chiesa di S. Francesco Borgia, patrimonio mondiale dell’umanità, la mostra “La bellezza della fede popolare”, promossa dall’assessorato regionale per i beni culturali e della identità siciliana e a cura del soprintendente Fulvia Caffo e Benedetto Caruso, presente il dirigente generale del dipartimento regionale del Beni Culturali e della identità siciliana Salvatore Giglione. La preziosità e l’unicità di alcuni di questi manufatti, il semplice racconto che sottendono, divengono le ragioni della mostra, che sarà aperta al pubblico fino al 14 febbraio 2015 con visite guidate. Comprende tre sezioni: demoetnoantropologici (curati da Benedetto Caruso), beni archeologici (Andrea Patanè), beni bibliografici e archivistici (Ida Butitta), con il sostegno del Fai, delegazione di Catania, e l’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania, dirigente scolastico Daniela di Piazza, “riscoprire le tradizioni culturali religiose ha un valore semantico non solo di devozione ma di sinergia anche con le tradizioni

Due momenti dell’inaugurazione della mostra culturali enogastronomiche”, seguita dai docenti Graziella Guerrera e con la partecipazione di arte e tradizione di Antonella Biuso, Giovanna Comis e Fresta Pietro. “La bellezza della Fede popolare nella Bellezza dell’Arte è il filo conduttore dell’esposizione che si apre in un periodo dell’anno, il Natale, spiega il soprintendente Fulvia Caffo, nel quale si condensano ricorrenze religiose e riti particolarmente sentiti dalla comunità”. Continua “Un viaggio attraverso i beni etnoantropologici, materiali della nostra cultura tradizionale, realizzati per la devozione popolare. Pic-

cola ma “grandi” opere spesso presenti nelle chiese e nelle abitazioni conservate tra i “ricordi di famiglia”: ex-voto dipinti e in argento, bambinelli in cera e ancora presepi, madonnine, statuine devozionali, immaginette, libri di preghiera, frammenti delle vesti di Santa Lucia legata nella sua storia a Sant’Agata, di cui si espongono ex-voto di pregiata fattura, e che con lei condivide il destino di giovinetta martire”. La “devozione” espressa attraverso pregevoli forme di espressione artistica rappresenta dunque un importante patrimonio di conoscenze che per la loro forza comunicativa e artistica rimanda

alla sostanza mistica attraverso il fenomeno iconico che accompagna da generazioni la nostra vita spirituale. Non mancherà al visitatore la possibilità di ammirare opere appartenenti al patrimonio indisponibile della Regione siciliana conservate nella biblioteca della Soprintendenza di Catania e presso il museo regionale Saro Franco di Adrano. Accanto ad esse, oggetti provenienti da collezioni private appartenenti a diverse famiglie che con generosità hanno voluto prestare “i loro ricordi”, tratteggiando così un nuovo scenario nel rapporto tra istituzioni, associazioni culturali

e soggetti privati, un’esperienza che afferma il desiderio e la possibilità di una forma “partecipata” per il sostegno e la valorizzazione del nostro patrimonio storico-artistico. All’interno della mostra, come sottolineato dai curatori, tra l’apparato didattico che illustra anche i recenti interventi di restauro curati dalla soprintendenza con l’ausilio di esperti e validi restauratori, “riflessioni sulla luce nell’arte sacra come processo espressivo delle manifestazioni artistiche che rende visibile l’invisibile, attraverso la bellezza di un mondo sospeso tra cielo e terra”.

Fidapa “Riviera dei Ciclopi”: il distretto del Sud-Est e la valorizzazione di turismo e infrastrutture Si è svolto alla Baia Verde, affrontando un tema di grande attualità, l’incontro della Fidapa, sezione “Riviera dei Ciclopi” di Catania, il dibattito su “Il Distretto del Sud-Est: un’opportunità per la valorizzazione di turismo e infrastrutture”. Ad aprire i lavori la presidente Isabella Frescura, già docente di economia turistica all’università di Catania, che sottolinea l’importanza della riqualificazione e pianificazione del territorio “il nostro obiettivo è il lavoro di sinergia di tutto il Distretto, all’insegna della cultura valorizzando le eccellenze e creando opportunità lavorative”; presente il sindaco di Catania Enzo Bianco che ha sottolineato “possiamo e dobbiamo fare squadra con il distretto del Sud-Est perché questa parte della Sicilia orientale è quella più viva e produttiva e perché da sempre la politica regionale è Palermo-centrica e quindi l’area vasta orientale può controbilanciare programmando anche da sola e richiedendo so-

stegni all’unione europea”. Sono intervenuti il vicesindaco di Siracusa Francesco Italia, l’assessore alla cultura di Ragusa, Stefania Campo, Nico Torrisi, vicepresidente nazionale di Federalberghi, oltre a numerose personalità Fidapa, tra cui la presidente distrettuale Nora Caserta e la vicepresidente distretto Sicilia Rosa Maria La Scola, all’accoglienza Maria Concetta Guzzo e per il cerimoniale Pinella Luppino. Ha moderato l’incontro il giornalista Tony Zermo. Il sindaco ha sottolineato che il 25 febbraio scorso il presidente Napolitano ha firmato la costituzione del Distretto SudEst, evidenziando che l’ente racchiude 141mila imprese che producono l’80 per cento del pil in un territorio importante dove vivono 2 milioni di persone “Noi dobbiamo sopperire a un doppio handicap: il fatto che quasi tutto il bilancio regionale serve a pagare gli stipendi del personale al 90 per cento palermitano, anche i custodi dei musei del

Sud-Est sono palermitani, e poi la penalizzazione di non essere capoluogo di regione nonostante che Catania metropolitana sia per popolazione la settima città metropolitana, prima di Venezia, Bologna, Firenze e Genova. Ora le tre provincie del Sud-Est debbono integrarsi al massimo e per questo stiamo spingendo n piano di car sharing per unire tutte e tre le provincie e che altrove va benissimo. Prendi l’auto in un posto e la lasci in un altro. L’assessore Stefania Campo tratteggia con particolari l’importanza dell’aeroporto di Comiso, il porto turistico di Marina di Ragusa, le fiction del Commissario Montalbano che hanno incrementato il turismo nel territorio Ibleo toccando punte del 40% e accumulando ricchezza grazie all’introito della tassa di soggiorno, fa notare che “quest’area vasta del Sud-Est, ingloba la vecchia provincia di Catania, Siracusa, Ragusa e anche Università degli studi di Catania, Comune di Taormina, Letojanni,

Gela, Piazza Armerina offrendo delle grosse potenzialità in termini di turismo turistico e culturale, che ci permette di vendere un prodotto competitivo a livello globale e può generare oltre la rete fisica infrastrutturale anche una rete culturale e turistica a cui fanno capo i parchi letterari, minerari, naturalistici, i beni architettonici e monumentali, i percorsi cineturistici, una risorsa economica per il territorio”. Il vicesindaco di Siracusa Italia ha comunicato che una nave della Costa Crociere fa scalo a Siracusa, così il programma di eventi del 2015 viene presentato in tutte le importanti Borse del turismo internazionale. Nico Torrisi invece afferma “nella mia esperienza alla Regione ho capito che volendo le cose si possono fare, ma se le fai puoi dare fastidio. Io ho cercato di dare fastidio impegnandomi molto sul piano generale dei trasporti per superare il fortissimo gap siciliano. Ora tocca ad altri portare avanti il programma”.

C’è alla firma CIS (Contratto integrato di sviluppo) con l’Anas per investimenti infrastrutture cantierabili dal 2011 per autostrade, lo sblocca Italia per le ferrovie e quindi dovrebbero partire autostrade e potremmo avere Catania-Ragusa e altre ferrovie Catania-Palermo, Palermo-Messina”. Conclude Nora Caserta puntando sul turismo culturale come volano per la Sicilia “compito nostro è scuotere coscienze e sensibilizzare risorse del territorio, è meglio parlare di positività che negatività, siamo stati sussidiari a tutte le istituzioni ed è nostro desiderio dare una svolta al territorio e ricostruirlo, far capire ciò che dispone la Sicilia fare comunicazione”. Anticipa alcuni progetti della Fidapa i viaggi attraverso le bellezze della Sicilia, start up per i giovani portarli all’Expo 2015 e infine tutelare interessi dei cittadini che sono rappresentati dagli organi competenti. L.B.

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Calò Montante, una (bella) leggenda siciliana d i Al d o Ma t t ina Il 7 novembre del 1908 nasceva a Serradifalco, un piccolo paese del centro della Sicilia immerso in una cornice paesaggistica straordinaria, Calogero Montante, di cui la vita sembrò fin da subito segnata da una serie di avvenimenti che seguirono alla sua nascita. Erano gli anni in cui nasceva il primo Giro ciclistico d’Italia (il 1909) organizzato dalla Gazzetta dello sport. Ed alla bicicletta si legò indissolubilmente il nome e il destino di “Calò” Montante, futuro creatore della prima fabbrica di biciclette in Sicilia, una impresa florida e attiva ancora oggi. Da questa figura ormai leggendaria ha preso spunto la narrazione di Gaetano Savatteri che ne ha tratto un romanzo dal titolo “La volata di Calò”, edito nel 2008, oggi portato sulla scena del Teatro Stabile catanese (nella sala Musco) nell’adattamento dello stesso autore per la regia di Fabio Grossi, con i costumi di Angela Gallaro, i movimenti scenici di Donatella Capraro e le luci di Franco Buzzanca; cartoonist: Turi Scandurra. Ne è nata una storia che non è

solo la biografia di un grande sportivo ed un grande imprenditore siciliano, ma la metafora stessa dell’ingegno isolano e di ciò che avrebbe potuto produrre grazie ad uomini come lui. “Ce ne fosMimmo Mignemi sero tanti come Calò in Sicilia…” ripete con biciclette, ha iniziato il suo camorgoglio il Maestro Grillo, una mino imprenditoriale fondando sorta di narratore impersonato da la Cicli Montante, azienda artiMimmo Mignemi con grande ca- giana che produce biciclette così rica emotiva. robuste e funzionali che in breve La serata ha visto una gran- tempo, forti della nomea di bici de partecipazione della politica di qualità e di affidabilità, comine dell’imprenditoria (non solo cia a fornirle in tutto il meridione locale); una specie di riverito dotando i reparti dell’allora Reaomaggio a ciò che rappresenta le Arma dei Carabinieri, delle PS, l’impresa Montante, il cui proni- divenendo anche fornitore delle pote Antonio è oggi il presidente nobili case reali. di Confindustria Sicilia. Le biciclette diventano in poQuella della Cicli Montante e chi tempo oggetti di lusso e i più del suo fondatore Calogero è una facoltosi vogliono a tutti costi storia affascinante. Racconta la dotarsi della bici Montante. Castoria di un uomo che dal picco- logero Montante così produce lo paesino natale del centro della biciclette su misura, che realizza Sicilia, negli anni ‘20 spinto dalla ad hoc sulla base delle specifiche sua passione per il ciclismo e le richieste dei committenti. Fin

dai suoi primi modelli è presente quell’ amore per il lavoro, l’attenzione allo stile, l’intuizione e il gusto che faranno di lui un punto di riferimento nel mercato delle biciclette. Il potersi affidare ad una bicicletta robusta capace di garantire affidabilità nei percorsi sterrati di un tempo era certamente un vantaggio, e questo Calogero Montante l’aveva intuito. Nello stesso periodo fonda addirittura una squadra di ciclismo a livello agonistico (il suo sogno), partecipando alle gare regionali. Passano gli anni e una serie di successi consacrano Calogero Montante quale imprenditore di successo nell’isola. Il periodo tra le due guerre è certamente il più difficile ma Calogero Montante non si scoraggia.La sua è una scelta lungimirante: nessuno avrebbe mai scommesso, alla vigilia della seconda guerra mondiale, che da una bottega di via Dante a Serradifalco, Calogero Montante avrebbe creato una bici che oggi a distanza di 70 anni è diventata una leggenda, entrando nella storia della letteratura per mano di Andrea Camilleri. E’ proprio in sella alla bicicletta Montante che si intrecciano i destini di questi due uomini

straordinari. Lo scrittore di Porto Empedocle rievoca una personale esperienza (puntualmente inserita nello spettacolo con la voce registrata dello stesso Camilleri) quando, nel 1943, si avventurò alla ricerca del padre, di cui non aveva più notizie, da Serradifalco a Porto Empedocle imbracciando proprio una bicicletta Montante. La pieces di Savatteri focalizza soprattutto il periodo che va dagli anni 20 fino alla fine della seconda guerra mondiale, con frequenti ‘salti’ storici saldati dalla narrazione di Mimmo Mignemi e una ricca serie di proiezioni d’epoca (realizzate da Mimmo Verdesca). Calò è interpretato con spumeggiante entusiasmo da Liborio Natali, il quale condivide la sua passione con il semplice ed istintivo cugino Lillo, un genuino Giorgio Musumeci. Lucia Portale è la devota mogliettina Maria; Mara Di Maura la nipote, Alessandro Giorgianni il bambino. Ai protagonisti fanno da corona gli abitanti di Serradifalco, interpretati dagli allievi del IV anno della scuola d’arte drammatica “Umberto Spadaro”: Michele Arcidiacono, Azzurra Drago, Luciano Fioretto, Gaia Lo Vecchio e Luigi Niocotra.

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GENNAIO 2015 - Rubriche

Il libro della settimana “Torna parrinu e ciuscia …!!!”, ricerca di Carmelo Sapienza sulle espressioni verbali più diffuse in Sicilia “Torna parrinu e ciuscia …!!!” (Editoriale Agorà, 2014) è il titolo di un libro che raccoglie e commenta un gran numero di espressioni verbali in uso nella lingua siciliana. E’ stato scritto da Carmelo Sapienza, meglio noto al pubblico come musicista componente del Duo Triquetra, che recupera e valorizza l’immenso patrimonio poetico e musicale siciliano. L’autore, che nei suoi spettacoli ha sempre illustrato i brani proposti, stavolta, spinto dall’amore per la cultura siciliana e desideroso di darsi ragione ( e nello stendo tempo volendo farne partecipi i potenziali lettori) dei “modi di dire” che vengono ripetuti ancora oggi, ci propone il frutto di una ricognizione analitica , appassionata e certosina, sulle origini, le etimologie e i nessi sottostanti di ciascuna di queste espressioni verbali che veicolano un’esperienza di vita quotidiana. Come rileva nella prefazione Fernando Mainenti, il modo di dire è essenzialmente popolare e “viene sottoposto a continua elaborazione; ma nella sostanza resta legato alla elementarità dell’impressione e della commozione” e più avanti lo stesso sottolinea come l’autore “introduce, insieme ai riferimenti storici, il quotidiano della gente comune che non ha nome, ricreando l’identità culturale individuale e collettiva del popolo”. Il percorso di ricerca delle fonti non è stato facile, ma Sapienza non è stato motivato da un semplice intento storico-filologico perché vi ha associato “l’entusiasmo di un sicilianista di razza” (Mainenti). L’esito è quanto mai interessante in quanto l’opera fluisce dinamicamente e con tono gradevole e invitante. L’autore ci tiene a precisare la distinzione tra “proverbi” e “modi dire”, in quanto i primi si spiegano da sé e tendono a scomparire, mentre nei secondi si esprime “l’immaginario collettivo popolare” e pertanto possono considerarsi

Massimo Bitonci - Padova è già stata ribattezzata “la città dei divieti” dopo la delibera in cui il neo sindaco, l’ex capogruppo della Lega Nord al Senato Massimo Bitonci, è riuscito a inanellare ben 32 divieti. Tra quelli più insensati: ““È vietato bagnarsi o nuotare fuori dai luoghi destinati allo scopo”. L’intento è forse impedire di fare il bagno nelle fontane pubbliche, ma come non sorridere all’immagine di un passante che nuota in una pozzanghera particolarmente grande? 0 – fuori dal tempo

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Francesco Rosi – È scomparso a 92 anni il regista Francesco Rosi, uno dei grandi maestri del cinema italiano. Leone d’oro per “Le mani sulla città”, Palma d’Oro per “Il caso Mattei”, Legion d’onore e tributi a Locarno e Berlino. Nato a Napoli, ha illustrato in modo straordinario e coraggioso le tenebre della Sicilia, come atto d’amore per la nostra Isola: indimenticabili le sue pellicole come “Salvatore Giuliano”, “Lucky Luciano”, fino ai profetici “Cadaveri eccellenti” e “Dimenticare Palermo”. 8 – siciliano ad honorem Giancarlo Padoan - Dopo lo scandalo del codicillo pro-berlusconi sono crollate le chances del ministro del Tesoro Giancarlo Padoan, gran candidato di “Re Giorgio” Napolitano, di Scalfari e di Renzi, apparso fin troppo docile e remissivo nei confronti di “Pittimbo”. Un “passacarte” di Matteo sul Colle non gradito ne’ al Pd di Cuperlo ne’ all’ex Cavaliere, che gli contesta di non aver difeso la norma in suo favore. 2 - crollato

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Riccardo Fontana - “Fiducia piena nella magistratura, chi sa parli ma attenti al metro con il quale si giudica”. Lo ha detto il vescovo di Arezzo, Riccardo Fontana, parlando con i giornalisti (sembrava un capocomico ai microfoni di “Chi l’ha visto”!) sul caso di Guerrina Piscaglia, la donna scomparsa nell’Aretino per cui è indagato padre Gratien Alabi. “Padre Gratien a me non ha detto niente”, ha puntualizzato il vescovo. Peccato che sia smentito da una fedele, che ha riferito di averlo avvertito della possibile “tresca”. 1 – lingua doppia, ma che comico!

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Mario Vargas Llosa: E a proposito della minaccia del fanatismo islamico, sentite cosa ha scritto Mario Vargas Llosa: “i fanatici vogliono che la cultura occidentale, culla della libertà, della democrazia, dei diritti umani, rinunci a esercitare quei valori, che inizi ad applicare la censura. Dobbiamo agire con fermezza”. Il premio Nobel per la letteratura nel 2010, un passato comunista prima di approdare a posizioni liberali ha espresso parole chiare e di buon senso, soprattutto per i cultori del buonismo e del “politicamente corretto” per l’integrazione tra i popoli! 7 – coraggioso e chiaro

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Renato Accorinti – Scarso tempismo politico quello del sindaco-predicatore di Messina. Proprio alla vigilia dell’efferata strage di giornalisti della rivista satirica “Charlie Hebdon” a Parigi, Renato Accorinti lancia i suo strali contro la stampa messinese, “rea” di avere colto (meno quella fiancheggiatrice….) le sue gigantesche contraddizioni, a proposito della nomina ad assessore di tal Sergio Conti Nibali, che poi non ha accettato. Guardando la sua barba da imam, Spartacus dice: “assomiglia a Bin Laden!”. 0 – improvvido!

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di S par tacus

Voto

I nostri voti

“genuino e veritiero specchio demologico; a volte datato … ma pur sempre rivelatore di un’epoca con i suoi limiti e le sue concezioni morali, intellettuali, etiche, filosofiche etc.”. Il libro è costituto da un gran numero di “schede”, una per ciascun “modo di dire”, e di volta in volta l’autore richiama una storiella, un racconto, un mito, un’usanza, un costume, un modo di vivere, un aneddoto, o persino un fatto o una situazione di tipo storico e quant’altro serve a dare conto di quell’espressione di uso comune. In qualche caso, esaminando dei termini singoli, egli ne approfondisce l’etimologia. Il titolo dell’opera “Torna parrinu e ciuscia …!!!” richiama un’espressione ancora in uso, ma di cui nessuno sa spiegare il significato originario, anche se il senso è colto immediatamente da tutti: questa locuzione indica un insistere da parte di un interlocutore in un’azione o pretesa che, reiterata, provoca fastidio. Che c’entra il prete con il soffio? “La risposta la troviamo – scrive l’autore nella sua presentazione (ma poi la illustra ampiamente nel testo) – in una leggenda ‘plutonica’ (quel tipo di fantastici racconti che hanno qualche relazione con l’al di là) in cui un uomo deve subire i reiterati capricci di un piccolo prete (nella fattispecie, uno spiritello …), il quale soffiando dispettosamente sulla lampada del protagonista, la spegne più volte, inducendolo ad esplodere, proprio con la ‘nostra’ espressione verbale”. La copertina del libro contiene una simpatica illustrazione che raffigura questo prete che soffia sulla candela del malcapitato. La chiave di volta dell’intera opera sta nella volontà di valorizzare le tradizioni siciliane nelle quali sono rintracciabili “le nostre più autentiche essenziali radici culturali in termini di identità storica e antropologica” e nell’intento lodevole di non tradire o abbandonare il patrimonio culturale che ci appartiene.

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GENNAIO 2015 - Rubriche

Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Numeri a sei cifre

Luca è alle prese con il numero riportato in figura. 243549 Deve cambiare una cifra soltanto del suddetto numero per ottenere un altro numero che sia divisibile per 13, 17 e 19. Qual è il numero che Luca sta cercando?

Somme

La corsa campestre

Luisa, Vincenzo, Mario e Cristina sono amici. Per smaltire un po’ di ciccia hanno pensato di fare una piccola corsa campestre. Hanno percorso in tutto 1020 metri. Se Luisa avesse percorso 60 metri in piu’, se Vincenzo avesse percorso 40 metri in meno, se Mario avesse percorso il triplo dei metri percorsi, se Cristina avesse percorso la meta’ dei metri percorsi, avrebbero percorso tutti lo stesso numero di metri. Chi di loro ha percorso piu’ metri?

Luisa è alle prese con la somma riportata in figura. A C B B + 2 B A 6 + B A 5 2 = _______________ B 3 A 5 A Aiutate Luisa nel trovare i valori di A, B e C in modo che la suddetta somma sia verificata.

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero L’albero di Natale: 312211; Il mattone: 2 chilogrammi; Acquisti: 1 chilo di farina = 22/13 euro, 1 chilo di patate = 3/13 euro

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

OUIJA

Un processo sui generis, ma una sentenza tutt’altro che scontata

REGIA: Stiles White; ATTORI: Douglas Smith, Daren Kagasoff, Ana Coto, Bianca A. Santos, Matthew Settle, Vivis Colombetti, Robyn Lively, Olivia Cooke

di Danila Intelisano

Cosa chiediamo a un film horror? Che ci spaventi? Quasi anacronistico ormai esigerlo, per quanto dovrebbe essere la base di un genere i cui capisaldi ormai scricchiolano, fatti salvi alcuni capolavori dell’incubo notturno. Che ci sorprenda? Sempre piu’ difficile, soprattutto con un pubblico vorace e pronto ad esplorare cinematografie diverse avvicinate e rese disponibili dalla rete. Che ci emozioni? Merce rara, ma sicuramente piu’ facilmente reperibile sul mercato - ampio, come detto - anche per l’altrettanto variegato ventaglio di possibilita’ date dalla definizione stessa di emozione. Che ci diverta? Sicuramente, ma senza esagerare e scadere nella parodia o nella burla, spesso per mancanza di vere idee… Cosa chiedere a un horror che si annuncia come il film del momento nel boxoffice statunitense alla viglia della festa di Halloween? Il meglio, in teoria. Anche se gia’ sulla carta l’esperienza ci dice che sara’ bene depennare alcune voci tra quelle poc’anzi esposte nel disporci alla visione dello scontro tra cinque giovanotti di provincia e gli spiriti maligni ingenuamente evocati con la tavoletta che da’ il nome al film stesso. A questo e all’omonimo del 2007; non dissimile per altro dal Long Time Dead del 2002. Sicuramente non sono state queste le fonti di ispirazione di Juliet Snowden e Stiles White (anche regista, in questo caso, esordiente), ma la coppia di The Possession e Boogeyman avrebbe certo potuto staccarsi da certi stilemi e modelli antichi, facilmente identificabili. La scelta definisce l’operazione, in qualche modo, come spesso accade. E rende chiare le aspettative con cui e’ bene affrontare questi 90 minuti di spiriti e segreti. Imprescindibili segreti. Soprattutto considerando che il film stesso non potrebbe fondarsi altrimenti solo su regia o personaggi (senza nulla togliere all’onesto impegno di un paio di interpreti). E cosi’, nei tortuosi cunicoli di scantinati e genalogie familiari, si sviluppa una storia che - seppur prevedibile nel suo esito finale e in molti degli accadimenti legati ai ‘5 piccoli indiani’ - nasconde un paio di twist interessanti. Purtroppo sfruttati non al meglio, per la scelta di evidenziare i ‘jump moments’ piu’ scontati a tutto discapito della possibilita’ di rendere piu’ incisive un paio di scene che lo avrebbero meritato.

Sul banco degli imputati Dante, Omero, Virgilio, pronti ad affrontare le gravi conseguenze di una sentenza a loro sfavore: l’esilio perenne dal panorama culturale italiano. Il processo si è svolto a Torino, sotto forma di rappresentazione teatrale con Umberto Eco nei panni del difensore e l’economista Ichino in quelli del pubblico ministero sostenitore della pena capitale per le discipline classiche definite obsolete, improduttive e inutili per i giovani che oggi, vanno indirizzati ad una cultura tecnico-scientifica settorizzata. Ma l’amor che muove il sole e l’altre stelle tenacemente risponde sulle motivazioni che rendono immortale lo studio delle discipline incriminate; insegnano un metodo che addestra l’intelletto al ragionamento e all’autonomia del pensiero e, paradossalmente, apre le porte allo studio logico e scientifico, proprio per il metodo analitico di cui fa uso. Inoltre, l’indirizzo della cultura italiana d’eccellenza, consente una proprietà di linguaggio e una padronanza della madre lingua che diversamente limiterebbe la conoscenza. Si pensi a riguardo all’etimologia delle parole. Ottima difesa, ma aggiungerei che, a quanto pare, il problema della subcultura dominante è addestrare le nuove generazioni al buio intellettivo, archiviando le radici della cultura per fare posto ad un tecnicismo e ad un utilitarismo che si fonda sull’ignoranza delle nuove generazioni, che si vogliono ormai omologate come macchine, capaci solo di produrre sempre di più e incapaci di pensare, così da potere obbedire senza discutere al volere di una ristretta oligarchia dominante. Cosmo, verdetto finale, almeno per il momento, a favore del liceo classico, che è stato assolto. Le scoperte di oggi sono il frutto delle osservazioni e degli studi dei padri di ieri. Ogni cosa ha una paternità legittima ed eterna che dimostra l’inscindibilità tra passato, presente e futuro. Sarebbe come cancellare a tutti i costi la storia dell’uomo che deve essere semplicemente attualizzata, arricchita e adeguata, ma mai rinnegata.

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