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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 15 anno X - 18 aprile 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Il Pd ha coraggio? Allora chieda scusa di Fabio Tracuzzi Ci risiamo. A leggere le note politiche (si politiche,purtroppo) di questi giorni, troppi ultimi giorni, su i giornali di regime, tutti lo sono ormai, non si fa altro che assistere a vomitevoli deja vù che partono, in modo particolare, dalle bocche maleodoranti degli uomini targati Pd. Certo ormai il “dem doc” (non è un gioco di parole) è merce assai rara, ma non stiamo certo a sottilizzare. E dal Pd fanno sapere ai noi poveri illusi della (buona) politica che il governo Crocetta è da considerare ormai una esperienza conclusa, che a ottobre Renzi potrebbe tagliare la spina e che bisogna cominciare a pensare a un nuovo governo (tutto Pd magari) per la Sicilia. Faraone, tra un’indagine e l’altra, pensa sempre da futuro governatore anche se Bianco, sì il nostro amatissimo sindaco di Catania, non lascerà nulla di intentato pur di riuscire a farsi candidare (i dem doc Sammartino e Sudano sono con lui) e lasciare, per la seconda volta, Catania al suo destino. Del resto ha già fatto capire a tutti che più di tanto di questa martoriata città non gli interessa. Vuole chiudere in bellezza la sua carriera politica e Palazzo dei Normanni sarebbe proprio l’ideale. Vero Enzobianco? Ma di questo avremo tempo e modo di occuparci. Sono, continua a pag 12

Siracusa

Catania

In mostra il genio di Leonardo

Una città sempre più allo sbando

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G . B u sà

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Aprile 2015 - Politica regionale

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Aprile 2015 - Catania

Città spaccata in due: i catanesi governano più di chi siede in consiglio di Giuliano Busà Un governo parallelo. Anzi, il vero governo di questa città. Niente ombre, niente accordi sottobanco o società segrete. Non stiamo parlando degli anni di piombo. L’anno è il 2015 e il governo in questione è quello della città di Catania, diviso tra gli ologrammi che siedono in consiglio, che prendono decisioni, che si azzuffano per sedersi in maniera più comoda, che chiamano fratello chi prima detestavano e chi realmente ha a cuore le sorti della città, ha realmente un’anima riformista, crede realmente nel rinnovamento e conosce realmente le problematiche e le dinamiche del territorio. La scissione sembra ormai insanabile ed evidente: da una parte la giunta, il consiglio comunale, il sindaco Enzo Bianco, il suo Pd così tanto Dc e così tanto trasformista da fare paura; dall’altra l’associazionismo catanese, le tante realtà che senza un soldo propongono, si agitano, fanno rete, creano e provano a migliorare Catania dal basso, sperando soltanto in un “sì” dal palazzo, ché più di quello non si può immaginare di ottenere. Ma questa seconda Catania che governa è fatta anche di imprenditori, di commercianti e di lavoratori che stanno cominciando a capire che devono cavarsela da soli, che dentro quel palazzo trasparente ci si occupa più di pubblicità che di problemi veri, quelli che chiunque ravvisa passeggiando per la città. Mentre Enzo Bianco, Enzo Napoli e Davide Faraone, ognuno per conto loro ma sempre insieme, studiano un elisir di lunga vita politica, facendo infuriare le segreterie dem

in giro per la città dopo la cooptazione di Articolo 4 ed ex Udc, c’è chi prova ad applicare la propria visione della città utilizzando gli strumenti che si può permettere. Il riferimento più ovvio e concreto è ovviamente il Lungomare Liberato, che, al netto delle problematiche di convivenza con le tante realtà del luogo, degli orari e del contesto, rimane un’iniziativa di stampo popolare, civico e associazionistico, cui il Comune ha dovuto soltanto mettere una bandierina, riuscendo a prendersene il merito (sulla stampa amica ovviamente, chi conosce i promotori e la vera organizzazione dell’evento sa bene che l’amministrazione continua a non fare nulla, a parte qualche foto in sella, per garantire che l’iniziativa vada per il meglio). Riassunto: un gruppo di cittadini ha un’idea e capisce che se non la mette in pratica con le proprie forze quell’iniziativa non si farà mai, accollandosene quindi anche costi e inevitabili lamentele. Sulla stessa lunghezza d’onda il comitato civico promotore del Centro Contemporaneo. Dopo la triste sconfitta figlia del dietrofront dell’amministrazione che – evidentemente spaventata dall’aver preso finalmente una buona e moderna decisione per la città – ha revocato la chiusura al traffico di piazza Manganelli, i

Il municipio di Catania tanti commercianti, artisti e ideatori dell’iniziativa non si sono certo fermati. E viste anche le problematiche che si sono sommate all’assenza di patrocinio da parte dell’amministrazione, si sono arrangiati. Scrivono: “A 19 mesi, ogni giorno, continuiamo la nostra battaglia di vivibilità e bellezza in quest’area del centro storico di Catania: vi segnaliamo che l’11 aprile dalle 19.00 molte delle attività che fanno parte del nostro comitato spontaneo proporranno un evento all’interno della propria “bottega” o in uno spazio condiviso o per strada (automobili permettendo). La nostra rete è la nostra forza”. Come non citare poi le associazioni e le tante pagine Facebook che, letteralmente sommerse di proposte e contatti, stanno direzionando in maniera sempre più concreta le opere di opinion making in città – voi direte: ma tanti like non sempre sono sinonimo di buona idea e in ogni caso non è credibile come parametro. Vero, verissimo. Ma è questa la direzione che la società sta prendendo, non si può pensare di “scendere in piazza” senza una ragguarde-

vole conta sui social. I gruppi civici e le pagine che si occupano di viabilità insistono sulla promessa non realizzata da Bianco riguardo alle piste ciclabili in città, tra tutte quella che avrebbe dovuto collegare il lungomare catanese a quello di Acitrezza, che così tante trionfanti pagine di giornale aveva riempito. E delle piste ciclabili al Comune frega così poco che sono stati proprio i promotori delle iniziative civiche – social sì, ma anche per strada – a pulire i cartelli dell’unica ciclabile esistente, quella che da piazza Stesicoro porta alla Stazione (e che, come si evince dai documenti da noi già pubblicati, teoricamente sarebbe dovuta arrivare fino a piazza Europa). Scrivono: “Noi ci auguriamo che il comune prenda finalmente a cuore i problemi dei ciclisti catanesi e non continui a trascurarli come ha sempre fatto in questi anni; questo cartello, la non realizzazione di nessuna pista ciclabile e la cancellazione di quella prevista tra la stazione e piazza Europa ne sono i simboli evidenti, noi siamo certi che presto avverrà un cambio di rotta, tutte le città siciliane si stanno adeguando, non possiamo essere l’unico comune a cancellare le piste invece di realizzarle”. Ma come detto non ci sono solo le associazioni. Anche gli imprenditori sentono la distanza delle istitu-

zioni. Emblematico il caso del botta e risposta tra Gigi Tropea, vittima di furto con “spaccata” e danni per migliaia di euro appena qualche giorno fa, e l’assessore Saro D’Agata. Dopo l’incidente, Tropea elenca tutte le problematiche storiche del viale Africa, appellandosi al sindaco e scrivendo infine: “Non credete che potremmo essere una grande forza ed essere noi dei bravi politici capaci di fare cose concrete senza bisono di dover rubare i soldi dei cittadini? Io sono pronto a mettermi in politica, pulita e senza compromessi”. Lo sfogo non è andato giù a D’Agata, che, non comprendendo l’esasperazione del commerciante colpito, contrattacca dalle pagine amiche de La Sicilia, accusando Tropea di protagonismo e di rimarcare una situazione negativa soltanto perché colpito da interessi personali, che gli impedirebbero di apprezzare i miglioramenti addotti dalla sua amministrazione. Proseguendo nella polemica, Tropea ha definito “piccola” la risposta dell’assessore, sottolineando come dalle sue parole di evinca la lontananza dalle vere problematiche dei commercianti catanesi. Episodi come questi presi singolarmente sembrerebbero normali dinamiche di convivenza tra diverse anime di una città; in realtà, la somma algebrica di ciascuna di queste situazioni è quel divario ormai insanabile tra le due città, tra due governi in cerca di legittimità. Più che schierarsi verrebbe da chiedere: se aveste un’idea o un problema, a chi lo sottoporreste? Ad un gruppo che condivide la stessa visione dell’idea o del problema, o ad un rappresentante delle istituzioni?

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Aprile 2015 - Opinione

Cooperativa Concordia e Sicilia: due facce dello stesso Pd di Claudio Mec Melchiorre

Sulle pagine dei giornali, in questi giorni, campeggia l’ennesimo scandalo che più che lambisce il partito di governo. L’ennesima cooperativa coinvolta. Mentre non si hanno notizia consistenti sulla CMC, costruttrice della Palermo Agrigento per conto dell’Anas, la coop Concordia è stata accusata dal pm Woodcock di aver corrotto almeno un sindaco e il fratello di questo, per ottenere lavori di metanizzazione nella piccola isola di Ischia. A dare concretezza alle accuse, un uomo definito supermanager della coop, Francesco Simone. Sono costretto a dire che io Francesco Simone lo conosco. Sin dal 1981. Ero un quindicenne che aveva deciso di fare una lista a scuola e programmava di farne una per le elezioni distrettuali. Per questo andai alla federazione del Partito Socialista di Roma. Lì scoprii che non c’era un’organizzazione giovanile e cominciai a tirarla su, per la parte che mi interessava. Tanto entusiasmo, fece tornare in federazione altri dirigenti giovanili ormai disabituati a quella nobile arte che è la politica fatta sul campo. E ricostituimmo la Federazione Giovanile Socialista. Doveva essere accaduto qualcosa di straordinario, per qualche strana alchimia, anche nel resto d’Italia. Dopo qualche mese si celebra un’assemblea a Ferrara che promette di incoronare un segretario nazionale, il pugliese Francesco Simone. Dopo l’assemblea, passiamo

per l’albergo dove alloggiava e troviamo un direttore d’albergo inviperito. Il caro ragazzo non aveva pagato gli extra che ammontavano a una cifra superiore al costo della stanza. Francesco non perdeva mai il sorriso. E quando lo incontravi, eri sicuro che poi ti avrebbero comunque raccontato un aneddoto negativo. Non gli voglio male, ma so che è fatto così. Capace di affabulare, far credere all’interlocutore cose incredibili. Vedrà la giustizia se sia un millantatore, un corruttore, o un contaballe. So solo che le sue malefatte alla giovanile furono tali che fu cacciato in malo modo per solenne arrabbiatura di Craxi. Con quel che si dice oggi del Psi, si fa fatica a crederlo, ma era un’organizzazione piuttosto permalosa. Al partito ladri e profittatori, così come imbroglioni, non erano graditi. Per noi che militammo in quel partito, tocca ancora una volta distinguere tra quanti facevano male allora e noi. Per dire una parola chiara, da noi i Francesco Simone e i Lavitola sono stati allontanati. La Seconda Repubblica li ha accolti felice. Chi siano i ladri e i malfattori tra quanti sono stati perseguitati per una militanza onesta e quelli che si sono ritrovati in posti di responsabi-

lità grazie ai moralizzatori, pur avendo seri problemi a capire cosa si può fare da cosa non si può fare, dovrebbe essere chiaro. I farabutti che avrebbero dovuto finire la loro carriera vent’anni fa, sono ancora vivi e vegeti. La classe dirigente che aveva portato l’Italia ad essere la quinta potenza industriale, è stata spazzata via con quale ignominia e da parte di chi, è tutto da capire. In Sicilia, è epoca di grandi traslochi in casa Pd. Da quando si sente partito di governo per il governo, il Pd è diventato un partito mobile. Le persone per bene che c’erano, tendono ad andarsene. Ad accomodarsi, sono invece i protagonisti degli ultimi vent’anni di mala amministrazione a tutti i livelli. E’ il turno, ultimamente di ras dei partiti di Forza Italia, Lombardo, Udc che senza nemmeno scomodarsi a spiegare il

perché ora sarebbero di sinistra, sono stati accolti a braccia aperte. Sarà un caso che ora il Pd ha dichiarato che l’esperienza di Crocetta al governo regionale è conclusa? Sarà un caso che gli esponenti di questo neonato Partito Democratico Unico e clientelare, se prima erano clientelari gli ex avversari, ora colleghi, si oppongono a Crocetta, ma non allo sfascio finanziario di tutta la regione? No, non è un caso. La Seconda Repubblica è stata ricettacolo del peggio della prima. Gli scandali a ripetizione che nel 1992 fecero indignare, grazie alla stampa del Corriere della Sera, di Repubblica e di Mediaset, che piazzò un suo cronista , Paolo Brosio a raccontare quotidianamente qualsiasi cosa accadesse a Palazzo di Giustizia, oggi non fanno paura né indignazione. A noi resta il compito di distinguere tra una classe dirigente

perseguitata perché per bene, da quanti ancora oggi sguazzano tra i disastri regionali, tra la partecipazione azionaria ad una discarica ed una corruzione per lavori pubblici che spesso non vengono nemmeno fatti, solo pagati. Basti pensare ai casi delle strade siciliane, delle stesse discariche, dei siti web. O anche i casi ancora più eclatanti della ricostruzione in Abruzzo, le opere dell’Isola della Maddalena per il G8, o l’Expo di Milano. Lasciatemi dire con semplicità che i corrotti di oggi erano i mascalzoni di ieri, in molti casi. La Prima Repubblica li aveva scartati, la Seconda li ha salvati, questo Pd e il suo braccio operativo, le cooperative, spesso li hanno assunti. Per parte mia dico che quella classe dirigente pulita, deve saldarsi con le brave persone e impegnate di oggi per riprendere in mano il Paese. Non ce ne vogliano Crocetta, Renzi, Bianco. Hanno malamente fallito. Se non vogliono essere sostituiti da altri faccendieri, magari simpatici, ma comunque incapaci e non desiderosi di amministrare correttamente la cosa pubblica, ci aiutino a fare qualcosa di meglio per tutti. Oppure se ne vadano. Le chiacchiere non servono. L’Italia e la Sicilia sono nei guai. E non abbiamo bisogno di questo Pd. Abbiamo bisogno di un partito riformista, capace e veramente democratico. Cosa che loro non sono. Per un verso o per un altro. Andate alla cassa, preparatevi ad uscire e aiutateci a ricostruire, se volete davvero fare qualcosa di buono.

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Aprile 2015 - Giudiziaria

Lo scandalo del trasferimento del tribunale lavoro, fra sviste e rinvio di Marco Benanti Nell’indifferenza generale, al Palazzaccio e alla ex pretura di Catania, si dipanano vicende giudiziarie che altrove riscuoterebbero attenzioni ben altre e ben alte. La “normalità catanese”, invece, prevede un “canovaccio”-fatto di poco e nullo intresse- già visto, in linea, del resto, con il costume di vita di una comunità di abitanti, non di cittadini. Esempio? Lo scandalo del trasferimento del tribunale lavoro in via Guardia della Carvana da via Verona (dal settembre 2013). Una vicenda incredibile, con un contratto di locazione “a peso d’oro” (800mila euro l’anno), un affitto per un ufficio pubblico divenuto un affare per il privato (l’imprenditore Domenico Toscano), un comune, quello di Catania, che sembrava fare la parte del comprimario, non del protagonista della tutela delle ragioni pubbliche: in mezzo poche o alcuna critica o protesta, tanta indifferenza, insomma. Poi, lo scorso anno, la procura

della Repubblica aveva rinviato a giudizio, a citazione diretta, tre soggetti legati a questa vicenda. Il 25 novembre scorso, infatti, davanti al giudice monocratico della prima sezione penale del tribunale di Catania, avrebbe dovuto avere inizio il dibattimento per l’imprenditore Domenico Toscano, il legale rappresentante della società “Domus Enterprice” (c’è da dire che alla “Domus

Enterprice” sono successivamente subentrate nel contratto la “Leocam società immobiliare srl”, la “Femacar Immobiliare srl” e la “Leonhouse Immobiliare srl”) Carmelo Russo e il progettista Giuseppe Garilli. Il Pm della Procura della Repubblica di Catania Agata Consoli aveva firmato il decreto di citazione a giudizio. Le imputazioni? Violazione edilizia, falsità

ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servzio di pubblica utilità e truffa. E com’è finita? Da una difesa, in particolare dall’avvocato Tommaso Tamburino, si è fatto notare al giudice Eliana Trapasso che per questo tipo di reati (nello specifico, la truffa) è previsto il passaggio dal Gip. Che, invece, non c’era stato: c’era stata la citazione diretta. Di qui, la tra-

smissione di nuovo degli atti al Pm: per ricominciare daccapo la procedura. A marzo scorso, si è tenuta l’udienza preliminare: e cosa è successo? Difetto di notifica e rinvio al 21 aprile. Intanto, il comune di Catania si è costituito parte civile. Niente di particolare, insomma: al massimo si potrebbe prescrivere buona parte del procedimento? Chissà. Vedremo. Intanto, il comune di Catania, con la nuova amministrazione, ha disdetto il contratto, ma il Tribunale lavoro è sempre in via Guardia della Carvana: il paventato trasloco in altra sede non si è fatto ancora. E sembra che non si farà mai. Anche perché ora l’onere economico è passato al Ministero (il comune prima pagava e poi si faceva rimborsare). Per la cronaca, in Tribunale per questo procedimento, non si segnalano, anche stavolta, presenze di “indignati”, di “societàcivili” e altre soggetti presunti “controllori della spesa pubblica”. Come costume di Catania prevede.

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Aprile 2015 - Opinione

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Aprile 2015 - Attualità

Pittella: “Una Europa più forte e non solo economicamente” di Dario Li Mura

A margine della conferenza tenuta a Catania dalla Fondazione “Nuovo Mezzoggiorno” sul nuovo percorso di sostegno alla crescita voluto dalle istituzioni europee, per approfondire questo tema abbiamo sentito l’On. Gianni Pittella, eurodeputato del Partito Democratico e presidente del gruppo dei socialisti e democratici presso il Parlamento Europeo. - Dall’Ucraina alla Libia gli scenari internazionali di maggiore crisi insistono al confine con l’Europa, che ruolo gioca l’UE, ha davvero cambiato verso? “Deve cambiare verso e assumere una iniziativa politica, in parte l’ha fatto con il nuovo rappresentare della politica estera Federica Mogherini, che dobbiamo tutti sostenere, perché o c’è l’Europa in tutte queste crisi o noi scontiamo una irrilevanza politica. dobbiamo sostenere l’iniziativa di pace dell’Onu in Libia, dobbiamo assolutamente garantire ad un possibile ed auspicabile governo di unità nazionale in Libia l’egida dell’UE ed anche un contributo sostanzioso per la ricostruzione del paese”. - Ritiene che l’attendismo dell’Europa nei confronti di un allargamento alla Turchia possa essere tra le cause della progressiva radicalizzazione della politica interna Turca? “Non penso che la radicalizzazione, che sta avvenendo nella politica interna turca, possa essere attribuita all’Europa. C’è invece una responsabilità di una parte delle forze politiche europee, che è quella di aver dato alla Turchia l’illusione dell’ingresso nell’UE e dopo 40 anni di non averlo concretizzato, questo è un grave errore.” - C’è ancora spazio per la

Un momento della conferenza

Turchia nell’UE? “Io penso di sì e se siamo lucidi e lungimiranti, quel paese, se rispetta i parametri previsti dall’acquis comunautaire, dentro l’Europa sarebbe uno schiaffo enorme a tutti coloro i quali, e ce ne sono tanti tra i terroristi e i fondamentalisti, sostengono che l’occidente è contro l’Islam, che è una grande fesseria. Noi non siamo contro l’islam, siamo per l’incontro tra le civiltà, le culture, le religioni”. - Il deficit democratico e il ruolo dei governi nazionali nelle decisioni strategiche rendono l’UE poco credibile come interlocutore internazionali su questo ancora non si è cambiato verso. “Bisogna insistere nell’andare avanti in un processo di integrazione politica. La politica estera è un punto fondamentale, il fatto di aver eletto Juncker Presidente della Commissione Europea, dopo aver fatto una campagna elettorale su candidati presidenti, è un passaggio politico importante nell’affermazione del ruolo dell’Europa come entità politica, non come una

somma di interessi governativi nazionali”. Andando alla politica interna, c’è una profonda differenza negli indicatori economici del Mezzogiorno rispetto al resto d’Italia, è forse questo il vero spread che conta, che aiuto viene dall’Europa? “Noi daremo una mano a risolvere questo problema, perché con la interpretazione che siamo riusciti a dare del patto di stabilità, del famoso vincolo del 3%, anche il patto interno sarà più flessibile ed anche chi amministra regioni ed enti locali avrà maggiore possibilità di finanziare gli investimenti che servono al mezzogiorno. Poi c’è tutto il tema delle risorse comunitarie su cui non c’ è una responsabilità del Governo Italiano, c’è una responsabilità di chi gestisce, le regioni, bisogna fare un mea culpa. Ci sono anche casi di buona pratica, ma la nuova programmazione va gestita sapendo che le risorse vanno concentrate sulle grandi opere e sulle grandi iniziative, sia infrastrutturali fisiche che infrastrutturali

immateriali. La mia idea è che i governatori delle regioni del Sud si mettano assieme e una parte dei fondi strutturali siano programmati e spesi insieme, per iniziative che interessino tutta la macroregione del Sud” - Indicatori Economici e debolezza della democrazia fanno temere l’africanizzazione di alcune regioni mediterranee dell’Europa, come Grecia e Sicilia, che margine c’è per ricucire questa frattura all’interno dell’Europa? “Ci deve essere lo spazio del recupero, perché lo spappolamento dell’Europa, in un’are del nord che va bene e un’area del sud che viene abbandonata, è il suicidio politico economico e sociale di tutta l’Europa, anche della Germania, dell’Olanda, della Danimarca del regno Unito. La frattura va ricomposta, non a caso si è deciso di dar vita ad un piano Europeo degli Investimenti che ridarà linfa anche alle nazioni dell’Europa Mediterranea, non a caso si è deciso di rendere più flessibile il patto di stabilità, il che

aiuta soprattutto le nazioni del sud-Europa. Ciò rappresenta una svolta rispetto alle politiche fallimentari delle precedenti gestioni, che sono state improntate all’austerità e l’austerità si è rivelata poi un’austericidio”. - In molti tra gli osservatori hanno visto un nesso tra il fenomeno dei foreign fighters e una crisi d’identità dell’occidente, ritiene che di questa crisi via sia anche traccia nella difficoltà dell’Unione di adottare una Costituzione Europea? “Sicuramente il fatto che la Costituzione Europea ha abortito nel corso delle ratifiche referendarie non ha aiutato, ma certo non si può dire che oggi ci sono i foreign fighters perché non c’è la Costituzione Europea. I foreign fighters nascono perché non c’è un clima culturale e politico che ha aiutato l’incontro delle religioni delle civiltà, perché ci sono aree di emarginazione forti ed in queste aree nascono e si alimentano le frustrazioni di queste persone, che vedono l’occidente come nemico e vedono l’islam erroneamente come la religione da riscattare attraverso atti di suicidio. L’immolazione della propria vita all’islam non è contemplata dall’islam, è una mutazione, una metastasi che hanno introdotto i movimenti terroristici da Al-Qaeda all’Isis, domani chissà quale altra sigla verrà. Costoro strumentalizzano una religione che ha ben altre fondamenta e che certamente lavora per la pace e il rispetto della dignità delle persone, per la vita. E’ questo che bisogna far capire, che Cristianesimo, Islam, Ebraismo non voglio l’annullamento dell’uomo e la morte come sacrifico per realizzare dei precetti, questa è soltanto una grande e paurosa mistificazione che noi ancora non siamo riusciti a smentire”.

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Aprile 2015 - Jonica

Mascali, la chiusura del Centro Sociale sarebbe una iattura di Alberto Cardillo Quello a cavallo tra anni ‘70 e ‘90 fu il ventennio delle vacche grasse, quando in quasi tutti i Comuni siciliani politici e faccendieri si sbizzarrirono nel concepire e far nascere come funghi mega opere pubbliche di vario genere, spesso cattedrali nel deserto, spessissimo lasciandole poi incomplete. Mascali non fu esente da questo fenomeno, ed è così che a metà degli anni ‘80 iniziò la costruzione di una imponente opera pubblica con annesso auditorium dalla capienza di oltre trecento posti a sedere. L’opera che nelle intenzioni doveva essere un luogo di ritrovo per la comunità mascalese, così come vuole la migliore tradizione italica, fu stata lasciata incompleta e in stato di abbandono per molti anni. Nel 1998 una luce nelle tenebre dello spreco pubblico, l’allora amministrazione comunale decise di completare l’opera riuscendo anche a dotarla del

certificato di collaudo statico. Successivamente fu ribattezzata “centro sociale Karol Wojtila” e furono anche appaltati i lavori per l’adeguamento alle norme di cui alla Legge 46/9, nonché per l’adeguamento alle norme antincendio. Il centro sociale, una volta inaugurato e reso fruibile, per oltre un decennio ha rappresentato l’unico luogo di ritrovo pubblico mascalese dove tutte le associazioni locali e scuole hanno potuto mettere in scena spettacoli di vario genere. Un luogo ideale anche per conferenze ed importanti convegni. Non solo, il centro sociale è stato adibito anche come sede della biblioteca comunale e di diversi uffici municipali. Inspiegabilmente, però, da due anni il grande auditorium comunale è interdetto all’utilizzo pubblico, non si comprende esattamente per quale motivo, defraudando così l’intera comunità mascalese dell’utilizzo

Il centro sociale Karol Wojtila di un’opera dalla massima importanza per lo sviluppo sociale e culturale per li contesto locale. In questi giorni autorità sindacali interne al Comune hanno provveduto ad inviare delle lettere ad organi istituzionali provinciali (Prefettura-ASL-Vigili del Fuoco) nella speranza che

nel rivolo di leggi, leggine e norme varie -che come tutti sappiamo in Italia abbondanosi trovi quella giusta per chiudere definitivamente questa strategica opera pubblica. Ma chi e soprattutto perché qualcuno ha interesse far chiudere il centro sociale? Accertato che tale opera è in

possesso del certificato di collaudo statico, e che pertanto non sussiste alcun pericolo strutturale, se fosse stato riscontrato che tale struttura per la fruizione pubblica avesse avuto di bisogno di qualche ulteriore altra certificazione, sarebbe stato certamente più opportuno sensibilizzare gli organi tecnici comunali alla definitiva risoluzione del caso, mettendo –se necessario- in cantiere lavori di adeguamento, in modo da dare alla città la possibilità di utilizzare tale opera. Ascoltando i cittadini di Mascali emerge chiara la voglia di rivedere il centro sociale aperto e fruibile, specie per il contesto di grave sfilacciamento sociale che la città vive. Una speranza affidata alla Commissione Straordinaria del Comune di Mascali, che oggi regge l’amministrazione. Una speranza che tutti quelli che a Mascali vogliono bene si augurano non sia vana.

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Aprile 2015 - Gela

Quando i cittadini si stancano partono le diffide d i L il iana Bla nco

Parte, ancora una volta, dalle popolazioni la richiesta di rispetto delle leggi vigenti. I componenti dei comitati promotori di (veri) Liberi consorzi siciliani, hanno inviato al presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone e all’assessore regionale delle Autonomie locali e funzione pubblica, Ettore Leotta, un atto stragiudiziale di diffida, per dare seguito a quanto disposto dalla legge

regionale 8/14, laddove intanto tutta la politica regionale si ostina indefessamente a proteggere i 9 collegi (coincidenti con le ex province) per l’elezione all’Ars. Ciò che sta avvenendo in Sicilia a causa della riforma dell’ente intermedio, è di una gravità inaudita. Dopo aver approvato una legge (la n. 8 del ‘14), ponendo le condizioni (seppur difficili), per la costituzione di nuovi Liberi consorzi e la migrazione da un ente intermedio (libero consorzio o città metropolitana) ad un altro, innanzi all’azione di alcuni co-

muni che hanno correttamente espletato l’iter di migrazione, il parlamento siciliano - senza pudore alcuno - si accinge ora a produrre un’altra legge sulla stessa disciplina, senza abrogare ma semplicemente disapplicando la legge regionale. Una condotta omissiva rispetto ad una legge in vigore e a cui si dovrebbe invece dare attuazione, non tenendo in considerazione alcuna le scelte dei consigli comunali e, cosa ancor più grave, non tenendo conto nei casi di Gela, Piazza Armerina, Niscemi e Licodia Eubea, della volontà delle popolazioni

che si sono espresse attraverso referendum confermativi, nel complesso votati da 33.000 cittadini. Se a fronte di tutto ciò il Parlamento regionale decidesse di voler ugualmente procedere, sarebbe la prima volta in Italia in cui non viene dato seguito a un referendum confermativo. L’atto stragiudiziale di diffida, pertanto, è solo un’anticipazione: i comitati, i cittadini e le amministrazioni locali, sono determinatissimi ad andare avanti, financo oltre, pur di far rispettare le libere scelte. Se il governo e il parlamen-

to regionale, continueranno a procedere nella direzione che porta all’annullamento delle volontà dei comuni e delle volontà popolari, allora inizieremo un percorso difficile, intraprendendo anche le vie legali attraverso la Corte costituzionale e gli istituti europei. Chi pagherà i danni? Tutto ciò, non sarà piacevole per la Sicilia ed i siciliani, in quanto ci porrebbe all’esterno come una regione priva di orientamento, di rispetto nei confronti delle regole (leggi), della libertà, della democrazia e, non ultimo, del buon senso.

Gela fuori controllo, in poche ore bruciate nove auto Al bando la pace! E’ stata una Pasqua di fuoco a Gela . In una sola ora sono state date alle fiamme ben nove auto in tre quartieri diversi e lontani l’uno dall’altro, tra Caposoprano, Giardinelli e Macchitella. Il rogo più pericoloso è divampato in via palazzi sotto una palazzina residenziale al civico 47, dove al piano terra ha sede una banca fornita di impianto di videosorveglianza. Noncuranti di questo i piromani si sono scatenati in maniera incontrollata: hanno incendiato e distrutto tre auto (nella foto) ed altre due sono state coinvolte dal fuoco. Le fiamme si sono alzate fino agli otto appartamenti dello stabile, tanto da indurre le forze dell’ordine ad ordinare l’evacuazione dei residenti. I primi ad intervenire sono stati i carabinieri della compagnia di Gela. Due di loro, Michele Umana e Gaspare Marino sono stati i primi ad aprire le forze di ingresso degli appartamenti ed a respirare il monossido di carbonio in quantità tale da rischiare l’intossicazione. Sono riusciti a far uscire una giovane donna

e la figlioletta di 4 anni. Per loro è stato necessario il trasferimento al servizio di pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di Gela: i medici hanno pronunciato una prognosi di pochi giorni. Momenti di panico per tutti gli altri residenti fra cui una professionista pensionata di 93 anni. Più argute due sorelle anziane: i militari ed i pompieri hanno forzato la porta perché non davano segni di vita, ma le due donne avevano già abbandonato l’appartamento e si erano rifugiate nello stabile di via Lo Piano presso amici per mettersi in salvo. In via Ferrandina sono state date alle fiamme tre auto. Due ssono di proprietà di pensionati. Nel quartiere Giardinelli è stato registrato l’ennesimo incendio. L’allar-

Alcune delle auto incendiate

me è stato lanciato ai vigili del fuoco che erano già impegnati a domare gli altri incendi. Il proprietario ha rotto gli indugi ed ha provveduto da se a salvare la sua auto. “Di fronte a gesti del genere è forte il sentimento di indignazione e di rabbia. Episodi come questi non solo vanno duramente condannati ma va riservata loro la massima attenzione delle Istituzioni e delle Forze dell’ordine. Non è più tollerabile sopportare l’escalation di questi atti indegni che

solo per pura fortuna non hanno avuto conseguenze peggiori e assai più gravi”. C’è rabbia nelle parole del sindaco Angelo Fasulo nel commentare la serie di attentati incendiari che nella scorsa notte hanno colpito la città. Ben nove vetture incendiate in tre quartieri diversi in appena un’ora e quattro persone, una donna ed una bimba e i due carabinieri che le hanno soccorse, costrette a far ricorso alle cure mediche del Pronto Soccorso. “A nome mio e dell’amministrazione comunale, ma sono convinto di rappresentare il sentimento dell’intera comunità gelese, voglio esprimere la più profonda solidarietà alle persone coinvolte. –ha detto il primo cittadino- al Brigadiere Michele Umana e al carabi-

niere Gaspare Marino vanno inoltre i più sentiti ringraziamenti per la prontezza del loro intervento che ha scongiurato conseguenze peggiori. Domani stesso, insieme alla Giunta, li incontrerò per esprimere loro di persona la riconoscenza della città”. “Domattina alle 8.30 ho convocato una Giunta straordinaria per affrontare il problema della sicurezza, incontreremo immediatamente il Prefetto per chiedere un immediato potenziamento dei controlli – ha concluso il sindaco Fasulo – Chiederemo sin da subito un rafforzamento dei servizi preventivi ed un immediato incremento di personale specializzato delle Forze dell’ordine sul territorio. Sono più che certo che, per quanto avvenuto quest’oggi, sia la magistratura che le Forze dell’ordine, cui va la mia stima per il lavoro che giornalmente svolgono, porteranno avanti ogni indagine utile all’individuazione dei responsabili ed alla tutela dell’incolumità dei nostri cittadini”. L.B.

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Aprile 2015 - Gela

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Aprile 2015 - Messina

Aria di elezioni e si riparla di Ponte e di Aeroporto di Giovanni Frazzica A Milazzo, dopo lunghe pause di silenzio, si torna a parlare dell’Aeroporto del Mela per merito dell’on. Angelo Attaguile, Coordinatore per la Sicilia di ‘Noi con Salvini’. Il parlamentare catanese ha parlato della possibilità di realizzare la struttura durante una conferenza per la presentazione della candidatura a sindaco di Milazzo dell’operatore turistico Giuseppe Ragusi. “Assumo questo impegno – ha detto Attaguile - a nome di tutto il movimento e aggiungo la mia disponibilità a far parte, in qualità di assessore, della giunta di Pino Ragusi così da poter dare maggior concretezza alla realizzazione dell’aeroporto, alla luce anche del fatto che sono componente della Commissione Trasporti della Camera dei deputati”. Su questa notizia interviene con prontezza Cosimo Recupero, ex-Assessore di Barcellona, da sempre sostenitore dell’Aeroporto del Mela. “Apprendo con soddisfazione che il tema dell’Aeroporto del Mela è stato inserito come priorità nel programma del candidato Sindaco del Comune di Milazzo Pino Ragusi con il beneplacito dell’On. Attaguile, rappresentante per la Sicilia della Lega Nord con Salvini. – scrive Recupero - Allo stesso tempo, però, rilevo con dispiacere che il tema venga trattato marginalmente, quando non del tutto taciuto od osteggiato, dagli altri candidati sindaci, non solo di Milazzo ma anche di Barcellona Pozzo di Gotto, a dimostrazione di come spesso la politica non sia in grado di cogliere le straordi-

Cosimo Recupero narie opportunità di crescita che si presentano sul territorio. Al di là dei proclami da campagna elettorale di alcuni, l’auspicio è che sul tema dell’Aeroporto, come di quello della complessiva dotazione infrastrutturale del territorio tirrenico, si faccia un serio lavoro di confronto fra le forze politiche e sociali e fra le amministrazioni che usciranno dalle urne il 31 maggio prossimo, pena l’acuirsi di un divario fra la nostra area e altre del Paese, divario che già oggi è diventato intollerabile”. A Messina suscita ancora interesse la notizia secondo cui la Salini-Impregilo sarebbe pronta a ripartire per costruire il Ponte. Sul tema intervengono i promotori del “sì” alla grande infrastruttura. Giovanni Alvaro, Bruno Sergi e Cosimo Inferrera che dicono: «Ancora ci sono le possibilità per non gettare tutto al vento. L’Italia è purtroppo il primo paese dell’Ue nella classifica delle corruttele, mentre è l’ultimo paese per la realizzazione delle infrastrutture. Sono le vene

Salvatore Natoli che fanno circolare il sangue nel corpo del paese, e quando funzionano riescono a pompare ricchezza facendolo vivere e prosperare». La Danimarca, ultima nella lista delle nefandezze erariali e tangentizie, è la prima in Europa per opere infrastrutturali, talune spettacolari come il Ponte di ben 17 chilometri che la unisce alla Svezia. Da questi spunti che parte una riflessione di Alvaro, Inferrera e Sergi, promotori del “Sì” Ponte. «L’Italia è prigioniera delle sue stesse leggi – sottolineano in una nota – bloccata da decisioni conflittuali tra Stato e Regioni, sorte con la modifica del Titolo V della Costituzione, dalle discrasie giudiziarie, dal ruolo del ramo amministrativo della giustizia, ai codici dai mille codicilli. Infine la perdita di credibilità, decisioni politiche che violano il principio del “pacta servanda sunt” stravolgendo addirittura gare internazionali regolarmente vinte, fattore di depotenziamento delle proprie imprese che all’estero realizza-

no opere mirabolanti. La vicenda del Ponte sullo Stretto appartiene a questa categoria. La mannaia che ne avrebbe decretato la fine è stato il portato di una legge, voluta da Monti, ma la cordata vincente non vorrebbe fruire dei diritti violati per trarre l’esclusivo vantaggio economico previsto dalle penali. Infatti l’ad della Salini Impregilo, Pietro Salini, pur potendo, assieme alle altre imprese internazionali coinvolte nell’appalto, decidere di “accontentarsi” delle salatissime penali previste, ha dichiarato di rinunciare alle stesse se si dovesse decidere di far ripartire il progetto che è un vero e proprio gioiello dell’ingegneria italiana. Vi è da aggiungere che non si tratta solo di un gioiello dell’ingegneria da ammirare, oltre alla sua costruzione (che comporta una rilevante occupazione), sarebbe un risultato eccezionale, ma sul Ponte c’è anche un interesse nazionale non solo per l’unificazione reale del Paese, dalle Alpi alla Sicilia, che si determina rompendo final-

mente l’isolamento del Sud, ma anche per la dotazione di quelle vene che “pompano” ricchezza nell’intero corpo del Paese. Si è sempre parlato del Ponte come gallina dalle uova d’oro, e possiamo parlare di “giacimenti nascosti” di ricchezza. Non è infatti ricchezza captare una fetta importante dei container che transitano nel Mediterraneo? Non è ricchezza dotare il paese di un sistema logistico per le merci che vanno o vengono dal Nord Europa? Certamente i “no Ponte” non hanno idea di cosa questo significhi, altrimenti, forse, non avrebbero spinto per la cancellazione della gara regolarmente vinta che costerà allo Stato più di quanto esso avrebbe potuto spendere per la megastruttura dello Stretto di importanza vitale per il Paese. C’è una voglia nuova che emerge dalle parole del viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, ed è viva la speranza che finalmente si passi dalle parole ai fatti, dai programmi fatui della pseudo politica ai progetti di ingegneri, architetti, urbanisti, economisti, sociologi da toccare con mano nei prossimi convegni di Messina il 26 aprile e di Roma il 6 Maggio, questo ultimo portato proprio in una sede dell’Ue». Intanto Messina piange per la morte di un illustre concittadino: Salvatore Natoli, presidente della Regione la notte del 27 novembre 1989, si dimise poche ore dopo a causa della difficile situazione politica del momento, ma oltre che politico di lungo corso, fu anche anche un uomo di cultura e sicilianista, saggista e storico, scrisse numerosi libri e articoli.

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Aprile 2015 - Politica regionale

Il Paginone segue dalla prima al momento, gli intenti del Pd che ci lasciano perplessi anche perché ci sembrano campane stonate già suonate e risuonate. Facciamo chiarezza, o almeno ci proviamo. Il Pd, negli ultimi anni, è entrato in tutti i disastri (pardon, governi volevo dire) siciliani. L’esperienza Raffaele Lombardo si sarebbe conclusa anni prima senza l’appoggio, prima esterno e poi palese, del Pd. Qualcuno può negarlo? O qualcuno, in casa Pd, può pensare che quella esperienza, drammatica per la Sicilia e per i siciliani, possa essere dimenticata e archiviata con un…tanto non è successo niente? Poveri illusi. Governavano con Lombardo contribuendo alle scelte drammatiche e, con la seconda faccia (ne hanno più di due) ripetevano ai siciliani che quella esperienza era da considerare finita, ma nulla facevano per dare un seguito ai propositi buoni, ma solo sulla carta. E, ora, la storia si ripete. Il Pd ha voluto, preteso e ottenuto il Crocetta ter (o quater ne abbiamo perso il conto) e ottenendo soprattutto le poltrone (leggasi assessori) che voleva. E chi comanda, chi sceglie, chi governa, mi sembra elementare, è complice dei successi ma anche e soprattutto dei disastri. E siccome i governi Crocetta verranno ricordati solo per disastri combinati (mascherati da azione antimafia e antispreco) ecco che il Pd è responsabile forse più dello stesso Crocetta del continuo perenne naufragio di questa nostra terra. Se Crocetta ha fallito quindi, ed ha fallito, la colpa e anche e sopratutto del Pd che cerca, vec-

La Sicilia di Crocetta aff di M a r i a d e l o s A n g e l e s G a r c i a

chio trucco, di correre ai ripari per rimediare credibilità tra gli elettori che dovranno prepararsi a esser presi ancora un volta in giro. E come si fa a riconquistare credibilità? Semplice, si usa la stessa tecnica usata per il governo Lombardo: si critica l’azione di governo ma si continua a sostenerlo senza nulla fare di concreto per arrivare a uno scioglimento anticipato. Un giochetto che ha sempre funzionato in passato: Perché non dovrebbe funzionare ancora? Forse, ma è un’ipotesi, questa volta c’è una componente in più che determinerà la scelta (o molto più probabilmente una non scelta con un tasso di astensione senza precedenti) e cioè la più completa totale disperazione dei siciliani. Qui tutto è stato distrutto e non c’è più nemmeno la forza, o la volontà, di sognare e di sperare. Sentiremo le solite immense enormi cazzate dei candidati di turno che ci riempiranno la testa di inutili chiacchiere. E’ pur vero che la politica è l’arte del sapere promettere senza però mai mantenere, ma questa volta crediamo, ci auguriamo, che la misura sia stata abbondantemente superata. Il Pd vuole recuperare credibilità? Ci vogliono fatti, se sono ancora in grado di farne. Le parole, le intenzioni (buone) non ci interessano più. Facciano in casa Renzi (pardon casa Pd) un sano mea culpa, chiedano scusa ai siciliani e,soprattutto, mandino subito a casa Crocetta. E’ l’unico modo per far pace con i siciliani onesti. E sono sempre la maggioranza. Fabio Tracuzzi

L’aula paralizzata dalle polemiche – Il governo non trova la “quadra” del bilancio Il sistema è bloccato: impossibile pareggiare il bilancio – In aula si attende l’avvio del dibattito sui documenti finanziari con lo spauracchio del commissariamento – Impossibile trovare un accordo sulla gestione delle ex province – Sale la tensione Il transatlantico impazzito - La similitudine con il Titanic affondato mentre i passeggeri danzavano ignari è usata e abusata, per rappresentare con una sola e significativa immagine la classe politica siciliana, incapace – a un tempo – sia di governare che di opporsi al malgoverno. In verità gli echi – striduli – delle risse dell’assemblea regionale, impegnata in queste ore a dipanare la matassa della mai compiuta riforma delle province, richiama semmai alla mente le immagini della Costa Concordia, adagiata su un fianco, sull’isola del Giglio, mentre il suo maldestro comandante abbandonava – tra i primi – nave e passeggeri al loro destino. Comunque sia, sempre di nave che affonda si tratta. E di ignari passeggeri con l’acqua alla gola. Mettetela come vi pare più opportuno, ma per i siciliani la prospettiva è uguale: bere o affogare. Con l’unica, possibile scappatoia, di continuare a nuotare. Sempre e comunque. Verso una salvezza possibile, ma lontana. E riservata solo ai più forti e ai più resistenti. Il dato – inoppugnabile – sta nel fatto che la nave, impazzita e senza più possibilità di essere guidata, inesorabilmente affonda. Mentre qualcuno, prima ancora di abbandonare la nave, prova già a scaricare le responsabilità su qualcun altro. O – peggio - ad aumentare la confusione, sperando che, nella calca, si sfumino le responsabilità. Colpe e responsabilità - L’altro fatto certo che si ricava dall’istantanea della sicilia che affonda, sta nella fine, lenta e inesorabile, dell’epopea del lider maximo della rivoluzione alla pescatora, il nostro CrocettaSchettino: sepolto – alla maniera di Paperino – da una tonnellata di sentenze, ingiunzioni, citazioni e insulti. Da parte di tutte le categorie di siciliani illusi e ormai disillusi. A Crocetta, da qualche mese a questa parte pare sia scaduta la “franchigia” giudiziaria. Dinanzi a lui si sono definitivamente chiuse le porte della

Procura, che spesso gli avevano offerto un palcoscenico mediatico su cui scaricare – grazie a una qualsiasi denunzia farlocca – le tensioni politiche che si addensavano periodicamente sul suo governo. Il nuovo procuratore di Palermo, Franco Lo Voi, insieme a Crocetta, ha – di fatto - messo alla porta anche il suo vero mentore politico, Beppe Lumia, che aveva aperto un passaggio privilegiato, una porta girevole, tra le procure isolane e il governo siciliano. L’ultimo scambio di poltrone magistratura-politica, la nomina di Vania Contraffatto, ex pm palermitano all’assessorato dell’energia, secondo Lo Voi ha rappresentato “una ingerenza che ha messo a dura prova la credibilità dell’ordine giudiziario”. Ma non è tutto. “Sopra” Crocetta, è stato sigillato il sepolcro imbiancato dell’antimafia di circostanza. Lo scandalo che ha travolto Antonello Montante, uomo-simbolo della imprenditoria antimafia siculo italiana, colpito – non da una ma da due indagini antimafia – ha definitivamente chiuso la stagione delle carriere antimafia “autoreferenziali”. Più gridate che vissute. Più imposte che condivise. Antonello Montante è stato, per anni, il pass-partout utilizzato da Crocetta per scalare, gradino dopo gradino, dalla provincia di Caltanissetta, il salotto buono della politica italiana. E’ stato grazie alle aderenze e alle altolocate frequentazioni confindustriali, che l’improbabile e grossier governatore ha trovato sempre libera, per anni, una poltroncina in prima fila nelle trasmissioni più “glamour” della tv nazionale. Il declino era scritto nelle cose. Crocetta, in buona sostanza, è rimasto solo a reggersi le braghe. Con Montante costretto perfino ad autosospendersi dall’agenzia dei beni confiscati e comunque ridimensionato nei felpati corridoi di viale dell’Astronomia, sede di Confindustria. Per non dire di Lumia, costretto a giustificarsi per l’uso di uno studiolo personale a palazzo d’Orleans e

Rosario Crocetta per le toppo frequenti trasferte al seguito del “suo” governatore. Una situazione presa al volo dai renziani “doc”, che il governatore l’hanno sempre subito come i cavoli a merenda. Ed ecco infatti che, a chiudere il triangolo delle Bermude in cui tragicamente sprofonderà l’ultima scialuppa a cui è aggrappato Crocetta, è arrivato Alessandro Baccei, primo e unico assessore dell’economia capace di ritirare la sua firma dalla legge finanziaria mandata al parlamento dal governo di cui fa ufficialmente ancora parte. A voler tirare di somma, di questo naufragio annunciato si conoscono i colpevoli: rintracciabili senza alcun dubbio nel variopinto cerchio magico di Crocetta e Lumia dei loro “pards” confindustriali. Ma ci sono, soprattutto, dei responsabili: e sono identificabili nei “reggenti” del pd del lungo interregno congressuale e di questo ampio scorcio di reggenza renziana. Sono loro che hanno dato vita al “fenomeno” Crocetta, figlio – appunto – del vuoto della politica: prima per assicurarsi i voti di Crocetta al congresso pd. E poi, nella speranza di condizionare l’andamento del governo regionale. Finendo per assecondare sempre e comunque, le bizze dell’imprevedibile prestigiatore partito da Gela. L’autonomia “strozzata” Renzi e Faraone, che hanno ampiamente dimostrato di saper far di conto, hanno ben presto capito che il “mostro” non era domabile. Ma il gioco era ormai stato avviato. E la partita doveva essere giocata fino in fondo. Con le carte disponibili. E la più facile da giocare è stata proprio quella finanziaria. Ogni volta che il governatore, negli ultimi dodici mesi, s’è presentato a Roma a chiedere un “obolo” d’emergenza, buono a tappare uno dei mille buchi della sgangherata finanza regionale, è stato accontentato. Ma è stato costretto a firmare una cambiale a medio termine. E’ bastato un anno. Il primo anno

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Aprile 2015 - Politica regionale

affonda come il Titanic: “si salvi chi può”

cetta

di governo renziano, a costringere nell’angolo Crocetta, alle prese adesso con la falla più grossa, quella del bilancio annuale. La stessa che esattamente un anno fa lo vide arrivare ansimante dinanzi alla corte dei conti, per scongiurare, all’ultimo secondo, la certificazione del default. Quest’anno il gioco s’è fatto subito duro, come abbiamo visto. Con l’assessore al bilancio voluto nientemeno da Del Rio che ha giocato “contro” il governatore fin dalle prime battute. E arrivando perfino a negare la sua firma alla finanziaria. Con un governatore sempre più anemico, indebolito dalle abbondanti “perdite” di sostengo e di credibilità, sbugiardato nelle aule dei tribunali, osteggiato dai sindacati, sempre più sganciato dai partiti e certamente non amato dai siciliani. Crocetta, insomma, ha fatto ciò che fanno i ludopatici: ha tappato i debiti di gioco facendo altri debiti più grandi. E a sempre più breve scadenza. Fino a rimanere strozzato dallo stesso cordone ombelicale che gli aveva dato la vita. Il problema sta nel fatto che, insieme al governatore, è stata strozzata – forse per sempre – la storica “autonomia”, più volte violata, in questi ultimi dodici mesi, in uno con la costituzione che le fece da culla. Prima il taglio definitivo alle tradizioni più significative: a partire dalla obbligatoria presenza del presidente regionale alle riunioni del consiglio dei ministri in cui si discute di temi statutari. Per non dire del taglio ai trasferimenti, soprattutto a quelli legati a funzioni “trasferite” dallo Stato. Passando per lo sbeffeggiamento dei patti siglati dalla Commis-

sione paritetica Stato-Regione, baluardo dell’essenza “pattizia” dello stesso Statuto. Per arrivare alla cancellazione del Commissario dello Stato, residuo anch’esso dell’impostazione negoziale dei rapporti tra governo regionale e governo nazionale. Adesso Crocetta è solo, minacciato di ricorso da parte del governo nazionale, finalmente libero di impugnare i bilanci della Regione, che come ha ampiamente certificato la Corte dei Conti, Crocetta stesso ha esitato in palese violazione delle leggi, dei regolamenti e perfino della Costituzione, che ormai prevede il pareggio dei conti della pubblica amministrazione. A tutti i livelli. Il naufragio di Crocetta-Schettino - E’ perfino troppo facile, a questo punto, perfino per Faraone, sparare contro CrocettaSchettino, sapendo di fare centro. Ma naufrago di sé stesso, Crocetta non ci sta. E punta i piedi. E strilla. E strepita. Giocando a tagliare i ponti e ad avvelenare i pozzi, come si dice. Per giocare la sua ultima partita, quella della disperazione, da solo contro tutti. L’exit strategy del governatore si delinea ogni giorno con maggior chiarezza: gettare scompiglio in ogni comparto sociale, scatenare le piazze. Aizzare, affamare, tagliare, licenziare, sembrano le parole d’ordine. Crocetta punta su due elementi chiave: lo spirito di sopravvivenza dei deputati regionali, disposti a tutto pur di rimanere incollati alle poltrone. E la rabbia di chi si vedrà, di qui a qualche settimana, drasticamente in mezzo alla strada. Senza un robusto intervento finanziario del governo nazionale, quantificabile in almeno tre miliardi di euro, il pareggio del bilancio regionale non sarà possibile. Le cifre sono fino ad oggi mascherate. Si parla di “soli” 800 milioni di ammanco. Ma è un bluff. Ottocento milioni servono solo a pagare gli stipendi fino a dicembre delle società partecipate regionali. E non si tro-

veranno se non con un miracolo. Almeno ottomila persone quindi, razionalmente, tra due settimane, sapranno con certezza di essere definitivamente “fuori” dal bilancio regionale. Mentre Crocetta ha già blindato le norme che serviranno da una parte a garantire gli stipendi degli amministratori e dei liquidatori di queste stesse società. Possiamo essere certi che il “combinato disposto” tra queste due norme, tra due settimane, sarà la miccia che incendierà le piazze siciliane. Colpevole, secondo il teorema Crocettiano, il governo nazionale. Nelle stesse piazze, con singolare e calcolata sincronia, hanno già annunciato la loro “calda” presenza i ventimila stagionali forestali, gli agrumicoltori, gli autotrasportatori, gli ottomila senza lavoro della formazione professionale. I deputati regionali, alla fine, voteranno il bilancio lacrime e sangue. E le piazze s’infiammeranno. Con Crocetta pronto a guidare la rivolta contro Roma. Il singulto dell’opposizione - Cosa sta facendo dinanzi a questa prospettiva ampiamente “annunciata” la classe politica regionale? La risposta che viene spontanea è mutuata dal dialetto napoletano. E rispecchia il comportamento imposto a tutti gli equipaggi della Real marina del Regno delle Due Sicilie, da un “falso” regolamento datato nientemeno che al 1841, “...All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta: tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio passann’ tutti p’o stesso pertuso...” Il regolamento, come detto, è falso. Ma l’atteggiamento, tipicamente mediterraneo, è vero. Ed è esattamente ciò che stanno facendo i novanta di sala d’Ercole. La destra, naturalmente si oppone alla strategia di Crocetta. Ed è riuscita, in commissione, a mutilare in maniera significativa

la finanziaria confezionata, a uso e consumo della sua strategia “stragista” il governatore. Ma così, alla fine, finirà per fare un favore a Renzi e ai suoi sostenitori. La sinistra, soprendentemente, sostiene il governo. Il segretario del pd, fausto Raciti, dopo aver avversato il governatore in tutte le sedi possibili e anche in alcune impossibili, la scorsa settimana ha nominato l’esecutivo del partito. Allo scopo, dichiarato, di “mettere il turbo” al governo Crocetta. Proprio mentre il governatore dichiara apertamente guerra al pd e al suo segretariopremier maximo. La maggioranza, che ha avuto sempre qualche serio imbarazzo nel sostenere le tesi del governatore, trova la sua compattezza “contro” sé stessa. Il Prode onorevole Malafarina, forte dei 37 voti che lo hanno portato a Sala d’Ercole, s’è infatti scagliato con tutta la veemenza del suo eloquio, contro la maggioranza, colpevole di aver lasciato l’opposizione fuori dal consiglio di presidenza dell’ars. I grillini, spiazzati dal movimentismo sfascista del governatore, hanno assunto, allo scopo di spiazzare il proprio elettorato, un tono “istituzionale”. I suoi massimi esponenti regionali, in queste ore, sembrano impegnati nell’impossibile impresa di spiegare per quali violazioni del regolamento parlamentare non si possa procedere a discutere la legge finanziaria senza prima aver esaminato il bilancio della Regione. Tema che – oggettivamente – non ha incontrato il consenso della rete. Come vi dicevamo. Chi era a destra è andato a sinistra. Chi era sopra è passato sotto. E viceversa. Tutti attraverso lo stesso “pertuso”: lo sportello bancario dell’assemblea regionale, dove hanno riscosso la loro indennità parlamentare mensile. Finchè dura... Le riforme istituzionali - I nostri lettori forse non ci crederanno. Ma le energie di tutti – o quasi – i deputati regionali, di ritorno dalla lunga pausa pasquale, sono tutte rivolte alla

salvaguardia delle istituzioni. Da martedì scorso, il parlamento regionale si affanna a discutere non di lavoro e di lotta alla disoccupazione. Non di riavvio dei corsi di formazione professionale o di recupero dei danni erariali già accertati dalla corte dei conti a carico dei più alti dirigenti di palazzo d’Orleans. Nè di sblocco dei fondi europei bloccati dall’incapacità politico-burocratica del governo. No. Si parla – ancora – della finta riforma delle province. Del falso storico che ha permesso a saro Crocetta di commissariare, oltre due anni fa, le nove province siciliane e di tenere in ostaggio per tutto questo tempo dirigenti e personale, bilanci e finanziamenti, aeroporti e camere di commercio. Disponendone come di “cosa propria” da controllorecontrollato. Impedendo le elezioni che si dovevano svolgere lo scorso anno. E allungando – grazie a improbabili procedure e a norme irrealizzabili – la nascita dei liberi consorzi di comuni. E bollando come antidemocratico chi proponeva di applicare, semplicemente la legge nazionale. Che non ha – neanche quella – abolito nulla né tagliato un solo centesimo di costo. Ma almeno ha generato una elezione di secondo livello. Dalla scorsa settimana se ne parla di nuovo. Non perchè qualcuno abbia avuto un rigurgito di democrazia. Ci mancherebbe. Ma solo perchè vanno a scadenza, per la ennesima volta, i commissari governativi che per legge non sarebbero – da tempo – più rinnovabili. Scriviamo proprio mentre il dibattito è in corso. E non si può in alcun modo prevedere quale sia lo sbocco della fantasia al potere. Non ci sbilanciamo quindi sui risultati dell’infiammato dibattito d’aula. Per quel poco che conosciamo i tempi della legislazione regionale, scommettiamo però che sarà necessario, in ogni caso, prorogare i commissariamenti e il lavoro dei commissari. Almeno finchè la nuova legge, quale che sia, diventerà esecutiva. E allora, “Facite Ammuina...”

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Aprile 2015 - Siracusa

Il genio di Leonardo da Vinci arricchisce Sir d i Ros a To ma rchio Il profondo amore per la verità raccontato in ottomila pagine e quasi centomila illustrazioni a testimoniare che i sogni possono superare la realtà. Parte da Siracusa la sfida del genio e della sregolatezza, un’accoppiata vincente Archimede e Leonardo Da Vinci insieme sotto l’egida dell’associazione Arte e Progetti di Maria Gabriella Capizzi con la collaborazione del Museo Internazionale sulle Macchine di Leonardo Da Vinci di Firenze. L’omaggio dell’uomo poliedrico del Quattrocento al grande genio siracusano si condensa in una mostra evento alla sua seconda edizione ospitata nella sede dell’ex Convento del Ritiro in via Mirabella dove idealmente è possibile tracciare e “toccare” con mano una linea di congiunzione tra i due personaggi, il dualismo e la forte compenetrazione scientifica che dal maestro passa all’allievo. Non a caso, la mostra (visitabile sino a ottobre) offre due sezioni, una riservata al genio universale Leonardo e un’altra accessibile da giugno dedicata alla figura e alle creazioni di Archimede seguendo una immagine di museo innovativa e divertente grazie anche allo spazio ludico appositamente creato per i bambini

Due momenti della conferenza dove poter dare libero sfogo alla creatività e all’ingegno personali senza per forza ricorrere al mouse o al joystick. Nei due saloni espositivi trovano spazio solo alcune delle macchine in scala di Leonardo appartenenti alla collezione della famiglia Niccolai di Firenze che da anni si prodiga alla costruzione di modellini passati alla storia grazie anche a Archimede. E ancora, cinque teche di anatomia e un corpus di macchine dalle grandi dimensioni ricostruite fedelmente sulla base dei codici vinciani. Al centro della sala sovrasta l’icona di tutta la mostra che riassume sino a dove si spingeva la genialità di Leonardo,

ingegnere militare ma al tempo stesso scenografo in grado di stupire persino gli avversari con la sua macchina bellica senza cavalli ma trainata da un mix incredibile di genio, inventiva ed arte. Tutt’intorno 45 modelli interattivi e funzionanti accreditati dall’Università della California e di Urbino. “L’idea nasce quattro anni fa – racconta Gabriella Capizzi – una idea folle insieme alla famiglia Niccolai di Firenze con cui prende corpo subito un forte legame che fa partire con audacia il progetto in Sicilia. Oggi mete ambite di Leonardo sono state Noto, Taormina, Catania e oggi Siracusa dove lo scorso anno abbiamo registrato

11 mila presenze. Un ottimo test per confermare il lieto ritorno sempre qui, nell’ex Convento del Ritiro in via Mirabella, ma con un nuovo allestimento targato estate 2015 sotto la direzione artistica di Enzo Campailla”. Sulle note della musica di quel tempo, tra abiti, sculture futuristiche e meccanismi misteriosi, per chi vuole approfondire la conoscenza o curiosare tra i codici del grande Da Vinci all’interno di un mondo visionario e parallelo accessibile a tutti. Un book shop ricco di pubblicazioni e gadget. Una esperienza che abbraccia storia, scienza, meccanica e fisica, invenzione e innovazione. Non a caso, la mo-

stra è presente in tutto il mondo, dall’Australia all’America, dalla Finlandia alla Nuova Zelanda. Il progetto Leonardo Da Vinci, giusto ricordarlo, è interamente autofinanziato, poggia esclusivamente sulla capacità imprenditoriale di un team di collaboratori a supporto di Gabriella Capizzi che lancia la sfida del museo permanente a Siracusa. “Considerato che uno spazio dedicato a Leonardo da Roma in giù non esiste – dice la curatrice del progetto – e considerato anche il legame fortissimo con Archimede, perché non mettere su casa qui, a Siracusa? “. I presupposti non mancherebbero. Ci si avvia alla seconda stagione

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

5 SPETTACOLI IN ABBONAMENTO Prezzi: poltronissime € 70 - poltrone € 60 - Distinti € 50

Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

Catania - Via S. Euplio, 21 - Tel. 095 322323 - www.metropolitan.catania.it - info@metropolitan.catania.it -

Teatro Metropolitan Catania

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Aprile 2015 - Siracusa

Siracusa: la folle idea di Gabriella Capizzi

Alcune delle opere di Leonardo in esposizione alla mostra (Foto di Maria Pia Ballarino) di successi, inoltre, l’assessore al Turismo, Francesco Italia, ha “benedetto” il lavoro sin qui svolto marchiando il progetto “Leonardo” quale “modello da emulare in quanto a gestione di siti culturali in città”. Non è poco. Incassato l’ennesimo complimento, il team Capizzi si dà da fare adesso per i prossimi due importanti appuntamenti della stagione: intanto inaugurare il progetto universale con Carlo Pedretti, professore emerito di storia dell’arte italiana e titolare della cattedra di studi su Leonardo presso l’Università della California a Los Angeles. L’evento è previsto per il 5 giugno con la presentazione anche del nuovo catalogo. Altra data importante, il 25 aprile per la presentazione del progetto siracusano su Leonardo ad Atlanta e nel 2018 a Hong Kong. Ma intanto c’è da gustarsi il successo tutto siracusano. In un anno Capizzi team è riuscito a circondarsi di energie e simpatie straordinarie, dalla fotografa ufficiale Maria Pia Ballarino, Enzo Campailla per la direzione dell’allestimento della mostra, Elvio Amanera ha curato le luci, Andrea Schiavo le musiche che si rifanno all’epoca di Leonardo che è stato pure un musico, esecutore e costruttore di lira (memorabile quella ricavata dal teschio di un animale

con le corna che si rifa all’antica Grecia assimilabile alla viola). Della produzione musicale del grande genio del quattrocento, purtroppo, oggi non resta nessuna traccia – dice Schiavo – ma qui sta il grande segreto dell’epoca quando anche i musicisti erano abili improvvisatori, non potevano scrivere nulla all’infuori di alcuni rebus riproposti anche in tempi recenti”. La diffusione musicale in sala è di Massimo Lonardi che a eseguito delle incisioni con musiche del tempo, dando risalto dunque alla “sorella” minore della pittura, la musica per l’appunto, che si rinnova sempre, in forma libera, fuori da una cornice o da una tela, non permanente ma continua. Tra le belle energie che compongono il “cerchio” attorno a Leonardo anche Linea 11, l’agenzia di comunicazione e merchandising che lancia la sfida sul connubio Archimede- Leonardo facendo proprio lo slogan “Il coraggio dell’impossibile”. “L’impossibile è solo una opinione - esordisce Enza Tomaselli, giornalista – non è una regola, ma è una sfida, una splendida avventura e noi ci siamo felicemente dentro”. Il team Capizzi si avvale anche di un life coach, grazie a lui Leonardo andrà tra i banchi, il progetto raggiungerà le scuole

di Siracusa e provincia, mentre a far conoscere la grandiosità dei due geni e le bellezze della città a tutto il mondo ci penserà Sud Est la rivista di turismo internazionale curata da Danilo Malvezzi. Gabriella Capizzi, che il 5 luglio riceverà il premio Donna di Sicilia da Antonio Omero, è stata segnalata dalla rete quale migliore imprenditorialità al femminile. “L’obiettivo è di creare lavoro per mezzo della cultura – dice Capizzi che dedica questo evento al padre per averle impartito i primi rudimenti della vita e della professione manageriale secondo l’etica – in questa terra tormentata ma che ha cosi tanto da dare”. Il 19 giugno evento Fidapa a Palazzo Vermexio con la guest star Diego Dalla Palma in occasione della giornata dedicata alla Bellezza. Un progetto che si fonda sulla stretta di mano cordiale anche con Walter Ansorge, imprenditore – sognatore di origine tedesche che ha scelto la Sicilia per vivere e fare impresa. “La mia azienda sposa bene lo slogan di Leonardo, il coraggio dell’impossibile – dice – del resto, il futuro appartiene ai sognatori e io lo sono. Nel mio piccolo, in meno di 4 anni , ho creato 11 posti di lavoro per giovani laureati e laureandi siciliani, attestando la mia azienda ad fatturato di crescita dal 100 al 200%,

abbiamo anche l’orgoglio di vendere professionalità siciliana doc nel mondo. Prima cosa da fare? Credere nelle proprie passioni. E noi crediamo pure nei giovani siciliani oltre che nella cultura. Dunque, non solo creare guadagno ma fornire delle basi solide per una terra sicuramente migliore tra 30 anni”. Alla presentazione dell’evento, anche Pippo Rosano, presidente Noi Albergatori: “Una iniziativa che merita senza dubbio di ripetere il successo dello scorso anno- dice -, la nostra categoria è sempre pronta ad accogliere eventi in città che facciano restare i turisti qualche giorno in più. Leonardo merita sicuramente una casa fissa a Siracusa e questo grazie anche a una guida manageriale ed a una mostra davvero eccezionali”. In sintesi, “tutti siamo Leonardo”. Ne è convinta la web manager del progetto Rosanna La Malfa: “Penso che tutti i creativi di Sicilia meritano di restare nella loro terra – dice – tocca a noi creare le giuste sinergie credendo di più nei nostri sogni e pensando in positivo, perché il futuro deve essere per forza roseo. Rendiamo merito a Leonardo per aver creduto sempre ai sogni e alla vita…del resto, è stato lui l’inventore del salvagente!”. Tra gli sponsor ufficiali

del progetto non poteva non esserci il Comune di Siracusa già nei quattro mesi dello scorso anno. “Lo riteniamo un modello di impresa culturale da seguire – esclama l’assessore al Turismo, Francesco Italia – perché giusto l’approccio manageriale che è quello di non basarsi sul puro assistenzialismo ma sull’autogestione basata sullo sbigliettamento (il 30% dell’incasso va al Comune, circa 6 mila euro lo scorso anno). Cultura si, ma anche capacità imprenditoriale che sa uscire fuori dal meccanismo di assistenzialismo. Tra poco affideremo le visite al giardino storico di Villa Reimann, al Teatro Comunale, all’Artemision e alla Latomie dei Cappuccini. Altro dato importante: l’animazione culturale del sito, quindi laboratori didattici, arricchimento del calendario con varie offerte creative e culturalmente socializzanti. E la differenziare. Ecco perche, ripeto, per noi questo spazio rappresenta un modello di gestione culturale da imitare”. E non stupitevi se tra qualche giorno vedrete in giro per Ortigia Leonardo in carne e ossa. Perche le sorprese stanno per iniziare, sia per i grandi che per i piccini. In attesa che arrivi Archimede. (Aperto tutti i giorni dalle 10,30 alle 20).

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Aprile 2015 - Redazionale

Favor debitoris di Gi ovanni Pas tor e

Perchè questo nome della rubrica: da più di un anno il sito Ex Parte Creditoris sta cercando di incentivare una giurisprudenza (che era molto scarsa) favorevole alle banche su alcuni punti chiave dei processi civili e penali per influenzare gli operatori del settore (per dirla con Gramsci: una delle tante manifestazioni dell’egemonia dei poteri forti). Compito delle persone di buona volontà, di qualunque credo politico o fede religiosa, riteniamo debba essere quello di favorire i debitori contro le vessazioni degli istituti bancari, da qui il nome della ns. rubrica: FAVOR DEBITORIS. L’articolo di oggi è la prosecuzione di quello della scorsa settimana “l’usuraio ladro del tempo di Dio” in cui cerchiamo di dare un quadro morale e filosofico dell’usura bancaria, utilizzando alcuni articoli firmati dall’avv. Biagio Riccio e dal dott. Angelo Santoro pubblicati nel libro: “ISTITUTI DISCREDITO” (la S è intenzionale).

L’usuraio, ladro del tempo di Dio Prima che fosse identificata come un comportamento riprovevole da sancire a titolo di reato, l’usura è stata considerata come un grave peccato. L’usuraio è un ladro di tempo: il tempo, si badi bene, è una risorsa che appartiene a Dio e non all’uomo. …………………………… Tommaso ritiene che l’usuraio se vende denaro vende una cosa inesistente e perciò in primo luogo commette un peccato di ingiustizia. Sono illuminanti queste asserzioni: percepire l’usura o interesse per il denaro prestato è per se stesso un’ingiustizia, poiché si vende una cosa inesistente, determinando una sperequazione che è in contrasto con la giustizia. Per averne l’evidenza si deve considerare che ci sono delle cose, il cui uso consiste nel loro consumo; tali sono, per esempio, il vino che consumiamo usandolo per bere ed il grano per mangiare. Perciò in codeste cose l’uso non si deve computare, come distinto dalle cose stesse. È evidente che il prestito di queste cose implichi un passaggio di proprietà. Perciò se uno volesse vendere il vino separatamente dall’uso del vino, venderebbe due volte la stessa cosa, oppure venderebbe un’entità inesistente. È chiaro che commetterebbe un peccato di ingiustizia. Per lo stesso motivo commette un’ingiustizia chi presta il vino od il grano, chiedendo due compensi cioè la restituzione della merce equivalente ed in più il prezzo dell’uso, denominato usura. Ci sono invece altre cose, il cui uso non consiste nel loro consumo: l’uso della casa per esempio consiste nell’abitarla, non già nel distruggerla. Si può concedere l’uso, consistente nel godimento da parte di un altro conservandone la proprietà; ciò è evidente nei contratti di locazione. Dunque per certe cose è possibile vendere l’uso: non per il denaro che è stato inventato per facilitare gli scambi; il suo uso è per il consumo o la

spesa che avviene negli scambi. Perciò è illecito percepire un compenso per l’uso del denaro prestato cioè per usura” (San Tommaso D’Aquino Summa Theologiae II-II,q.78,a.1,resp). La pretesa dell’interesse dunque risulta indebita, perché non vi è alcun titolo a giustificarla. Si vuole vendere ciò che non esiste. L’usura è un peccato contro la giustizia, piuttosto che contro la solidarietà; pretendere un compenso per un prestito, significa contravvenire prima ancora che all’obbligo del soccorso nei confronti del prossimo, all’equità della relazione economica, perché attraverso l’usura, ossia il sovrappiù richiesto, si ottiene più di quello che si sia dato a discapito del bisognoso. Ecco perché il prestito deve essere gratuito, in quanto la sua logica sottesa è solidaristica ed il suo orizzonte non può essere il lucro, ma la sola compensazione degli svantaggi subiti dal prestatore. In San Tommaso, che ha delineato una teoria medioevale dell’usura, il disprezzo per l’usuraio affonda le sue radici nella charitas e nell’aequitas. Si è ritenuto infatti che solidarietà e giustizia costituiscono i due coefficienti dell’etica medioevale. Siamo al cospetto della giustizia commutativa, che si applica alle relazioni tra individui e agli scambi di beni e servizi, e poiché è basata sul principio di uguaglianza, si richiede che tale principio vada sempre osservato (Summa theologiae, cit., pp. 318-22). Non a caso Dante, (che colloca Tommaso nel Paradiso tra gli spiriti sapienti del IV Cielo del Sole) considera gli usurai peccatori, in quanto operano violenza contro la natura e l’arte :il danaro per essi non è frutto del lavoro e del sudore dell’uomo. Hanno violato una legge fondamentale, sottraendosi alla volontà divina che impone all’uomo di trarre sostentamento

solo dal lavoro e non anche da guadagni conseguiti con il prestito di danaro. Ecco allora che gli usurai nel canto XVII dell’Inferno debbono subire la legge impietosa del contrappasso: come in vita tranquillamente e senza sforzo alcuno sedevano al loro banco, facendo guadagni illeciti, devono, di converso, patir le pene, sopportando la pioggia di fuoco che cade dall’alto seduti ed immobili sul sabbione infuocato. Dante nutre profondo disprezzo: li definisce gente mesta e li paragona a cani il cui dolore scoppia dagli occhi e, come questi in estate con il muso e con i piedi quando sono morsi da pulci, mosche o tafani si dimenano, allo stesso modo gli usurai si grattano e si riparano con le mani dalla sabbia infuocata. Il contrappasso vuole che alla calma serafica della vita parassitaria segua nell’inferno un movimento continuo che li faccia impazzire: perciò il grattarsi ed il soccorrersi con le mani per schermirsi dalle piogge di fuoco. Tuttavia il loro sguardo è basso e si pasca, si sazia, nel contemplare la borsa che pende dal loro collo. Negato alla terra cristiana – scrive Le Goff – il cadavere dell’usuraio non pentito è sepolto immediatamente e per sempre all’inferno. L’usura è peccato. La maledizione colpirà la borsa che l’usuraio riempie e predilige da cui non vuole separarsi. Egli cadrà nella morte eterna: ecco la grande lotta tra la ricchezza ed il paradiso, il denaro e l’inferno. Biagio Riccio dd Angelo Santoro

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Aprile 2015 - Spettacolo

Il musical di Cristicchi: “Recuperare la memoria per unire il Paese” d i Al be rto Ca rdillo Dal 15 aprile Simone Cristicchi con il suo “musical civile”, “Magazzino 18”, sarà al teatro Biondo di Palermo. Lo spettacolo ha già debuttato con grande successo in prima assoluta a Trieste più di un anno fa registrando un grande successo di critica e pubblico. Lo spettacolo è incentrato su una pagina dolorosa e mai abbastanza conosciuta della storia d’Italia, che trova nel porto Vecchio di Trieste un proprio “simbolo”, appunto il “Magazzino 18” che dà il titolo allo spettacolo. È un “luogo della memoria” particolarmente toccante: era infatti il deposito dove gli esuli – prossimi ad affrontare lunghi periodi in campo profughi o viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro proprietà (effetti personali e quotidiani, mobili, fotografie, quaderni, stoviglie, utensili da lavoro che rimangono ancora lì accatastati) in attesa in futuro di rientrarne in possesso. Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane. Il pubblico seguirà l’avventura di uno sprovveduto archivista romano, inviato dal Ministero a redigere un inventario in quel magazzino; incontrerà lo “spirito delle masserizie” e gli altri protagonisti le cui storie sono nascoste tra i loro privati, semplici oggetti. Diretto da Calenda Simone Cristicchi darà vita una dopo l’altra a tutte queste figure, cambiando registri vocali, atmosfere musicali, in una koinée di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, forse in un “Musical-Civile”. Per entrare meglio nel tema ed approfondire la tematica dello spettacolo abbiamo deciso di sentire proprio il protagonista di “Magazzino 18”, Simone Cristicchi. Maestro, fin qui la sua è stata una carriera costellata da grandi successi. Nelle sue opere lei non parla mai di cose banali, tocca sempre temi profondi, così profondi che spesso la nostra società tende ad evitarli, quasi per un istintivo senso di colpa. “Magazzino 18” è il coronamento di questo percorso. Come e quando le è venuto in mente di parlare della tragedia degli esuli istriano-dalmati?

Il Magazzino 18 è un luogo simbolico che mi è capitato di visitare casualmente mentre stavo facendo una ricerca sulla seconda guerra mondiale. Andavo di città in città ad intervistare le persone che avevano vissuto quel periodo, raccogliendo le loro testimonianze. Da questo lavoro nacque un libro, “Mio nonno è morto in guerra”. Della questione delle Foibe e dell’esodo degli italiani che vivevano in Istria e Dalmazia avevo sentito parlare, anche se in maniera molto sommaria. Quando mi sono trovato In alto Simone Cristicchi, sotto con davanti al Magazzino 18 sono rimasto scon- Beh, innanzitutto bisognerebbe volto, ho subito compreso il suo capire cosa vuol dire “fascista” grande valore simbolico. dopo sessant’anni dalla fine della Da qui è iniziato un lavoro di ri- guerra. Mi pare che venga utilizcerca, andando ad ascoltare i te- zato un po’ così, come un insulto stimoni e leggendo decine di libri generico, senza senso. In questo sull’argomento, ed è così che mi caso mi è sembrato molto fuori sono messo in testa di fare questo luogo, perché lo spettacolo non spettacolo. Un lavoro molto fati- vuole rivedere la storia, non vuocoso, perché questa storia l’ho de- le revisionare o mistificare, vuole finita un po’ come una matrioska, solamente risarcire moralmente il una sorta di storia che ne contiene dolore degli esuli. Questi hanno dentro tante altre. Così ho pro- pagato per tutti, anche per quelli posto questa tematica al Teatro che li chiamavano fascisti, moltisStabile del Friuli-Venezia Giulia simi perdendo la vita altri perdenche in maniera molto coraggiosa do tutti i beni. Con questo spettae con grande sensibilità ha deciso colo voglio trasmettere la voglia di produrre lo spettacolo. di guardare ad un futuro dove non Ascoltando le testimonianze de- ci siano divisioni politiche o idegli esuli istriano-dalmati quello ologie violente che mettano l’uno che fa più specie è il sentire contro l’altro comunità e popoli. come abbiano maledettamen- Nella mia visione, forse utopica, te sofferto il rifiuto e gli insulti mi piacerebbe un mondo dove deche ricevettero dai compatrioti. stra e sinistra possano condivideQuelli che dovevano accoglierli re, senza riserve, questa memoria. li respingevano, bollandoli tutti Una memoria certamente scomocome “fascisti”. Ecco, la stessa da e che per tanti anni è cercato di etichetta di “fascista” oggi vie- sotterrare perché metteva in cattine affibbiata a lei solo per aver va luce la realtà della Jugoslavia raccontato questa storia. Come comunista e del comunismo in si sente nell’essere attaccato generale. Una storia scomoda a con tanta ingiustificata violen- tanti quella del confine orientale, za? specie per le indicibili violenze

perpetrate in tempi di pace se pensiamo alle migliaia di persone trucidate nelle foibe. A suo avviso l’Italia è un Paese ancora incompiuto dal punto di vista della memoria condivisa? No, non credo. “Magazzino 18” ha totalizzato al momento quasi 80mila spettatori, un record per il teatro italiano, 170 repliche, un passaggio televisivo su Raiuno con milioni di persone che lo hanno visto. Questo per dire che coloro che hanno criticato lo spettacolo, che attaccato me e le mie inil coro tenzioni, sono una piccolissima parte… Lei sa che in Italia spesso e volentieri in moltissimi settori vige una sorta di dittatura delle minoranze, e non è che la cultura e la storia ne siano esenti, anzi… Ovviamente non è che volevo mettere tutti d’accordo, perché questo è uno spettacolo che non fa sconti a nessuno, infatti le critiche sono arrivate sia da estrema destra che da estrema sinistra. Però tutto questo a me non in-

teressa, Io sono un artista ed in quanto tale sono libero, e non voglio essere appesantito da diatribe ideologiche, bibliografiche, storiche, che sono tutt’altra cosa rispetto al prodotto di creatività e fantasia che in ogni caso tengono conto della pura e semplice realtà storica. Quindi possiamo affermare che lei ha concepito questo spettacolo per unire la Comunità nazionale, non per continuare a dividerla… Assolutamente sì, anche perché il vero messaggio dello spettacolo non è il raccontare quanto sono cattivi i fascisti o i comunisti, questo non c’entra niente. Io voglio che i riflettori siano puntati sulla tematica dell’accoglienza, della solidarietà, della pietas, nei confronti di chi fu costretto ad abbandonare la propria casa e a fuggire dalla propria terra. Maestro, a metà aprile sbarcherà al Teatro Biondo di Palermo con il suo “Magazzino 18”. Qual è lo spirito con il quale ritorna in Sicilia e qual è il messaggio che vuole trasmettere al pubblico siciliano? Sono molto felice di ritornare in Sicilia, la mia prima qui volta fu nel 2010 con “Li romani in Russia”, uno spettacolo che si tenne a Catania e a Enna. Adesso, calcare il palcoscenico del Teatro Biondo di Palermo per me è una grandissima emozione e una grande opportunità per farmi meglio conoscere dal pubblico palermitano e siciliano. Purtroppo per questa tournee siamo riusciti a portarlo soltanto a Palermo, sebbene in 12 repliche, quindi parecchie, e speriamo nel prossimo anno di poter girare altre città perché è una storia questa che appartiene a tutti e che deve entrare nella coscienza di ogni italiano.

Magazzino 18 Regia di Antonio Candela con Simone Cristicchi APRILE Da Me15 a V24 Teatro Biondo Palermo (orari vari) Me 15 aprile - ore 21,00 Gio 16 aprile - ore 17,30 Ven 17 aprile - ore 21,00 Sa 18 aprile - ore 21,00 Dom 19 aprile - ore 17,30 Ma 21 aprile - ore 21,00 Me 22 aprile - ore 17,30 Gi 23 aprile - ore 17,30 Ve 24 aprile - ore 21,00

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Aprile 2015 - Mostre

Picasso e le sue passioni al Castello Ursino d i Ro sa Sca lzo Lascito carico di fascino costituito da oltre 200 opere presentate in mostra - organizzata da Comediarting, III Millennio e dal Comune di Catania, a cura di D. Urcan e S. Cecchetto - frutto dell’ incessante sperimentazione condotta da Pablo Picasso, del suo confutare ciascun risultato espressivo conseguito al fine di giungere ad un peculiare processo evolutivo, avvalendosi di diverse discipline e tecniche. Della sua poliedricità sono testimoni sia i vasi, i piatti, le brocche - realizzati prevalentemente negli anni 50’, quando l’artista, affascinato dal processo alchemico proprio dei manufatti ceramici, li liberò dai canoni estetici tradizionali reinventandone la forma che talvolta, se ovalizzata o rotonda, evocava l’idea della piazza ove si svolgeva la corrida. Utilizzò, inoltre, la sua abilità scultorea in fase di rifinitura e trasformazione dei manufatti e, quella pittorica in fase decorativa ricorrendo a figure di animali, visi femminili, scene mitologiche - sia le opere su carta, due oli, tra cui citiamo il Moschettiere,1964, dal dinamico ed energico profilo, dietro il quale si cela una rigorosa struttura geometrica, costituita da pochi segni essenziali, suffragati dall’espressività armonica del colore; una gouache, l’Autoritratto, 1967, dal quale sguardo emerge la sfaccettata personalità dell’artista di Malaga; alcune serie della sua copiosa produzione d’incisioni: La Suite des saltimbanques ,1913 - indaga la sfera privata dei saltimbanchi

Da sinistra: Moschettiere, olio su tela, 1964, cm 55x46 e Serie Suite des Saltimbanques, 1913

Da sinistra: Picador, 1955 e Serie Barcellona Suite, 1966 riducendo i dettagli pittorici relativi al contesto circostante - tra cui Il pasto frugale ,1904,

compiuto sul finire del così designato ‘Periodo Blu’dell’artista, contraddistinto da scene di

povertà e sofferenza, cariche di malinconia ed accentuate da toni freddi;

Il Tricorno,1920, balletto, ideato da Diaghilev, al quale Picasso contribuì realizzandone la scenografia teatrale e gli abiti straordinariamente vivaci; I Venti Poemi di Góngora,1958, illustrati da un’incisione a pagina intera; Carmen,1949, romanzo di Mérimée, improntato sulla semplificazione e purezza dei volti, costruiti tramite l’uso di quadrati e cerchi, al fine di recuperarne l’essenziale. Sovente, attraverso la depurazione dell’opera dalla sua funzione descrittiva e dalla ricchezza del colore, talvolta criptando il tema fino alla difficoltà di riconoscimento, ruppe lo schema formale tradizionale; Tauromachia,1959, di Hillo, ove, l’utilizzo della tecnica dell’acquatinta allo zucchero gli permise di creare contrasti di bianco e nero che scandiscono la lotta fra toro e torero, entrambi pregni di poetico simbolismo nell’ affrontare la morte sotto gli occhi degli spettatori, fulcro della società dalla quale Picasso trae stimoli e suggestioni; Barcellona Suite,1966, serie che riassume il percorso dell’artista, fondato sulla ricchezza di cromatismi e versatilità tecnica:dal ‘Periodo Blu’, Madre e figlio con mantello, al ‘Rosa’, Ritratto della signora Canals, caratterizzato da un cambiamento sia cromatico, sia tematico, quindi da toni caldi, scene familiari, circensi, ritratti di donne, per le quali nutriva un’ardente passione, al cubismo e al realismo, L’arlecchino, fino all’impressionismo, La ballerina nana; infine, La Célestine,1971, di de Rojas, incentrato sui temi dell’eros e della morte.

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Aprile 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche La coalizione di Landini: antagonismo, pansindacalismo o laburismo? di Maurizio Ballistreri

Con la manifestazione in piazza del Popolo a Roma, il leader della Fiom-Cgil Maurizio Landini non solo si è inserito a pieno titolo tra i protagonisti della vita pubblica nel nostro paese, ma è diventato oggetto di analisi politologica circa la natura della sua iniziativa. C’è chi lo ha paragonato ad Arthur Scargill, il leader radicale del sindacato dei minatori inglesi, sconfitto dalla “Dama di ferro” Margareth Thatcher, primo Ministro ultraconservatore in quegli anni, nel duro conflitto sociale (la cui intensità sembrava uscire dalle pagine del romanzo di John Steinbeck “La battaglia”) che li vide contrapposti tra il 1984 e il 1985, e che diede il via libera alla “rivoluzione liberista” in Gran Bretagna e alle controriforme sociali, parallelamente a quanto avvenne negli Stati Uniti guidati da Ronald Reagan. Altri, invece, hanno invocato il pansindacalismo italiano degli anni ’70 del Novecento, il modello sindacale cioè, che in autonomia dai partiti è direttamente impegnato, con forti elementi

Da la foto della

di conflittualità, a modificare il sistema capitalistico e che fu sostenuto, in particolare, da Pierre Carniti negli anni della sua leadership dei metalmeccanici della Cisl. A Landini non sono state risparmiate critiche di segno opposto, di tentazioni populiste e peroniste o di suggestioni “polacche”, ricordando l’esperienza di Solidarnosc di Lech Walesa. In verità, le rivendicazioni del segretario della Fiom, ad esempio quelle di un Welfare State davvero universale e inclusivo o della difesa dello Statuto dei lavoratori, riecheggiano un modello sindacale più che antagonista o, peggio, populista, nel solco della tradizione del riformismo sociale. Si deve ricordare che nell’Inghilterra di fine ‘800 le Trade Unions, per sostenere le proprie richieste in favore di una legislazione sociale, promossero la nascita del Labour Party, quale “cinghia di trasmissione” riformista del sindacato, ribaltando il modello di rapporti tra il partito e il sindacalismo operai di ispirazione marxista-leninista ma presente anche nella tradizione socialdemocratica. E in Italia, il leader della Confederazione Generale del Lavoro (Cgdl) prefascista Rinaldo Rigola, pur vicino alle posizioni del leader del riformismo socialista italiano Filippo Turati, sostenne l’ipotesi di un “partito del lavoro” autonomo dal partito socialista, poi ripresa nel dopoguerra dal primo segretario della Uil Italo Viglianesi (non senza polemiche con la socialdemocrazia di Giuseppe Saragat con cui l’Unione del Lavoro era collegata) e ravvisabile nel modello del “sin-

dacato dei cittadini” di Giorgio Benvenuto. Si tratta della teorizzazione di un sindacalismo “soggetto politico”, che si confronta con le istituzioni e i partiti sugli interessi dei lavoratori e dei pensionati e che in Europa e in Italia ha avuto nella concertazione, il cosiddetto “neocorporativismo” basato sugli accordi triangolari tra governi, sindacati e associazioni datoriali, il paradigma, senza dimenticare che le esigenze di partecipazione alle scelte pubbliche sono patrimonio di tutto il filone riformatore del sindacalismo italiano, del quale fanno parte a pieno titolo leader come Giuseppe Di Vittorio, Fernando Santi, Luciano Lama, Bruno Trentin. Oggi a livello europeo, anche il Partito socialista europeo preferisce sostenere una partecipazione meno invasiva, definita “dialogo sociale”, dei sindacati, ma certamente, al contrario di Renzi in Italia, non pensa di fare a meno della mediazione sociale dei soggetti collettivi. D’altronde, a onta di etichette stereotipate, gli stessi movimenti impropriamente qualificati antagonisti, come Podemos in Spagna, definito dall’ex premier socialista di quel paese José Luis Zapatero “socialdemocratico”, e Syriza in Grecia (in cui è confluito buona parte dell’elettorato del Pasok, il partito socialista ellenico), esprimono istanze e rivendicazioni di stampo riformista, contro l’austerity monetarista in Europa e per nuove protezioni sociali con salari più alti. Forse Renzi dovrebbe riflettere su questo, ricordando il paradosso delle “Due destre”.

(Il fiammifero acceso nel fienile) Potrà essere tragedia sociale! di Enzo Trantino Non è possibile! Se ci fosse una gara per un testo psichiatrico tessuto sul tema della politica, difficilmente in Italia avremmo concorrenti esterni. Saremmo imbattibili. A tutti i livelli. Governo, regioni, comuni, enti vari, il “clima” è identico. Si svolge così: parlano tutti, e tutti contemporaneamente; non ci sono né logica, né grammatica, né rispetto gerarchico, né riguardi umani: è un pentolone in ebollizione, con ingredienti maleodoranti, con ricette non ricorrenti neppure negli incubi. E’ una corsa verso il peggio. Tutti contro tutti, dentro e fuori le “coalizioni”, schiumanti per proposte confuse e velenose, un intreccio inestricabile, con una domanda mai evasa: ma non era il popolo il padrone delle istituzioni? E dove l’ha trovato la maggior parte di simili personaggi? Quale sarà la considerazione che si avrà di tanti burattini (molti agli ordini di pochi), quale sarà il limite di resistenza della gente perbene, che sebbene nevrotizzata, stanca, delusa, continua a tornare ai riti della democrazia, alle cabine elettorali inspiegabili per rinnovato fervore, come sanno essere solo le superstizioni? E se la democrazia si è ridotta così in basso, pupari e pupi sono convinti che il gioco sporco continuerà all’infinito? Quale potere immunitario garantisce tanta brutta compagnia? Nessuno ha mai temuto la collera popolare? Nessuno ha pensato di manifestare pubblico disprezzo per prediche e falsi predicatori? Ognuno dei “responsabili” faccia urgente esame di coscienza e guardi non il calendario, ma l’orologio. Annunci, promesse, editti e pistolotti stanno già abusando del tempo dell’attenzione. La pigrizia e l’egoismo sono referenti passivi su cui si conta, ma ci sono malfattori istituzionali che restano impuniti, perché girarsi dall’altra parte è malcostume consolidato. Indolore. Fuori, intanto, c’è un inferno dantesco: non c’è categoria al riparo dalla indignazione. Un esercito che reclama mensilità non pagate a due cifre; giovani che hanno deciso di non protestare più perché sanno di trovare interlocutori imbroglioni e incompetenti; donne respinte o umiliate dal mercato del lavoro; il mondo della formazione, dove in tanti hanno concluso affari immondi, oggi è tinozza sfondata; i negozi continuano a chiudere, i commerci sono racconto del passato, le libere professioni sono soltanto libere di maledire, tanto, i rimedi sono finiti. Noi ci fermiamo perché interminabile sarebbe l’elenco. Ma si può fermare il cuore dei bisogni? Il tempo volge verso violente tempeste sociali. Ne siamo atterriti. Il fiammifero acceso nel fienile è piccola cosa, ma l’incendio potrà essere imprevedibile per catastrofiche conseguenze. Come vi discolperete con gli innocenti?…

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Aprile 2015 - Spettacolo

La passione nella voce del soprano Cosetta Gigli al teatro Ambasciatori d i L e lla Ba t t ia t o Attesa soddisfatta con vigorosi applausi per lo spettacolo Un palco all’operetta, andato in scena al teatro “Ambasciatori” per il cartellone allestito dall’associazione culturale “Woodstock” diretta da Donata Indaco che evidenzia “ormai da diversi anni grazie alla proficua collaborazione col soprano Cosetta Gigli, proponiamo al pubblico siciliano spettacoli in grado di rinverdire i fasti del bel canto, continua, gli spettatori hanno manifestato ampi consensi rispetto alla nostra scelta che premiano, senza ombra di dubbio, gli sforzi profusi”. In scena tre artisti di grande caratura internazionale il soprano Cosetta Gigli, il baritono Guido Trebo di recente in tour, riscuotendo ampio successo con un’opera sacra, curata da lui, il tenore catanese Massimiliano Costantino, primo tenore della storica Compagnia italiana di operette, lavorando nei più importanti teatri nazionali. Un trio d’eccezione che ha proposto a un pubblico colto e di livello alcune delle più note arie di famose opere, da La vedova allegra a Cincillà, dal Paese dei campanelli a Cavallino bianco. Sul palco una perfetta sintonia, con una appassionata Cosetta Gigli una voce dalle mille sfumature che ha fatto sognare ed emozionare gli spettatori; timbro vocale dotato di cristallinità particolare che ha reso le interpretazioni con una nota di eleganza stilistica raccogliendo il fiore della cultura musicale del Novecento, racchiudendo una melodia filtrata tra le angosce della melodia moderna e un continuo alternarsi di languori, serenità con

Da sinistra Teo Raciti, Pino Santangelo, Cosetta Gigli, Antonio Pogliese, Guido Costa, Cynthia Torrisi, Laura Doria

Massimiliano Costantino e Cosetta Gigli con le ballerine fremiti di acuti. Un incontro con il pubblico e un arricchimento per la musica che si allarga al noi “tutto quello che l’umanità ha creato è frutto di incontri. I popoli si spostano, si muovono e si incontrano e le esperienze si veicolano anche nella musica da Lucca alla Sicilia, sottolinea Cosetta, che guardo, ammiro con

attenzione e ritorno sempre con piacere” e infine conclude l’eden musicale con un omaggio ai siciliani “Vui durmite ancora”. Obiettivo di questo spettacolo è di divertire, aiutato dalla vitalità dei ritmi voluti dalla regia con scenografie che ben rappresentano le ambientazioni delle operette tra la suggestiva e policro-

ma pagoda cinese e il classico quadro di effetto estetico della dormeuse, il tutto supportato dai preziosi abiti di scena che trasportano l’immaginario collettivo in un mondo fantasioso, che aiuta a dimenticare l’attuale crisi. Uno spettacolo ben dosato, con un feedback brillante tra bel canto e divertenti gag attraverso

gli interventi comici degli attori: Giovanni Puglisi empatico e divertente, insieme alla splendida Alba La Rosa e l’applaudito Toti Finocchiaro un ensemble ben assortito. Ammirato l’accompagnamento musicale del duo bouquet di note: composto da Rosalba Nicolosi al violino, Simona Scirè alla tastiera e applauditi i balletti coreografati da Debora Sudano. Apprezzata la coreografia ben curata e costruita, come nelle migliori tradizioni dell’associazione culturale “Woodstock” che sa offrire alla cittadinanza il suo legame con la cultura e riesce a indicare le vie dell’arte anche nei momenti più critici della storia. E per concludere una festa in musica con abbracci e strette di mano, quando la cantante Cosetta scende tra il pubblico e rivedremo la compagnia il 18 aprile con “L’aria del continente” in versione musical. Un evento che viaggia anche sull’onda della solidarietà e prima dell’inizio dello spettacolo Cosetta Gigli ringrazia Pino Santangelo segretario del Lions Club Stesicoro Centrum”, per l’impegno profuso per la promozione dello spettacolo finalizzato alla solidarietà, che dal palcoscenico sottolinea ringraziando: Un pubblico con un cuore d’oro per l’obiettivo di solidarietà che questo spettacolo ha sposato a favore della Lcif e dell’associazione namaspè; grazie ai componenti del consiglio direttivo del Lions club Catania Stesicoro, ai presidenti di club e di associazioni e agli sponsor dello spettacolo. Consegnati, infine, i riconoscimenti a Cosetta Gigli da Antonio Pogliese past governatore del distretto 108 Yb Sicilia, da Guido Costa e Laura Doria.

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José Cura tra sacro e profano: una prova “Magnificat” d i Al d o Ma t t ina Un concerto del Venerdì Santo tra sacro e profano. José Cura, tenore dai grandi trascorsi ed ora sempre più spesso direttore d’orchestra è tornato a Catania in quest’ultima veste e, in più, in quella meno usuale di compositore. Il brano in questione ha assunto un interesse particolare essendo stato presentato in prima assoluta nonostante fosse stato scritto, come informa lo stesso Cura, nel lontano 1988, Anno Mariano internazionale istituito da Papa Giovanno Paolo II. E’ quindi un lavoro giovanile, composto a 25 anni, che colpisce proprio per la sua intensa maturità. Il titolo esplicita quanto detto: “Magnificat, Annus Marianus 1988”, per voce solista, soro e orchestra. Si tratta del celebre Cantico di Maria, intonato dalla Madonna dopo l’Annunciazione, nel salutare la cugina Elisabetta, secondo quanto riportato nel Vangelo di Luca. José Cura ha trovato nel coro e nell’orchestra catanese una perfetta intesa e una capacità di penetrazione emozionale che denotano stima e rispetto reciproci. La scrittura del Magnificat sembra collocarsi a metà strada fra il linguaggio postavanguardistico della seconda metà del secolo scorso e il recu-

Da sinistra il concerto, Jose Cura e sotto Manuela Cucuccio pero di un anelito di espressività melodico-tonale che, proprio in quegli anni, sembrava aprire nuovi orizzonti. L’approccio del coro (istruito da Ross Craigmile) è estremamente variegato e va dal canto spiegato (ma sempre contenuto) all’enunciazione addirittura sussurrata, quasi parlata, a sottolineare lo sbigottimento dell’uomo (cui emblematicamente si estende la perorazione di Maria) di fronte alla gloria dell’Onnipotente. Determinante è, in questa pagina, l’apporto del soprano solista, cui è affidato il compito di dare voce ai più significativi momenti dell’invocazione di Maria. Manuela Cucuccio lo ha svolto in maniera egregia, grazie alla perfetta musicalità con cui ha

risolto le difficoltà insite in una scrittura non facile né scontata e grazie anche al possesso di uno strumento vocale dal colore cristallino e dal chiarissimo fraseggio. Dal canto suo l’orchestra, che ha suonato con una fascia viola al braccio come forma di silente protesta per sottolineare la perdurante situazione di crisi del teatro, ha interagito col direttore esaltando ora lo sfavillio ora la commovente trasparenza della tavolozza orchestrale. Sacro e profano, dicevamo all’inizio ed infatti il concerto aveva preso l’avvio con una pagina che sembrava l’esatto contrapposto emozionale del Magnificat. “Tangazo, Variazioni su Buenos Aires”, per orchestra,

di quell’Astor Piazzolla che col suo Bandoneon ha rinvigorito la tradizione argentina del tango, nuevo tango, accogliendo forme e suggestioni più moderne, jazz compreso. La seconda parte della serata era dedicata interamente alla “Sinfonia n.2 in mi minore per orchestra”, op.27 di Sergej Rachmaninov, dalle proporzioni quasi mahleriane, in un dipanarsi nei tradizionali quattro tempi che alternano momenti di intensa e commovente cantabilità (vedi soprattutto il terzo, Adagio) ad altri di più ricca coloratura e ritmica; si avverte, a tratti, un dilungarsi nella frase che indulge fin troppo rinunciando ad una maggiore sintesi e immediatezza.

Nel salutare, José Cura ha espresso parole di grande apprezzamento per orchestra, coro e tecnici, ‘raccomandandoli’ alle cure ed al sostegno del pubblico catanese.

Il grido di dolore dello Stabile etneo: ma Crocetta non sente Nel corso di una conferenza stampa tenutasi nei locali del Centro fieristico Le Ciminiere di Catania, la dirigenza del Teatro Stabile di Catania ha illustrato, per l’ennesima volta, la disastrosa situazione dell’Ente, una vera e propria agonia che non sta conducendo il Teatro Stabile in una condizione di estrema precarietà, nonostante i grandi riconoscimenti in campo artistico ed i grandi successi ottenuti anche nei maggiori teatri nazionali a seguito di fortunate tournèe. Il Presidente Nino Milazzo e il Direttore Artistico Giuseppe Dipasquale hanno compiuto un excursus per dimostrare come negli ultimi anni i finanziamenti regionali e nazionali hanno continuamente effettuato consistenti tagli che hanno ridotto al lumicino le possibilità operative del teatro. Perfino gli stipendi sono continuamente compromessi (ancora oggi i lavoratori soffro-

no il ritardo di svariati mesi). A ciò bisogna aggiungere il mancato riconoscimento, da parte della Commissione del Mibact, dello status di teatro Un momento della conferenza nazionale, a fronte delle novità introdotte alla Regione, il cui Bilancio pedalla nuova legge Franceschini, nalizza fortemente la Cultura e, sia pure col ‘contentino’ di primo conseguentemente, l’attività dei fra i teatri di rilevante interesse maggiori teatri siciliani, lo Stabinazionale. le catanese e il Teatro Bellini in Sono intervenuti anche alcuni particolar modo. componenti del CdA (Marcoccio, Milazzo ha anche spiegato Costanzo, Patanè) nonché l’As- come non ci siano stati i temsessore alla Cultura del Comune pi per una fusione con il Teatro di Catania, Orazio Licandro. Tut- Biondo di Palermo, auspicata da ti sono stati concordi nell’addos- più parti, visti i tempi ristretti ed sare la maggiore responsabilità anche le profonde diversità sto-

riche ed istituzionali dei due teatri e ha indicato in una soluzione federativa la strada da tentare nel prossimo futuro. Licandro ha sottolineato l’impegno del Comune, con il Sindaco Bianco in prima linea, quale mediazione politica con la Regione, auspicando soluzioni migliorative nel più breve tempo possibile. In verità, però, non si intravedono soluzioni ottimistiche a breve scadenza; il panorama nazionale soffre una condizione generale di sofferenza: teatri nazionali di prosa, Enti lirici, Associazioni culturali di varia

natura non godono di particolare attenzione nella politica nazionale. Il Governo, di fatto, tende a dismettere sempre più il proprio intervento e spinge verso provvedimenti di natura privatistica chiamandosi fuori dalla tutela di un patrimonio nazionale la cui storia ci potrebbe e dovrebbe essere invidiata in tutto il mondo e su cui, invece, si investe meno che in qualsiasi altro paese. La strada prioritaria indicata è quella dei tagli allo stato sociale, dell’azzeramento dei contratti integrativi, quasi che chi si occupa di cultura, musica, teatro, lo debba fare solo per il proprio piacere e non anche per produrre lavoro. Se la politica nazionale non opererà una inversione di tendenza l’Italia rischia di sacrificare, sull’altare dell’economia e della finanza, la sua storia e la sua stessa identità culturale. E’ questa la responsabilità degli attuali governanti!

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Il libro della settimana “L’inferno è perdere anche la libertà di amare”: don Pino Puglisi in un romanzo di Alessandro D’Avenia di Giovanni Vecchio “Ciò che inferno non è” di Alessandro D’Avenia (Mondadori Editore, Milano 2014) è un romanzo affascinante ed inquietante nello stesso tempo. In esso l’autore ripercorre il suo itinerario di vita in età adolescenziale, durante il quale si incontra con una persona speciale che lo invita a cambiare le scelte di vita fino allora compiute per abbracciare una via impervia, ma capace di dare un senso alla propria esistenza. Quest’uomo speciale è un prete, don Pino Puglisi, il quale, oltre ad insegnare nel Liceo in cui Federico (alter ego dell’autore stesso) è iscritto e studia, è anche il prete di una comunità che si trova nel quartiere-ghetto di Brancaccio (l’altra Palermo). Il romanzo si snoda attraverso il vissuto del personaggio principale che vive nelle due realtà, quella ufficiale in cui la borghesia condivide i valori e i costumi della società-bene e quella dove vige la sottomissione al boss della zona e nella quale viene imposta in modo spietato la “legge” della mafia, ovvero il sopruso, la violenza, l’uccisione senza remore o scrupoli di alcun genere (“O si domina o si è dominati”). Ma il vero personaggio dominante con la legge dell’amore al di sopra di ogni ostacolo o difficoltà interposta al bene, è don Pino, il quale un giorno chiede a Federico di arbitrare una partita di calcio dei bambini abitanti nell’inferno del quartiere malfamato e se ne torna a casa malmenato e con il muso spaccato e anche a piedi a causa del furto della sua bicicletta. Ma don Pino non molla e vuole che in quei bambini nasca una speranza: “Nessuno li guarda mai … e un bambino non guardato è un bambino perduto”. Senza amore c’è l’inferno: “l’inferno è perdere anche la libertà di amare”. Le pagine ci mettono di fronte a tanti bambini condizionati da un modello educativo pessimo e fuori da ogni regola se non quella dell’ubbidienza al capo e della ferocia nei confronti di uomini e animali. Ci presentano, tuttavia, anche qualche figura semplice, ma

di S par tacus

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Luigi Di Maio – Ascoltate il vicepresidente della Camera (M5s), intervistato a Di Martedì (La7): “ Lei Floris vuole fare il garantista, ma in politica se c’è un dubbio non c’è nessun dubbio”. 2 – testa confusa…

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Filippo Facci – Sentite il giornalista di Libero un po’ bohémien: ”Due domande: com’è possibile che il procuratore Nicola Gratteri abbia proposto di vietare la pubblicazione delle intercettazioni e però non venga giù il mondo, com’è sempre accaduto negli ultimi vent’anni in casi analoghi? Poi: com’è possibile che una nuova legge possa realmente vietare ciò che sarebbe già vietato, salvo che tutti se ne strafottono appunto da vent’anni? 6 – coraggioso!!

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Fabrizio Rondolino - L’ex braccio destro dell’ex premier dopo l’inchiesta che ha portato in carcere il sindaco Pd di Ischia (e ha fatto emergere la storia dei vini…): “D’Alema è un antico professore di liceo. Uno di quelli che quando ti interroga va a fondo e per questo non sopporta la superficialità del giornalismo attuale. Quando scrissi su ‘Europa’ che era finita la sua carriera politica, rispose che non si occupava di “giornali clandestini”. 6 – pane al pane, vino al vino…

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Rosario Crocetta - Le uniche società da salvare sono quelle dei fedelissimi. E già che c’è, il governo ha deciso di alzare gli stipendi a tutti: potranno arrivare ai livelli dei dirigenti generali della Regione. Anche 160mila euro annui. L’unica società a ricevere la “deroga” è rimasta quella addetta alla riscossione. Per tutte le altre, è rimasto il limite invalicabile di 50mila euro annui. Il governatore antimanciugghia e cacciatore di sprechi, però, ha deciso che quella cifra è troppo bassa. Un povero amministratore non può guadagnare così poco. La marcia indietro del governatore è stata messa nero su bianco in un articolo del decreto che rappresenta il nuovo piano di riordino delle società partecipate. Un provvedimento che sembra racchiudere la parabola triste di un governo che aveva giurato guerra alla casta e ha finito, molto semplicemente, per sostituirne una (più o meno nuova) alla vecchia. 0 – uomo, di casta…..

Simona Vicari - Il Comune di Cefalù ha deciso di promuovere una procedura esecutiva per ottenere dal sottosegretario Simona Vicari (Ncd) la restituzione di 208mila euro. E’ la somma che la senatrice ha incassato come indennità quando è stata sindaco della città. Nello stesso periodo ha però percepito anche l’indennità di deputato regionale di Forza Italia. Il cumulo è stato ritenuto illegittimo dal tribunale civile di Palermo che, conformandosi a una decisione del Consiglio di giustizia amministrativa, ha di recente condannato la senatrice a restituire l’indennità di sindaco maggiorata di interessi e spese legali. La sentenza è stata impugnata ma secondo il Comune di Cefalù è già esecutiva e per questo la giunta ha deliberato di procedere al “recupero forzoso delle somme dovute”. -1 – troppe poltrone!!

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I nostri voti

che spunta come un fiore dalla roccia, Lucia, che collabora nel centro “Padre Nostro” con don Pino per l’animazione teatrale, figura che colpisce nel profondo Federico, diciassettenne e ancora innamorato dell’amore ideale per Laura delle liriche di Petrarca, che ha studiato a scuola. Lucia mette Federico di fronte alla realtà che lei coglie con immediatezza e senza alcun filtro letterario. Anche lei va scuola ma dichiara in modo efficace e perentorio: “Andiamo a scuola e non ci insegnano niente. Ci riempiono la testa di nozioni e si dimenticano la vita”. Don Pino trova anche per lei le parole giuste: “Quando non sai cosa fare, tu prega, la preghiera aiuta a rimanere fedeli alla verità, e solo la verità rende liberi”. L’attività del parroco del quartiere Brancaccio, che attira a sé i bambini e fa scoprire loro un modello di vita diverso da quello mafioso, quel prete che si ribella all’”unica fede spontanea che la Sicilia conosca, quella fatalistica e comoda del ‘tanto nulla cambierà’”, disturba i boss della zona che, dopo diversi atti intimidatori, finita la festa del suo compleanno, lo uccidono con ferocia davanti la porta di casa dove stava rientrando da solo. Ma le sue ultime parole: “Me l’aspettavo”, ci rivelano il significato profondo della sua scelta d’amore e di libertà, alla quale, nonostante tutto, non volle rinunciare votandosi al sacrificio della vita. Così conclude l’autore:” …il cuore. Un posto dove scappare dentro. E’ ciò che cercava don Pino insieme ai bambini e ai ragazzi. Li aiutava a scoprire quello spazio dentro di sé, solo così la violenza poteva incontrare un ostacolo. Soldi, rispetto, forza? Bisognava arrivare prima di questa trinità profana. Anche per questo ho deciso di fare l’insegnante e lo scrittore …”. Questo romanzo si snoda tra racconto e poesia, tra paesaggi aridi ed altri rigogliosi, tra ombre e luci, tra durezza e dolcezza. L’autore ci offre con questa sua terza fatica letteraria un’opportunità per conoscere, meditare e amare.

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Le funivie

Quattro funivie partono contemporaneamente da una stessa stazione sciistica. La prima compie il tragitto di andata e ritorno in 22minuti, la seconda lo compie in 18 minuti, la terza in 24 minuti e la quarta in 17. Dopo quanti minuti le quattro funivie si troveranno di nuovo insieme nel punto di partenza?

Vendemmia

Un uomo da solo si berrebbe una damigiana di vino in 10 giorni. Se anche la moglie beve con lui, assieme svuoterebbero la damigiana in 6 giorni. Quanti giorni impiegherebbe la moglie a svuotare da sola la damigiana?

Giorni della settimana Che giorno era il 14 aprile del 1647?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Virus: 9565938 computer; Numeri a due cifre: 32; Numeri insoliti: 840

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

La scelta

L’eterna lotta tra cartaceo e digitale nelle deboli classfiche dei lettori

Un film di Michele Placido. Con Raoul Bova, Ambra Angiolini, Michele Placido, Valeria Solarino, Manrico Gammarota

di Danila Intelisano

Due attori popolari come Raoul Bova e Ambra Angiolini, che in alcuni anni di onorata carriera si sono distinti prevalentemente per ruoli comici o dolceamari, affrontano il banco di prova di un testo drammatico e per certi versi, quasi scandaloso. In La scelta, rielaborazione del testo L’innesto di Luigi Pirandello, le passioni sono molteplici proprio come le numerose ombre proiettate sul tranquillo setting di una Bisceglie limpida e luminosa. Tra queste, le rappresentazioni di una maternità negata, di uno stupro e in ultimo l’oscillazione profonda sull’essenza del sentimento amoroso, sia esso da intendersi come radicato nei geni biologici, oppure come atto di costruzione e possibilità slegato da ogni forma di determinismo scritto nella specie. Su questi temi a dir poco complessi, Michele Placido costruisce un melò che non vuole essere politico (non ne possiede l’asciuttezza dell’analisi sociologica né tantomeno il largo respiro su ambiente e caratteri, anche perché siamo in un paesino ma i personaggi si muovono e agiscono come se fossero i cittadini di una grande città), ma che si ferma piuttosto sulla soglia dell’osservazione diretta e claustrofobica delle dinamiche di coppia. Un punto di vista che seguiamo dapprima con curiosità, visto il coraggio della materia principale e il posizionamento insolito di due attori protagonisti di pellicole mainstream, ma quando veniamo lasciati soli di fronte all’approfondimento psicologico, all’elaborazione del dramma, alla trasformazione in dinamica delle prospettive dei protagonisti, La scelta ha decisamente il respiro corto. Perché non bastano i silenzi di una recitazione trattenuta da entrambi i lati, né la continua omissione dell’episodio violento, per fare del film un’opera tragica dal tono autorale, se di fronte al minimalismo espressivo e alle omissioni il dubbio che nasce è che si tratti di un mancato viaggio nelle dimensioni psicologiche dei protagonisti, piuttosto che di una precisa scelta stilistica. E allora il senso di smarrimento, per queste continue accelerate ed enfasi prive di senso, è più forte della malinconia e del pathos, e il film assomiglia più a un azzardo che a un’opera riuscita o una variazione sul tema femminista della maternità “diversa”.

Continuano a giungere notizie funeste sul fronte editoriale e intellettuale: resistono i pochi lettori accaniti, ma retrocedono i lettori deboli. E, tranne nei periodi festivi o in altre rare occasioni, cresce il mercato digitale. La maggior parte utilizza un e-book, penalizzando il tradizionale cartaceo. A meno che cento milioni di copie non invadano il mercato di trentasette paesi del mondo con la trilogia: “Tutte le sfumature del grigio” di James, in cui un povero psicopatico, con la scusa di una infanzia difficile, sottomette una donna a pratiche sessuali da brivido, che tanto attrae il popolo dei lettori demenziali. Ma la donna che sa il fatto suo se la fila. Il mercato favorevole è quello degli adolescenti appassionati di Fantasy; soprattutto, di King e Rolling. Le donne battono gli uomini con Mazzantini, Fallaci e Sanchez e gli intellettuali continuano a tenere in vita Il Piccolo Principe di Exsupéry e Anna Karenina di Tolstoy. Nella saggistica, Papa Francesco batte Vespa e Agassi, mentre il Nord batte il Meridione. Certo, dove più manca il pane, è inutile avere i denti. Scarseggia sempre più l’educazione alla lettura e sono pochi i genitori che accompagnano i figli a scegliere un libro. Se invece lo stimolo parte dalla famiglia, sin dall’infanzia, vi è una maggiore speranza. Tutto è mutato: il modo di leggere, di pensare, di arricchirsi, di confrontarsi e di emozionarsi. Cosa leggi professore Cosmo, beatamente alla villa Bellini? Un buon saggio sotto i primi e attesi pallidi raggi di sole. Nei primi anni di vita è indispensabile leggere insieme ai propri figli, per indirizzarli nelle scelte adeguate all’età. Può essere un momento da vivere insieme e aumentare i mezzi di avvicinamento, mentre la società odierna propone quelli di isolamento. Sono cambiate anche la esigenze dell’intelletto dell’uomo che corre verso altre mete, mentre la poltrona da lettura attende tempi migliori, affinché il pensiero viaggi comodamente e con la sensazione di un diretto contatto con l’autore.

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