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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 23 anno X - 13 giugno 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Renzi e la “sua” vittoria di Pirro di Nunzia Scalzo Le elezioni hanno riservato sorprese piacevoli per Salvini e poco simpatiche per Renzi. Vero che il Pd ha vinto in cinque regioni su sette, ma si tratta di una vittoria che ha un sapore amaro. I socialdemocratici di Matteo Renzi hanno registrato un risultato peggiore di quello che si aspettavano e che ci si sarebbe aspettati secondo i pronostici della vigilia, e dei più di venti milioni di italiani che erano chiamati alle urne solo il 52 per cento si è recata a votare con l’affluenza che è calata ulteriormente rispetto alle ultime europee. Si sa che le elezioni regionali contano poco essendo questa un’operazione completamenete inutile come inutili sono le Regioni specie dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, ma il voto nelle sette delle venti regioni italiane rappresenta il più importante test dopo le europee di un anno fa, quando il Pd aveva conquistato il 41 per cento dei consensi scesi a poco 22 per cento. Se questi sono i numeri Renzi ha un futuro poco roseo. Vero che ha conquistato 5 regioni su sette, ma in Veneto e in Liguria ha preso due schiaffi pesantissimi che avranno ripercussioni serie sull’assetto politico nazionale. C’era da aspettarselo però: a fregare e frenare il premier è stato il suo anno di governo con quel pasticcio del Jobs act, le misure monche sull’economia e i dissidi dentro il suo partito. Renzi però è solo, e fino a quando non ci sarà qualcuno in grado di opporglisi conquistando la fiducia degli italiani, o corre veloce o corre lento, arriverà sempre primo.

Terme di Acireale: chiuse, ancora! Speciale elezioni

Sant’Agata

È Crocetta l’unico vero grande sconfitto

Si va verso l’assoluzione degli imputati?

Servizi

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Moriremo tutti democristiani: e no d i Maria de lo s Angeles Ga rcia La Sicilia prima di tutto - E’ il risultato siciliano, più di ogni altro, a chiarire che nel deserto delle ideologie tra i nulla dei progetti politici, l’unico segnale di vitalità e longevità politica spetta ai democristiani . Si, proprio ai democristiani dei nostri tempi, capaci di dimostrare che l’unica sensibilità politica degno di questo nome ancora rintracciabile è quella che scorre nelle loro vene. Guardate ai risultati delle amministrative sicule. L’unico grande comunez chiamato al voto, Agrigento, è stato espugnato dsa Lillo Firetto, democristiano doc, giunto alla candidatura e a una vittoria “tonda” e indiscutibile, senza indugiare o piegarsi dinanzi ai nuovi – insulsi – riti delle false primarie neodemocratiche. E schivando perfino le lusinghe dei nuovi “destrismi” forzitaliani o leghisti. Gli è bastato il suo essere ecumenicamente democristiano per riuscire a mettere insieme tutti i delusi reduci dal ventennio forzitaliano, saldandoli con le speranze e gli ardori candidamente di sinistra di Andrea Camilleri. Mettendo insieme una lista civica al punto da nascondere ai più la vista dello scudocrociato che porta tatuato sul cuore. Et voilà. Non c’è stata “trippa” per nessun “gatto”, di nessun colore. Ha fatto la fine del sorcio perfino quel Silvio Alessi che forzitaliani vecchi nuovi erano riusciti – pirandellianamente – a portare alla vittoria delle primarie del Pd: una sublime beffa politica che alla fine non ha pagato. Ma qua e là, basta scorrere le cronache di queste ore, si scopre che al rush finale di tutti i ballottaggi ancora da giocare, in gara c’è sempre un vecchio dc vestito di abiti nuovi, ma sempre forte di una tradizione “popolare” che il tempo non ha sbiadito neanche un po’. Le regionali d’Italia - Alzare lo sguardo per guardare ai risultati delle sette competizioni regionali appena disputate nel resto d’Italia, conferma in pieno questa “sensazione”. Luca

Tutti i partiti, come sempre, fingono di aver vinto qualcosa ma l’unica vera vittoria è quella della “tempra” democirstiana, che sfida i secoli e la storia… Rosario Crocetta Zaia, stravincitore in Veneto non è forse dun vero democristiano vestito da leghista? E il pacioso Giovanni Toti, trionfatore in Liguria, non ha forse costruito una alleanza tanto simile ai famosi accordi di penta-esa-epta…partito dei tempi che furono? Per non dire di Michele Emiliano, solitario rammendatore del centrosinistra pugliese. Per finire con il più democristiano di tutti, Vincenzo De Luca, nuovo reuccio di Napoli, che si è preso la soddisfazione di vincere le elezioni ben sapendo di non poter accedere al “soglio” presidenziale per via del suo “cadreghino” giudiziario, incompatibile con le legge Severino, oltre che con lo statuto del Pd e alle logiche “rottamatorie” del suo democristianissimo leader maximo, matteo Renzi. Del resto, riflettete. In Italia non capitava di avere – insieme – un presidente della repubblica e un presidente del consiglio dichiaratamente democristiani, fin dai tempi di Francesco Cossiga e Giulio Andreotti. Un’era glaciale fa… Ebbene, c’è voluta la fine della prima repubblica e la crisi della seconda, la triplice metamorfosi nel vecchio Pci, la nascita e la dissuluzione della casa delle libertà e di rifondazione comunista, l’avvento della lega e quello dei cinquestelle, e la prima presidenza della repubblica affidata dalla storia a un comunista doc, Giorgio Napolitano, per permettere alla politica italiana di ripro-

porre il ciclo storico “vichiano” del massimo potere democristiano, con l’ascesa al quirinale del dissolutore della vera democrazia cristiana, Sergio Mattarella e a Palazzo Chigi, del protagonista della sua “rinascita” sotto le mentite spoglie del nascituro “partito della nazione”. L’imprevisto storico - A ben guardare le cronache di queste elezioni, sembra proprio di essere tornati ai vecchi tempi, quelli in cui i notabili locali della democraziea cristiana, facevano finta di portare le liste dei candidati a Roma, per sottoporle al vaglio della direzione di piazza del Gesù. E invece, a Fiumicino, senza neanche uscire dai recinti dell’aeroporto, nelle salette riservate ai “vip”, si facevano sparire i certificati elettorali, le accettazioni di candidatura. Per poi tornare in periferia, all’ultimo momento, e depositare le liste “composte” secondo i voleri dei capicorrente, spacciandole per decisioni di “vertici” mai celebrati. La macchina del consenso, a quell’epoca, funzionava a pieno regime, proprio per la capacità dei leader, di trovare sempre e comunque un equilibrio tra potenti, di rispettarsi reciprocamente pur detestandosi reciprocamente. Il problema era solo quello di “accedere” ai piani alti della politica, di entrare a far parte del cenacolo dei potenti. A quel punto, manuale Cencelli alla mano, ogni voto conquistato finiva per trasformarsi in una

quota di potere o di rappresentatività garantita. Ecco. Ai politici di questa generazione vetero-democristiana manca proprio questa capacità di riconoscere la forza e il valore politico dei propri contendenti. Prevale ancora la logica che ha portato alla dissoluzione della prima repubblica: quella che pretende di assegnare tutto il “bottino” solo a chi ci mette sù le mani per primo. Una logica che ha spesso generato repentini arricchimenti, rapidissime scalate politiche e sociali, ma anche altrettanto rovinose cadute, politiche o giudiziarie. E’ l’imprevisto storico rappresentato proprio dalla caduta delle regole. Dalla perdita della capacità di dialogare. Lo ha detto, in occasione del concerto del 2 giugno, anniversario della nascita della repubblica, proprio Sergio Mattarella, facendo di questo concetto il punto centrale del suo discorso. A urne ancora “calde”. Già l’errore, “storico”, di Matteo Renzi, è quello che ha portato alla fine della vera democrazia cristiana. E’ stato quello di non saper ascoltare, di non saper “mediare”, di non risucire a creare “sintesi” dalle posizioni più estreme. Che, infatti, si estremizzano. Per prendere poi le forme più bizzarre. Rendendo sempre più ingovernabile il territorio, gli enti, la politica. E se per garantire la governabilità perduta si inseguono progetti autarchici, inevitabilmente la si-

tuazione è destinata a peggiorare, a sfuggire di mano. Renzi e il renzismo - Ed è esattamente cio’ che sta accadendo a renzi e al renzismo, ad appena un anno dalla sua apparizione sulla scena politica. Renzi ha preso il potere del pd e del paese senza mai presentarsi alle urne. Con una manovra di palazzo voluta appunto da Giorgio Napolitano, che lo ha portato a esautorare prima Pier Luigi Bersani, alla guida del pd e poi Enrico letta alla guida di Palazzo Chigi. Una manovra di palazzo maturata e favorita dalla scadenza di tutti gli icarichi di sottogoverno più importanti nello scacchiere economico e politico nazionale: dalla presidenza dell’eni a quella di finmeccanica, passando per banche, società, finanziarie. La “fortuna” politica di renzi sta tutta li’, nella sua capacità tutta democristiana di attirare alle sue “leopolde” il gotha del potere economico italiano, promettendo e patteggiando con i suoi massimi esponenti, le quote della vera ricchiezza nazionale. “Coprendo” questa operazione economico finanziaria, con una serie di inconfessabili accordi territoriali che gli hanno permesso di “rottamare” la vecchia classe dirigente del pd. Accordi – come quello con De Luca in Campania, che adesso vengono presentati all’incasso e che mostrano la faccia nascosta – e i limiti culturali - della luccicante medaglia del renzismo rampante. Renzi infatti non solo ha la panchina “corta” come dismostrano i “casi” del Veneto e della Liguria. Ma non puo’ neanche contare su dei fuoriclasse. Fatta salva la sua prima “sschiera” di fedelissimi, si deve accontentare di personale raccogliticcio. Più petulante che autorevole. Più vistoso che di sostanza. E fuori da questa seconda schiera di “carini”, dentro il paritto c’è una scj`hiera di agguerriti e formidabili oppositori – vedi Michele Emiliano –. Mentre personaggi “centrali” nella storia della sinistra italiana di questo ultimo ventennio – vedi

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LE ELEZIONI

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non è nemmeno una grande novità Cofferati – ha già fatto armi e bagagli non condividenso la deriva “liberista” e autarchica del Matteo nazionale. I cocci della destra - Se questi sono i limiti e i problemi della sinistra, basta guardare a destra per trovare lo stesso scenario, aggravato dall’assenza – sulla scena – di un personaggio di “renziana” fattura, in grado cioè, in un modo o nell’altro, di “fare massa”, di trovare la formula – magaru sbagliata, ma efficace – in grado di far coagulare intorno a un unico progetto e aun unico soggetto le tante facce del pensiero liberale. Un obiettivo, infatti, ha raggiunto la ventennale battaglia personale della sinistra italiana contro Silvio Berlusconi. Lo ha eliminato, fisicamente – anche se non politicamente – dalla scena politica. Una operazione stalinista che non ha precedenti in nessun paese dell’occidente conosciuto, che si dica democratico. Un’operazione che, comunque, ha prodotto i suoi effetti. Spianando la strada al “nominale” successo della sinistra di governo, che finalmente ha occupato tutte le caselle dello scacchiere politico nazionale e regionale. Salvo poi scoprire, come stiamo scoprendo, che i “soggetti” titolari del potere rimangoni i nipotini di quella visione politica –deprecata e deprecabile – che fun della non compianta prima repubblica. E che la sinistra italiana, quella vera, nel nostro paese rimane una minoranza intellettualmente itegra e onesta, lontana dalle quote maggioritarie necessarie a incidere nella politica e nell’economia. E non so dire se questo sia un bene o un male. So solo dirvi che questo ci insegna la cronaca. Dicevamo della destra e della

mancanza “oggettiva” di un leader in grado di raccoglierne le forze e i suffragi. Già. Peccato che Gianfranco Fini sia caduto anche lui nelle spire del potere qurinalizio e non sia riuscito a portare a compimento il percorso di “sfascistizzazione” della destra italiana iniziato con il famorso congresso di Fiuggi del Movimento sociale italiano. Da quel momento anche in Italia sembrava poter finalmente esistere all’intero del codisiddetto “arco costituzionale” un soggetto politico veramente liberale, in grado di proporre sulla scena politica uno scenario alternativo allo schema socialista della sinistra o quello ecumenico-popolare della democrazia cristiana. Il successo del centrodestra italiano, il favore riservato alle sue proposte dalla maggioranza schiacciante degli elettori italiani è stato travolto, nel giro di soli vent’anni, dalla stessa smania di primato, dalla stessa incapacità di dialogo, dalla stessa smania da uomo solo al potere che sta facendo capolino nella palude della sinistra italiana al governo. La lega di Matteo Salvini ritorna ai suoi fasti originari, è vero.

Ma è troppo poco, nello scenario nazionale, per poterci scommettere sù. Il nuovo centrodestra o come si chiama adesso, non va oltre fire da prefisso telefonico. E i generosi sforzi della meloni e dei “pezzettini” di destra sopravvissuta, fanno onore alle idee, ma non trovano il conforto del voto. Manca, sulla scena, un leader federatore. Una autorevole personalità capace di fare sintesi e di comunicarla alla maggiornaza degli italiani. Alle elezioni politiche mancano due anni, forse qualcosq di più. Staremo a vedere se qualcosa, su questo fronte, riuscirà a cambiare. Per il bene della democrazia. Le stelle sono tante - C’è un filo di attesa, anche per l’evoluzione dei cinquestelle. Che confermano di saper raccogliere il 20/25 per cento della capacità espressa dagli elettori italiani. Che ormai, hanno deciso che il partito dell’astensionismo rimane il più forte d’Italia, che raccoglie “consensi” che superano, generalmente, il 50 per cento degli aventi diritto. Tra votanti, quindi, c’è chi chiede ancora, con forza, qualcosa

alla politica. Qualcosa che finora nè la destra nè la sinistra sono riuscite ad esprimere. I cinquestelle esprimono un genuino desiderio di buon governo, di onestà, di chiarezza. Che finora ha raramente assunto forme politiche o amministrative realmente incisive. Beppe Grillo, come aveva promesso, ha lasciato in questa competizione elettorale, spazio al “direttorio” di parlamentari eletti. E i “ragazzi”, come lui li chiama, hanno confermato di avere un potenziale. Che pero’ non prende ancora forma. Ma qualcosa sta cambiando. Forse un progetto politico sta germogliando dopo tanta improvvisazione e altrettante – oggettiva – genuina impreparazione. Se ne verrà fuori qualcosa di buono, lo sapremo presto. Le stelle sono tante, molte più di cinque… Crocetta e il crocettismo Avrete notato che – volutamente -, per tutto il “pezzo”, non abbiamo citato Saro Crocetta nè la degenerazione della politica che lo accompagna, il crocettismo. Non l’abbiamo citato semplicemente perchè il governatore, or-

mai non c’è più. E’ uscito dalla scena politica. I fischi di Gela, di cui vi abbiamo parlato la settimana scorsa, lo hanno definitivamente cencellato dallo scenario politico siciliano. A Gela infatti, il “suo” candidato, Angelo Fasulo, sindaco uscente, è stato sepolto ache lui sotto una valanga di voti attribuiti – appunto – al candidato cinquestelle. Un “flop” che fa male. E che idmostra che i fischi erano rivolti proprio a Crocetta, alla sua “debolezza” verso l’Eni, ai suoi scivoloni sulla vicenda Muos, ai suoi errori rispetto alle grandi speculazioni in materie di energia rinnovabile. Tre temi “caldissimi” nell’area di gela, su cui il governatore ha dimostrato tutta la debolezza del suo pensiero e l’inconsistenza della sua politica. Mentre il giornale va in stampa, il governatore depone dinanzi alla procura della Repubblica, per spiegare i motivi che lo hanno indotto a cambiare le sue idee e le sue stesse delibere che volevano la chiusura di Sicilia eservizi, poi invece rifinanziata, rilanciata, riempita di dipendenti e di dirigenti, con tanto di legge ad hoc per aumentare l’indennità del suo amministratore Antonio Ingroia. Argomenti che hanno già prodotto una incriminazione per danno erariale a Crocetta, Ingroia e mezza giunta regionale. E che adesso verranno esaminate sotto il profilo penale. Abbastanza per seppellire sotto i fischi non solo Crocetta, ma anche il crocettismo e i crocettisti, propougantori di una legalità e di una coerenza di facciata che non ha saputo resistere alle lusinghe del potere… Se questa è l’alternativa legalitaria, forse meglio morire onestamente da antipatizzanti democristiani…

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Ballottaggi a Milazzo e Barcellona, 4 candidati per 2 posti di Giovanni Frazzica

Chi all’inizio della campagna elettorale, quando già si erano formate le coalizioni, aveva profetizzato che l’on. Peppe Picciolo sarebbe stato l’ago della bilancia a Milazzo e a Barcellona, aveva indovinato. Formica e Materia, i candidati sostenuti dal leader dei Dr, sono arriati al primo posto. E di fronte a questo risultato Picciolo commenta:”Mi sento orgoglioso dei risultati dei Dr e dei nostri candidati sindaco a Milazzo e Barcellona. Il dato politico di Barcellona – aggiunge Picciolo – osservando i risultati è che il 72% dei barcellonesi ha approvato l’operato di quel Consiglio comunale che ha votato la mozione di sfiducia al sindaco Collica. Ora è da questo dato che Roberto Materia deve partire, deve saper parlare a questa fascia largamente maggioritaria della città, deve sapersi aprire anche a quelli che fino a ieri militavano in liste contrapposte ed invitarli a costruire un programma condiviso per la Barcellona del futuro. Anche a nome dell’On. Marcello Greco –sottolinea il capogruppo all’Ars del Pdr– esprimo compiacimento per l’eccellente risultato raggiunto dal Patto dei democratici riformisti in tutta la Sicilia; in particolare qui a Milazzo e Barcellona, in cui si è votato con il proporzionale, ora puntiamo ad ultimare il percorso intrapreso, spingendo al traguardo i nostri candidati a sindaco, Giovanni Formica e Roberto Materia, la cui scelta si è rivelata vincente e molto gradita agli elettori. E’ stato compreso un nuovo modo di far politica – ha concluso Picciolo – quella Politica del fare che è alla base della nostra partecipazione ai

Beppe Picciolo

processi decisionali dei territori. Da adesso sino al 16 giugno lavoreremo fianco a fianco dei nostri Sindaci per raggiungere tutti insieme quella vittoria ora più che mai a portata di mano. “Dipende solo da noi!” Sarà questo lo slogan che accompagnerà le nostre donne ed i nostri uomini in una battaglia che dovrà essere, più di ieri, porta a porta”. A voler leggere bene il dato elettorale di Barcellona e Milazzo possiamo affermare che Picciolo ha sottratto totalmente all’Udc di D’Alia quella funzione di ago della della bilancia che gli aveva consentito per anni di campare di rendita. C’è da dire che anche la crisi del Pd, conseguenza palese delle disavventure giudiziarie di Genovese, tende a dare una posizione diversa ai valori in campo rispetto al quadro regionale, dove ovviamente meno incide la presenza dell’ex-sindaco di Messina che aveva la capacità di tenere unito il Pd messinese. La messa in panchina di Nania ha reso molto sfocata la destra e gli sforzi eroici e solitari di Bernardette Grasso non riescono a far de-

collare Forza Italia. “Il dato che ci é stato consegnato dalle ultime elezioni non può che suggerire una profonda riflessione sul partito. – scrive l’on. Grasso ai Dirigenti regionali di FI - Mettere la testa sotto la sabbia e dire che tutto va bene é, a mio avviso, un atto superficiale e, se vogliamo, grossolano. Oggi Forza Italia dovrebbe chiedersi qual é la strategia e la proposta di Governo Regionale da offrire ai Siciliani. Riteniamo che questa struttura organizzativa regionale debba ormai considerarsi conclusa. Ad essa infatti, che non ha saputo essere in un momento in cui un centro-sinistra arrogante e vuoto era al governo dei diversi livelli istituzionali, spettava promuovere momenti propulsivi forti e impetuosi, capaci di intercettare i bisogni di libertà e di emancipazione dei siciliani onesti e tartassati ed aiutarli a travolgre col voto una classe dirigente di burocrati nominalmente di sinistra, sostanzialmente parassiti del sistema. Di ciò che è stato fatto in Liguria in Sicilia abbiamo avuto solo sentore giornalisti-

Bernadette Grasso

co, eppure le divisioni nel Pd esistono anche da noi, forse che le nostre sono più profonde? Amici, riflettiamo dunque sul dato elettorale e sul quadro complessivo che si sta delineando nel Paese, perché sono convinta che gli spazi operativi e politici che si stanno aprendo sono immensi, spetta solo a noi saperli cogliere”. In effetti a Milazzo il candidato di centrodestra, Lorenzo Italiano, molto vicino a Bernardette Grasso, dopo una campagna elettorale molto appassionata, ha conseguito il 17,09% ed un solo consigliere comunale. Anche questo risultato spiega la sua insoddisfazione. A Milazzo per eleggere il sindaco si andrà al ballottaggio, che si giocherà in un’area formalmente tutta del Pd, essendo iscritti al partito di Renzi entrambi i contendenti. Si giocheranno la poltrona di Palazzo dell’Aquila Giovanni Formica, che ha toccato quota 40%, e Carmelo Pino, sindaco uscente, che si è attestato sul 23%. Formica, come si è detto, è sostenuto dai Dr dell’on. Picciolo, ma anche dai panarelliani del Pd e da una parte

dei renziani. Carmelo Pino invece, nell’ambito del Pd, è sostenuto da Stefania Scolaro e Salvatore Gitto, notoriamente organici all’area Lupo. Anche a Barcellona il Pd è frammentato, ma non ci sono due blocchi, piuttosto diverse posizioni. Alcuni renziani e civatiani hanno appoggiato la Collica, Munafò si è presentato da solo, altri hanno sostenuto Materia, mentre il grosso è rimasto con Turrisi, non tesserato ma esponente della società civile e vicino alle posizioni del clero barcellonese. La domanda del giorno a Barcellona e a Milazzo è ora questa: cosa faranno i perdenti al ballottaggio? A Milazzo sembra scontato che Carmelo Formica, vicino all’on. D’Alia, si schiererà con Carmelo Pino, così come il salviniano Pino Ragusi. Non si sono ancora pronunziati il verde Marano ed il leader del centrodestra Lorenzo Italiano. A Barcellona, dove la Collica è stata sfiduciata sulla base di una mozione presentata da Sottile e poi sostenuta da tutti, Udc e Pd compresi, si aprono seri interrogativi di fronte alla situazione che si è venuta a determinare. Turrisi e Sottile, ma soprattutto i loro sostenitori, singolaremente o come gruppi, dovranno fare delle scelte che non si presentano facili che però potrebbero essere decisive.

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Firetto “il biondo che conquista” tutte le poltrone libere di Franco Castaldo Il “biondo che conquista”, al secolo Calogero Lillo Firetto, già sindaco di Porto Empedocle, attuale deputato regionale Udc, è il nuovo sindaco di Agrigento. Nessuno stupore: Firetto ha vinto a man bassa, ottenendo quasi il 60% dei voti validi ossia 16.594 preferenze. Si sapeva già. E non è una frase fatta a cose… fatte. Si sapeva e si aspettava solo il fatidico giorno. Una città invaghita da Lillo Firetto che non ha fatto mistero a priori della sua preferenza elettorale. E così Firetto è sindaco di Agrigento, città che occupa le ultime posizioni nelle classifiche del buon vivere, con un deficit di bilancio che fa rischiare il disastro, con quartieri e litorale devastati dall’incuria, dall’inquinamento incombente e con sul groppone una serie di inchieste giudiziarie (quella sul Piano regolatore su tutte) che rischia di mettere a repentaglio il buon andamento dell’attività amministrativa. Intanto, a due giorni dall’elezione è arrivata la prima tegola: il suo assessore desiganto, Mimmo Fontana presidente regionale di Legambiente (orfano di Peppe Arnone) è indagato per omicidio colposo in relazione alla vicenda dell’esplosione dei vulcanelli di Macalube ad Aragona che ha provocato la morte di due bambini. Fontana della riserva naturale era il direttore. Firetto dovrà fare i conti con la realizzazione del rigassificatore che ha fortemente voluto a Porto Empedocle che Agrigento ha bocciato con un referendum. Sul punto il neo primo cittadino non è stato molto chiaro in campagna elettorale. Ha spesso glissato lasciando ai posteri dichiarazioni mai decise, mai trancianti. Lillo Firetto ha vinto le elezioni ad Agrigento perché si è dimostrato un abile uomo politico. Il più abile di tutti. Con intelligenza a messo alla porta ogni sigla di partito ed ha promosso l’idea

Lillo Firetto subito dopo l’elezione a sindaco di Agrigento dell’associazionismo, della società civile. Le sue liste, sette in tutto, hanno messo dentro ambientalisti e abusivisti, novelli candidati e inquisiti in gettonopoli, presentabili e impresentabili e persino quegli esponenti dei partiti i cui simboli ha voluto tenere fortissimamente fuori. Di fatto, però nelle liste di Firetto erano tutti rappresentati gli onorevoli Alfano, Di Mauro, Capodicasa, Fontana, Ruvolo, Cascio. Diciamo tutti i parlamentari agrigentini tranne Michele Cimino che è stato il vero sponsor del maggior rivale di Firetto, il presidente della neopromossa Akragas, Silvio Alessi. E tranne l’on. Riccardo Gallo, Forza Italia, che dopo una altalenante melina politica, sfociata nelle clamorose primarie volute dal Pd e vinte da Forza Italia appunto con Alessi, pubblicamente si è schierato con il massimo dirigente della squadra di calcio. Lillo Firetto ha vinto non perché appoggiato dagli esponenti della vecchia politica, come qualcuno ha obiettato. Ha vinto perché è un animale politico di primordine, custode delle mai abrogate leggi della vecchia Democrazia cristiana coniugate con il sapere fare dei nostri tempi. Sorriso smagliante, mai banale in tv, ha saputo capitalizzare quanto di buono ha fatto a Porto Empedocle e sterilizzato

di contenuti negativi quanto non ha fatto o saputo fare. Ben considerato dallo scrittore Andrea Camilleri che non ha fatto mistero in campagna elettorale di sostenerlo, ha buoni amici o sostenitori nell’imprenditoria danarosa (che non guasta mai) e nella cosiddetta società civile. In molti, in pieno agone elettorale, hanno preso carta e penna per dichiarare sostegno a Firetto. Insomma, Lillo ci sa fare e soprattutto ragiona con la sua testa. Se le nostre intuizioni si riveleranno esatte, prevediamo un futuro non imminente ma nemmeno tanto lontano alla corte di sua maestà Matteo Renzi per diventare un suo proconsole in Sicilia con ampi poteri decisionali. Si, perché, Firetto non ama far politica in situazioni poco chiare. Lui o sta dentro o sta fuori. Lillo Firetto ha vinto perché la coalizione che ha sostenuto Silvio Alessi ha fatto registrare qualche falla. Insomma, è lecito pensare che il sostegno non sia stato dato sino in fondo. I 4177 voti incamerati /contro i quasi 16 mila di Firetto) la dicono lunga su come siano andate le cose. Diciamolo francamente, i voti potenziali di Michele Cimino, Riccardo Gallo e il Patto per il territorio non corrispondono con quanto ottenuto da Alessi (le liste, hanno infatti dato

un risultato diverso, 7000 preferenze). Detto questo, va segnalato che ad Agrigento la protesta è rappresentata da grillini e Lega nord con oltre 5000 voti di preferenza per Emauele Dalli Cardillo e Marco Marcolin e che le candidature di Giuseppe Arnone, Andrea Cirino e Giuseppe Di Rosa hanno ottenuto preferenze infinitesimali. Meglio lasciar perdere. Dunque si riparte da Firetto che punta dritto“al futuro di questa città che ha e avrà dinanzi a se un destino più operante. Dietro al mio successo c’è l’emozione collettiva di una città che mi ha trascinato anche a candidarmi e che poi mi ha sostenuto fino alla fine. Poi il risultato elettorale dimostra le stupidaggini che qualche ferro vecchio della politica da strapazzo cercava di tirare fuori. Il risultato dimostra che dietro a me c’è solo la città. Il fatto che la lista “Agrigento rinasce” che era a mio sostegno e l’altra risultano prima e terza. Che il civismo sia preponderante rispetto allo stesso posizionamento dei partiti dimostra che qui è nato un grande progetto.” Per la carica di vicesindaco Firetto si concede qualche giorno di pausa in attesa di calibrare bene la squadra in relazione alle deleghe e aggiunge “la completerò nei pros-

simi giorni, adesso mi godo questi momenti diciamo di riposo dopo avere incontrato tanti quartieri, tanta gente, parlato tantissimo con una media di trenta incontri. Quindi mi dico rassereniamo le menti e il corpo e poi andiamo avanti. A chi non mi ha votato mi auguro di convincere anche loro con l’impegno mio quotidiano e loro sappiano che siamo squadra unica e la città la costruiamo tutti insieme con l’impegno di tutti. Non ci sarà sindaco per quanto apprezzato o non apprezzato che possa cambiare da solo le cose. Qui la città la cambiamo tutti insieme, ciascun cittadino è chiamato al rispetto di regole e fare tantissimo per orgoglio di appartenenza a questa città e secondo regole condivise”. Si rabbuia Calogero Firetto quando gli chiediamo se offrirà un qualche assessorato alla compagine del secondo arrivato. Del resto Emiliano in Puglia ha offerto un assessorato ai grillini: “No, sarà tutto in squadra e avevamo detto che come partivamo così arrivavamo. Non esiste. E’ un segno che dobbiamo alla città, non possiamo cambiare le cose. Poi d’altronde non c’è nessuna ragione per valorizzare persone che possano dirsi d’ausilio, per il resto io mi auguro una grande e bella stagione che guardi avanti al futuro di questa città”.

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SPECIALE EL

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C’era una volta Augusta, roccaforte del centro sinistra d i Rosa To ma rchio Un dato è tratto. Nelle amministrative di Augusta, da sempre roccaforte del centrosinistra, a due anni e mezzo dallo scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose, il cosiddetto “arco costituzionale” è stato tagliato fuori dai giochi, direttamente bocciato dal voto. La competizione elettorale tra una settimana si risolverà col prevedibile ballottaggio. In lizza, Cettina Di Pietro, unica candidata sindaco donna esponente dei Cinquestelle, avvocato, mamma. Dall’altra parte Nicky Paci, giovane politico con alle spalle un percorso politico da “grande”, essendo già stato assessore alla Provincia, prima ancora consigliere, quando governava il centrosinistra con Bruno Marziano. Ma Di Paci è trasversale, da sempre vicino al deputato Pippo Gianni, moderato di centro, in grado di raccogliere le simpatie del centrosinistra per i noti accordi politici. Pippo Gianni ha fatto alleanze anche con l’attuale compagine renziana al Comune di Siracusa. Paci ha anche raccolto le simpatie del NCD del deputato regionale Enzo Vinciullo, e si propone al suo elettorato con un poderoso cartello di liste civiche. Soddisfatta Cettina Di Pietro per essere arrivata addirittura prima. Un migliaio di voti la separano da Paci. “Non mi aspettavo di uscire come prima dalle urne, ma arrivare al ballottaggio assolutamente si. – dice - Ci credevo, e cosi è stato. Una grande soddisfazione”. Nicky Paci dice che quando decise di candidarsi ha pensato che il suo percorso civico doveva essere trasversale schierando le migliori risorse che hanno avuto il coraggio di esserci. “La mia candidatura deve essere letta come un momento di riappacificazione per amore della nostra città. – ci rivela -, e non come un momento di ostilità, nonostante voci e atteggiamenti al vetriolo non consoni ai climi di

Cettina Di Pietro e Nicky Paci democrazia auspicata. Bisogna uscire dalle secche in cui ci troviamo con l’alta politica che è quella che è venuta a mancare ad Augusta negli ultimi anni”. Altro dato. Tonfo del PD con Giambattista Totis, il professorepreside con un poderoso vissuto politico alle spalle, assai vicino alla compagine del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Eppure, i giovani non l’hanno premiato. “Probabilmente non hanno ben compreso la mia idea – dice Totis che arrivò terzo anche nelle amministrative del 1998 – continuerò lo stesso a servire questa città contribuendo alla creazione della nuova classe dirigente”. Riflettori tutti puntati al un migliaio di voti che distaccano i Cinquestelle dal cartello delle liste civiche di Paci. Si parla adesso di traini per vincere il ballottaggio. La penta stellata Di Pietro, in ossequio allo statuto del partito di Grillo, ha dichiarato chiaramente che non accetterà alleanze e confiderà solo sul voto della gente

stanca e delusa dai partiti tradizionali. “La gente è stanca della vecchia politica, queste alleanze trasversali hanno il sapore del patto del Nazareno hanno stancato. Noi non ci nascondiamo dietro liste civiche, confidiamo nella bontà del nostro progetto. Questa la misura che giustifica il nostro vantaggio. La gente vuole un effettivo cambiamento. Non dichiariamo apparentamenti con nessuno. Ricorderemo solo che esiste il premio di maggioranza per poter scalfire il muro che stanno erigendo contro di me e la mia squadra di governo. Il nostro obiettivo in queste due settimane sarà informare la gente che ignora questo elemento determinante per la scelta definitiva”. E mentre, dopo oltre due anni, Augusta rivendica una giusta conduzione della cosa pubblica cosa farà Nicky Paci in vista del ballottaggio? Continuerà col suo cartello di liste civiche. “L’unico programma elettorale utile per uscire dall’empasse è il nostro –

risponde lesto - siamo contrari a ogni forma di macedonia, terremo solo la nostra coalizione, non farò entrare nessuno. Il mio appello è rivolto a tutti gli uomini di alta politica, il prossimo sindaco dovrà avere un alto senso istituzionale, perorare le istanze di tutta la comunità ai diversi livelli della politica. Pertanto, la coalizione rimane tutta perche non possiamo cambiare programma già premiato dall’elettorato”. La pentastellata Cettina Di Pietro ha già ricevuto la visita del senatore Alessandro Di Battista e della collega Paola Taverna. E non saranno gli ultimi a staccare il ticket per Augusta. “Sono stata contattata da Bruxelles, dalla Camera e dal Senato. Sono tutti disposti a scendere per darmi una mano – esclama Di Pietro -. Per noi la rivoluzione arriva dal basso. Tutti si stringeranno attorno alla città che davvero ne ha bisogno”. “Noi invece non faremo scendere nessuno dagli alti scranni. – re-

plica il competitor Nicky Paci Tutte le proposte partiranno dal tavolo augustano. Nessuna truppa cammellata per condurci alla vittoria che sarà tutta nostra”. Il primo turno ha visto diversi gap, primo fra tutto il fatidico voto disgiunto con tutte le conseguenze del caso e centinaia di schede annullate, pur preservando in alcune sezioni il diritto al voto intenzionale, in seguito allo sbarramento del solo simbolo e non sul nome del candidato sindaco scelto. Il premio di maggioranza invece sarà il dato condizionante per il prossimo turno, il ballottaggio, a cui saranno chiamati ancora una volta gli augustani a pronunciarsi il 14 e 15 giugno per decidere se sarà Cettina Di Pietro o Nicky Paci il prossimo sindaco di Augusta. Questi i risultati: Cettina Di Pietro 29,62%; Niky Paci 24,54%; Giambattista Totis 13,81%; Marco Stella 12%; Domenico Morello 9%; Marcello Guagliardo 8%; Antonino Di Silvestro 2% .

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LE ELEZIONI

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Mascali, Messina è sindaco. Ballottaggio a S. Giovanni La Punta di Giuseppe Leonardi Due anni dopo il buio dello scioglimento per mafia, Mascali volta pagina: l’era Messina è iniziata e in Consiglio comunale avrà una solida maggioranza scaturita dall’ottenimento del premio di maggioranza. La vittoria di Luigi Messina era prevedibile, ma non si può dire altrettanto del grandissimo risultato sia dal sindaco che dalla coalizione. Per Mascali, Progetto Sicilia e Mascali c’è si divideranno i 12 seggi spettanti alla coalizione che ha vinto e che ha superato il 40%. Con 1034 voti Per Mascali, cioè la lista costruita dal neo sindaco insieme a Ernesto Pariti e i coniugi Gullotta, conquista 5 seggi. Oltre a Pariti, più votato e recordman di preferenze, pronti a essere eletti Giuseppe Vitale (sostenuto dall’ex assessore di Giarre Piero Mangano e dai consiglieri comunali ripostesi Nino Virgitto e Gino Daidone), Valentina Gullotta, Laura Di Bella (pupilla del neo assessore Virginia Silvestro e Salvo Gullotta) e Cristina Finocchiaro. Ottimo risultato anche per la lista Mascali c’è formata con il contributo dei gruppi afferenti ad Alberto Cardillo (leader locale di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale), Franco Amante e Giuseppe Cardillo. La sopracitata lista conquista 872 voti e porta a casa quattro consiglieri comunali. Mascali c’è-Fdi (rappresentato in giunta da Alessandro Amante) manda nel civico consesso Agata Cardillo, Giuseppe Priolo (questi ultimi due provenienti da Nunziata), Carlo Galati (già consigliere dal 2003 al 2008) e Alberto Cardillo (FdiAn. Qualche voto in meno rispetto alle previsioni per Progetto Sicilia, ma con 811 voti la lista ideata da Salvino Patanè resta ancora una realtà numericamente concreta a Mascali. Tre i rappresentanti in consiglio comunale, oltre ad avere nell’esecutivo Nino Marino. Gli eletti sono Pietro Bonaccorsi, Graziana Scandurra e Paolo Virzì, quest’ultimo consigliere per poche settimane tra il 2010 e il 2011 prima delle dimissioni di massa che fecero da preludio allo sciogliomento. Nella nuova opposizione la parte da leone la fa “Noi insieme per Mascali” la lista creata da Pippo Barbarino nel tentativo trascinare Giuseppe Calà nella corsa a sindaco (la lista ha preso 517

Lo sconfitto Ernesto Pino si congratula con Luigi Messina

Nino Bellia e Santo Trovato al ballottaggio a S.G. La Punta

Santi Rando e Sebastiano Di Stefano al ballottaggio a Tremestieri Etneo voti in più rispetto al candidato sindaco). Sono 1626 i voti di lista e quattro i seggi conquistati che vanno a Veronica Musumeci, Rosario Di Mauro, Orazio Mangano ed Emanuele Nigrì. Mascali Risorge, lista collegata allo sconfitto Ernesto Pino ha ottenuto 1065 voti di lista. Eletti Grazia Carota (sorella dell’ex sindaco Silvio), Carmelo Caltabiano (che così come Galati torna dopo sette anni in consiglio comunale in mezzo anche una candidatura a sindaco nel 2008) ed il giovane Emanuele Privitera. La Mascali che Vorrei dei fratelli Portogallo con 623 inve-

ce rimanda in consiglio comunale Gaetano Portogallo (unico consigliere uscente insieme a Paolo Virzì). Non superano il 5% le due liste di Giovanni Pellizzeri, il Pd, il Movimento 5 Stelle e la Nuova Contea del consigliere giarrese Salvo Camarda. L’Udc- Scelta Giovane invece è di poco sotto il quorum e resta quindi fuori il suo leader locale, Leonardo Fichera. A San Giovanni La Punta la sfida è tra Antonio Bellia e Santo Trovato. Bellia (supportato da 9 liste tra cui Pd e Udc) per pochissimi voti non ha sfiorato

l’elezione a primo turno, ma il 49.23% e i 4649 voti non bastano. Santo Trovato, il suo avversario al ballottaggio, conquista il 22.06% e 2083 voti. Gli altri candidati: Alfio Nicola Bertolo, 9.01%, 851 voti, Lorenzo Seminerio (Noi con Salvini), 11.77% e 1112 voti, Giusy Rannone (M5S), 749 preferenze e 7.93%. Il M5S, come prevedibile, ha annunciato che al ballottaggio non sosterrà nessuno dei due candidati alla poltrona di primo cittadino. Delusione per Bertolo e Seminerio i quali, in merito al ballottaggio, si riservano di scegliere sul da farsi nei prossimi

giorni. A Tremestieri Etneo il ballottaggio è tra Santi Rando e Sebastiano Di Stefano, 3378 consensi e il 35,37% delle preferenze il primo, 2705 voti e il 28.33 % il secondo. Il terzo più votato e Mario Ronsisvalle con il 14.97% e 1430 voti. Gli altri candidati: Sebastiano Caruso, 809 voti, 8.47%, Fabrizio Furnari, 445 voti e 4.66%, Domenico Di Guardo, 783 voti e 8.20%. Il M5S, soddisfatto per l’elezione di un suo rappresentante in Consiglio comunale, anche a Tremestieri non farà apparentamenti in sede di ballottaggio. Per lo sconfitto Sebastiano Caruso è ancora presto per parlare di alleanze. Per il momento, quindi, spazio alla delusione, “non tanto per il mio risultato quanto per quello delle liste, ci aspettavamo qualcosa di più”, così commenta lo stesso Caruso. A Pedara stravince il cartello “trasversale” di Antonio Fallica, il candidato scelto da Anthony Barbagallo e che poteva contare sull’appoggio anche di Forza Italia. 3968 preferenze, 72.63% delle preferenze in 9 sezioni sono le cifre che lo portano dritto alla poltrona del municipio. Gli altri candidati: Gaetano Petrali, Noi con Salvini, sfiora il 10% (9.37) con 512 voti; Nuccio Tropi (m5s) 618 voti, 11.31%, Roberto Laudani, 365 voti, 6.68%. A Bronte dopo lo scrutinio di 20 sezioni su 20 sarà ballottaggio tra i candidati Salvatore Gullotta e Graziano Calanna. Calanna appoggiato da quattro liste, tra cui il Pd e Megafono, conquista 2766 voti con il 26.88%. Salvatore Gullotta, appoggiato da tre liste civiche e dal supporto del sindaco uscente Pino Firrarello, riesce a fidelizzare 3168 consensi con il 30.79% degli aventi diritto. Quasi il 20% (19.81%) per Davide Russo del Movimento Cinque Stelle. Nunzio Nuccio Biuso, 615 voti, 5.98%. Infine Aldo Catania, 1702 voti, 16.54% A Maniace è Antonino Cantali il sindaco eletto. Il nuovo primo cittadino conquista iln 52.50 % delle preferenze, segue a ruota Salvatore Galati Muccilla con il 24.40% e 541 preferenze. Salvatore Bevacqua si ferma ai 512 voti con il 23.09%. Infine, a Milo è Alfio Cosentino il nuovo sindaco. Conquista 377 voti con il 54.56% delle preferenze. Uno scarto minimo con l’avversario Alfio Cavallaro che si ferma a 314 voti (45.44%).

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Giugno 2015 - Nisseno

asdfOn pe volest la de consequo quo volupta e di Liliana Blanco

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Giugno 2015 - Giudiziaria

S. Agata e la mafia, verso l’ennesima assoluzione? di Marco Benanti

Ultime dal Palazzaccio: un processo che dura anni e che porta con ogni probabilità ad un finale…scontato La sentenza, con ogni probabilità, arriverà il 9 luglio prossimo: quel giorno i giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Catania emetteranno la sentenza sul processo per le cosiddette infiltrazioni mafiose nella festa di S. Agata (fino all’edizione del 2005). Un procedimento che da anni fa parlare di sé, anche alla luce del verdetto di primo grado: assoluzione per tutti gli imputati. E cos’è accaduto in secondo grado? Il sostituto procuratore generale Sabrina Gambino ha chiesto la conferma dell’assoluzione. “Limiti evidenti nella formulazione del capo d’imputazione” -hanno spinto la Pubblica Accusa della Procura Generale a non condividere la tesi avanzata dal sostituto procuratore Antonino Fanara, che aveva scritto i motivi d’appello contro la sentenza che l’8 febbraio del 2013 aveva determinato l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” degli otto imputati alla sbarra, Nino Santapaola, nipote del boss

Benedetto, Francesco Santapaola figlio minore di quest’ultimo, Giuseppe Mangion detto “Enzo”, Alfio Mangion, Vincenzo Mangion, Salvatore Copia e Pietro Diolosà, ex presidente del Circolo cittadino S. Agata. Secondo le accuse originarie la festa era in sostanza “incontrollabile”, in particolare per gli orari di rientro del fercolo, perché la gestione dei tempi e di alcune manifestazioni a latere erano, in realtà, nelle mani della mafia, che, dettando i tempi della festa, dimostrava il suo “potere” sulla festa della Santa Patrona. Ma in primo grado, come si poteva prevedere,alla fine la “montagna ha prodotto il topolino”. Assoluzione generale degli imputati. Assoluzione con formula piena. Il fatto non sussiste. Facciamo il punto della cronaca: il 20 novembre 2012 erano state avanzate le richieste della Procura della Repubblica, con il Pm Antonino Fanara. Eccole: una richiesta di condanna (per Pietro Diolosà, ex presidente del circolo Sant’Agata, imputato di concorso esterno), sei (Nino e Francesco Santapaola, Salvatore Copia, Enzo, Alfio e Vincenzo Mangion imputati di associazione mafiosa finalizza-

ta ad ingiusti vantaggi) di non doversi procedere perchè l’azione penale c’è già stata per lo stesso fatto, un’assoluzione (Agatino Mangion, imputato di associazione mafiosa finalizzata a ottenere ingiusti vantaggi) per non avere commesso il fatto.Il dato -confermato anche dal Pm- è caso mai quello dell’affermazione sociale del potere mafioso al fine di dominare la scena in altri campi. Ma questo con la definizione precisa e concreta di vantaggi patrimoniali come si definisce e dimostra giudizialmente? Finale: tut-

ti assolti. Alla lettura del dispositivo dei giudici della quarta sezione del Tribunale di Catania (presidente Michele Fichera) nessuno fiatò: soddisfazione in viso per gli avvocati difensori, ovviamente. Il pubblico ministero Antonino Fanara andò via, senza dire niente. Qualche considerazione e qualche domanda -per onestà intellettuale- va detta e fatta. Tanto non lo farà nessuno: non lo faranno gli avvocati (che temono troppo la Procura della Repubblica per dire fino in fondo cosa

pensano), non lo faranno i politici (che sono anche loro spaventati dalla Procura, altro che magistratura sotto il tacco della politica, come si racconta -in modo disonesto- in molte trasmissioni tivvù alla moda), non lo farà la città (magari anche quella parte di città che probabilmente sa e che anche stavolta preferirà tacere e tirare avanti). Insomma, Catania, con le sue miserie e i suoi rari momenti d’orgoglio, è sempre uguale a sè stessa. C’è il dato di una festa che da sempre vede i mafiosi partecipare, eccome: ma quali sono i riflessi penali, quelli dimostrabili in un’aula di giustizia? Quanti commercianti, quanti operatori della festa sanno e parlano? In termini di ipotesi di reato, non di costume sociale, lo precisiamo. E allora le indagini come sono state fatte? Quanto sono costate? Nel caso si fosse notato che l’azione penale non portava a nulla di rilevante si sarebbe dovuto fermare tutto? C’è stata una strumentalizzazione politica della vicenda? Il caso è servito su più livelli? Ma c’è di più: sulle responsabilità -sociali, morali- della chiesa catanese nessuno o quasi dice nulla.

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“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

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La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

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Teatro Metropolitan Catania

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Giugno 2015 - Opinione

Ecco a voi la Sicilia: quattro esempi per parlarti di lei di Claudio Mec Melchiorre La Sicilia oggi si mostra povera di un personaggio che negli ultimi anni è stato sicuramente protagonista. Lino Leanza, che cominciò la sua carriera come consulente per l’occupazione dell’ex sindaco Umberto Scapagnini, è morto, lasciando come eredità un partito che prometteva quanto meno di funzionare da camera di collegamento e compensazione con un governo regionale ormai inviso ai più. La strategia di quel movimento, composto da deputati e senatori, amministratori e un assessore regionale importante, come quello dell’agricoltura, era quella di riportare la Sicilia a crescere. La preoccupazione di Leanza, da questo punto di vista, stava nella sparizione del Commissario dello Stato che per tanti anni aveva impedito che si potessero promulgare leggi palesemente senza copertura finanziaria. Sparito lui, vedremo cosa resterà delle buone intenzioni. Il timore è che si ricominci in qualche modo a barare sui numeri, rendendo la Sicilia una brutta copia della Grecia. Mentre il mondo politico piange Leanza e saluta nel Partito Democratico la nuova Forza Italia, con una vittoria amministrativa difficilmente contestabile nei comuni dove si è votato, le indagini sulla strage familiare avvenuta ai Vulcanelli di Aragona, in provincia di Agrigento prendono una linea decisa. Ad essere messi sotto accusa sono il direttore della riserva, anche dirigente regionale di Legambiente, e i due funzionari. L’accusa è quella di non aver messo in sicurezza l’area, provocando, con questa inerzia, la morte di due fratellini. In Sicilia siamo abituati a considerare preminente lo stipendio per chi ha famiglia. Eppure, noi vorremmo che a uno stipendio corrisponda un lavoro. I dubbi sulle attività delle centinaia di operatori nelle decine di riserve

La bara di Nino Leanza portata a spalla da Crocetta naturali della Regione Siciliana, sono invece piuttosto radicati. Certo, ora il presidente regionale di Legambiente è finito sotto accusa con l’accusa di omicidio colposo plurimo, insieme ai suoi due funzionari e colleghi. Certo, la responsabilità parrebbe ovvia. Ma sarebbe stato interessante che la Regione Siciliana avviasse un’indagine per sapere chi fa cosa, nelle nostre tante, tantissime riserve. Sarebbe anche interessante che si stabilisca un rapporto tra la spesa per stipendi e strutture e risorse da spendere. Nonostante qualche tempo fa l’intero sistema della gestione dei rifiuti restò bloccato ad Enna perché l’intero budget era assorbito dal personale, niente in questo senso è stato fatto. Questa inerzia, come dimostrano i fatti dei Vulcanelli, può risultare omicida. Colposamente, forse.

Ma tanto colposa, forse no. Le nostre città sono piene di parcheggiatori abusivi. Ma c’è di peggio, tra i ricattatori da strada. A Grammichele, un uomo disoccupato e siamo certi, con famiglia, ha pensato bene di costruire un sistema taglia code personale. Ha preso dei bigliettini e li distribuiva personalmente, in cambio di 50 centesimi. Un pensionato improvvisamente si rifiuta di pagare il pizzo da fila e lui lo malmena. Intervengono i Carabinieri e il 58enne manesco ed inventivo, viene arrestato e accompagnato a casa per restare lì, ai domiciliari. Non è dato sapere da quanto andava avanti questo originale sistema di taglieggiamento basato su una necessità organizzativa. Resta però evidente la scarsa utilità dell’ordine costituito. Non appena si fosse av-

vertita questa anomalia, i vigili urbani o i Carabinieri avrebbero dovuto fare il loro intervento risanatore. Non è accaduto. Resta da domandarsi il perché. Forse perché loro stessi hanno paura di andare a toccare qualche nervo scoperto della comunità locale? Magari uno che viene protetto dal mafioso del paese. Oppure, più banalmente, sono talmente assuefatti alla logica del ‘tengo famiglia’ che intervengono solo dopo che qualcosa di violento accade? Tutto bene, se funziona. Ma presto gli episodi violenti saranno così tanti, che un intervento diventerà possibile. Forse si dovrebbe ragionare attentamente su quale sicurezza garantire. E come. Sarebbe compito dei Sindaci fare questa riflessione. Se prendessimo ad esempio Catania, sapremmo con certezza che un simile pensiero non

sfiora nemmeno lontanamente i sindaci, né le loro giunte. Che si tratti di parcheggiatori abusivi o di taglieggiatori da distributore di benzina, fino a gestori di locali o autobus da ristorazione abusivi, nessuno li disturba. Inadeguata la legge? Sicuramente. Ma chi potrebbe stimolare una modifica per avere gli strumenti di azione e reazione? Forse i sindaci. Ma quelli hanno altro a cui pensare. Alla Playa una coppia fa il bagno. La passione è forte e i due si baciano. Poi lei pensa che sia bello fare qualcosa di più intimo. O forse è lui. Fatto sta che si esibiscono in una combinazione di sesso orale e tradizionale, in pieno giorno e davanti a bimbi e famiglie. Finito tutto, sembrerebbe. Purtroppo, oggi abbiamo tutti a disposizione telefoni e connessioni internet. I due amanti focosi e un po’ maleducati scoprono di essere protagonisti di un filmato cliccatissimo che fa rapidamente il giro del Mondo, sul web. Qualcuno procede per atti osceni? Pare di no. In compenso, la coppia fa una denuncia per violazione della privacy contro il sito che ha pubblicato la performance. Attendiamo che i due arrivino a occupare due sedie in una qualche trasmissione nazionale o locale. Che la legalità e il buon gusto possano fare breccia in questa città, cominciamo a pensare che non sia possibile. Abbiamo un’amministrazione impermeabile a tutto. Figuriamoci alla possibilità di controllare le spiagge. Che poi alla Playa la sera accade già di tutto. Sentiamo già la voce di qualcuno a Palazzo degli Elefanti dire: “Tutto questo rumore per due che si accoppiano! E se ci andiamo la sera, sai quanti ce n’è?” Far capire con questi tre esempi per quale motivo la Sicilia non ha speranza di sviluppo, dovrebbe essere semplice. Ma sappiamo bene che sia difficile per chi capire non vuole.

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Giugno 2015 - Messina

Continuano i successi del Karate Team Ferrini di Giarre d i Giovanni F ra zzica

Ancora un importante successo per il Karate Team Ferrini di Giarre. Questa volta scenario del trionfo è stato la manifestazione sportiva regionale che si è svolta al Palasport di Belpasso il 17 Maggio 2015 con la partecipazione di oltre 400 giovani karateki di età compresa da 5 a 10 anni compiuti. Trentacinque karateki della ASD Tao Fitness di Giarre, guidati dai maestri Luca e Renato Ferrini, hanno partecipato nelle tre specialità di gara che sono Circuito a Tempo, Gioco Tecnico del Palloncino e Combattimento Dimostraivo. I giovanissimi si sono cosi classificati:Specialità “Gioco Tecnico del Palloncino”:1* Giovanni Leanza, 2* Filippo La Delfa, e 3* Giuseppe Patane’. Specialità “Circuito a Tem-

po”: 3* Giovanni Leanza, 3* Flavio Licciardello, 4* Tommaso Santoro e 4* Giorgio Cali’. Giovanni Leanza e Giuseppe Patane’ sono ormai veterani visto che da due anni si piazzano nei primissimi posti. A loro due si aggiunge ades-

so Filippo La Delfa, un’altra promessa del futuro Karate giarrese. Insieme a loro tanti altri karateki del Team Ferrini presto avranno modo di farsi valere nelle prossime competizioni a partire dal 27 giugno prossimo negli Internazionali di Karate a Siracusa.

Grandissimo merito di questi successi va al maestro giarrese Luca Ferrini, più volte campione regionale, atleta di livello nazionale, classificatosi nei primi cinque posti a livello italiano categoria 75 kg juniores. Diversi piazzamenti tra i primi cinque posti conseguiti

ai campionati italiani ed internazionali. Più di cinque semifinali combattute ai campionati italiani ed open d’Italia. Ultimo importante risultato conseguito è stata la medaglia di bronzo agli open d’Italia a Napoli nel dicembre 2013. A.C.

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Giugno 2015 - Acireale

Il Paginone

Terme di Acireale incatenate e dimenticate. Sosp

Lo stato di abbandono in cui versano le Terme di Acireale, un patrimonio d i S a ro F a ra ci Le foto riportate sul sito del Forum permanente sulle Terme di Acireale sono più chiare di qualunque promessa e discorso fatti nelle ultime settimane. Le Terme sono chiuse, addirittura incatenate. Ci sono catene e lucchetti ovunque. All’ingresso del Parco delle Terme; nel cancello di accesso alle Terme di Santa Venera e agli stabilimenti di Santa Caterina. Dinanzi a questi ultimi, addirittura, si comunica che “le prestazioni termali sono sospese per lavori di manutenzione”. La verità è che le Terme di Acireale sono ormai ridotte da tempo ad un ammasso di carte. Carte di ogni tipo: lettere al socio unico Regione Sicilia che non vuol sentire ragioni di ricapitalizzare o rifinanziare la società; documenti interlocutori con Unicredit per scongiurare il peggio, cioè che l’ex albergo Excelsior Palace e il centro

polifunzionale, attualmente pignorati, diventino di proprietà della banca; rateazioni di pagamento con i fornitori e lettere di sollecito ai creditori. Non è facile il compito del liquidatore di una società pubblica e lo sa bene l’ing.Luigi Bosco, che tra l’altro assolve al delicato ruolo di assessore nella giunta di Enzo Bianco a Catania. Fedelissimo del Presidente Crocetta, il liquidatore delle Terme è tra l’incudine e il martello. Da un lato, prova ad assecondare i desiderata del Presidente della Regione Siciliana che un giorno rilancia sul termalismo e un altro proclama invettive contro le società partecipate in stato di decozione. Dall’altro lato, l’ing.Bosco sa perfettamente che la poltrona su cui siede è calda, perché vi sono parecchie responsabilità cui va incontro come amministratore, a partire dalla più importante di tutte: chiedere al socio unico, cioè alla

Regione Siciliana, di portare i libri al Tribunale e avviare una procedura di concordato, quanto meno per salvaguardare i valori di realizzo degli asset aziendali. Sembra che l’ingegnere Bosco abbia avanzato informalmente una richiesta del genere, ma i solerti burocrati dell’Assessorato all’Economia a Palermo inspiegabilmente hanno rispedito al mittente la proposta. In realtà, la burocrazia regionale vuole solo prendere tempo. Ha di fatto neutralizzato la decisione della politica che, nel bilancio regionale, aveva stanziato 400.000 euro ciascuno per le Terme di Acireale e di Sciacca; i soldi non verranno mai concessi, perché la burocrazia non si assume il rischio di contravvenire al monito della Corte dei Conti che intima i dirigenti a non usare più risorse finanziarie pubbliche per ricapitalizzare e rifinanziare società regionali partecipate afflitte, come le Terme, da perduranti

e gravi perdite economiche. Si attende solo che Sviluppo Italia Sicilia esiti al più presto il bando per l’affidamento ai privati della gestione delle Terme, come auspicano da tempo un po’ tutti: il liquidatore, l’ing.Roberto Barbagallo sindaco di Acireale e una parte della società civile, di cui il Forum del Lions Club è una espressione. Tuttavia, come richiamato pure sulle pagine di questo settimanale, non è facile scrivere il bando, fintanto che non saranno risolte alcune pregiudiziali rilevanti, tra cui quella relativa al debito da saldare ad Unicredit (entro settembre di quest’anno) per evitare che si perdano due importanti cespiti, l’albergo e il centro polifunzionale, la cui inclusione nel pacchetto degli asset in affidamento renderebbe le Terme più appetibili ai privati. Insomma, è un po’ come il cane che si morde la coda. Mentre la città rimane impassibile e aspetta le determi-

nazioni palermitane, senza però che nessuno le solleciti con vigore, ogni aspetto della intricata vicenda è demandato alla burocrazia regionale, oramai assolutamente impermeabile pure alle proposte provenienti dalla politica. L’ultima, in ordine tempo, è suggestiva e romantica, addirittura fa tenerezza. A Sciacca, che ha problemi analoghi a quelli di Acireale e dove gli stabilimenti sono chiusi, qualcuno ha avanzato la proposta di affidare all’ASP la gestione degli stabilimenti, in attesa che si chiudano le procedure per l’affidamento ai privati degli stabilimenti. Immediatamente, la proposta è rimbalzata ad Acireale e il Presidente Crocetta, in una intervista rilasciata ad un quotidiano locale, ha dichiarato di voler operare in questa direzione. Sembra però che la soluzione sia impraticabile. Per mille motivi, due dei quali sono i più rilevanti. Primo, a parte i

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ospese le prestazioni, si attende il bando di privatizzazione

atrimonio che la Sicilia sta dilapidando medici, l’ASP non ha le professionalità necessarie per gestire prestazioni specialistiche come quelle termali. Secondo motivo, l’ASP non dispone, come invece le Terme di Acireale e di Sciacca, delle concessioni minerarie dell’Assessorato all’Industria per esercitare attività termale in Sicilia. Dunque, il discorso sembra chiuso in partenza, ancor prima che si vada avanti con la proposta. E’ tempo invece di esaminare le carte, perché il 23 febbraio scorso l’Assemblea dei soci delle Terme di Acireale ha approvato il bilancio al 31 dicembre 2013. I numeri ancora una volta sono sconfortanti. Nonostante una significativa ripresa del fatturato (che dai 9.657 euro dell’anno precedente è passato a 211.076 euro, grazie all’impegno dell’ing.Bosco di riaprire alcuni reparti), la società di gestione delle Terme di Acireale è andata incontro ad una perdita di esercizio

pari a 1.169.072 euro (contro 1.786.698 dell’anno precedente). La perdita corrente cumulata con quelle pregresse ammonta a circa il 25% delle poste attive di bilancio, fa rilevare il Collegio Sindacale nella sua relazione a firma di Salvatore Barbagallo, Maria Luisa Damico e Marcello Murabito. Il totale passivo è di 40.321.205 euro e i debiti ammontano a 14.198.500 euro (rispetto a 13.921.576 dell’anno precedente). Il patrimonio netto è ulteriormente diminuito, eroso dalle perdite accumulate negli anni: adesso è di 22.870.059 euro (rispetto ai 24.039.130 rilevato a fine 2012). In queste condizioni, la gestione delle Terme è solo “cartacea” e – è ancora il Collegio Sindacale a rilevarlo nella sua relazione – in assenza di chiare indicazioni da parte del socio Regione Siciliana, il rischio di depauperamento degli asset patrimoniali è elevatissimo.

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Giugno 2015 - Siracusa

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Giugno 2015 - Siracusa

“Spero 2020”, così si presenta la Leopolda siracusana d i Ros a To ma rchio “Il più grande peccato della Sicilia è stato sempre quello di non credere nelle idee che muovono il mondo. Ci sono naturalmente delle ragioni storiche a tutto questo, però è questo che ha impedito sempre alla Sicilia di andare avanti, il credere che il mondo non può essere mai diverso da come è stato. Siccome questa sfiducia, anzi questa mancanza di idee si proietta su tutto il mondo, in un certo senso la Sicilia ne è diventata la metafora” . Cosi Leonardo Sciascia in un’intervista del 1979. Una premessa per niente anacronistica per la presentazione della Leopolda siracusana che si tiene sabato e domenica. L’hanno chiamata “Spero 2020”, che non è la coniugazione del verbo, ma il nome della sede (e anch’essa rappresenta una novità) che accoglierà la convention provinciale , e cioè l’ex Spero di via Elorina la vecchia sede dell’olificio dove svettano ancora i vecchi comignoli. Ma l’Ex Spero come tutti sanno è quell’architettura industriale, ovviamente in disuso, che negli ultimi cinque anni ha visto l’interessamento di un gruppo di imprenditori locali col pallino del recupero e della bonifica di un luogo dimenticato: un porto turistico, con negozi, alberghi e ristoranti. Al centro dello specchio d’acqua prospiciente, un’isola artificiale con un mini grattacielo che ha fatto storcere il muso agli ambientalisti, tra questi molti esponenti di centrosinistra e dunque della Leopolda siracusana. Cosi lo stop dei lavori, la improvvisa dipartita del promotore finanziario, e oggi si riapre

Alessio Lo Giudice fazione opposta Pd la discussione sullo sviluppo della città partendo proprio dal luogo simbolo dell’empasse. A questa Leopolda o Spero 2020, (i numeri richiamano alla memoria la scadenza de progetti per il nuovo asse di finanziamenti europei) sono stati invitati tutor “esterni” , dal nord Italia per intenderci. Si fa il nome del vice del sindaco Cacciari di Venezia, del pupillo dell’archistar Renzo Piano. E cosi via con tante altre stelle del firmamento straniero. Ci sono anche dei facilitatori, questi però tutti siracusani, gente scelta dagli organizzatori per coordinare i gruppi di lavoro. In primis da Giovanni Cafeo ex capo di gabinetto del sindaco di Siracusa, assai vicino all’on. Gino Foti, componente regionale del PD, renziano della prima ora insieme al primo cittadino Giancarlo Garozzo, al vice sindaco Francesco Italia (assessore al Turismo e Spettacoli), all’assessore alla Pubblica Istruzione Valeria Troia, e al sindaco di

Ferla, Michelangelo Giansiracusa. Tutti trentenni e di belle speranze. Ma c’è una sorta di “provincialismo” che salta fuori in questa scelta, abbastanza contestata, di scegliere solo “tutor” e specialisti da fuori, come se implicitamente ci fosse una sorta di sfiducia nei confronti del territorio. Ma come si fa a migliorare il territorio se non dai la giusta considerazione alle energie locali. Che non è detto che l’amministrazione comunale conosca per forza. E questa sarebbe una colpa ancora più grave. C’è chi dice che questa Leopolda siracusana altro non è che una passerella per farsi notare dal leader Renzi. In un certo senso, è in atto un’azione speculare dall’altra sponda dello stesso partito: una serie di dibattiti culturali aperti alla città con opinion leader di spessore, come il critico fiorentino Tomaso Montanari, l’ambientalista Rossano Ercolini di Lucca, per citarne alcuni. Supervisore, spesso dietro le quinte, è quel

Spero2020 Italia Cafeo giovane Alessio Lo Giudice,sino a un anno fa assessore comunale ai Lavori Pubblici e poi “rimosso” per “divergenze politiche”. Cosa hanno in comune le opposte fazioni del PD? Entrambe si fanno assecondare dalla logica dell’esterofilia come se in provincia di Siracusa non vi fossero menti eccelse costrette in questo momento a vagare per il mondo. E ritorniamo dunque a Sciascia del ’79 e all’avere una completa sfiducia nelle proprie possibilità. Quindi, tutti scemi a Siracusa? No, la verità è un’altra e cioè che la gente capace se ne sta alla larga dalla politica e fino a quando sarà così Siracusa sarà irrecuperabile. Tutti si chiedono se, per lo meno, il tentativo dei nuovi dirigenti siracusani Cafeo-Garozzo-Italia-Troia-Giansiracusa alla fine sarà vano? Insomma, Renzi si accorgerà delle loro belle intenzioni o sarà distratto dalle riforme e dall’Europa? La risposta pare già nota. Stando alla risaputa “genialità”, pare

che Renzi abbia scelto la via più breve, per alcuni intelligente: non sviluppare nessuna politica per il Sud, non più di tanto, perche lui sa bene che è tempo perso, ma implementare il Nord, dare lo scossone al settentrione che è logisticamente e storicamente più facile, in quanto vero motore del Paese. Proprio come negli anni del boom economico ‘50 e ’60 quando dal nord vennero a investire al sud. Tornando a “Spero 2020”, come già detto le cifre sono l’esplicazione degli anni dei finanziamenti europei. Ma 2020 fu pure il titoli sei anni fa che recava il piano strategico “Innova Siracusa” ancora al palo. Dove starebbe allora la svolta? Con Spero si potrebbe partire da un reale censimento delle belle energie locali, fornire una vera mappa del territorio da cui far emergere almeno sette “menti” siracusane che eccellano nei vari campi e affidare loro le fondamenta della nuova Siracusa.

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Giugno 2015 - Gela

A due passi dal centro storico incuria, randagismo e spaccio d i L il ia na Bla nco Erbacce ad altezza d’uomo, spazzatura, randagismo, senzatetto, topi e perfino spaccio di sostanze stupefacenti: è la situazione di degrado che denunciano i giovani del Movimento giovanile San Francesco che opera in una struttura sita in centro storico, a due passi dal Palazzo di Città, un tempo sede di un convento di suore e asilo per bambini. L’incuria che regna sovrana, attira barboni in cerca di un giaciglio naturale s cui stendersi nelle ore serali e i viziosi in cerca di sostanze. “Da anni il Movimento Giovanile San Francesco opera nei locali di Piazza Gorizia – dice un animatore responsabile del Movimento giovanile, Angelo Ferrera - e da quando abbiamo iniziato le nostre attività, non facciamo altro che denunciare lo stato di totale incuria in cui versa la villetta antistante i nostri cancelli. Più volte e in tanti modi ne abbiamo proposto l’affido gratuito al fine di riqualificarla e in più di un’occasione ci siamo ritrovati a rimboccarci le maniche per cercare di ripulire, curare, abbellire a nostre spese la villetta. Purtroppo la si-

tuazione non è mai cambiata, nonostante tutte le richieste ufficiali fatte agli uffici pubblici preposti. I nostri sforzi e quelli di quanti con noi hanno collaborato al ripristino del giardino “Orto Fontanelle” sono stati vani. L’ultimo intervento di riqualifica della villetta, lo voglio sottolineare, è terminato appena 5 mesi fa, ed è stato svolto dall’associazione nissena “EsserexEssere”. L’ i n d i g n a zione è forte, non ho parole per descrivere lo scempio che oggi, mio malgrado, ho dovuto constatare: erbacce ad altezza uomo, spazzatura, situazioni di spaccio, randagismo, senzatetto e perfino i topi

Lo stato della Villetta continuano a regnare in un luogo che per noi avrebbe dovuto essere l’angolo verde del centro storico. Abbiamo fatto di tutto per dare dignità a questo luogo; lo abbia-

mo anche reso protagonista del grande presepe realizzato in collaborazione con la parrocchia San Francesco d’Assisi. E la rabbia aumenta ancora di più quando la villetta diventa un cattivo biglietto da visita non solo per i genitori dei bambini che frequentano le nostre attività, ma anche per tutti i gruppi e le associazioni esterne al Movimento Giovanile a cui gratuitamente concediamo l’uso dei locali per eventi vari: ultimo fra tutti la conferenza tenuta nella nostra aula multimediale dall’associazione #Shiplab in merito al concorso “Tim #wcap Accelleretor”, alla presenza di due Men-

tor del #Wcap di Catania, che guardavano, pur senza proferire parola, la pietosa condizione del luogo che accoglie giornalmente i nostri ragazzi. Ho provato vergogna, da gelese e da cittadino attivo impegnato nel sociale, nell’incrociare i loro sguardi”. “Non voglio accusare nessuno, specie in questo periodo di campagna elettorale – conclude Ferrera - né additare qualcuno per non essere stato in grado di svolgere il proprio lavoro o di far rispettare una direttiva in merito alla manutenzione del verde pubblico. Ma non posso non chiedermi quanto tempo dobbiamo ancora aspettare affinché questo scempio abbia definitivamente fine. Quanto ancora dobbiamo aspettare affinché qualcuno abbia a cuore il bene della nostra città con i suoi spazi, le sue strutture, la sua bellezza?” Numerose sono le iniziative di ristrutturazione avviate dall’amministrazione comunale in questi giorni, proprio su villette site in diverse zone della città. L’amministrazione ha assicurato che c’è un progetto anche per la villa dell’Orto Fontanelle che si realizzerà a breve.

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Giugno 2015 - Scuola

Cala il sipario sul Comenius per gli studenti del Verga di Adrano d i C h iara Bua

Ogni viaggio, anche il più bello, giunge prima o poi a conclusione: dopo un anno e mezzo ricco di esperienze ed emozioni gli studenti del liceo Verga di Adrano hanno salutato i loro amici sparsi per l’Europa conosciuti grazie al progetto “Comenius”, il programma di apprendimento permanente promosso dall’Unione Europea con il sostegno del Miur (ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) e del Mlps (ministero del lavoro e delle politiche sociali). Un’iniziativa importante rivolta agli studenti delle scuole superiori di Spagna, Romania, Estonia, Grecia, Polonia, Turchia, Germania e Italia. L’ultima tappa di questo tour europeo all’insegna della coesione e dell’apprendimento, si è svolta in Spagna, a Palma de Mallorca, dal 7 al 13 maggio. «È stato uno dei momenti più indimenticabili ed irripetibili vissuti all’interno dell’intera esperienza Comenius» ha commentato la professoressa di inglese Nicoletta Severino, referente del progetto per il liceo Verga di Adrano, al rientro dalla Spagna. «I cinque studenti partecipanti - ha proseguito la professorea Severino - Alessandro Grasso, Giulia Munafò, Stefany Amato, Anna Pignataro e Margherita Benina, hanno vissuto in prima persona un’esperienza completa dal punto di vista educativo e culturale, individuando nel progetto stesso una fondamentale esca per instaurare amicizie e creare rapporti a distanza». Così come accaduto durante le altre tappe del percorso che ha portato alcuni studenti del Verga in giro per l’Europa, anche a Palma de Mallorca i cinque ragazzi sono stati ospitati dalle famiglie degli studenti della scuola locale che li ha accolti. «Abbiamo visitato una marea di posti bellissimi - ha affermato Stefany Amato come Formenton, Alcudia, le grotte stalattitiche “Coves del Drach”, il “Castell de Bellver”, Valldemossa e anche il “Palma Aquarium” dove abbiamo assistito ad

Italia, escursione a Siracusa, marzo 2014

Estonia, settembre 2014

Grecia, gennaio 2015

Spagna, maggio 2015

un’analisi marittima legata alle argomentazioni trattate dal tema del Comenius». “Young Explorers of the Sea” (Giovani Esploratori del Mare, ndr), questo il nome specifico del progetto, è nato con l’intento di sviluppare la dimensione europea nelle scuole partner, di promuovere la cittadinanza europea, di incoraggiare la consapevolezza sulla natura multiculturale delle nostre città e di tutta l’Europa, di sviluppare l’uso delle tecnologie informatiche e comunicative ed, infine, di sviluppare le abilità comunicative in lingua inglese, il tutto attraverso il tema conduttore del mare e delle sue ricchezze. Tra i tanti ricordi che gli studenti del Verga porteranno con loro, sicuramente un posto speciale è riservato all’esperienza che hanno vissuto come scuola ospitante. «Per il nostro istituto si è trattata di una prima volta: non avevamo mai ospitato scuole provenienti da ben sette Paesi dell’Unione Europea - ha spiegato la prof.ssa Severino - l’immergersi in una nuova avventura ha sicuramente

consentito una crescita non solo per gli alunni, ma anche per i docenti che si sono lanciati in un’esperienza mai provata, riscontrandone una grande soddisfazione. Non sono di certo mancati momenti di divertimento, anzi, un elemento molto apprezzato dagli stranieri ha proprio riguardato la condivisione vissuta durante la loro visita nella “terra d’amuri”, in cui la sincerità e la familiarità hanno reso ogni momento irripetibile ed entusiasmante. Alla conclusione dei cinque giorni di ospitalità, ciò che voleva essere manifestato agli altri Paesi è stato indubbiamente portato a termine: fare emergere il prestigio della nostra Sicilia, spesso poco valutata dagli stessi abitanti i quali dovrebbero riconsiderare l’idea di vivere in una terra dove il clima e le bellezze artistiche, archeologiche e culturali sono invidiate da tutto il mondo». «Questa esperienza mi ha fortemente coinvolto sin dall’inizio - ha raccontato Federico Di Primo - sin da quando abbiamo iniziato a preparare i lavori che ab-

biamo poi condiviso con gli altri ragazzi e per i quali abbiamo fatto diverse ricerche a cui tutti abbiamo collaborato e grazie alle quali il rapporto tra noi si è molto cementato. Un rapporto che poi si è esteso anche agli studenti stranieri che ho conosciuto qui in Italia e poi in Germania». Altrettanto entusiasta il giovane Carmelo Minissale: «Molte persone non credono nell’importanza dei progetti interculturali, probabilmente perché non ne hanno mai preso parte. Io ho fatto questa esperienza col “Comenius” e ora posso affermare fermamente che sia stato un momento irripetibile e meraviglioso in cui mi sono sentito parte del mondo. Ho avuto l’opportunità di migliorare il mio inglese, di arricchire la mia conoscenza e conoscere culture diverse. Inoltre, abbiamo visitato un sacco di città e luoghi interessanti e ci siamo divertiti molto. Ma ciò che non potrò mai dimenticare della Polonia è l’affetto, l’ospitalità e il calore che ho provato non solo all’interno della famiglia

che mi ospitava, ma anche con gli altri membri del Comenius. Ora siamo in contatto su Facebook e su Skype e forse qualcuno di loro verrà in Sicilia quest’estate e non vedo l’ora di riabbracciarli tutti». «Il nostro viaggio in Grecia hanno ricordato Clelia Asero, Salvo Rocco, Adele Neri e Vincenzo Leocata - è stato all’insegna della scoperta delle bellissime antichità archeologiche della città di Volos, dove abbiamo visitato il “Neolithic Athanassakeion Archaeological Museum”, la casa museo “Kitsos Makris Folk Art Centre” e tanti altri siti interessanti; ma anche di Atene dove abbiamo visitato l’Acropoli e il suo museo e anche alcuni quartieri caratteristici. Senza dubbio non dimenticheremo mai i giorni trascorsi in Grecia». Ciò che emerge dai racconti dei ragazzi è la soddisfazione di aver preso parte ad un’esperienza davvero edificante sotto tutti i punti di vista, un progetto davvero valido che il liceo Verga di Adrano è orgoglioso di aver proposto ai propri studenti.

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Giugno 2015 - Attualità

asdfsadfasdfsdfsdfsdfsafsadfsadfsadfsadf di Carlo Majorana Gravina asdfOtatur mo quibearum sit la iuribus es nonsectem fugit pra peri venisqu ideste dolendam haribeat qui nos audiam si cum qui beari sit ea quia vollese quibus doluptis molore vel inctotatur si sitiisc illaborro excest voluptat latiberero dolut quibus aut quias aut porerum utem core, illenis sequamet, quist incia del minveniet audam evenimi nveribus ipicilitas dellat labo. As accus quiae ne vellabore, tet antionet vendam illes dolorempore quossin ctatem il mil idenientes nonseque voluptas re, vendignatum laccust, ideles dolorat usantio. Bersper natiunda dentotat occus re voluptius. Lum ni rerum nullaut voluptam sitem. Obis aut lacea venis ipsam sini rem aut quasimi, sequi offic tem. Millanihicim hiciisitas ex etur? Liquia sed maiores enem eniet doluptatecae quam evendes ciuntusam qui blaccul lestiatet milles adit magnatquiam im explis sam, sim quo omnihic teniste sedita que voluptus ea sunt untium ipiet volenimus et odios is doluptatur, idiat quosseque nullo berruptiam, et et volorer spienihit omnis magnimet evenis mod es ex et haruptas aut occatum doloreptata vernat poria conserchil mo to inisciis de lia que nisque ma prepudiciene nobit aut optatiu menimi, simodigendi in rem aperum ut as comnia voluptae peri illabor si que pres dolorio. Namus dipsapis desto voloriberum faccum ressed moditiorpor molore, cusdam et labo. On cor saped ut faccull ibusciandam eumetusa volorum et alitiorit, is dolorio corerchil et ute sus qui ium ipsam et, optaquo

iusam, omniendae. Fic test enis venem apid ut ullacia et, verum repe ducimaxim ant accuptae lacit recesenis descient. Ebitior ma voloribus aut ium faccuptatem fugitatur? Aquidem olupta sandebis et hilique est aut eostia illatem posametur archici liquam vellicium qui vid quidit officimagnis explabo. Molupta num eicimus volo expliquat. Velit vent. Natus. Ficti re es provit et landi odis elessit, quat alia diatiamus simus arias rem rent moluptam, vel isquatatum endaecta quam et quodipsam fugia solo ommolore nessunt. Pe il intibus adicte que sitatet ut molore, ommolor mi, odioribus, nobiscient volorum int. Aboreribus sit volor a nonetur accatem acerore riberum voloriberum hicitia consequunt es dolorem volorum re nobitae nullatescid quia nesecae vel iuremquam, omnis quis sita volutati doloreri nihit dolupta videlisciet voluptat estisquam, cones et voluptaquiat molessi nvelit quo blabore vellitis quam coremporepro qui utemodist, quo blacere molupiet velibus as aut quodisquunt prae prat que verum est doloreribus il maionsed quasimporem et fuga. Genia sini veligni atquam explam, quo con porit etur remporum vent at et magnimusa simusae. Nequis quo od maximiliquas explaborem nim ape sitem ressit perferum aut lit quost, cum repra nonsequam, sit que ped quas et apedita speruptius a volupti usaecum rem et dia que verroruption ea sanis est, consed et quia volum sequi bea si unditem la consequam, sunto consequae venis qui omnimi, sum qui

asdfasdfsdafsadfsadfasdfsadfdas ius, offici re, qui ut estis dolupie ntiusdae ditam quos esendis vendaecaeri sa ducit aceria as exerundam arum, sequiamus evellup taerchi llique ma qui alit dolut aut omnis et volut expe sequiant oditios que pedio excerna tincipsae cuscim volo ium corerov itaquam asdfComnim harume et quiam, utat qui dolorae arit idebissit ius dolut ratur? Totae doluptatio. Nam dolorem facerciene nonesto ent officim fuga. Itaturibus velendebis dunt anto maximolor audia es endam, sitatiu ntionse volumet urepero blab ilit rem quam, cum se sitin consequi ommo bearum que volum ipicab illandi atquiae et issum ipis ero od ut ped mi, sunt acipsap ernatur? Vel et volor sitatium nit restiumetur? Bearum et quid modissus molut ad molupta sam que et fugiam reperis parum iunt, que pedis ad maionsed quis nates

idigenem dempe reptatem sinciusam, sendae dolupta porit rendelitio blabor restrum natureperum adit faccus dolorrorpore et, optat mod et quiae rehent officiat eost, solupid qui ut fuga. Cumqui doluptaectem im rem raeperem et et et dolor ressimped magnatur madoluptat eossunt aut optatiam quodita vent aut odis quo eicid molore nonsequis aut exerroribus consedi blabor aut volupta velibus, nos esti autaten ditibus et autatis volutaeceria doles nonserferat am fuga. Ga. Ita venditis es et eliquam dolore sam non nem fugia assum quodi tem que comni totat aut adionserum eatusam quae. Bissed est, aut ditata quunt quam et idus volor mo volupta corum que porrovidenda por re consequo quatet accus, ut volores endior aliquas core, apel et et que la volor sed erum repudae sed mosaepeles senihil il int. Em utemqui busdae es earum

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asdfErnatia si bea explauditi resequa tionetur ad estenest rendu asdfNum fugita sint atet litati repernam ipsuntiur? Qui ut est archicatur rernati dolorpor aut et atem sustiam consecabo. Lesti omnihil lorrovid ende ra volorem ne sit que expel ipic tem quam is velitiam vel molorrum venis alitis acero experum fugiameni qui ni occum arciae. Nemperio is et autem re comnist, teniminum nihiliquate volo ommodi restota eptamus aut utat omnihilibus soluptus dercillupta nobit, aditem unt fugias estionseque prerspe ribusan tiatenihitat ped et autecte nonsern atistiores duci con rerferibusa ipsae simodia volor mincte soluptatum remped ma que idus mo tem ius quia conserchicae estet harchil ipsum labo. Namet eture numquos susam, volorem ut aut quat molupiet volor serrorum inctatem. Nequas adi similiquas earum, inctempos moluptati conet, nempore officipsant. Ipictas volor sin rem que exeres dolorer fe

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Giugno 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche I 100 anni dalla 1ª°guerra mondiale: un’identità nazionale da costruire di Maurizio Ballistreri

Anche le celebrazioni del tragico evento dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, come quelle per i 150 anni dell’Unità nazionale e per il 2 giugno, hanno visto la generale assenza di partecipazione degli italiani, nel mentre sono affiorate mai sopite tentazioni secessioniste a Trento e Bolzano, dai toni “austricanti” (il nome attribuito dai pa-

trioti risorgimentali agli italiani collaborazionisti degli Asburgo nel Lombardo-Veneto), a cui fanno spesso da controcanto nel Mezzogiorno nostalgie borboniche. E così, dopo un secolo e mezzo, l’Italia è ancora un paese diviso. Abbiamo anche noi il nostro apartheid: tra Nord e Sud, ma anche tra destra e sinistra, invero private di ogni contenuto ideologico, tra laici e cattolici, tra sindacato e impresa. E al tema dello scarso sentimento nazionale degli italiani è collegato quello dell’assenza di spirito patriottico. Ernesto Galli della Loggia parlò di “morte della patria” a seguito delle complesse vicende della Resistenza, dell’antifascismo e della Repubblica e qualcuno ne ha anche individuato la data: l’8 settembre 1943, con l’armistizio di Badoglio e la successiva fuga del re a Pescara. D’altronde, la prima

Repubblica nel dopoguerra, ha visto i partiti di massa confrontarsi (e scontrarsi) tra opposte lealtà non nazionali: da una parte al comunismo, dall’altra all’atlantismo o al Vaticano, con i temi della patria e della nazione ritenuti appannaggio del revanscismo neofascista. E così, le celebrazioni di un evento storico drammatico, l’entrata in guerra nel 1915, sono ancora una volta un’occasione mancata per parlare dell’Italia e degli italiani e trovare un collante civile e culturale comune. L’Italia storicamente terra di conflitti profondi, sembra oggi unita non da comuni elementi identitari, ma solo dalla paura di cosa potrebbe succedere “Se cessiamo di essere una nazione”, come recita il titolo di un celebre saggio del politologo Gian Enrico Rusconi, pubblicato nel 1992.

Da la foto della

settimana

(Mancano i fondi non le “sparate”) “Reddito di cittadinanza”: cinico cloroformio di Enzo Trantino Il nuovo tema di esercitazione verbale è oggi: “il reddito di cittadinanza”. Il primo quesito: di chi è figlio? Dei buoni o dei furbi? I contendenti sono in troppi (e troppi padri, rendono sospetta la madre); ma la storia della “cosa” è disarmante. Quando tutti i candidati padri si affidavano alla rissa identitaria, il solito Giufà richiamò all’ordine: il “sussidio sociale” è più vecchio del “cucco”; in molti Paesi occidentali (negli Stati Uniti, per esempio, è antica realtà che si materializza oltre che verso i disoccupati, anche nei confronti di barboni, questuanti, vagabondi, bisognosi, in genere, purché iscritti nel registro di popolazione del luogo abitato, e provatamente nullatenenti. La provocazione populistica, quindi, non ha senso: è nota agli addetti. Tutti hanno diritto all’essenziale per vivere: è regola solidaristica che non tollera obiezioni (tranne quella….). Ecco il punto: “quella” è la disarmante risposta governativa. “Mancano i fondi”. Non ci voleva ingegno per prevedere la tesi della impossibilità, vista la dimensione della platea rapportata ai bucherellati bilanci statali. Una classe politica all’altezza di una tragica domanda sociale è quella che affronta, prevedendola, la risposta: “ecco da dove prelevare l’enorme finanziamento”. La soluzione spetterà al governo, ma le varie indicazioni sono responsabilità dei partiti, senza affidamento alla facile pressione emozionale. Rispettandola, ma ragionando. Se poi gli organismi di rappresentanza popolare si abbandonano alla empietà del volgare populismo, la originaria giusta richiesta si snatura in oltraggiosa demagogia, che non porta acqua ai tanti assetati, ma avvelena i pozzi. Quindi, il primo atto responsabile sarebbe la fondatezza della proposta con studio organico e concreto delle “fonti” e non la concimazione dei bacini elettorali. Siamo tutti stanchi e assuefatti al cloroformio cinico. Alla “sparata”. Evitando la rassegna dei geniali rabdomanti (dal disarmo totale di una Nazione alla vendita dei gioielli di famiglia, ammirati dai visitatori di tutto il mondo), lo sviluppo della tesi avvilisce e pone domande sulla qualità dei nostri “responsabili” che così concludono: “aumentare la lotta alla evasione”. E’ come se il debitore opponesse al pignoramento la ridicola ragione di aspettare la schedina vincente del Totocalcio. Signori, potete rispondere a due sole domande per sperare nella assoluzione popolare? Posto che dichiarate di intensificare gli sforzi nella caccia agli evasori, ne deriva che sinora siete ricorsi all’ “ammuina” (cioè, avete chiamato per donare il sangue i soliti anemici, quelli a reddito fisso, che hanno già dato oltre il giusto: gli restano solo le vene). Quindi: se dovete attingere a ulteriori introiti, conoscete o non conoscete gli evasori? Se vi sono noti, concorrete nell’illecito, se li ignorate e sperate che vengano a bussare al Fisco, siete nello stato intermedio tra incapaci patetici e comici parrocchiali. Che ne dite? Manderete ancora sulla scena gli incantatori di serpenti? Fino a quando?

Con l’Europa investiamo nel vostro futuro!

Liceo statale “G. Lombardo Radice” - Via Imperia, 21 - Catania 19 Vespri 23.indd 19

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asdfasdfsadfasdfasdf tio. Eprati aliquat uriatas reptaeribus volest liqui as pro est et que volo modit fugit voluptatem que doluptatet praepud itatusant offic temperit eatem nustio blabor atemporectur ad que minverias modia cusam autenda nditae rerionet volorit ipidem il molupta voluptatiur? Qui apiciet, quis illuptia dem re non nulpari blaboraerum ne nobit, sam fuga. Nullaborro cor re nimil et quia cusandem re auda que nullia ditaquia volorernat debis ute il ium quis apellaborero et harcilic tores que reperum quo occullecae verfero molupta con num et, corestias molores cillabo rruptatus ium hilita is dus nis verchil ignatin rerro berferi buscius aut inimpor ruptat iur reris net elestio restrum ipist quias dolum autem velenim agnihit ionsequam latas nesciliania consectatius mos es accust, idebis quam quidipsae cus. Odis am escil imus inim inctemolore, vitiis eum il minte voluptatem as eos is ut dolorporit

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Omaggio a Pirandello e ČHecov per chiudere la stagione al teatro “Valentino” d i L e l l a Ba t t ia t o

Al teatro “Valentino” la compagnia “Quarta parete” diretta dall’insuperabile Maestro Costantino Carrozza, con un affiatato cast, ha messo in scena “L’uomo dal fiore in bocca” e “La patente” di Luigi Pirandello e “Tragico controvoglia” di Anton Čhecov tre atti unici tragico-comici, dove regna l’umorismo che lascia la struttura narrativa non conclusa, con retrospettiva psicologica tra persona e personaggio e la maschera si deve adeguare alle convenzioni sociali. Due trame pirandelliane complicate, piene di intrecci fra apparenza e realtà, con destituzione dell’Io e perdita da parte del soggetto della propria identità e integrità, il magistrale protagonista Costantino Carrozza riesce a interpretare la poetica pirandelliana e la sua problematica, il personaggio rifiuta così la forma per aderire all’istinto naturale e sottolinea “l’uomo ha bisogno dell’autoinganno e l’opera teatrale deve mostrare la sua artificiosità”. L’uomo dal fiore in bocca racconta la storia di un uomo condannato a morte per un epitelioma (“il fiore in bocca”) si intrattiene con uno sconosciuto (“un pacifico avventore”) che, avendo perso il treno, aspetta in un bar quello successivo. Il dialogo si sviluppa su temi di vita quotidiana ma, dopo le prime battute, si trasforma in un soliloquio

dell’uomo dal fiore in bocca, che lascia libero sfogo ai propri pensieri. Attraverso fatti e situazioni di poco conto, il protagonista sfiora anche l’argomento della morte, sapendo bene che la sua vita sta per finire. L’abile regista Carrozza Costantino Carrozza ne La patente, diventa il protagonista di uno dei più Pavlovič Čhecov, scritta nel originali e grotteschi atti di 1890 un atto unico strutturibellione di un personag- rato in forma di dialogo, che gio pirandelliano contro le si trasforma spesso nel solo ingiustizie della società. Pi- monologo di Tolkacov. Il randello mette in evidenza tema importante della pièce la tragica situazione in cui (svolto in maniera leggera) viene a trovarsi un poveret- è incentrato sull’ambiguità to bollato dalla società col della mancanza di ascolto. marchio di iettatore. Ma lui Nella trama Tolkacov mennon subisce, non si piega e fa tre investe l’amico Muraskin ogni sforzo per convalidar- per raccontare, sfogandosi di la. Il divertito umorismo di tutte le “malefatte” che deve Pirandello sulla paura della subire un uomo solo perché jella e della reazione, a suo è in vacanza esordisce “sono modo eroica, tragica e comi- un martire! Sono una beca allo stesso tempo, del sin- stia da soma, un negro, uno golare protagonista, crea un schiavo, un galeotto in una grottesco di alta qualità. Così parola: un miserabile che dai soliloqui e monologhi continua ad aspettare qualpirandelliani, il magistrale cosa, chissà cosa… capirei Carrozza punta a Tragico suo essere vittima di un’idea, ma malgrado tradotto con il tito- essere vittima di chissà qualo Tragico controvoglia, una li macchinazioni, di sottane, breve opera teatrale di Anton merletti e abatjour proprio

no”. Uno scherzo scenico, un testo reso vivace in cui la passione di Tolkacov è un frenetico vaudeville in un incastro tra accuse e difese, tra tragica rassegnazione e petulante continua richiesta, dimostrano un calvario irto di incomprensione tra i due sessi. Nelle tre pièce si incontrano intrecciandosi gli eroi pirandelliani e cecoviani che soffrono di non sapere e la loro volontà, sebbene si spezzi dinnanzi all’azione e si ripieghi vinta, non rinunzia almeno ad un’aspirazione iniziale; essi vorrebbero sapere, vorrebbero agire, vorrebbero vivere e questo slancio impotente costituisce il vero principio dinamico del loro dramma. L’anima degli eroi pirandelliani è sempre in un contrasto apparente tra forma e sostanza mentre quella degli eroi cecoviani, si trova in una situazione spirituale di un’ambiguità delicatissima: essi non amano la vita perché non sanno viverla. Carrozza è riuscito ad elaborare una nuova metodologia della recitazione adeguando l’arte drammatica all’espressione di stati d’animo complessi, cogliendo le sfumature emozionali di personaggi apparentemen-

te quotidiani ma portatori di istanze attribuibili ad ogni essere umano, in sintonia con i suoi autori chiaroveggenti anche lui diventa infallibile nel guidare gli uomini attraverso il labirinto della vita ricordando Čhecov che risponde con le parole di Olga ne Le tre sorelle: “come se chiedesse, perché mai, oggi come ieri, quel tempo sia ancora lontano”. Giocando fra il sottile umorismo e la comicità il regista riesce a portare in scena l’esistenza scialba e gretta senza ideali e senza mete della vita citata di uomini corrosi dalla consapevolezza dell’inutilità della loro vegetazione improduttiva, schiavi dell’abitudine di vivere. Tre racconti tra allegro e malinconico che ripropongono una Weltanschauung, con sentimento di sconforto, ma in Čhecov c’è sentimento di speranza che è fiducia nell’avvenire riscattato da nuovi rapporti umani in un società nuova, mentre Pirandello lascia allo spettatore l’apertura dello spirito e il moto del cuore. Il pubblico divertito ha risposto con entusiasmo e lunghi applausi, apprezzando anche la prossima stagione che si annunzia ricca di aspettative.

L’uomo dal fiore in bocca e La Patente di Luigi Pirandello Tragico controvoglia di Anton Čhecov con Costantino Carrozza, Tony Gravagna, Mariangela Spitale, Giuseppe Randis, Ivan Randis regia Costantino Carrozza, direzione organizzativa Lina Gnani, macchinista e scenotecnico Salvo Caniglia

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Il libro della settimana Storia commovente ma non disperata in un romanzo di Alessandro D’Avenia di Giovanni Vecchio “Bianca come il latte rossa come il sangue” di Alessandro D’Avenia (ed. Mondadori, Milano 2011) è il romanzo che ha rivelato qualche anno fa un bravo scrittore che sta dimostrando anche con le successive opere di saper raccontare storie di ragazzi e ragazze che vivono la loro età adolescenziale alla ricerca, talora inconsapevole, di una risposta alle loro inquietudini e, in alcuni casi, dei loro sogni. L’apprezzamento dei numerosissimi lettori è pienamente meritato perché l’autore riesce a descrivere lo stato d’animo dei protagonisti e delle protagoniste con il linguaggio più appropriato e suggestivo, che aiuta moltissimo a immergersi nel vissuto di ciascuno e di seguire con intensa partecipazione le vicende, che in questo caso hanno come voce principale, Leo, un sedicenne ”che ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod” e non ama affatto la scuola, che lo annoia terribilmente e lo mette in crisi quando deve scrivere su un foglio bianco. Il salto di qualità avviene progressivamente grazie a un supplente di storia e filosofia, che ama il suo lavoro e riesce a comunicare con i ragazzi in modo libero e stimolante per il loro cuore e la loro intelligenza e li invita a “cercare il proprio sogno”. Nel retro copertina è condensato in breve il senso anche del titolo: “Leo sente in sé la forza di un leone, ma c’è un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il rosso invece è il colore dell’amore, della passione, del sangue” e, soprattutto rosso è il colore dei capelli di Beatrice, una studentessa di qualche anno più grande, di cui Leo si innamora e alla quale rivolge i suoi desideri, anche se lei non lo sa. C’è anche un’altra figura, una compagna di classe, Silvia, molto dolce e rassicurante, pronta a venirgli

Gianluca Buonanno – L’eurodeputato leghista, rivolgendosi con la solita sobrietà all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, ha detto: “L’altra volta mi avete sospeso perché ho detto che lei Mogherini non conta un emerito c..zo ecco, ora non lo ripeto, ma dico che lei non conta una beata minchia! 4 – volgare ma efficace!!

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Carlo Conti – il presentatore della Rai Carlo Conti è un autentico fenomeno. Il conduttore ha un aspetto rassicurante, ricorda quello di un addetto al controllo dei contatori del metano: compìto, educato, abbigliato in modo corretto (tipo manichino con abiti confezionati a prezzo di realizzo), non dice una parola più del necessario né una di meno, il suo linguaggio è scarno e preciso. Però guadagna dalla Rai (e quindi dai contribuenti italiani…) una barca di soldi! 5 – grigio ma ricco!! Francesco Massaro – Il commerciante antiracket, “Ciccio” per amici e conoscenti, ha detto dopo le varie rapine di cui è stato vittima: “So bene, per come sono state commesse, che si tratta di segnali chiari che mi vengono lanciati per spingermi a cercarmi ‘un amico’, il mafioso della zona a cui chiedere protezione, ma proprio non ho intenzione di starci”. Subito presidente di Confindustria Sicilia: altro che “mafia dell’antimafia”!! 8 – eroe dell’antimafia

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Igor Becic - Il vicepresidente del Parlamento serbo ha annunciato in questo modo l’intervento del presidente italiano Sergio Mattarella...”Giorgio Mata... Mortadela” e subito Romano Prodi ha annunciato azioni civili risarcitorie per violazione del nome. 3 – esilarante!!

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Fra’ Cionfoli – Sentite questa lettori: L’ex padre cappuccino diventato famoso come cantante negli anni ‘80, candidato in Puglia a sostegno di Adriana Poli Bortone, ha dichiarato: “Io candidato di destra? Silvio ci ha liberato dalla sinistra, e quindi da aborti e matrimoni gay. Inoltre, anche Gesù era seduto alla destra del Padre...”. “Perdona loro perché non sano quel che fanno…”. 1 – inconsapevole

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Giuliano Amato - “Libero mi chiama ‘pappone’ per la vicenda dei vitalizi, ma prendo solo lo stipendio, di cui verso una parte in beneficenza. Sono un filantropo, non un pappone. A volte verrebbe voglia di emigrare in Nuova Zelanda...”. Già, magari portandosi appresso gli oltre 30mila euro tra vitalizio parlamentare, stipendio di giudice costituzionale e pensione da docente universitario. Avrebbe detto il principe de Curtis, in arte Totò, “ma mi faccia il piacere, onorevole….!” 0 – in Nuova Zelanda, senza prebende pubbliche!!

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di S par tacus

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I nostri voti

incontro in ogni circostanza, ma per lei Leo non avverte un “trasporto” totale come quello per Beatrice. Quest’ultima viene colpita da un tumore, che la porterà alla tomba, ma Leo le aveva voluto donare il suo sangue e finalmente le era stato vicino fino alla fine, tanto che la stessa, quando avverte come imminente la sua dipartita da questo mondo terreno, gli affida il suo diario segreto. Il sangue (rosso) non è bastato a salvare la vita dell’amata e il passaggio dal rosso al bianco spaventa Leo. “Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé”, con l’aiuto dei genitori, del suo professore ribattezzato “Il Sognatore”, e, tra equivoci e perdoni, della stessa Silvia. Finalmente, presa coscienza di alcuni valori indispensabili per dare senso alla vita, Leo decide di scrivere la sua storia su foglio bianco ma con la penna rossa. “Rossa come il sangue. Rossa come l’amore, l’inchiostro delle pagine bianchissime della vita … il sangue non fa errori e nessun professore li può correggere”, e dichiara: “Il bianco di queste pagine non mi fa più paura e lo devo a Beatrice: lei, bianca come il latte, rossa come il sangue”. Come è stato evidenziato nella recensione del romanzo pubblicata su un importante quotidiano italiano, trattasi di “una storia commovente ma non disperata, di crescita e di formazione, con un grande afflato spirituale”. D’Avenia, nato a Palermo nel 1977, insegna lettere al liceo ed è pure sceneggiatore. Come ha dimostrato anche nell’ultimo libro di successo “Ciò che inferno non è”, dedicato a don Pino Puglisi, il racconto presenta delle scene che si prestano ad una trasposizione teatrale e/o cinematografica, tanto sono ben delineate e convincenti. Una lettura da consigliare vivamente.

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Numeri

E’ dato un numero a tre cifre ABC non nulle e diverse tra loro. Aggiungete la cifra “2” sia in testa che in coda al numero dato. Qual e’ il piu’ piccolo numero ABC per cui il numero 2ABC2 risulta divisibile sia per 3 che per 17?

Le funivie

Potenze

Tre funivie partono contemporaneamente da una medesima stazione sciistica. La prima completa il tragitto di andata e ritorno in 10 minuti, la seconda lo compie in 14 minuti, la terza in 8. Dopo quanti minuti le tre funivie si troveranno di nuovo insieme nel punto di partenza?

E’ dato il seguente numero. 4^1245 - 1. Se lo dividiamo per 3, che resto otteniamo?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Coefficienti: 5; Il mattone: 80 kg; Somme: A = 9, B = 2, C = 4, D = 6

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

San Andreas Un film di Brad Peyton. Con Dwayne Johnson, Alexandra Daddario, Art Parkinson, Colton Haynes, Carla Gugino Dagli X-men a Pacific Rim, fino ai vari Pianeta delle Scimmie e il più recente Godzilla, sono sempre più i film che scelgono di mostrarci la distruzione di San Francisco. Vuoi per le comodità produttive di girare in questa area, vuoi per la scenografia naturale della baia e la silhouette iconica del Golden Bridge, la città si presta perfettamente ad essere teatro di disastri. Eppure, dopo il San Andreas di Brad Peytonsarà difficile fare di meglio. O di peggio. Il regista canadese può contare sul Dwayne ‘the Rock’ Johnson con cui aveva già lavorato in Viaggio nell’isola misteriosa - probabilmente il suo film principale fino ad oggi, ma soprattutto precedente molto utile visto il comune taglio ‘survivor’ - e poco altro, per lo meno a livello umano. La sceneggiatura e i personaggi di contorno non sono certo i pilastri su cui posa un disaster movie, tanto meno questo, ma i contrappunti del sismologo Paul Giamatti e le miserie del ricco Ioan Gruffudd non incidono particolarmente sul bilancio generale. Inutile contare anche sul resto del gruppo nell’occhio del ciclone - Carla Gugino e Alexandra Daddario, con Hugo Johnstone-Burt - assolutamente schiacciato tra il cataclisma in corso e l’eroico papàimpegnato a riunire e salvare la propria famiglia. In ogni caso elementi utili a spezzare il ritmo e spingere avanti la storia, evitando di farne un noioso succedersi di colpi di scena. Ben vengano, i salvataggi previsti, le fughe per il rotto della cuffia, i personaggi negativi a due dimensioni e i temi più cari al cinema statunitense: quello familiare in primis, ma senza trascurare quello della capacità di risollevarsi dalle proprie macerie (che fa ripensare ogni volta a una versione ‘9/11’ dei lucertoloni post Hiroshima giapponese). La cosa più importante qui, in fondo, è lo spettacolo. E quello non manca. Le ricostruzioni digitali della cornice in cui ci si muove sono eccellenti e una tale ampiezza di panorama in qualche maniera ‘deresponsabilizza’ i personaggi assolvendoli dall’obbligo di creare il pathos necessario, come dicevamo. In fondo, in un film del genere cosa potrebbero raccontarci?

Le tre mamme di tutti di Danila Intelisano Ci è stato insegnato che tre sono le nostre mamme: la Madonna, la mamma naturale e la nostra maestra. E noi ancora oggi ci crediamo. La maestra, in particolare, era una figura insostituibile, che ci rendeva sereni nel primo doloroso distacco dalla famiglia, all’inizio del ciclo scolastico; pian piano diventava la dolce maestrina del libro cuore: paziente, severa, tenera, anche con i suoi rimproveri che erano adatti, giusti e accettati con rispetto da allievi e genitori. Oggi l’insegnante, al contrario, é diventata la strega di Biancaneve, la matrigna di Cenerentola, o in casi estremi, il lupo di Cappuccetto rosso: violenta, disattenta, impaziente. Spegne il sorriso e offende la serenità dei piccoli. Fa male attraversare questo nostro tempo sbiadito, nella dolcezza e nell’esempio di quella che era una icona e che si è trasformata in un incubo di insulti e minacce per il viso terrorizzato di un bimbo. I notiziari ci raccontano sempre più spesso di abusi e cattiverie gratuite di arpie nevrotiche che sfogano i problemi su piccole e indifese anime. Ascolto basita le parole di una mamma dinanzi un istituto religioso della nostra città: l’insegnante di prima elementare minaccia i bimbi indisciplinati che Gesù scomparirà dalla loro vita perché arrabbiato. Accipicchia la strega colpisce con un destro mortale il cuore degli innocenti! E’storia dei nostri tempi quella di bimbi che piangono e si chiedono perché Gesù faccia questo! Ai tuoi tempi Cosmo quante bacchettate hai preso, vista la tua indole? Il mio maestro parlava con lo sguardo e le sue parole erano severe, come le sue punizioni, ma idonee a farmi diventare un uomo più retto. Era come un padre ed è entrato tra i ricordi indelebili del mio cuore; oggi portiamo i nostri figli dallo psicologo per dimenticare la propria maestra. La violenza non ha mai una bella storia da raccontare ma volti e cuori deformati dalla rabbia e coscienze svanite nel nulla. Tranquilli bimbi Gesù è sempre dalla vostra parte.

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