I Vespri N°37/2014

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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 37 anno IX - 18 ottobre 2014 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Marinai indiani e marò Trattamenti diversi d i Nu n zia Sca lzo Italia e India, due paesi con un destino comune e un rapporto perverso come quello tra il parassita e l’albero: l’uno non può esistere senza l’altro. Mentre la vicenda dei due marò resta sospesa e Massimiliano Latorre è in Italia per curarsi dopo l’ictus, ben 18 marinai indiani sono stati arrestati con l’accusa di traffico di stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio, con l’aggravante della grande quantità: 70 tonnellate a bordo di due navi. Gli imputati dovranno sostenere un regolare processo nel rispetto delle norme previste dalla legislazione italiana che in materia, si sa, non è tenera. Nessuno scandalo, nessuna rappresaglia. Nessuna ritorsione. Ancora una volta c’è un arresto al centro delle polemiche. E stavolta è avvenuto in Italia. In breve i fatti. A fine giugno, la Guardia di finanza ha fermato nel Canale di Sicilia 18 marinai indiani che a bordo di due navi trasportavano un carico di droga, quasi 70 tonnellate di hashish. Loro si difendono nel più classico dei modi: “Non sapevamo nulla di quel tesoro nella stiva, chiedete ai comandanti delle navi, che sono siriani”. Fin qui, tutto normale. Non è la prima volta che i cargo mercantili sono usati come mezzi di trasporto

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Politica regionale

Catania

“Uova in faccia” il nuovo modo di contestare

Gioeni, Nato e temporali Storie di un fallimento

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Da una ragazza siciliana una risposta “moderna” d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Da Gela…a Gela - Si chiama Cristina e ha 25 anni. E’ arrabbiata e ha deciso di farlo sapere. Ha approfittato dell’ennesimo carosello politico, a Ferrara, città in cui studia da emigrata. Ha comprato al supermercato sotto casa un cartone con quattro uova e, arrivata in piazza, ha cominciato a lanciare. Una, due, tre uova, nientemeno che contro il presidente del consiglio Matteo Renzi. La tensione, la rabbia, ma anche la folla, sono stati gli elementi che hanno impedito a Cristina di raggiungere in pieno – in piena faccia cioè – il suo obiettivo. Le sue uova hanno colpito un giornalista del Financial Times e alcune altre persone che si accalcavano adoranti attorno al premier. Che è stato colpito solo da alcuni “schizzi” di chiara d’uovo. Nulla di particolarmente grave. Anche se la circostanza, quella sì, è diventata subito imbarazzante. E non solo per il premier e la corte dei suoi seguaci. Ma anche per i due poliziotti della “digos” che si sono lanciati su Cristina, strappandole le “armi” di mano: nel cartone c’era ancora un uovo “inesploso”. La vicenda, adesso, avrà perfino un seguito giudiziario. Cristina infatti è stata identificata e denunciata per “getto pericoloso di cose” e subito rilasciata. Al processo, c’è da giurarci, ci sarà da ridere, soprattutto quando l’imputato dovrà spiegare al giudice le sue ragioni. Cristina è nata a Gela. Una città che grazie alla politica illuminata dei suoi amministratori proni dinanzi al potere petrolchimico, non solo è irrimediabilmente inquinata, non solo non offre alcuna prospettiva di impiego e di futuro ai suoi giovani, non solo è dominata dalla “stidda”, la frangia più sanguinaria della mafia, ma ha anche dato i natali e la notorietà politica a Saro Crocetta: una condizione – oggettivamente insopportabile. Ecco perché Cristina ha fatto le valigie ed ha raggiunto Ferrara. Per studiare e provare ad avere almeno una chance. A costo di

E’ accaduto a Ferrara, ma l’idea è tutta siciliana: lanciare uova in faccia ai politici. Per togliersi la soddisfazione, dimostrare la propria insoddisfazione e scaricare la tensione. Rilanciamo con un “getto non pericoloso di cose” in faccia alla politica siciliana. Il presidente Crocetta enormi sacrifici, umani ed economici. Ha dovuto rinunciare al calore della sua casa e della sua famiglia. E’ stata costretta ad abbandonare gli amici e gli affetti della sua infanzia. E’ costretta a vivere e a cavarsela da sola. In una città lontana e assai diversa da quella in cui è nata e cresciuta. E deve confrontarsi ogni giorno con una società che le è semplicemente estranea. Deve affrontare – ogni giorno – le oggettive difficoltà di un percorso universitario a cui la scuola che ha frequentato, laggiù in Sicilia, non l’ha preparata. Ecco. Cristina, ogni giorno, si sveglia e lotta. Contro tutto e contro tutti. Per affermare il suo flebile diritto al futuro. Che ogni giorno diventa sempre meno diritto, per assumere le sembianze di un anelito, di una debole speranza. Cristina, e come lei migliaia, milioni di giovani, ne hanno le tasche piena. E’ stanca di vedere i politici intenti a rompere – costantemente – le “uova “ del suo paniere. Eggià. La politica e i politici, ogni giorno, mentre Cristina lotta per la sua sopravvivenza, senza neanche cavarsela troppo bene, litigano per modificare la legge elettorale, per sopprimere il senato, per abolire l’articolo 18. Per fare “riforme” che – diciamolo con chiarezza – non fregano niente a nessuno. E che, nella migliore delle ipotesi, non miglioreranno la condizione e la quantità dei disoccupati italiani neanche di un

punto percentuale. E a politici tanto scadenti, la loro inadeguatezza va spiegata. E un uovo in faccia non è niente male come spiegazione. Per questo Cristina, questa settimana, ci rappresenta tutti. Con Onore. E se ci sarà la necessità di mettere insieme il denaro per pagarle i migliori avvocati, in grado di spiegare ai giudici le sue e le nostre ragioni, ebbene, lo raccoglieremo. A Gela e in tutta la Sicilia. Cristina sei tutti noi - Voglio gridare, con voce chiara, il mio sfogo: “Cristina, sei tutti noi!”. Il tuo “getto pericoloso di cose” è stato un gesto liberatorio che vorrei tanto condividere. Magari allargando la cerchia dei destinatari. E questo articolo, questa settimana, questo vuole essere: una “cartata” di uova in faccia alla insipiente politica siciliana. Un “getto” – non pericoloso – e non di cose, ma di “fatti”, in faccia a gente che sta dimostrando il proprio “non-valore” da sola, senza neanche il bisogno di essere incalzata dall’indignazione popolare. Che dire della vicenda delle elezioni “parziali” a pachino e Rosolini in provincia di Siracusa? Si è trattato in fondo solo di una resa dei conti giocata tra sostenitori e oppositori del governatore, all’interno della rivoluzionaria e progressiva area della sinistra siciliana di governo. La compravendita del voto – a sentire gli stessi candidati – sarebbe stata palese, sotto gli occhi di tutti. Se

Pippo Gianni, che non è mai stato un “santo” nella scena politica siciliana, ne è uscito con le ossa rotte e perfino “disgustato”, c’è da giurarci che il gioco è stato veramente duro. Senza scrupoli né esclusione di colpi. Tant’è che lo stesso governatore ci ha guadagnato una denuncia per compravendita del voto. Uno spettacolo inaccettabile, se si pensa che migliaia di forestali e di “trattoristi” attendono da quattro mesi i loro stipendi, che diecimila “formatori” sono rimasti senza lavoro e che ogni giorno chiudono in Sicilia aziende che licenziano centinaia e centinaia di persone. Le nomine e il potere - Il governatore, novello Nerone in salsa sicula, incurante delle fiamme che divampano sotto il palazzo del suo potere, passa le giornate sollazzandosi con le sue “vestali” e gratificando la sua corte con nomine, incarichi e consulenze: surrogati del nulla, che – però – riempiono le tasche ingorde del sottopotere e della subcultura politica locale. Mentre la gente si incatena e minaccia di suicidarsi dinanzi ai palazzi del potere, Crocetta trova la forza perfino di “sfottere” la folla, con frasi a effetto che dimostrano il suo stile, la sua eleganza, il suo tratto di statista della magna grecia. “Sì, in piazza la gente protesta, ma è sempre stato così. Ogni giorno è così…. In passato, le manifestazioni sì che erano pericolose….”

Ma il “massimo” del glamour, il buon “visir” Saro, coccolato dai suoi eunuchi, lo raggiunge quando parla dei suoi “competitors”. A commento delle elezioni siracusane che hanno confermato la inconsistenza politica del suo megafono, riesce a sibilare…”morto un Gianni se ne fa un altro” . Una “sparata” che ha scosso perfino le coscienze e l’aplomb tardo democristiano di Totò Cardinale e di tutto il suo gruppo di migrantes della politica siciliana. Eh no! Stavolta Crocetta ha sbagliato! Hanno tuonato in un comunicato congiunto i cinque consociati al Pdr – il partito democratico riformista, ultima creatura della fantasia politica regionale -. “Inaccettabile sul piano umano - hanno scritto in un comunicato – la frase di Crocetta su Pippo Gianni (che del neonato pdr è dichiaratamente un socio fondatore). In assenza di un chiarimento, potremmo rispondere – testuale – sul piano politico, affermando che “morto un Crocetta se ne fa un altro”. Ora, bisognerebbe spiegare ai tutti i partecipanti a questo dibattito d’alto livello, che se a una caduta di stile se ne associa una seconda, la prima non viene per nulla cancellata. E alla fine le cadute di stile saranno due. Come – appunto – in questo caso. Un caso che – emblematicamente – rappresenta la “casbah” in cui, a livello regionale, si muove la politica: un campo di battaglia in cui il cinismo e ricatto sono le

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na” alla politica: Una “cartata” di uova in faccia armi brandite da tutti i contendenti, nessuno escluso. La “ciccia” della contesa, l’argomento del contendere, è sempre quello: il denaro. Sottratto al popolo per essere distribuito a corte. Spiegate in maniera differente la nomina di un esperto in tonnare all’assessorato al turismo, di un consulente in beni demaniali al territorio, di un consulente per le questioni finanziarie alla presidenza, di uno alle partecipate all’economia e perfino di uno sulle farmacie alla sanità. Per un totale di altri 37 mila euro di spesa, che quest’anno si aggiungeranno ai milioni di euro già utilizzati per pagare i dodici assessori esterni, decine di manager della sanità, centinaia di esperti del nulla e di addetti ai “gabinetti” degli assessori, per non dire di decine e decine di amministratori nominati in altrettanti enti inutili e dispendiosi. Ecco. Questo è l’argomento centrale della contesa politica: la spartizione di qualsiasi cosa sia possibile frazionare e dividere. E l’assoluta indifferenza per i bisogni della gente. Ed ecco perché le uova di Cristina – e quelle che metaforicamente oggi noi lanciamo – sono non solo un atto liberatorio. Ma un

atto dovuto. La sfiducia progressiva - Già perché è evidente che questa gente sta alla morale come i miei tacchi stanno al pavimento. In basso. Giù che più giù non si può. Pensate che il governatore, la scorsa settimana, ha avuto la faccia “tosta” di indire una conferenza stampa per “anticipare” la calda settimana di sfiducia che lo attende. Si comincia il 15, al parlamento regionale, con la discussione della mozione di sfiducia contro l’assessora alla formazione professionale, Nella Scilabra, portaborse di Giuseppe Lumia, il senatore capo corrente dell’antimafia politicamente militante. Si continua, giorno 16, con la discussione della mozione di sfiducia all’assessora alle attività produttive, Linda Vancheri, segretaria particolare di Antonello Montante, leader degli industriali antimafia siciliani. Poi il calendario dei lavori del parlamento siciliano prevede la discussione del disegno di legge sul recepimento del “decreto Delrio”, la nuova normativa nazionale sulle province. Si tratta di una iniziativa presa da “articolo 4”, il gruppo parlamentare di Lino Leanza, e fortemente sostenuta da

Giovanni Ardizzone, presidente Udc dell’assemblea regionale. La sola presentazione della riforma nazionale, che mira a cancellare la nuova legge regionale sullo scioglimento delle province voluta da Crocetta è – politicamente – una vera e propria mozione di sfiducia nei confronti sia dell’assessore agli enti locali – Silvia Valenti, udc anche lei – ma anche nei confronti del “magnifico” e progressivo governatore dei siciliani. E Crocetta che fa? Tenta il “tackle”, mirando a bloccare, o almeno a intercettare, l’iniziativa parlamentare. Ecco pronte le “slides” e – in conferenza stampa, manco a dirlo - presenta anche lui una riforma della riforma. Che smentisce sé stesso e prova a creare confusione. Ma Ardizzone non ci sta. E, sconfessando sia il presidente che l’assessora del suo stesso partito, tuona dal suo scranno di palazzo dei Normanni: “L’agenda dei lavori d’aula non è di competenza del governo, ma del parlamento”. La guerra, insomma, se non è ancora ufficialmente aperta, è certamente chiaramente dichiarata. Ma la “sfiducia” al governo e al governatore, sono in una fase assolutamente “progressiva”. Su-

perati questi primi tre appuntamenti non da poco, quel che resta del governo – e del governatore – avrà una lunga lista di “gatte” ancora più difficili da “pelare”. L’ufficio di presidenza dell’Assemblea, dovrà infatti decidere non solo quando mandare in discussione la mozione di sfiducia presentata contro l’assessore all’economia, ma anche quando aprire il dibattito sulla mozione di censura presentata contro il governatore per costringerlo a licenziare la segretaria generale di Palazzo d’Orleans, la potentissima Patrizia Monterosso. Senza contare che il centrodestra ha annunciato, proprio per la fine della prossima settimana, il deposito della mozione di sfiducia annunciata contro il governatore. Mentre il Movimento cinque stelle sta organizzando – per giorno 26 – un “no Crocetta day” con una raccolta popolare di firme che accompagnerà la loro mozione di sfiducia contro il governatore. Le uova e la dignità - Della – mancata – dignità di questi uomini abbiamo a lungo discusso la settimana scorsa. Dopo il temporaneo cedimento di Gianfranco Vullo, che si è chiesto se “sette-ottomila euro

al mese fossero sufficienti a perdere la dignità” ci aspettavamo – almeno – un franco e sincero dibattito, dentro o fuori il parlamento, sul vero valore della politica, una chiara denuncia del mercimonio e delle conventicole da corridoio… E invece no. La settimana che è passata è stata stancamente, ripetitivamente, uguale a quelle precedenti. Il governo ha perso altri pezzi della sua faccia. Il potere ha acquisito la sua razione settimanale di prebende, nomine e consulenze. Migliaia di disperati hanno bussato alla porta della politica chiedendo risposte. E la politica si è rassicurata, pensando – in fondo – di non rischiare nulla e di non avere nulla da perdere. Si è perfino votato. In un mini test che ha confermato l’inconsistenza della politica al governo. Ma non è successo nulla. Nessuno si è scomposto più di tanto. Se non sui giornali. Per darsi un “tono” e nulla di più. E allora, scusate, ma le uova, sia quelle di Cristina che quelle della nostra metaforica “cartata”, sono l’unica risposta possibile. Una risposta che probabilmente non cambia nulla, è vero. Ma che ci da una temporanea, calda, soddisfazione.

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OTTOBRE 2014 - Siracusa

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OTTOBRE 2014 - Catania

Nato, pioggia, parcheggi: cronache da una città tragicomica di Gi uli ano B us à Catania continua ad essere la città dell’assurdo. Sempre sospesa tra la perenne promessa di metropoli e città moderna – peraltro ampiamente mantenibile, stando alle oggettive qualità culturali, artistiche e naturali di cui dispone – e una realtà fatta di disorganizzazione, lassismo, inadeguatezza gestionale, assenza di metodo, errori e novità grossolane, che farebbero ridere se non facessero piangere. Gli accadimenti dell’ultima settimana, solo apparentemente sconnessi ma in realtà legati a doppio filo tra loro da questa continua ambivalenza ai limiti della schizofrenia cittadina, hanno confermato le possibilità e insieme i limiti che Catania ha e subisce, scivolando sempre non appena accenna ad aumentare la falcata. Partiamo dalle velleità da grande città. Qualche giorno addietro Catania ha avuto l’onore e l’onere di ospitare per la prima volta una riunione/assemblea operativa Nato, accogliendo personalità istituzionali di spicco sia italiane che internazionali. In occasione dell’anniversario della Strage di Lampedusa, è stata scelta proprio la città etnea come simbolo e centro del Mediterraneo, per affrontare una problematica – anche se, come sempre, solo a livello per così dire accademico; dei gentiluomini che discutono, nulla di concreto ovviamente – che paradossalmente rimane solo sicula benché europea. Oltreché dell’accoglienza e del problema relativo all’emergenza umanitaria che si palesa con gli sbarchi di migranti, si è discusso anche di Medio Oriente e di Isis, lo spauracchio del momento. Ad alternarsi al microfono della Sala Bellini di Palazzo degli Elefanti, tra gli altri, entità istituzionali come Hugh Bayley, Pietro Grasso, Federica Mogherini, Angelino Alfano e Laura Boldrini. E questo è ciò che i catanesi hanno appreso, come

La “cascata” formatasi al Tondo Gioeni a causa del mancato completamento dei lavori, durante il nubifragio qualsiasi altro cittadino italiano, dai media. Quello che la cittadinanza ha visto e subito – e quindi percepito dell’evento – è stato invece il solito tentativo di lucidare l’argenteria in fretta e furia, di rimettere tutto a posto e dare una parvenza di normalità alla città, spostando come sempre la polvere sotto al tappeto. Misure da guerra civile hanno interessato le principali vie del centro storico, chiuse al traffico per due giorni. Da via Etnea (tratto Via La Piana e Vittorio Emanuele) all’intera piazza Università, da via La Piana a via Euplio Reina (tratto via Mancini per intenderci), fino ad arrivare a piazza Santa Maria del Rosario, via Vittorio Emanuele, piazza Duomo (intera area, compreso tratto antistante Porta Uzeda) via Garibaldi, ma anche nella zona del Castello Ursino, con divieto di transito in piazza Federico di Svevia, da via Riccardo da Lentini a via Sebastiano. Insomma, una città bloccata, con buona pace dei suoi abitanti

e di quelle strutture ricettive interessate dal blocco. A fare uscire la polvere da sotto al tappeto è arrivato però un agente quasi inatteso, evidentemente più temibile, per i vertici Nato, delle peggiori strutture paramilitari del pianeta: stiamo parlando ovviamente…della pioggia. Come al solito, è bastato un pomeriggio di pioggia per divenire le strade della città comodi letti di un fiume unico, che da via Etnea è scorso lungo il viale Artale Aragona, il viale Vittorio Veneto, sino ad arrivare alla circonvallazione e al Tondo Gioeni, divenuto per l’occasione una vera e propria cascata. Il solito inesistente sistema di drenaggio e come puntualmente avviene ad ogni pioggia leggermente più sostenuta e prolungata, Catania è divenuta Venezia. Altrettanto puntualmente, forse per far sembrare la situazione sotto controllo anche agli “ospiti” Nato, da Palazzo degli Elefanti si è incredibilmente minimizzato. Di più, si è negata l’evidenza; secondo

Enzo Bianco infatti “il sistema di drenaggio in città ha retto: fondamentali sono stati la pulizia preventiva delle caditoie, dei tombini, delle camere di raccolta e filtraggio, e gli interventi nel canale di gronda. Preziosissimo il lavoro svolto in emergenza dai tanti operatori dei Vigili urbani, della Protezione civile e delle Manutenzioni del Comune, oltre che di Vigili del fuoco e Volontari”. E ancora: “Le criticità – ha proseguito Bianco – non sono mancate, ma sono state gestite e risolte con estrema celerità. Per questo sento di ringraziare di cuore quanti con grande professionalità e dedizione sono stati impegnati nell’emergenza ma anche gli operatori che nei mesi scorsi hanno svolto un meticoloso lavoro di prevenzione”. Non serve consultare un vocabolario per comprendere la definizione di tragicomico: è sufficiente sommare ciascuno di questi addendi e poi decidere se riderne o piangere. A ciò, si è aggiunta da poco una postilla politica

che nulla ha da invidiare alle situazioni sovradescritte. Per festeggiare il neonato gruppo consiliare (ancora senza nome), scaturito dalle dichiarazioni di Giovanni La Via, eurodeputato del Nuovo Centrodestra, circa la sua volontà di compattare una volta per tutte l’opposizione e di ergersi quindi a guida di un nuovo centrodestra (minuscolo stavolta) catanese, i consiglieri che a La Via fanno riferimento, ossia Manlio Messina, Salvatore Giuffrida e Tuccio Tringale, hanno avanzato una proposta, che fa quindi da condimento mediatico alla portata principale. L’idea dei consiglieri è pittoresca: “Proponiamo la possibilità dopo le ore 22 di parcheggiare nella via Etnea così da ridurre il grande caos delle auto in cerca di parcheggio e in doppia fila durante le ore serali, e dare più sfogo a tutti coloro che volessero arrivare in centro storico”. I consiglieri concludono asserendo anche che questa sarebbe una buona soluzione anche per tutto il settore della ristorazione che vedrebbero in questo un aiuto concreto”. Opinabile, per usare un eufemismo, che riempire di auto la via Etnea sia una soluzione alla crisi. E opinata davvero, non solo da associazioni come Salvaciclisti e Car Pooling Catania, ma anche da “colleghi” come Giuseppe Berretta e addirittura Ruggero Razza, che l’ha definita “non più di una provocazione” e che di quel nuovo centrodestra dovrebbe far parte in maniera integrante. Fortuna insomma che non era quella la portata principale della novità dell’area politica. Insomma, da qualunque lato la si guardi, questa città continua ad offrire spunti sempre nuovi per chi volesse cimentarsi nella nobile arte della sceneggiatura di commedie amare: finiti i sorrisi e le incredulità, i problemi gestionali infatti restano lì e nessuno pare in grado di risolverli.

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OTTOBRE 2014 - Catania

Fallimento Gioeni e aspettative di ripresa sull’ex Mercato Ittico di Flora Bonaccorso

Un anno dopo l’abbattimento del ponte del Tondo Gioeni per fare spazio alla più sicura rotatoria, almeno stando alle valutazioni dell’Amministrazioni Bianco –, la viabilità in quell’area non sembra affatto migliorata rispetto alle previsioni. Infatti, fin tanto che l’assessore ai Lavori Pubblici non procederà alla progettazione del sottopassaggio di Via Grasso, la rotatoria causa l’intersecarsi delle vetture in uscita con quelle in entrata in città, fatto questo che abbiamo subito denunciato oltre ad evidenziare il difetto del salto di quota sul senso di marcia in direzione Ognina. Questo ultimo dovuto a causa dell’impossibilità di raccordare il vecchio tracciato stradale con il nuovo determinato dalla rotatoria. E csì in ingresso nella città si creano ingorghi anche dopo l’ora di punta, mentre in uscita il traffico è fluido (la foto che pubblichiamo è stata scattata intorno alle ore 10:30 dell’8 ottobre 2014). Un Architetto ci spiega: “osservando la foto tutto fa pensare che la rotatoria non sia funzionale all’ingresso in città all’altezza del Tondo Gioeni, ma inviti a proseguire per sfruttare gli altri ingressi di Via Vincenzo Giuffrida, di Viale Vittorio Emanuele e di Ognina. E’ dunque inspiegabile la sua forma, risultando molto più funzionale il ponte che è stato invece abbattuto”. A fronte di un lavoro pubblico dai risultati discutibili, è in atto un dibattito che potrebbe

In alto due immagini del’ex mercato ittico e a destra il tondo Gioeni

risollevare le sorti economiche dell’Ente. Il Comune di Catania paga annualmente circa 6 milioni 800 mila euro di affitti per i suoi uffici, ciò nonostante sia proprietario di immobili capaci di ospitare gli stessi. Rumors dicono che l’attenzione dell’Amministrazione Bianco sia caduta sull’ex Mercato Ittico, sito nella strada che da piazza Alcalà porta al Faro, con un ingresso secondario su Via Del Principe. L’immobile è capace di ospitare quattro Direzioni amministrative come minimo. In base alla nostra ricerca documentale, il plesso ha le seguenti caratteristiche tecniche: superficie del lotto metri quadrati 6.811; superficie coperta metri quadrati 3.490; volume metri cubi 37.315; 2 piani fuori terra. Nel corso del 2014 è stata ristrutturata una porzione del piano terra, ricavando 19 postazioni lavoro distribuite in meno di cinque stanze. La finalità è di

ospitare, appena le parti restaurate saranno dotate di linee telefoniche, alcuni degli uffici della Direzione Ecologia. Ad oggi, il sito è adibito in parte ad archivio, in attesa che anche questo sia trasferito nel sito archivistico di San Giuseppe La Rena. L’ex Mercato Ittico era funzionante sino al giungo del 2012, quando le attività commerciali si spostarono nella sede del MAAS. L’ex Mercato Ittico necessita di vigilanza H24, dunque sono necessari almeno 4 guardie che costerebbero annualmente circa 200 mila euro. Vale la pena spostare solo pochi dipendenti, realizzando sulle locazioni un risparmio di 60 mila euro annui? Lo domandiamo, e scopriamo che in passato i tentativi di recupero degli immobili comunali sono stati oggetto di atti vandalici, anche con i cantieri aperti. Torniamo alle intenzioni dell’Amministrazione, che abbiamo raccolto sulla base di ru-

mors. Con il decreto “Salva Italia” potrebbe essere finanziata la demolizione e ricostruzione del padiglione centrale all’interno del sito, con possibilità di realizzare due piani interrati da adibire a parcheggi. Questa operazione dovrebbe essere gestita da una Società. Sempre rumors dicono che è stata individuata una Società con sede a Roma, che avrebbe curato anche all’Estero operazioni simili a quella che si vorrebbe realiz-

zare a Catania. Se questa ipotesi dovesse avere seguito, il Comune pagherebbe per venti anni un canone di riscatto stimato in circa 4 milioni di euro annui, certamente inferiore a quello che sta sostenendo. Trascorsi i venti anni, gli resterebbe la proprietà di un immobile edificato con criteri costruttivi-energetici di “Classe A”, che nel frattempo farebbero realizzare anche un risparmio considerevole sui consumi essenziali.

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OTTOBRE 2014 - Opinione

Legalità: Catania europea o capitale della Bolivia? di Mar co B enanti Jean Valjean giovane potatore, dovendo provvedere alla sorella e ai figli di questa, per disperazione si trova costretto a rubare un tozzo di pane: per questo crimine viene condannato a cinque anni di lavori forzati. Questo accadeva ne “i Miserabili” di Victor Hugo: dall’Ottocento francese al Nuovo Millennio catanese il passo –in termini di povertà e di legalità scaraventata contro il basso- è breve. Sotto l’Etna, nel mese scorso, un uomo, Salvatore La Fata, è morto… di legalità: vendeva frutta fuori dalle norme. Aveva perso il lavoro nell’edilizia. E aveva una famiglia da sfamare. Quando sono arrivati i controlli –ferrei e determinati- lui si è dato fuoco. Tutto questo, in una città dove il rispetto delle regole è affare per… poveracci. Oggi come ieri, come domani. Catania resta una realtà dove i livelli di illegalità sono paurosi: e dove, in particolare, la “selezione” dell’applicazione delle norme appare sempre classista, peggio di status. Come se potessero esistere “cerchi magici” al riparo. Una semplice impressione o amara realtà? Da quando poi, è arrivato a Palazzo degli Elefanti la giunta Bianco i roboanti appelli alla legalità sembrano collidere con una poù prosaica realtà… di non rispetto della stessa legalità proclamata. Malgrado la macchina della propaganda dell’amministrazione comunale, le vicende controverse sono emerse. E non sono poche. Esempi? Come quella del capo di gabinetto del sindaco, Massimo Rosso. Di fatto, uno dei vertici del governo del comune. Rosso è accusato di avere dichiarato il

mendacio al momento del conferimento dell’incarico, quando avrebbe omesso di citare d’essere stato revisore dei conti del Teatro Stabile di Catania e Presidente del Consiglio di Amministrazione della R.S.S., una società del settore rifiuti. Di più, sembrerebbe che, diversamente da come prescrive la legge, non siano stati altresì documentati i cinque anni di esperienza dirigenziale nella pubblica amministrazione. Si tratterebbe di elementi prescritti dalla legge come causa di inconferibilità dell’incarico e aggravate dal fatto che la loro menzione sarebbe stata omessa e persino occultata nell’autocertificazione prodotta al momento dell’assunzione dell’Ufficio. Replica ufficiale degli interessati? Nessuna. Altra storia, altri dubbi: quali? Qualcuno, per caso, ha tratto vantaggio dall’accordo siglato tra il Comune e le imprese proprietarie degli impianti pubblicitari? In ballo qualche centinaia di migliaia di euro (ma forse sono anche di più) per un settore delicato e milionario come quello delle affissioni, dove ci sono anche gli interessi dei gruppi di comando della città. Tutto qui? No, perché il comune di Catania ha fatto sorridere amaramente non poche persone

Enzo Bianco per gli incarichi professionali ufficialmente senza compenso. Poi, guarda caso, dopo gli incarichi aggratis a qualcuno di quelli che si erano “sacrificati” è arrivato l’incarico retribuito. Un modello innovativo di scegliere i collaboratori, mica clientelare e senza meriti come accadeva ai tempi di Raffaele Lombardo. Se poi ti capita di andare a Palazzo degli Elefanti e fa il cronista, potresti notare che l’ufficio stampa è di fatto “sdoppiato”: uno al pian terreno, uno al primo piano. Il secondo è pagato dall’ “Asec Trade”, fiori di quattrini, ma l’impegno è quasi pressocchè totale per il sindaco (ma l’incarico per questo tipo di impegno per il primo cittadino dov’è?), non per i problemi del gas di Catania. Dicono che va bene così. Poi, c’è la storia del concorso per vicecomandante dei vigili urbani, contestata e oggetto di un contenzioso in sede di tribunale lavoro. Contestata anche la composizione della commissio-

ne aggiudicatrice. Quisquillie? Robetta? Poi, perché il cambiamento è forte e va veloce, all’Autorità Portuale è arrivato, o meglio è tornato, come commissario, Cosimo Indaco, che potrebbe diventare di nuovo Presidente: che abbia profili di incompatibilità è cosa sostenuta da non pochi. Ma c’è di più: come la vicenda –ne abbiamo scritto negli ultimi numeri- del concorso a 89 posti per istruttore tecnico direttivo. Un “pozzo” di situazioni controverse, strane, incredibili. Come definirla diversamente quando si può leggere nella delibera di costituzione parte civile del comune (che non si è poi costituito) che “…le ragioni che giustificano la costituzione del Comune debbono ravvisarsi nel fatto che pur essendo la ‘fede pubblica’ il bene tutelato dal reato di falso è anche vero che il comportamento crimonoso posto in essere dagli imputati ha leso i principi ispiratori che sorreggono l’attività della P.A.,

quali quelli della trasparenza, correttezza e legalità;…” Insomma, si parla di “comportamento crimonoso” e il comune è riuscito nell’ “impresa” di non costituirsi parte civile? Ma lo stesso comune è resistente contro chi si è rivolto all’Autorità Amministrativa per ottenere giustizia, annullando un concorso che appare un “pugno alla legalità”, altro che! Contraddizione? Ma quale rispetto delle norme persegue Palazzo degli Elefanti? Di fronte agli articoli de “I Vespri” l’amministrazione non ha risposto: eppure, di questioni aperte ce ne sono tante. Come quella della disparità di trattamento –per usare un eufemismo- fra chi vincendo il concorso (un concorso ancora sub judice…) e chi non l’ha vinto: e per i primi ci sono stati riconoscimenti come posizioni organizzative, alte professionalità… per gli altri…beffe e danni. E di fronte a questo “spettacolo” l’assessore alla legalità Saro D’Agata e il segretario generale del comune Antonella Liotta cosa hanno fatto? Si attende azioni, ma ci saranno? Eppure, al comune di Catania, in altri casi, senza una condanna, è stato decretato il licenziamento. La cosa più semplice –e probabilmente la più legale- sarebbe una e una sola: annullare il concorso. Con un atto dell’amministrazione comunale. Ci vuole coraggio particolare? O ci sono forse interessi confliggenti? Il 17 ottobre, intanto, in appello la vicenda conoscerà una nuova udienza (dopo la sentenza di primo grado con la condanna della commissione). Il tempo del diritto (forse della giustizia) è ancora “di moda” a Catania?

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I periti: niente nesso di causalità tra le morti e il Clorosoda d i L il ia na Bla nco Aveva tutta l’aria di un maxi processo. E un po’ maxi lo era davvero se si pensa che un manipolo di uomini anziani e malati e i figli di tanti uomini morti per una ragione che non si sa, hanno avuto l’ardire di volere alzare la voce contro un colosso di acciaio con le ciminiere che fumano alto, fino all’altro emisfero del mondo, dove arriva la potenza dell’Eni. Al tribunale di Gela in agenda l’incidente probatorio del processo a carico di 17 ex dirigenti dell’Eni indagati per omicidio colposo e lesioni aggravate nei confronti dei 118 dipendenti del “Clorosoda”, un impianto che si è guadagnato l’appellativo di “killer” che, secondo l’accusa, avrebbe già mietuto tra 16 vittime e decine di malati. L’udienza prevedeva l’acquisizione dello studio tecnico dei periti e la discussione sui risultati come prova dell’eventuale nesso tra malattie contratte e sostanze manipolate (cloro, mercurio, dicloroetano, cloruro di vinile, ecc) o gli inquinanti ai quali erano esposti nel luogo di lavoro. La perizia che ha sconvolto l’opinione pubblica è stata depositata e le conclusioni dei tecnici non ravvisano causa-

o le malattie lità fra le morti e dei dipendenti l’ambiente di laed il reparto. I voro. difensori però Prima dell’udienhanno tirato za il comitato fuori l’asso spontaneo ex ladalla manica: voratori del clodocumenti che rosoda ha voluto provano che l’ raccontare i parEni è partner ticolari di questa del progetto vicenda : “Ai tecGemelli Insienici nominati dal me, iniziativa Tribunale venne concesso di effetsdgfPorecerchit, sum fugiati aestiusa sequi que iuntia ideata dal Policlinico Unituare le visite peritali a Roma presso il Policlinico batorio a quasi 2 anni dal suo ini- versitario Agostino Gemelli, per Agostino Gemelli – raccontano zio. A testimonianza di tutto ciò promuovere un programma volto Orazio Mili e Daniele Esposito il 25 novembre dello scorso anno alla prevenzione alla salute dediPaternò - Fu chiesto inutilmen- depositammo un appello in cui cato ai cittadini della Capitale. E te da parte degli ex dipendenti chiedevamo di affrettare i tempi quei tecnici che hanno depositato una perizia di 1500 pagine sono riconosciuti “parte offesa” ad in quanto troppo lunghi”. effettuare le visite peritali in Si- Davanti al Giudice Molinari nu- gli stessi che fanno parte del procilia affinché gli ex dipendenti merosi legali: in rappresentanza getto. A visitare l’anno scorso i del clorosoda affrontassero meno dell’Eni Gualtiero Cataldo, gli lavoratori malati sono stati Arspese e, vista anche l’età e lo sta- avv. De Pitrillo e Autru Riolo, naldo Capelli (anatomo-patoloto di salute meno disagi. Nulla di Emanuele Maganuco, Anna Co- go, docente presso l’Università fatto. Si doveva andare a Roma. mandatore, Giuseppe Fioren- Cattolica del Sacro Cuore,); Ivo Rimanemmo basiti quando ad un za, Lia Comandatore, Giusi Li Iavicoli (medico del lavoro, docerto punto i Ctu dichiararono Vecchi, Filippo Spina, Giacomo cente presso l’Università Cattoche avrebbero disposto le future Ventura, Fabio Fargetta, Vittorio lica del Sacro Cuore ); Fabio De visite peritali non più a Roma Giardino, Concetta Di Stefano, Giorgio (medico legale, docente presso il Policlinico, ma presso Marina La Boria, in rappresen- presso l’Università Cattolica del l’androne del Tribunale di Gela. tanza dei lavoratori del cloroso- Sacro Cuore); Salvatore Caputo Nei confronti dell’intero iter che da: alcuni oggi sono morti, altri (internista, docente presso l’Unici ha portato ai giorni d’oggi la- combatto ancora. Secondo i pe- versità Cattolica del Sacro Cuomentiamo la lentezza assoluta riti nominati dalla Procura non re). Secondo il collegio di difeche ha allungato l’incidente pro- c’è nesso causale fra la morte sa c’è conflitto d’interessi per

questo ha chiesto un rinvio per studiare le motivazioni della maxiperizia. Il giudice l’ha concesso: la nuova udienza sarà celebrata il 19 dicembre. C’è un altro aspetto che i difensori hanno sottoposto all’attenzione del giudice: “Quando si deve valutare l’ errore diagnostico e la gravita’ del quadro clinico e’ agevolmente riconoscibile, il sanitario e’ responsabile per colpevole imperizia e deve essere condannato a risarcire i danni”. Lo ha stabilito la quarta sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato la sentenza con cui la Corte di Appello di Roma il 14 ottobre ‘ 96 aveva assolto il primario di anatomia patologica del Gemelli, Arnaldo Capelli. Quindi chi sbaglia paga. Ad assistere in aula c’era il consiglio direttivo del “comitato spontaneo ex lavoratori clorosoda”. L’associazione presieduta da Massimo Grasso ha inviato al procuratore Lotti alcune considerazioni sul procedimento penale sui danni subiti dai lavoratori del clorosodicloroetano presso Anic spa ed Enichem spa sottolineando di arrivare con più celerità ad una sentenza perché ‘la gente prima di morire vorrà la causa della morte’!

I lavoratori dell’Eni di Gela verso lo sciopero Venerdì scorso su convocazione urgente delle segreterie territoriali di Filctem-Femca-Uiltec si è riunito il Consiglio della Rsu delle società del gruppo Eni a Gela. La convocazione straordinaria è scaturita per affrontare le modalità dell’attuazione dello sciopero proclamato a livello nazionale che sarà applicato per il territorio di Gela nella giornata del 16 ottobre 2014 con otto ore procapite. Tutto ciò si è reso necessario perché il progetto industriale dell’Eni rischia di smobilitare la Raffinazione in Italia, compreso Gela, dove viene intaccata anche nel settore della esplorazione e dell’e-

Gli stabilimenti dell’Eni di Gela strazione. Il mancato ripristino dell’efficienza operativa della Linea 1 per il riavvio e il blocco manutentivo per la sostituzione

delle linee interrate di Enimed, con lo stato di stallo in cui la vertenza si è arenata, provoca tantissima tensione ai lavorato-

ri, perché le società in maniera unilaterale continuano a mettere in campo azioni che destabilizzano il sistema industriale ed occupazionale del territorio. Dagli interventi è emerso con forza che bisogna ripristinare gli organici e impedire i comportamenti unilaterali aziendali, attraverso lo sciopero dello straordinario e il fermo delle attività produttive delle società del gruppo. Dal dibattito è emerso che il governo Regionale e Nazionale devono esprimersi in maniera chiara sulle scelte industriali di settore. I lavoratori e il sindacato continuano a credere sul ciclo del petrolio attraverso la

continuità di marcia degli impianti e con esso un livello occupazionale alto. L’assemblea della Rsu si auspica che l’incontro del 14 ottobre al ministero dello Sviluppo Economico dia garanzie di progetti industriali che mirino a consolidare e non di deindustrializzare il territorio siciliano. Il sindacato territoriale, sostenute dalle segreterie regionali e nazionale di categoria, ritiene che attraverso azioni di sinergia con le istituzioni si può dare soluzione alle forti problematiche occupazionali e di sviluppo dell’area per uscire da questo stato di forte crisi. L.B.

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Il tumore al seno si può e si deve sconfiggere. Anche a Gela Parola d’ordine prevenzione! E’ l’unico sistema per scoprire l’insorgenza di un tumore che si potrebbe sviluppare in anni e quindi batterlo sul tempo. Il tema dei tumori della donna è molto sentito a Gela. Lo ha dimostrato la grande partecipazione al convegno ‘Obiettivo Donna’ celebrato nell’auditorium dell’ospedale su iniziativa dell’AdosItali, associazione Donne operate al seno presieduta da Grazia Lo Bello. Grazie all’impegno dell’associazione donne operate al seno che da anni si battono per la campagna di sensibilizzazione insieme ai medici del reparto di chirurgia dell’ospedale Vittorio Emanuele. Il mese in rosa è stato inaugurato al meglio per diffondere il messaggio della prevenzione con la partecipazione di due grandi senologi Viviana Galimberti all’istituto Veronesi di Milano che da oltre dieci anni segue l’attività di volontariato delle donne che hanno sconfitto il tumore al seno e Giuseppe Di Martino dell’ospedale Vittorio Emanuele di Gela e altri specialisti. “Nel giugno 2003 il Parlamento Europeo ha votato all’unanimità una Risoluzione elaborata dalla Commissione per i diritti

della donna e le pari ppportunità che propone di fare della lotta al cancro al seno una priorità della politica sanitaria degli Stati membri – ha detto il senologo Di Martino . La Risoluzione europea invita a migliorare la prevenzione, lo screening, la diagnosi, la cura e la fase successiva alla terapia al fine di garantire in tutto il territorio europeo la massima qualità e raccomanda che tutte le pazienti con carcinoma della mammella siano curate da una equipe multidisciplinare e chiede che gli stati membri stabiliscano una rete di centri dedicati multidisciplinari per tutta la popolazione in base ai requisiti di Eusoma. Nell’ottobre 2006 il Parlamento Europeo ha votato la nuova risoluzione che ribadisce quanto affermato in quella del 2003, invitando inoltre gli Stati membri a garantire entro

il 2016 la creazione a livello nazionale di unità di senologia, poiché è dimostrato che il trattamento del tumore della mammella in centri multidisciplinari, aumenta le possibilità di sopravvivenza e migliora la qualità di vita. In Italia, il Senato della Repubblica (15 ottobre 2003) e la Camera dei deputati (3 marzo 2004) hanno approvato all’unanimità – sulla base della Risoluzione europea

– delle mozioni sulla lotta al tumore del seno. Il documento italiano impegna il Governo ad una serie di iniziative concrete tra cui il garantire a tutte le donne affette da tumore del seno il diritto ad essere curate da una equipe multidisciplinare e sviluppare una rete capillare di centri di senologia certificati ed interdisciplinari che debbano soddisfare criteri di qualità. La definizione di un modello per le

unità di senologia si rende necessaria al fine di allestire una rete di tali centri multidisciplinari per la diagnosi e la cura dei tumori della mammella in Sicilia, con lo scopo di fornire alle pazienti livelli omogenei e di elevata qualità di assistenza su tutto il territorio regionale, di definirne gli standard qualitativi e di allestire un sistema di accreditamento e valutazione della qualità al fine di rendere trasparente ai medici, alle autorità sanitarie e alle donne la qualità delle prestazioni offerte. E’ arrivato il momento di dare organico proprio alla senologia perche’ si e’ visto che dove ci sono le unita di senologia con personale dedicato si ha una sopravvivenza del 30% in piu’. perche’ nel futuro speriamo che pur ammalandoci di tumore della mammella non moriremo “mortalita’ 0” e poi vogliamo non solo curare ma “prenderci cura” delle pazienti. La paziente entra in ambulatorio e ne esce con diagnosi e terapia in breve tempo grazie atutte le donne e uomini che hanno gremito l’auditorium. noi ci siamo aspettiamo i nostri amministratori, si dovranno istituire 10 breast unit in sicilia speriamo di esserci!” L.B.

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Si moltiplicano le iniziative per salvare l’Ospedale Piemonte d i G iova nni F ra zzica Tra l’altro un gruppo di donne incinte ha deciso “spontaneamente” di manifestare innanzi all’ospedale Piemonte per dire “no alla chiusura dello storico nosocomio messinese”. Le gravidelle hanno anche esposto dei cartelli con cui simbolicamente davano la parola ai bimbi che portano in grembo, questa una frase di grande effetto: “Voglio nascere qui”. Questa manifestazione si contrappone a quella organizzata da Antonella Russo, consigliere comunale del Pd, per difendere il Punto nascita del Papardo. Commenta con amarezza Tonino Genovese, Segretario generale della Cisl di Messina, che insieme alla Uil ha organizzato la riuscita Assemblea aperta del 29 settembe che ha fatto registrare oltre 3000 partecipanti:”La estrema indecisione di tutte le autorità competenti in materia e abilitate ad assumere decisioni ha finito col generare, certamente come effetto collaterale non voluto, anche questa singolare lotta delle donne gravide, tendente a difendere il loro punto nascita”. Le partorienti, che hanno dato vita alla pittoresca manifestazione davanti al portone principale del Piemonte, si sono anche intrattenute con tv e giornalisti, rilasciando brevi dichiarazioni. “Il Piemonte è necessario – ha detto Aurora Valenza – perché, in una città con quasi 250mila abitanti e tanto estesa, non possono bastare due ospedali, uno a sud ed uno al nord. Pensiamo ai casi di emergenza, come una gravida con complicazioni o una persona con un infarto: come si fa ad arrivare in tempo al Papardo? Non possiamo mandare al macero il Piemonte, così come è già stato per il Margherita!”.

Una manifestazione di donne in stato di gravidanza “Non vogliamo che il Piemonte chiuda – ha sostenuto Franca De Liberto - quest’Ospedale è il nostro supporto, il nostro sostegno. E’ un punto di riferimento al centro della città”. “Ho già partorito qui il mio primo figlio – ha detto Carmela Puglisi - mi sono trovata bene, non voglio andare in un altro Ospedale, perché, per qualsiasi emergenza, per me che abito al centro, è il nosocomio più vicino ed, inoltre, è nei medici del Piemonte che ho riposto la mia fiducia”. Il Presidente del Comitato “Salvare l’Ospedale Piemonte”, l’ex magistato Marcello Minasi, ha commentato l’esito della manifestazione dicendo:“Il reparto di Ginecologia e Ostetricia è stato il primo reparto universitario del genere in tutta Italia: non possono cancellare così una lunga storia fatta di tradizione e professionalità. Il Piemonte è la storia di Messina, è l’Ospedale dei messinesi ed oggi le “gravidelle” ce lo hanno

ricordato in modo esemplare”. Ma non sarà la storia o le nostalgie a salvare dalla chiusura o da un forte declassamento l’Ospedale Piemonte. Chi sembra avere le idee molto chiare sulla vicenda è l’on. Giuseppe Picciolo, medico, con grande competenza del sistema sanitario regionale, che ha ben conosciuto grazie anche alla vicinanza con l’ex Presidente della Commissione Sanità che, per tutta la precedente legislatura, è stato suo compagno di cordata. “Molti di quelli che si stappano le vesti non sanno, o fingono di non sapere che esiste il Decreto Balduzzi – dice il Presidente del Gruppo dei DR a Sala d’Ercole – e che tale decreto, i cui principi sono stati ripresi e ribaditi dal Ministro Lorenzin, vige anche in Sicilia, per cui non abbiamo più di fatto potestà primaria in materia di Sanità. Detto questo i nostri parametri sono diventati gli stessi della Puglia, del Veneto e della Lombardia. I sevi-

zi scattano sulla base del numero degli abitanti, l’economia si realizza eliminando i doppioni, sono consentite pochissime e motivate deroghe”. Di fronte al nostro stupore Picciolo prosegue:”Tra l’altro va considerato che a meno di tre chilometri dal Piemonte c’è il Policlinico, collegato alla rete autostradale e che il nuovo manager, Marco Restuccia sta cercando di rilanciare in termini qualitativi. Il Papardo è un eccellente ospedale, oggettivamente lontano dal centro. Lodevoli le iniziative assunte sin dal lontano 2009 da CittadinanzAttiva per sollecitare la realizzazione dell’asse di collegamento Giostra-Annunziata-Granatari con svincolo al Papardo. Quest’opera sarebbe di grande giovamento non solo alla circolazione, ma anche alla sanità messinese. Per l’avvenire del Piemonte – prosegue l’on. Picciolo, attualmente componente della Commissione Sanità dell’Ars – una delle solu-

zioni possibili è un abbunamento con lstituto Neurolesi, che ha ancora una capacità di espansione di 80 posti letto che, sommandosi agli oltre 70 esistenti, consentirebbero al Piemonte di superare il limite minimo dei 121 posti. Ma anche queta è solo un’ipotesi, perché ogni ipotesi che passa dalla teoria alla pratica comporta poi sempre problemi e controindicazioni. Una cosa è certa: in tema di sanità non mi presterò mai a soluzioni demagogiche per raccattare qualche voto, per le soluzioni serie a favore dei cittadini, sarò sempre in prima linea, pronto a fare il mio dovere e oltre”. Intanto proprio dal Policlinico giunge una buona notizia. L’avv. Salvatore Vernaci, neo Presidente del Comitato Consultivo Aziendale annuncia un gesto di grande solidarietà, da parte del Patron Pietro Lo Monaco dell’ACR Messina, i Giocatori dell’ACR Messina, doneranno ai bambini talassemici del Policlinico Universitario di Messina Reparto di Genetica e Immunologia pediatrica, un televisore, che faccia loro preziosa compagnia, durante le operazioni di trasfusione del sangue, a cui vengono sottoposti costantemente. L’Avv. Vernaci, a nome del Comitato Consultivo Aziendale del Policlinico, invita i Cittadini a presenziare al significativo gesto, che sia di esempio ai titolari di importanti esercizi commerciali che devono la loro fortuna a questa Città. C’è da dire che nel reparto era già in dotazione un televisore che qualche settimana fa era stata trafugato. Salvatore Vernaci, che ha capito immediatamente quanto era importante per i bambini potersi distrarsi con la tv nel tempo della degenza, ha lanciato l’appello che è stato accolto.

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asdfUga. Nem. Et velendit prat.Se preheni dipis d i Saro F a ra ci sdfgEpeles aut perrum aut aut ped magniet libus eos alitas millectiis nimetur? Quia verum, occatusdae velicabor as rem ipsam volo iuntiss itatus expernatem et, que nihil magnam aliate si bea comnias volessi mporerf erectatior sitis utem sus enda dolupta expelectatem expe magnatessin cullescium aut dolupta pe optatiu santias duci dicid quatem eos experchit pel inistecto verrum reperio is ulpa santiis doloreh enihit dem quis denia volore magnatur? Ipsunt litaturiatem laudit ent. Igniet illab idem ratem que ditia quate nimoluptaqui quo elibus dolorrorro berunt volupta vere est quibea audae. Ga. Por adios simus. Ut es atiae eumqui sus ant evenihi liquam quaest poremoluptur re, accuptatem quodis cullam fuga. Sam qui optus ventioria de et que labore, comnient iur ad ma quid millab int destium cusant. Uribus reicimo dignihilit harum enda consequia nossum atemperitasi auda dem faciam landae que nostios ma nus, utecate simusdae od moloribus experib eatiscitis volorep erunto iur? Uptatiossit quam, utatemp orrum, officipsapid magnam quo event ressinv erciis dolorest occaece sequas simincianis dolupie necepediscia dolecera prate qui blabore stiorep ratiur, inveribus, sent aut aut officia tiatem nissimi liquis est latestenis ni alibustem aut et eostios eiuscit min nimus aut faccuptas aliant dus volupta temque ex ex eni ommolle nditis cone endis reptis si dolest velestrum es ilitatquodis volupta tureratur, aut quod mod quam, quo volupienisi alitasi taquos et, qui volore eiur, sundiam, utas sit por si sum dolendi derchitae et la sumquia cusam, qui natur sequam ipid quia sendi culparit, tem que perferchicae nulparum accae nistiatum unditiis et,

editior porerferspis simus et ut volorum nihilla ccatior eperit et veni autem samus mossedi onsequuntion porupta non prest estio. Velenim inullab oribusa ipiciet aut modicietur re odist, iunt atiuscitis molessunt volor am reriassumet mil et inciam, cuscid enectotam, cuscimus il imus molesti tem volupta quassi inusa num de asdfRe cor moloreh endipid ut molupitiam ni eossim rereic te volorepesoluptibus ulligni hicius pos et es moditestis et maionsed mo riti dit eos pel id ulpa consent exeribu saernatemqui blaturibus excea sa quae eos dit eatusda ame net et aut ommoluptibus dolorit, odi dolorep udipiet qui nimolup tiisto blacilit haris re- aut explam, erae consequiasi as exerect iaerument ulparis do- rumet quamus molupta conecati omniminvenet etur, ut volori ad les estiam, officae et, inis nobis simporrume omniasp ellore sa- quo odios dem nos as ius mincit vendior ectaturisit qui adicimpe pelen ihicab is volorec ullatur? eum volor magnim reptas ulpa volor sit fugit essim hario. Nam Nequam, sitatatium fugia quia ducium que nobisqui ulliquisim esse si dolum dolupta que eturi- simodites consequis rae peri aditium landis maxime omnitatum fugiandus ad quatur sam conserferem ipsamusae endae squi si accuptas dolest alit odit facea voleseque dolecepudi ab restibusda que prae rehendu cip- alictiis re ipit ius. iur sum volorectet eicatia provit sum idellac eatibea int. Ut minvent ibuscip sandae delifuga. Et ut quas perentur, con et Vidis venisin vendelitiore porer- quam hillenist quas inulpa erro cia nus qui volupti beatur accae illabor ehenim dolores simenaut eum nat quos soluptur? Sed quia conectae consecest consectatur? Ehendus dus ipsant tiam restrum es mi, veliqui anlaboribus ellacescius explace voluptae vent fugitas nem au- tiaepta prehendusam, se perio ritatatur as et modi nectur res dios a etur? moluptiis dit et ut volecta eptiis quae consequi ut quae volorem Nulliciur repelecto tem et eium adi quia verecabo. Orende aut re, occaepudam apiendisci ut dionseque eos il elitas ma quis facepuda dolo con ni cuscium et, quae. Pudit plicaboriae labora et conet reperro berorep udandu- iduciusam solore ma nim incid estiore ptatur rem que volentia cient es eatem aut dit, veliam magnis doluptas a con et incitapa que id modi velluptat mo que ese officipsunt in est, sum fa- que re recae eostiissed quiation plit, qui quis nis doluptae volup- citio nsequam, et laccabores ut core plat voluptatur, simint. tam, opti adit et asperum quaessi hitiam, omniendae. Itam volo- Numquate renis velliciis eum dent mint aut velit volum face- ra cus, offictisto test earuptius vendandia nim que et ommolor rumquam ium hil ma ide pro et as que id exped eost ea vel id estrum am, conse maxime odioenis alis endunti occuptur ma- rat. fuga. Itat. Axim la voluptas ni assimus do- xime laute et as ius, cum volor Usam vera nis magnis ratum lendae dolorro evero cuscit of- molendi ssitium, esedi comnia qui ommollor autem. Cera vel fictem sum essed eseribusdam et quae nobit qui vit, sed magnates magnis dis im quisserit vendam reperiore pere et que simusam, rerspe sum remod eum hilit vo- eum natur sitaqui atiur, accae corioreperit alis dolor samusciis lorem re sit odi blandisquam ex- volor sandis eos a quat. atus sed maxim nonsequam qua- periostiur alia consedi sundess Uscipsa pedio. Xerspelis non

ped quae porestis doluptat vellab idicati osanim ducima volore, offic tecte dest, siniatur? Venimetum restrume natibus ant ut perum quia quia pra illam nus dit aut disquam, optatqui que sunt earchitiis utae. Gitiis excepudis nullendit veribusdae con enisitet ero tecaboreius nulpa voluptias explia quibus dipsam nobitatio blati alicabo. Ero optae ene quia qui il mos peruptatur res pa de ma aliae. Uptae laceatus dolectur? Qui quis vid esequid ut utat volo molo volum et eost etur molorem et explita tiasperepro explaborem debitiunt, cor aut magnatium qui blam aut odiamus dit dolorest, nonsequ untiusa nimusto verruptas porio omni nemqui officid mollorum quationsecto cum exerspi dunduntion ne nost, es mos as anda di quunt issitist, core, volorem quia sim cum intotate volores dolupta et pos sus eum, ullia ipsanda epudaniat. Andam et fugit eium rem reptibus, cus erchilit alis verorupta apid maximolo dolorum eiunt. Bo. Ita nam is nos utae senimus, que noneseque doluptat adis moluptatis iunt doluptiate venectem rata quaspe prat eium faccus porestius minulpa perio. Et odis coritae rnatiorecea destis molorpor restium latent omnient lam reruntus quatquidem recturem ipsundus experum esseria dollaci dendis susaperro culparum iditatus et voluptur sunt. Ovidus voluptatia provitibus maximol ecabo. Ihillam, ium rectius, solorum vent dolorehenia consed quam lit quamusda nonsenda nost eum repratur, sae ipsam, invero offic temolor ehendantur aliquassit quo blacepe rumendic tem vel iderrovid mosae dolloris di sincient faccae res esciderum laciis dolorecea pra ne plitior ibusam ent veriati tenihiliqui re magnis dolupta tecatia velenetus nos eos expelitas es minctis inissequid quam fuga. Ovidio. Ga. Nam, andam vide eum eius, et, optate estis

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Il Paginone segue dalla prima di sostanze stupefacenti, succede e succederà sempre, fino a quando almeno, ci sarà gente che farà uso di droghe e il mercato le richiederà. Quello che non è normale è il modo in cui gli indiani hanno preso la cosa: a petto in fuori. Invece di stare raccolti in un compunto silenzio, le autorità indiane pretendono un trattamento speciale e la scarcerazione immediata dei marinai, una richiesta assurda che ha tutto il sapore di una provocazione di fronte all’eterno temporeggiare delle autorità di Nuova Delhi sulla sorte dei nostri fucilieri di Marina, trattenuti da oltre due anni senza un capo di imputazione. L’ambasciata indiana ha chiesto ufficialmente spiegazioni al nostro ministero degli Esteri, e un alto dirigente della delegazione di New Delhi in Italia si è fiondato al palazzo di giustizia di Palermo per incontrare i magistrati Teresa Principato, procuratore aggiunto, e Maurizio Agnello, sostituto procuratore, che indagano sulle navi della droga. L’ambasciata indiana senza mezzi termini ha chiesto la liberazione dei suoi marinai. Ma contro di loro ci sono accuse pesanti: traffico di droga e detenzione ai fini di spaccio, con l’aggravante della grande quantità per cui la vicenda non sembra che sia, almeno per il momento, di facile soluzione. La questione è già diventata un caso spinoso, ma la scarcerazione dei 18 indiani appare lontana, visto che al momento le indagini della procura e della finanza sono in pieno svolgimento. I pm palermitani hanno chiesto anche un’analisi dello stupefacente per verificare se provenga da un unico carico o se si tratti di più carichi. I magistrati siciliani hanno dato assicurazioni all’ambasciata indiana che saranno rispettati tutti i diritti di difesa, ma è chiaro che l’India vorrebbe un trattamento con i guanti di seta per i propri connazionali, una sorta di trattamento di favore per i marinai inguaiati e trovati con le mani nella marmellata, dimostrando di sconoscere le più elementari regole del diritto internazionale. Intanto i 18 detenuti indiani hanno già ottenuto la traduzione degli atti d’indagine in inglese, e hanno potuto incontrare in carcere i funzionari dell’ambasciata, mentre i nostri due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ancora dopo due anni di detenzione aspettano la formulazione del capo di imputazione. E i nostri politici invece di intervenire, blaterano. Nunzia Scalzo

Salvo Andò: “Crocetta non è in grado di governare di Alb er to Car di llo Il Governo regionale è sotto assedio. Non passa giorno che non veda crisi politiche, sceneggiate di ogni tipo, denunce del Governatore su (presunti) continui complotti contro la sua “rivoluzione”, e poi proteste e manifestazioni di un popolo ormai allo stremo. Per capire meglio il difficile momento della politica isolana, questa settimana abbiamo deciso di sentire l’autorevole parere di Salvo Andò, già Ministro della Difesa, maggiorente del Psi e Rettore dell’Università Kore di Enna. Tra le altre cose, Andò qualche settimana fa è stato eletto presidente nazionale di Lab Dem, succedendo a Gianni Pittella, quest’ultimo nominato quale Capogruppo del Pse al Parlamento europeo. Lab Dem, libero pensatoio di matrice socialista in seno al Pd, ha riunito nei giorni scorsi il comitato regionale e attraverso un lungo dibattito ha fatto un’impietosa analisi della situazione politica regionale. On. Andò, due anni dopo le elezioni che hanno portato Crocetta al Governo della Regione, come sta la Sicilia? La Sicilia sta male. Dalla politica non arriva alcun segnale di possibili inversioni di tendenza tali da consentire un reale cambiamento. Tutti gli indicatori economici vedono la Sicilia occupare posizioni di coda nelle graduatorie nazionali. Mi riferisco all’occupazione, alla deindustrializzazione dell’isola,ai finanziamenti che non si è capaci di spendere, ai fatti di mala amministrazione denunciati anche dalla Corte di Conti. Ma quando si critica l’azione del Governo, qualcuno fa notare che la crisi non è solo siciliana… La crisi c’è ovunque. E’ vero. La gente soffre al nord come al sud. Ma qui si ha l’impressione che nessuno sia in grado di trovare il bandolo della matassa. Si vive in una condizione di crisi politica permanente. I partiti paiono sfasciati, divisi su tutto. Capita che uno stesso partito sia contemporaneamente all’opposizione e al Governo. In questa situazione a poco valgono i viaggi a Roma per trovare una quadra,che riesca a compattare questa maggioranza. La soluzione va trovata a Palermo.Siamo di fronte ad una crisi ormai cronica sia della funzione di governo, che della funzione di rappresentanza;una crisi che sta portando al disfacimento delle istituzioni. Crocetta risolverà i problemi interni alla maggioranza oppure già dalla prossima mozio-

ne di sfiducia rischia grosso? La maggioranza o c’è o non c’è. Non può essere a geometria variabile.Se c’è lo deve dimostrare attraverso dei progetti sui quali scommette la propria esistenza. Deve indicare le priorità sulle quali essa si aggrega, e deve conquistare un consenso visibile all’interno dell’Ars. In questo campo non servono gli esploratori, i sensali, servono dirigenti politici leali che assumano precisi impegni, e che nel caso di “impraticabilità del campo” dicano a chiare lettere che non ci sono più le condizioni per andare avanti. Ma la mozione di sfiducia annunciata dall’on. Musumeci ha speranze di passare o no? Non so cosa possa produrre in concreto la mozione di sfiducia,visto che il suo accoglimento porterebbe allo scioglimento dell’Ars. La maggioranza dei parlamentari probabilmente voterà per la sopravvivenza dell’Assemblea pur essendo molto critica nei confronti del Governo. Il Governo sarà quindi costretto a vivacchiare dal momento che non riceverà una sfiducia,ma non avrà neppure la fiducia. Insomma chi dissente si darà da fare per bocciare tutte le questa situazione di impasse senza di una situazione di rissa iniziative del Governo. Intanto la Sicilia pare essere dove di riflesso è precipitata continua. Ormai il caso Sicilia davvero alla deriva. Mai un l’intera Sicilia? è diventato un caso nazionale Governo è stato più impopo- Se la situazione di crisi è irrever- eclatante. Si è toccato il fondo sibile, come molti fatti stanno a con le elezioni suppletive di Silare… La verità è che i costi umani del- indicare, Crocetta potrebbe ri- racusa che sono diventate un’alla crisi continuano a crescere. Le volgersi al corpo elettorale, spie- tro test per capire chi tra Croimprese chiudono, le famiglie gare dal suo punto di vista come cetta e i suoi avversari avrebbe sono sempre più povere, i ragaz- stano le cose, chiedere un nuovo avuto la meglio. zi scappano dalla Sicilia perché mandato chiarificatore, tale da Appare chiaro che siamo nel qui non c’è futuro. Oggi chi governa di fronte ai problemi posti dalla crisi inevitabilmente è impopolare e quindi registra insuccessi elettorali. Ma in Sicilia siamo di fronte ad una crisi politica che sta corrodendo profondamente il tessuto istituzionale. Quindi cosa dobbiamo ancora aspettarci da questo Governo sempre più sotto assedio? Pare che oggi la parola d’ordine che gira nei palazzi delle politica sia: “sopravvivere”, cioè non governare ma tirare a campare. Nella situazione attuale questo è un lusso che non possiamo sdfgIs aut voloria ipsunti nveliqu istrum remporibusa cus voloreius, eaqui d più permetterci . Intendiamoci, questa situazione non nasce con Crocetta,il quale ha ricevuto una pesante eredità. Però c’è una oggettiva continuità con il precedente sistema politico che andava invece interrotta. Non basta porre fine a questa situazione bel mezzo di una situazione fare volare gli stracci. Mi pare di impasse. La funzione di una di caos senza precedenti. Chi che gli interessi che aggregano coalizione non può essere quel- e cosa possono oggi salvare la le maggioranze siano sempre gli la di arbitrare la distribuzione Sicilia? stessi. E questo non è un proble- delle spoglie che tra l’altro sono Di fronte ad una crisi politica ma di forma, è un problema di poche, e spesso danno origine a così evidente, visto che qui non risse a dir poco patetiche. Non si c’è un arbitro super partes, che, sostanza. Come ne usciamo allora da può governare la Sicilia in pre- come avviene a livello nazionale

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nare, tira a campare, un lusso che non possiamo permetterci”

A sinistra Salvo Andò, qui sopra assieme a Gianni Pittella e sotto durante una parata militare con Oscar Luigi Scalfaro con il Presidente della Repubblica, garantisce il buon funzionamento delle istituzioni e ne sanziona il cattivo funzionamento, sarebbe necessario che l’Ars ,attraverso un dibattito chiarificatore, verificasse se esistono le condizioni per affrontare alcune priorità sulla base di un preciso cronoprogramma. Deve essere la stessa Assemblea a spiegare all’opinione pubblica siciliana le ragioni per cui essa deve sopravvivere. Se però si constata l’impossibilità di andare avanti è bene decidere consensualmente “il rompete le righe”. Anche a livello nazionale vi

s, eaqui doluptas

sono dei problemi, ma almeno il premier Renzi si dà da fare per mettere in moto la macchina, non si perde in mediazioni estenuanti. Sa che ,una volta bloccato dal Parlamento,la soluzione inevitabile sarà quella di andare ad elezioni anticipate.

Secondo lei, in questa situazione, cosa bisognerebbe fare per salvare la Sicilia? Anzitutto evitare prediche virtuose a cui non seguono decisioni, spesso difficili, che vanno prese. E bisogna soprattutto evitare che altre imprese chiudano,essere più coraggiosi nel tagliare la spesa improduttiva anche a costo di inimicarsi alcuni settori politici ed economici,fare tutto ciò che è possibile per dare alla macchina amministrativa più velocità decisionale e più trasparenza. Se davvero si vuole uno sviluppo autopropulsivo bisogna poi puntare sulle risorse umane, qualificarle,aiutando concretamente le istituzioni che si occupano di formazione e ricerca ad un certo livello,promuovendo una politica dell’internazionalizzazione,per esempio cofinanziando i programmi Erasmus, spendendo di più per il diritto allo studio. Diverse regioni si stanno muovendo in questa direzione, nonostante le difficoltà del momento. Basti pensare a ciò che fanno in questo campo regioni come Sardegna e Puglia. Se dalla Sicilia i ragazzi scappano, per andare a studiare fuori, non solo per cercare un lavoro, avremo una popolazione di anziani e un’economia sempre più assistita. Qual è la visione di futuro per la Sicilia che il Governo ha? Qual è la sua politica energetica? Attraverso quali strumenti intende incrementare la qualità delle nostre produzioni perché risultino competitive?Ha un progetto per consentire alla Sicilia di essere in qualche modo attore dei processi di sviluppo che interessano

i paesi della sponda sud del mediterraneo? Ecco, una franca discussione su queste questioni potrebbe fare emergere dei segnali interessanti di ripresa della vita politica. Il primato della politica che tanti auspicano è fatto anche di confronti su queste grandi scelte. E ,invece. vedo che le discussioni più impegnative sono quelle che riguardano la nomina di un vicevice capo di gabinetto,o di un commissario da inviare in questo o quell’ente,o di un esperto. In questo quadro al quanto desolante, l’opinione pubblica è sempre più sfiduciata e lontana dalla politica… Ciò accade per ragioni assolutamente comprensibili. Bisogna però reagire a questo declino,a questo senso di rassegnazione. La paralisi dell’attività di governo è la causa,o la concausa di tanti fatti di mala amministrazione. In questo contesto, stenta ad affermarsi una cultura dei diritti; sono sempre più numerosi i diritti negati, anche quelli che costituiscono il nucleo indisponibile dei diritti di cittadinanza, come il diritto alla salute, il diritto al lavoro. Siamo la regione con meno asili nido; ciò significa che possono lavorare solo quelle donne che hanno aiuto in famiglia o risorse economiche importanti alle spalle. Eppure dalle parti del Governo si continua a parlare di riforme da fare lottando contro presunti “sabotatori” che Crocetta vede quasi ovunque… Le riforme devono avere un senso unitario, una precisa idea dello sviluppo. Non possono essere un abito di Arlecchino. Per fare ciò occorre una maggioranza coesa, che condivida delle idee; insomma, una maggioranza che non sia legata solo da un vincolo spartitorio. La verità è che i partiti sono deboli in Sicilia, incapaci di affrontare una situazione come quella attuale. Non c’è dubbio che c’è una questione democratica da affrontare, a causa del declino dei partiti,dovuto alla loro scomposizione interna, alla loro privatizzazione. Sfasciare i partiti non è stata certo una buona idea per garantire stabilità al governo, anzi. Intanto, dopo una breve luna di miele, la Sicilia torna a fare notizia negativa presso l’opinione pubblica nazionale, non solo regionale. Definitivamente finito il “fattore Crocetta”? E’ verissimo. La Sicilia dopo le ultime elezioni regionali aveva avuto importanti aperture di credito –anche grazie alla storia personale di Crocetta- a livello di opinione pubblica nazionale. Il che costituiva una condizione assolutamente positiva per avviare un nuovo corso. Oggi pare

che quel capitale di fiducia sia andato disperso. Siamo tornati a fare notizia per le criticità che caratterizzano il sistema politico regionale. Non si vede chi, come, quando, dovrebbe realizzare le grandi riforme di cui la Regione ha bisogno... Mi auguro che i grandi partiti a livello nazionale possano dare impulsi positivi affinché la Sicilia esca dal guado. A cominciare dal Partito Democratico che anche in Sicilia ha avuto un grande successo alle europee. Il rischio è che il caos che si è prodotto nella vita politica siciliana danneggi anche l’immagine di questo partito a livello nazionale,considerato che i cambiamenti annunciati da Renzi riguardano l’intero paese. Per esempio la riforma delle Province? Esatto. In tutta Italia si è proceduto nei giorni scorsi all’elezione degli organi di governo del

nuovo ente intermedio. In Sicilia non si capisce neanche come esso sarà organizzato. Di fronte a tanto immobilismo ripensare alla specialità,riorganizzare i rapporti tra i diversi livelli di governo diventa una pia illusione. Eppure, siamo di fronte a riforme istituzionali che a livello istituzionale, sia pure tra mille difficoltà, si stanno facendo. Questo processo riformatore dovrebbe avere un riscontro anche a livello regionale,tenuto conto che siamo l’unica regione speciale del mezzogiorno,e che dovremmo costituire un punto di riferimento per quanti ritengono necessario porre al centro del dibattito politico la questione meridionale. Auspicabilmente in termini nuovi. Una macroregione meridionale potrebbe dare impulso all’intero sistema paese, e fare contare di più l’Italia nello scenario mediterraneo.

Salvo Andò, una vita al servizio delle Istituzioni Esponente di primo piano del Partito Socialista Italiano, figlio del primo sindaco socialista di Giarre, Biagio Andò. È stato consigliere comunale dal 1970 al 1991, prima a Giarre e poi a Catania. Eletto alla Camera per la prima volta nel 1979, è stato deputato per quattro legislature. È stato vicepresidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2. Nel 1992 ha ricoperto il ruolo di presidente del gruppo parlamentare del PSI. E’ stato membro della direzione e della segreteria nazionale del partito. Ministro della Difesa nel primo governo Amato dal giugno 1992 all’aprile 1993. Nel corso del suo mandato, a seguito dell’inasprimento della guerra alla mafia segnata dagli attentati in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fu promotore dell’intervento massiccio dell’Esercito per svolgere funzioni di ordine pubblico con l’Operazione Vespri Siciliani. In merito alla strage di via D’Amelio, in cui rimasero uccisi Paolo Borsellino e quattro agenti della sua scorta, Andò ha dichiarato

di aver incontrato il giudice Borsellino poche settimane prima della sua uccisione, informandolo di un rapporto investigativo che parlava di un potenziale pericolo per entrambi. A tal proposito l’ex Ministro ha dichiarato: «Ebbi l’impressione che Borsellino non sapesse nulla della circostanza e che nessuno gliene avesse fatto cenno». Dopo la fine della Prima Repubblica e il disfacimento del Psi, Andò si è interamente dedicato alla vita accademica, quale docente di diritto pubblico comparato. Tra le sue pubblicazioni più importanti spiccano Human Rights what Future (Università di Malta, 2005) e Il Dizionario Riformista - agenda per un riformismo solidale e moderno (Nuova editrice MondOperaio, Roma, 2006). È stato fondatore ed è presidente della Fondazione “Nuovo Mezzogiorno”. È presidente dell’Osservatorio Internazionale Sui Diritti Umani Nei Paesi Del Mediterraneo. Da qualche mese ricopre la carica di presidente nazionale di Lab Dem, succedendo all’ on. Gianni Pittella.

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Mini elezioni, tanto rumore per (quasi) nulla d i Rosa To ma rchio Era prevedibile. Pippo Gennuso supera Pippo Gianni e Bruno Marziano vince su Giovanni Cafeo. Diciamo che i risultati erano più che scontati. Anche se accade sempre che qualcuno faccia i conti senza l’oste. Per esempio, se avesse vinto il renziano Giovanni Cafeo si sarebbero verificati una serie di avvicendamenti a Palazzo Vermexio. Non solo a livello politico. Ma dirigenziale, d’ufficio insomma. Spostamenti vari da un’assessorato all’altro. Addirittura qualche figura apicale dell’attuale organico dell’amministrazione comunale sarebbe finita in quel di Palermo, al fianco del neo deputato regionale Giovanni Cafeo, in qualità di segretario particolare. Come se certi dirottamenti fossero possibili, secondo legge. Tutto era stato studiato ad arte, messo in preventivo, tranne la sconfitta. Adesso, addio sogni di gloria, per Cafeo e per alcuni proseliti che gustavano già i postumi della vittoria dei renziani. E adesso cosa succederà? Con Bruno Marziano ben saldo al suo scranno quali manovre pensano di attuare al Comune di Siracusa? E, soprattutto, cosa farà il principale “trombato” di questa assurda mini elezione. Pippo Gianni farà ricorso rimandando il voto naturalmente tra due anni? Frattanto, pare che il deputato uscente abbia incassato le scuse formali di Crocetta che ora trova assurda questa mini tornatesiciliana. Nel frattempo, la legislatura sarà bella e finita. Pericoloso, tuttavia, il viatico aperto per la Sicilia. Il caso Rosolini-Pachino ha aperto un precedente da manuale. Molte altre situazioni similari si riproporranno sull’Isola che vive di sole

elezioni e ripicche politiche, facendo leva, come accade sovente in questi casi, sulla forza del famigerato Statuto Autonomo siciliano. Sicuramente, non ci farà lustro al cospetto del mondo intero. Resta un insoluto, in tutto questo. Marziano, Cafeo, Gennuso e Gianni Con quale miracolo divino Coltrario sia riusciuto a tenere invece la politica del buon sena galla? Lui, che ha dichiarato so avrebbe voluto di “contare apertamente sostegno incondi- di nuovo” e non di “votare di zionato al candidato Cafeo, che nuovo”. Perchè la possibilità del ripensamento, a questo punto, ha perso? Lasciamo da parte per un mo- l’ha dovuto avere solo Rosolimento, partiti, candidati, politi- ni, o Pachino, e non tutto il vero ci e vari addetti ai lavori. Qual “corpo elettorale” siracusano è stato il pensiero della gente o siciliano? Insomma, secondo comune su queste mini elezioni molti, quelli del Cga meritano regionali? “Che sono state mo- di andare dove suggerisce il loro struose, senza senso, un aborto acronimo. Enti contro natura, della Costituzione, che c’è del come tutto il sistema pensato profondo marcio se si rovista dallo stesso Cga. Proprio come bene tra i brogliacci sul caso suggerisce il deputato del NCD “schede ballerine”. Schede ri- , Enzo Vinciullo, che li vorrebtrovate, e poi non ricontate. be aboliti. In questa minitornaCome era giusto che accadesse, ta solo siracusana ci sarebbero prima di andare alle urne, quan- tutti gli elementi per ricorre alla to meno accertarsi del reato pre- Corte Costituzionale perchè risunto, il broglio elettorale. Una votando si avvantaggia solo chi vicenda che ha tutto il sapore ha un rapporto di prossimità dei calci di rigore a favore della con l’area interessata, inoltre, si Juve. Paragone calzante: perchè opera nei confronti degli elettori se io candidato, sono di Orti- come se fossero anime morte. gia, per esempio, e spariscono Non è che uno vota Marziano e le schede in quelle sezioni dove lo rivota sempre. E il principio io sono forte, e mi si rifanno le dell’anonimato garantito per elezioni è chiaro che se si rivo- legge dell’elettore non ci dice ta solo lì, vinco. Questo per dire che erano le stesse personale a che le elezioni interessano solo votare gli stessi candidati. Inun “corpo elettorale”. Quando somma, il provvedimento è

sciocco ed è testo solo a favorire qualcuno. Cosi la pensa il deputato “trombato” Pippo Gianni che non si da assolutamente per vinto dopo il rientro all’Ars del suo diretto competitor Pippo Gennuso. Anche Bruno Marziano, del Pd bersaniano, ce l’ha fatta sul giovin renziano Giovanni Cafeo per soli 47 voti di distacco. Insomma, nonostante il voto di domenica scorsa, tutto resta come prima, al 2012. Piovono, manco a dirsi, ricorsi dai cieli come fulmini e saette. Se entra Gennuso qulcuno dovrà uscire. Le caselle sono quelle, non di più. Prmi dati di affluenza alle urne gia alle dieci del mattino del 6 ottobre del mattino: Rosolini, 50,33% dei votanti sulle tre sezioni; 32,46% sulle sei sezioni di Pachino. Le prime voci della possibilità che Pippo Gennuso possa essere nuovamente onorevole arrivano sempre con più insistenza col passare delle ore, su 1500 voti scrutinati , mille pare li abbia presi proprio l’ex deputato regionale che porta cosi a termine la sua fatica ritornando al suo posto nel parlamento siciliano. Ma a discpiato di chi? Chi raccoglie le briciole di questo grande successo? Pippo Gianni sconfitto dalla minitornata elettorale Pachino e Rosolini quando ancora mancano i voti di due sezioni. Il nodo non si scioglie subito in casa PD dove si contendono il seggio l’uscente Bruno Marziano ed il primo dei non eletti nel 2012, sempre del PD, Giovanni Cafeo mentre l’ex Megafono Giambattista Coltraro viene quasi subito riconfermato. Ma alla fine, sarà Marziano a spuntarla rimandando il giovane renziano al suo posto, accando al sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo, alla conduzione dell’amministra-

zione comunale. Ma non è detto che, trovando una intesa nei prossimi mesi, sempre che ce ne sia voglia all’interno del PD, a Marziano possa essere chiesto un passo indietro, magari diventare assessore regionale per concedere a Cafeo qualche mese di esperienza all’Ars. Ma su questo occorrerà ottenere il placet del governatore. “Quelle di domenica a Pachino e Rosolini sono state elezioni assurde e surreali, - commenta il deputato nazionale del PD, Pippo Zappulla - la bassa affluenza è la sconfitta che porta il nome di Crocetta, quello di Faraone e di Garozzo. Crocetta ha piegato il governo regionale e i tanti drammi siciliani a chiari interessi di bottega. Il dirigente nazionale del pd Faraone partecipa ad iniziative su Pachino senza e contro il suo partito con l’unico risultato raggiunto di avere “irritato” financo Aristotele. Hanno puntato su queste elezioni per segnare una svolta nella provincia di siracusa, per ridisegnsre nuovi equilibri a siracusa e in sicilia e, per ottenere l’obiettivo, non hanno lesinato sforzi e utilizzato ogni arma e strumento. Non ci sono riusciti e la riconferma di Marziano e’ uno schiaffo alla manovre carsiche, a quelle palesi e agli inciuci di queste settimane e mesi. Al sindaco Garozzo rivolgo l’invito a farsene una ragione e a scendere dal trono e misurarsi con gli umili e con il popolo. E’ venuto il momento di cambiare verso. Al “giovane” Cafeo , che sta accumulando una quantita’ imbarazzante di competizioni elettorali e altrettante sconfitte, consiglierei un periodo sabatico. A dispetto dell’eta’ ormai e’ chiaramente uno dei piu’ vecchi e usurati personaggi della politica siracusana”.

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Inquinamento? Spesso solo falsi allarmi Inquinamento ambientale legato alle emissioni industriali? “Non ho mai visto superamenti eccessivi. Gli analizzatori funzionano perfettamente, chi li controlla sono professionisti qualificati che stanno col fiato sul collo su chi ogni giorno è addetto ai rilevamenti”. A parlare è un tecnico Arpa che, per ovvi motivi, preferisce rimanere nell’anonimato. “I dati delle centraline Arpa non possono essere in nessun modo alterati e sono disponibili negli uffici Arpa o resi pubblici sul sito ufficiale. In questi mesi che ho verificato l’andamento dell’inquinamento atmosferico non ho riscontrato nessun fatto grave nè allarmante”. Ma perchè solo due centraline per la zona industriale? Megara e Sasol non sono troppo poche per tenere sott’occhio un intero quadrilatero? “Gli analizzatori vengono calibrati ogni giorno perche il dato sia valido mai distorto e interessano solo la zona industriale tra Augusta e Melilli. E ripeto, i dati che si vedono in cabina sono la media oraria, non giornaliera. Non ho assolutamente visto superamenti eccessivi nei rilevamenti. I tecnici Arpa sono abbastanza qualificati e non possono essere raggirati. In questi mesi, che ho verificato il mio possibile operato, i dati di superamenti eccessivi non ce ne sono stati. Altra cosa, però, sono i dati delle centraline che arrivano direttamente a Palermo dove vengino analizzati da personale Arpa e non possono essere assolutamente alterati”. Si, ma come mai solo due centraline? “Perchè due bastano per la zona industriale”. Mentre sulla città di Siracusa? Chi controlla? “Per qualche mese c’è stata la centralina mobile. Altro non era che quella di Megara che ha fatto stanza nel capoluogo per qualche mese. Due, tre. E’ stata collocata, per volontà del Comune di Siracusa, proprio al camposcuola Pippo Di Natale. Finito il periodo di campionamento, la centralina mobile è ritornata ad Augusta. Personalmente i dati non li conosco. Ripeto, quello che vedo io sono solo le medie orarie e non quelle finali”. Ma allora cosa sono questi cattivi odori specie la notte? Cosa è questa puzza di gas? “ Intanto diciamo subito che il gas è inodore. E comunque esistono altri sistemi per monitora-

re apppositamente gli odori, altre analisi da laboratori, altri processi. Chimicamente al momento non riesco a fornire alcuna spiegazione su questi miasmi”. Anche lei suppone l’inquinamento automobilistico? Polveri sottili che vengono dal vengono deserto? “Può darsi e in ogni caso non sono dati che interessano solo la provincia di Siracusa ma tutta la Sicilia. Principalmente, si parta dal traffico. Occorre con urgenza una mobilita sostenibile. Siracusa è una piccola città con tante, troppe auto. Ed è un rapporto che influisce molto sull’inquinamento dell’ambiente”. D’accordo, ma lei quando si reca a fare campionamenti nelle centraline, che dati riscontra? Cosa ha trovato? “Per le polveri sottili ci affidiamo al laboratorio mobile Augusta dove i valori si attestano quasi sempre nella norma, credetemi, molto meglio rispetto ad altre regioni. Valutando i superamenti delle polveri sottili in Campania, qui siete in paradiso!”. Voi Arpa che rapporti avete con gli altri enti, Per esempio, Cipa? “Non conosco questo ente. Qello che posso dire io che è i dati Arpa, azienda leader del settore italiano, non sono accessibili ad altri enti e non possono essere modificati assolutamente. Il dato viene automaticamente ogni giorno validato. Non è possibile modificarlo, quindi è quello che rispecchia l’andamento reale dell’inquinamento nelle medie giornaliere secondo il parametro che stiamo analizzando. I dati di altre aziende non li conosco. E non so nemmeno che strumenti

utilizzano per monitorare”. Dunque, lei si trova qui a Siracusa ogni settimana per manutentare le centraline Arpa tra Augusta e Melilli? Conosce a menadito la situazione locale, naturalmente. Cosa si sente di dichiarare in coscienza? “Solo un suggerimento, aggiornarsi prima di sparare a zero. Se occorre aggiornarte le centraline? Sono aggiornatissime, sono pochi anni che hnano inserito nelle centraline gli analizzatori di ultima generazione che funzionano pergìfettamente. In secondo luogo, verificare intanto che tipo di odori si sentono, che tipo di odori son. Il benzene è inodore, non si sente, forse un po’ di idrocucarburi, odore di combustione. L’ odore acre? Ma è quello tipico da raffineria. Sfiaccolamenti. Quelli non sono “gas” che rileviamo totalmente, noi solo il metano rileviamo, propano, che è pari a zero, ripeto. Terzo luogo, pressione e temperature atmosferiche. Lo storico dei venti aiuta molto a stabilire i siti ove allocare le centraline. Se è stato deciso di mettere al Pippo Di Natale significa che in quel periodo i venti che arrivavano dalla zona insutriale andavano verso il camposcuoe. Attualmente i venti stanno spirando verso la zona industriale, per esempio, ed è li che si concentrano le nostre analisi”. Ad un certo punto, lei parla di un paradosso, di quel gennaio 2014 quando, secondo i Verdi e Green Italia, sarebbero stati sfiorati i 111,5 nanogrammi al metro cubo nella stazione Megara in un solo giorno. “Un dato di questo non esiste!

Non so chi ha fornito questo numero alle associazioni ambientaliste. Ma posso garantire che questo dato sulla stazione di Megara non mi è mai risultato. Anche perche, potrebbe esserci un picco ma non di queste dimensioni catastrofiche. Un picco 111,5 nanogrammi su un metro buco? Già in una calibrazione molto molto inferiore di questa significherebbe che chi si trovava in zona con questo valore ci rimaneva secco. Significherebbe stare in una camera a gas, un valore assurdo. Se praticamente questo dato è stato rilevato dalla cabina ancora peggio, perche vuol dire che il dato è dieci volte rispetto a quello di provenienza e che tutti eravamo già morti e sepolti. Anche io, se un giorno dovessi vedere questi dati, signiica che ci rimarrò li!”. Diconi che la rete di monitoraggio Arpa non risponda alle esigenze di informazione e che vi sia un ombra preoccupante sulla situazione in merito a emissioni da C02, C03, pm10, metano e non metanici, benzene... “Il nostro laboratorio mobile è perfettamente completo al cento per cento, non manca nessun analizatore, perfettamente funzionante e non perche sono io il manutentore, ma perche i tecnici Arpa sono molto preparati oltre a non poter “fregare” l’Arpa stessa. Qui si parla di numeri. Se a uno strumento di un gas standard sul cerificato di quel gas c’è un numero, a quel numero deve corrispondere lo strumento. Cosi come il dato anche il numero di calibrazione è disponibile negli uffici Arpa”. Tutte l’ aziende hanno un loro si-

stema di controllo. Questo è cio che dovrebbero verificare? “Dicono dell’Arpa che non ha striumenti all’altezza e che non funzionano al meglioo e che di conseguenza i parametri siano inesistenti. Posso dire che non è vero. Le richieste vero è che questi inquinamento fanno male ala salute? Arpa fa controlli da laboratori che a Siracusa sono perfettamente funzionanti e che si avvalgono anche di esterni. Quello di Siracusa, per esempio, è il piu grande laboratorio chimico del Mezzogiorno”. Verdi e Green dicono che andare oltre al fossile sia la strada piu giusta verso l’ecosostenibilità. Lei che ne pensa? “Bisognerebbe vedere cosa vogliono fare i russi. Vogliano fare ricogenerazione? Quello che mi fa arrabbiare tanto è che parlano di inquinamento dell’aria, ma non sanno di cosa stanno parlando effettivamente non essendo del settore. Se nelle varie regioni di Italia ci sono dei superamenti vengono presi dei provvedimenti. I dirigenti Arpa , a non solo di Siracusa, di tutta la regione, un giorno si e l’atro pure sono alla procura per rispondere a delle domande. Rispodono perfettamente perche hanno il fatto loro, perche hanno mani pulite, e dati reali, non manomesso in nessun modo, se vui sono stati supermamenti vengono subito comunicati come vengono comunicati tutti i dati che tutit i giorni vengono prelevati dalla centralina. Quello che mi fa arrabbiare è che si parla tanto di disoccupazione, qui parlano di chiudere direttamente le aziende”. Rosa Tomarchio

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OTTOBRE 2014 - Opinione

Jobs act: come siamo fortunati noi siciliani di Claudio Mec Melchiorre

Siamo fortunati. Noi siciliani siamo molto poco interessati dal jobs act. La riforma renziana del mercato del lavoro, che segue di soli due anni quella della ministra Fornero, promette infatti una radicale trasformazione dei rapporti di lavoro. Ma non arriverà mai alla deregulation che conosciamo in terra siciliana. La maggioranza dei rapporti di lavoro nelle isole siciliane, infatti, è basata su concetti semplici e precisi. Se vuoi lavorare, lo fai, la paga è predeterminata e non discutibile. Se vuoi di più, l’imprenditore fa da solo o impiega un parente al quale fa la cortesia di farlo lavorare. In altre imprese, i lavoratori con regolare contratto non conoscono ferie, permessi, malattie o maternità. Poi, c’è il mercato del lavoro pubblico e protetto. Lì i rapporti di lavoro sono ipergarantiti. E lì abbiamo assenteismo, malattie continue, maternità sistematiche, sistemi nervosi che esplodono, sciatiche invalidanti, carriere politiche improvvise e permanenti, distacchi e permessi sindacali, contributi figurativi, imprese fatte da lavoratori dipendenti che sono in moltissimi casi fornitrici di beni e servizi alla stessa azienda per la quale lavorano. Riuscirà il jobs act a riportare tutto questo a razionalità? La risposta è no. Il mercato del lavoro della disperazione, cioè quello in nero, è totalmente impermeabile a qualsiasi riforma. Irap e studi di settore, implicano che mettere a libro paga un dipendente, si-

gnifica pagare non solo lui, ma anche più tasse. E’ più conveniente non assumere e correre il rischio di pagare una multa. Il rischio è basso perché l’imprenditore, in questi casi, o è una testa di legno (cioè persona finta) o un nullatenente. Il mercato del lavoro quasi regolare, fatto di un quadro con diritti avanzati non praticabili, potrà solo peggiorare. L’imprenditore approfitterà delle nuove norme per restare nella zona d’ombra quasi legale, ma ridurrà i suoi costi. Il mercato del lavoro ipergarantito non risentirà quasi per nulla delle novità. I diritti che saranno perduti saranno prontamente recuperati con la trattativa di lavoro. Nel pubblico impiego, si farà un po’ più di fatica, ma la politica recupererà un po’ di peso e potrà elargire con maggiore discrezionalità i benefici. Certo chi sarà escluso dai cerchi magici, rischierà prontamente il licenziamento. Non esistono in Sicilia sindacati confederali che non siano abituati a discutere, meglio, a mercanteggiare con il potere. Di conseguenza, nasceranno nuovi sindacati più aggressivi. Nel breve periodo, i pochi che resteranno schiacciati dalla riforma, piangeranno da soli per tutte le volte che hanno

Matteo Renzi

detto: “che sciopero a fare, tanto non serve a nulla.” Dal punto di vista delle imprese, cambierà qualcosa? Per motivi speculari, no. Chi ha un’azienda che fa ampio uso di lavoratori irregolari, è indifferente. Chi ha i lavoratori “messi in regola” ma non gli riconosce il diritto di ferie e riposi e qualche volta gli toglie pure i soldi dalla busta paga, continuerà a farlo. Certo, potrà ridurre la paga, nel breve periodo, poi potrebbe decidere di entrare nella zona grigia o nera, se la nostra decrescita dovesse proseguire, ma questo con la nuova legislazione non c’entra. Infine, il mercato protetto: lì le pressioni esercitate sulle imprese sono politiche, amministrative, giudiziarie. Nulla di fatto, quindi. Il privilegio resterà. Per fare un esempio, possiamo pensare agli Ato dei rifiuti di qualche annofa: gli stipendi erano in media intorno ai cinquantamila Euro

lordi. Il doppio della media. E la legge non c’entra. A che serve allora il jobs act? A poco. Il mercato del lavoro non sarà rimesso in funzione da questo provvedimento che precarizza il lavoro in modo definitivo. Il concetto di contratto di lavoro a tempo indeterminato già non esisteva più. Ci sarà una ristrutturazione dei costi del welfare e degli ammortizzatori sociali, al ribasso. La delega è amplissima, le linee guida sono vaghe e indeterminate. L’unica cosa che si comprende non è cosa farà il Governo, ma che complessivamente si punta a un risparmio. Questo è il vero movente del jobs act. Se lo avessero presentato come una legge di taglio dei costi degli ammortizzatori sociali, tutti avrebbero alzato le antenne. Avendo alzato un po’ di fumo, usando la parola “riforma”, la discussione sul vero tema è stata cancellata. Il governo approfitta di un sindacato quasi completamente fuori gioco e senza rappresentatività. Al momento di dichiarare la lotta, due grandi sindacati su tre si sono sfilati: negli ultimi vent’anni lo hanno sempre fatto. E infatti i redditi dei lavoratori dipendenti si sono ridotti in modo pauroso.

Accettano di non tutelare gli interessi generali dei lavoratori dipendenti in cambio di misure per i Caf, per l’incasso delle deleghe e altri privilegi che i più non conoscono. La Cgil da sola non può reggere lo scontro che è ampio e diffuso. Anche dal punto di vista dei consumatori, il sindacato ha perso più volte il treno per dimostrare che era davvero a fianco dei cittadini. Nelle città ha sempre temuto che la lotta fatta dai consumatori su una condotta tributaria equa degli enti locali potesse mettere in pericolo gli stipendi della Pubblica Amministrazione. Negli aeroporti ha sempre ignorato la necessità della tutela dei passeggeri, che gli operatori aeroportuali mal tollerano, Nel commercio hanno quasi sempre privilegiato la grande distribuzione. Nei trasporti hanno lungamente difeso Alitalia che ha sistematicamente distrutto qualsiasi vantaggio per i consumatori di collegamento o di tariffa. I cittadini dovranno presto fare i conti non solo con la crisi, ma con un’ulteriore travaso della ricchezza residua verso un numero di cittadini sempre più piccolo. A noi del MEC, non può che restare di ampliare la sfera dei diritti da tutelare. I cittadini senza tutela sono consumatori, lavoratori precari, contribuenti che pagano ma non hanno servizi, piccole imprese che vivono ormai alla giornata ma continuano ad essere trattate come se avessero organizzazioni ministeriali. Si, presto tutti capiranno che siamo alla vigilia di una lotta dura, con qualche paura.

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Aci Bonaccorsi, primo Bollywood Fest in Sicilia di Lella Battiato I riflettori si accendono sull’India del Bollywood che questo fine settimana ha invaso il paese di Aci Bonaccorsi. L’associazione Tery Al Kubra ha organizzato il primo Bollywood Fest in Sicilia, un evento della durata di 2 giorni con Workshop e spettacolo con Sunny e Suresh Singh, danzatori, attori e coreografi di fama mondiale. Lo spettacolo è stato portato in scena al Teatro Leonardo Sciascia di Aci Bonaccorsi con un mix di danze dall’India, ad opera della Sunny Singh Dance Company, con la partecipazione di Sara Pappalardo, danzatrice, direttore artistico dell’accademia Tery Al Kubra e responsabile per la Sicilia del franchisee dei fratelli Singh e la compagnia del Bollywood Academy, ha presentato la serata Marco Mazzaglia. Il Bollywood con le sue atmosfere coloratissime e con la sua musica travolgente, ha contagiato il numeroso pubblico in una serata indimenticabile con lunghi applausi! Il ballerino, attore e coreografo Sunny Singh, ha 14 anni di esperienza nell’industria cinematografica indiana, dove ha partecipato ad oltre 50 film e anche in diverse produzioni di Hong Kong e Londra, e assieme al fratello Suresh Singh, hanno portato in Sicilia un pezzo della loro Bombay, storica capitale dell’industria musicale e cinematografica Bollywoodiana. Un appuntamento progettato per tutti gli appassionati di musica, danza e cultura orientale ed indiana! Sunny Singh nato nel 1981 a Bombay, sin da bambino ha iniziato a seguire corsi intensivi di danza classica per poi lavorare con Saroj Khan, uno dei migliori coreografi provenienti da Bollywood. È il fondatore della Sunny Singh Bollywood Dance Academy (SSBDA), creando un ponte culturale tra l’Europa e l’India, presentando il primo festival del franchise Siciliano di cui Sara Pappalardo è la direttrice esclusiva. Lo show, è una par-

Due momenti della serata te di spettacolo preso dal musical “Bollywood colours of India”, il grande musical dei due fratelli per mostrare i diversi colori dell’India, ma anche fondere differenti stili: ballo moderno con diversi tipi di danze indiane, fra cui folklore, classico e contemporaneo. La più imponente capitale mondiale del cinema non è quella hollywoodiana, ma a Bombay, oggi

ribattezzata Mumbay, e, infatti ogni anno vengono prodotti oltre 1.000 film distribuiti in 70 Paesi (100 se consideriamo le tv) che coinvolgono diverse generazioni ed estrazioni sociali e religiose. Sara Pappalardo pioniera nell’alfabetizzazione della danza interattiva ha organizzato una serata magica ricca di virtuosismo: efebica, ipnotica e tentacolare. Con questo campione di più eredità di

danze intrecciate, ha arricchito la vetrina armoniosa di musica e canto, esprimendo la bellezza e l’eleganza della danza. Bellissime e brave le ragazze che hanno trasportato il pubblico nel mondo delle fate, e Sunny sottolinea “voglio portare la gioia di vivere in questi tempi di crisi, è bello sorridere, la cultura indiana ha dei punti di contatto anche con voi siciliani, la scuola ha le

porte aperte a tutti” e Sara ribadisce “la gioia di vivere ormai è una cosa difficile, ma voi siete riusciti a portare la vostra energia in Sicilia”. Al termine dello spettacolo è salito sul palco anche il sindaco di Aci Bonaccorsi Mario Alì, molto apprezzato l’incipit ambizioso dei danzatori, nonché il loro look chiudendo goliardicamente lo spettacolo ballando e cantando con il pubblico.

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La pagina delle rubriche Ma è proprio la fine del Tfr? di Maurizio Ballistreri

Così come per la vicenda dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, anche per il tema del trattamento di fine rapporto, il dibattito rischia di scivolare nella propaganda e nelle strumentalizzazione politiche. Nel primo caso una norma di tutela della parte debole del rapporto di subordinazione, viene contrabbandata come regola (rigida!) del mercato del lavoro; nel secondo, il Tfr viene ad essere ritenuto sic et simpliciter parte della retribuzione; un’ipotesi che in campo sindacale è condivisa dal segretario della Fiom Landini e, prima di lui, da Bruno Trentin e Sergio Cofferati, già segretari generali della Cgil. Forse compulsando le elaborazioni migliori della dottrina e la giurisprudenza giuslavoristiche, si eviterebbero affermazioni scarsamente fondate. Come è noto il Tfr è l’erogazione di una somma all’atto della cessazione del rapporto lavorativo: l’attuale istituto disciplinato dall’art. 2120 c.c. è conseguenza storico-giuridica di quelli pre-

Da la foto della

esistenti, come l’indennità di licenziamento prima e quella di anzianità poi. Il codice civile del 1942 modificò la disciplina dell’indennità di licenziamento, che assunse la denominazione di indennità di anzianità e nel 1966, con la legge n.604, la primigenia sulla tutela contro i licenziamenti illegittimi, anch’essa voluta con determinazione dai socialisti nel primo centro-sinistra, venne ad essere erogata in tutti i casi di cessazione del rapporto lavorativo, quella che nel lessico comune di definisce “buonuscita”. Nel 1982, si passa al Tfr, che, sotto il profilo comparato, non ha riscontro in altri ordinamenti, sostituendo tutte le altre indennità di fine rapporto comunque denominate e da “qualunque fonte disciplinate”, come statuì la Cassazione nel 2003, ad eccezione di quelle aventi natura e funzione diverse. La dottrina prevalente ha individuato il Tfr come credito che matura durante lo svolgimento del rapporto e che diviene esigibile alla sua cessazione: “retribuzione differita”, secondo la qualificazione di Gino Giugni, anche se il differimento non riguarda il momento costitutivo della obbligazione bensì il momento dell’adempimento di una obbligazione in essere. Pertanto, il Tfr, sin dalla sua origine, si è configurato come una retribuzione differita finalizzata a realizzare un “risparmio forzoso” per il lavoratore e, quindi, non in funzione di sostegno al reddito nei casi di disoccupazione, anche se c’è chi attribuisce al esso anche

natura previdenziale. La natura previdenziale in senso stretto è attribuibile al Tfr nell’ipotesi in cui il lavoratore, volontariamente, destina gli accantonamenti ai fondi pensionistici integrativi, poiché gli stessi non rimangono più nella disponibilità del datore di lavoro, garantendo gli interessi indicati dalla contrattazione collettiva, come ribadito dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza della Cassazione, che, dopo aver inizialmente attribuito a detti accantonamenti “natura di retribuzione differita con funzione previdenziale”, ha recepito quanto elaborato dalla Consulta. Per cambiare tale prospettiva legale del Tfr è necessario un radicale intervento di legge che ne modifichi la natura, facendolo rientrare nella retribuzione strictu sensu, ma così si pregiudicherebbe in via definitiva, la già stentata vita della previdenza complementare, per non parlare del danno economico alle imprese, le quali, accantonano solo virtualmente il Tfr, che, sul piano sostanziale, costituisce una forma di finanziamento alle attività aziendali, sino alla sua liquidazione ai lavoratori, che, storicamente, utilizzano tale istituto per migliorare il loro tenore di vita una volta collocati in pensione o lo investono in favore di un’attività economica o una casa per i figli. Forse, lavoratori e imprese preferiscono che il Tfr rimanga tale e attendono dal governo altri interventi per aumentare retribuzioni e profitti, a partire dal cosiddetto “cuneo fiscale”.

(Due osservazioni allarmanti) Il “caso Malagò” e la giustizia del “ballatoio” di Enzo Trantino Tratteremo non un tema sportivo che potrebbe non interessare (almeno in astratto) la platea di chi legge. Ma un’importante argomento di etica e giustizia. La nostra esperienza, di garantisti anzitutto, ci aveva convinto a derogare, in certi casi, alla rigidità delle regole. Ci riferiamo alla giustizia sportiva che, cercando la concretezza e i tempi ragionevoli del processo, appariva a osservatori esigenti, a volte “sbrigativa”. Pensavamo: ma se allentare sul garantismo assoluto, porta a qualche risposta in più alle attese di giustizia, è il caso di riflettere sul bilanciamento degli interessi. Dopo la vicenda di Giovanni Malagò, presidente del Coni, squalificato dalla “Disciplinare” (organo centrale della giustizia sportiva), per 16 mesi, tutti gli osservatori scrivono di “faida” tra due antichi rivali: l’ “imputato” (Malagò) e il presidente della Federnuoto, suo “storico” antagonista dai tempi di “Roma 2009”. Non intendiamo, per evitare di annoiare, raccontarvi la “tenzone”: il nostro allarme tecnico punta a due osservazioni, che, confessiamo, recano ombre alla giustizia sportiva. Prima: “a infliggere 16 mesi di squalifica è stato Adriano Sansonetti, presidente della Disciplinare. Il ricorso che Malagò presenterà sarà esaminato da Pier Salvatore Maruccio: tenetevi forte, è il cognato di Sansonetti. Bene, questa giustizia da ballatoio familiare è inaccettabile (come un’eventuale sostituzione in corsa”. Autore della sconcertante verità è Daniele Dallera, “specialista” in materia del Corriere della Sera. Se il contenzioso sportivo avesse sede nel deserto libico, si potrebbe dire: questo passa il convento, non c’erano altre persone. Ma è proprio possibile che nell’affollato pianeta dello Sport, al massimo livello giurisdizionale, mancavano soggetti “terzi” per il delicato ruolo, per evitare il sospetto del “ballatoio familiare”? Che un’eventuale sostituzione apparirebbe come cerotto, condizionato dall’errore genetico, e meno “terzo” di quanto potrebbe essere? Non avanziamo riserva alcuna sulla qualità del nuovo giudicante, ma con Pertini (nella qualità di presidente del CSM, quale Capo dello Stato) ripetiamo una solenne, moralissima ovvietà: la Giustizia non deve limitarsi a essere imparziale, ma ad apparire tale! Seconda: le affermazioni pronunciate in Giunta dal presidente del Coni (Malagò), nelle sue funzioni non possono essere perseguite. Se così non fosse, crollerebbero garanzie e tutele di ogni organismo, esemplarmente previste anche per il difensore, nell’esercizio del suo mandato, con lo scudo delle imperseguibilità persino delle “offese”, sancito dall’art. 598 del codice penale. Ma è possibile che debba continuare la corsa a frantumare le certezze?

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Il canto lirico è sempre di casa ad Alcamo Nel panorama nazionale dei concorsi di canto lirico, il “Concorso Internazionale per Cantanti Lirici Città di Alcamo” occupa una posizione di assoluto prestigio. Istituito nel lontano 1998 è giunto oggi alla sua diciassettessima edizione assicurando, pur tra le crescenti difficoltà economiche degli ultimi anni, un elevato livello artistico, grazie alle amorevoli e competenti cure di Francesco Bambina (e del suo agguerrito staff), presidente della locale Associazione Amici della Musica, che ne cura il progetto affidando di anno in anno il giudizio ad una giuria di eminenti personalità del mondo dell’opera. Scorrendo l’albo d’oro si incontrano, infatti, tra i presidenti di giuria susseguitisi i nomi di Vincenzo La Scola, Giuseppe Taddei, Fiorenza Cossotto, Anita Cerquetti, Joan Sutherland, Raina Kabaivanska, Silvano Carroli, per non citarne che alcuni (e scusandoci per non nominare tutti gli altri), i quali hanno ‘lanciato’ nell’agone lirico giovani artisti provenienti da ogni parte del mondo: Ucraina, Bulgaria, Corea del Sud, Russia, Germania, Turchia, ecc… Il concorso è un esempio virtuoso di partecipazione attiva da parte di tutta la comunità cittadina. Alcamo, infatti, nei giorni in cui si svolgono le prove selettive si anima, viene ‘invasa’ da giovani artisti provenienti da ogni parte del mondo mettendo in moto anche un indotto di natura turistica; inoltre, udite udite, autorità e sponsor fanno a gara nel contribuire alla riuscita della manifestazione che culmina nella serata di gala presso il Teatro Ciullo

In alto il castello e D’Alcamo (doverosa intitolazione al grande poeta del Duecento che anticipa la nascita della lingua italiana). La diciassettesima edizione ha visto la partecipazione di 46 giovani cantanti provenienti da 16 nazioni. La giuria tecnica, composta dal soprano Alice Terrell Cuberli (presidente), dal baritono Silva-

conduttrice televisiva Paola Zanoni. Il soprano francese Elodie Hache ha sbaragliato il campo aggiudicandosi il primo premio (una borsa di studio offerta da CONAD) grazie alla “musicalità, importante vocalità, presenza scenica” messa in luce durante l’esecuzione di due arie da Le Cid di Massenet e La forza del destino di Verdi. Ma non solo; l’artista ha ottenuto anche il Premio speciale della Critica in memoria di Amalia Bascone Sammartino (una borsa di studio messa a disposizione dalla figlia, la giornalista Sara Patera). Quest’ultimo qui sopra i finalisti del concorso premio è stato assegnato da una no Carroli e dal direttore di coro commissione di critici musicaAldo Danieli, ha avuto un arduo li coordinata da Aldo Mattina compito nel selezionarli tutti fa- (Giornale di Sicilia), affiancato cendone accedere 13 alla fase dai giornalisti della Repubblifinale e premiandone 7 i quali si ca Pietro Misuraca e Alessandra sono esibiti durante il concerto di Sciortino. gala prima che si procedesse alla Il secondo premio è andato al tenore tunisino Amadi Mohamed proclamazione dei vincitori. La serata finale è stata condotta Lagha (borsa di studio offerterta con eleganza dalla giornalista e dalla ditta Gioielli Parrino di Al-

camo), il terzo al soprano italiano Eva Corbetta (borsan di studio della ditta Girolamo Messana di Alcamo). Oltre ai tre premi quattro ulteriori riconoscimenti (altre borse di studio di minore entità) sono andati al soprano coreano Jieun Kuk, al baritono cinese Weilin Fu, al soprano canadese Ellen Wieser e al soprano del Camerun Suzanne Taffot, grazie all’intervento dei club service di Alcamo: Rotary, Lions, Fidapa e Kiwanis. I cantanti erano accompagnati al pianoforte da Pietro Mariani e Francesco Sergio Fundarò. Ma la serata di gala non si fermava solo all’assegnazione dei premi di canto; la manifestazione è diventata una vera e propria Kermesse ricca di ulteriori riconoscimenti: due Premi Internazionali per la Cultura, all’Arma dei Carabinieri (per il bicentenario della fondazione) e al prof. Bruno Gridelli, direttore dell’ISMETT di Palermo. Inoltre la prima edizione del Premio Ciullo D’Alcamo – Conad Prize attribuito alla giornalista Cetti Gentile Amenta, all’ortopedico fisioterapista Luca Scalisi e al Past Governatore del Distretto 2110 del Rotary International Maurizio Triscari. Insomma c’erano tutti i rappresentanti istituzionali, dal Sindaco e dall’Assessore alla Cultura ai Carabinieri, alla Polizia Municipale di Palermo (la cui corale ha eseguito alcuni brani) ai Vescovi di Trapani e di Mazara del Vallo all’imprenditoria, ai Club Service, ecc… una cittadina che vede riuniti, in esemplare sinergia pubblico e privato. Alma

Un altro successo per Acireale e per Biagio Fichera di A ngeli ta Mes s i na Si è chiusa domenica 5 ottobre, nei locali dell’ex istituto Santonoceto in corso Umberto ad Acireale, la mostra dal titolo “La vitalità della sabbia dell’Etna nelle opere di Biagio Fichera”, ultima fatica del nostro notissimo concittadino, la cui vena artistica si esplica da anni nei settori più disparati: la poesia, la canzone, la fotografia, le tradizioni popolari. Un grande successo di pubblico, che ha affollato la Sala Teatro ospitante la mostra fin dalla serata di inaugurazione. Una cinquantina di opere realizzate con la tecnica del collage, che Fichera coltiva fin dal 1968 e con quella dell’Encausto, quest’ultima novità assoluta per l’utilizzo sapiente della sabbia vulcanica, mescolata a colla vinilica, cera e colori di

vari tipi, anche quelli ad acqua. Nelle opere in esposizione due le tematiche dominanti: l’attualità e la natura, in particolare quella della Valtellina, dove l’autore ha soggiornato anni fa, e quella della costa ionica siciliana, con Acitrezza ed Acicastello. Opere caratterizzate da una netta e spiccata sensazione di libertà sugli spazi infiniti, dove suoni, immagini e colori si fondono in un “unicum” di notevole rilevanza, che mira ad esprimere il senso di eterno mistero che avvolge l’universo. Sabato 4 e domenica 5 ottobre ha chiuso i battenti rispettivamente con una lettura di poesie scelte tratte dalla vasta produzione di Fichera, e con una brillante performance del Maestro Salvatore Greco e il suo sax.

Biagio Fichera, Angelita Messina e Salvo Leotta

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La moscovita Alevtina Ioffe sul podio del Bellini d i Al d o M a t t ina Il teatro Massimo Bellini riparte. Non è ancora la nuova stagione ma il recupero di due concerti della stagione sinfonica che erano ‘saltati’ lo scorso anno. Così è tornata intanto sul podio del Bellini la moscovita Alevtina Ioffe, giovane direttore d’orchestra che il pubblico del Bellini aveva apprezzato durante la passata stagione lirica per il balletto dedicato a Diaghilev e Nijinskij. In un momento particolarmente difficile, non solo per il nostro teatro ma per tutte le istituzioni liriche del paese (Roma docet), l’orchestra del Massimo ha dimostrato ancora una volta di collocarsi ai vertici delle compagini sinfoniche, senza temere il confronto con altre e più titolate compagini. Ciò ad onta del perdurare della crisi che attanaglia il mondo musicale nazionale, divenuto ormai ostaggio di una politica che non tiene in nessun conto la cultura, badando solo a ‘far quadrare i conti’ sacrificando un immenso patrimonio in cui l’Italia è stata maestra per il mondo intero e che la vede oggi la ‘cenerentola’dell’occidente, e non solo.

Due momenti del concerto Il programma proposto, interamente dedicato al grande repertorio russo, ha avuto in Alevtina Ioffe un’ideale e profonda conoscitrice. Nicolaj RimskijKorsakov e Igor Stravinskij, accomunati in un ideale passaggio di consegna tra il tardo romanticismo e l’inizio della modernità (sembra così strano parlare di modernità per un maestro del Novecento storico, ma è ancora così), attraverso due assoluti capolavori del sinfonismo in cui emerge l’assoluta sapienza nell’arte dell’orchestrazione.

La suite dal balletto L’uccello di fuoco (versione 1919) di Stravinskij riduce all’essenziale la partitura nata per i balletti russi di Diaghilev, esaltando le peculiarità timbriche, armoniche e ritmiche con le quali l’allor giovane compositore si presentava all’attonito pubblico parigino. La Ioffe ne ha esaltato le possenti pulsioni ritmiche (si pensi alla danza infernale di Kascei, poi ‘bissata’) trascinando l’attenta orchestra del Massimo verso sonorità inaudite, nette, pulite ma riusciva ad ottenere anche impalpabili emis-

sioni, come nella struggente e delicatissima Berceuse caratterizzata da una melopea orientalizzante di natura popolare. Sheherazade suite sinfonica op.35 di Rimskij-Korsakov sembra rappresentare il diretto antecedente del primo Stravinskij (che, peraltro aveva dedicato proprio L’uccello di fuoco alla memoria del maestro di Pietroburgo). Articolato in quattro episodi Sheherazade narra alcuni episodi delle Mille e una notte con una impressionante capacità fantastica ed un potere evocativo

affidato alle melodie di ispirazione orientale e ad un colorismo orchestrale di grande impatto sonoro. Diretta da una coinvolgente Ioffe l’orchestra del Bellini ha dato prova di una vitalità ed una precisione ritmica ed agogica di altissimo spessore costellata da precisi interventi di natura solistica (primo violino, tromba, violoncello, viola, fiati). Agli insistenti e reiterati applausi del pubblico la Ioffe ha risposto con un delizioso bis: l’Intermezzo della Manon Lescaut di Puccini.

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Il libro della settimana

“L’utilità dell’inutile”, un saggio che spinge a pensare di Giovanni Vecchio

Laura Boldrini - Laura Boldrini su zeppe tacco dodici sale le scale di Montecitorio, poi la presidente della Camera posta sul suo profilo Twitter la foto che la immortala sui gradini con tanto di cinguettio: “#Moveweek Come ogni giorno io @Montecitorio senza ascensore e oggi anche per promuovere lo sport e l’attività motoria”. Inevitabile un commento: “Stai seduta tutto il giorno. Prova a fare i lavori domestici e fare la spesa”. 3 – sportiva, da immagine! Angelino Alfano - Il Nuovo centrodestra rischia di perdere i pezzi. Si dice che siano almeno 10 i senatori del partito di Angelino Alfano che sarebbero pronti a tutto, compreso lasciare la formazione nata da Forza Italia, per creare a Palazzo Madama un nuovo gruppo. E diventare l’ago della bilancia in Aula tenendo in scacco il governo di Matteo Renzi. E Angelino? Con il suo “sguardo panoramico” tiene sotto controllo la situazione….. 2 – quasi solo….

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Giovanni Migliore - Il comportamento più serio nel corso dell’ultimo incontro per il dramma sociale dei lavoratori della formazione professionale in Sicilia, è stato tenuto dal rappresentante della Cisl, Giovanni Migliore, che con grande dignità non ha partecipato alla solita parata del Governo regionale. E seri sono stati anche i rappresentanti dei Cobas, che non sono andati a reggere il moccolo all’accoppiata Crocetta-Scilabra. Non stupisce invece, il comportamento di Cgil, Uil, Ugl e Snals: stupisce il fatto che i lavoratori di questo settore non abbiano ancora stracciato la tessera d’iscrizione a quelle organizzazioni sindacali. 6 – sindacalista con la schiena dritta Elisabetta e Antonino Caponnetto - Si è svolta a Palazzo delle Aquile la cerimonia del conferimento della cittadinanza onoraria di Palermo a Elisabetta Baldi, vedova di Antonino Caponnetto. Così, finalmente, ci si è ricordati anche di un grande magistrato che, tra l’altro, ha trascorso gli ultimi anni di vita ad insegnare la cultura della legalità ai giovani e nelle scuole, svolgendo con passione anche il ruolo istituzionale di Presidente del Consiglio Comunale di Palermo nel 1993. Un vero campione della lotta alla mafia, anche quella dell’”anti-mafia”….. 8 – contro la mafia per la legalità nella Storia

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A.C. – Spartacus sta mobilitando un pool di avvocati. E’ stata identificata infatti dalla Digos la lanciatrice solitaria di uova all’indirizzo del premier Matteo Renzi all’inizio della maxi-intervista sul palco della festa di Internazionale in piazza Municipale a Ferrara. Si tratta di A.C., 25 anni, nata a Palermo ma residente a Gela, studentessa universitaria nella città estense, che dovrà rispondere di “lancio pericoloso di cose”!!. “Ma fateci il piacere, avrebbe detto Totò!” Gli avvocati di Spartacus vogliono assistere gratuitamente la ragazza: si tratta di un atto di dissenso democratico! 7 – dissidente e democratica!

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di S par tacus

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Ignazio Marino - Ricordate la vicenda del concerto al Circo Massimo dei Rolling Stone? Bene, un’indagine pende sulla testa di Ignazio Marino: la Corte dei Conti indaga per danno erariale per le casse del comune di Roma proprio a seguito della famosa esibizione del complesso rock. Il sindaco di Roma afferma di essere nel giusto e che i 200mila euro richiesti dalla precedente amministrazione erano eccessivi. Spetterà, però, alla Corte l’ultima parola anche in merito alla cifra esatta da richiedere in futuro. 3 – rotolante, come le pietre del complesso inglese….

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le “competenze”. “Le scuole e le università non possono essere gestite come aziende … perché la grande cultura si fonda esclusivamente sulla gratuità …”. Un esempio di parere autorevole riportato nel testo è quello dello scrittore russo Aleksandr Herzen, il quale sostiene che ”laddove la vita si configura come una continua lotta per il denaro de facto l’uomo viene trasformato in un accessorio di proprietà”. A rinforzare ulteriormente questa tesi possiamo, tra gli altri, citare Georges Bataille, il quale nel contestare la logica capitalistica che considera superfluo tutto ciò che non produce immediatamente denaro e profitto sostiene che “nel perdere questo sovrappiù, l’umanità ha perduto i valori di una civiltà in cui il gratuito e il dono contribuivano a dare un significato più umano alla vita”. E allora bisogna recuperare i classici tenendo presente che “l’incontro autentico tra un maestro e un allievo non può prescindere dalla passione e dall’amore per la conoscenza”. In appendice è riportato, in prima traduzione italiana, un affascinante saggio, scritto nel 1939 dal pedagogo americano Abraham Flexner, dal titolo emblematico “L’utilità del sapere inutile”, nel quale si dimostra che pure le scienze ci insegnano l’utilità dell’inutile. Un saggio dunque, che ha aperto un dibattito molto vivace nelle scuole e nelle università, ma è altrettanto “utile” per accrescere la consapevolezza di questa emergenza formativa nell’opinione pubblica, sempre più eterodiretta verso soluzioni apparentemente risolutorie dei problemi, ma che lasciano in sospeso la bellezza della ricerca e della creatività, che consentono all’uomo di sentirsi tale e non un robot.

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“L’utilità dell’inutile” di Nuccio Ordine (Bompiani, Milano 2013) è un saggio giunto in pochi mesi alla settima edizione ed è stato già tradotto in francese. Scritto da Nuccio Ordine, ordinario di Letteratura Italiana nell’università della Calabria, il testo si presenta come un “manifesto” che intende denunciare la deriva della società contemporanea verso una conoscenza pratica ovvero indirizzata in modo prevalente verso gli aspetti tecnico-operativi ovvero “applicativi”. L’autore rivendica l’importanza dei saperi fini a se stessi perché svolgono un ruolo importantissimo “nella coltivazione dello spirito e nella crescita civile e culturale dell’umanità”. Il libro si legge con speditezza e ci conduce a una riflessione seria sulla necessità di prescindere per una formazione umanistica davvero efficace, non solo dai manuali e dalle antologie ricorrendo direttamente alla lettura dei classici, ma anche dalla ricerca ossessiva di carattere utilitaristico e commerciale. Ordine contesta pure l’aziendalismo che sta trasformando scuole e università con l’allontanamento degli studenti dalla vera cultura che è quella che sa porre domande fondamentali e problemi teorici ed esistenziali di grande spessore, dalla soluzione dei quali tramite la ricerca e la creatività si possono – come è accaduto tante volte – ricavare a distanza di tempo anche utilissime applicazioni pratiche nell’ambito delle tecnologie e della medicina. Puntando solo sulla “coda” e non sulla “testa” si rischia di affondare definitivamente il vero progresso dell’umanità distruggendo i canali formativi scolastici ai vari livelli. Ormai, infatti, si privilegia un sapere asfittico e orientato alla soluzione di test e all’accertamento del-

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Vendemmia

Un uomo da solo si berrebbe una damigiana di vino in 20 giorni. Se anche la moglie beve con lui, assieme svuoterebbero la damigiana in 14 giorni. In quanti giorni la moglie da sola svuoterebbe la damigiana ?

Numeri a due cifre

Somme

Quali sono quei numeri a due cifre AB tali che il loro valore è uguale al prodotto delle cifre per la somma delle medesime più 1 ?

Gianfranco è alle prese con la seguente somma: A C 4 A

B A B 7

7 A B 6

C B A A

+ + + =

____________________

8 A 5 4 Aiutatelo trovando A, B e C in modo che siano diversi da zero.

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Le età: 40, 30; Divisibilità: 494; La bolletta della luce: 80 euro, 100 euro

Il film consigliato

Sin City - Una donna per cui uccidere Regia: Robert Rodriguez, Frank Miller, Quentin Tarantino; Cast: Rutger Hauer, Devon Aoki, Nick Stahl, Jaime King, Rosario Dawson, Elijah Wood, Brittany Murphy, Alexis Bledel, Benicio Del Toro, Jessica Alba, Clive Owen, Mickey Rourke, Bruce Willis

Diciamolo: nella storia del cinema ancora non si era visto qualcosa di paragonabile a “Sin City”. Quando un talento visionario come Frank Miller, individuo sinistro entrato da tempo nell’Olimpo del fumetto, stende su carta una delle proprie elucubrazioni metropolitane il film è già lì, bello che pronto: le atmosfere, i colori, le inquadrature, i dialoghi, gli attori, perfino impressioni della colonna sonora, sono già tutti su carta, infilati nei bianconeri abrasivi di Miller. Una sceneggiatura in quattro dimensioni. Il rischio è però che qualche regista di basso calibro, con poco talento ma fermamente convinto del contrario, venga assegnato al progetto, realizzi una schifezza e limiti quello che era un capolavoro in potenza a rimanere tale, relegata al solo universo fumettistico. Cosa che è successa fin troppo volte nella travagliata storia del rapporto cinema/fumetto o per allargare, cinema/letteratura. In questo caso il rischio è stato evitato. Forte di ben tre personalità alla regia, Rodriguez come regista ufficiale, lo stesso Miller come supervisore alla traduzione filmica della sua magnifica creatura, e niente meno che sua maestà Quentin Tarantino accreditato come special guest director, ci si sarebbe stupiti se “Sin City” non fosse stato quantomeno un grande film. Il film attinge a tre differenti storie (più una breve) appartenenti al ciclo di fumetti di Sin City scritto da Miller durante gli anni Novanta. Sono tutti racconti inequivocabilmente neri, aggressivamente neri, che succhiano linfa vitale al noir e a loro volta ne cedono al genere da cui traggono ispirazione: ci sono i cattivi, ci sono i buoni, ci sono i cattivi-buoni, ci sono i poliziotti, le femmes fatales (in quantità tutt’altro che modiche), ci sono preti, stupratori, ubriaconi, assassini, puttane, magnaccia, pedofili e chi più ne ha più ne metta. Quindi del vecchio nonno noir anni 40/50 il nipote “Sin City” eredita tutti i caratteri principali, ma li metabolizza e li restituisce trasfigurati in quella che è, o dovrebbe essere, l’apoteosi del noir moderno. Più cattivo, più volgare, più immediato, più sensuale, più contemporaneo.

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

I “Mi piace” e l’abuso dell’uso di Danila Intelisano Ricordate? Ci si parlava, ci si guardava e ci si toccava. Ma questo avveniva prima che i neuroni di molti si mettessero a braccia conserte e i rapporti umani fossero sostituiti da cellulari e social network: facebook, twitter, whatsapp, e non solo. Freddi e invadenti sono a tavola, nei ritrovi, per le strade, nelle toilette. Al cinema e, pericolosamente, a letto. Una grande piazza dove i panni sporchi si lavano pubblicamente: eventi e foto personali, il tuo amante e la tua nuova biancheria intima. Le tue delusioni e il tuo sformato di cavolfiori sono lo specchio di complessi e desideri di conferme. “Che goduria, la mia citazione ha ottenuto 72 Mi piace”. E i neuroni piangono. Mantenere il contatto con persone lontane, ritrovare vecchi amici, contatti professionali o seri confronti ci possono stare, ma altra cosa è la morbosità e la dipendenza che disumanizzano la vita. Si chiama abuso dell’uso, se il problema non è la macchina ma l’interpretazione che l’uomo spesso ottiene. Un coacervo di pettegoli ipercritici e un bel selfie demenziale di primo mattino con muscoli in mostra e 128 imbecilli allo sbaraglio cliccano “Mi piace”. Con i neuroni a pezzi. Famiglie divise, bimbi più soli e non pochi poeti, filosofi e politici nati tra un copia e incolla di citazioni, versi e canzoni altrui. Vita sociale virtuale, sensi tramortiti e strade, negozi, uffici pubblici, ingombrati da esseri col cellulare incollato sul volto ansioso di controllare le notifiche che aumentano o meno la tua autostima. Una fredda vetrina dove tutte le fasce di età convulsamente mettono in mostra ciò che non sono. Oltre talvolta ad account falsi per tradire o per spiare. Pericolo per i minori, se i genitori sono distratti, nonché fessi e anziani attirati da aziende fantasma. Cosmo secondo te riceveremo qualche “Mi piace”? “Dubito fortemente. I neuroni sono già sotto terra e solitudine e incertezza crescono ogni giorno di più. Io sono un vecchio romantico e almeno gli auguri di compleanno scambiamoceli con un sorriso e un abbraccio”.

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