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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 14 anno X - 11 aprile 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Libertà di espressione Ipocrisie e querele di Nunzia Scalzo Avanti tutta con un’altra querela. Non lo racconto perché mi sento una malcapitata o una vittima, figurarsi, ma solo per dovere di cronaca e di informazione. Non entro nei dettagli che sono pure antipatici, e ho ancora pochi elementi per farne un quadro chiaro, ma come al solito qualcuno, sbagliando, pensa di spaventarci. Questa non è la prima tegola che ci cade in testa mentre camminiamo lungo le vie della comunicazione giornalistica, e se qualcuno pensa di fermarci o di imbavagliarcia a suon di querele è del tutto fuori strada. In questo Paese e in particolar modo a Catania, chi tocca un nervo scoperto è spacciato. La querela è l’arma da brandire e con la quale colpire chi scrive cose scomode. Importante è che, nonostante tutti i proclami, nessuno tuteli la libertà d’espressione. E in tempi in cui la libertà di espressione è così centrale nelle nostre vite da utilizzare addirittura hashtag di ogni sorta ogni volta che viene toccata, in Italia, nella civilissima Italia che si trova al 73 posto per la tutela della libertà di espressione, si chiede di mettere il bavaglio ai giornalisti che dicono la verità. Si chiede loro di tacere o di raccontare quello che si può o quello che alcuni vogliono. Nel Paese in cui la Carta tutela la libertà di espressione, si vive il paradosso di essere continua a pag 12

Una Pasqua di sorprese Augusta

Acireale

Verso il voto con le polemiche di Piscitello

Terme Una corsa contro il tempo

R . T o m a r c h i o pag 12-13

S. Faraci

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Regione, il bilancio della verità: in gioco a d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Il caos di Agrigento - In Forza Italia l’argomento è causa di polemiche. Ma con il suo comportamento politico lento e dinoccolato, Enzo Gibiino probabilmente passerà alla storia come il “genio” capace di mettere all’angolo la sinistra siciliana, nel momento del suo massimo potere. Altro che sessantuno a zero. Parliamo di Agrigento. Delle primarie del Pd, vinte – neanche tanto a sorpresa – da un uomo di Forza Italia, Silvio Alessi. La candidatura – alle primarie - di un uomo vicino al vice coordinatore di forza italia in Sicilia, il deputato Riccardo Gallo, aveva messo in crisi i già precari equilibri interni nel partito berlusconiano. Gallo - ad Agrigento – è uno dei promotori di un movimento ispirato dal patto del Nazareno, insieme all’ex sindaco renziano Mario Zambuto e all’ex forzista Michele Cimino. La candidatura – e la vittoria di Alessi – erano infatti passate grazie al “silenzio” di Gibiino. Erano state “avallate” da Mariella Lo Bello, assessore regionale alla formazione. E ufficialmente “benedette” perfino da Saro Crocetta in persona. Non sappiamo se il silenzio di Gibiino fosse ispirato da una vera e propria strategia. Fatto sta che il vero vincitore, oggi, è lui. Intanto perché la vittoria di Alessi ha portato a un risultato eccezionale e paradossale a un tempo. Se fosse andato tutto liscio, Forza Italia avrebbe infatti portato a casa il sindaco di un capoluogo importante, senza grande sforzo. Ma quello di Gibiino appare come un capolavoro strategico soprattutto perché ha dato fuoco a una nuova fase del dibattito “interno” al pd; che si è subito trasformato in guerra per bande. Provocando – intanto - la “sconfessione” dello strumento: delle “primarie” in quanto tali. Adesso il pd – ad Agrigento – è costretto a candidare nientemeno che Angelo Capodicasa, ex presidente della regione e attuale, ufficiale oppositore della linea

Scontro finale in casa pd: su amministrative e antimafia si scatena la bagarre interna che contrappone Crocetta a Faraone e a Renzi - In aula, mentre si attende ancora il bilancio, arriva una finanziaria senza la firma dell’assessore dell’economia – L’isola a grandi passi verso il commissariamento. politica del governatore siciliano. Una candidatura d’emergenza che probabilmente non sarà un toccasana in direzione della pax interna. Il primato antimafia - Nelle ultime ore Crocetta s’è visto rinfacciare questo disastro da parte di tutto lo stato maggiore del partito, a Roma. Se lo spirito – condiviso - del patto del Nazareno era infatti quello di far emergere le contraddizioni del fronte avverso, Crocetta è riuscito a perdere su tutta la linea. Perché se ad Agrigento le primarie non sono state la “summa” dell’intelligenza politica, è anche vero che la situazione di Enna non è da meno. Con mezzo pd costretto a chiedere a Mirello Crisafulli, riconosciuto coordinatore provinciale, il “sacrificio” di una candidatura che lui stesso accarezza e apparentemente rifiuta. Mentre l’altro mezzo partito gli rimprovera la presunta “impresentabilità” legata a una inchiesta per rapporti con personaggi in odor di mafia, dalla quale è uscito a testa alta. La questione Crisafulli, buono a portare voti e a reggere il partito, meno buono – per il pd renziano – a occupare cariche pubbliche, ha riportato in discussione, all’interno della sinistra siciliana, la mai risolta questione del “primato” antimafia. Saro Crocetta, qualche giorno fa, “audito” dalla Commissione antimafia nazionale, ha ricordato la sua “missione”, alzando il dito accusatore contro davide Farao-

ne. Colpevole, con la sua “Leopolda” siciliana, di aver pubblicamente chiesto al governatore, meno strepiti antimafia e più atti di governo. Crocetta non solo non demorde dalla sua antimafia “gridata” ma ha perfino chiesto solidarietà “contro” quelli che considera degli “attacchi” da parte di Faraone. Né più né meno della stessa contesa scoppiata dentro il pd durante le europee, quando la crociata antimafia del governatore sembrava potesse passare solo attraverso il sostegno della sua ex segretaria e adesso ex assessora al turismo, Michela Stancheris. La Sicilia senza bilancio - Normali tensioni “stagionali”? Innocui fulmini a ciel sereno? Pare di no. Probabilmente su amministrative e antimafia si sta consumando l’ultimo atto – in ordine di tempo – della guerra mai sopita tra le varie anime del pd. Anime che, in Sicilia, si moltiplicano e dividono secondo un coefficiente territoriale molto variabile. Mentre a Roma le stesse tensioni sono ugualmente evidenti, ma formalmente più compassate, qui da noi il dibattito si trasforma e tutto prende il sapore e i toni della “cavalleria rusticana”. In cui ogni scambio di battute sembra il preludio della carneficina finale. Anche se tutte le “parti” in commedia sanno che il copione da recitare e interpretare è ancora lungo e complesso. Sulla scena principale, quella

Rosario Crocetta dei media, in questq fqse vq in scenq lo scontro “a coltello” tra Crocetta e Faraone. Ma in aula, all’assemblea regionale, il contesto è diverso. La presidenza del parlamento siciliano s’è vista recapitare infatti, da parte del governo, una finanziaria priva della firma dell’assessore dell’economia, Alessandro Baccei. Ma soprattutto, priva di quell’atto “propedeutico” fondamentale alla sua valutazione: il bilancio. Crocetta, che ha evidentemente litigato con il suo assessorecommissario romano, ha mandato quindi in aula dei documenti che non sono valutabili neanche in via preliminare. E’ il bilancio a evidenziare con chiarezza quali siano le risorse utilizzabili e ad indicarne con chiarezza sia la provenienza che data della loro reale disponibilità. Elementi-chiave per poter decidere come utilizzare le somme, attraverso una legge finanziaria o di stabilità regionale, come si dice adesso. Ma il bilancio non si puo’ ancora “chiudere”: secondo “indiscrezioni” mancano all’appello circa tre miliardi e mezzo. Che Crocetta conta di farsi assegnare come risorsa straordinaria dal governo nazionale. Ma Renzi, che nell’ultimo anno ha tagliato dai trasferimenti alla Sicilia oltre sette miliardi, non pare disposto a mollare la “presa” al collo dello stesso Crocetta. E qualcuno sussurra – anzi – che la “testa” di Crocetta po-

trebbe essere un ottimo trofeo da offrire ai controllori europei per dimostrare l’intransigenza e il rigore imposto da Renzi a tutto l’apparato pubblico. Compresi i governatori “amici”. Una ipotesi politica che sembrerebbe avallata sia dalla scomparsa, sulla scena regionale, dell’attività dell’assessore all’economia inviato in Sicilia da Matteo Renzi e Graziano del Rio. Se la finanziaria regionale non è stata firmata daa Alessandro Baccei non è certo perché l’assessore ha avuto un crampo alla mano… Si scrive default… - Una situazione di questo genere, in termini finanziarti si chiama “default”. E’ la situazione per cui le imprese non riescono a fronteggiare le spese con il proprio bilancio e sono costrette a dichiarare il fallimento. Situazione che non è riproducibile nel settore pubblico, dove il pareggio di bilancio è ormai obbligatorio, ma in cui le spese sono sempre frutto della contribuzione. Ecco perché anche lo Statuto autonomistico della Regione Siciliana prevede – in casi come questo - che lo Stato abbia il potere di nominare in casi eccezionali dei “commissari” incaricati di sostituire il governo e di indire nuove elezioni. Crocetta non è riuscito a “comporre” e a far approvare dall’assemblea regionale il bilancio della regione per il 2015 entro il 31 dicembre, nei tempi cioè previsti dalla legge.

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o autonomia e futuro politico del governo L’ordinamento prevede, in questi casi, un massimo di quattro mesi di “esercizio provvisorio”, durante i quali l’amministrazione procede con le spese previste dal bilancio provvisorio, operando parallelamente per redigere il documento contabile finale, da approvare entro l’ultimo giorno di aprile. E’ già Pasqua e le risorse necessarie non sono ancora state trovate, né a Roma – che la sua legge finanziaria l’ha approvata in tempo – né nelle pieghe del bilancio regionale. Il governo non intende rinunciare a nessuna delle sue spese “ordinarie”. Il “bozzone” di legge finanziaria presentata, infatti, prevede tagli sono per i dipendenti pubblici e per gli enti locali. Previsione che ha già sollevato un vespaio. I dipendenti regionali hanno ottenuto il temporaneo congelamento dei tagli e l’apertura di un tavolo di confronto dinanzi all’Aran regionale. Un altro ente inutile di cui non si riesce a far a meno. Ci sono dieci giorni di tempo per

Alessandro Baccei trovare un accordo quadro. Che probabilmente non sarà possibile raggiungere e firmare. E scatteranno cosi’ i tagli originariamente previsti dal governo. Tagli, sempre tagli, fortissimamente tagli anche per i comuni, che vedono apportare una significativa decurtazione dei trasferimenti assegnati loro dalla regione. E aumentare, fortissimamente aumentare, i, volumi

di una nuova imposta locale sulla mancata attivazione della raccolta “porta a porta” della spazzatura urbana. Fermare Crocetta - In questo contesto, in cui la figura del governatore, per sua stessa ammissione, è invisa soprattutto ai partiti “amici”, qualcosa si muove anche nell’area di quella che dovrebbe essere l’opposizione. Gaetano Armao e Rino Piscitel-

lo, hanno infatti ufficialmente annunciato di aver dato vita alla prima azione politica del loro nuovo partito-movimento “Sicilia Nazione”, che muove i suoi primi passi all’interno del solco della tradizione autonomistica. “Fermare Crocetta” è la prima campagna di “Sicilia Nazione”, che si propone di riaffermare il principio dell’autonomia impositiva della Regione in nome

di un federalismo “puro”, fuori dalla sfera dell’intervento statale. Armao è un grande conoscitore del diritto amministrativo e un cultore dei principi dello Statuto autonomistico. E’ una persona che sa quello che dice, soprattutto quando parla della pubblica amministrazione siciliana. Da lui parte oggi una analisi precisa e documentata sull’attuale governo regionale, “arricchita” perfino di una formale proposta non solo politica, ma addirittura “istituzionale”. Confesso di essere amica di Gaetano Armao e quindi, in questa veste, persona poco imparziale. Ma credo di poter affermare, che la “suggestione “ proposta da “Sicilia Nazione” nasce dall’analisi degli stessi fatti che noi vi raccontiamo da due anni. Due anni in cui la terra che amiamo ha subito violenze d’ogni tipo. Che vanno sanate. Al più presto. Con una terapia d’urto. E se arriva una nuova proposta, è opportuno almeno conoscerla.

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fugit faccusape nestorios mi, omnihilit erumque et mi, solupta sim landipis ipid quam estotaeped mos natio. Itaectem quo mollitatem nobis di offic tenima senda destecae dolore non plit officient liquis sequis et pa sunt fugiatio consed que illiberibus solorrovit, quas mo militio velis deribus, inctur? Oluptae. Et ut perunti andit od moditib usciis esci officab orestiur, utem harumet, aperit hit, corendus sim dollorit volorei untiur magnihi lignihicto doluptur? Ommo ipsant audamus et et volut pro quas sequias et, veles mo to blaborestio. Et offic temporera cones re, corio. Sae consequi di seque provitae od quam, sunt volesequi occullo repelic tectae con non conem cuptate sequiatem quibus moloribus, veraereptae earcipsum fuga. Obis et vel es adit, imiliquia dolorerem endicatem rem. Aligeniatio eum voluptaessum et ipsae quis re que mos eicil ipicidi tatusae. Taector solest litat. Lent estiunt iorersp iendia volut pelibus cus vit, te dellabo. Nam si optia con nem sitate nam, susae eicium litatis doloratio exceptatiis pratiur moluptatem imilluptia dellabore porepud andaestem adit reperem adis re nonsed quaectu riaector

sequo comnis aces eici que dolluptiis sae ellorepuda il ilibus et vit, ullab ipiciis dion ex esequi illor se platati cum rempe volestion non conest quibus ent officilitio. Nemodis derum ipsam, invent eos dus re suntis volupisqui comnihi llentotas as endelit lati ut fugitis et est explab iniminc tatatiae conseria vitatem aut untur? Aborem voluptureres am qui idemodis et lis quas eatur as autestiam, tem. Namet doluptatet quae volessi cupit esendis tempeleni odigent ut ium re labor as aut ium quatia quiate voles dem vella volenis est, idunt, ut la ea nonem con rerovidebit a et estin et maios estrumque volorpore pro dollaccae. Ita netus pore nimpedit et mossunt voluptatem ipsunt que lanis num quo minvenis sit parcil ea-

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Lungomare liberato, prove tecniche per la Catania che verrà di Giuliano Busà Tante persone si sono riversate al lungomare domenica scorsa, tante altre però si sono lamentate per i disagi causati dalla chiusura del tratto di strada. E’ indubbio che i catanesi vogliano uno spazio della propria città per potersi svagare e ritrovare, per partecipare in libertà e sicurezza. Fino ad oggi nessuna amministrazione era mai riuscita ad offrire qualcosa del genere ai catanesi. E si badi bene, nemmeno questa lo ha fatto. Molto più semplicemente, gli strumenti di pressione collettiva utilizzati dal folto, nutrito e preparato numero di associazioni che ha ideato, organizzato e strutturato l’iniziativa sono risultati molto più efficaci grazie al semplice meccanismo del “conteggio” delle opinioni che si può fare sui social network. Ossia: si propone un’idea, creando una pagina dedicata e opportunamente seguita dal punto di vista comunicativo, e ci si confronta in maniera vieppiù democratica sulla bontà dell’idea stessa, affidandosi a like, commenti e riscontri vari. La pagina del Lungomare Liberato ha da subito avuto molto successo e in tanti già dai primi giorni hanno chiesto informazioni e sperato che il progetto si concretizzasse il prima possibile. I promotori dell’idea si sono resi conto allora della fame di partecipazione pubblica, di voglia di socialità all’aria aperta rimaste sopite e represse per troppo tempo, sentendosi in questo modo forti a tal punto da avanzare – esigere – al Comune una vera proposta, dettagliata e circostanziata, di applicazione dell’idea. Nasce così il Lungomare Liberato e nasce così la rivalsa di una cit-

tà – di una parte di città, è bene specificarlo – che decide di intr o mette r s i nel processo decisionale sfruttando al meglio non soltanto delle idee che nascono dal confronto quotidiano con le realtà locali e con il territorio – termini inflazionati dal linguaggio politico, ma qui carichi di significato – ma degli strumenti innovativi che ad oggi un decisore, fosse anche il più reazionario, non può ignorare. La voglia di condividere e di esserci va quindi poi sui mi piace sulla pagina Facebook, diventa reale. Ma è ovvio che la fame venga mangiando e che l’aver toccato con mano e visto con i propri occhi che le idee concepite civicamente e condivise possano concretarsi faccia venire voglia di guardare ancora avanti. Gli organizzatori hanno infatti precisato ancora una volta che “il nostro obiettivo è liberare sempre più strade dalle automobili pedonalizzando quelle più idonee, come ad esempio lungomare e centro storico. Abbiamo visto che, nonostante i 2,3 chilometri di strada liberata le persone erano così tante da non consentire neanche di procedere tranquillamente in bici e c’era la fila per prendersi un gelato o andare in bagno! Sicuramente le soluzioni possono essere molte, tra cui estendere l’evento a più

domeniche o tutte le domeniche del mese o/e allungare il tratto liberato”. Da qui un’altra proposta, ancora più in grande: “Vi stuzzichiamo con un’idea... da Castello a Castello! Pensate per un attimo ad un collegamento ciclo-pedonale che attraversi il centro storico di Catania passando dal Castello Ursino, fino ad arrivare al Lungomare ed al castello di Aci Castello e magari spingersi un giorno anche ad Aci Trezza quando si potrà attraversare quel maledetto lido dei ciclopi, un percorso magico che se valorizzato potrebbe diventare una delle perle della nostra città metropolitana, il miglior percorso ciclabile del sud Italia con un enorme attrattiva turistica! Si potrebbe sperimentare una domenica primaverile e vedere cosa succede”. Del resto, perché non provare a disegnare la città come la si sogna, se i riscontri sono così ampi in termini numerici e se una grande fetta di cittadinanza – va detto, perlopiù giovane e perlopiù universitaria – accoglie con entusiasmo mai visto qualsiasi proposta venga dal basso

e presupponga partecipazione e attività di svago all’aria aperta, meglio ancora se senza auto? Giovanni, uno dei partecipanti al Lungomare, non ha dubbi: “Ci siamo “riappropriati” (metto tra virgolette, visto che per adesso dobbiamo accontentarci solo di una volta al mese) del lungomare, adesso che siamo numerosi perchè non lottare per riappropriarci del centro storico con la sua finta ZTL, dove qualcuno vuole, addirittura, permettere di posteggiare in piazza università e lungo la via Etnea? Da un anno a questa parte le poche cose belle di questa città vengono dal basso, e dal basso bisogna iniziare anche questa volta”. Enzo Bianco e la sua amministrazione non potranno quindi ignorare ancora per molto nessuna delle istanze che, in maniera condivisa e numericamente riscontrabile e inconfutabile, gli verranno presentate. Certo è che il Lungomare Liberato, così come le iniziative che eventualmente verranno, non piace a tutti. Non piace ai gestori dei locali, che da quasi un anno sono in lotta serra-

ta contro i promotori dell’evento e l’amministrazione, ma non se ne comprende il perché: tanta gente a percorrere il lungomare vuol dire tanta, tantissima clientela, quindi dev’esserci dell’altro. Non piace ai paninari della zona: lo dimostrano gli spiacevoli episodi di qualche mese fa ma ad oggi lo dimostra anche la fine che le rastrelliere installate per gestire la mole di biciclette hanno fatto, venendo infatti degradate a sedili o nascoste dai tavoli delle paninerie. Non piace a chi vorrebbe raggiungere il lato mare della città in auto e magari non apprezza gli spostamenti in bicicletta o a piedi (qui è però penalizzato da qualcosa che sta a metà tra la moda del momento e il corso della storia sociologica e antropologica della contemporaneità), e vorrebbe essere libero di farlo – e ci mancherebbe! Non piace agli abitanti delle vie intorno al lungomare, che in quella domenica al mese, citiamo testualmente le parole di un cittadino, devono “andarsene da un’altra parte, lontano da casa, se vogliamo stare in pace e anche volendo veniamo assaliti dai partecipanti all’iniziativa che ovviamente la raggiungono in auto, riempiendo le strade con le auto da cui si vorrebbero liberare”. Dello stesso avviso un abitante di via Messina: “In quel giorno le vie sono intasate con file chilometriche che bloccano tutto; anche noi paghiamo le tasse e non riesco davvero a capire perché per accontentare alcuni, non tanti per quanto ne so io, bisogna massacrare altri, costringendoli ad inquinamento acustico e stress anche la domenica mattina”. Scontri di civiltà in una città che prova a cambiare.

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Aprile 2015 - Giudiziaria

Bilanci preventivi “gonfiati”, un processo con prescrizione incombente di Marco Benanti

A Catania, al Palazzo di giustizia, succede spesso: quando c’è di mezzo un processo per presunti reati contro la pubblica amministrazione, il percorso processuale è alquanto travagliato. Non è una “regola fissa”, ma la constatazione –come dire- empirica dei fatti indica una certa tendenza legata ai processi di questo tipo. Invece, sempre una considerazione empirica fa notare percorsi da “viale” o “autostrada” nei processi di mafia o simili (spaccio e traffico di droga, estorsioni o simili). Sarà tutto una coincidenza. Esempi? L’ultimo il processo per i cosiddetti bilanci preventivi “gonfiati” –secondo l’Accusa- al comune di Catania (anni del centrodestra, periodo Scapagnini) vive un percorso “accidentato”. In settimana, si è tenuta l’utima udienza, davanti al giudice Roberto Passalaqua della prima sezione penale del Tribunale.

Il procedimento è tornato allo stesso giudice che, prima di Natale, visto l’accoglimento da parte della Corte d’Appello dell’istanza di ricusazione dell’originario Gup avanzata dalla Difesa di un imputato, aveva rinviato il fascicolo all’udienza preliminare. Un nuovo Gup il 22 gennaio scorso aveva esaminato nuo-

vamente gli atti e disposto il rinvio a giudizio per cinque imputati (per altri 4, invece, era stato disposto il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione). Imputati adesso –per l’ipotesi di reato di falsità ideologica in atto pubblico- sono l’ex ragioniere generale Francesco Bruno, l’ex assessore al bilancio Gaetano

Tafuri, il dirigente del servizio Entrate Carmelo Pricoco, il dirigente dell’Urbanistica Luigi Asero e il già commissario Vincenzo Emanuele. Sul processo –inopinatamente- incombe, però, il “rischio prescrizione”. Proprio per questa ipotesi ventilata, l’Accusa mostra di voler “accelerare”: infatti, erano stati già

sentiti i testimoni dell’Accusa, alcuni della Difesa (i legali degli imputati hanno fatto notare che devono essere sentiti ancora dei testimoni). Quindi, il Pm Marco Bisogni si è detto disposto a presentare al più presto la sua requisitoria. E cosa è accaduto? C’è stato un difetto di notifica, che ha “stoppato” l’udienza: finale. Rinvio a fine mese di aprile (giorno 27 per la precisione). Comunque, la storia dei bilanci comunali ai tempi del centrodestra di Scapagnini pare non finire mai: secondo la tesi accusatoria ci sarebbero state delle “falsità sostanziali”. Secondo gli inquirenti, in particolare, l’equilibrio dei conti sarebbe stato in realtà inesistente, mediante previsioni “gonfiate”. Una lunga storia: non a caso, questo procedimento è un troncone dell’inchiesta più ampia sul cosiddetto “buco di bilancio” a Palazzo degli Elefanti. Ai tempi di Scapagnini, ovviamente.

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Aprile 2015 - Catania

Terme: lotta contro il tempo non depauperare il patrimonio di Saro Faraci

Terme di Acireale sono in agonia. Lenta ed inesorabile verso la chiusura e la cessazione delle prestazioni specialistiche. Non c’è liquidità per pagare le spese correnti. Il bilancio al 31.12.2013, appena approvato ma ancora non pubblicizzato sul Registro delle Imprese della Camera di Commercio, registra ricavi per poco più di qualche centinaio di migliaia di euro, una somma irrilevante per far fronte alle spese correnti e ai debiti pregressi. Pare che il liquidatore Luigi Bosco abbia chiesto al socio unico, cioè alla Regione Siciliana, la convocazione di un’assemblea straordinaria per discutere dell’approvazione di una possibile richiesta di concordato preventivo al Tribunale di Catania, in pratica la prima tappa di una procedura concorsuale applicabile alle crisi d’impresa. La Regione per il momento prende tempo, anche perché è compito del liquidatore esperire prima tutti gli atti necessari per ristorare i creditori e restituire l’attivo residuo al socio. Ma il tempo incalza e il rischio di insolvenza si fa imminente. I debiti, lo abbiamo scritto anche nel numero scorso, rischiano di affossare definitivamente le Terme di Acireale. La Regione non intende più sborsare un euro, anche perché i solerti dirigenti regionali dell’Assessorato all’Economia non vogliono assumersi alcuna responsabilità contravvenendo alle indicazioni della Corte dei Conti che, nell’ultima relazione, è stata chiara: nessun trasferimento, nessun intervento di capitalizzazione è possibile dalla Regione verso le sue società partecipate quando sono decotte come le Terme di Acireale. Quindi è al liquidatore, l’ing. Luigi Bosco, che tocca

Le Terme di Acireale

trovare una possibile soluzione per conciliare due esigenze che, al momento, appaiono contrapposte: da un lato, preservare il patrimonio immobiliare delle Terme; dall’altro lato, creare le condizioni per una ripresa delle attività termalistiche. I quattrini per riavviare queste ultime non ci sono, anche perché il funzionamento degli impianti comporta costi ed uscite monetarie, quelle delle utilities innanzitutto, che non possono essere coperte con la monetizzazione dei ricavi correnti. Il patrimonio immobiliare, d’altro canto, risente della complessa vicenda con Unicredit. La banca ha assicurato la propria disponibilità a far includere, nell’imminente bando di privatizzazione, la cessione del debito al potenziale investitore interessato alla gestione; tuttavia, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, perché entro settembre di quest’anno è necessario corrispondere oltre due milioni e mezzo di euro ad Unicredit per il pagamento delle pregresse rate di mutuo non onorate; se il debito non

verrà saldato, anche ove fosse disponibile a farsene carico in futuro il nuovo gestore delle Terme, i due immobili – l’albergo Excelsior Palace e il centro polifunzionale – verranno messi all’asta. La faccenda del contenzioso con Unicredit e l’esercizio di alcuni diritti spettanti ai privati su terreni a Pozzillo e sull’ex stabilimento dell’acqua minerale ancora di proprietà delle Terme costituiscono tecnicamente le pregiudizievoli che stanno rallentando la stesura del bando, di cui si sta occupando l’advisor regionale Sviluppo Italia Sicilia. Se non si risolvono, anche in via transattiva, questi nodi, procedere alla stesura del bando, sulla falsariga di quanto avvenuto per Sciacca, sarà difficile. Occorre, insomma, un’azione di coordinamento straordinaria che può essere assicurata solo dalla politica, o dal liquidatore, o da un tavolo tecnico fra più attori istituzionali, compreso il Tribunale. La politica però tentenna ed esprime posizioni variegate e spesso contrastanti, come di-

mostrano i più recenti discorsi diametralmente opposti del Presidente Rosario Crocetta, dell’assessore all’Economia Alessandro Baccei e dell’assessore al Turismo Cleo Li Calzi. Il liquidatore Luigi Bosco è sempre più solo e cerca sostegno politico per legittimare la propria azione a tutela del patrimonio. Il tavolo tecnico potrebbe essere a questo punto una soluzione intelligente per far dialogare da vicino Enti ed istituzioni che fino ad ora si sono confrontati soltanto con carte e missive. Un tavolo tecnico si terrà la prossima settimana. E’ stato deciso a Palermo nel corso di un incontro ristretto all’Assessorato all’Economia avvenuto martedì scorso. Vi parteciperanno l’ing. Luigi Bosco, il dott. Giuseppe Glorioso di Sviluppo Italia Sicilia, la dott.ssa Grazia Terranova dirigente dell’Ufficio Speciale per le Partecipate Regionali, il sindaco di Acireale ing. Roberto Barbagallo e l’on. Nicola D’Agostino che sta seguendo da vicino la vicenda. Sarà presente pure

il Forum permanente delle Terme di Acireale, promosso dal Lions nel 2011, che dopo quattro anni dalla sua costituzione viene ufficialmente invitato dal primo cittadino di Acireale ad accompagnare la città nel confronto con l’istituzione regionale. Sono passati quasi tre anni da quando, nell’estate del 2012, Sviluppo Italia Sicilia esitò alla Regione Siciliana lo studio preliminare sulle Terme di Acireale e di Sciacca. Da lì si sarebbe dovuto procedere immediatamente alla pubblicazione del bando per l’affidamento ai privati della gestione degli stabilimenti idrotermali. Così non è stato per Acireale, mentre per Sciacca si è fatto, seppur con esiti negativi dato che nessuna manifestazione di interesse è pervenuta. I ritardi nell’emanazione del bando per Acireale sono principalmente legati alle pregiudizievoli già menzionate (a partire dal contenzioso con Unicredit) e dall’andamento sofferto della liquidazione che, nonostante la ripresa dell’attività, non ha prodotto i risultati sperati. Ai debiti verso la banca si assommano anche i debiti verso l’Erario (la Serit) e quelli nei confronti del Comune di Acireale. Si può provare ad immaginare una rateazione di questo monte debitorio così mostruoso, ma in che modo concretamente si potranno onorare le rate correnti del debito? E’ tutta qui la questione ed onestamente non è facile, seppur non impossibile, trovare una via d’uscita immediata. Bisogna lottare contro il tempo per scongiurare il rischio di non trovare più l’ex albergo Excelsior Palace nel patrimonio disponibile delle Terme. Senza quell’immobile, infatti, la gestione di tutto il resto risulterebbe meno appetibile ad eventuali investitori interessati.

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Aprile 2015 - Giarre

Giarre contemporanea assediata dalla noia di Augusto Bianchi Scioglietelo per ecceso di inattività. Scioglietelo per noia. E’ a questi punto che è giunta stancamente Giarre, la cittadina jonica cui, nei decenni passati, guardavano i paesi vicini come centro propulsore della vita economica, centro erogatore di servizi, centro di intensa attività culturale, adesso paesone, senza coscienza di città, degrada nel silenzio della storia. Ma se questo è frutto di tendenza che si è consolidata nell’ultimo deccennio, in concomitanza con il governo della destra firrarelliano-lombardiana, l’ultimo sussulto costituito dall’amministrazione da Roberto Bonaccorsi, ne aggrava le condizioni in un indecoroso grattare il fondo della bassezza cui la storia politica e amministrativa di Giarre e dell’intera vitalità di una comunità. Il sindaco e la giunta, da cui dipende la propulsione dell’attività amministrativa, hanno precepitato in una fangosa palude la vita di una comunità, per deficit politico a causa di una scarsissima vo-

Il sindaco Bonaccorsi lontà a confrontarsi della giunta col consiglio, a causa dell’essere divenuta prigioniera di crediti in esigibili di natura politico clientelare contratti in campafna elettorale, a causa pure di una gravissima carenza di visione. Segno più tangibile della crisi del malato Giarre è la perdurante assenza di una messa in funzione della raccolta differenziata, una delle voci più onerose per i bi-

lanci comunali e pure per quelli delle famiglie giarresi. Roberto Bonaccorsi vive alla giornata la gestione della città, intrappollato in una crisi politica intricata col consiglio che non riesce a districare, è stato orfano, dopo l’occupazione farsa dell’ospedale, dell’ultima trovata comunicativa, specie dopo l’avvio flop delle celebrazioni sottotono del bicentenario. Così il sindaco

Il comune di Giarre illusionista ha tirato fuori una pianta organica a sorpresa di cui la sua maggioranza e il consiglio erano all’oscuro, l’ennesima manomissione delle funzioni dell’organo rappresentativo, del timoniere senza rotta della barca comunale. C’è profondo malcintento nel personale dell’ent per una manovra che non fa altro che agitar per impastare il fango della palude giarrese. Da queata

palude non si esce con espedienti serve tanta politica e biaogna unire una comunità intorno ad un’idea che ancora non c’è e per questo il sindaco tecnico, incartato nelle asperità del suo carattere, nè la sua maggioranza squassata da ricatti, richieste e svuotata di idee, non sono adeguati. Scioglietelo allora questo comune per ecceso di inattività, perchè di noia si muore.

L’Anila punta in alto: eleggere un proprio rappresentante di Alberto Cardillo L’Anila punta all’elezione di un proprio rappresentante al Consiglio superiore della pubblica istruzione Da qualche giorno si è finalmente ufficializzata la prima grande manovra per dare peso e rappresentanza all’Anila, l’Associazione nazionale insegnati laboratorio alberghieri costituita a Giarre lo scorso 13 ottobre. Tutto ha avuto inizio qualche settimana fa, quando il Presidente dell’Anila, Alfio Tomarchio, si è trovato a leggere l’ordinanza ministeriale che prevede le prossime imminenti elezioni per il consiglio superiore della pubblica istruzione che si terranno in tutte le scuole nazionali il 28 aprile prossimo. Da subito, vista l’imminente scadenza per la presentazione delle liste prevista per il 28

marzo, i vertici dell’Anila si sono attivati per capire meglio condizioni e requisiti per partecipare a questa importantissima competizione elettorale e dopo numerosi messaggi, chiamate e alcuni incontri, i componenti del consiglio direttivo dell’Anila hanno deciso, all’unanimità, di partecipare attivamente proponendo un proprio candidato. Dopo aver valutato con attenzione i curricula di tutti i componenti dell’associazione e su personale segnalazione del pre sidente Alfio Tomarchio e del vicepresidente Carmelo Bucceri, si è proceduto all’indivi-

duazione di Fabio Fidotta quale candidato al consiglio superiore della pubblica istruzione come rappresentante della Anila. Così come confermato dallo stesso presidente dell’Anila “questa è, per tutti noi docenti siciliani e soprattutto per gli insegnati delle scuole professionali e delle scuole alberghiere, una grandissima opportunità che non possiamo assolutamente farci sfuggire”; ed ancora: “avere un docente come Fabio Fidotta come candidato al consiglio superiore della pubblica istruzione, persona validissima, insegnate preparato, amico

Fabio Fidotta disponibile e impegnato, ma, soprattutto, unico candidato dei tecnico pratici delle scuole alberghiere all’interno delle 15 liste presenti, risulta per tutti noi dell’Anila l’opportunità migliore per rappresentare la nostra categoria di docenti, spesso dimenticata e sottovalutata, al Ministero dell’Istruzione!” Il giovane Fabio Fidotta, do-

cente tecnico pratico di Enogastronomia presso la scuola professionale alberghiera “Karol Wojtyla” di Catania, socio fondatore dell’Anila, associato alla federazione nazionale cuochi, plurilaureato in scienze del Turismo, sarà quindi il candidato di riferimento dell’Anila all’interno della lista “Con Anief per cambiare la scuola”. Potranno votarlo tutti i docenti, di ogni scuola secondaria superiore del territorio nazionale, negli appositi seggi che saranno costituiti presso tutte le istituzione scolastiche, solo nella giornata del 28 aprile.

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Aprile 2015 - Gela

Gela e i consiglieri “iperimpegnati”. Gettonopoli colpisce la città d i L il iana Bla nco

I consigli comunali non producono quasi nulla se si pensa che il 60 per cento delle sedute vanno deserte eppure, dopo lo scandalo ‘gettonopoli’ di Agrigento e Siracusa che ha fatto sussultare una Sicilia provata da tanti scandali, arriva l’onda anomala anche al Comune di Gela dove i dati superano quelli delle città capoluogo delle ex province e le commissioni si sono riunite una o due volte al giorno e con punte di attività anche durante i periodi estivi. Il picco è stato raggiunto nel 2013 con 1326 commissioni e 71 sedute consiliari con una spesa di 431mila 783,69 euro. Una flessione leggera è stata registrata nel 2014 quando sono state celebrate 1274 sedute di commissioni e 76 riunioni fra consigli comunali e question time. Il caso è stato sollevato dal Movimento 5 stelle che,

in piena campagna elettorale, sta scandagliando ogni aspetto dell’attività dell’amministrazione comunale ed ha centrato perché i numeri ottenuti fanno salire Gela in pol position nella classifica siciliana per i numeri e questo ha fatto lievitare i costi della macchina comunale se si considera che questi numeri devono essere moltiplicati per 30, tanti sono i consiglieri comunali e ogni seduta costa 60 euro per ogni consigliere che se dipende da qualche altro ente, il giorno dopo il consiglio comunale non va a lavorare ed il rimborso viene versato dall’ente locale. Anche in questo casto l’esborso di denaro si aggira attorno ai 400 mila euro l’anno. Anche su questo aspetto il M5S vuole vederci chiaro sulle cifre dei rimborsi ai datori di lavoro dei consiglieri dipendenti . Fra le sei commissioni consiliari permanenti la più attiva è quella

degli Affari generali che ha contato 249 sedute nel 2013 e 267 nel 2014, con una media di 20 sedute al mese nel 2013 e di poco più nel 2014 con mesi come luglio ed agosto con 24 sedute. La commissione Urbanistica si è riunita 221 volte nel 2013 e 237 nel 2014. Luglio, agosto e settembre del 2014 sono stati i mesi con 21 sedute. La commissione al Bilancio conta 223 nel 2013 e 213 nel 2014. Il massimo mensile è stato di 20 sedute dato registrato a maggio, luglio, ottobre del 2014. La commissione Toponomastica si ha fatto 212 sedute nel 2013 e 201 nel 2014 con 20 appuntamenti mensili ed una flessione ad agosto con 11 sedute. La commissione Annona ha fatto 208 sedute nel 2013 e 187 nel 2014 con una media di 18 sedute mensili. La commissione sanità conta 213 sedute nel 2013 e 169 nel 2014.

Tutto questo a fronte di un numero spropositato di sedute andate a vuoto con una serie di interventi sterili che si sono ricorsi con argomenti ripetitivi ma tali da arrivare a mezzanotte quando scatta il ‘gettone’ di presenza. Dai compensi lordi dei consiglieri comunali nel 2014 è chiaro che la maggior parte ha ottenuto somme che vanno dai 14 ai 16mila euro ovvero il massimo previsto dalla norma sui compensi destinati ai consiglieri comunali; il massimo deve essere pari ad un terzo dello stipendio del sindaco. Questo il quando delle somme percepite: Fava Giuseppe (presidente del consiglio comunale) 34.253,70, Biundo Antonio 14.976,46, Cafà Fabrizio 8.975,04, Cafà Nunzio 15.259,90, Cassarà Giovanna 1.315,91 (ha lasciato il consiglio perchè nominata assessore), Cauchi Salvatore

9.737,28, Cirignotta Vincenzo 14.804,73, Collura Giuseppe 12.973,80, Cravana Giovanni 15.790,72, Di Dio Giuseppe 15.229,97, Di Stefano Terenziano 9.797,76, Farruggia Luigi 14.381,37, Gallo Salvatore 14.714,95, Gennuso Nicolò 13.125,99. Giocolano Santo 16.697,92, Giudice Rocco 15.795,72, Gulizzi Giacomo 14.268,41, Liardo Salvatore 14.003,69, Lo Nigro Piero 12.882,26, Manfrè Giuseppe 16.591,61, Mendola Salvatore 15.277,30, Morselli Giuseppe 15.303,27, Napolitano Crocifisso 15.790,72, Orlando Gaetano 8.588,15 (è subentrato a Giovanna Cassarà nominata assessore), Pellitteri Gioacchino 15.744,89, Pingo Maria 12.020,87, Siragusa Guido 13.595,08, Trainito Gaetano 15.684,41, Vella Enrico 9.495,36, Ventura Antonino 9.916,32, Verdone Giuseppe 14.790,18.

Legge e barriere architettoniche contro Luca Barriere architettoniche al palo. Ha destato grande rammarico la storia di un giovane disabile rimasto intrappolato in casa. Luca Parrinello ha 31 anni, vive sulla sedia a rotelle e per uscire dalla sua abitazione del lungomare ha operato un colpo di mano ed ha creato una passerella considerata abusiva dal Comune di Gela. La passerella permetteva a Luca Parrinello di poter uscire dalla propria abitazione, sopraelevata di qualche centimetro è stata rimossa. La legge non consente la permanenza della struttura abusiva che tuttavia permette al giovane di 31 anni di uscire di casa. Si tratta di un ‘abuso’ morale però visto che Luca adesso, costretto su una sedia a rotelle, è prigioniero tra le mura di casa. A nulla vale la splendida visuale del suo balcone che affaccia sul mare. La questio è divenuta di natura sociale e su questo tema si è scatenata una polemica cittadina visto il tema scottante. La questione è tanto più scabrosa in quanto in città ogni locale pubblico o perfino bar di modeste dimensioni usa occupare i marciapiedi con strutture precarie per potere ampliare il proprio territorio. Il Consiglio comunale ha predisposto un regolamento ad hoc per la concessione di spazi pub-

Passerella

Luca Parinello

blici destinati ai locali di intrattenimento. Ma le acquisizioni indebite sono sempre maggiori rispetto ai metraggi concessi. Qualche giorno fa l’epilogo della vicenda. La passerella è stata rimossa dopo una lunga la battaglia legale. La legge dà torto al disabile ma esiste anche una questione morale, quel buon senso che dovrebbe tener conto anche di chi è stato meno fortunato di altri e che è stato costretto a commettere una illegalità. Dopo anni di controversie e battaglie legali, è stata rimossa - perché priva di autorizzazioni l’unica struttura che permetteva a Luca, un ragazzo di 31 anni, costretto a vivere su una sedia

a rotelle, di potersi allontanare dalla sua abitazione. “Era l’unico modo per uscire di casa – ha detto – ora sono prigioniero”.“E’ una vergogna, una indecenza – dice Paolo Capici – responsabile dell’associazione H – non trovo altre parole per definire quanto accade”. Il sindaco è andato a far visita al giovane per portare la sua solidarietà. Un altro problema riguarda la scadenza della convenzione per prorogare il servizio di trasporto per i ragazzi che si recano all’Aias di Caltagirone. Il Comune non ha i fondi per prorogare il servizio e non trova i soldi per prorogare il servizio di trasporto che prevede il trasporto per Gela e Caltagiro-

ne: si proroga solo metà del servizio e non tutto. “Il Sindaco ed i suoi funzionari dovrebbero capire - dicono il presidente dell’associazione H, Maria Concetta Maganuco ed il consulente legale Paolo Capici che non esistono cittadini di serie A e di serie B poiché i diversamente abili che sono fruitori del servizio hanno tutti il diritto al trasporto perché sono le leggi che lo impongono e non certo la scrivente organizzazione. Qualora fosse utile suggeriamo la lettura e la rigorosa applicazione delle leggi regionali 68\81 e 16\86 nonché della legge quadro 104\92 e se esistesse una norma di indirizzo contrario la si renda

nota. ...I comuni, singoli o associati, sono tenuti all’istituzione dei servizi di trasporto gratuiti per la frequenza degli asili - nido, della scuola di ogni ordine e grado, dei corsi di formazione professionale e dei centri educativo – riabilitativi a carattere ambulatoriale e diurno. La sospensione del servizio, se non prorogata anche per il territorio di Gela, ci sarà una protesta con l’occupazione del Comunale fino a quando non si avranno certezze che il servizio, verrà ripristinato per sempre, senza interruzioni. In mancanza di riscontro sarà comunicata la data per la protesta”. L.B.

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Aprile 2015 - Gela

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mostota tionserunt, cus es nonsequiat poriossitae vene et qui berro bla sumquo ea natem. Icimagn ihitiun tempori at maiosandel eius magnis que ne doluptas pedit utatio. Nim quam cor autem esto millaboribus aut quiduci atumquas esequiscimo molores apicid maxim eostiaes santur? Gendant iuntur aut qui rere odit quas aut faceriamus, sdfgsdfgdfMagnatum ute niendam rera et, te earis et sapitis aliquun desciam dolorem voloremque verimosa quam doluptatus re, et ut quam, to optatur aut optat. mos niasime dolupta tiunto te si Sedist fugitentiis eum quaest bus sandae sinctatur, nobitaquia odisquid everit et ium quaecus, aliquassum harum et ut alia nihi- ipsunti te pere ad quo bea quia que nessini hiligent a dis dolut cim que doluptae dolut reror- et que voluptatecte laut apero am fugia in culles dis rerferit rovid quamust quis dioribusam con plam namenet libero te enist volorum quame nobis nis re do- sim explantur arum eos et aditiur officae volut intusam ab illiquis lor repre dolorem sequodit que sinctat emolend igniant ionse- adi sit et re volo et dolorest facvolorepedios dolende libus, que rum quae eaque vit am, id maio. cum vid est fuga. Nequis dem sanimaxima quunt arum dolore Ut voles corum ut volo blaccat ventio. Ovitate molorer ciatinus, vent laut aliquid ellanda dolest usaped maximustest faci alitiam, occum ut veles volo in et volo aut ut apelia volorio essimen- culparc ipienihic tet aut liquid estibea corum atque dolor simil ti arum inciur? Bitis voles eli- qui di nusdand ictium veliquo is excepre pernatem vel iunt di

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lectem simusape mi, nonsene eatamus eos doluptium con ressent. Aximus venem iur? Ducid molorum iderumquo omnis velent. Ictum voluptio issuntet velitas et miliquas di cullaut invel idus rest odi blandip santis nus maioren diorerchit ute et doluptatem ent veni offic te volorunt earum quaectios quo blatur? Ut ditatat. Catem am, sum sae dia doluptio dolorero te nonseque nonsecus. Aligendus et dolupist acerferia parciun dandae venimus et occullaborum ra dolut a doluptate ius. Paribus amendebis et aut plaborrovit, nobisquo cumquam ium fugia nonsequid ut volorenis sedit experci beat officiis nis dolendit ra nihit, veritaes ipit volende mpores eos dolor maio et re modis esciusam vel ium harum sim con pos escil ilit dunt, volore event. Ex essitiaturi beribus dendus dolupti aectem harum fuga. Ur? Quid moluptat. Sequi reprehendae. Eped et aut et facilitibus, ut doluptas modi dolupitatium rehenim nonet id ersperc iiscient repudandant

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Aprile 2015 - Messina

La penna di Gino Mauro non potrà più difendere Messina di Giovanni Frazzica La prematura scomparsa del gornalista Gino Mauro, per molti anni responsabile della redazione messinese del quotidiano la Sicilia e Capo dell’Ufficio Stampa della Provincia regionale di Messina, ha generato momenti di vera costernazione nel mondo del giornalismo cittadino. Non ci sarà più la sua penna per difendere la Città dalle tante offese che subisce, come la chiusura della Banca d’Italia, decisa giorni fa a Roma. Una voce che viene a mancare mentre Messina scivola verso un ruolo di secondo piano in quanto la politica nazionale, come appare evedente, sta realizzando tagli per fare quadrare i conti e ciò significa ridurre servizi laddove non si incontrano resistenze. Per cui spogliare Messina a vantaggio di altre realtà siciliane, magari più piccole, ma rappresentate da personaggi influenti, risulta, purtroppo, fin troppo facile. . Alla scaltrezza degli avversari di Messina va aggiunta la mancanza assoluta di peso e di ruolo del Sindaco, che della Città dovrebbe essere il difensore più estremo ed autorevole. Purtroppo l’elenco delle sciagure che si stanno materializzando da quando Accorinti è diventato sindaco di Messina si va sempre più allungando:ospedale Piemonte (chiusura mascherata), Autorità Portuale (processo di accorpamento già avviato); Camera di Commercio (processo avviato); tagli dei treni (avviato); continuità territoriale (non garantita); secondo Tribunale (ancora da definire); Corte d’Appello

Gino Mauro (trasferimento solo rinviato); e la chiusura del “porto” di Tremestieri che a causa dei ciclici insabbiamenti, provoca enormi disagi alla città. Il continuo passaggio dei tir, infatti, mette a dura prova l’ambiente, per via dell’aumento dell’inquinamento atmosferico ed acustico, ma soprattutto mette a rischio l’incolumità di automobilisti e pedoni alle prese con i bisonti della strada che attraversano lo spazio urbano per raggiungere l’autostrada. Ma al danno si aggiunge la beffa, in quanto vi è un’altra conseguenza di carattere economico: i minori incassi per il Comune dei fondi ecopass. Con gli approdi di Tremestieri chiusi vige ora il regime di deroga, in virtù del quale chi sbarca alla rada S. Francesco o al porto centrale paga il ticket d’attraversamento, detto ecopass, ridotto. Per i mezzi pesanti il prezzo è dieci volte inferiore a quello “standard”, scendendo da 30 a soli 3 euro. L’amministrazione Accorinti potrebbe intervenire

Fabbrizio Sottile rimodulando l’ecopass in funzione di questa emergenza tir, ma sino ad ora non lo ha fatto, finendo per vanificare anche la valenza dell’ordinanza firmata dall’ex sindaco Buzzanca che aveva introdotto una tassa di scopo a titolo di risarcimento per i disagi subiti dall’imbarco e dallo sbarco in città dei mezzi pesanti per far si che gli incassi fossero destinati alla viabilità. Di questo argomento hanno parlato in una conferenza stampa Fabrizio Sottile, consigliere comunale e capogruppo di “SiAmo Messina”, Maria Fernanda Gervasi, consigliere della IV Circoscrizione e Capogruppo di “Forza Italia”, e Valerio Anastasi consigliere della V Circoscrizione e capogruppo di “SiAmo Messina”. I tre consiglieri hanno firmato una interrogazione congiunta per chiedere all’Amministrazione «se non ritenga opportuno promuovere l’installazione di impianti per la rilevazione dei transiti, che consentirebbero di ottimizzare il controllo e i mec-

canismi di esazione come, liberando i Vigili Urbani dalla necessità di un controllo a tappeto, snellendo le procedure per le deroghe, sollevando le compagnie di navigazione, in buona misura, da compiti di controllo che non competono, esentando dal pagamento - in luogo dei veicoli condotti da residenti - quelli immatricolati presso le rispettive Motorizzazioni Civili». Fabrizio Sottile ha aggiunto che basterebbe l’installazione di telecamere, come avviene normalmente ovunque , per rilevare il passaggio dei tir. Nel ricordare che gli unici ad essere esentanti dal pagamento dell’ecopass sono i residenti di Reggio Calabria e Messina, l’esponente del Civico Consesso ha voluto portare la sua testimonianza di medico pendolare, raccontando di come nessuno gli abbia mai chiesto i documenti per comprovare quale fosse davvero il suo comune di residenza, con il risultato che chiunque può mentire senza che vi siano conseguenze di alcun

genere. La consigliera della IV circoscrizione Gervasi ha ha commentato i numeri della tabella firmata dal ragioniere generale di Palazzo Zanca Antonino Cama. Secondo i dati forniti dalla Ragioneria, a fronte di una previsione di entrata che ammontava a 2,2 milioni di euro in cassa sono arrivati 2.154.795,30 euro, ripartiti tra il Dipartimento viabilità, diretto da Mario Pizzino, ed il Dipartimento Lavori Pubblici, diretto da Antonio Amato. Ma la domanda che si sono postii consiglieri è stata: gli oltre due milioni di euro corrispondono davvero alla cifra esatta che il Comune avrebbe dovuto incassare? Impossibile dirlo con esattezza, perché Palazzo Zanca al momento si affida e al report inviato trimestralmente (almeno questo dovrebbe essere il termine) dalle Compagnie di navigazione, a cui viene delegata la riscossione del ticket. Prima di diventare sindaco, Renato Accorinti, rivendicava con forza il diritto dei cittadini a conoscere i numeri dell’ecopass; nei primi mesi di sindacatura aveva promesso periodiche operazioni trasparenza; a quasi due anni dalla sua elezione questo importantissimo ’argomento sembra essere passato in terz’ordine. La responsabilità sembra essere oggi nelle mani dell’assessore Sebastiano Pino che, dopo i primi momenti seguiti alla sua nomina, in cui sembrava essere la novità che poteva risollevare la giunta comunale dall’immobilismo, sembra essere risucchiato dal livello standard degli altri che c’erano prima e non lascia nutrire grandi speranze.

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Il Paginone segue dalla prima processati per un’opinione, per una convinzione, per aver raccontato fatti. Fino a un paio di mesi fa erano tutti Charlie Hebdo - fa figo seguire le mode e i dettami del web- ma quando si denuncia una porcata, perché di una porcata si tratta, si perde il senno e la ragione, si va zig zag, a sussulti a querele. I Pm poi hanno la loro dose di responsabilità e delle due l’una: o non leggono le carte o presi dall’effetto giustizialista non si accorgono da che parte vanno e prendono traveggole. Invece di avviare un’indagine seria che può portare a scoperchiare verminai, indagano chi le notizie le dà: assurdo, folle. Molti di questi sono gli stessi che firmano appelli in nome della libertà di espressione, poi però, fanno finta di non capire che spesso è illiberale indagare i giornalisti. E’ difficile, certo, star dietro a gente come noi per natura inclassificabile, irregolare e rompiballe, ma c’è un limite anche alle loro visioni. Non è necessario essere antivespri per provare disagio nei confronti di un processo alle parole, si può essere in disaccordo su tutto ma trovare comunque spaventoso che in una società libera, quale pretende di essere la nostra, un giudice stabilisca se quello che è stato scritto o le parole che sono state dette potevano essere pronunciate oppure no. Per fortuna i giudici sono molto più saggi e preparati di tanti loro colleghi pm. Le querele per diffamazione sabotano il diritto costituzionale di parola contraria e di espressione. Poi ci si può chiedere se la parola contraria è senza limiti e fin dove si può arrivare, domandarsi se c’è un punto oltre il quale una parola diventa diffamazione. Il confine fra parole e azioni non è sempre chiaro, certo, ma nel dubbio sarebbe meglio scegliere il confine: non si può processare un giornalista per aver espresso un’opinione. E’ sbagliato, illiberale e soprattutto incostituzionale.

Augusta: a due mesi dalle elezio d i Ros a T omar chi o Magari arriva un po’ in ritardo, a distanza di due anni, l’interrogativo che l’ex deputato nazionale Mpa, Rino Piscitello, offre sul piatto d’argento agli augustani che si apprestano a votare il proprio sindaco a due anni dallo scioglimento per sospette infiltrazioni mafiose, ma questo ritardo ha un suo perché. Del resto, Piscitello non avrebbe potuto “smontare” punto per punto una settimana fa la relazione d’accesso per lo scioglimento del Comune di Augusta senza i necessari aggiornamenti giudiziari e gli ultimi fatti accaduti nelle aule processuali. A dire il vero, il “lombardiano” sarebbe stato preceduto dai 5Stelle di Cettina Di Pietro, unica donna candidato sindaco nella cittadina megarese, il 7 marzo scorso, nel corso di un’assemblea pubblica, ma i contenuti dell’analisi politica condotta in effetti non furono così eclatanti, non quanto quelli espressi da Piscitello che non accusa e non denuncia nessuno di preciso, forse tutto il sistema si, ma chiede sostanzialmente chiarimenti: “Perché il Comune di Augusta è stato sciolto per mafia due anni fa?”. Piscitello non è stato solo un cittadino augustano per sei anni. Il liberale è stato, soprattutto, deputato nazionale per ben tre legislature eletto proprio nell’area nord di Siracusa. Ad Augusta, Piscitello (lo dice lui stesso) deve tanto e così oggi l’estremo atto d’amore nei confronti di una cittadina che merita più dignità, più che lo sterco buttatovi sopra dopo quasi un trentennio di potere da parte di un determinato gruppo politico che, stando alle battute coraggiose di Piscitello, “avrebbe forti agganci sia con la magistratura che con la criminalità mafiosa”. Di Piscitello, ad onor del vero, ce ne vorrebbe almeno uno per ogni città, sia al sud che al nord, dove si annidano certe incomprensibili e silenti manovre di sottobosco.

Rino Piscitello Dove tutto appare seguitare per il verso giusto, quando in realtà è soltanto un continuo togliersi dall’imbarazzo di arrestare, una volta per tutte, un meccanismo farraginoso che ormai va avanti da troppo tempo. Ma perchè Piscitello oggi ha messo il classico “bastone tra le ruote” al sistema consolidato nel comune megarese dove tra due mesi si eleggeranno sindaco e consiglio comunale a due anni dallo scioglimento per sospette infiltrazioni mafiose? Quello di Piscitello non è stato nè un atto d’accusa, nè tanto meno una denuncia. E’ stato un modo per sollecitare chiarezza sulle varie vicende politiche giudiziarie nel piccolo centro industrializzato che di anime ne conta 30 mila circa. Cui prodest? L’ex deputato dell’Mpa fa un’attenta analisi della relazione della commissione d’accesso, smonta punto per punto ogni sostanziale capo d’accusa, o presunto, nei confronti dell’ex sindaco Massimo Carrubba (“tuttora mio grande amico, non lo difendo, perchè non ha bisogno di essere difeso, lo farà lui, come sta facendo, nell’aula di giudiziaria”), e della città, ma Piscitello non difende il suo partito, quel centrosinistra in cui dice di non riconoscersi

e che stranamente vede silente dinnanzi a una vicenda politica giudiziaria che sembrerebbe tutta rivolta solo ed esclusivamente all’ex sindaco Carrubba e non all’intero consiglio comunale, o agli stessi apparati burocratici del Palazzo. Piscitello apostrofa esclusivamente la difesa di una città avvilita e offesa ingiustamente dal marchio “mafia”. “Da molto tempo, dice Piscitello, non svolgo attività politica, per mia scelta, e non ricopro più incarichi di nessuna natura in un partito (ex centro sinistra o Mpa). Nè tanto meno, Piscitello, avrebbe schierato un suo “uomo” in questa tornata elettorale megarese così silente, attendista e con “evidenti segni di vigliaccheria”. Perchè questa difesa ad oltranza, allora? Una difesa, forse, che vorrebbe dire tanto altro, che poi si tradurrebbe in un attacco frontale al “solito vecchio sistema”, quello stesso sistema che, probabilmente, volle porre la parola “fine” al governo del suo ex leader di partito, il presidente Raffaele Lombardo. Mentre fa il suo ingresso nel salone di Palazzo Zuppello, dove ad attenderlo ci saranno giornalisti locali, vecchi amici e qualche curioso, Piscitello prometteva bene: “Vi farò di-

vertire con quello che dirò”. Ed in effetti, nessun colpo di scena viene risparmiato. Quello di Piscitello, e amici, è stato un lavoro certosino, durato almeno due anni: confronti ad incroci, letture e raffronti di paragrafi di articoli di legge e ricostruzione dei fatti, hanno finito con lo “smontare” presunti capi d’accusa, indizi e corpi del reato ancora tutti da comprovare ma, soprattutto, hanno portato oggi a chiedersi “Come mai il Consiglio comunale di Augusta sia stato sciolto per mafia quando non vi è una sola prova, una, che lo possa confermare?” E c’è di più. Il “liberale” Piscitello fa intendere chiaramente che, per gli stessi motivi e giudizi espressi persino dall’ex ministro Cancellieri, che il “commissariamento del Comune di Augusta avrebbe più di un motivo per essere “sciolto”. Ma vediamo punto per punto l’analisi condotta da Piscitello. I fatti. Il 7 marzo del 2013 il Consiglio comunale di Augusta viene sciolto per sospette infiltrazioni mafiose. Sulla città cade il marchio di “mafiosa”. Segue un inspiegabile silenzio che si perpetua ancora oggi. Silenzio della società civile e silenzio dei candidati alle prossime elezioni. “Io da ex deputa-

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zioni Piscitello “smonta” lo scioglimento

Il comune di Augusta to mi sento in dovere di parlare, avendo un debito con questa città operosa, e non mafiosa, infangata in maniera superficiale ed ingiusta - esordisce Piscitello - . Sarei ipocrita a dire che non c’è mafia qui. C’è cosi come in tutte le altre città d’Italia. Anzi, proprio ad Augusta, per dirla tutta, c’è una minore concentrazione mafiosa rispetto ad altre realtà anche del nord. E credo anche nei collegamenti radicati direttamente con la politica”. Ma andiamo avanti coi fatti. “Nel 2001, si legge nel reportage Piscitello - Jimmy Blandino avrebbe appoggiato la candidatura al collegio della Camera il siracusano Pippo Gianni con tanto di foto. Avversario di quel tempo, contro Gianni, era proprio Rino Piscitello”. “Ad oggi non è stato possibile sapere quale fu la vera causa dello scioglimento di due anni fa – dice Piscitello – dal momento che non è stato contestato nessun atto amministrativo, nessun appalto, nessun amministratore o dirigente sarebbero stati citati, nessun atto illegittimo riscontrato...Solo un’accusa: concorso in esterno e voto di scambio. Nessun atto di imputazione preciso nei confronti del sindaco Carrubba. Insomma, a questo

Cettina Di Pietro punto c’è qualcosa che non quadra nella relazione della commissione d’accesso, 260 pagine dove non si evince nessun reato contro la pubblica amministrazione, di nessun tipo. Una relazione che non sarebbe secretata perché pare che ormai più mani l’abbiano. Eppure, non è mai stata resa nota alla città. Come mai? A chi tocca mettere al corrente i cittadini? Per Rino Piscitello dovrebbero farlo i candidati sindaci ed anche quei 30 ex consiglieri che si stanno riproponendo ai loro elettori. “Altrimenti la renderò pubblica io nel giro di pochi giorni – dice il deputato liberale che aggiunge lapidario: “Lo scioglimento del Consiglio è stato un atto politico enormemente discrezionale” e passa a setaccio la relazione dell’ex ministro Cancellieri in audizione alla Camera: “….amministratori, sindaco , assessori e consiglieri di Augusta intrattenevano rapporti con la mafia…. anche il direttore generale apparterrebbe al già citato gruppo mafioso che avrebbe appoggiato la candidatura del sindaco Carrubba….” (“come mai Petracca allora non è stato incriminato per questo?” Si chiede lo stesso Piscitello). E così tante altre incognite e incongruità che via via

emergerebbero dalla relazione decretata in cui si contesterebbe pure il “mancato risanamento ambientale della città, “mai finanziato dallo Stato” sottolinea Piscitello; non solo: “cinque anni di intercettazioni telefoniche e ambientali del sindaco e neanche un piccolissimo reato amministrativo – dice Piscitello –, una spesa enorme per l’erario, quasi un record”. E poi sugli incontri tra Carrubba e Blandino a casa di quest’ultimo nel 2008: “…tra i vari personaggi anche Massimo Carrubba (si legge nella relazione), ma i carabinieri nel 2014 smentiranno dicendo che si è trattato di un refuso di nome, in realtà quel Massimo era Di Mare e non Carrubba. Altro errore nel decifrare l’intercettazione ove si fa riferimento agli “uffici pubblici che andavano occupati”. E ancora: “…Blandino ha appoggiato Carrubba con una sua lista “Diritti e Doveri” che si stava imparentando in realtà con il candidato “generale”, dunque altro dato rilevante dissonante con i fatti veri. E ancora, il caso della candidata Valeria Coco, in realtà una delle acerrime avversarie di Carrubba, ed il caso di omonimia su Giovanni Mignosa nella lista Stella, o del dipendente co-

munale Guido Fracassa vicino al sindaco Carrubba ma anche a Petracca, quindi “verosimilmente…”legato alla mafia. O il caso di quella dipendente comunale citata nella relazione secretata solo perché cognata di un ex consigliere comune di F.I: e sposata con un attivista del PDL, e per la quale viene formulata un’accusa generica, carica di pregiudizio – commenta Piscitello. E l’ondata di sterco su Augusta continua, dice l’ex deputato nazionale, ancora oggi per opera di un preciso personaggio politico. Da anni il Comune è sotto scacco di un importante gruppo di potere. Ed ecco i nomi sparati alla platea con coraggio: “In primis, Pippo Amara, condannato nel 2007 per reato di minaccia continuata a corpo amministrativo e nel 2013 per molestie telefoniche), e il figlio Piero, avvocato, che nel 2009 viene condannato in concorso per essersi abusivamente introdotto nel sistema informatico protetto dell’A.G. e poi coinvolto nel ciclone “Veleni in Procura” essendo legato da rapporti di amicizia e d’affari con alcuni noti magistrati del Tribunale di Siracusa. Millantato credito? “Sarà - esclama Piscitello tentando di alleggerire il carico sugli Amara e spara altri colpi in canna: “Se sono forti le motivazioni che hanno indotto lo scioglimento del Consiglio comunale – esordisce – allora per le stesse motivazioni andrebbe sciolto anche questo “commissariamento”: gestione rifiuti urbani, stessi soggetti, stessa ditta da anni senza gara d’appalto, solo

proroghe su proroghe (Pastorino). Un servizio che costa al Comune commissariato circa 620 mila euro l’anno in più rispetto al passato; affidamenti diretti a imprese private: tutti i titolari di queste sarebbero legati a Blandino; gestione fondi post sisma- ricostruzione; Prg; Tso e, dulcis in fundo, Mafia Capitale che allunga i suoi tentacoli sino ad Augusta, con lo scandalo immigrati e Sprar. Nel caso augustano, - cita Piscitello – la chiusura delle Scuole Verdi ed il conseguente e subitaneo dirottamento degli immigrati nel centro Le Zagare di Città Giardino (Comune di Melilli) della società Eriches 29 a cui verranno corrisposti, non più i 20 euro, bensì 45 euro al giorno per ogni immigrato (300 gli ospiti in tutto)”. Ma Piscitello mette in luce un altro dato rilevante: “Come mai la commissione straordinaria non ha mai dichiarato il dissesto finanziario del Comune di Augusta? Sempre che ci sia un dissesto. – esclama Piscitello – Non farlo, ricordo, sarebbe un reato penale. E come mai i commissari straordinari accendeno un mutuo di 15 milioni di euro per sanare, si dirà, alcuni debiti? In caso di conclamato dissesto finanziario sarebbero venuti altri commissari inviati dal governo nazionale a gestire il Comune megarese. E, infine, uno sguardo sincero sui trenta ex consiglieri comunali oggi candidati nuovamente: tutti dicono che Augusta deve riscattarsi. Ma nessuno dice da cosa!”. Se è cosi, è vero, sarà una campagna elettorale con evidenti segni di vigliaccheria nei confronti dei cittadini elettori. A questo punto, la città deve sapere. La relazione “secretata” va subito pubblicata e diffusa. Sarebbe stato opportuno che Piscitello avesse convocato un’assemblea pubblica aperta alla città, non solo alla stampa locale. Forse, qualcuno si sarebbe indignato davvero, prima di andare a votare, rompendo il silenzio. C’è ancora tempo.

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Aprile 2015 - Siracusa

d i Ros a To ma rchio Magari arriva un po’ in ritardo, a distanza di due anni, l’interrogativo che l’ex deputato nazionale Mpa, Rino Piscitello, offre sul piatto d’argento agli augustani che si apprestano a votare il proprio sindaco a due anni dallo scioglimento per sospette infiltrazioni mafiose, ma questo ritardo ha un suo perché. Del resto, Piscitello non avrebbe potuto “smontare” punto per punto una settimana fa la relazione d’accesso per lo scioglimento del Comune di Augusta senza i necessari aggiornamenti giudiziari e gli ultimi fatti accaduti nelle aule processuali. A dire il vero, il “lombardiano” sarebbe stato preceduto dai 5Stelle di Cettina Di Pietro, unica donna candidato sindaco nella cittadina megarese, il 7 marzo scorso, nel corso di un’assemblea pubblica, ma i contenuti dell’analisi politica condotta in effetti non furono così eclatanti, non quanto quelli espressi da Piscitello che non accusa e non denuncia nessuno di preciso, forse tutto il sistema si, ma chiede sostanzialmente chiarimenti: “Perché il Comune di Augusta è stato sciolto per mafia due anni fa?”. Piscitello non è stato solo un cittadino augustano per sei anni. Il liberale è stato, soprattutto, deputato nazionale per ben tre legislature eletto proprio nell’area nord di Siracusa. Ad Augusta, Piscitello (lo dice lui stesso) deve tanto e così oggi l’estremo atto d’amore nei confronti di una cittadina che merita più dignità, più che lo sterco buttatovi sopra dopo quasi un trentennio di potere da parte di un determinato gruppo politico che, stando alle battute coraggiose di Piscitello, “avrebbe forti agganci sia con la magistratura che con la criminalità mafiosa”. Di Piscitello, ad onor del vero, ce ne vorrebbe almeno uno per ogni città, sia al sud che al nord, dove si annidano certe incomprensibili e silenti manovre di sottobosco. Dove tutto appare seguitare per il verso giusto, quando in realtà è soltanto un continuo togliersi dall’imbarazzo di arrestare, una volta per tutte, un meccanismo farraginoso che ormai va avanti da troppo tempo. Ma perchè Piscitello oggi ha messo il classico “bastone tra le ruote” al sistema consolidato nel comune megarese dove tra due mesi si eleggeranno sindaco e consiglio comunale a due anni dallo scioglimento per sospette infiltrazioni mafiose?

asdfasdfIquunt omnimus, utem. Et etur am, eaquis eos eat ut et dicipsusa commodi cid Quello di Piscitello non è stato nè un atto d’accusa, nè tanto meno una denuncia. E’ stato un modo per sollecitare chiarezza sulle varie vicende politiche giudiziarie nel piccolo centro industrializzato che di anime ne conta 30 mila circa. Cui prodest? L’ex deputato dell’Mpa fa un’attenta analisi della relazione della commissione d’accesso, smonta punto per punto ogni sostanziale capo d’accusa, o presunto, nei confronti dell’ex sindaco Massimo Carrubba (“tuttora mio grande amico, non lo difendo, perchè non ha bisogno di essere difeso, lo farà lui, come sta facendo, nell’aula di giudiziaria”), e della città, ma Piscitello non difende il suo partito, quel centrosinistra in cui dice di non riconoscersi e che stranamente vede silente dinnanzi a una vicenda politica giudiziaria che sembrerebbe tutta rivolta solo ed esclusivamente all’ex sindaco Carrubba e non all’intero consiglio comunale, o agli stessi apparati burocratici del Palazzo. Piscitello apostrofa esclusivamente la difesa di una città avvilita e offesa ingiustamente dal marchio “mafia”. “Da molto tempo, dice Piscitello, non svolgo attività politica, per mia scelta, e non ricopro più incarichi di nessuna natura in un partito (ex centro sinistra o Mpa). Nè tanto meno, Piscitello, avrebbe schierato un suo “uomo” in questa tornata elettorale megarese così silente, attendista e con “evidenti segni di vigliaccheria”. Perchè questa difesa ad oltranza, allora? Una difesa, forse, che vorrebbe dire tanto altro, che poi si tradurrebbe in un attacco frontale al “solito vecchio sistema”, quello stesso sistema che, probabilmente, volle porre la parola “fine” al governo del suo ex leader di partito, il presidente Raffaele Lombardo. Mentre fa il suo ingresso nel salone di Palazzo Zuppello, dove ad attenderlo ci saranno giornalisti locali, vecchi amici e qualche curioso, Piscitello prometteva bene: “Vi farò di-

vertire con quello che dirò”. Ed in effetti, nessun colpo di scena viene risparmiato. Quello di Piscitello, e amici, è stato un lavoro certosino, durato almeno due anni: confronti ad incroci, letture e raffronti di paragrafi di articoli di legge e ricostruzione dei fatti, hanno finito con lo “smontare” presunti capi d’accusa, indizi e corpi del reato ancora tutti da comprovare ma di queste sarebbero legati a Blandino; gestione fondi post sisma- ricostruzione; Prg; Tso e, dulcis in fundo, Mafia Capitale che allunga i suoi tentacoli sino ad Augusta, con lo scandalo immigrati e Sprar. Nel caso augustano, - cita Piscitello – la chiusura delle Scuole Verdi ed il conseguente e subitaneo dirottamento degli immigrati nel centro Le Zagare di Città Giardino (Comune di Melilli) della società Eriches 29 a cui verranno corrisposti, non più i 20 euro, bensì 45 euro al giorno per ogni immigrato (300 gli ospiti in tutto)”. Ma Piscitello mette in luce un altro dato rilevante: “Come mai la commissione straordinaria non ha mai dichiarato il dissesto finanziario del Comune di Augusta? Sempre che ci sia un dissesto. – esclama Piscitello – Non farlo, ricordo, sarebbe un reato penale. E come mai i commissari straordinari accendeno un mutuo di 15 milioni di euro per sanare, si dirà, alcuni debiti? In caso di conclamato dissesto finanziario sarebbero venuti altri commissari inviati dal governo nazionale a gestire il Comune megarese. E, infine, uno sguardo sincero sui trenta ex consiglieri comunali oggi candidati nuovamente: tutti dicono che Augusta deve riscattarsi. Ma nessuno dice da cosa!”. Se è cosi, è vero, sarà una campagna elettorale con evidenti segni di vigliaccheria nei confronti dei cittadini elettori. A questo punto, la città deve sapere. La relazione “secretata” va subito pubblicata e diffusa. Sarebbe stato opportuno che Piscitello avesse convocato un’assemblea pubblica aperta

alla città, non solo alla stampa locale. Forse, qualcuno si sarebbe indignato davvero, prima di andare a votare, rompendo il silenzio. C’è ancora tempo.

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“Young Explorers of the Sea”: gli studenti del Verga sbarcati in Turchia d i C h i a ra Bua Italia, Spagna, Grecia, Turchia, Germania, Polonia, Estonia e Romania: questi gli otto Paesi europei impegnati nel programma di apprendimento permanente “Comenius”, promosso dall’Unione Europea con il sostegno del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e del MLPS (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali). Un progetto importante quello rivolto agli studenti delle scuole superiori degli otto Stati sopracitati e che a partire dal gennaio 2014 ha permesso loro di girare l’Europa e di conoscere nuove culture. A rappresentare l’Italia in questo progetto multilaterale troviamo una scuola superiore siciliana con sede ad Adrano in provincia di Catania: il liceo Giovanni Verga, che raccoglie al suo interno gli indirizzi di studio classico, scientifico e linguistico. Coordinato, per il liceo Verga, dalla prof.ssa di inglese Nicoletta Severino, “Young Explorers of the Sea”, questo il nome specifico del progetto, ha visto alcuni ragazzi del Verga recentemente impegnati in una delle tappe del tour europeo iniziato nel gennaio del 2014. Dal 20 al 25 febbraio, infatti, quattro studenti - Martina Catanuto, Mario Lipari, Bianca Lucifora e Agnese Sidoti - sono volati ad Istanbul, accompagnati dalla prof. ssa Severino, per incontrare i loro coetanei provenienti dalle altre sette nazioni partecipanti. “Young Explorers of the Sea” è nato con l’intento di sviluppare la dimensione europea nelle scuole partner, di promuovere la cittadinanza europea, di incoraggiare la consapevolezza sulla natura multiculturale delle nostre città e di tutta l’Europa, di sviluppare l’uso delle tecnologie informatiche e comunicative ed, infine, di sviluppare le abilità comunicative in lingua inglese. Affinché questi obiettivi vengano raggiunti, le scuole partecipanti hanno lavorato su temi comuni, hanno sviluppato una serie di lavori, utilizzando esclusivamente

Gli studenti del progetto Comenius all’interno della Moschea Blu

Gli studenti del Verga prima della loro esibizione la lingua inglese, e li hanno di volta in volta presentati nelle varie città ospitanti. Il tema generale, come indicato nel titolo, è il mare perché, come spiegato nell’introduzione del progetto, «il mare ha sempre separato e connesso paesi e persone. È stato fonte d’ispirazione per poeti e artisti e una grande sfida per gli scienziati. Il mare ci racconta storie di speranza e disperazione, di viaggi ed esplorazioni, di conquistatori e di migranti, questo sia per quanto riguarda l’Europa che il mondo intero. Il mare

ci ricorda le nostre responsabilità riguardo i problemi ambientali ma allo stesso tempo di come esso sia la casa di molte creature ed anche una delle risorse più preziose del nostro pianeta. Per tutti questi motivi il nostro progetto ambisce ad accrescere la consapevolezza circa l’importanza del mare e del bisogno di preservarlo per le generazioni future». Ad Istanbul i quattro studenti del liceo Verga di Adrano si sono esibiti in una tipica tarantella siciliana, hanno presentato la loro intervista video ad

un pescatore di Ognina e hanno offerto ai loro giovani colleghi un “salame turco” fatto da loro. Come spiegato nelle indicazioni generali del progetto, durante ciascun incontro gli studenti devono infatti impegnarsi nella realizzazione di lavori, ogni volta diversi per tema e genere, al fine di esplorare tutti gli aspetti possibili offerti dal macro tema dell’esplorazione del mare: da quello economico e ambientale a quello etico, senza dimenticare i fattori biologici, chimici e geografici o quelli storico-culturali

legati all’arte, alla musica, alla letteratura e alla storia. «La nostra esperienza ad Istanbul è stata magnifica - hanno commentato al loro ritorno Martina, Mario, Bianca e Agnese - ci ha permesso di migliorare il nostro inglese, ci ha fatto crescere e maturare e ci ha fatto conoscere costumi e tradizioni diverse dalle nostre. Abbiamo visitato luoghi magici e conosciuto persone indimenticabili: in soli sei giorni abbiamo instaurato un rapporto di vera amicizia con ragazzi provenienti da diverse parti d’Europa. E’ sorprendente pensare come riuscissimo a comunicare grazie ad un’unica lingua. Questa esperienza ci ha fatto comprendere quanto sia essenziale impegnarsi nello studio della lingua inglese. Crediamo sia importante, al giorno d’oggi, fare esperienze come quella che noi abbiamo fatto con il progetto “Comenius”. Essere accolti da una famiglia straniera, dover comunicare con una lingua che non è la tua, relazionarti con gente con usanze e tradizioni completamente diverse dalle tue ti aiuta a crescere, non solo dal punto di vista didattico e culturale, ma anche da un punto di vista umano. Ogni ragazzo a quest’età dovrebbe intraprendere viaggi del genere. E’ stata un’esperienza che non dimenticheremo mai, porteremo sempre nel cuore questa stupenda città e tutte le persone speciali che abbiamo conosciuto». Ovviamente al valore didattico di questa esperienza va aggiunta la possibilità che questi studenti, per ogni tappa un gruppo diverso, hanno avuto di conoscere le città che li ospitavano. «Il posto più bello che abbiamo visitato - ha spiegato Agnese Sidoti - è la famosissima Moschea Blu di Istanbul, un luogo davvero caratteristico all’interno del quale abbiamo dovuto togliere le scarpe e indossare, noi ragazze, qualcosa per coprire il capo». Quella in Turchia è stata la penultima tappa del progetto “Young Explorers of the Sea”, che si concluderà a maggio in Spagna.

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Aprile 2015 - Redazionale

Favor debitoris il lettore attento vedrà che abbiamo cambiato il titolo della ns. rubrica, non è una scelta casuale. Da più di un anno il sito Ex Parte Creditoris sta cercando di incentivare una giurisprudenza (che era molto scarsa) favorevole alle banche su alcuni punti chiave dei processi civili e penali per influenzare gli operatori del settore (per dirla con Gramsci: una delle tante manifestazioni dell’egemonia dei poteri forti). Compito delle persone di buona volontà, di qualunque credo politico o fede religiosa, riteniamo debba essere quello di favorire i debitori contro le vessazioni degli istituti bancari, da qui il nome della ns. rubrica: FAVOR DEBITORIS. Con l’articolo di oggi e per molte settimane daremo un quadro morale e filosofico dell’usura bancaria, utilizzando alcuni articoli firmati dall’avv. Biagio Riccio e dal dott. Angelo Santoro pubblicati nel libro: “ISTITUTI DISCREDITO” (la S è intenzionale). L’usuraio, ladro del tempo di Dio Prima che fosse identificata come un comportamento riprovevole da sancire a titolo di reato, l’usura è stata considerata come un grave peccato. L’usuraio è un ladro di tempo: il tempo, si badi bene, è una risorsa che appartiene a Dio e non all’uomo. Dunque l’usuraio il furto lo commette ai danni di Dio. Infatti l’usuraio non vende alcunchè: se egli presta una somma di danaro dovrebbe ottenere, allo stesso modo, la medesima quantità di monete che ha elargito: null’altro. Egli invece pretende in restituzione, in ragione del tempo in forza del quale il denaro è stato trattenuto da chi poveramente l’ha richiesto, un compenso che non è scritto in nessuna legge naturale ed in quella delle Sacre Scritture. L’usuraio ritiene che sia giustificato tal compenso, che egli definisce interesse, perché si è privato di una somma di danaro che ha dovuto prestare al misero richiedente: in forza del tempo, per il quale tal somma è stata trattenuta, che si quantifica l’utile dell’usuraio. È stato infatti scritto, magnificamente, che l’usu-

raio è un peccatore. L’usura infatti è un furto. L’usuraio commette un furto (furtum) o una usura (usuram) o una rapina (rapinam), perché egli prende un bene altrui (rem alienam) contro la volontà del proprietario (invito domino) cioè Dio. L’usuraio è un ladro particolare, perché, anche se non turba l’ordine pubblico (nec turbat rem publicam), il suo furto è particolarmente odioso, proprio perché ruba a Dio. Cosa vende in effetti l’usuraio se non il tempo che intercorre tra il momento in cui presta e quello in cui viene rimborsato con l’interesse? Ma il tempo non appartiene che a Dio. Ladro di tempo, l’usuraio è un ladro del patrimonio di Dio. Gli usurai perciò peccano contro natura, perché pretendono di far generare una cosa da un’altra senza alcun intervento. Il denaro dunque si genera dal denaro, come un cavallo da un cavallo o un mulo da un mulo. Siamo contro natura. Oltre a ciò gli usurai sono ladri (latrones) dal momento che non vendono null’altro che l’attesa di denaro cioè il tempo, i giorni e le notti. Ma il giorno è quel tempo della luce e della notte che solo Dio può possedere. L’usuraio è dunque un ozioso scandaloso. Egli pretende di cavare un profitto senza lavorare affatto e addirittura dormendo, cosa che contravviene al precetto del Signore che dice: “con

il sudore della tua fronte mangerai il pane”. L’usuraio dunque agisce contro il Creatore, perché non valorizza il lavoro, strumento di riscatto, di dignità, di salvezza, di collaborazione all’opera di Dio. Egli è pertanto un disertore, perché sfugge alla principale regola di vita: il lavoro costituisce la vera fonte di ricchezza, rappresenta lo spirito del corpo: non vi è altra giustificazione al guadagno se non l’attività dell’uomo (passim: Jacques Le Goff La borsa e la vita Dall’usuraio al banchiere da pagina 33 a pagina 36). In realtà è nella filosofia di San Tommaso d’Aquino che si apprende a chiare lettere perché l’usura sia un peccato. Il grande filosofo cattolico sulla scia del verbo utor (usare) sostiene che l’utilizzo del danaro non possa assicurare un corrispettivo. La robusta lezione aristotelica costituisce il sostrato su cui si impianta la tematica dell’usura. Si ricordi che Aristotele nell’”Etica Nicomachea” considerava l’usura come una categoria morale negativa, affermando, senza mezzi termini, come solo dal lavoro umano o dal suo intelletto potesse nascere la ricchezza, mentre quella prodotta dal denaro fosse solo dannosa (“nummus nummum parere non potest” ovvero “il denaro non può generare denaro”) . Tommaso ritiene che l’usuraio se vende denaro vende una cosa inesistente e perciò in primo luogo commette un peccato di ingiustizia. Biagio Riccio ed Angelo Santoro Prosegue nel prossimo numero.

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Aprile 2015 - Opinione

Che i siciliani scampino il sindaco di Sicilia di Claudio Mec Melchiorre Si avvicinano le grandi manovre per la Regione Siciliana. Scadenza tra due anni, ma il Sindaco Enzo Bianco e il Sindaco Leoluca Orlando, scaldano i motori per tentare il grande salto. I primi due laureati in giurisprudenza e protagonisti di una primavera, nel lontano 1992, che nella sua riedizione odierna, stenta a essere ricordata. Per quel che riguarda il dibattito, e per quel che può valere, i due contendenti attuali sembrano perfetti per la nullificazione siciliana. I due sindaci hanno una folta schiera di ammiratori. In genere, nell’altro campo geografico, rispetto al proprio. Bianco viene creduto bravo in quel di Palermo. Orlando viene considerato capace a Catania. Questa ostinazione con la quale i siciliani amano il carnefice altrui è curiosa. Catania e Palermo, in caduta libera da lustri, continuano a scendere verso gli inferi di una protocittà e i loro residenti sembrano infastiditi, pur sognando teorici successi degli altri inurbati. A Catania si pensa che ‘almeno Orlando è meglio’, così come a Palermo si favoleggia della primavera catanese. Visitando le

due città, si nota una decadenza diffusa. Sotto l’Etna si vede crescere una teorica piazza dedicata a Candido Cannavò. Sembra di guardare un luogo vandalizzato da writers inesperti, invece si tratta di un intervento voluto dall’Amministrazione comunale. Le panchine, a causa delle ristrettezze di bilancio, sono state smantellate da Corso delle Provincie e utilizzate nella famigerata piazza. Questo è l’ultimo intervento strombazzato dal Comune di Catania. Poi presto arriverà un altro troncone di metropolitana che sindaco ed assessori si fregeranno di aver inaugurato. Che siano lavori durati anni, non ci interessa. Le stazioni sono posizionate opportunamente in deserti che conosciamo e che si chiamano città, impoverite dall’assenza di strategie. Come si possa credere che due sindaci ad efficacia azzerata possano pensare di candidarsi alla Presidenza della Regione, non è dato sapere. Sono pure due sindaci che hanno ottimi rapporti con un’amministrazione regionale assolutamente inadatta e incapace al compito. Non si spiegherebbe altrimenti come mai le due città maggiori della nostra Regione-Stato non parlino del fatto che non ci sia ancora un piano di investimenti

strategici, con i fondi comunitari al centro. La circolare della Regione Siciliana che sin da agosto scorso chiede ai comuni di comunicare cosa intendono realizzare con i fondi comunitari è inevasa. Di chi la responsabilità? Della regione che non offre il suo quadro d’insieme e la possibilità di fare bilanci? O dei Comuni che non hanno un’idea di futuro loro, ma soprattutto dei loro sindaci? Le tasse e i tributi sono stati alzati al livello massimo. Quali sono i benefici? La raccolta differenziata che sta per essere applicata, con vent’anni di ritardo e circa seimila Euro di sprechi per ogni famiglia, perché non è già attiva? Se nel settore ambiente abbiamo assistito ad un terremoto di inchieste e processi, come mai tutto è andato avanti come se nulla fosse, con lo stesso schema presente prima delle inchieste? Se davvero Catania o Palermo avessero ripreso il loro sviluppo, perché le loro strade dello shopping sono sporche, piene di buche e vuote di iniziative, oltre che palesemente insicure? Non si capisce questa incapacità della Sicilia di candidare davvero i propri uomini migliori. Che non possono essere quel chiacchieratissimo Antonello Montante che, messo sotto inchie-

sta per associazione mafiosa, dichiara di autosospendersi da consigliere della commissione per la destinazione e l’uso dei beni sequestrati alla mafia, ma non lo fa. Lo stesso Montante che è sponsor dell’assessora Linda Vancheri, che in soli due giorni passa da lavoratrice precaria a dirigente, con regolare contratto, dell’Associazione Industriali di Caltanissetta e quindi assessore regionale alle attività produttive. Stesso gioco di tanti altri politici che vengono assunti per ottenere i contributi previdenziali che altrimenti non avrebbero mai avuto. Stesso trucco di Renzi, che poi parla di legalità, come i nostri sindaci ed assessori. Non possiamo sperare molto in Davide Faraone, perito chimico, Sottosegretario alla Scuola e Università, protagonista di una manifestazione che ha celebrato l’ingresso nel Partito Democratico gli esponenti che delle discariche mal funzionanti e fuori legge, sono gli alfieri massimi. Legalità inflessibile per tutti, ma non per amici e conoscenti più cari. Sembra questo il leit motiv dei tempi attuali. Non la buona amministrazione, né il tentativo di governare al meglio per ottenere prestigio e ulteriore spazio politico. Piuttosto un modo per af-

fermare il sé interiore, la propria più o meno spiccata megalomania, partendo dal presupposto sbagliato e sciocco che nulla si possa fare per migliorare una situazione troppo compromessa e che quindi andrebbe sfruttata per quanto possibile. E poi muoiano tutti i siciliani, tranne i propri amici. Questa è la politica delle cose da fare poco e male, perché manca un’idea complessiva, un’ambizione sociale e personale che sia impostata sul corretto uso della forza e delle risorse pubbliche. La Piazza Candido Cannavò con i suoi orribili e dozzinali murales ne è la più eclatante dimostrazione, come il riciclo delle panchine e delle barriere cittadine per fare rotonde spot, che compaiono e spariscono secondo un piano oscuro e impenetrabile, secondo la razionalità dell’amico che ha casa lì vicino. Se la Regione dovesse essere governata come sono governate le maggiori città siciliane, prego, avanti un altro. Vero è che un orbo vede meglio di un cieco, ma i nostri sindaci paiono aver perso l’ultimo occhio disponibile già da un po’. Gli altri non l’hanno mai avuta una vista sul futuro, solo sul micro-presente con l’Io debordante. Non è con la retorica che si governa. Ci vogliono uomini, non fiori.

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

5 SPETTACOLI IN ABBONAMENTO Prezzi: poltronissime € 70 - poltrone € 60 - Distinti € 50

Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

Catania - Via S. Euplio, 21 - Tel. 095 322323 - www.metropolitan.catania.it - info@metropolitan.catania.it -

Teatro Metropolitan Catania

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Aprile 2015 - Lettera al direttore

La villa rimarrà chiusa a tempo inderminato Egregio direttore Il mio lungo silenzio è dovuto ad un periodo di riflessione. Tutto ciò, mi ha indotto a capire e approfondire molte cose di quello che abbiamo vissuto, per il recupero, in questi ultimi due anni, della villa Belvedere di Acireale. Ci eravamo lasciati con la notizia sul cedimento della pavimentazione esterna dell’obbrobrio realizzato nello spazio dell’ex Angolo di Paradiso. Dalle relazioni effettuate prima dell’inizio dei lavori per il recupero della “Villa”, oggi si scopre che molte delle dichiarazioni riportate sui documenti firmati, non risultano a verità, cioè, alcuni lavori che si dovevano realizzare, non sono stati effettuati. Tante sono le cose che abbiamo scoperto, le prime risalgono al 17 /11 del 2013, ma di tutto questo imbroglio, potrebbero illuminarci per

primi due persone degli uffici dei lavori pubblici: l’Ing. Giovanni Barbagallo, capo area tecnica del Comune e il responsabile di tutti lavori, ing. Salvatore Di Stefano, poi, il direttore dei lavori del recupero del “Giardino” comunale, Pierluca Lombardo e l’agronomo che ha eseguito l’intervento di potatura degli alberi, Lara Riguccio, (Pensiamo che dovrebbe camminare a testa bassa... e non soltanto lei) e per finire, l’architetto Neri responsabile della Soprintendenza di Catania. A proposito di alberi, qualche giorno fa si è saputa la notizia che la Soprintendenza di Catania, ha dato parere favorevole alla eliminazione di sedici alberi secolari per poi sostituirli con altri… e la Riguccio che ne pensa?! Con questa notizia gli amministratori acesi, pensano di aver saldato il conto nei

confronti della città? Perché la Soprintendenza non è intervenuta prima di tutto questo scempio? E dire che nel 2000, in un mio intervento fatto ad Antenna Sicilia, pregavo l’allora amministrazione ad intervenire affinché gli alberi, privi di linfa, venissero eliminati con conseguente disinfestazione del terreno, come penso dovrebbero fare oggi, ma allora fecero orecchio da mercante. Intanto si ipotizza che se l’attuale sindaco di Acireale avesse denunciato la “cosa” (nostra) a tutti nota, avrebbe bloccato il finanziamento della Comunità Europea, oltre a far intervenire la Magistratura con tutte le rispettive conseguenze. A questo punto ci preoccupa il silenzio dei politici acesi. Il sindaco Barbagallo propone commissioni su commissioni, ma tutto questo serve

per spargere polverina negli occhi degli acesi. Nessuna “Commissione” potrà fare niente, soltanto riportare le solite parole senza poter dichiarare i danni che hanno provocato le Imprese costruttrici. Oggi, ci sono ancora diverse cose da valutare, tra queste il sistema di irrigazione e di illuminazione dove i contatti delle cabine non funzionano. Non parliamo delle cerniere delle porte del teatro Arena Eden che sono cedute provocando il blocco dell’apertura e tante altre cose. In questa situazione, i “lavori” già effettuati e da effettuare, dovranno essere ripristinati, ma…a spese di chi? L’attuale amministrazione, non potrà toccare niente e non potrà denunciare nessuno, a questo punto si tacerà fin quando il tempo – pensano – cancellerà ogni cosa… Non sarà così! L’acese, anche se

sembra tranquillo, qualche giorno si sveglierà da questo letargo e…potrà accadere quello che non si desidera. Ma noi dobbiamo tenere alto il buon nome della nostra storica Città di Acireale. Ricordiamoci che i circa 7.000.000,00 (sette milioni di euro), della Comunità Europea, sono stati “bruciati” e la Villa, non è stata resa fruibile come lo era prima. Vorrei aggiungere che l’Assessore ai LL.PP: dott. Nando Ardita, ha dichiarato che. Forse, la “Villa” in estate sarà fruibile soltanto nel breve tratto che porta all’Arena Eden per gli eventuali proiezioni di film. Il resto “tabù”. Auspichiamoci che qualche “santo” possa intervenire per chiarirci le “coperture” di ogni singolo lavoro. Direttore, il mio più sentito ringraziamento. Biagio Fichera

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Aprile 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche

Il salario minimo legale in Italia di Maurizio Ballistreri

Lo scontro tra il deader della Fiom-Cgil Maurizio Landini e ilpremier Renzi, rischia di mettere in ombra uno dei provvedimenti più significativi annunciati nei decreti attuativi del Job Act, relativo all’istituzione del “salario minimo legale”. L’ipotesi del governo è di fissare un minimo salariale per legge, previsto sembra intorno ai 7 euro all’ora, che riguarderà tutti quei settori che non sono già regolamentati da un contratto nazionale: una soglia al di sotto della quale il datore di lavoro non può scendere per retribuire un dipendente. Tale scelta deve essere letta, probabilmente, alla luce degli ultimi dati Istat sui salari italiani in Europa, con l’Italia al dodicesimo posto nell’Ue a 27, sotto la media della zona euro, ma leggermente sopra la media dell’Unione. Dal report Istat emerge che la retribuzione oraria lorda media nel nostro paese, espressa in termini nominali (senza tener conto del potere di

Da la foto della

acquisto), è inferiore di circa il 14,6% a confronto di quella della Germania, del 13% nel con il Regno Unito e dell’11% con la Francia; risulta invece superiore del 25,9% rispetto alla Spagna. Il confronto è relativo alla retribuzione oraria dei dipendenti che hanno un contratto a tempo pieno ed esclude gli apprendisti, precisa l’Istat. Le retribuzioni in Europa hanno sempre avuto notevoli differenziali su base nazionale, tanto che l’OCSE evidenzia significative disparità a livello continentale, con l’Italia che si colloca tra gli ultimi in classifica, con una retribuzione media di poco più di 14.000 euro all’anno, meglio solo di Portogallo, Repubblica Ceca, Turchia, Polonia, Slovacchia, Ungheria). I salari minimi non sono disciplinati dall’Unione Europea poiché la loro regolamentazione rientra tra le competenze esclusive degli Stati membri e in quelli dove i sindacati giocano un ruolo forte ed i salari minimi sono stabiliti nei contratti collettivi nazionali di categoria, si è preferito continuare a non prevedere un salario minimo nazionale. Tra questi l’Italia insieme a Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia, in tutti gli altri invece, esiste un minimo retributivo stabilito per legge. La giurisprudenza nel nostro Paese, a fronte della mancata attuazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 39 Cost. sull’erga omnes dei contratti collettivi nazionali di categoria, ha provveduto, attraverso l’interpreta-

zione dell’art. 36 della Costituzione, a risolvere la questione delle garanzie ai lavoratori del minimo salariale, qualificandolo come precettivo nel nostro ordinamento. Già a partire dal 1952, con la “storica” sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la giurisprudenza ha provveduto a sancire il diritto dei lavoratori, prescindendo dalla loro iscrizione o meno ai sindacati stipulanti i contratti collettivi di diritto privato, all’applicazione dei minimi retributivi degli stessi, con un’operazione legale così ampia da far configurare un modello generale di tutela che trascende dal valore singolo del giudicato, consentendo la teorizzazione di un “salario minimo costituzionale”. L’introduzione del salario minimo legale potrebbe essere uno strumento di garanzia contro le “condizioni strutturali di sottosalario”, che sottraggono molti lavoratori alla copertura della contrattazione collettiva in alcuni settori produttivi e aree del paese, come il Mezzogiorno. In questa prospettiva il salario minimo garantito non dovrebbe essere distante, e quindi soltanto meramente “protettivo”, dalle retribuzioni base dei CCNL, quale strumento di garanzia sociale ma anche di promozione della domanda, con caratteristiche di intercategorialità a livello nazionale e di consenso delle parti sociali, per superare la storica diffidenza dei sindacati italiani nei confronti di tale istituto.

(Tutto e subito: anzi prima…) Il potere secondo Matteo di Enzo Trantino L’attuale premier ha elaborato una teoria, secondo letteratura toscana: “del domani non vi è certezza”. La nostra vuole essere una breve meditazione antropologica del personaggio, che all’elettorato di destra appare come uno dei “suoi” che abita in una città diversa; al centro (che non ha mai sofferto di ideologie di cuore, ma di pancia, nel senso del comune sentire, del placido buon senso) come soggetto ragionevole, anche se difficile; alla sinistra si mostra come alieno, che parla altra lingua, che pratica altro stile, che misura altri tempi. La situazione è: non essendovi sinora alternative, non avendo avversari (quelli interni sono nemici), può stare “tranquillo” (non come avrebbe dovuto stare, il predecessore, Enrico Letta, pugnalato dopo l’affidamento: ma la gente dimentica e intasca 85 euro al mese. C’è chi paga i due caffè giornalieri, e così il cloroformio regola persino le cattive azioni). Allora perché appare così convulso, invasato, sempre di corsa, il nominato? Sarà la scuola scout (“non fare domani quello che potresti fare oggi”), o una indistinta preoccupazione della mutevolezza del cielo in politica? Certo è che si coglie in Renzi un’agitazione da inseguimento. Siamo al punto: “bisogna far presto”, è la sua preghiera mattutina. La velocità dell’azione, in una foresta di elefanti che si sono rimpallati debiti e problemi in oltre settant’anni di governo, non viene percepita come irrequietezza permanente, ma corsa per recuperare i tempi, così partecipando se non al futuro, almeno al presente. Ci sono però scivoloni di non comune conoscenza, che denotano “tic” pericolosi nel soggetto in esame. Per esempio. Dopo gli imbarazzanti malumori con un tecnico forte e pulito (sino a prova contraria), Cottarelli cioè, si deve nominare il successore: il capo economista (vertice tra i vertici). Con la vecchia tecnica delle scelte pilotate (ma “trasparenti”!…), il percorso “fiorentino” sembra essere: indicate curricula e profili, e, dopo avere esaminato il “Datebase” di Google Scholar, decide il premier. Ci può stare, se le regole sono.. regole. Uguali, senza fughe astute. Ma se i “sensori” tecnici indicano per il “candidato di fiducia” Federico Giammusso (“dirigente piuttosto misterioso, di cui non esiste né un curriculum dettagliato né una foto”, così “Panorama” del 18 marzo scorso, pag. 69), “appena otto citazioni accademiche rispetto alle 474 di Lorenzo Codogno e alle 692 di Sergio De Nardis”, una ragione deve esserci. Presidente Renzi, fare la guerra ai numeri è impresa impossibile più che rischiosa. Non crede di esagerare? Non crede che fra 8, 474 e 692 ci sono distanze siderali? Giammusso è suo amico, ma non lo è della matematica. Ancor di più; della scala dei meriti. Robetta?… Attenti: i numeri sono per natura intrattabili e vedicativi.

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Aprile 2015 - Spettacolo

Successo al teatro “Brancati”per la prima italiana assoluta di “Crisi di madri” di Martial Courcier d i L e lla Ba t t ia t o Al teatro “Brancati” di Catania in scena la commedia Crisi di madri di Martial Courcier, che ha riscosso parecchio successo per il rinnovamento del repertorio teatrale che ha voluto creare il regista Romano Bernardi, con una formula teatrale che fornisce l’ottimo della narrazione, curando l’espressione con una splendida Alessandra Cacialli, protagonista che interpreta Solange, attraverso un’interazione di ritmi stilistici che fanno assaporare alla platea il gusto per la parola, coinvolgendola nella tematica abbastanza attuale con vena comica e sarcasmo, ma non mancano i colpi di scena. Crisi di madri è opera di Courcier Martial, attore, sceneggiatore e regista francese che ama il gusto del contrasto e dell’opposto e lo dimostra raccontando il capovolgimento degli stereotipi della famiglia, un ritratto moderno e sarcastico dei rapporti che legano i suoi personaggi. Sul palco un cast di livello: Evelyn Famà, Plinio Milazzo e Maria Rita Sgarlato. Solange vive ancora nel culto del marito morto da oltre 15 anni, mantenendo un ferreo controllo

Un momento dello spettacolo sulle vite delle figlie: Alice, sposata e diventata a sua volta madre da poche settimane; la nubile Sylvie. Scena tipica, ambientata in un salotto francese avvolge le figure e le passioni in una coerente continuità. La donna, nevrotica e dispotica, interviene in qualsiasi decisione delle due sorelle, non tiene in grande considerazione nemmeno il genero Bernard che non perde occasione di criticare non ritenendolo all’altezza del defunto marito. Le liti tra le due sorelle, rendono ancora più difficile la convivenza, ma i quattro, assieme al neonato oppresso dalle cure continue di

madre e nonna, sono costretti a vivere in quella casa di Solange a causa di alcuni lavori in corso nell’appartamento della coppia di sposi. E quando una lettera compromettente rischia di minare le basi della famiglia, qualsiasi certezza sembra sgretolarsi. L’argomento sostiene il dramma della famiglia di oggi, che vuole vivere fuori dalla borghesia e da rituali familiari, emerge una forza propulsiva dalla figura femminile della Cacialli: madre tenera possessiva, incorniciata in un personaggio quasi da antologia retrò, che gioca tra psiche e coscienza, cercando di trovare

un percorso fenomenologico dell’esistenza e vuole avvolge il suo “nido” come unito in una massa gelatinosa per proteggerlo dall’esterno, mentre la famiglia, luogo comune dell’unità appare frammentata mostrando la sua debolezza. Storia dell’epicità matriarcale che racchiude ancestralità e modernità attraverso l’epistemologia del mondo femminile che trova anche punti di vista in grado di sorprendere. È una storia con un intreccio di legami e nevrosi che vuole decontestualizzare la struttura classica della rete parentale. Un rapporto difficile e fragile che funziona come uno specchio e rimanda Solange nelle sue paure, angosce, tra il ruolo di madre e nonna, creando una realtà malata, in un mondo di immagini archetipe. Un legame difficile con le figlie, che vuole annullare ogni distin-

zione ma scinde l’unità in coppie di opposti, parla secondo certe categorie, vuole guidare la vita degli altri, ma le figlie vogliono viver invece la “deflazione dell’inconscio” un processo di rielaborazione, razionalizzazione, e così scoppiano le componenti emotive, poiché la donna rimasta da sola vuole trasmettere valori patriarcali. Paradosso che rende l’universo femminile molto interessante e per il regista è una continua fonte di ispirazione. Con eleganti raffinati giochi dialettici, Bernardi lavora a far uscire le sorelle dalla protezione materna, di cui si nutre un io egocentrico e narcisista per confrontarsi con l’esterno, attraverso un linguaggio asciutto e simbolico in linea con la trama; illumina le scene con Solange figura analogica e costruisce un coerente svolgimento diacronico, attraverso una donna schiacciata dalla sua stessa modalità paranoica di rapporto con la realtà e con le figlie. Lo spettacolo è lo specchio del nostro oggi e aiuta a riconoscere le nuove modalità e debolezze, per guardare alla famiglia in modo diverso da ricostituire, in una società complessa con molti aspetti da risolvere.

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Aprile 2015 - Spettacolo

Il dramma di Carmen secondo Turi Giordano d i Al d o Ma t t ina E’ uno di quei tipici casi in cui la trasposizione operistica vive talmente di luce propria da soppiantare la fonte letteraria: è la Carmen di Georges Bizet, simbolo stesso della mediterraneità per il quale perfino il grande filosofo Friedrich Nietzsche ‘tradì’ Wagner assegnando al compositore francese la palma di massimo autore ‘moderno’, per la sua immortale creatura. Ma Carmen ha una fonte autorevole dovuta a Prosper Mérimée che la pubblicò, in forma di racconto, nella Revue des Deux Mondes il 1° ottobre del 1945. E merita di essere conosciuta. Il regista Turi Giordano ha lavorato a tutto campo realizzandone una versione assai singolare e ricca di suggestione, presentata al teatro Ambasciatori di Catania per la stagione teatrale 2014-15 dell’Associazione Golden Beach. Giordano non rinuncia alla ‘colonna sonora’ di Bizet, ma su questa costruisce un’azione drammaturgica che utilizza pienamente i tre linguaggi ‘topici’ dell’antica Grecia: testo poetico, musica, danza; come dire la nascita della tragedia. Il testo, in questo caso è quello di Mérimée, opportunamente drammatizzato e sfrondato per la scena dallo stesso regista, riducendo all’essenziale la vicenda di amore e morte narrata dall’archeologo protagonista del racconto, il quale l’aveva appresa dalla viva voce del ‘brigante’ Don José Navarro, in attesa dell’esecuzione per i suoi crimini. Un complicato racconto nel racconto da cui Gior-

Alcuni momenti dello spettacolo dano trae e focalizza la figura di Carmen, la sua scelta di libertà ad ogni costo, la sua fierezza, il suo eros, il presentimento di morte che aleggia nell’aria fin dall’inizio come ineluttabile cammino verso il proprio fato. E se la passionale carnalità di Carmen, Don Josè, Escamillo diventa palpabile vissuto attoriale per merito della recitazione appassionata di Carmen Longo (un nome che sembra quasi un destino), di Giovanni Rizzuti e dell’ottimo Fabio Costanzo, l’idea di

creare i loro ‘doppi’ per affidarli alle poetiche figurazioni coreutiche realizzate da Cosentino, Condorelli e Sicilia, funziona alla perfezione per sovrapporre continuamente i due piani fino alla catarsi finale. Ce ne dà conto lo stesso Giordano nelle sue note di regia e ci conferma la nostra ipotesi di innalzamento della vicenda all’assolutezza del Mito. Non solo personaggi, quindi, ma anche la simbolizzazione dell’Amore passionale, del Desiderio sfrenato, della rinuncia alla vita per la scel-

ta di Libertà. Uno spettacolo appena collaudato in unico turno, che meriterebbe di essere riproposto, anche per essere ulteriormente approfondito e perfezionato. Ma l’idea è vincente. Una menzione particolare andrebbe al bravissimo e giovanile corpo di ballo se solo si potessero nominare per esteso tutti i danzatori, ragazze e ragazzi (ma i loro nomi erano assenti in locandina). Il loro lavoro, fresco e originale, è stato determinante per il successo

dello spettacolo. A completare il ‘parterre’ attoriale citeremo Marta Limoli (Micaela), Gianni Sineri (Capitano), Adele Ferlito (la Cartomante) e Maria Chiara Pappalardo (una Sigaraia). Anche le musiche, tratte dalla Carmen di Bizet (con l’aggiunta di alcune trascinanti danze da L’Arlésienne dello stesso autore) seguivano sincronicamente i personaggi e i momenti topici della vicenda. Molto accurati e riccamente colorati i costumi di Rosy Bellomia).

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Aprile 2015 - Rubriche

Il libro della settimana Cosa pensano e cosa fanno gli adolescenti di oggi quando non li vediamo? di Giovanni Vecchio

Beppe Grillo – E a proposito della Serracchiani, opportune sono le parole di Beppe Grillo: “Lupi è stato cacciato senza avvisi di garanzia. Gli scarrafoni Pd indagati rimangono al loro posto. Del resto il loro partito è una fogna”. 5 – lapidario Fedez - ….e a proposito di Grillo&Co sentite Fedez, l’orecchinato e tatuato rapper italiano, “Grillo è un grande uomo di spettacolo e un grande libero pensatore. È tosto quello che sta cercando di fare: poteva benissimo risparmiarselo, non ci guadagna. Di Battista? Siamo amici, lo stimo. È così preso dalle sue battaglie che a cena non riesce a parlare d’altro, neanche di figa”. 3 – fuori, di testa….!

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Crescenzio Sepe – Il cardinale di Napoli in occasione della visita di papa Francesco nella città partenopea, durante l’”assalto” di alcune suore di clausura al Santo padre che lo circondano e lo abbracciano, ha detto dal microfono nel duomo di Napoli: “Eccole, queste so’ tutte de clausura... uè uè uè... dopo! Mannagg... uarda ‘ccà uard! Dopo... sorelle, dopo! E chiste so’ pure di clausura, figuriamoci quelle non di clausura!” 6 – folklore napoletano! Patrizia Monterosso – Sulla norma si è allungata l’ombra di una nuova “legge ad personam”. Quella che gli addetti ai lavori e gli esperti di bilanci e Finaziarie chiamano “marchetta”. Una norma inserita nelle pieghe della legge di stabilità con la quale il governo regionale ha deciso di modificare una norma già esistente: quella che consente ai dipendenti regionali di chiedere l’anticipazione della buonuscita o del Tfr. La modifica è tutta in un comma che estende la possibilità di chiedere un anticipo anche per “saldare” i debiti con la Regione dovuti a sentenze esecutive, come quelle per danno erariale. E qualcuno ha individuato tra i beneficiari la segretaria generale della Regione siciliana Patrizia Monterosso, sulla poltrona dai tempi di Lombardo Raffaele. 6 – beneficiaria?

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Debora Serracchiani – La faccia tonda da bambolina di porcellana (in verità un po’ malriuscita….) nasconde un concentrato di volontà di potere (è presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e vicesegretario del Pd) e toni da leader maximo: “Una premessa: faremo pulizia e chiarezza. Senza ambiguità di fronte agli elettori”. Così, intervistata da Repubblica, il vicesegretario del Pd Debora Serracchiani sulle primarie dem: ad Agrigento, dice, dove ha vinto un berlusconiano, “abbiamo chiesto al segretario regionale di annullare le primarie”, mentre a Enna la candidatura alle primarie comunali di Mirello Crisafulli, escluso dalle liste delle politiche, è “inopportuna”, “spero che decida di non presentarsi”. Già, una domanda “bambolina”: e i quattro sottosegretari del governo Renzi, indagati? 2 – ….a corrente alternata!

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di S par tacus

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Matteo Salvini – In un’intervista al settimanale Più si legge: “Salvini privato: ‘La cotoletta alla milanese la cucino come nessun altro!’” e approfondisce: “Al mattino preferisco la focaccia alla brioche, il massimo è quella alle cipolle, solo che poi magari hai un comizio, un incontro, e non è il massimo... inoltre preparo una cotoletta alla milanese buonissima, con il burro e non con l’olio, secondo tradizione. Un’altra mia specialità sono le uova fritte al tegame con il formaggio fuso”. 4 – leghismo,….gastronomico!

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I nostri voti

quando trasgrediscono”, aggiunge l’autrice. La fatica di crescere è inevitabile, ma restare soli in questa fase così delicata della vita contribuisce alla comparsa e allo sviluppo perverso di disturbi psicologici e comportamentali e alla chiusura in una dimensione narcisistica. Cosa pensano gli adolescenti di oggi e cosa fanno quando noi non li vediamo? A questi interrogativi il testo risponde in modo iperrealistico e talora sconcertante presentando un’accurata raccolta di “storie” di adolescenti italiani (maschi e femmine) della “buona borghesia” di città grandi e piccole dal Nord al Sud del Paese, tutti “alla ricerca di un anestetico che consenta loro di riempire quel vuoto nell’immediato, senza porsi alcuna domanda su un domani che appare lontano e obliquo”. Si va dalla dipendenza da Internet o dalla PlayStation alla fantasia impellente di uccidere la madre in una specie di Edipo capovolto, all’anoressia, alla sessualità bulimica e fagocitante, alle scorribande notturne pericolosissime con i monopattini, alle strade della droga contro il dolore e l’infelicità, all’alcolismo, alle automutilazioni, alle scorrerie in quartieri a rischio, alla violenza “gratuita” contro i diversi, all’omofobia, all’abuso di alcolici, alla caccia agli immigrati, al gioco d’azzardo compulsivo, fino al satanismo. Ogni “confessione” è seguita da una considerazione psicopedagogica della Parsi, che individua il nocciolo della condizione psicologica di ciascun adolescente ed evidenza le possibili vie d’uscita, spiega le ragioni sociali e fisiologiche dei comportamenti evidenziati e aiuta la famiglia e la scuola a prendere atto delle proprie responsabilità. E’ un libro che dovrebbero leggere non soltanto gli specialisti, ma soprattutto gli adulti, così presi dalle loro attività e dai loro interessi, a cui sfuggono i vissuti dei propri figli, i quali apparentemente non manifestano ai loro occhi seri problemi né in famiglia né a scuola.

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La nota psicopedagogista e psicoterapeuta Maria Rita Parsi, con l’apporto del giornalista e scrittore Mario Campanella, ha dato alle stampe un saggio dal titolo “Maladolescenza” ( Ed. Piemme, Milano 2014), che porta come sottotitolo “Quello che i figli non dicono”. Non si tratta del classico saggio sull’adolescenza, bensì di ben 15 testimonianze di adolescenti di oggi, che per gli adulti, spesso distratti, costituiscono un’amara sorpresa. L’assunto principale dell’autrice è che “la relazione e la comunicazione con le nuove generazioni vanno recuperate partendo dalla conoscenza e dall’ascolto dei vissuti, dei bisogni, dei sentimenti, delle idee, dei vuoti e dei silenzi che accompagnano la crescita dei giovani di oggi”. La scuola è incentrata sulle conoscenze ed è spesso intrisa di didatticismo che non lascia spazio per le domande di senso dei ragazzi e la loro “pulsionale ricerca sui concetti di Bene e di Male, sul significato della Vita e della Morte”. Le varie fenomenologie della famiglia odierna, anziché costituire un valido riferimento per crescere sani e sicuri, spesso rischiano di generare e alimentare il malessere personale e relazionale tra i membri. Ai giorni nostri si è dissolto il passaggio del testimone da generazione a generazione e sono anche mutati i luoghi della socializzazione con l’avvento pervasivo e dominante della “comunità virtuale”, nella quale i giovanissimi si trovano a navigare “senza guide, mediatori e punti di riferimento culturali con cui confrontarsi o a cui contrapporsi”. Senza la presenza di adulti credibili che li aiutino nel percorso di maturazione a riconoscersi e a confrontarsi, gli adolescenti, pur crescendo fisicamente, possono rimanere “bloccati” e attuare il meccanismo di difesa dell’appartenenza e del consenso tra i coetanei. I ragazzi “chiedono di conoscere leggi e regolamenti anche

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Aprile 2015 - Rubriche

Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Virus

Un virus ha infettato 3 computer di un laboratorio di ricerca. Ogni giorno il virus infetta il doppio dei computer già infettati. Se il contagio terminerà dopo 15 giorni, quanti saranno, complessivamente, i computer infettati?

Numeri a due cifre

Qual è il più piccolo numero a due cifre AB tale che il suo valore è uguale al prodotto delle sue cifre per la somma delle medesime più 2?

Numeri insoliti

Esistono alcuni numeri, inferiori a 1000, che sommati a 5 sono divisibili per 5, sommati a 6 sono divisibili per 6 e sommati a 7 sono divisibili per 7. Qual è il valore del numero più grande di questi numeri?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Autolavaggio: 72 minuti; Coefficienti: 3; Numeri: 14

Il film consigliato

Ho ucciso Napoleone Un film di Giorgia Farina. Con Micaela Ramazzotti, Libero de Rienzo, Adriano Giannini, Elena Sofia Ricci, Iaia Forte. Micaela Ramazzotti rifugge le sfumature umorali già interpretate al cinema, come il candore della svampita oppure la sensualità da femme fatale, per impersonare una donna moderna, cinica e ironica, che gradualmente infrange tutti gli stereotipi femminili contemporanei. É una piacevole seconda opera quella firmata dalla giovanissima Giorgia Farina, già apprezzata nel noir Amiche da morire e presentata in anteprima mondiale al Bif&st 2015. Nella cornice dorata del Teatro Petruzzelli di Bari, la regista romana firma ancora una volta una commedia graffiante e dai risvolti più cupi, che ha il coraggio di costruire un personaggio femminile grintoso e anticonvenzionale. Fa piacere notare che il cinema al femminile, ma non realizzato esclusivamente per le donne, abbia trovato un proprio talento specifico nel realizzare caratteri fuori dai cliché della donna romantica ad ogni costo, madre calorosa sopra ogni criticabilità, oppure femme fatale per penuria di valide alternative. In questo senso la seconda prova della Farina è una brillante conferma che dimostra da un lato, un immaginario nuovo dove spicca una cura per la caratterizzazione estetica dei protagonisti che aggiunge estro alla favola nera di Ho ucciso Napoleone, e dall’altro, anche un’estrema sicurezza nel mescolare alla commedia sentimentale a un humor nero vivacissimo che porta il pubblico fuori dall’aria viziata della commedia volgarotta o claustrofobicamente borghese. Eppure, questo tipo di cinema non è efficace solo nei confronti dell’esplorazione di una femminilità altra o di una parabola identitaria che tocca delle tappe di senso senza caramellarsi eccessivamente, anche i personaggi maschili, interpretati magistralmente da Libero De Rienzo e Adriano Giannini, hanno ritmo e vivacità. E si ride, tanto.

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Gesù il primo femminista di Danila Intelisano Non vi sono dubbi su chi sia stato il primo femminista della storia: un uomo giusto di nome Gesù, che ha dato alle donne libertà, dignità e rispetto. Ne riconosceva il coraggio e la sensibilità, tant’è che le ha volute vicine alla sua nascita, alla sua vita e alla sua morte, provocando la rottura con gli altri uomini e violando le leggi ebraiche dell’epoca, quando le donne dovevano tacere e uscire solo per lavorare, portare il velo ed essere ripudiate. Il Maestro ha combattuto con le azioni, una vera e propria battaglia sociale contro i tabù, contrastando il sistema patriarcale anche attraverso la vita comunitaria, in cui le donne sono diventate attive, presenti e necessarie. Le ha esaltate, liberate e difese. Ha insegnato loro le Sacre Scritture e le ha volute a Suo fianco, al pari e più degli uomini, nella Sua agonia. Ma, soprattutto, le ha volute testimoni dell’evento su cui si fonda l’esistenza stessa della chiesa: Maria di Magdala avvisa, infatti, i discepoli della Resurrezione, con gioia e convinzione mentre Tommaso dubita. Ed è ancora una donna che viene salvata dalla barbarie della lapidazione. Lui sa che le donne sanno capire, amare, piangere e ubbidire, comandare, combattere e perdonare. Come affrontare la fatica della vita e il dolore della morte di un Figlio. Eppure, Professore Cosmo, mi pare che gli uomini siano ancora molto indietro. Gesù ha riconosciuto ed evidenziato nella donna la completezza tra forza e delicatezza. Sapeva che una donna sa affrontate la guerra e la pace e ha strappato i loro veli, donando ad esse ruolo e funzione primaria. E’ una donna che fino all’ultimo lo ha seguito senza timore, che ha asciugato il Suo sudore e il Suo sangue perché ne ha riconosciuto la paternità. Questa Pasqua la dedichiamo alla resurrezione del cuore degli uomini quando uccidono in molte maniere una donna, affinché diventino coscienti che il grande Rivoluzionario l’ha scelta perché il mondo sia più forte e più tenero. Buona Resurrezione al cuore di tutti.

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