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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 1 anno X - 10 gennaio 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

L’anno che verrà tra un anno passerà di Fabio Tracuzzi “L’anno che sta arrivando tra un anno passerà….”. Cantava così Lucio Dalla in “Caro amico ti scrivo”. Una sorta di rassegnazione che ben si addice al clima di depressione che attanaglia oggi tutti noi. E’ lecito aspettarsi qualcosa di nuovo dall’anno, il 2015, che da qualche ora è entrato in vigore? Sperare non costa nulla e i sogni, ma solo quelli, sono ancora possibili. Ma onestamente come si fa a sperare in un anno migliore di quello appena concluso? Su quali presupposti si possono basare queste speranze. Il lavoro è ormai una chimera per la maggior parte dei siciliani e chi un lavoro ancora ce l’ha fatica a prendere gli stipendi che gli sono dovuti. La Regione è sull’orlo del fallimento, o forse è già fallita, nonostante il peggior governatore che la Sicilia ricordi, Rosario Crocetta, continua a parlare di rivoluzione senza rendersi conto che nessuno, ma proprio nessuno, ormai gli crede. Anche i suoi alleati della carta stampata hanno cominciato a girargli le spalle. E ancora siamo appena alla metà del mandato di Crocetta al quale non gli passa nemmeno per la testa di prendere atto del suo fallimento e passare la mano. Non gli interessa poi gran che delle difficoltà che i continua a pag 8

Mario Opinato l’Orgoglio di essere catanese Politica regionale

Siracusa

La Sicilia due anni dopo spera ancora

Centri di accoglienza un affare non troppo nascosto

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R. Tomarchio

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La Sicilia di Crocetta due anni d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Ve lo racconto io Crocetta - E ve lo racconto da una visuale, quella femminile, che certamente non può in alcun modo subire la fascinazione di un personaggio “grossier” come l’attuale – improbabile - presidente della regione siciliana. Da due anni, come sapete, lo teniamo d’occhio. Ne seguiamo le mosse. E ve ne sveliamo – spesso in largo anticipo – progetti e finalità. Nel rugby, il nostro lavoro lo fanno i “tallonatori”. Nelle democrazie avanzate è questo il compito della stampa libera: essere il “cane da guardia” dei cittadini. Vigilare, analizzare, comparare le proposte della politica, spiegarle con linguaggio chiaro. Senza perseguire alcun secondo fine. Senza cavalcare – quando ci sono – le campagne dell’opposizione. Noi tentiamo solo di stimolare il senso critico di chi ci segue. Senza tirare acqua a favore di nessun partito politico, di nessun circolo economico. E’ una gran fatica. Che offre qualche soddisfazione. Soprattutto quando i fatti, con il tempo, confermano la bontà delle analisi, la limpidezza e l’oggettività delle critiche. E’ fine anno. E s’impone una lettura “globale” di quello che è accaduto. Soprattutto per tentare di capire perché è accaduto. Partiremo dal “metodo”. Dallo schema che – secondo la nostra osservazione – viene seguito da Crocetta in tutti gli atti di governo. Poi ne analizzeremo il “merito”, osserveremo gli atti concreti più da vicino. Per capirne gli effetti. E analizzarli insieme. Ma andiamo con ordine. C’è un modo di dire anglosassone che spiega il “modis operandi” del governatore… Stop and go - La tecnica è consumata. Si parte con decisione lungo una strada impercorribile. Con una campagna di annunci che – non a caso – annunciano risultati impossibili. Si attende l’inevitabile, immediata, reazione d’interdizione da parte del “nemico”. E si blocca tut-

A due anni dalle elezioni regionali, il 2015 coglie Crocetta al punto minimo della sua credibilità – bloccato politicamente da fazioni, lobby e partitini, il governatore garantisce la sua permanenza al vertice delle istituzioni regionali, gestendo con cinismo un “nominificio” che non ha precedenti storici – to. Si strilla e si strepita per un po’. E – nel caos - si molla lì, a sorpresa, una nomina, un commissariamento. Poi via di nuovo, un nuovo annuncio, di una nuova impresa, ancora più impossibile e improbabile. Nuove polemiche. Nuovo caos. Nuove nomine. E poi ancora. E ancora. E ancora… Ecco. Questo ha fatto Saro Crocetta in due anni di rivoluzionario governo della Sicilia. Nomine. Commissari. Eppoi nomine. E commissari. Ha cambiato più assessori che occhiali. Più direttori che camicie. Gli uomini – e le donne - di Crocetta sono ormai dappertutto. Hanno commissariato tutto. Le province, le aziende sanitarie, le aree di sviluppo industriale, i consorzi, le società partecipate, gli enti parco e gli enti economici e di solidarietà. Sono assessori regionali, dirigenti generali, dirigenti sanitari, dirigenti provinciali di tutti gli enti e uffici regionali. Erano tutti rivoluzionari iscritti al megafono? Certo che no. Sono quel che è avanzato della burocrazia regionale, dopo le “purghe” staliniane che hanno caratterizzato i primi dodici mesi, in cui – con meticolosa e certosina pazienza – Crocetta si è occupato di tutti – o quasi tutti – i “vertici” regionali che avevano occupato ruoli chiave nelle “passate” epoche di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. Bastava una “delazione” qualsiasi a far rotolare teste e a bloccare carriere blasonate. In po-

chi, pochissimi, si sono salvati dalla stagione del “terrore” post rivoluzionario. E non osiamo immaginare a quali riti di iniziazione e fidelizzazione siano stati chiamati. Tutti quelli che – dopo – hanno fatto carriera, semplicemente si sono assoggettati al “bacio della pantofola” al nuovo Gran Visir. Et voilà: nuove, luminose, inimmaginabili carriere si sono aperte a favore di altrettanti personaggi di terza e quarta fila, che sono entrati a far parte della nuova “avanguardia” rivoluzionaria. Non servivano particolari competenze. Come abbiamo visto dai risultati infatti, il governo non si proponeva alcun risultato. E’ bastato, in un primo momento, solo occupare degli spazi. E fare “movimento”. Giusto per fare notizia… Un esempio? Pensate alla Stancheris assessore al turismo e al suo dirigente generale nuovo di zecca, poi rimosso… Mafia e antimafia - Come in ogni “regime” che si rispetti – e che intenda farsi rispettare –, il “conducator” ha elaborato uno schema “ontologico”, in cui il suo operato incarna e rappresenta il “bene”. Mentre ogni suo avversario – e avversari sono tutti coloro che hanno frequentato il potere prima di lui – rappresenta l’incarnazione del male e come tale deve essere eliminato. Per Saro Crocetta il “bene” è l’antimafia. La sua, personalissima, visione dell’antimafia.

Il presidente Crocetta Ogni suo avversario, per via di un ragionamento ineccepibile illustrato, dinanzi al tribunale di Reggio Calabria, da Luciano Liggio, non può che essere mafia. Spiego. Correvano gli anni 80. La stessa esistenza della mafia apparteneva più alla letteratura che agli atti giudiziari. I giornali, per riferire dell’arresto dei padrini, usavano pubblicare i dispacci d’agenzia preceduti dall’ineffabile frase “Dall’agenzia tal dei tali, riceviamo e pubblichiamo…”. Luciano Liggio, considerato un capo dei capi, dopo l’arresto, in carcere, si era scoperto pittore e si dava un certo tono da uomo di cultura, da “pensatore”. Il presidente del tribunale gli chiese: “signor Liggio, sa dirmi se la mafia esiste?”. Ci fu una lunga pausa di silenzio… Poi Liggio, con un sospiro, rispose: “Signor presidente, io ritengo di sì… Se esiste l’antimafia….” Ecco. E’ lo stesso ragionamento, allo specchio. Se Crocetta è l’antimafia, chiunque non appartenga al suo cerchio magico non può che essere in zona d’ombra. Chi non si impegna – al suo fianco - alla lotta alla mafia… è colpevole di atti “impuri”. Gli oppositori, poi, sono veri e propri “nemici” dell’antimafia. E quindi palingeneticamente legati alla mala pianta del male e della mafia. E’ una sorta di legge della giungla a cui – in Sicilia, da quando Crocetta è presidente – è veramente difficile sfuggire.

A questa logica, come abbiamo accennato, risponde la caccia all’uomo che ha portato all’estinzione degli “amici” – così si chiamavano – di Totò Cuffaro e di Raffaele Lombardo, i due presidenti precedenti che – manco a farlo apposta – sono finiti inguaiati dinanzi ai tribunali, accusati di essere “favoreggiatori” della mafia. La strage di dirigenti generali, giornalisti, dirigenti e funzionari, consiglieri d’amministrazione “in carica” dal 2000 in poi si spiega così. Come se la mafiosità fosse una sorta di “ebola” sociale. Il contatto, anche solo professionale, con uno dei due precedenti presidenti, ha comportato, quanto meno, lunghe “quarantene”. Spesso a epurazioni sommarie. Sempre a rotazioni e avvicendamenti d’incarico, d’ufficio, di città. Solo un gruppo, ben identificato, di “puri dalla nascita” si è sottratto a questo rituale. Circostanza che fa sorgere il sospetto che “prima” questi signori fossero lì, a fianco dei due precedenti presidenti, non per caso o per passione, ma per mestiere. O per seguire e perseguire lo sviluppo di una precisa strategia di lungo periodo. Pensate a Beppe Lumia. Non era il senatore della porta accanto, all’epoca di Lombardo, ma ci andava a cena spesso. E spessissimo riceveva, con Lombardo, insieme a Lombardo, personaggi della politica e dell’economia, a palazzo d’Or-

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nni dopo: In…capaci di tutto! leans. Solo lui – ed è ancora così – ha la facoltà di ungere con l’olio santo della “antimafiosità” politici e imprenditori che intendono dialogare col governo siciliano. Pensate a Giovanni Pistorio. Che a Lombardo deve tutto. Ma proprio tutto. Fu lui l’artefice dei “contatti” e del ribaltone con il Pd. E’ amico - si dice - di Anna Finocchiaro fin dall’epoca della gioventù comunista. Poi è stato a lungo democristiano. E’ stato, da autonomista, assessore alla sanità e perfino senatore. Adesso è nuovamente democristiano. E sostiene Crocetta. Con convinzione. Pensate a Lino Leanza. Era vice presiedente della regione all’epoca delle dimissioni di Cuffaro. Ed era segretario dell’Mpa all’epoca di quelle di Raffaele Lombardo. Prima ancora è stato democristiano e poi perfino di Forza Italia. Dalle regionali ad oggi ha già fondato due gruppi parlamentari formati da “migrantes” fuoriusciti dai partiti in cui erano stati eletti. Sulla sua diuturna attività di “attrazione politica” si regge la debole maggioranza parlamentare che sostiene il governatore. Insostituibile. Eppoi c’è Patrizia Monterosso. Forzitaliana all’epoca di Gianfranco Miccichè. Cuffariana all’epoca di Totò Cuffaro. Più autonomista dello stesso Raffaele Lombardo. E infine architrave della magnifica “corte” Saro Crocetta. La dirigente “esterna” più intoccabile, inamovibile e meglio pagata dell’intera regione siciliana. Destituita da dirigente generale per carenza di titoli, è tornata al suo posto. Condannata a pagare una milionata di euro per danni erariali e osservata speciale per i disastri della formazione professionale, non è stata neanche scalfita da un ordine del giorno dei deputati cinque stelle che – da un anno - chiedono al governatore di licenziarla. Anche perché l’argomento è da mesi in attesa di essere inserito all’ordine del giorno dei lavori d’aula…. L’idea di sviluppo - Direte: qui si spacca il capello in quattro! Avrà un presidente eletto dal popolo, il diritto di godere delle sue prerogative? Cos’è il cosiddetto “intuitu personae” se non il “fiuto” che permette a ciascun potente di scegliersi i compagni di viaggio senza darne conto a

nessuno? Quella che conta, in politica, è l’idea di sviluppo che un politico ha in “testa” e che si sforza di realizzare. Cosa ha detto Francois Hollande ai giornalisti, il giorno dopo la pubblicazione delle sue foto in “camporella” con una giovane attricetta? “Ohè, garçòns! Mica sono il Berlusca! Io - discendente del Re Sole - posso essere giudicato solo per i risultati della mia politica…” Allo stesso modo, il “nostro” governatore palermitano, che abita un palazzo che fu degli Orleans e che quindi - per via “immobiliare” - è dinasticamente assimilabile anche lui al Re Sole, deve essere giudicato per gli atti del suo governo. Primi tra gli altri, per gli atti che producono sviluppo. Analizziamoli. Prima di tutto, ci occupiamo – ma solo per un attimo – di fondi europei. Non c’è infatti molto da dire. E’ un disastro. Come Crocetta solo un altro presidente “antimafia” è riuscito a restituire in toto i denari della sua gestione a Bruxelles. Si chiamava Pippo Campione. E teorizzava, che siccome sui finanziamenti europei si addensavano gli interessi della mafia, era meglio non spenderli. Ecco. La stessa teoria Tafazziana è stata – nei fatti - ripresa, anche dal buon Saro. Solo che lui che è uomo di antica pasta, ha fatto sua la vecchia massima per cui “un politico non dice mai quello che pensa. E non fa mai quello che dice”. Ed eccoci ai fondi europei. Crocetta – per far bella figura coi suoi amici industriali – afferma, ad ogni occasione, di voler accelerare la spesa. Poi, però, si mette di buzzo buono e fa le uniche cose che possono produrre l’effetto opposto: prima di tutto ha chiesto una “rimodulazione” dei fondi. Non ci si può fidare delle scelte fatte da chi cì’era prima. C’è il sospetto che i soldi vadano a finire dove non si vuole. Ecco il motivo per cui sono state cambiate le priorità, sono stati cambiati gli appostamenti dei fondi… Un gran lavoro burocratico che – per chi capisce di cose europee – ha preso oltre un anno di tempo. Fatto il nuovo piano, bisognava fare i nuovi bandi. E che fa Crocetta? Cambia i dirigenti generali. Per evitare incrostazioni,

connivenze, contaminazioni. Inizia così un vorticoso balletto che non sembra finire. Risultato? I bandi non escono e la spesa ristagna. Faticosamente, comunque, la macchina prova a ripartire… E Crocetta che fa? Viene a sapere di una indagine su alcuni dipendenti che avrebbero usato conti personali per “stornare” fondi europei. E ordina una mega rotazione di massa del personale intermedio. Soprattutto negli assessorati che gestiscono fondi europei, provocando settimane e settimane di blocco, perf permettere ai nuovi arrivati di “prendere possesso”. C’è, infine, un gran daffare per istruire le graduatorie: occorre analizzare i progetti, attribuire i punteggi, fare le verifiche dei pagamenti delle opere appaltate. Occorre assistenza tecnica. Attività “occasionale”, per cui l’Europa stanzia un sacco di soldi a favore delle amministrazioni regionali. Ma Crocetta non ha dubbi: Troppi soldi! E sospende le gare per l’assistenza tecnica. Provocando un blocco generale in tutte le procedure. Risultato? Restituiamo tre miliardi di fondi infrastrutturali e un miliardo e mezzo di fondi per la coesione. Rimangono bloccati i progetti per la formazione professionale, il piano giovani e centinaia di infrastrutture che avrebbero dovuto garantire occupazione e sviluppo. A causa di scelte di governo che, se non sono state avventate, sono state scellerate. Ma non ci sono solo i fondi europei in ballo. Ci sono anche quelli privati. E’ notizia di queste ore che la società che doveva realizzare un insediamento della catena alberghiera “Four Seasons” a Siracusa, ha gettato la spugna. Dopo anni di procedure burocratiche estenuanti, s’è vista revocare l’autorizzazione edilizia ottenuta – in zona a destinazione turistico alberghiera – perché le istituzioni siciliane hanno posto proprio lì, un nuovo vincolo edilizio. A investimento avanzato. Ad autorizzazione rilasciata. Semplicemente perché è cambiata la idea di sviluppo sostenibile. La società alberghiera, che utilizza soldi suoi. C’è rimasta molto male. Ed ha annunciato che chiederà i danni. Può accadere anche questo in una regione che, qualche tempo fa

– parola mia – un assessore al turismo, per giunta catanese, definì “assediata” dal mare. Parallelamente, quando si dice la coerenza delle scelte, il governo regionale si è impegnato a Roma, a garantire a un’altra compagnia più o meno privata – l’Eni – l’uso del territorio: per costruirci su delle trivelle in grado sì di cercare il petrolio. Ma anche di provocare fratture profonde nelle “faglie”, rischiando di provocare terremoti…. Se c’è una idea di sviluppo, bisogna del resto portarla fino in fondo, no? E scusate il becero gioco di parole… Le riforme - Più che altro, direte, però parlano i fatti. Le riforme. E su tre settori Crocetta è intervenuto con “forza”: formazione, enti locali e bilancio della regione. E sono stati tre disastri. Del bilancio abbiamo parlato la settimana scorsa: il “buco” in soli due anni è almeno di 3 miliardi. Siamo alla bancarotta. Da maggio – parola dell’assessore all’economia – sarà difficile pagare gli stipendi… Delle province tutti sanno tutto. La riforma è stata fatta, ma solo a metà. Le province sono state sciolte solo per la parte che riguarda la loro gestione democratica. Sono commissariate da due anni. Non hanno funzioni, ma solo spese…. E della formazione? Missione compiuta. Il sistema è stato “disciolto”. Gli enti sono falliti a decine. Ci sono ottomila nuovi disoccupati. E la riforma promessa da Nella Scilabra non s’è mai vista… Le idee guida - Da questa analisi, non viene fuori l’uomo Crocetta, il suo tratto umano. Occorre andare al “nucleo”, individuare le “idee guida” e chi le ha pensate. E’ solo da questa analisi “profonda”, che emerge un dato inoppugnabile sul gruppo di persone che circonda e “consiglia” il presidente: che è veramente composto da “incapaci” di tutto! Per risalire a questa visione “, bisogna riavvolgere il nastro. Tornare fin quasi alla campagna elettorale. All’ideale che non era ancora stato contaminato dalla misera e miserabile politica degli uomini qualunque. E’ tra il materiale elettorale troviamo l’impeto dell’uomo che guidò la protesta dei “NO MUOS” fuori da Niscemi, po-

nendo la questione a livello nazionale. “Non abbasseremo la guardia!” Era la parola d’ordine. “A costo perfino di dichiarare guerra ad Obama” arrivò a dire un Crocetta-Rambo, già presidente, che indispettì perfino l’ambasciatore americano in visita ufficiale a Gela. Lo scontro arrivò perfino dinanzi ai tribunali amministrativi della Repubblica. Poi, improvvisamente, un Crocetta-Sordi, firmò la remissione della causa contro il Ministero della difesa dinanzi al Consiglio di Giustizia amministrativa. “Mica posso veramente dichiarare guerra ad Obama” fu il commento “postumo” del tradimento “all’italiana”. Ma le battaglie, quando si fanno, si fanno. E non si torna indietro. Ricordate le foto di Crocetta-Mussolini, sul balconcino di palazzo dei Normanni, acclamato dagli ex-pip palermitani all’annuncio dell’ennesima proroga dei loro sussidi voluta, fortissimamente voluta, proprio dal governatore? Una delle sue idee-guida, infatti, era proprio quella del salario minimo garantito a tutti. A partire da tutti i suoi elettori. E sicuramente ricorderete anche la conferenza stampa che un paio di giorni dopo, lo stesso Crocetta fece in grande stile. Per “rinnegare” il suo appoggio alle cooperative sociali “inquinate” dalle presenze mafiose. Alcuni facinorosi avevano dichiarato ai giornalisti, infatti, che alle elezioni regionali – a Palermo – le cooperative avevano votato per il “megafono” crocettiano. Eppoi c’è questa fastidiosa vicenda delle discariche. Una, dalle parti di Agrigento, è di un industriale “amico”. Tanto amico da portare al siluramento del magistrato assessore – Nicolò Marino – che sulle discariche chiedeva chiarezza. Ora che sull’argomento è intervenuta la commissione antimafia nazionale, ottenendo la chiusura di tutte le discariche non in regola, compresa quella confindustriale, Crocetta sembra tornare sulle posizioni di Nicolò Marino. E mette al suo posto – dopo l’interregno di un megafonista toscano – un altro magistrato, palermitano. Scatenando un putiferio in Procura. Ma queste idee forza, chi gliele confeziona? Buon anno. Ai siciliani.

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Quattro regali che la città si aspetta dal nuovo anno d i G iu l ia no Busà La chiusura dell’anno è inevitabilmente tempo di bilanci: che 2014 è stato per la città di Catania? Cosa possiamo sperare, anzi esigere, per il 2015? Entrambe le domande sono molto più complicate di quanto possa sembrare; proviamo allora a rispondere scegliendo quattro punti fondamentali (l’ordine di importanza è soggettivo) che speriamo di poter trovare sotto lo splendido albero di piazza Università, tra le pochissime certezze estetiche che la nostra città è ad oggi in grado di offrire. La chiave è una: comprendere il disegno politico che chi ha vinto le ultime elezioni, puntando proprio su una progettualità diversa e per così dire storica, ha in mente per Catania. L’esperienza del Tondo Gioeni resta un peccato originale ancora vivo, nonché una ferita aperta nel cuore del traffico cittadino. Ma si riferisce al 2013 e ci serve solo come esempio: quando è stato deciso di abbattere il ponte, si aveva da subito una chiara idea di cosa e come lo avrebbe sostituito? E adesso, a distanza di un anno e mezzo, è possibile rispondere a questa domanda? Passiamo ai punti per il 2015, prima di perdere già in partenza l’afflato positivo che anima questo pezzo. Primo punto: trasparenza e stabi-

lità politica. La maggioranza a sostegno di Enzo Bianco è stata sin dal primo momento decisamente composita dal punto di vista delle forze rappresentate. Dai comunisti dell’assessore Licandro alla pletora di ex lombardiani, il ventaglio politico è sembrato da sempre troppo ampio (qualcuno sin dall’inizio ha parlato di cambiali che il sindaco prima o poi dovrà pagare). Ciononostante, in consiglio comunale l’aria armonica e di intenti comuni che ha accompagnato l’inaugurazione del Bianco quater, col tempo, è andata rarefacendosi. Specialmente su questioni fondamentali e decisive per la città – tra tutte il bilancio e il Pua – le varie correnti che siedono alla destra del sindaco si sono spaccate, palesando la natura prioritaria degli interessi personali, anteposta a quella della maggioranza di governo. A ciò si accompagna un rimescolamento continuo di formazioni e gruppi consiliari, sintomo di una instabilità che di certo non giova all’operosità del consesso: la cittadinanza merita invece una stagione di riformismo fattivo, che rimarrà di impossibile realizzazione se le strategie di chi siede in maggioranza resteranno grigie e talvolta indecifrabili. Secondo punto: sicurezza e legalità. Consci del fatto che col passare dei decenni gli auspici in

merito non cambiano ma inebriati dall’atmosfera natalizia, proviamo ad immaginare una città che combatte da dentro la propria piaga principale, ovvero la criminalità dilagante. Una criminalità che non è soltanto palese, non è fatta soltanto di furti o atti vandalici, ma come spesso ripetuto è stata implementata nella cultura della città, per cui quasi a nessuno pare grave pagare l’obolo al parcheggiatore abusivo, anche quando nessuno gli ha chiesto di “guardare” l’auto, e quasi nessuno si scandalizza dello spaccio a cielo aperto delle periferie o delle condizioni nei rioni di San Giovanni Galermo o San Giuseppe La Rena. Partiamo dal fattibile, cercando di essere concreti anche nei desideri: la pratica più visibile e fastidiosa è sicuramente quella rappresentata dai parcheggiatori abusivi, mafiosi travestiti da operatori del traffico. La domanda più semplice, anche dopo tanti anni, resta sempre la più efficace: possibile che se tutta la cittadinanza è al corrente della presenza e delle postazioni di lorsignori, nessun agente delle forze dell’ordine è in grado di prendere provvedimenti? È possibile poi immaginare un agente della polizia municipale che, quando gli viene fatto notare che la celerità nel produrre contravvenzioni agli

automobilisti non è paragonabile all’accanimento auspicabile ma inesistente contro gli abusivi, non risponda che lui non ha nessun potere in merito? Se non lui, chi allora? Terzo punto: umiltà e partecipazione. Ci auguriamo che le vacanze di Natale diano al sindaco e a tutti i rappresentanti delle istituzioni cittadine l’umiltà e l’autocritica necessari per potere governare. Non è infatti ammissibile che agli errori – che in tutti gli ambiti della vita, figurarsi l’amministrazione di una città, ci stanno – non seguano le dovute scuse, per quella insana paura che il circo mediatico incute a chi ha una reputazione pubblica da voler a tutti i costi costruire artificialmente per poi difendere. Ci auguriamo poi che le esperienze del lungomare liberato e di Centro Contemporaneo abbiano insegnato qualcosa a chi ci governa: affidare le chiavi della città agli operatori della cultura – tanti, bravi e appassionati – è un dovere prima ancora che un bel risparmio di denaro ed energie (stando alle iniziative di matrice esclusivamente comunale, è anche un bel guadagno per i fruitori). Il cuore dell’associazionismo cittadino pullula di idee e non aspetta che un “sì” o un semplice timbro per metterle in atto, non è il caso di

farli aspettare più del dovuto, anche e soprattutto se si vuole una cittadinanza più partecipe, attiva e cosciente. Quarto punto: modernità e programmazione. Possibile che l’unica opera di architettura moderna in città sia la tanto criticata piazza Europa? Quando si è in procinto di cambiare qualcosa di importante nella struttura della città – come nel caso della suddetta piazza – non è forse esigibile una fase di concertazione, non solo con le varie parti politiche per decidere come fare approdare le varie istanze in consiglio comunale, ma anche con chi abita e vive la zona interessata? Resta poi stupefacente il senso di arretratezza di certe iniziative: nonostante fervide promesse e comunicati stampa sorridenti, non si muove nulla né in merito alle piste ciclabili né alle nuove tratte del Brt né tantomeno riguardo ai lavori per la Metro. A trasformare però un’intera piazza in parcheggio in occasione delle festività natalizie c’è voluto meno di un attimo. Chi amministra questa città decida e comunichi allora dove vuole andare: se in avanti, verso una gestione più partecipata e moderna di Catania, che ha le potenzialità indogene ed esogene per poter fare questo salto di qualità, o indietro, lasciando affogare la città tra auto ed abusivi.

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Catania: il “giallo” del processo… dagli incartamenti illegibili! di Marco Benanti Al Palazzo di Giustizia ne accadono di tutti i colori. Talora, nascono sorta di “gialli” che magari…si risolvono. Come nel caso del processo cosiddetto “Ofelia”, in corso davanti alla seconda sezione penale del Tribunale (Presidente Ignazia Barbarino, a latere Camilleri e Principato), che ipotizza una gestione abusiva di rifiuti, un presunto sistema che si sarebbe sviluppato tra due impianti per il trattamento dei rifiuti situati a Santa Venerina e una presunta discarica abusiva nei pressi di Ramacca dove la spazzatura sarebbe stata illecitamente smaltita. Cos’era accaduto? Era emerso, in un primo tempo, che alcuni dei fascicoli sequestrati, durante le indagini, sembravano non trovarsi o risultavano deperiti. Di qui, da parte della Difesa degli imputati (imprenditori e funzionari pubblici), la richiesta di una risposta. Altrimenti come avrebbero potuto orga-

nizzare la stessa? A maggior ragione che-secondo la difesa- i documenti dimostrerebbero la regolarità dell’operato dei loro assistiti. Secondo quanto ricostruito in aula dai legali, in seguito alla copiosa documentazione sequestrata dalle Fiamme Gialle, gli atti sarebbero stati conservati in un luogo non idoneo che ne avrebbe compromesso l’esistenza. Inoltre, ci sarebbe stata la mancata identificazione specifica della documentazione andata a male. E com’ è finita? Niente documenti “ammuffiti”. I faldoni del processo sono asciutti e puliti: così ha risposto la Procura della Repubblica.

Il Tribunale di Catania Il Pm Giovannella Scaminaci ha spiegato ai giudici che “gli atti ci sono, sistemati semplicemente dove dovevano stare”. La Procura della Repubblica, quindi, ha smentito il “giallo”:

c’erano semplicemente delle difficoltà nella consultazione del Tiap, l’applicativo informatico sviluppato dal ministero della Giustizia per la gestione e la consultazione dei fascicoli

classificati per tipologia e cronologia. Il processo, lentamente, va avanti: sperando, visti i tempi della giustizia italiana, che non “ingiallisca”.

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

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Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

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Teatro Metropolitan Catania

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GENNAIO 2015 - L’intervista

Il Paginone segue dalla prima siciliani stanno attraversando. Lui ha salvato, con un rimpasto voluto dal Pd, la sua poltrona e tanto basta. Il 2015 di Crocetta, ma solo per lui è al sicuro. Turismo e cultura che avrebbero potuto dare nuovi impulsi alla Sicilia sono i settori più penalizzati, quelli che più di tutti gli altri hanno subito tagli e umiliazioni. Lavoro, formazione, precari. Tutto il sistema è saltato e non perché sono stati scoperti fonti di guadagno illecito. Che ci sono state, sia chiaro, ma hanno finito col pagare le migliaia di persone che credevano di svolgere un lavoro onesto e che invece da mesi sono fermi senza sapere più se verranno pagati per tutti questi mesi che di stop e se, soprattutto, verranno reimpiegati. Una totale mancanza di chiarezza e di programmazione. Ma Crocetta non è il solo responsabile di questo massacro sociale. Il Pd, che ne ha sempre criticato l’operato di governo, adesso fa finta che tutto va bene dopo aver ottenuto quei posti di governo (assessorati) che da sempre reclamava. Il Crocetta ter, risponda il Pd se è in grado di farlo, quali cambiamenti ha portato? E soprattutto quali benefici i siciliani ne hanno ottenuto? La risposta, purtroppo, è sin troppo semplice. Il Crocetta ter non ha fatto altro che rafforzare l’incapacità di questo fallimentare governatore che prima aveva nel Pd una forza di maggioranza critica e che lasciava qualche speranza. Oggi il Pd è complice di Crocetta e l’opposizione non ha i numeri, e nemmeno la voglia, di mandare a casa il gelese perché in caso di elezioni anticipate andrebbero a casa anche loro per mettersi di nuovo in gioco con nuove elezioni. Rassegniamoci dunque. All’anno che verrà possiamo solo chiedere che non sia peggiore di quello appena trascorso. E sarebbe già un gran bel risultato. Ma non facciamoci troppe illusioni.

Mario Opinato, la storia di un attore catanese che h di Fab i o T r acuzzi Anni 50. Segno zodiacale Leone. Professione attore. Segni particolare:simpatico. Una simpatia che traspare dal suo viso dai tratti un po’ arabi, un po’ normanni. Siciliano insomma. Una simpatia che trasforma l’intervista con Mario Opinato,perché di lui che stiamo parlando,in una chiacchierata allegra e spensierata,un incontro tra due vecchi amici che,nelle strade che hanno scelto, hanno trovato successo e soddisfazioni. Mai,è la verità, avevo riso tanto realizzando un’intervista. Ma Mario ha gli occhi che ridono e i suoi racconti ti coinvolgono e ti incuriosiscono. Catanese purosangue , e lo si vede lontano un miglio, quando ero ragazzo frequentava piazza Michelangelo . A scuola non era un portento, iscritto allo scientifico “venivo sempre bocciato nelle materie scientifiche” e allora per non perdere troppi anni il padre che voleva farne un serio assicuratore lo iscrive in una scuola privata facendogli frequentare vari anni in uno solo. Allora era possibile. E una volta avuto in mano il fatidico pezzo di carta,leggasi diploma,papà Opinato si presenta con l’occorrente per il bravo assicuratore: giacca, cravatta e valigia 24 ore con depliants e copie dei contratti da far firmare ai possibili e futuri clienti. E lui Mario, che ha già il focus dell’attore nell’animo, non fa una grinza si mostra entusiasta ,ma non dice al padre che sotto il vestito di assicuratore “indosso il mio tutù rosa perché io sognavo di fare il ballerino”. “Pensavo alla danza, solo alla danza, Che danza? Contemporanea, ma ero troppo grande per cominciare, avevo 22 anni, Poi arriva il 1992 ed è la prima svolta importante della mia vita.. Le assicurazioni, con l’Unione Europea, devono darsi nuove regole e soprattutto è necessario imparare le lingue e allora Mario, con la faccia pietosa e sofferente, convince suo padre che è necessario che si trasferisca qualche mese in Brasile per imparare il portoghese. E Mario vola in Brasile dove mese dopo mese vi trascorre un anno intero a Rio. E le assicurazioni? “Be’ in effetti non facevo altro che ballare il samba sui carri, però il portoghese l’ho imparato e anche molto bene. Potevo tornare a casa”. E così fu. Mario Opinato tornò a casa a Catania, ma la sua permanenza durò poco. “Dissi a mio a mio padre che adesso dovevo imparare per bene l’inglese e il posto migliore per farlo era Los Angeles. Perché Los Angeles? Non c’è un motivo, ma tutto mi portava verso la mia carriera di attore”. E Los Angeles fu. Cosa succede a Los Angeles “In-

contro un amico che aveva fatto la trasmissione televisiva con Renzo Arbore Indietro Tutta e mi dice che dovrei iscrivermi al Leestrasberg Acotor’s Studio. E così faccio. Ma non basta volerlo, bisognava superare un provino. Lo faccio e lo supero. Era fatta?Pér niente, ci sono altre cinque prove da superare e poi, finalmente, mi ammettono. Un corso duro ma entusiasmante, lezioni ogni giorno per tre anni dalle 9 alle 11 di sera. Nella mia classe c’era anche una certa Angelina Jolie”. E nel frattempo? “E nel frattempo comincio a recitare in teatro, piccoli teatri , uno da 100 e due due da 50 posti. Porto in scena il Cecè di Pirandello. In inglese naturalmente ed è un grande successo e le repliche vanno avanti per sei mesi”. Dall’amore per la danza alla passione per il teatro il passo è stato breve. L’assicuratore Mario Opinato a aveva definitivamente rinchiuso in un camerino cravatta e valigia 24 ore e si era dedicato con tutto se stesso alla sua vera grande passione: fare l’attore. E dal teatro alla macchina da presa il passo è altrettanto breve. Mario partecipa a cinque film, ma quello che ha più successo si intitola “Bubbs e Bombs”. “ Esatto, che tradotto in italiano significa Tette e bombe. Un film di azione e sesso. Non va nelle sale cinematografiche ma viene distribuito in cassetta e nelle televisioni via cavo. Ora la mia faccia è conosciuta”. Non solo è una faccia conosciuta ma a è una faccia che piace ai cineasti e viene scritturato per un film con Mikey Rourke e Jan Claude Van Dam. Mario Opinato deve fare la guardia del corpo di Rourke nelle scene girate a Roma e Parigi. Mattone dopo mattone costruisce il suo successo e la sua popolarità che subisce un notevole impulso quando partecipa a due puntate della serie Beutiful. Sono milioni e milioni i telespettatori che lo vedono e lo vedono anche registri e produttori. La strada per i film di studio è così aperta. E arriva così “The Muse”, La dea del successo con Sharon Stone. “Arrivava sul set con una limousine di 40 metri. Non pteva fare manovre e lei, la Stone, scendeva dall’auto con ai piedi delle pantofole rosa di pelouche…poi al momento di girare indossava i tacchi per toglierseli ad ogni stop del regista”. Mario Opinato ce l’ha fatta. E’ un attore e i registi lo cercano sempre più spesso anche perché, al contrario di tanti altri suoi colleghi, è in grado di recitare perfettamente in inglese. E se prima lo chiamavano solo per piccole parti da cattivo piano piano, film dopo film le sue parti si allungano e diventa un attore versatile, in grado

L’attore in alcuni backstage dei suoi film di interpretare tutti i ruoli che gi vengono assegnati. Ma la vera svolta della sua carriera deve ancora arrivare, sta per arrivare. “ Siamo ne 2002. Mi chiama u amico, Giorgio Serafini, con il quale avevo trascorso gran parte dei miei giorni vissuti a Los Angeles. E mi dice che cercano attori per una serie televisiva italiana. Quella telefonata cambia la mia vita. La serie che mi propongono è Orgoglio e il mio è uno dei ruoli da protagonista. A settembre faccio il provino, a Catania, e vengo preso. Staremo insieme per tre anni. Orgoglio fa una media di 11 milioni di telespettatori a puntata. E comincia così la mia vita da assediato. Una popolarità che non pensavo mai di raggiungere. Si verificavano scene da fans dei Beatles. Non potevo andare in un locale, in

una bar, in un ristorante e venivo sommerso. Io e tutti gli altri protagonisti della serie. Un successo straordinario. Ero diventato una star popolare della televisione. Si, non lo nascondo, la cosa mi ha fatto enormemente piacere. Credo sia il massimo per un attore essere riconosciuto, avere visibilità vedere la propria faccia sui giornali. Si Orgoglio ha cambiato la mia vita”. Ma tutto quello che ha u inizio ha ovviamente una fine e una volta conclusa l’esperienza di Orgoglio Mario Opinato decide di tornare a Los Angeles e quando aveva praticamente la valigia in mano e il biglietto fatto ecco un’altra proposta sempre televisiva, Nerone, dove a lui è affidato io ruolo di Trigillino. Torna ad essere cattivo. Non ha il successo di Orgoglio ma anche Nerone

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he ha lavorato sodo in tutto il mondo per arrivare lassù in cima Il curriculum

Le foto di Mario Opinato sono di Franco Ferro

uoi film

è seguitissimo. Mario Opinato ce l’ha fatta e il mondo del cinema non si dimentica di lui. Gira con Dario Argento e Abel Ferrara. Finisce l’era della televisione e torna al cinema e gira con Kevin Reynolds. Ma gi si presenta anche l’occasione di tornare al suo primo amore, il teatro (aveva cominciato con Cecè in inglese) e debutta con Gilberto Idonea nel 2013. Per 25 anni ha girato il mondo senza riuscire a fermarsi mai. “Poi però decido di farlo e decido che posso fermarmi a Catania, nella mia città che amo sempre. Una città ch mi ha sempre dato soddisfazioni e attenzioni oltre che tantissimi amici. Purtroppo a Catania, ed è questo un rammarico, ci sono troppe invidie, ci sono le potenzialità per allestire grandi compagnie, grandi spettacoli e

invece viene tutto vanificato da interessi personali, piccoli interessi personali,. Ognuno cerca di tirare acqua al suo mulino. E’ un vero peccato”. “Il lavoro non manca è per me è fondamentale, devo stare sul set. E’la mia vita. E allora ho deciso di non rifiutare niente. Recitare è tutta la mia vita”. “Se posso dare un consiglio ai giovani? Certo che si: via dall’Italia. Meglio gli Stati Uniti, imparare l’innglese, imparare a recitare in inglese. E’ fondamentale, Poi un giorno si può anche tornare a casa, come ho fatto io. E riuscire a essere sempre se stessi senza montarsi la testa anche nei momenti di maggiore successo. Glia mici restano sempre e non bisogna snobbarli. Io a Catania ho tanti amici e sono quelli che, oltre al lavoro, riempiono la mia vita”.

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GENNAIO 2015 - Messina

Giunta incompleta, Sciacca subisce gli attacchi del successore di Giovanni Frazzica Non c’è ancora il nome del nuovo assessore, la squadra di Accorinti probabilmente resterà priva del nuovo componente sino alla vigilia di Capodanno e forse oltre se sono vere le voci che vorrebbero il sindaco impegnato in uno sforzo doppio in quato anche il pur bravo Assessore alla cultura, Tonino Perna, starebbe per lasciare l’incarico. Intanto continua il toto-nomi e tra i papabili resterebbe in pole position l’ex ingegnere capo del Genio civile Gaetano Sciacca, che tuttavia non nasconde il desiderio di tornare a guidare l’Ufficio di via Aurelio Saffi e per riconquistare il suo posto ha anche presentato un ricorso in appello contro la Regione. Del resto le secchiate di fango gettate in conferenza stampa sul suo operato dal suo successore, sembrano arrivare al momento opportuno per sbarrargli una probabile via di fuga verso palazzo Zanca. In ogni caso nei nomi che si fanno Sciacca non c’è e forse nelle intenzioni di Accorinti non c’è mai stato. Si parla invece di due esperti di Palazzo Zanca pronti a fare il salto “in alto”: il primo è l’architetto Luciano Marabello, consulente a titolo gratuito nelle politiche di razionalizzazione degli spazi urbani, del patrimonio costruito e dei beni comuni per la qualità e l’innovazione della città; l’altro sarebbe Antonio Rizzo consulente, a titolo gratuito, per il servizio di Protezione Civile. Ma le ferite non si devono mai lasciare aperte per lungo tempo, infatti nelle ulti-

Gaetano Sciacca me ore si torna a parlare tra i possibili candidati ad assessore anche di Alfredo Crupi, segretario provinciale di Rifondazione comunista, già assessore della giunta del sindaco Genovese ed anche della possibile nomina di un assessore donna, cosa che complicherebbe molto la già precaria agibilità di questa giunta che dopo le festività natalizie dovrà affrontare tutte le criticità che rimangono sul tappeto: situazione finanziaria, servizi sociali, viabilità, ospedale Piemonte, secondo Tribunale, fogne a cielo aperto al villaggio Bisconte-Catarratti, profughi e attraversamento dello Stretto. Per quest’ultimo tema, dopo l’incontro con il Capo di Gabinetto del Prefetto, tenutosi in seguito al sit-in dei marittimi UsticaLines e Bluferries, il Senato della Repubblica ha approvato l’emendamento alla Legge di Stabilità che prevede gli stanziamenti necessari alla garanzia di trasporto nello Stretto di Messina per i prossimi tre anni. «Nonostante la buona notizia – scrive ora l’Orsa mostrando

Leonardo Santoro apprensione – la vertenza dei marittimi è tutt’altro che risolta, i tempi necessari ad espletare le procedure per un nuovo appalto sono significativamente lunghi e ad oggi non si sa come sarà gestita la fase provvisoria dopo il 31 dicembre. Rfi è stata incaricata dal Ministro dei Trasporti a coordinare il periodo transitorio ma mancano solo nove giorni al 31 dicembre e di certo c’è solo l’insufficienza della flotta “pubblica”, riconducibile a due soli mezzi veloci in forza alla controllata Bluferries quando ne servono almeno cinque per fornire un adeguato collegamento fra Messina, Villa S.Giovanni e Reggio Calabria». «Intanto – prosegue il sindacato –, UsticaLines, che attualmente garantisce il collegamento con Reggio Calabria, non è stata ancora coinvolta e in vista di scadenza dell’ultima proroga si appresta a completare le procedure di licenziamento attivate per 57 marittimi, destinati alla disoccupazione già all’inizio del nuovo anno. Alla luce dei fatti la tensione dei lavorato-

ri è divenuta incontrollabile e non sono da escludere eclatanti manifestazioni di disperazione che potrebbero compromettere l’ordine pubblico». Pertanto, l’Orsa chiede al Prefetto di convocare in Prefettura tutte le parti interessate: Rfi, UsticaLines e Organizzazioni Sindacali «per definire con certezza i programmi di gestione provvisoria del traghettamento veloce e, se fosse necessario, intercedere all Ministero dei Trasporti col fine di evitare la temporanea sospensione del servizio essenziale e l’ulteriore compressione dei livelli occupazionali». E’ incredibile come su un tema così importante l’Amministrazione, sino ad oggi, abbia dato la sensazione di andare a rimorchio delle iniziative dei sindacati e di qualche parlamentare, peraltro interessato a farsi pubblicità per ogni singolo atto dovuto nei confronti di una vicenda che riguarda il diritto alla continuità territoriale che viene negato in maniera palese ai cittadini dell’area dello Stretto. Tornando alla triste storia del Genio

Civile c’è da dire che Leonardo Santoro, il nuovo ingegnere capo, ha tenuto una conferenza stampa per dire in maniera chiara e netta che il “passato è passato”. La conferenza si è svolta anche con l’ausilio di slide e filmati tendenti a documentare anche presunti errori commessi. “Niente più alibi – ha detto Santoro – per nessuno. Le norme vanno applicate non interpretate”. A chi gli chiedeva se il filmato-dossier fosse già stato spedito in Procura Santoro ha risposto di sì. Nessun riferimento al nome di Gaetano Sciacca, anche se le carte mostrate, non lasciano spazio a a dubbi di sorta. Santoro ha poi spiegato quella che è la nuova filosofia del Genio civile, dove dal primo gennaio sarà attivo un elenco delle imprese di fiducia che potranno avere pari dignità. La novità più importante riguarderà i torrenti. “Le norme esistono e vanno applicate non interpretate – ha detto Santoro –, perché le distanze vanno rispettate come impone la legge”. Altra novità riguarderanno le elevazioni. “I sindaci dovranno assumersi le loro responsabilità, mettere per iscritto le autorizzazioni e motivarle. Non dovranno farlo più i dirigenti”. Sul Boccetta infine non sono stati autorizzati lavori di costruzione di nuove palazzine. “Le ruspe si sono messe in movimento – ha voluto chiarire Santoro – ma solo per lavori di consolidamento del costone”. E’ prevedibile che nei prossimi giorni venga fuori una replica dell’ing. Gaetano Sciacca a difesa del suo operato e della sua professionalità.

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GENNAIO 2015 - Siracusa

Centri accoglienza, affare nascosto ma non troppo di Rosa Tomarchio Il Prefetto pare fare coming out. Ammetterebbe quasi le sue colpe nell’intricata vicenda dell’immigrazione. L’affare colossale del momento, coi i centri accoglienza e gli SPRAR di nuova concezione. Un impero sotterraneo, taciturno, “legalmente” apposto, ma che invece approfittava della buona fede delle istituzioni e dell’emergenza nell’emergenza. E infatti, in mezzo a tanto caos, qualcosa sarà sfuggita. “E’ stato un anno di grande fatica sia per il gravoso impegno che tutte le istituzioni hanno dovuto compiere sotto ogni prospettiva. – dichiara il prefetto di Siracusa Armando Gradone - .Difficoltà nel dover far fronte a compiti complessi e delicati, tali da richiedere quasi sempre risposte rapide e precise. Chiaro che questo tipo di velocità nei tempi di intervento non può non far commettere errori a cui, di volta in volta, abbiamo tentato di porre rimedio con le nostre capacità”. Il tema è quello essenzialmente dei centri di prima accoglienza finiti nella maglie di Mafia Capitale. “Ci siamo trovati di fronte ad una urgenza di fornire risposte tempestive – ha concluso il Prefetto di Siracusa - che non ci hanno dato nemmeno il tempo di valutare al dettaglio le necessità del momento”. Nel mirino degli inquirenti adesso ci sarebbe anche il centro di prima accoglienza di Priolo, il San Francesco, oltre a quello di Città Giardino “La Zagara” gestito da Eriches dove sarebbero confluiti anche gli immigrati della vicina Augusta, uno dei porti più presi d’assalto dai barconi provenienti dall’Africa in questi ultimi mesi. Soprattutto minori stranieri non accompagnati, praticamente “portatori sani” di un business non indifferente che adesso gli investigatori della Procura, col supporto della Prefettura, stanno cercando pian piano di smascherare. Con una apposita delibera che sottoscriveva la convenzione a firma dei prefetti regionali si dava la possibilità a “La Zagara” di poter accogliere i minori sbarcati e successivamente sfollati dalle Scuole Verdi di Augusta in caso emergenziale, cosi come disposto dal ministero degli Interni il 14 ottobre scorso. Un trasferimento come si legge nella convenzione le cui “ spese di accoglienza sono finanziate a totale carico dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali. La convenzione è stata stipulata tra Prefettura, Comune di Augusta e il centro accoglienza La Zagara di Città Giardino per il pe-

Melilli, giunta e sindaco e a destra Sorbello. A fianto Gradone a braccia conserte riodo del 21 ottobre al 31 dicembre del 2014. Tra le premesse della stipula in questione si precisava che “l’accoglienza degli MSNA (minori stranieri non accompagnati), per tramite del Comune di Augusta, erogherà i contributi all’ente gestore in rapporto a una retta giornaliera procapite pari a 45 euro iva inclusa”. Insomma, piove sul bagnato sul piccolo centro industrializzato (Città Giardino è frazione di competenza di Melilli) da un anno tormentato da burrasche giudiziarie che hanno costretto il sindaco Cannata a fare un passo, due, indietro perche sottoposto a indagini e condanne. Il paese è praticamente senza una guida eletta dal popolo. Anche la vicesindaco Arcangela Palmeri ha preso baracche e burattini ed è andata via. Non prima però aver eseguito gli ultimi adempimenti, gli auguri di Natale e di Buon Anno a tutti i dipendenti ringraziandoli per il lavoro svolto, ha persino partecipato alla riunione dei sindaci e ha lasciato il Palazzo Comunale. Arcangela Palmeri ha mollato dopo un anno. Lo avrebbe fatto comunque nei prossimi giorni. Ha anticipato consegnando le dimissioni irremovibili al segretario del Comune. Al suo posto, Corrado Mascali, il più anziano della giunta ora composta solo da Massimo Magnano e Salvatore Midolo. Questo triunvirato vede così quale nuovo prosindaco di Melilli un ex carabiniere prestato alla funzione di amministratore, alla politica, su indicazione dell’ex sindaco Pippo Sorbello al quale lo lega una profonda amicizia, e così in carica dal 3 dicembre dello scorso anno, pochi giorni prima della sospensione del sindaco Cannata, su decreto prefettizio in applicazione della legge Severino. Mascali non ha fatto mai politica, potrebbe essere dunque un pregio, una virtù di questi tempi, ed è anche un ex militare dell’Arma che decide di dismettere la divisa per fare politica, per senso etico e coerenza. Ma soprattutto

per seguire le orme del suo grande amico Sorbello che proprio in quel momento lamentava noie con la giustizia. Mascali non è un eletto, proprio come la dimissionaria Palmeri, è un nominato per direttissima. Ma quel che conta è che adesso la maggioranza ritorna ad essere compatta cosi come il tavolo decisionale della giunta. “Speriamo che a seguire ci siano anche le dimissioni dell’intero esecutivo, - esclamano dai banchi di opposizione - siamo veramente giunti al limite”. Nelle prossime ore, i consiglieri Antonio Annino, Piefrancesco Scollo e Tommaso Campanella invieranno una nota al prefetto di Siracusa Armando Gradone chiedendo un incontro urgente per affrontare una volta per tutte il caso Melilli. “Siamo un paese ormai alla deriva visto che, nonostante le dimissioni della Palmeri, - dice Annino - che giungono a nostro avviso a seguito di una sfiducia della maggioranza stessa”. Infatti, circa un mese fa, già in consiglio comunale la maggioranza aveva attaccato pubblicamente il proprio vice sindaco Palmeri. E nell’ultimo mese, sembrerebbe che gli assessori avessero fatto ostruzionismo anche in giunta facendo mancare il numero legale. “E’ la prova provata che ci troviamo di fronte a una maggioranza che, pur sfiduciando se stessa, - concludono i consiglieri di opposizione - sembra voglia continuare ad amministrare alla meno peggio pur di non abbandonare il comando della nave comunque ormai alla deriva”. Eppure, la Palmeri ha da sempre avuto una personalità forte. Cosa l’avrebbe condizionata, sino a cedere? Sicuramente, tutta una serie di pressioni a cui da mesi è sottoposta. Non avrebbe più avuto dalla sua la maggioranza che l’avrebbe confinata in una sorta di isolamento amministrativo. Tant’è che nell’ultima giunta non sarebbero passati alcuni atti da lei proposti per volontà della sua stessa maggioranza. E poi c’è anche l’aspetto emotivo di tutta la

vicenda. La corda era già tesa da parecchie settimane. L’atto intimidatorio, due auto date alle fiamme sotto casa, parrebbe la molla decisiva alla base della scelta del vice sindaco f.f. Arcangela Palmeri. Probabilmente, la paura di essere caduta nella rete di ignoti piromani (non si è mai scoperto né il volto degli autori né le reali intenzioni e motivazioni dell’insano gesto) possibilmente poco contenti dell’andazzo dell’amministrazione da lei guidata (sempre se l’azione delittuosa fosse riconducibile all’attività politica della Palmeri). Una cosa è certa, la vicenda assume comunque un taglio squisitamente politico. Qui, gli affari personali e privati della vicesindaco c’entrerebbero poco se non nulla. I più informati riferirebbero intanto del divorzio politico con Sorbello, stavolta la rottura pare sia stata definitiva. Venendo a mancare questa liaison, ecco che la Palmeri la settimana scorsa, forse anche due, avrebbe già pensato di abbandonare i comandi, non prima però aver tentato di far passare qualche delibera, cose di poco conto, ordinaria amministrazione, per lo più iniziative relative al Natale, addobbi, luminarie e qualche iniziativa benefica per queste feste. Quale sia il nuovo panorama politico amministrativo al Palazzo Comunale che resta senza sindaco eletto dai cittadini? Svariate le ipotesi. Mantenere lo status quo e tirare a campare con quel che si ha, tre assessori, di cui uno vicesindaco almeno per i prossimi 12 mesi, e rafforzare il sodalizio nominando un altro assessore, ovviamente donna, per onorare la quota rosa adesso mancante. Naturalmente, il nome va pescato sempre nell’entourage dell’ex sindaco Sorbello. Insomma, ricoprire quel “vuoto” lasciato dall’ex amica Palmeri che nelle ultime settimane non dialo-

gava nemmeno con il sindaco Cannata. Ma la scarsa comunicazione pare sia un difetto che abbondi da quelle parti. Pare che qualche tempo prima dell’arrivo della sentenza di secondo grado di qualche giorno fa, nemmeno Sorbello e Cannata si parlassero. Con l’avvicinarsi della data dell’udienza i due, pensando di essere assolti, si sarebbero incontrati per rifare pace e rifondare così l’antica, grande alleanza. I fatti successivi si conoscono. Forse Sorbello e Cannata si saranno nuovamente, a questo punto, allontanati. O forse no. Sta di fatto che in seguito al grande vuoto lasciato da Cannata, questa delega di vice passa di palo in frasca, prima con il giovane Midolo, poi con la donna Palmeri ed oggi all’ex carabiniere prestato alla politica. Certo che il pressing psicologico sulla Palmeri, sempre più isolata e abbandonata, alla fine ha sentenziato la decisione estrema: tra intimidazioni, indagini in corso, rinvii a giudizio, 11 capi di imputazione da condividere con Sorbello e Cannata; insomma, come poter reggere un giorno di più? Come minimo, quello della Palmeri sarebbe un esempio da seguire alla lettera. Per buon senso e pubblico pudore. In teoria, il triumvirato potrebbe seguitare a dirigere egregiamente l’amministrazione comunale. Così vuole anche la legge. Per assurdo, si stringono i denti e si resta in sella per ancora un po’. Sino a quando la legge Severino non verrà definitivamente riconosciuta anticostituzionale.

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GENNAIO 2015 - Jonica

A Sant’Alfio il millenario castagno più grande del mondo d i Al bert o Ca rdillo «Un pedi di castagna tantu grossu ca ccu li rami so’ forma un paracqua sutta di cui si riparò di l’acqua, di fùrmini, e saitti la riggina Giuvanna ccu centu cavaleri, quannu ppi visitari Mungibeddu vinni surprisa di lu timpurali. D’allura si chiamò st’àrvulu situatu ‘ntra ‘na valli lu gran castagnu d’i centu cavalli». Questa poesia classicheggiante dell’ottocentesco poeta catanese Giuseppe Borrello è dedicato ad un eccezionale albero che per longevità, dimensioni e carica leggendaria, figura degnamente nel Guinness dei primati e nella famiglia dei patrimoni dell’umanità protetti dall’Unesco. Si tratta del millenario “Castagno dei Cento Cavalli”, un tipico castagno di ceppo europeo che cresce sulle pendici dell’Etna, precisamente a Sant’Alfio. Da secoli questo castagno per la sua fama di “prodezza della natura” è meta di pellegrinaggio per illustri e anonimi visitatori. A livello scientifico il “Castagno dei Cento Cavalli” risulta essere il più largo al mondo, con una circonferenza complessiva che va oltre i 62 metri! Numeri incredibili se si pensa, inoltre, che il secondo albero più grande del mondo è il cipresso messicano “Santa Maria del Tule” con una circonferenza di 45 metri. Ma questo straordinario castagno oltre che per la sua mole vanta un ulteriore primato per quanto riguarda la longevità, calcolata con metodi scientifici in oltre duemila anni. Più volte nel corso dei secoli, il “Castagno dei Cento Cavalli” è stato descritto ampiamente, famose sono le opere letterarie del Ferrara nel 1818, fu esplorato e analizzato dal punto di vista scientifico dal celebre botanico palermitano Filippo Parlatore

Un’immagine recente del e a destra un banchetto sotto il Castagno dei Cento Cavalli (inizio sec. XX) (1816-1877) il quale assegnò all’albero etneo un’età presunta di circa 4000 anni. Più recentemente Bruno Peyronel, docente di botanica all’Università di Torino, ha calcolato l’età del famoso castagno, come riportato in precedenza, in oltre 2000 anni. Visto oggi il “Castagno dei Cento Cavalli” sembra un enorme relitto ereditato da un’antica civiltà, un totem della natura custodito da una cancellata di ferro, da guardare con curiosità e venerazione. In esso per certi aspetti sopravvive un ancestrale simbolismo, quel culto per gli alberi giunto in vario modo sino a noi e mirabilmente spiegato da James Franzer, nel fondamentale saggio “Il ramo d’oro”. Il “Castagno dei Cento Cavalli”, divenuto il Castagno simbolo dell’Etna per i milioni di visitatori che nei secoli lo hanno ammirato, visto nella dimensione di simbolo di una natura immortale e resistente a qualsiasi progresso umano, finisce di essere gloria locale per assumere valore universale, esso diventa l’Albero per antonomasia, l’albero cosmico delle leggende, caro a Jacques Brosse e protagonista del bellis-

simo libro “Mitologia degli alberi”. Ricevuto in concessione dai Vescovi Conti di Catania, sin dal 1630 questo mitico castagno insieme ai terreni circostanti divenne di proprietà della nobile ed antica famiglia santalfiese dei Caltabiano. Questa famiglia, in ascesa sotto i governi e borbonici e nobilitata con il titolo di Cavalieri della Reale Corona sotto i Savoia, si prese cura del millenario castagno, esportando l’immagine dello stesso anche con l’organizzazione di luculliani banchetti che si tenevano proprio sotto le grandi fronde del castagno, invitando illustri personaggi e uomini di cultura. Nel 1965 L’amministrazione Provinciale di Catania procedette all’esproprio per farne monumento Nazionale. Ritornando all’arte alla letteratura, un albero tanto al di fuori del comune non poteva non essere ammantato di leggenda, e di fatto è chiamato “dei Cento Cavalli” proprio perché la leggenda vuole che “Giovanna I D’Angiò”, che divenne Regina di Napoli nel 1343, vi avrebbe trovato riparo da un furioso temporale con tut-

to il suo seguito formato da cento cavalieri, tra nobili e scorta, e cento cavalli. Qui trascorse la notte con tutto il suo seguito, una notte che per la bella e voluttuosa sovrana e per i suoi cortigiani, fu come, tramanda la leggenda, piena “d’amore, lussuria e peccato”. Altra leggenda tramandata dai vecchi del paese narra che nelle immediate vicinanze del castagno anticamente sia stato sepolto un sarcofago pieno di monete d’oro e gioielli da parte di antichi guerrieri datisi alla fuga, a seguito di una delle tante invasioni della zona avvenute in tempi re-

moti. Un tesoro o “travatura” che potrebbe essere portato alla luce recitando una particolare orazione alla mezzanotte di un venerdì diciassette. Un castagno, una regina, una leggenda. Un tesoro da preservare e valorizzare, perché in un mondo che corre veloce verso il progresso –che spesso è autodistruzione- c’è tanto bisogno di simboli che ci raccontino della bellezza incantata e della forza dirompente di una natura che amoreggia con il mito. Tutto questo è il “Castagno dei Cento Cavalli”.

Come arrivare Per poter ammirare questo autentico fenomeno del regno vegetale si percorre l’autostrada Catania-Messina fino all’uscita di Giarre e da lì, salendo verso l’Etna e seguendo la segnaletica turistica, si raggiunge l’abitato di Sant’Alfio. Qui bisogna ancora salire direzione Fornazzo. Sempre seguendo la segnaletica turistica si giunge presso la piazza “Castagno dei Cento Ca-

valli”, ove è possibile la sosta di veicoli. Il celebre Castagno, si trova a pochissimi metri, guardando verso l’Etna. Qui vi sono inoltre molte attività ristorative deve i visitatori potranno gustare l’ottima cucina santalfiese. La domenica, sulla piazza di cui sopra, viene allestito un delizioso mercatino ove i contadini della zona espongono i loro prodotti biologici.

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GENNAIO 2015 - Nisseno

Gela, l’appello del vescovo agli stati generali d i L il iana Bla nco “Alla fede ed alle preghiere in questo momento storico si deve aggiungere la fattività della classe dirigente per uscire dalla crisi economica”. E’ stato questo il monito del Vescovo che ha partecipato agli Stati generali Filca Cisl Sicilia riuniti a Gela. Dal mega incontro che ha avuto luogo a Gela parte l’appello al governo regionale e nazionale, “Ripartire da edilizia per uscire dalla crisi. Non si possono accettare 80mila posti in meno, in quattro anni, nel settore delle costruzioni. Basta promesse, servono fatti”. “Una soluzione c’è – ha proposto Nuccio Mangione della Cisl di Gela – basterebbe sbloccare un finanziamento di un milione e 200 mila euro per rendere cantierabile il progetto del tratto di strada che va dalla zona di Comiso al siracusano e recuperare i posti di lavoro persi”. Dagli oltre 200 delegati della Filca Cisl Sicilia riuniti oggi a Gela per gli Stati generali di categoria sale un grido di dolore sulla crisi dell’edilizia nella regione: in quattro anni persi 80mila posti di lavoro e oltre 5mila imprese non sono più iscritte nell’anagrafica delle casse edili siciliane. E’ drammatico il bilancio del settore edile, tracciato oggi nell’imponente manifestazione di oggi degli edili della Cisl, a cui hanno preso parte fra gli altri, il sindaco di Gela, Angelo Fasulo, il Vescovo di Gela, Rosario Gisana, tutti i segretari generali provinciali della Cisl siciliana, il segretario generale della Filca Cisl Sicilia, Santino Barbera, il segretario nazionale della Filca Cisl, Salvatore Scelfo, il segretario generale della Cisl Sicila, Mimmo Milazzo e il segretario generale della Filca Cisl, Domenico Pesenti. “Lo Sblocca Italia per la Sicilia è una presa in giro - ha affermato il segretario della Filca Cisl Sicilia Santino Barbera nel suo intervento – perché l’unica opera presente è il

raddoppio ferroviario Palermo – Catania – Messina, di cui non si conoscono i tempi dei progetti definitivi, ma è già stabilito che se entro il 2015 non saranno aperti i cantieri, i finanziamenti saranno dirottati altrove. Difficilmente sarà rispettata la tempistica per un’infrastruttura così complessa, dunque è alto il rischio che questi fondi prendano altre strade. Noi faremo come sempre pressing per non perdere un’opera così importante, fondamentale per la Sicilia e importante boccata d’ossigeno per il settore edile; a gennaio chiederemo un incontro a Rfi per conoscere lo stato dell’arte”. Il segretario della Filca Cisl Sicilia ha puntato l’indice sull’impossibilità di un confronto con il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, che in oltre due anni di governo non ha mai incontrato i sindacati di categoria. “Il governatore che giustamente pone come fulcro del suo operato la legalità – ha aggiunto Barbera – ha definanziato quasi totalmente gli ispettorati del lavoro, ridotti a meri centri burocratici. Il risultato è che i controlli nei cantieri sono pressoché inesistenti, in un periodo storico in cui invece dovrebbero essere costanti, a causa della crescita abnorme del lavoro nero e dell’assenza di misure di sicurezza nei cantieri. I governo regionale ha promesso miliardi di investimenti in edilizia eppure non si è adoperato per evitare che 500 milioni di euro dei fondi Pac tornassero nelle casse statali per l’incapacità di spenderli. Fondi, peraltro, che erano destinati a infrastrutture fondamen-

tali, quali ad esempio il porto di Gela per citarne una fra le tante”. Il segretario generale della Filca Cisl Sicilia ha annunciato che continueranno le iniziative della sigla per sensibilizzare le istituzioni e la classe politica sullo stato dell’edilizia in Sicilia. “In questi ultimi due anni – ha concluso Barbera – abbiamo raccolto svariate migliaia di lavoratori in numerose manifestazioni regionali, sia da soli sia insieme alle altre forze sindacali per sollecitare azioni concrete a supporto del comparto edile. La classe politica e le istituzioni sono rimaste sorde ma noi non ci arrendiamo, continueremo a far sentire la nostra voce perché abbiamo la forza di farlo e lo faremo”. Il segretario generale della Cisl Sicilia Mimmo Milazzo, nel suo intervento, ha ricordato le responsabilità sia degli attuali governi che dei precedenti, a livello nazionale e regionale, sulla carenza infrastrutturale italiana e regionale. “La situazione è grave – ha affermato Milazzo – ad oggi gli investimenti pubblici e privati in Italia sono crollati del 25 %; se fossero sbloccati si creerebbero innumerevoli posti di lavoro. In questo l’edilizia gioca un ruolo fondamentale, perché è un settore che storicamente riesce ad innescare un meccanismo virtuoso nell’economia.

E’ ora che le istituzioni e la politica comprendono che se ripartono gli investimenti per le infrastrutture e per il settore delle costruzioni, riparte il tessuto produttivo italiano e siciliano in particolare”. Secondo il segretario generale della Cisl Sicilia, per la ripresa del comparto edile è fondamentale puntare sugli interventi che sono finanziabili dalla Regione, quali quelli relativi all’edilizia sanitaria, da tanti anni dimenticata, al recupero dei centri storici, ‘un patrimonio unico al mondo’ e delle periferie, “per valorizzare aree dimenticate’ e tutte le opere inerenti l’edilizia scolastica. “Sembrerebbe – ha dichiarato Mimmo Milazzo – che dal Patto di stabilità escano fuori i fondi per l’edilizia scolastica. Questo consentirebbe di poter utilizzare queste somme, svincolate dai paletti del Patto di stabilità, e di dare avvio a questi cantieri, indispensabili per garantire il diritto all’istruzione”. Il segretario generale della Cisl Sicilia ha esortato tutti i delegati ad essere pressanti nei confronti delle istituzioni locali e regionali affinché venga assicurata la trasparenza delle opere pubbliche, in ogni fase della loro esecuzione. “Noi saremo attenti e rigorosi – ha concluso Milazzo – su ogni aspetto della vita pubblica della Sicilia, a partire dal bilancio regionale, affinché vada nella direzione da noi auspicata, di taglio agli sprechi e di investimenti per infrastrutture. A noi non interessa l’assistenzialismo, ma il lavoro vero, l’unico strumento per dare dignità a uomini e donne”. Il segretario generale della Filca

Cisl, Domenico Pesenti, nel suo intervento ha sottolineato l’esigenza di porre al centro dell’agenda politica italiana il rilancio dell’edilizia. “Il settore delle costruzioni – ha detto – sta scomparendo, ci sono 800mila operai disoccupati, a cui dobbiamo dare speranza. Rilanciare le costruzioni per ricostruire l’Italia non è uno slogan ma un gesto di responsabilità verso i lavoratori e verso il paese”. Secondo Domenico Pesenti si deve puntare sulla riqualificazione dei centri urbani, sulla messa in sicurezza del territorio, sull’edilizia scolastica, sul miglioramento energetico, sull’edilizia ecosostenibile. “Ogni intervento compiuto in questi ambiti – ha dichiarato – non comporta soltanto un posto di lavoro in più ma anche l’innalzamento della qualità della vita per i cittadini”. La Filca Cisl, come ha ricordato il suo segretario stamattina, è impegnata in un percorso che affermi la cultura della legalità nel settore. “Nel comparto delle costruzioni – ha commentato – ancora più che in altri, occorre che siano selezionate le imprese sane, perché sono queste quelle che tutelano i lavoratori nei cantieri, garantendo gli standard di sicurezza e sono quelle che realizzano opere destinate a durare e rigidamente in linea con le normative in materia. Noi siamo in prima linea per il contrasto al lavoro nero e alle morti bianche che rappresentano una vergogna, indegna di un paese civile”. Domenico Pesenti ha poi sottolineato l’esigenza di distinguere l’età pensionabile in base alla tipologia di lavoro che si svolge. “Certamente quella edile – ha detto – è una professione usurante, differente dalle altre proprio per le se caratteristiche. Noi solleciteremo ancora una volta le forze politiche a farsi carico di questo aspetto, nella consapevolezza che è difficile salire su un ponteggio, avendo superato i 60 anni”.

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GENNAIO 2015 - Rubriche

Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Somme

È data la somma riportata in figura. B A 7 B + A B A C + 2 6 A A = __________________ 9 3 9 A

È Natale!

Luisa, Marco, Alessandro e Mario sono amici. Sono andati a comprare dei panettoni. Ne hanno comprato in tutto 28. Se Luisa ne avesse comprato il doppio, se Mirco ne avesse comprato la metà, se Alessandro ne avesse comprato 5 in più, se Mario ne avesse comprato 6 in meno, avrebbero comprato tutti il medesimo numero di panettoni. Quanti panettoni ha comprato ciascun amico?

Trovate i vallri delle incognite A, B, C e D affinché sia verificata la suddetta somma.

Shopping

Giuseppina e Luisa sono andate a fare shopping. Giuseppina ha comprato 7 ceste natalizie, Luisa ha comprato 5 bottiglie di vino. Se tutte e due hanno speso in totale 153 euro, nella peggiore delle ipotesi, quanto è costata una singola cesta natalizia? Quanto è costata una bottiglia di vino?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Sequenze numeriche: 7+6-5+8-2+3+5; Numeri a quattro cifre : 2125; Divisibilità: Ci sono due soluzioni: 318373056, 138733056

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Big eyes Un film di Tim Burton. Con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Jason Schwartzman. All’interno del paradigma di stampo burtoniano è da sempre inserita una certezza quasi apocalittica; che i picchi stralunati raggiunti dalla fantasia, siano di gran lunga il mezzo più divertente per raccontare i sogni degli uomini in carne e ossa. Come si comporta allora la surrealtà del regista americano quando incontra il genere biopic per giunta coniugato al femminile? Resiste all’impatto con il reale ma vince in maniera completa solamente la difficile narrazione della psicologia muliebre. É infatti con una certa fatica e semplificazione che Big Eyes si ritrova a narrare la storia di Margaret Keane (Amy Adams), pittrice ancora in vita che per anni fu costretta a nascondere la propria identità di artista e creatrice di opere di successo in favore del marito Walter (Christoph Waltz). Sono il rapporto controverso di Margaret con il marito oppressore ma garante dello schema patriarcale vigente all’epoca, e la forte liaison al femminile che lega la protagonista alla figlia, a colorarsi del tratto più reale e originale presente in Big Eyes. Tim Burton si concentra sullo shangai delle relazioni familiari per trovare la propria anima stralunata e filantropa. Il regista dimostra ancora una volta di conoscere la mappa interiore della diversità, trasformando il personaggio di Margaret in un concentrato di sensazioni interiori e nello specchio di una società dove la donna aveva poche possibilità di autonomia e liberazione, anche di fronte a un matrimonio sbagliato. Dall’altra parte il tentativo di restituire realtà alla storia dei Keane inceppa spesso in una mano eccessivamente didascalica, in un’ironia tiepida, che fa procedere la storia dal punto di vista cronologico ma non regala nulla di sorprendente all’umanità dei personaggi. In questa rete troppo stretta rimane impigliato anche l’estro di Christoph Waltz, incisivo come sempre, ma poco a suo agio nel carattere dell’imprenditore senza scrupoli dal doppio volto.

Solidarietà e assistenza azzerata di Danila Intelisano I destinatari non sapevano di essere le cavie di una delle ricerche sociali ideate e divulgate da tre studenti universitari di Milano: Come si sono comportate quarantadue persone di ogni età, con un bambino di otto anni che circolava da solo in un giardino pubblico e chiedeva loro di aprirgli una bottiglia di birra da un litro? Come hanno agito quando il minore lamentava di sentirsi male e di non sapere dove fosse la madre? Due si sono rifiutati di aprire la bottiglia, ma ben quaranta l’hanno fatto senza preoccuparsi minimamente dell’età anagrafica. Tre inquietanti signore di mezza età, dinanzi alle dichiarazioni del piccolo di essere depresso, gli hanno urlato di riposare su una panchina e sono volate con la brezza del mattino. Nessuno dei quarantadue umanoidi ha chiamato la forza pubblica o gli ha chiesto dove fossero i genitori. Solidarietà e assistenza azzerate e la Madunina resta basita. Se fosse stata realtà, quali rischi avrebbe corso il bambino? Come e perché siamo arrivati a tanta indifferenza? Cosa intendiamo per moralità, aiuto reciproco e attenzione verso i disagi altrui? Gli adulti hanno dimenticato di essere tali e, di conseguenza, i bambini non vivono più come bambini che, insieme alle donne, sono le vittime predilette di un moderno olocausto che miete follia, violenza e indifferenza. E omertà! Se vogliamo dirla tutta: l’esito della ricerca non è utopia. La parola di un saggio osservatore del comportamento sociale è gradita professore Cosmo. Per abbandonare l’assuefazione alla violenza e all’egoismo non vi é altra via che ritrovare con forza il valore della vita. Il modello sociale e morale contemporaneo parla di una rinuncia quasi definitiva alla affettività e al rispetto umano. E forse il fardello inizia dalla trasformazione che ha subito la famiglia. Oggi sento di dire da parte nostra: Addio piccolo Loris. Nulla sappiamo e nulla dobbiamo giudicare ma, piuttosto, risvegliamoci dalla quella ”cecità” che ci ha colpito e che sta ingoiando quotidianamente innocenti.

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La pagina delle rubriche Da

(Nessuno pensi alla fuga…) E se occupassimo la libertà del male? di Enzo Trantino

la foto della

settimana

Si dice banalmente: “uccidere il vitello grasso”. Ora che salmi, scritture, catechismo e scuole religiose sono assediati dai fanatici del sangue innocente, non vi sono occasioni per ricordare precetti. Anche perché se ieri l’uccisione del pingue, mansueto animale poteva suscitare riflessioni, oggi la cultura della morte cerca altri riferimenti. Succedono però eventi che glorificano il “grasso”. Avviene, per esempio, negli USA: Lawrence Bell, originario dell’Arizona, 24 anni, oltre 200 Kg di peso, accende un diverbio con la polizia che richiedeva la “cintura” per la guida. La contestazione trascende e degenera in sparatoria, a seguito dell’aggressione di uno degli agenti. L’uomo in divisa, ferito dalla montagna umana, estrae e spara ben otto colpi. L’americano resta indenne. Ma non per errore di mira (erano al corpo a corpo), quanto perché pur avendo le pallottole raggiunto il ferito in zone vitali (petto, addome), il grasso corporeo dell’uomo ha frenato i colpi. Impressionante la dichiarazione del primario chirurgo: “è come se Bell avesse dei sacchi di sabbia addosso al corpo. Il paziente non ha perso conoscenza” (“Il Tempo”). La sconfitta degli adoratori di fitness e palestre, è oltre misura. Sacrifici per ricordare il …grissino, e la sovranità dei 200 Kg salva la vita… Perché ne scriviamo. E’ una curiosità, una notizia di cronaca, un fatto che non lascia strascichi nella testa. Si legge si passa oltre e, quindi, non si pensa. A questo siamo ridotti. Dobbiamo castigare l’ispirazione, scartare le occasioni di pensiero, perché la gente ha la testa frastornata, non vuole considerare, criticare, argomentare. E’ in preoccupante black-out. E come dare torto a chi subisce il collasso mentale? Dovunque ti giri è sconfitta di ogni principio. Le riserve morali sono finite, l’avvenire è in fuga, la speranza in coma. Bollettino di guerra? Cronaca del quotidiano. Ci chiediamo: il mondo sta per finire? Sarebbe pessimismo da suicidio. E’ altro il tema. Il mondo è stanco di furbi e disonesti. Resta solo un tentativo: occupiamo la libertà del male. E senza essere una predica, sarà forse una medicina. Amara, amarissima, ma come si fa a subire ancora?… Ci sarà una terra, come scrive il nostro Fabio Tracuzzi nel suo bel libro (“Carmelo, beato lui”) dove si cresce “per la prima volta”. Ci sarà una terra dove crescono i fiori seminati o piantati, dove i bambini cantano; ci sarà una patria per il cuore? Se non dovesse succedere, l’esilio sarebbe il silenzio. L’eclisse. La fine di ogni incontro.

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DICEMBRE 2014 - Attualità

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