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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 13 anno X - 4 aprile 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Il re è nudo di Nunzia Scalzo Questo non è un articolo da roba grossa e neppure un pezzo di denuncia. E’piuttosto una riflessione su come non vi sia nulla di più effimero della gloria e più transeunte del consenso popolare. L’ho costatato una domenica mattina in un bar della città quando all’ingresso del sindaco Bianco, mentre la scorta si prodigava in ogni modo per tutelare il passaggio del divo, la gente continuava a fare quello che faceva prima (chi a parlare, chi ad amoreggiare, chi a litigare) per nulla incuriosita o stupita che il primo cittadino di Catania, il sindaco della Primavera, Enzo Bianco in persona, aria non sveglissima, fosse lì a disposizione di tutti a prendere il caffè. Neppure il barista gli ha onorato tributi. Niente di niente. Tristezza infinita. Enzo Bianco sembrava smarrito, e forse lo era. Era rimasto l’unico, fra quelli che gli stavano intorno, a guardarsi allo specchio e a sentirsi dentro un film con Al Pacino: sempre in pericolo. E come dentro un film conduce la sua vita, con uomini di scorta che aprono file e vigilano attenti al suo passaggio. Chi conta davvero è in pericolo e non può essere lasciato solo, ha la scorta, è qualcuno. Se oggi non hai la scorta non sei nessuno. Il terrore di essere nessuno l’ha accompa-

“Mala cumpassa” al Bellini

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Siracusa

Catania

Gettonopoli 2013 sei rinvii a giudizio

Fatti e misfatti del Pd etneo

R. Tomarchio

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G . B u sà

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La finanziaria delle menzogne: ancora tagli alla d i Maria de lo s Angeles Ga rcia Le bugie e la realtà - Il bilancio regionale è al collasso. Questa è la cruda realtà. Unica possibilità di far quadrare i conti, oltre al mega mutuo da cinque miliardi per coprire il buco fatto dal governo destinando “ad altri scopi” le somme destinate alla sanità - già in parte attivato – una “donazione” di quasi quattro miliardi che , senza pudore, il governatore ha detto di attendersi da Matteo Renzi. Dopo le ultime scelte del governo, non c’è alcuna altra possibilità di salvezza se non l’elemosina del governo nazionale. Nel corso del 2014, infatti, Saro Crocetta ha – consapevolmente o no – fatto una serie di scelte che hanno eliminato ogni altra possibilità di impinguare il bilancio regionale utilizzando vie “legali”. Ha rinunciato – senza averne i poteri – al contenzioso già consolidato dinanzi alla Corte Costituzionale, in base al quale la Regione avrebbe potuto riscuotere oltre 4 miliardi dallo Stato. Ha ritirato – per tre anni – tutto il contenzioso “pendente”, rinunciando alla possibilità di veder restituite alle casse regionali somme stimate intorno ai 5 miliardi di euro. Ha omesso di impugnare le leggi nazionali che hanno tagliato le risorse destinate alle aree interne, adottate dal Consiglio dei Ministri in assenza del Presidente della Regione che – come prevede lo Statuto – deve essere convocato e ha la possibilità di partecipare ai lavori – con rango di Ministro -. Esprimendo cioè, a verbale, sia le sue opinioni che il proprio voto. Altra scelta che ha portato a oltre 3 miliardi e mezzo di tagli. Ma non è tutto. Ci sono altre “scelte” del governo, cha hanno prodotto un parallelo impoverimento delle casse regionali. Crocetta infatti ha “dimenticato” di esercitare l’opzione che avrebbe permesso di mettere in vendita le quote della partecipazione della Regione Siciliana nella società Italkali. Con il risultato che l’unica azienda

Confermate le spese di tutte le società partecipate – finanziata la permanenza in giunta degli “esterni” – stanziati fiumi di denaro per avvocati, consulenti e commissari – tagli solo sui trasferimenti ai comuni per i servizi sociali, sugli stipendi dei regionali e gli investimenti produttivi: la ricetta perfetta per generare crisi, recessione, licenziamenti, miseria e disagi pubblico-privata d’Italia con i bilanci in attivo, sarà acquisibile dal socio privato per una manciata di euro. Il governo, poi, con la scorsa finanziaria, ha ridotto le accise che i petrolieri devono pagare alla Regione in cambio delle concessioni per l’estrazione dell’oro nero sia sulla terraferma che nelle acque territoriali siciliane. Le spese del potere - Il problema sta nel fatto che in un modo o nell’altro, occorre “coprire” le spese previste. E se da una parte Crocetta non ha chiesto i danari a chi poteva chiederli, dall’altro non possiamo fare a meno di osservare che non ha neanche tagliato lì dove sarebbe stato facile tagliare. La nuova finanziaria per il 2015 infatti, non dice una sillaba a proposito dei costi della politica. Né su quelli del Parlamento, che restano altissimi. Né su quelli del governo, che hanno raggiunto livelli mai storicamente rilevati. Se i gruppi politici dell’Assemblea regionale hanno in qualche moro “regolamentato” le spese del loro funzionamento, riducendole di un pochino, nessun tentativo di questo tipo è stato fatto da Crocetta e dai suoi sodali. Il governo continua ad essere composto, al 100 per cento, da “esterni”: una scelta che raddoppia i costi a carico del bilancio regionale: un assessore “parlamentare” produce scosti

solo per le “diarie” che gli vengono rimborsate per le missioni. Considerato che percepisce già la sua indennità da deputato. Un assessore “esterno” percepisce invece una indennità “pari” a quella dei parlamentari, “aumentata” delle indennità di missione. La beffa sta nel fatto che lo Statuto modificato nella scorsa legislatura prevede la diminuzione di 20 deputati. Una riduzione che non è scattata in questa legislatura per la – voluta – accelerazione della data delle elezioni determinata dalle dimissioni di Raffaele Lombardo. Ebbene, Crocetta, che ha già avuto il beneficio di portare al parlamento regionale nove deputati che hanno beneficiato del cosiddetto “listino” e che hanno conseguito – nelle liste – solo poche decine di voti. Invece di adeguarsi, in qualche modo, alle scelte già fatte dal Parlamento regionale, il governatore – da quasi tre anni – ha costruito una sua personale “tavola rotonda” costituita da tredici super deputati non eletti. Una carica e un “rango” tanto ambiti da aver visto fin qui alternarsi, sulla ribalta della giunta regionale, trenta assessori. Alcuni sono andati via sbattendo la porta in facci al governatore e alla sua rivoluzione “farlocca”. Altri – a conferma della esistenza di un “sistema Crocetta” – sono tornati al sottobosco della politica, a svolgere ruoli meno “nobili” e retribuiti, ma

Rosario Crocetta comunque a carico dell’erario: portaborse, consulenti, titolari di incarichi di sottogoverno. Il sottogoverno - Eggià. Ecco la parolina magica che fa luccicare gli occhi di qualsiasi politico, a qualsiasi latitudine, sotto qualsiasi bandiera: il sottogoverno. La parola in sé non rende esattamente l’idea dell’universo che copre. Già. “Copre”. Perché, rifletteteci, nell’epoca di internet, della comunicazione globale, della libera circolazione di tutte le notizie, chi può dire di avere una idea “esatta” del concetto di sottogoverno? Sono certa di no. Al sottogoverno sono ascrivibili le nomine nelle banche. Da anni ci viene somministrata la “bufala” che vuole il potere finanziario separato dalla politica. Ma la politica nomina i componenti delle fondazioni, che – finora – sono gli azionisti di maggioranza di tutte le banche italiane – grandi e piccole -. Di sottogoverno si parla, quando si nominano i presidenti e gli amministratori delle società a partecipazione pubblica. Autostrade, enti economici, società multi servizi, Grandi mercati, porti aeroporti. Società che muovono miliardi di euro se su scala nazionale, milioni di euro ce su scala regionale o comunale. Nella logica del sottogoverno rientrano le nomine dei manager della sanità. Dei dirigenti dei consorzi per le aree industriali. Dei Dirigenti scolasti-

ci e dei presidenti delle Opere Universitarie. Degli acquedotti e degli enti che erogano credito e servizi alle imprese, all’agricoltura, alle cooperative, alla pesca, all’artigianato. C’è poi il terreno “proprio” della politica: i commissariamenti di comuni, province, cooperative. Oltre alla nomina dei dirigenti della pubblica amministrazione e all’universo di “agenzie” che la popolano. I dirigenti generali – persone che dovrebbero guadagnare un massimo di 250 mila euro l’anno – sono l’esempio più lampante. Dovrebbero anche questi essere “interni” all’amministrazione, individuati con pubblici concorsi. Invece vengono nominati “intuitu personae” – a intuito dei potenti cioè – e molti di essi sono “esterni”. Non solo, ma i “preferiti” arrotondano il magro stipendio collezionando tre/quattro incarichi aggiuntivi che, di regola, vengono retribuiti con cifre che vanno dai 25 agli 80 mila euro l’anno ciascuna. Al complesso universo del sottogoverno appartengono anche i bocconi più prelibati: le aziende e gli enti “in liquidazione”. Si tratta, per essere chiari, di quelle società pubbliche o a partecipazione pubblica, che – nell’immaginario collettivo – sono già state definite inutili. E pertanto l’amministrazione pubblica decide di liquidarle. Di chiuderle cioè. Per farlo, però, occorre trovare una nuova

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alla spesa sociale, salvi tutti i consulenti privati occupazione ai dipendenti, vendere o comunque ricollocare i beni sociali. E bisogna – soprattutto – mettere in ordine la contabilità, prima di portare i libri in Tribunale: giusto per cancellare ogni traccia di responsabilità degli amministratori – politici – del passato. Per svolgere questa delicata funzione vengono nominati dei commissari liquidatori. Che vengono regolarmente retribuiti sulla base delle regole di mercato: in proporzione cioè alla dimensione economica dell’azienda da liquidare. Poi c’è la necessità di finanziare queste stesse aziende, che sebbene in liquidazione, non possono essere chiuse dall’oggi al domani: ad attività “cessata”, bisogna comunque far fronte alle spese d’esercizio, mese per mese, anno per anno. Accade così che aziende di cui nessuno si occupa più da decenni, in realtà continuino ad esistere. E non solo sulla carta. E a costare. Milioni. Anno dopo anno. Anche per pagare, manco a dirlo, consulenze, viaggi, partecipazione a convegni… Ecco perché questi incarichi rappresentano un boccone succulento: nessuno è interessato a chiedere conto dell’operato degli amministratori, che operano nell’ombra del quasi anonimato. E nessun operatore politico è interessato a fermare questa attività, buona a “collocare” stabilòente amici e sodali. Le contraddizioni di Crocetta - Ed eccoci al governatore della rivoluzione. Che non si è fatta sfuggire una sola di queste “mollezze” del sistema che,

sommate, costano un occhio della testa ai siciliani onesti. Il governatore nemico della “manciugghia” si è insomma seduto a tavola, da capo-tavola. E in nome della rivoluzione ha veramente rivoluzionato il settore. Stravolgendo tutte le regole che volevano una “scientifica” spartizione delle cariche di sottogoverno, tra tutti i soggetti della scena politica, maggioranza e opposizione compresa. Pensate che un funzionario della democrazia cristiana, Massimiliano Cencelli, nell’ormai lontano 1967 – quasi 50 anni fa – elaborò un sistema di ripartizione degli incarichi, sulla base delle quote di rappresentanza proporzionale di ciascun partito, di ciascuna corrente. Un sistema che vide la sua rigida applicazione per tutto il lungo periodo di vita democratica della prima repubblica. Gli anni della seconda repubblica hanno visto prevalere il principio dello “spoil system”, introdotto in Italia dalle leggi predisposte da Franco Bassanini alla fine degli anni ’90. In base a quel nuovo principio, importato dai sistemi anglosassoni, in pratica chi vince “prende tutto”. Bassanini aveva evidentemente previsto delle eccezioni a questo sistema meno sofisticato e più sbrigativo. Tant’è vero che fin da quando ha rinunciato alla carica parlamentare, è seduto sulla poltrona di presidente della banca pubblica più ricca d’Italia, la Cassa depositi e prestiti. La terza repubblica, di cui stiamo vivendo gli albori, è invece ispirata da tendenze “assolutistiche”. Ce lo confermano le

cronache quotidiane della rottamazione “renziana”. E lo dimostrano senza tema di smentita, le gesta isolane del suo epigono Crocetta. Non serve più avere la maggioranza dei voti, né quella dei seggi. Basta aver ottenuto il potere. Non importa con quale mezzo. Poi, ogni atto, ogni scelta, vengono automaticamente legittimati dall’autorità di chi l’adotta. In un circolo vorticoso in cui l’autolegittimazione è l’unica regola certa. Le mani in tasca - Il risultato? Renzi e Crocetta si alternano nell’azione di “sottrazione” di risorse alla loro naturale destinazione, per usarle nella legittimazione del loro potere autarchico. Riepiloghiamo: Crocetta spende a sua discrezione 5 miliardi destinati alla sanità. Le aziende sanitarie spendono comunque i cinque miliardi che attendevano, prendendoli dalle banche. Crocetta chiede i soldi al governo nazionale. Ma anche Renzi spende a sua discrezione 3 miliardi destinati alle aree interne. Mentre la Regione aveva già impegnato quei soldi per il piano giovani. Come si fa quadrare il conto? Semplice. Crocetta vara un mutuo – che sarà pagato in 30 anni dai siciliani -. Mentre Renzi, da Roma, “blocca” il piano giovani chiedendo alla Regione chiarimenti sui pasticci che, intanto, i burocrati regionali super pagati hanno fatto a decine. Ma i soldi, nonostante tutto, non bastano ancora a pagare consulenti, assessori, amministratori, consulenti e portaborse. E allora

si tagliano le spese che i comuni devono destinare agli scuolabus o agli asili nido, alla cura del verde o ai trasporti urbani. Direte. Ma così pagano i cittadini. E’ vero. Vuol dire che i cittadini hanno ancora qualche disponibilità finanziaria. Ecco perché il governo regionale si è affrettato a immaginare il taglio degli stipendi dei regionali che – in un modo o nell’altro – rappresentano il “nervo” dell’economia regionale, con i loro stipendi sicuri. A intaccare il reddito dei dipendenti comunali penseranno i comuni, che hanno già dovuto ridimensionare, da tempo, l’erogazione di ogni indennità supplementare, a partire da quella per gli straordinari. Di rinnovi contrattuali, naturalmente, manco a parlarne. Direte. Ma rimangono le risorse destinate alle imprese. Nisba. Le spese per investimenti diminuiscono drasticamente. Lo conferma la contrazione perfino della spesa comunitaria. La Regione ritarda l’emissione dei bandi perchè non ci sono le risorse da destinare alla quota regionale di cofinanziamento. Tutto il resto è bugia. In due anni, Crocetta ha impegnato la macchina amministrativa in due diverse “rimodulazione” della spesa del por 2007-2014. E anche un asino sa che ogni rimodulazione ruba almeno sei mesi al tempo disponibile per emettere i bandi. E’ accaduto così che “scientificamente” siamo stati costretti a perdere 3 miliardi di euro, che il governo nazionale si sta preoccupando di riprogrammare per proprio conto.

Il “tesoretto” europeo - La “cabina di regia” inventata in questa nuova finanziaria, è il primo atto dell’azione di programmazione del ritardo nell’utilizzazione delle risorse del nuovo por 2014-2020. Il Pd ha imposto questa scelta perché così raggiunge – cinicamente - due obiettivi di politica “interna”: strappa la competenza delle scelte al governatore, e guadagna il tempo necessario ad “allenare” i propri uomini in previsione della campagna elettorale che – prima o poi – dovrà portare a nuove elezioni regionali. Le risorse europee sono l’unico vero “tesoretto” su cui la politica siciliana può costruire il suo nuovo corso. Un dato che non poteva sfuggire alla progettazione del nuovo pd renziano in Sicilia. Ma Crocetta ha creato un disastro su tutta la linea. Non utilizzando i fondi, inimicandosi la base degli industriali siciliani. E litigando con tutti i sindacati. Occorre allora cambiare verso: impostare un nuovo piano che accenda l’entusiasmo dell’impresa regionale, ma soprattutto permetta di aprire “tavoli” di confronto che rimettano la politica regionale al centro dell’attenzione delle categorie produttive: a cominciare dal sindacato. A questo serve al finanziaria regionale. Sarà sufficiente questo obiettivo a convincere Renzi dell’opportunità di prolungare la vita di questo governo, “allungando” a Crocetta l’obolo miliardario che servirà a chiudere il bilancio e a completare questa operazione politica di “medio termine”?

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Aprile 2015 - Giudiziaria

Collini al processo per il presunto “cemento depotenziato” Sentito come testimone l’imprenditore, davanti ai giudici della seconda sezione del Tribunale. Prescrizione prossima ventura per il processo? di Marco Benanti Al processo per il presunto uso –secondo l’Accusa, con il Pm Antonino Fanara- di cemento depotenziato in due tratte di metropolitana, in corso davanti ai giudici della seconda sezione del Tribunale di Catania (Presidente Ignazia Barbarino, a latere Montuori e Camilleri), è stata la volta dell’imprenditore Sergio Collini, sentito come teste. Collini è titolare della omonima impresa trentina interessata alla realizzazione del tratto in galleria Stazione-Galatea. Un lavoro piuttosto travagliato: uno “stop” durato anni, per poi riprendere grazie al ministero delle Infrastrutture. “Nel progetto – ha detto Collini al Pm - emersero subito delle criticità”. Quali? Una condotta fognaria che era vicina ai lavori di scavo e la fondazione di un immobile in viale Africa con lavori nel sottosuolo. Di qui la necessità di varianti. E in queste vicende, ecco spuntare il nome dell’ingegnere Pie-

tro Lunardi, consulente dei Collini e poi anche ministro (“quando è diventato ministro non si più occupato della vicenda”). Ma Collini non partecipò alle gare per gli altri due tratti della metro. Cosa era successo? “Visto il nostro rapporto conflittuale con Ferrovia Circum etnea, decidemmo di farci da parte”. E sull’ipotesi possibili tangenti, avanzata dagli investigatori dopo un sequestro della Finanza, l’imprenditore ha replicato: “non abbiamo mai pa-

gato mazzette, ma a fornitori e subappaltatori venivano chieste delle somme per avere disponibilità liquide nei periodi di Na-

tale, Pasqua e Ferragosto”. Utilizzo? All’occorrenza servivano per fare “regali di Natale”. Prossima udienza il 28 aprile.

Ma, al Palazzaccio, già la voce sarebbe di una… prescrizione finale. Sarà davvero così? Noi non ci crediamo assolutamente.

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Aprile 2015 - Opinione

Come Catania ha rinunciato al museo Emilio Greco di Alfio Spadaro

Trentadue anni fa,a ridosso dei festeggiamenti a Sant’Agata,mentre era in corso al Castello Ursino la Mostra Antologica delle sue opere(cento statue e oltre cento disegni, medaglie,libri e innumerevoli testimonianze dell’illustre Artista),Emilio Greco telegrafò al sindaco dell’epoca,il compianto Salvatore Coco:”Sarei onorato di donare alla Città l’intera mia opera,al momento in mostra al Castello Ursino:a condizione di farne un degno Museo entro l’anno”. L’Antologica del grande artista,in verità,era stata in certo senso “impegnata”da Orvieto,dove Greco aveva realizzato qualche decennio prima le famose porte bronzee dello stupendo Duomo.Mancava l’ufficialità e quel tesoro. che proprio in quei giorni(16 gennaio-14 febbraio ‘82)era esposto nell’antico maniero catanese,sarebbe finito in Umbria. Greco aveva un sogno, lasciare tutto a Catania, la città amata da cui,tanto tempo prima s’era sentito rifiutato. L’idea decollò proprio in quei giorni,a seguito del clamoroso successo dell’”Omaggio a E.Greco”:un evento nato un po’ per caso e cresciuto via via grazie alla tenacia dello stesso Maestro e di un gruppetto di amici. Un’impresa ciclopica,viste le condizioni ambientali e...lo scetticismo diffuso. Erano anni che il Castello Ursino rimaneva chiuso al pubblico. Eppure figuravano sulla carta organica un custode e qualche addetto. Il sindaco da parte sua,aveva fatto già molto dando soltanto una generica disponibilità .Mentre l’assessore alla Cultura pro tempore era indaffarato altrove. E un altro logorroico esponente della giunta, famoso per i suoi stucchevoli interventi in aula consiliare ...trovava più interessante attivarsi per la Mostra di due quadri di Antonello da Messina,allocata ai Benedettini ma finanziata dalla Regione con la modica cifra di 800 milioni. Straordinario Successo - La Mostra “ Omaggio a Emilio Greco “ fu inaugurata dal Ministro alla Cultura Oddo Biasini alla presenza di migliaia di cittadini e di un centinaio di artisti

reduci dallo sistenza degli amici palerspettacolo che mitani. il sottoscritto Emilio mi disaveva realizse: ”Alfio,mi zato quello paruno bravi stesso pomeriggio al Teapicciotti. Chi tro Massimo dici? ”La MoBellini per Rai stra si sarebbe fatta nello Uno. La piazspazio za antistandel te il Castello Foyer del TeUrsino, quella atro Massimo. Greco volle sera,non baEmilio Greco a Catania negli anni della morte stava a conteinvitare pernere quella folla,malgrado una con amore e nostalgia nei suoi sonalmente la vedova di Pierpioggia battente e un freddo innumerevoli racconti. Quel- santi Mattarella.Andammo a gelido.Un evento epocale!Il la del “ristorante di Turi Fi- casa del politico trucidato dalla grande Massimo Valentini del nocchiaro alle spalle di piazza mafia e fu un incontro indiTG 1 lesse da par suo l’introdu- Università che negli anni a ca- menticabile.La signora Mattazione al catalogo fra l’emozio- vallo della guerra diffondeva in rella fece da madrina all’evenne generale . Edmonda Aldini, cortile odori ineguagliabili di to. L’Antologica palermitana primadonna del teatro classi- sughi e soffritti”.E poi “ quella che doveva durare due mesi... co, interpetrò stupende liriche del ricco commerciante che gli Fu invece prorogata a furor di del Maestro.Delicate e scarne aveva ordinato un busto funera- popolo, fino alla festa di Santa come lo stile dei suoi inegua- rio ante mortem ed al momen- Rosolia. to della consegna,stupefatto A Palermo,si alloggiava alle gliabili disegni. Greco d’innanzi a tanto calore del risultato,aveva esclamato: “Palme”.Il grande salone, deappariva smarrito,addirittura “Bravo Maestro!”: sta cravatta bordante lusso, nei momenti di relax per noi diventava un luoimbarazzato e stretto a me, pari ca parra!” chiedeva incredulo di chi fos- Greco mi sorprendeva giorno go di bisboccia. sero quelle straordinarie rime dopo giorno. Di indole mite, Una sera ,rientrando in camera, che descrivevano “lo jonio timido e in genere scarsamente mi accorsi che era stata rovicorrusco di vento”. ”Emilio- loquace era parimente capace stata la mia valigia. Apparentereplicai-sono le tue poesie!” di straordinari slanci d’ironia. mente nonmancava nulla, inveApplausi e ancora applausi per Quando era in vena a mia mo- ce...qualcuno aveva trafugato l’attrice e per lui. glie diceva sempre:”Linuzza su commissione due litografie Ricordo che Mario Bevacqua scusa se talvolta esagero ma che custodivo fra la biancheria. illuminato tour operator fece con tuo marito ritrovo la gioia Si trattava di un nudo tipico del stampare un particolare car- della battuta, anche vastasa”. Maestro. Solo che, senza firma toncino per invitare gli stu- Se avesse avuto statue e di- e indicazione, non valeva nulla. denti delle scuole siciliane e segni da vendere in quei due Fu così che l’incauto “ladro”fu fu gran successo. Le scolare- mesi di permanenza a Cata- costretto a farsi avanti e sensche non si contavano...mentre nia avrebbe fatto milioni. Tali za timore a chiedere... l’aule “acculturate”istituzioni del e tante erano le richieste. La tografo.Avremmo potuto tempo continuavano a non dare sua artrosi deformante non solo denunciarlo,invece il Maestro segni di vita. lo faceva soffrire molto ma gli ci rise sopra ringraziandolo Non dimenticherò, a propo- impediva anche di lavorare. anzi “per l’apprezzamento”. sito, che una sera allo Yach- Non dimenticherò quando Gio- A Siracusa, Museo Belloting club di Ognina,allorchè vanni Parasiliti, fra i più ricchi mo - Una sera prima che caannunciai che “Greco aveva imprenditori catanesi, gli fece lasse il sipario sulla mostra acconsentito di rinunciare a visitare il suo parco di auto palermitana,durante la cena, una mostra in Giappone per Ferrari.”Dottore- esclamò-,ma Santino Nicita neo presidenvenire a Catania”,una signora che ci deve fare con una mia te della Regione, presentò a della cosiddetta alta società statua...le più belle sculture Greco una lettera ufficiale del spudoratamente,soggiunse:”E ce l’ha già qui.”Qualche tem- sindaco aretuseo: ”Maestrodove lo facciamo ballare?” po dopo,però, Greco ricomprò disse-Siracusa è la mia città...il La gentile signora aveva sem- un’opera da un mercante in dif- Museo Bellomo ha bisogno di plicemente scambiato il grande ficoltà e gliela girò senza gua- una scossa“. scultore per il ballerino che in dagnare un soldo. Attorno alla Mostra, l’Ammiquella stagione furoreggiava in Palermo e l’invito alla ve- nistrazione siracusana riuscì a televisione con la stupenda Del dova Mattarella - Il presi- creare altri momenti culturali Medico in tante serate condotte dente della Regione Mario importanti.Realizzò soprattutD’Acquisto,appassionato cul- to un magnifico catalogo che da Baudo, il sabato sera. Un amore ritrovato - Gior- tore d’arte ed estimatore di fece il giro del mondo.E innate belle e intense.Il Maestro Greco aveva insistito tanto per- fatti raggiunse anche Caracas, non stava nella pelle. Lui che chè il Maestro esponesse anche dove il Circolo degli italiani aveva dato un taglio alla Cit- a Palermo.Ma dove?Nel capo- (seimila soci) presieduto da tà che gli aveva dato i natali, luogo siciliano non c’è un sito un valente professionista ibleo a quel punto, se n’era appro- in grado di ospitare tutto quel cugino del collega Giovanni priato. Quella sì,era tornata ad ben di Dio. Alla fine,si superò Pluchino,corrispondente de La essere la città che descriveva ogni difficoltà di fronte all’in- Sicilia per anni,espresse il de-

siderio di rendere omaggio al grande Maestro. Partimmo per la capitale venezuelano: io e il prof.Carlo Chiaramonte, preceduti da adeguato materiale.Per lo più disegni e pubblicazioni,visto che trasferire statue sarebbe stato assai complicato. Era l’anno 1979 - Il nostro fu un rapporto solido,sincero e senza interessi se non quelli amicali.La frequentazione fu assidua compatibilmente con i miei impegni di lavoro da giornalista e da organizzatore di eventi. Di Emilio mi restano incredibili ricordi anche della sua vita privata. Aneddoti unici.E un grande rimpianto:quei ritratti mancati alle mie figlie,che mai vollero raggiungerlo per posare nel suo fantastico atelier di via Cortina d’Ampezzo a Roma. Ultima chicca. - A Greco vivente fu chiesta l’ennesima opera da destinare alla nuova Pretura di Catania.Impossibile per le ragioni di cui sopra. E grande perciò la delusione di Giuseppe Gennaro e dei suoi colleghi allora pretori che pensavano di lasciare un segno gentile nel Palazzo. Suggerii però una soluzione: una grande lastra di lega speciale come quelle disseminate nel Parco di Hacone(Giappone).Detto fatto,l’opera realizzata rapidamente, è stata posta all’ingresso del palazzo a due passi da piazza Verga.Credo sia una delle ultime opere della incredibile collezione del nostro Personaggio. Il Museo Greco - Il grande Emilio,qualche decennio dopo ,passò a miglior vita.. Il Castello Ursino,il sito a misura dei suoi lavori, certamente sogno mai celato, rimase per lui sempre off limits. Infine,la... concessione: un localino sobrio a piazza S:Francesco pomposamente definito Museo. Per un Artista che ha sale dedicate all’Hermitage di San Pietroburgo e al Gate Gallery. Per un Maestro che alla Quadriennale di Venezia del ‘56 strappò a Winston Churchil un entusiastico pubblico commento. Per lui che all’interno della Basilica di San Pietro in Roma ha firmato la statua di Giovanni XXIII.E che in centinaia di altri musei importanti del mondo ha trovato spazi e onori, questa piccola dedica postuma non può essere considerata un omaggio.Semmai l’ultimo affronto.

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Aprile 2015 - Catania

Pd catanese: bomba a orologeria con velleità da partito unico di Giuliano Busà

Che cos’è il Partito democratico? La risposta non è semplice da dare. È un partito di governo – lo è di fatto a livello nazionale, regionale e comunale – ma ha più correnti della Dc e a differenza della Balena Bianca ognuna di esse si manifesta anche pubblicamente, sebbene poi a decidere siano sempre i soliti. È, teoricamente, un partito di centrosinistra, ma le recenti acquisizioni provenienti dall’area autonomista ed ex lombardiana lo collocano a metà dell’arco costituzionale, indeciso se assecondare le proprie anime progressiste o cedere alla tentazione di divenire partito unico di governo, cooptando chiunque abbia voti e clientele da offrire in cambio di una comoda poltrona. Queste inestricabili contraddizioni si palesano ogni qualvolta un evento pubblico di discreta importanza chiama il partito a prendere una posizione, che si pensa condivisa e coerente a tutti i livelli territoriali. Prendiamo il Cara di Mineo. A livello nazionale il governo in condominio col Nuovo Centrodestra non ha deliberato alcunché, nonostante la gestione degli appalti sia stata oggetto di storture testimoniate da intercettazioni, con personaggi legate allo scandalo di Mafia Capitale. Anche Giuseppe Castiglione risulta invischiato in questa triste vicenda – triste per l’uso che le istituzioni fanno del proprio potere, a scapito anche di poveri malcapitati – ma non pare avere alcuna intenzione di dimettersi. Mentre Crocetta sonnecchia, il Pd invece, inspiegabilmente, tuona. Dalla direzione provinciale emerge un documento che chiede lo scioglimento del consorzio che gestisce il Cara di Mineo. Leggiamo dal do-

Davide Faraone, plenipotenziario del pd siciliano

cumento ufficiale: “Le recenti vicende giudiziarie relative alla gestione del Cara di Mineo e connesse all’inchiesta Mafia Capitale impongono anche al Partito Democratico una profonda riflessione sui fatti in questione e una presa di posizione ferma e inequivocabile; il quadro che sta emergendo, infatti, descrive una gestione del Cara che appare da un lato piegata a interessi particolari attraverso l’utilizzo di procedure e modalità di conferimento degli appalti poco trasparenti, come affermato dall’Autorità nazionale anticorruzione, dall’altro segnata da condizioni inumane e degradanti e quindi lesive della dignità umana, come testimoniato da molti articoli di stampa e anche da visite ispettive”. “Più volte è stato evidenziato come la scelta da parte dell’allora Governo Berlusconi - prosegue l’ordine del giorno firmato da Giuseppe Berretta - di costruire un modello di accoglienza basato su grossi Centri e non sull’accoglienza diffusa, rappresentas-

se in sé una decisione foriera di potenziali degenerazioni, con concentrazioni su un unico territorio di un numero enorme di immigrati e con un impatto sociale di difficile gestione, oltre che l’assunzione della gestione in poche mani dell’accoglienza in Italia”. L’ex sottosegretario si era già occupato della questione in aula a Montecitorio e ribadisce, sempre parlando per mezzo del documento della direzione provinciale “il rischio, anche alla luce delle più recenti vicende di terrorismo internazionale, che un numero così alto di persone da gestire in un solo Centro possa far sfuggire dal controllo eventuali fenomeni di radicalizzazione; emergono tutti i limiti della gestione affidata al consorzio dei comuni, in termini di adozione di atti e procedure ed il rispetto dei più elementari criteri di trasparenza”. Il Pd parla inoltre di superamento “dell’attuale modello di gestione con il ridimensionamento dei centri di accoglienza, favorendo modelli di accoglienza diffusa e si

impegna a promuovere un’azione di verifica e rispetto dei diritti umani”. Una presa di posizione chiara, votata quasi all’unanimità dalla direzione. La domanda però sorge spontanea. Perché un partito vota una giusta mozione come questa, pur essendo al governo e quindi avendo la possibilità di stabilire e decretare in merito, praticamente ad ogni livello territoriale? Mentre proviamo a dare una risposta altre due contraddizioni grandi quanto lo stesso Pd si rendono sempre più evidenti. La prima è quella riguardante l’ingresso effettivo dei membri di Articolo 4 nei singoli circoli di quartiere, i quali – apprendiamo sempre dalla direzione provinciale – avranno facoltà, visti i propri statuti, di deliberare e decidere caso per caso, avendo pertanto il potere di escludere qualcuno degli ex articolisti dai singoli circoli. Sembra quasi un compromesso che il Pd ha trovato per rispondere ai tanti militanti che non hanno gradito questo inserimento calato dall’alto e or-

chestrato da Davide Faraone. Nemmeno Enzo Napoli pare avere il consenso di prima. E sarebbe davvero singolare se gli ex membri di Articolo 4, collegati nei vari quartieri e paesi a Sudano, Sammartino e Nicotra, rimanessero poi di fatto fuori dal Pd. L’incidente diplomatico sarebbe ridicolo e chiamerebbe la direzione ad un’altra prova di forza (tutto pur di non mettere la questione ai voti, ça va sans dire). Altra singolare incognita quella riguardante il Megafono, formazione nata com’è noto per volere di Beppe Lumia e Rosario Crocetta e che già creò al suo tempo un bel grattacapo al Pd, indeciso se inglobarlo o misconoscerlo. La realtà, alla luce anche degli stravolgimenti a livello regionale, è che il soggetto coordinato da Giuseppe Caudo gode ad oggi di una larga autonomia rispetto al partito, com’è possibile evincere dalle alleanze nei singoli comuni che andranno al voto alle amministrative del prossimo 31 maggio. Gli unici a prendere bastonate sui denti sembrano essere proprio i berrettiani, sottosegretario in testa, vera e unica opposizione al partito, mentre per gli altri, nonostante cursus honorum e militanze assai diverse, vige un silenzioso assenso. Unito a parole e di facciata ma diviso oltre ogni limite nella realtà dei fatti, e non potrebbe essere diversamente dato il numero e la mole dei soggetti che ad oggi possono applicare il simbolo dei democratici accanto al proprio nome. Che l’evoluzione di questo continuo inglobamento di onorevoli e voti sia l’esplosione di tutte le parti o una dittatura democratica all’interno delle singole istituzioni sarà solo il tempo a dirlo; per il momento ciò che è certo è che il Pd, a Catania, in Sicilia ma non solo, ha perso la faccia e smarrito la strada.

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Aprile 2015 - Giarre

La tragica morte di Flavia, Giarre si stringe alla famiglia di Alberto Cardillo Ennesima tragedia della strada, ennesima giovanissima vita spezzata. A pagare con la vita al termine di una folle corsa finita contro un albero di viale Africa a Catania è stata la giarrese Flavia Magro, non ancora ventenne, quest’ultima era seduta sul sedile posteriore, mentre i due ragazzi posizionati sui sedili anteriori hanno riportato solo lievi traumi. La ragazza, da tutti descritta come solare e tranquilla, lavorava da qualche mese in un noto bar del centro storico giarrese. Il conducente dell’Alfa Romeo Mito sulla quale viaggiava Flavia è risultato positivo all’alcol test. La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo. L’impatto dell’autovettura è stato violentissimo e non ha dato scampo alla giovane giarrese morta sul colpo, il suo corpo ormai privo di vita è stato estratto dall’abitacolo della vettura, ridotto ad un ammasso di lamiere, dai vigili del fuoco intervenuti intorno alle 4 del mattino, su-

bito dopo il terribile schianto. La dinamica dell’incidente che non ha coinvolto altre auto è ancora tutta da stabilire ed è al vaglio degli agenti della polizia municipale, i quali fino all’alba hanno compiuto i rilievi del sinistro. La scomparsa di Flavia, che dalle foto postate su Facebook mostrava occhi grandi e luminosi, ha lasciato tutti sgomenti, un dolore enorme per la famiglia, per gli amici e anche per coloro che la conoscevano per la sua attività di barista. Alla piazza virtuale di Facebook in centinaia hanno affidato messaggi di cordoglio sulla pagina della sfortunata Flavia: “Adesso sei in cielo aiuta tua madre e tuo padre che con tanto amore ti hanno messo al mondo . Stringili forte perché il dolore che provano non passerà facilmente. Riposa in pace piccola”, così scrive Leonardo. “Flavia era una ragazza eccezionale – dice Francesco, un frequentatore del bar dove lavora-

Flavia Magro va Flavia – sempre disponibile e solare, una giovanissima piena di vita e sempre con il sorriso sulle labbra”. Una città unita dal dolore e sinceramente stretta intorno alla famiglia Magro. Dopo il dolore, però, dovrà arrivare il momento della giustizia, si spera celere. La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta per omicidio col-

poso sulla morte della 19enne. Il ragazzo che era alla guida, ricoverato nell’ospedale Cannizzaro assieme all’altro passeggero, è risultato positivo all’alcol-test. Tra l’altro nell’auto sono state trovate anche piccole dosi di droghe leggere. Il procuratore Giovanni Salvi ha delegato le indagini alla polizia municipale. “Non ho avuto la forza di parla-

re a mio figlio –dichiara a La Sicilia Salvo Carcione, padre del conducente- questa tragedia, in fondo, è il frutto di un malessere incomprensibile. Questi giovani ormai delusi dalla quotidianità sono in cerca di nuove imprese ‘ammazzanoia’. Sono infelici pur avendo tutto. Mio figlio, come tanti ragazzi alla loro età, si dicono infelici, annoiati, per l’appunto, rifugiandosi talvolta nell’alcol, scambiando la vita quasi fosse un gioco alla playstation”. Nel frattempo a Catania si mormora che, fermo restando la colpevolezza del conducente dell’auto che sfrecciava a velocità inaudite, una parte della responsabilità dell’incidente potrebbe essere ricondotta alla alla mancanza di autovelox, illuminazione e dossi artificiali lungo viale Africa, è su questi punti che Alessandro Campisi, vicepresidente della municipalità “Picanello-Ognina-Barriera-Canalicchio” ha chiesto immediati interventi all’amministrazione.

Patti sala ex Tribunale Sabato 28 marzo 2015 ore 17,30

“Scuola e Famiglia, presidi dei valori essenziali per la rinascita del Paese” Saluti autorità civili e religiose Introduce il tema e presiede Giovanni Frazzica, Coordinatore dei “Popolari in Movimento” Relazioni: prof. Patrizia Zangla (scuola); prof. Giovanna Costanzo (famiglia); Dibattito Conclusioni organizzazione Associazione Culturale Mondonuovo

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Aprile 2015 - Acireale

Sono i debiti che stanno affossando le Terme in liquidazione d i Saro F a ra ci

Hanno scritto che le Terme di Acireale stanno per chiudere. Anche questo giornale, nell’ultimo numero, ha paventato questo possibile rischio. A differenza di Sciacca dove il socio pubblico, cioè la Regione, ha imposto al liquidatore la cessazione dell’attività, ad Acireale ciò non è ancora avvenuto. Il liquidatore Luigi Bosco, che abbiamo sentito telefonicamente, ci ha comunicato che l’attività prosegue, seppur a basso regime, e con grande sacrificio da parte delle maestranze. L’obiettivo principale è mantenere il servizio, soprattutto in un periodo come quello primaverile in cui si attende un aumento delle presenze, considerata la bella stagione. Ciò tra l’altro renderebbe più appetibile la cessione ai privati della gestione degli stabilimenti idrotermali. La verità

è che si vuol salvare il salvabile per evitare un depauperamento dei cespiti aziendali. Le Terme di Acireale SpA sono sommerse dai debiti, di cui almeno otto milioni per l’esposizione nei confronti di Unicredit, e circa due milioni verso il Comune di Acireale che, attraverso la Serit, ha di recente avviato azione di pignoramento a tutela del proprio credito; ci sono poi altri debiti che soffocano la liquidità corrente, per cui il liquidatore deve provvedere a pagare subito le bollette Enel e qualche polizza assicurativa per evitare di

Le Terme di Acireale

compromettere lo svolgimento dell’attività. E’ qui che sta il nodo dell’intera questione. L’ingegnere Bosco sta provvedendo a negoziare con tutti gli Enti creditori piani di rientro del debito, ma se non c’è liquidità non potrà onorare gli impegni assunti. Lo stanziamento di 800.000 euro nella finanzia-

ria regionale per le Terme di Sciacca e di Acireale rischia di non servire a nulla. Fortemente sostenuto dalla politica in modo trasversale a tutte le coalizioni politiche (Megafono, PD con Raciti, Cinquestelle con la Foti e D’Agostino), lo stanziamento si è impantanato nelle stanze della burocrazia regionale, tant’è che il Presidente Crocetta ha convocato d’urgenza la dirigente Grazia Terranova responsabile dell’ufficio speciale per la chiusura delle liquidazioni, per chiedere chiarimenti. Sciacca ha chiuso, Acireale potrebbe

fare lo stesso ed è un paradosso che la politica abbia impegnato 800.000 euro per facilitare la redazione del bando, senza che in realtà le somme possano essere spese per provvedere alle operazioni necessarie per effettuare interventi e pagamenti e rendere un po’ più appetibile la privatizzazione. In questi giorni l’ing. Bosco ha ottenuto dall’Unicredit il via libera a che il piano di ripianamento del debito residuo per il mutuo possa essere inserito nel bando per la privatizzazione e che pertanto dell’onere debitorio si faccia carico il privato. Abbiamo sempre scritto che dell’albergo e del centro polifunzionale pignorati la banca Unicredit non sa cosa farsene, qualora la Regione non iniziasse a pagare le rate scadute. I soldi non ci sono però e dunque, se andrà in porto la manovra di Bosco, del debito si farà carico il privato.

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Aprile 2015 - Gela

Gela senz’acqua, le famiglie in rivolta d i L il ia na Bla nco Caltaqua è tornata a staccare i contatori. La società di gestione per la distribuzione idrica che non eroga acqua 24 ore su 24, men che meno potabile, secondo quanto contenuto nel contratto, pretende il pagamento delle bollette del 100 per cento dalla popolazione e se 11 famiglie del quartiere Albani Roccella non pagano arrivano i tecnici e staccano loro il contatore e li lasciano a seco totale. E non importa se da 7 anni i gelesi pagano bollette che non rispettano il contratto e se Caltaqua pretende ogni anno l’aumento dell’aliquota e la classe politica glielo accorda. Devono pagare, anche se i soldi non ce l’hanno perché una parte di essi sono serviti a comprare l’acqua da bere. Scoppia la protesta delle famiglie del quartiere Albani Roccella che stanno pensando di tutto pur di fare sentire la loro voce. “Non possiamo accettare questo sistema – dice Nunzio Nicastro, presidente del comitato di quartiere – questo è un sopruso. Le condizioni di vita del quartie-

Un’autobotte della Caltaqua re sono al limite della civiltà e adesso senz’acqua si completa il quadro”. “Undici famiglie sono rimaste senza acqua – dice Lillo La Mantia – quasi 50 persone non possono lavarsi; magari non abbiamo pagato, è vero, ma loro hanno rispettato le regole?”. Incalza l’avv. Lucio Greco per che 5 anni ha seguito le vicende dei cittadini vessati per la vicenda acqua, sia dal punto di vista

legale che sociale come presidente dell’associazione ‘Cittadini della giustizia’: sindaco, molte famiglie sono alla fame e alla disperazione e stanno subendo il distacco dei contatori dell’acqua – dice Greco in una nota - perchè non è stata presentata l’istanza mirata ad ottenere l’aiuto dal comune per pagare la bolletta? Perchè non si garantisce la necessità di un quantitativo minimo d’ac-

qua comunque riconosciuto anche a chi non può pagarla come sostenuto anche dalla risoluzione dell’ONU per il diritto all’acqua del 28/07/2010 e da numerose sentenze, quali quella del tribunale di Castrovillari (sentenza n.5811 del 30.11.2012), secondo cui la morosità dell’utente non è ragione sufficiente a soddisfare la sospensione della fornitura di acqua, in quanto in contrasto con l’art.2 della costituzione? Perche’ invece di privatizzare l’acqua, l’illuminazione pubblica, l’unica struttura pubblica dove possono soggiornare anziani bisognosi, la casa di riposo Antonietta Aldisio e anche l’aria che respiriamo, non pensa ai poveri, alle famiglie dei bisognosi e alle fasce deboli?” “L’amministrazione che non rie-

sce a garantire un bene primario come l’acqua, non rappresenta il punto di riferimento dei cittadini – continua Greco - Ora basta ricattare l’utente moroso con il distacco: si deve avere il coraggio di intervenire con Caltaqua e con l’Ato idrico per chiedere: di eliminare e/o modificare la clausola di inciviltà giuridica del distacco del contatore; di offrire una tariffa a condizioni agevolate per tutti gli utenti a basso reddito; di garantire comunque una fornitura d’acqua anche agli utenti morosi. ”L’assessore Giuseppe Ventura ha firmato un piano investimenti per Gela e il comprensorio, pari a 3,5 milioni di euro: un documento firmato al dipartimento della presidenza del consiglio dei Ministri che riguarda un contratto d’area per interventi infrastrutturali nel territorio di Gela, Mazzarino, Butera. Sono lavori di miglioramento e rifacimento della condotta fognaria per i reflui oleosi dell’impianto Tas dell’Eni, messa in sicurezza della strada per Desusino, Tenutella e della Gela Butera.

Ancora guai per l’Antonietta Aldisio Assistenza per anziani nel turbine. La casa di ospitalità “Antonietta Aldisio” non riceve da 8 mesi richiesta di ricovero, le operatrici minacciano di incrociare le braccia per il mancato pagamento di 18 mensilità, il commissariato ha sospeso per quindici giorni la licenza all’hotel Sileno. Il provvedimento scaturisce dalla constatazione della Guardia di finanza che ha trovato sei ex pazienti della Rsa Caposoprano, dimessi dall’Asp, e ospitati nell’albergo. L’indagine degli agenti del commissariato di polizia e dai militari della guardia di finanza, ha stabilito che i sei anziani ricevevano anche un’assistenza sanitaria confermando l’ispezione del direttore del distretto sanitario dell’Asp provinciale Giuseppe Piva. I militari hanno trovato cinque stanze dell’albergo allestite come una infermeria. “L’hotel Sileno non ha le caratteristiche di una struttura sanitaria – ha detto Piva - L’associazione “Dopo di noi” garantiva servizi sanitari. Le sei persone alloggiavano in due stanze singole e due doppie. Un’ altra stanza era adibita a spogliatoio e usata per

non vengono retribuiti, perché l’Asp di Caltanissetta non provvede al pagamento di quanto dovuto alla società per la quale prestiamo la nostra..opera. Il pagamento non avviene perché alcuni rappresentanti della società e della stessa Asp di Caltanissetta hanno La casa di riposo per anziani Antonietta Aldisio ricevuto un la conservazione dei farmaci”. I dall’Asp. Eppure hanno pagato avviso di garanzia dalla Procura pazienti erano stati dimessi dal- una quota societaria per entra- della Repubblica di Gela. Ritela Rsa Caposoprano a seguito di re nell’organico, di un minimo niamo la sospensione dei pagaun provvedimento dei medici di 20.000 euro. Un vero affare, menti ai lavoratori, sostenuta dell’Asp ma solo a conclusione se si pensa che non ricevono gli dal precedente direttore generadelle proroga al periodo di cura. stipendi da mesi: “Questa lette- le dell’Asp di Caltanissetta Ida La Casa di cura Santa Barbara ra aperta è sottoscritta da tutti i Grossi, sia pretestuosa e priva aveva dato la disponibilità al soci proprietari e dai dipendenti di fondamento giuridico, e posta ricovero dei pazienti. Ma i pro- della SST srl, società proprie- in essere soltanto per soffocare blemi dell’RsA non finiscono taria della residenza sanitaria economicamente la società Sst e qui. Trentatrè dipendenti hanno assistita (RSA) “Caposoprano costringerla a mollare tutto. inviato una lettera al presiden- Residence” – si legge nella nota I 38 posti in convenzione, così, te della Regione per reclamare - pur espletando con entusiasmo verranno assegnati ad altri gestoi pagamenti che non arrivano e dedizione i compiti assegnati, ri, come è già avvenuto in sede

di aggiudicazione d’appalto, in cui furono sottratti, senza alcun motivo. Venti dei 58 posti già aggiudicati alla Rsa di Caposoprano dalla stessa Regione Sicilia!!! Non siamo convinti che sia sufficiente un semplice avviso di garanzia, che è fatto proprio a tutela degli indagati, per negare il pa~:amento di servizi erogati e non contestati dalla stessa ASP di Caltanissetta, perché altrimenti, signor Presidente, lei dovrebbe intervenire con immediatezza per sospendere lo stipendio ai suoi dipendenti regionali, già raggiunti da avvisi di garanzia, compresi i suoi dirigenti ... i suoi assessori e fina n co Ella stessa nella qualità! Ciò sarebbe semplicemente assurdo oltre che in violazione del diritto di difesa che è costituzionalmente garantito. Ci chiediamo com’è possibile che un Presidente della Regione, nato a Gela, possa consentire una violazione di legge di tale portata. Il Suo mandato è stato rappresentato ai siciliani all’insegna della rivoluzione, e noi siamo convinti che si tratti della rivoluzione contro il malaffare.

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Aprile 2015 - Messina

Tremestieri: porto chiuso e si cerca di salvare il “Piemonte” di Giovanni Frazzica Una scandalo ad orologeria quello del porto di Tremestieri, basta un po’ di scirocco e si insabbia, senza che l’amministrazione comunale riesca a prendere provvedimenti adeguati. Questo vuoto di iniziative viene in un certo senso coperto dal Comitato “La Nostra Città” che, sulle vicende del porto di Tremestieri, ha anche incontrato l’organizzazione degli autotrasportatori per far fronte ai rischi continui per i cittadini messinesi interessati al transito del gommato pesante. Le due associazioni hanno chiesto al sindaco un incontro urgente per fargli valutare le proposte condivise dalle due organizzazioni. L’Associazione Imprese Autotrasportatori Siciliani, ha accettato molte delle proposte che il Comitato aveva avanzato nei mesi scorsi, e riconfermato la disponibilità a concorrere con le altre istituzioni per attivare tutte le misure necessarie ad alleviare i disagi dei cittadini. “Disagi – afferma il presidente dell’Aias, Giuseppe Richichi - che si acuiscono nelle fasi di emergenza, da sempre, anche per gli Autotrasportatori, costretti a fare i conti con una logica della competizione per la quale costi e tempi di attraversamento sono decisivi. La soluzione definitiva passa da un salto di qualità della programmazione e dalla attivazione di un piano complessivo di breve, medio e lungo periodo, condiviso e sostenuto in prima persona dal sindaco, da tutte le forze politiche e da tutta la deputazione messinese. Nel lungo periodo, nonostante io sia convinto della

Rafael Defrancesco infelice scelta di Tremestieri per il secondo approdo, convengo che il completamento del Porto con le altre quattro invasature potrebbe essere risolutivo per liberare la città da tutto il traffico gommato. Mentre nel medio periodo decisive mi sembrano la realizzazione del progetto della Via Don Blasco e l’apertura dello svincolo di Giostra con le relative modifiche semaforiche funzionali all’accesso alla Rada di San Francesco. Quanto al breve periodo, è necessario redigere un piano della mobilità in grado di dare indicazioni chiare nei periodi in cui Tremestieri è inagibile per evitare di danneggiare cittadini e utenti. Anche se sono convinto, in accordo con la proposta di Saro Visicaro, che gli inevitabili, ripetuti insabbiamenti di Tremestieri, l’ultimo verificatosi proprio ieri, consiglierebbero di chiuderlo definitivamente fino al completamento per evitare di sprecare risorse preziose e trasferire tutti i vettori nella Rada di San Francesco. E comunque

non aprirlo fino a quando non è agibile con entrambi le invasature”. L’Aias chiede l’attuazione di un adeguato piano urbano del traffico che preveda di imporre il rispetto del Codice della Strada (soste in doppia fila, limiti di velocità, ecc... ) lungo i percorsi individuati; prevedere la collocazione di Pannelli luminosi a messaggio variabile prima e dopo i caselli autostradali di Tremestieri, Villafranca, Villa San Giovanni e laddove diventa necessario, per informare sui tempi di sosta superiori ai 60 minuti; prevedere semafori intelligenti e interventi nella viabilità cittadina funzionali alla sicurezza; attivare corsie preferenziali nel V.le Giostra, in salita, nella parte sinistra della carreggiata, per i Tir provenienti dalla Rada di San Francesco verso lo Svincolo Autostradale, nel Viale Boccetta, in discesa, sempre nel lato sinistro della carreggiata, per i Tir in uscita dall’autostrada e diretti agli imbarcaderi, nel Viale Europa solo per imbarco e sbarco

Saro Visicaro dal Norimberga. Altra questione irrisolta è quella dell’Ospedale Piemonte. «Voglio rassicurare i cittadini di Messina sul fatto che non ci sarà nessuna chiusura né alcuna smobilitazione: l’ospedale Piemonte resterà un presidio per acuti nel cuore della città». A dirlo è l’on. Pippo Digiacomo, presidente della commissione Sanità dell’Ars, confutando certe notizie circolate in questi giorni sul futuro del nosocomio. «Niente allarmismi: anche nel progetto di accorpamento con il Centro Bonino Pulejo – sostiene Digiacomo – il Piemonte manterrà la sua piena operatività e il pronto soccorso resterà attivo». Le sue dichiarazioni arrivano a seguito dell’Assemblea cittadina tenutasi davanti all’Ospedale Piemonte per dire ancora una volta “No” alla chiusura e chiedere un incontro all’Assessore Lucia Borsellino, per conoscere le sue reali intenzioni sul destino dell’importante Ospedale cittadino. La protesta, particolarmente vivace, è stata organizzata dal Comitato

“Salvare l’Ospedale Piemonte” insieme ai sindacati Uil, Orsa e Fials Medici e all’area Civati del Pd. Centinaia di manifestanti hanno bloccato il viale Europa creando tra l’altro seri disagi alla viabilità in un nodo che si collega allo svincolo dell’autostrada. Solo in tarda mattinata i manifestanti avevano liberato il viale Europa, dopo che gli esponenti del Comitato avevano annunciato di volersi recarre ad un incontro promosso dal Prefetto che si era attivato a stabilire un contatto con l’Assessorato, inviando una nota in cui era stata richiesta una risposta rapida. I manifestanti hanno lasciato il presidio, sperando che venga fissato l’incontro con la Borsellino, sempre pronti a continuare la protesta se non dovessero giungere buone notizie da Palermo. Interviene Rafael De Francesco, uno dei promotori della manifestazione, rappresentante dell’Area Civati nel Coordinamento del Pd di Messina, che dice:”Fin da luglio dello scorso anno prendendo posizione contro l’ennesima scippo danni della cittadinanza messinese abbiamo intuito che le vere cause non andavano cercate a Palermo. Non era a nostro avviso e come poi si è dimostrato la Regione o l’assessorato a voler assestare questo ennesimo colpo alla nostra città. Come confermato dall’on. Digiacomo presidente della Commissione sanità all’Ars, da noi interpellato, non c’è alcun motivo per chiudere l’ospedale Piemonte e come dallo stesso dichiarato si manterranno emergenza ed urgenza e ogni integrazione sarà solo ampliativa”.

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Il Paginone

Bellini e il pasticciaccio della Sovrin

di Aldo M a t t in a Abbiamo il nuovo Sovrintendente, anzi no, o forse, chissà. Lo strano caso di Rosanna Purchia, ex Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, nominata il 6 marzo quale Sovrintendente di Catania. Solo che pochi giorno dopo (il 10 marzo) la stessa Purchia ripresentava in extremis la propria candidatura a Napoli e il 21 dello stesso mese è stata indicata dal consiglio di indirizzo del teatro con decisione presa a maggioranza, contrario il sindaco de Magistris, favorevoli Caldoro, Maddaloni, Tesauro e Lignola, rappresentanti della Regione e del ministero. A Catania il nome della Purchia circolava fin da gennaio, quando il CdA cominciò a valutarne la nomina; l’interessata si dichiarò “profondamente onorata”, poi venne un paio di volte in visita a Catania ma “da turista” ci tenne a precisare; solo che nel frattempo parlava con la dirigenza del teatro, col direttore artistico Francesco Nicolosi, il Sindaco Enzo Bianco, salutava le maestranze del teatro per farne la conoscenza. Tutto sembrò

andare in porto finchè, effettivamente, si giunse alla designazione all’unanimità nel corso di un Consiglio di Amministrazione tenutosi il 6 marzo, presieduto da Enzo Bianco con Harald Bonura, Filippo Cosentino, Maria Rosa De Luca e Giuseppe Calanna. Lo stesso Bianco poteva annunciarlo lo stesso giorno con un trionfalistico comunicato: «Abbiamo scelto - ha affermato il sindaco e presidente del Cda Enzo Bianco - un nome di prim’ordine. Rosanna Purchia a Napoli è riuscita nell’impresa di portare la lirica alla città attraverso mezzi intelligenti e innovativi e a una politica culturale di apertura che ha coinvolto perfino i bambini delle scuole materne. Ci aspettiamo molto da lei che al San Carlo è riuscita a triplicare la produttività e a quintuplicare gli abbonamenti riportando il bilancio in pareggio. La scelta di Rossana Purchia di optare per Catania dopo un Teatro prestigioso come il San Carlo testimonia come la città riesca a essere molto attrattiva. Abbiamo mantenuto con il presidente

Rosanna Purchia della Regione e con l’assessore regionale al Turismo, ai quali tocca la nomina del sovrintendente, una stretta interlocuzione per una scelta così significativa. Ringraziamo - ha concluso il sindaco di Catania - la sovrintendente uscente per l’impegno e per il lavoro svolto in questi anni in condizioni molto difficili». E adesso? Rimane l’amara

constatazione che Rosanna Purchia possa aver strumentalizzato il teatro catanese per mantenere alte le sue quotazioni a Napoli o, più semplicemente, che abbia mantenuta aperte una ‘via di fuga’, una seconda scelta nel caso non fosse riuscita a riottenere la nomina napoletana cui, evidentemente, teneva più di ogni cosa. E’ pur vero che la sua figura era stata al centro di una

polemica che aveva visto contrapposto il Sindaco di Napoli De Magistris (suo fiero oppositore) al resto del CdI. Fra l’altro le era stata imputata la ‘fuga’ del Maestro Riccardo Muti e, oltre tutto, erano state presentate ben 27 dichiarazioni di intenti per succedergli nella carica di Sovrintendente a Napoli. La sua era evidentemente una vera e propria battaglia politica, forte

Bianco e l’ennesima “mala cumpas di F a b io Tra cuzzi Un altro, l’ennesimo, pasticcio sulle macerie del Bellini. E ci sarebbe quasi da ridere se non fosse per la drammaticità di una situazione, quella che per l’appunto riguarda il Teatro Bellini di Catania, che, diciamolo francamente, rischia di chiudere. Il sindaco Bianco, che ricordiamo del teatro è anche presidente del consiglio d’amministrazione, aveva già sfoderato il suo migliore sorriso, che comunque con tutta la buona volontà non è più quello di una volta, per annunciare al popolo catanese che, finalmente, il teatro aveva un nuovo sovrintendente, quella Rosanna Purchia della quale avevamo parlato noi per primi e che Bianco era riuscito a scippare al Teatro san Carlo di Napoli. Dimessasi Rita Gari, la quale non è stata abbastanza ringraziata per aver condotto con saggezza e dignità nel tota-

le abbandono da parte delle istituzioni, il suo lavoro negli anni più bui del teatro, si è subito pensato alla nomina al nuovo sovrintendente. Solita girandola di nomi tutti più o meno non idonei e poi ecco l’idea luminosa. Prendiamo la Purchia. Evviva. Sta per lasciare il San Carlo, il sindaco De Magistris non la vuole più: non c’è di meglio. E via ai contatti, trattative, incontri più o meno segreti. Fino ad arrivare alla nomina ufficiale, ma bisognerebbe parlare di una designazione considerato che il decreto di nomina viene fatto dall’assessore regionale al Turismo. Ma il più comunque sembra fatto. Bianco non resiste alla tentazione a annuncia il risultato del colpaccio. Illustra i meriti della Purchia e tra questi anche il fatto che a Napoli è riuscita a portare a teatro anche gli alunni delle scuole elemen-

tari. Bene. Brava. Ma Bianco, che in quel periodo era forse impegnato (si fa per dire?) a Roma per ricordare che questa operazione, e per la prima volta in Italia, l’aveva sperimentata, e con un successo straordinario, proprio il Teatro Bellini di Catania, quando l’allora sovrintendente Antonio Fiumefreddo organizzò (insieme a tante altre iniziative) al Teatro

Sangiorgi una stagione parallela a quella lirica del Bellini che fu battezzata “Piccola opera”: le opere liriche tradotte in fiaba

e con un finale che veniva fatto scegliere proprio ai ragazzi. Ma si sa, questa città ha la memoria corta. I meriti degli altri non

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rintendenza: quella poltrona è ancora vuota

Rita Gari del sostegno di Salvo Nastasi, potente direttore generale del Ministero dei Beni Culturali. Ma chi è Rosanna Purchia? Cerchiamo di tracciarne un breve profilo riportando alcuni stralci di un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica quando ottenne il suo primo incarico al San Carlo Napoli, in qualità di Direttore operativo, prima di essere nominata So-

Enzo Bianco vrintendente per cinque anni, dal 2010 al 2015: “Sono due i miei posti del cuore, il primo è la casa dove sono nata, il 23 settembre del 1953, una stanza ammobiliata ai Miracoli, dove vivevo con i miei genitori e le mie tre sorelle; l´altro posto del cuore è Bagnoli: il luogo dell´adolescenza e dei sogni possibili. Qui è nata la passione per il mondo dello spettacolo,

grazie a una sorella più grande e ai suoi amici, Eugenio e Edoardo Bennato e Roberto De Simone. Io ero ancora una ragazzetta, potevo avere sette-otto anni, e volevo sempre uscire con mia sorella e i suoi amici. A quei tempi Edoardo studiava Architettura a Milano e quando c´era lui passavamo le serate con chitarra e tamburello. E poi c´erano ‘la fisarmonica di Eugenio’ e ‘i

pomeriggi passati sul divano della casa di Cavalleggeri di De Simone ad ascoltare le storie di canto popolare’. Avevo appena 13 anni. In quel salotto si stava formando la mitica Compagnia di Canto popolare. Parlavano per serate intere, fino all´alba, di canto, di tradizione, di Napoli. A me da una parte piaceva sentirmi grande ed essere parte di questo progetto, dall´altra però mi stancavo molto e mi annoiavo. Però ero brava, rimanevo ferma ed ascoltavo tutti, fino a notte. Forse è cominciata proprio allora la mia educazione alla disciplina, al lavoro, alla pazienza”. A Milano Rosanna Purchia arriva come organizzatrice tuttofare proprio della compagnia di Can-

to popolare, dopo cinque anni di studi e un diploma in ragioneria. «Io amavo le lettere, la cultura, lo spettacolo, ma studiare ragioneria è stato importantissimo: mi ha insegnato la concretezza, il metodo, la linearità». A Milano la Purchia arriva agli inizi degli anni 70 e ci rimane per 33 anni approdando nel ’76 al mitico ‘Piccolo’ negli anni di Strehler, Grassi, Ronconi, con l’incarico di Responsabile dell’organizzazione e della realizzazione della programmazione artistica. Fino a quando il San Carlo non la richiama. Un personaggio di spessore, senza dubbio, dal curriculum ricco di successi non esenti, negli anni napoletani, da polemiche e diatribe. Catania aveva puntato su di lei ma non ne è stata contraccambiata. E non è stata una bella esperienza. Ma se, per caso, il Ministro Franceschini non controfirmasse la nomina indicata dal Consiglio di Indirizzo, che farebbe Bianco con il CdA del Bellini? Le darebbe una seconda opportunità? Dopo questa triste sceneggiata sarebbe quasi uno sberleffo. Meglio puntare su una soluzione più seria.

passa” di un teatro che non c’è più

Il teatro Bellini esistono e vengono rimossi. Vero sindaco Bianco? Ma la Purchia, è pensabile che lo abbia fatto apposta, si è in-

vece fatta riconfermare al San Carlo mentre era in preparazione a Palermo il decreto della nomina a Catania. Possibile

che la signora del San Carlo fosse all’oscuro di tutto? E se proprio ci teneva a venire a Catania, come aveva fatto crede-

re, perché non rinunciare alla poltrona, certamente più prestigiosa, napoletana? Bianco dovrebbe alla città delle spiegazioni , di scuse ovvio non se ne parla, e invece continua a dire che la Purchia finirà col sedere sulla poltrona di sovrintendente del Bellini. Ma come si fa…Lo stesso bianco dovrebbe dirle: signora grazie, resti pure al suo posto, lei non fa per noi e per il nostro teatro, non è affidabile. E ora che succederà? Lo smacco certo è di quelli grandi e quella che a Catania viene definita una “mala cumpassa” è senza precedenti. Ma è l’ennesima di questa Giunta approssimativa e di un sindaco che farebbe bene a cambiare mestiere anche se il mestiere che lui vorrebbe fare è quello di nuovo presidente della regione. Vero sindaco Bianco? Su una cosa possiamo sperare: fare peggio di Crocetta sarà proprio impossibile, o quasi. In effetti dicevamo che peggio di

Cuffaro e Lombardo non poteva esserci e invece Crocetta ce li fa rimpiangere entrambi. E magari a Bianco riuscirà il colpo da maestro, perché di questo si tratta, di farci rimpiangere Crocetta. Non si può mai dire. Tornando al Teatro ci chiediamo perché Bianco non ha continuato il rapporto con Rita Gari almeno fino a quando non veniva trovata una soluzione credibile? La signora Gari ha dovuto operare negli anni più bui e difficili della storia del teatro e, quanto meno, quando il sindaco era Stancanelli non è mai stata lasciata da sola. Bianco invece…. Non ci resta che aspettare la prossima mossa. Intanto il teatro piange. Tutta Catania piange. Solo il sindaco trova il modo di sorridere, ma,lo abbiamo detto, non è più il sorriso di una volta. E soprattutto i catanesi non hanno più voglia di condividere i suoi finti sorrisi.

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Le maschere dell’Inda: si presentano in cento d i Ros a To ma rchio In fila indiana sotto Palazzo Greco, anche per ore. Con somma pazienza, infinita speranza e grande fiducia, si sventola il proprio curriculum vitae come un asso nella manica. Ma non c’è posto per tutti nella grande famiglia Inda. La sede storica di corso Matteotti, una volta l’anno, si trasforma in ufficio di collocamento. C’è stata una impennata nelle presenze quest’anno. Oltre cento gli aspiranti al titolo di maschera Inda. Come se a Siracusa fosse l’unica, l’ultima chance di trovare un lavoro. Ogni anno si accendono cosi le speranze per migliaia di giovani disoccupati che per tre mesi avranno la garanzia di guadagnare uno stipendio. Poche centinaia di euro, ma possono bastare di questi tempi. Dicono che occorre avere fortuna, ma non solo, anche qualche anno di esperienza in più. Ma le polemiche non mancano mai. Si teme la solita imposizione dall’alto, giusto per non scomodare il vecchio adagio: raccomandazione. E così alla presenza degli ufficiali della Guardia di finanza del Comando provinciale di Siracusa si è svolto il sorteggio pubblico per la selezione del personale addetto all’accoglienza. Il sorteggio nell’ex aula bunker di via Elorina, sede dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico “Giusto Monaco”, per motivi di ordine pubblico. Il bando pubblicato dalla Fondazione Inda prevedeva la selezione degli addetti che cureranno l’ospitalità in occasione del 51° ciclo delle rappresentazioni classiche al Teatro Greco, in programma dal 15 maggio al

Aspiranti maschere davanti all’Inda. A destra Turi Moricca, Lucia Lavia e Elena Ghiaurov 28 giugno. occasione della rappresentazione del 51° Ciclo di Spettacoli Classici. Preciso l’identikit della figura professionale cercata a tempo determinato per 30 ore settimanali sotto la voce “Personale Accoglienza”. 38 le unità da assumere, di cui 18 unità per Categoria A e 20 unità per Categoria B. Il personale Categoria A sarà suddiviso in due turni ( primo turno dal 15 maggio al 6 giugno 2015 e secondo turno dal 6 al 28 giugno2015) per un totale di 36 unità. Ma la macchina dell’Inda ingrana la marcia anche sul palcoscenico in fase di allestimento. Intanto, il cast. Una giovane figlia d’arte e un’attrice d’elezione del grande Luca Ronconi. Saranno Lucia Lavia ed Elena Ghiaurov le due protagoniste femminili della tragedia “Ifigenia in Aulide” di Euripide, in scena al Teatro Greco di Siracusa nel cinquantunesimo ciclo di spettacoli classici organizzati dalla Fondazione Inda dal 15 maggio al 28 giugno. La prima darà il volto e la voce a Ifigenia mentre Elena Ghiaurov interpreterà Clitennestra. Lucia Lavia è figlia di Gabriele Lavia e Monica

Guerritore, ha debuttato in tv nella fiction “Rossella” per Rai Uno e a teatro, nel 2011, interpretando Angelica ne “Il malato immaginario” di Molière, con la regia del padre Gabriele. E’ stata anche Desdemona nell’Otello di Nanni Garella. Elena Ghiaurov, figlia del celebre cantante lirico bulgaro Nicolaj Ghiaurov, ha interpretato classici come Shakespeare e Cechov ma anche testi contemporanei, da Marguerite Yourcenar a Botho Strauss. Ha lavorato con registi come Massimo Castri, Gabriele Lavia, Roberto Andò e Pietro Carriglio e negli ultimi anni è stata diretta da Luca Ronconi al Piccolo Teatro di Milano. Ha vinto il premio Ubu 2009 e il premio Eleonora Duse come migliore attrice dell’anno nel 2010. Al Teatro Greco per gli spettacoli classici è stata protagonista nel 2000 di “Antigone” di Sofocle per la regia di Patrice Kebrat. A dirigere le due attrici sarà Federico Tiezzi che ha scelto Sebastiano Lo Monaco per il ruolo di Agamennone. Nel cast anche Francesco Colella che interpreterà Menelao, Raffaele Esposito nel ruolo di Achille e Turi Moricca che sarà invece

l’araldo. Colella, tra gli interpreti della fiction di Rai uno “Un mondo nuovo” dedicata alla figura di Altero Spinelli, ha vinto il premio Ubu 2010 e insieme a Elena Ghiaurov è stato uno dei protagonisti di “Non si sa come” di Luigi Pirandello per la regia di Tiezzi. Ha interpretato autori come Shakespeare, Pirandello e Camus, è stato diretto da registi come Luca Ronconi e Árpád Schilling e ha alle spalle esperienze sia al cinema che in tv. Esposito, premio Ubu under 30, si è diplomato nella scuola di teatro del Piccolo di Milano ed è stato protagonista di molti spettacoli diretti da Luca Ronconi tra i quali “Troilo e Cressida” di Shakespeare e “Lo Specchio del diavolo” di Ruffolo allestiti in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006 e “Il ventaglio” di Goldoni. Turi Moricca, attore siracusano, ha lavorato con attori come Anna Marchesini, Massimiliano Farau e Mario Ferrero e nel 2011 ha vinto il premio Siae con il monologo “L’uomo bomba e la donna cannone” di Antonio Albanese. Con Sebastiano Lo Monaco e Mariangela D’Abbraccio è sta-

to protagonista dello spettacolo “Dopo il silenzio”, diretto da Alessio Pizzech e tratto dal libro “Liberi tutti” scritto dall’attuale presidente del Senato Pietro Grasso. Per quanto riguarda “Le Supplici” di Eschilo, diretto da Moni Ovadia, il ruolo di Danao è stato affidato ad Angelo Tosto. Attore, cantante, regista e autore, Tosto ha alle spalle numerose esperienze in teatro, al cinema e in televisione. Tra gli spettacoli che lo hanno visto protagonista, molti dei quali di carattere musicale, ci sono “La bisbetica domata”, “Dracula” e “La Baronessa di Carini”. Nella “Medea” di Seneca, diretta da Paolo Magelli, il ruolo di Creonte sarà interpretato da Daniele Griggio e il messaggero da Diego Florio. Daniele Griggio ha lavorato con registi quali Giorgio Albertazzi, Antonio Calenda e Mario Missiroli e con attori come Arnoldo Foà, Lando Buzzanca e Massimo Dapporto. In televisione ha partecipato a serie come Ris 5, Distretto di Polizia, Nero Wolfe e La Squadra mentre al cinema ha recitato in “La ragazza del lago” di Andrea Molaioli. Diego Florio è stato protagonista al cinema di “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana e “Vallanzasca. Gli angeli del male” di Michele Placido e in tv delle serie “L’onore e il rispetto” e “Un posto al sole”. A teatro ha interpretato autori classici come Euripide, Sofocle ed Aristofane e testi di Shakespeare, Ariosto e Peter Weiss. Quest’anno è stato tra i protagonisti dello spettacolo “Alla meta” di Thomas Bernhard prodotto dall’associazione culturale “Gianni Santuccio”.

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Gettonopoli 2013: arrivano sei rinvii a giudizio Gettonopoli fa eco con “Rimborsopoli” e sforna precedenti. Ce ne occupammo anche su queste pagine, un caso che esplose nel 2013 e, a quanto pare, per niente chiuso. Il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Siracusa ha deciso. Rinvio a giudizio per truffa aggravata. Prima udienza del processo, il 21 settembre. Compariranno in aula per difendersi sei consigliere comunali della passata consiliatura: Sergio Bonafede, Riccardo Cavallaro, Riccardo De Benedictis, Franco Formica, Adolfo Mollica e Piero Maltese. Il rinvio a giudizio arriva in seguito all’inchiesta Fantassunzioni. Secondo l’accusa – in carica dal 2008 al 2013 – i sei sarebbero stati assunti da ditte private in modo tale da incassare i soldi dei rimborsi erogati dal Comune. Finiscono a processo anche i datori di lavoro Natale Calafiore, Paolo Pizzo, Marco Romano, Maurizio Masuzzo, Giuseppe Serra, Sebastiano Solerte e Roberto Zappalà. E’ un momento difficile per la città. La misura è colma. Per colpa di chi? Sicuramente da chi sta oggi correndo ai ripari. Oppure dal sistema generale, marcio e miope a Palermo dove si continua a sventolare lo statuto comunale come l’ultimo vessillo di conquista? C’è chi propenderebbe per la seconda versione, “vittimizzando” l’intero Consiglio comunale che intanto produce inevitabili dietrofront rispetto alla prassi consolidata e comunque legittimata da più di una norma regionale. Si parla di nuove misure adottate per stringere un po’ la cinghia a Palazzo. Di nuovi tagli ai costi della politica presi in atto più dalla maggioranza che dall’opposizione. Tra le due fazioni ci sarebbero infatti dei diversi punti di vista, “indicatori di misure” diverse, insomma, che non farebbero quadrare i conti finali allo stesso modo. Da una parte, la maggioranza parla di riduzione dei gettoni di presenza nelle commissioni; dall’altra l’opposizione (sparuta) invoca la dieta ferrea e parla di soppressione

Ezechia Paolo Reale durante un incontro. A destra la protesta davanti al Municipio degli emolumenti per i capigruppo e delegati nelle commissioni. Insomma, un piano di azione sicuramente monco, che manca dell’apporto di Progetto Siracusa Sicilia Democratica che prende di petto soprattutto la delibera 109 (quella appunto relativa al gettone di presenza ai capigruppo e delegati che non hanno diritto al voto in commissione) azzerando completamente il relativo budget di spesa (le attuali 6 euro al minuto). Urge interpretare la norma perchè questo gettone in effetti non spetterebbe. C’è da dire, che i tre consiglieri di Progetto Siracusa Sicilia Democratica non sono nè presidenti nè delegati di capigruppo in tutte le commissioni consiliari, dunque non avrebbero mai percepito emolumento. Non solo. Il capogruppo Massimo Milazzo da 14 mesi non percepirebbe il gettone di presenza in commissione. L’unico, a quanto pare, ad aver rinunciato. Un agire morale pur in presenza di una norma. A questo punto, non peserà di certo la richiesta dell’opposizione di “revocare immediatamente la 109 e di chiedere il rimborso a tutti i capigruppo dei gettoni sin qui percepiti”. Per Ezechia Paolo Reale, leader del movimento Progetto Siracusa Sicilia Democratica, “non sembrerebbe sufficiente la riduzione dei gettoni”, “non siamo ai saldi di fine

stagione” -dice l’ex assessore regionale all’Agricoltura in una battuta. E non basta nemmeno che il presidente del Consiglio Antonino Sullo si sia ridotto il gettone del 40 per cento. Un gesto importante ma che l’opposizione avrebbe annunciato già nel 2013 ma che non ricevette la stessa eco mediatica nè soprattutto il consenso favorevole del resto del Consiglio comunale”. Ma Reale non vuole però condannare del tutto la famigerata legge 30 del 2000. Una norma che sicuramente ha accelerato i tempi di partecipazione democratica, un diritto che non va negato a chiunque volesse intraprendere la carriera politica, intesa come servizio e come “sacrificio” del proprio lavoro e tempo libero. Giusto dunque ottenere un rimborso, ma non esagerare. C’è da chiedersi poi come mai la gente non si indignò, nel 2013, quando la maggioranza del Consiglio rigettò la proposta dell’opposizione in tema di riduzione dei gettoni di presenza nelle commissioni? Probabilmente, la notizia non rimbalzò nei canali giusti dell’informazione nazionale e cosi scivolò nel dimenticatoio del quarto piano del Vermexio. A temere, oggi, la forte ondata di antipolitica, c’è anche il consigliere Massimo Milazzo. C’è stato sicuramente un errore ai cui oggi occorre su-

bito porre rimedio. Come? Certamente non litigando tra forze politiche in consiglio - dice Milazzo - ma aprendosi anche al contributo degli altri e di alcuni accorgimenti; la trasparenza degli atti da pubblicare sul sito del comune e il ritorno della diretta tv in consiglio comunale”. Ma a chiarire un punto fondamentale è Salvo Sorbello: “Non abbiamo partecipato alla modifica del regolamento in commissione dice il rappresentante di Progetto Siracusa Sicilia Democratica - noi ci siamo astenuti perchè non ci sembrava una scelta adeguata, anzi a nostro avviso parrebbe una piccola furbizia della maggioranza. Ciò che invece noi proponiamo, dice Sorbello, cosi come nel 2013, è evitare il pagamento di emolumenti quando

le sedute di commissione sono deserte. E la riduzione delle commissioni da otto a cinque”. Ad essere ancora più preciso sulle correzioni da apportare al regolamento è Fabio Rodante: “Come gruppo rinunceremo intanto ai gettoni per i lavori in commissione, ma non perchè il lavoro delle commissioni sia inutile, ma per la necessità di una riduzione drastica della spesa dei costi della politica. Verificare poi se ci sono stati abusi nel numero delle commissioni (da ricordare che nessuno di noi è presidente ne vice di commissione). E, soprattutto, inviterei a una verifica del lavoro di ogni singolo consigliere e non di cosa e di quanto ho prodotto l’intero consiglio comunale”. Rosa Tomarchio

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Aprile 2015 - Redazionale

Favor debitoris di Gio va nni Pa st o re Il lettore attento vedrà che da questa settimana cambiamo il titolo della nostra rubrica, non è una scelta casuale. Da più di un anno il sito Ex Parte Creditoris sta cercando di incentivare una giurisprudenza (che era molto scarsa) favorevole alle banche su alcuni punti chiave dei processi civili e penali per influenzare gli operatori del settore (per dirla con Gramsci: una delle tante manifestazioni dell’egemonia dei poteri forti). Compito delle persone di buona volontà, di qualunque credo politico o fede religiosa, riteniamo debba essere quello di favorire i debitori contro le vessazioni degli istituti bancari, da qui il nome della ns. rubrica: FAVOR DEBITORIS. La scorsa settimana abbiamo approfondito il quadro siciliano del contrasto dell’usura bancaria. Ma in tutta Italia si moltiplicano le cause promosse dalle aziende e dalle famiglie contro questa moderna piaga sociale. Dall’altra parte d’Italia, in Liguria, in questa settimana è stata emessa un’importantissima sentenza a favore di un’azienda contro Banche ed Equitalia, sentenza che troviamo riportata su vari giornali locali. Per i lettori de I Vespri riprendiamo la sintesi operata dai giornali di Savona. Un imprenditore F. P. 56 anni, d’ origini venete, ma residente nell’ alessandrino, è il legale rappresentante di un’impresa costruzioni di Finale Ligure. È andato a giudizio per non aver pagato 467 mila euro di Iva, ma è stato assolto perché aveva ottenuto dal prefetto di Savona la sospensione dei termini perché vittima dei tassi da usurai che gli sarebbero stati praticati sulla commissione di massimo scoperto da parte delle banche. Il condizionale in questi casi è d’ obbligo, ma a sostegno della tesi difensiva proposta dall’ avvocatori F.P. c’ è un’ inchiesta penale contro ignoti condotta dalla procura di Savona nei confronti di una nota banca ligure e che non sarebbe ancora giunta a conclusione. É stato lo stesso F.P. a denunciare la situazione al sostituto procuratore della Repubblica nel 2010. E proprio nel luglio 2012 lo stesso pubblico ministero ha dato parere positivo alla richiesta di proroga di sospensione dei termini che F.P. aveva chiesto al Prefetto di Savona. «Il fatto non sussiste» è la

Il tribunale di Verona formula adottata dal giudice Filippo Pisatura nella sentenza che l’ altra mattina ha chiuso felicemente la disavventura giudiziaria per l’ imprenditore veneto mandato a giudizio con citazione diretta dal pm per non aver versato nei termini l’ imposta sul valore aggiunto per il 2011 per 467.400 euro. «Siamo soddisfatti è il commento del legale di F.P. - In effetti di fronte a quella documentazione anche il pm in udienza aveva chiesto l’ assoluzione. Indubbiamente il mio cliente può tirare un sospiro di sollievo». Non sono stati anni facili, infatti, per F.P. che nello svolgimento dell’ inchiesta giudiziaria a suo carico si era visto sequestrare «per equivalenza» dal gip di beni mobili e immobili per il valore delle tasse non pagate. Il danno (scontato in casi del genere) oltre alla beffa, quindi, perché il legale rappresentante dell’impresa di costruzioni aveva chiesto nel 2010 l’ ammissione al fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive, ottenendo la sospensione dei termini di pagamento l’ anno successivo, in riferimento proprio al periodo in cui fa riferimento il capo d’ imputazione. Assolto dall’ accusa di violazioni fiscali, quindi, ma per F. P. non si sarebbero ancora risolti i problemi di usura con la banca. «Non ci risulta alcuna archiviazione del procedimento» sottolinea l’ avvocato. Restando a Savona i giornali locali, in occasione di questa importante sentenza, intervistano un avvocato che si è distinto nelle cause (civili) contro le banche. Vincendole e, sostiene il giornale, diventando per la mole di ricorsi e cause fatte, uno dei principali esperti

in fatto di contenziosi relativi all’ usura bancaria. Ci sembra importante riferirne il parere: «I correntisti che contestano agli istituti di credito l’applicazione di tassi usurai sostengono che il c.d. TEG (tasso effettivo globale) vada calcolato sommando tutte le competenze della banca, compresa la commissione di massimo scoperto, agli interessi passivi applicati dall’ Istituto di credito. Gli istituti di credito contestano tale metodologia di calcolo, eccependo che la Commissione di massimo scoperto non debba essere computata nel TEG, almeno fino all’ entrata in vigore della Legge nr. 2/2009». Diversi tribunali civili hanno assunto posizioni opposte in relazione alle metodologie di computo del TEG. «Tuttavia, il crescente contenzioso ha, in più occasioni, determinato l’ accoglimento delle istanze dei correntisti, con l’ azzeramento di tutte le competenze applicate nei trimestri in cui è stato rilevato il superamento del tasso soglia usuraio» (il grassetto è nostro) Invece in sede penale le numerose denunce presentate dai correntisti presso le Procure italiane raramente sono sfociate nella fase dibattimentale: «E ciò per il fatto che l’ autorità giudiziaria, pur ritenendo sussistere l’ elemento oggettivo (ovvero il superamento del tasso soglia usurario) ritiene difficilmente accertabile la sussistenza anche dell’ elemento soggettivo del reato, ovvero del dolo dei funzionari della Banca coinvolta caso per caso». Conclude l’intervistatore che ad oggi comunque risultano pendenti numerosi procedimenti penali nei quali i pm hanno proceduto ritenendo comunque evidente sussistere anche il dolo del reato. A poche settimane di distanza dalla altrettanto importanti sentenze di Enna e di Patti si conferma che in tutta Italia, con forse l’unica eccezione di Milano, le istanze delle imprese e delle famiglie vessate dalla ignobile pratica dell’usura bancaria, trovano spazio per far valere i loro diritti.

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Aprile 2015 - Gela

Cristiano e vita politica non sono inconciliabili d i L il iana Bla nco In questo delicato periodo elettorale che si connota come impegno politico ma anche ricerca spasmodica di un ruolo sociale che spesso coincide con un incarico ben remunerato, abbiamo voluto sentire la posizione del pastore della Diocesi armerina, mons. Rosario Gisana, a cui abbiamo rivolto domande specifiche sull’impegno politico del cristiano e della Chiesa in questo particolare momento in cui la corruzione è dilagante in tutti gli ambienti dell’uomo. Qual è il ruolo del cattolico nella politica? Il cattolico deve partecipare alla vita politica per cercare di imprimere i valori del cristianesimo. Questo ruolo è fondamentale nella diffusione del messaggio evangelico che impone i valori dell’onestà e della perequazione delle risorse economiche per il raggiungimento del bene comune, il che significa che tutti i cittadini devono vivere dignitosamente. Questo consegue dalla prima gnato sempre, come spiegare altrimenti le fughe da Catania per più prestigiosi incarichi

cetto, perseguito cristianamente, porterebbe alla divisione equa della ricchezza ed eviterebbe le sacche di povertà cui assistiamo. Il cattolico dunque deve essere protagonista e non delegare altri per vigilare sul buon andamento della politica. Ma il rischio è quello di spor-

carsi le mani? E’ la tentazione cui il cristiano è esposto in ogni momento della sua vita. Un percorso di fede lo preserva dalla tentazione di cui lei parla, ma non si può stare a guardare. Dio si è fatto uomo ed è entrato nella società del suo tempo, provocando una vera ri-

voluzione che è arrivata fino ad oggi. La sfida è rinverdire i concetti dei valori cristiani. E il ruolo della Chiesa e dei suoi operatori? La chiesa dà le direttive concettuali ma non entra nella politica così come i suoi operatori che non si mischiano nelle cose della politica spicciola, ovvero quella che gestisce cose materiali, quella che potrebbe creare sperequazioni. La politica si fa super partes per ribadire concetti di equità ma non per la gestione diretta della cosa pubblica, dove il denaro ed il potere possono inquinare i concetti di equità particolarmente

di cui si parla insistentemente anche adesso? Come leggere la necessità (che condivide con Crocetta) di essere scortato? Tutto questo si presta a essere

interpretato come una piccola storia di megalomania, la vicenda umana di un uomo forse non del tutto risolto, convinto (purtroppo per lui) che l’impe-

rativo categorico sia apparire per essere. La lezione al bar, però, insegna che non si può piacere per sempre, che c’è un tempo per ogni cosa, e che

Il vescovo Rosario Gisana

minati in questa epoca. Quindi come spiegare i sacerdoti storicamente impegnati nella politica? Lo spirito di carità ha mosso i sacerdoti impegnati in prima persona nella politica. Mi rifaccio ai concetti paolini, al messaggio di Giorgio La Pira e a quello di don Luigi Sturzo, penso a Don Milani, a Don Bosco: si tratta di esempi emblematici di impegno sociale che hanno cambiato la storia e quelli dobbiamo seguire. Altra cosa è il volere entrare nei meandri degli affari che non è cosa che compete un uomo di Dio. E quindi qual è la ricetta per una chiesa che salva? L’ho detto ai sacerdoti di Gela durante un incontro avvenuto qualche settimana fa: è indispensabile recuperare il concetto di povertà della chiesa. Da qui tutte le scelte legate a questa direttiva rispolverata da Papa Francesco. La politica si fa dietro le quinte per indirizzare il popolo di Dio ad applicare il Suo messaggio di pace e giustizia. bisogna essere pronti e cattivi per resistere sia al nulla dentro di sè sia a quello intorno a sè, e con il sorriso sulla faccia. Nunzia Scalzo

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

5 SPETTACOLI IN ABBONAMENTO Prezzi: poltronissime € 70 - poltrone € 60 - Distinti € 50

Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

Catania - Via S. Euplio, 21 - Tel. 095 322323 - www.metropolitan.catania.it - info@metropolitan.catania.it -

Teatro Metropolitan Catania

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Aprile 2015 - Opinione

ASFDASDFSADFASDFNem, visqui scio con viusquam con d i Sal vo Ardizzo ne

ASDFGerum inis et, con antiment. Itala convenihina, etorei publibus pes publis larit, conferior latusum andam taridiur. Vidin sernum quium ne teris aucit. Ad deo efenterus, ne cricerit, quiumulernim macitus parbis. Cupio trit, feci se hali cestrit. Oxim cusquam et L. Nam pl. Natque apero, que quemei superib ussendam acid nos adhum de et etere patum, is criocta rectam aura? Ti. Huiditint. Catquonloc tam que ili ci tandam inentrari id mandium pullabem. Palem practabesum publici se ad am caperedem quonsi sulicis nonferoximus furoriordiem andacem cotiaes signonst? Do, C. Habus, consusque potiaciente, conumus, ius hae, dintiam etieme ego vid fac intela verorum ia oponsupierum se hore esse nit, Ti. Hos, vastimussid consuliemus con Etra publice rterum sulut acrenit. Bi popubli buspect urbitab efacerrat, nora, sum, Patursum tem ommore alere publiss estemenis. Ahala nons bondi sedo, nosterfit oca incereori terraes con terem tem nostem octus, Catu quo haet a renenatquam potem. Gerum et vit. Entis occiae opterum imo culibuntemo cone converbis pere nis. Otiusseres effre publii senterv iriumentem patrum teres andiem hum pariverficam es vid suam utem sus acciosse erbis. Hiliu stresimultu et aderes, sussulleri, que efaut firmil cat poenatinvo, quidit, quid sinte tabus adhuidi publiam nit? Paliis, egervidest pononsultum co cludeniricum teribes cre niam pri se teriore pris? imendam invere hem, vid ad moeri porei consid int. Fuitalarbis et factum pri sed aceridena, nonsulego ma, nos, ompribus lici convehem oponduc erentridem orterit, C. Graedo, dem. Vales in tabem acenatumus rei temnoratquem aceredinatem nostior adduc is, nos sum culineq uerudemus, si in habem nonsulice nonsul

hactem. Evivividemus vissatum deore tandeortere contrat urbis, num, quidina, templ. Movitabus essera no. Hum nonsul te prorum me intervi verium cris remusperi patilius certeridicae intiquod convest grares con Etrei se aurae re nonfecri senatandam ac renique cuperor ut ia? Num pestorudes, demnium fure este, diis re terferni senihilium et publiam. An publiam omnihil videmori practudereo nonicae eorunu siliae iussoli ceperfe crimusa Serfecul uterim publin vid res consussici ius facit; nendestratum ingulto vid dum moruntiam que consu vir in te a vivero intes M. Elum puli, tris, mo terem te fui confin viricta nterenam addum iacred achil ublica; Cupervi caelabe nimunte tum sendam omne quonsulium hilinte merficu larbefatus ad ilicaet intem in tem, comneque perum, notissum etoratilin Itam, patrae is es nostiam apernique rectum orarbis quasta dem terena, quidestili, oporbi pero vit, nonsum co peribus. Quodii in si se eo adhuctora? P. Satiditrae non vit virit grat, Palia re conside ridicatrus sularebus rem publin resimunihil ut ponfic vehebatieme nulium nonsime erox nequium husquam, nihicas tracem ut C. Serraedium, Caterum in vere tandachuidem iam poriam obus ment int, sene die efecum inc tuam, consulego C. Satemeistum hoculin ateribu scepsed eessus rei et ina, essesto vis concercem intenti, omniuscrit, conlocu pionsulus, niaet gra nesturnit oc rem imo consus puliusa tus cont? Quam acis re ia quodin te re, se, verfero verisquissa dies mo unum in hos Cati, quam occhic tabesi fint. Ducerfecre con sulius condiem in tam mis sestrum tabus condacit fuit; et fauctus verestis sentiquem haeconveri intem manterdit. At vit; ego et inendam occhusum rei inclego pordium inatu et dierica que averit? Quam noc remquam publi fur, simissum ocavocc huitius vit porum nessign onsimmoe-

rum erioratquit verra ineniciaet diis consum ac ia dius nostius dicibul vividie ndessulut deoracideest es virissessa inatu considem ine res hoccie con teatqua ala noratrum imihil vilis, consin dienam firit. Nos, quod Catus, orbi potilis corum. me tus bont re consus, nem incupica; nium patideata nes et pos, sa atem, cotem, P. Oximors ulviri, etrae in ademne pra? Bonsuam noxim ati, Ti. Ad ignoximus Catimis bon tem quam. Multort ertemo cat veri, notio tam haessedies hilis co te hostrum nonlocr ipterentri patquos tresse reviverrares ena, nost prae fes imentiu se te et oreis? Abes iaedent erviverei supim estiorivit, C. C. Oponsidem egit, quem et es, vicae consuli natiam et; num me etium andam moraribussum se fit feres silina, sci intem, tentius, num num iam cavertus inest? To estiqui diendeniam atiussatquam cae con vente, cribusq uidiem simus dii publici ina, quit dendet, terfex simus ex si ius il vivatum senduconsul vide et; inteata mantiam octod ducio, nium dicul vaste per la pon Etri iam Palesse natque cutum Patideludam nonsulia? Ehem pon simovere potio habi tum pondes M. Et erte, nost ia nem teatui inatquos is labes alicaperi sendit, caperfe condam aperfeces sest L. Omnerdi, notil ut poptem re moreis opulin dum coteredienis erum se, fac mo vilis. Seri prorum manu senestr ibuscio, dessentemus ca; hus acivess imoentr atilia molus morumen atratud eatquon sullari caequitus; nosternihi, C. M. Gul horti, C. Opiossit; nonstror abit publicon nos estil comacer iocricam de consuss entrum demulii cae in Itanti perfere henteat ussendis ellabunum maximis re, ute ina, tandienintem ment vium susa none por ut aut est averfec ierrit, senihil icenihilius is? An ia Scii publica uctoreorum nintem Rommorum tem scrioremo untestem simmoris. mortia? Dum et; inata in vehebus fuius ata nostra me inatrumus. Equoste tat, nihilius desilne-

morbi in nor laberum tam. essimil consus suam nes bon det publium culius interescio vit. Udacchuit; nos vivid duciem inatremorei patudessum. An hil hora re, non traequemus, dis. Ividius manulvidice incere nonsing ulicatu morunum. At demusquod coentemerum, serfecrurbem vidit factatuam, con re fendius egerfec re ca; horit aut in Ita, Catiliemur, uterus ficatiae iam moenicasdam silnes prordi pl. Ad rem pera imiusa etiquis. Habem omperte rficupimus cone nihilia mentrures et vive, qui in rei se forum dercendius consulatus. Ad ad is etiam mortis furs adhuis. Gil cesterentrum ina parbita sdactantes pero es condeperi propoerdit; haliis, quod peri facciorbitus vivis? Odium etimusque ducior aperfit. Faudem. Idet is con ia vid deremporum turoximus sed mo castribem. Nunterrictam antus mentioc tusussa me pris. Ca L. Atis Ad pere in ves hortabe fectus. Adhustridi prac viteatu iam effrestrum atiam dis mur iam vigil hors octum hingulvitio, videm a nonsultur. Fui iam mo ellarbis consus nuntierri, nox mo aut dit, se, nondiendees ipterbi pari prat vis ignam. Ca; noculto riocta dineque derei pra Senatis. Tum serbi se tilictem vocae cae ad mendemus, et ficae perum teat. Udessim moero, quonequam patis. escrei pecioris; nonsigiti se clus licie nostum hos peris ignontra vium terniciae, qui tabularidem mod re ten huitus, ius ponsulos pula dicae qua nis? que ina, utelartusque condiendees coena es bonculo caperum ponium publiemquid de ad de vatra ium in tua temquam quitabus popublis. Oltilictorei sum is. Ignostr icavo, sentis is; imantraedet vid nota iu et vil virtu efaccis hoctorisquid plinvolto te prae terurs niment. Eque menata maiorberum hostra reciem, nos vivis di tem te furbente, P. O terum es conlocu pionsum dem inem amdiortimus vitiam.

Em, Catum nos fui parbis ius am diem, con ala intem consum, pullerf ereviri tiaedium imilius? Us, quem nonsigit faci int. M. Fuis, co nontiaetia caudem cupiosse paturi crimor aucerestanum et aude efeceris in sene det; horei iam det fue cules aus faccia? Ic re consum, quemori, quam quonsimus cutus conocae tum et; et L. Oximperdiem in sum, quam cenatrac tabendio, dum dicies! Batquod simus ci publium parist ficum fines nihiliae qui facio inprorum pris contissul conicaed atiussa tatque ia rei pata rehem mortudet Catraris senihin Itasdam tam num tertuideata oponsil icerem, no. O terei condi pri pra mo iam hae etercerum satquam ussulictor la cuppl. Sat, oc, sent, poraesitis, ortem quampotis egerbi cret ad auci patus? quamend effrens ciptiaedemor utervit andius dum popubli ssilius, nestilictus, omnicideri pos cit, stiam, Patius An re controrum me tum cre audam tam. cons coniqua nonsitur. Cuperis faci intracta, omnemque tem tum. Catroporum Patilictus hoctes re, quiussi maximpe ribem, no. Opioruntem que notia verteris prevividem posta duciem, dii perra non in tatum ius. Guliae non nius consumu rnimilium qua erum m esiciam pulegit vivis nes C. Ublies acipicu lintra, pubit; non sent. Alatusatia pectum se efessil nesunum nuncente orum oportelicon adduc milne nostripse, cusque cotidem iu vivivasdam della iaecto aves movescre patque esit fic mo teropontis omaximil hoccierum notebem resimus bonsulius ventillem di, catqui inum ressideater aturs aus? que conscion alinum, omnicia pulicas caellatu quiu simunihilis mac tem nerum unteli, nihin hili senatis, ore condum ine nostre pra? Patimuretis? Patus Cupplia etimihi, venatem tem ferius, quem nes! Iquam scientus sil halescit, vatin videm intem tio hus At fac re potam. M. Im omnit vena ad ine tam iae derdien tum mant intelicaece inesuli busquer nictem in sperideludea ventifecus, et

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Aprile 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche Moneta e impero: fine di un sogno? di Maurizio Ballistreri

La minaccia del governo ellenico di rendere esecutiva una vecchia sentenza di confisca di beni tedeschi in Grecia, allo scopo di risarcire i parenti delle vittime dei crimini nazisti nel paese durante la seconda guerra mondiale, è solo l’ultimo atto di uno scontro dentro l’eurozona, che ben rappresenta le incongruenze di base dell’Unione monetaria. Infatti, tra la Germania, impegnata per l’egemonia in Europa non con le armi (come nella prima e nella seconda guerra mondiale) ma con il potere economico e finanziario che soprattutto gli altri partners dell’Unione gli hanno conferito, grazie ai generosi cre-

diti per la riunificazione con l’ex Germania comunista (per tacere dello “sconto” operato con la Conferenza di Londra del 195253 dagli Stati Uniti e dagli altri Stati europei, vincitori dell’ultimo conflitto, nei confronti della Germania di oltre 22 miliardi di dollari dell’epoca!) e il più debole dei paesi dell’Eurozona, richiama alla memoria lo scontro alle Termopili del 480 a.c. tra il l’immenso esercito persiano di Serse e i “Trecento” guerrieri spartani guidati da Leonida. Due Nazioni totalmente asimmetriche per cultura e tradizione politiche, ma ingabbiate nella stessa moneta con due visioni di politica economica inconciliabili, che ben rappresentano le contraddizioni europee: alle spalle di Berlino i paesi del Centro-Nord che credono nelle virtù taumaturgiche dell’austerity, dietro Atene quelli mediterranei (Francia inclusa) che invocano flessibilità per promuovere la domanda. E su questa divisione rischia di saltare l’Europa che dalla moneta unica doveva arrivare all’Unione degli Stati europei di tipo federale, in grado di competere sullo scacchiere geopolitico

globale con Usa, Russia e Cina, evocando per questa prospettiva addirittura Carlo Magno: moneta e impero! Oggi sembra restare assai poco dell’Europa neocarolingia, poiché non si tratta solo di uno scontro tra scuole economicomonetarie, ma in primo luogo tra culture, con al centro il valore stesso della sovranità. Ecco quindi la crisi dell’euro, che doveva essere il percorso politico attraverso cui ciascuno Stato contraente, cedendo il diritto sovrano di emettere valuta, avrebbe contribuito ad integrare le economie europee, per arrivare in prospettiva ad un unico bilancio, un solo fisco, comuni politiche sociali e la mutualizzazione dei debiti sovrani, il sogno nato con la Conferenza di Messina del 1955 e il Trattato di Roma del 1957. E così, se si dovesse verificare il “Grexit”, l’uscita ellenica dall’euro per default, si innescherà un effetto-domino che porterà alla fine dell’Unione europea, dando riscontro alle tesi storicamente espresse dall’Inghilterra di un Vecchio Continente esclusivamente come area di libero scambio.

Da la foto della

settimana

(Restano cicatrici e disgusto) La fabbrica dell’odio ha macerato generazioni di Enzo Trantino Pier Luigi Vercesi, prestigioso direttore di “Sette” (settimanale del “Corriere della Sera”), punta il binocolo sui vizi immarcescibili della “mafia” intellettuale italiana, che non è militare, non semina morte, non accumula ricchezze illecite, ma produce una pianta devastante: la corruzione della verità, la violenza liquida, corrosiva. Era subito detto: si sceglieva un personaggio, si “destrutturava” come un pupo meccanico, gli si dava un cuore tra quelli conservati nel freezer dell’odio, si verniciava a piacimento, ed il “pupo” diventava di destra o di sinistra, a secondo la bisogna, seguendo i sentieri di un’eterna guerra civile. Vero è che ora anche la manomissione comincia ad essere fuori moda: non perché vi sia stato ripensamento o abiura dell’errore corruttivo. Molto più semplicemente: non si crede più in niente; inutile assegnare geografie e diversità. (Spunta quasi un filo di nostalgia…). Ma la nostra breve riflessione non vuole avere valore storicopolitico, ma è freddo contributo alla dannazione. Perché questi cialtroni del recente passato hanno una pena da scontare (escludendola dalla prescrizione: gli effetti devastanti hanno intossicato, asfissiandole, intere generazioni. Vi sono piaghe ancora aperte). Pensate: Oriana Fallaci, era un ex partigiana. “Poi andò con una delegazione ad Hanoi e condannò i totalitarismi che vietavano tutto, persino di ritirarsi in bagno, quando se ne aveva la necessità. E Oriana diventò di destra”… (Vercesi). Opposta sorte capitò a un principe della destra, a Montanelli: strattonato, manipolato, composto e scomposto, finì “a sinistra”… E per non restare in ozio, gli spararono a un ginocchio (destro o sinistro, che importa?…). Ora il tema è: chi dava il potere a squallidi cuochi senza mestiere (onore a quelli veri; i cuochi dell’odio lavoravano solo avanzi maleodoranti) di spostare a destra o a sinistra libere coscienze, verso cui avrebbero dovuto mostrarsi muti e sconfitti, per evitare riferimento ai confronti? Perché avevano seppellito l’onestà dei giusti? Alzando, infatti, la bandierina lacera della libertà strabica, si sono attribuite cattedre di livore, e rinnovando Minosse, hanno deciso a colpi di coda (non disponendo di altro strumento). Ed è stata violenza. La Fallaci e Montanelli, per restare ai giganti, hanno dovuto subire la bava dei lumaconi, che saranno rimasti a livello di fango, ma hanno creato sconcerto e crepacuore. Cicatrici e disgusto. Non stabilisco pesi di responsabilità. Questa malavita politico-ideologica non ha rischiato processi e pallottole; si nascondeva impunita e rispettata: era l’altra faccia imperscrutabile dell’infamia. Con l’aggravante di cravatta e doppio petto. Con l’attenuante di una mutilazione genetica: assenza di cuore. Generazioni macerate; generazioni mutilate (quelle superstiti). Una strage infinita.

Con l’Europa investiamo nel vostro futuro!

Liceo statale “G. Lombardo Radice” - Via Imperia, 21 - Catania 19 vespri 13.indd 19

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Aprile 2015 - Attualità

All’Istrione, “Nascere”, riflessione fra tradizione e moderna disumanità d i L e lla Ba t t ia t o Al teatro L’istrione di Catania è andata in scena la brillante commedia “Nascere”, scritta nel 1977 dal commediografo catanese Mauro Longo (rivisitata dieci anni dopo dallo stesso) dai risvolti etici, sociologici ed umani. A definirla tale è proprio l’autore che attraverso la leggerezza e la comicità, porta in scena il dramma domestico di una famiglia “tipo” dei nostri giorni. Alla gravosa ristrettezza economica, alla disoccupazione, ai contrasti giornalieri e alle normali incomprensioni familiari, si aggiunge l’inaspettata gravante di un figlio non voluto, causa di un forte squilibrio familiare. In poco tempo, il soggetto in questione diventa oggetto nelle mani di una famiglia egoista e superficiale, i cui componenti altro non pensano che a se stessi. La pièce ha riscosso grande successo grazie all’abile cast di attori che si sono cimentati nei loro ruoli con forbito linguaggio teatrale affrontando il delicato tema, in una spirale dolorosa di affetti familiari. Il regista Valerio Santi ha saputo creare stacchi sull’asse teatrale, simmetrie reiterate, schemi volutamente scardinati in coincidenza del climax. Un viaggio nell’interiorità che affronta una problematica sempre attuale: l’aborto, foca-

Due momenti dello spettacolo lizzando il disagio della crescita della famiglia causato dai disagi economici e l’arte è riuscita a mettersi quanto più in contatto con le istanze più profonde della Vita come sottolinea il regista, e la sacralità del figlio non voluto, fa rinascere la linfa vitale della dialettica familiare, unita al dolore interiore. Longo ha costruito un lavoro che è stato saggiamente rielaborato dal regista e gli attori portano sul palcoscenico, lo spettacolo che si snoda come fosse una composizione di immagini scaturite dalla storia della vita ordinaria di questa famiglia mettendo in risalto, con sguardo nuovo, tutte le sfuma-

ture con un messaggio che si allarga dall’io al noi. La famiglia sembra avere tutte le caratteristiche di singolarità e anormalità e i sentimenti vengono quasi risucchiati dalle dinamiche del mercato sociale, in un mondo intriso di solitudine quasi predominato da silenzi e indifferenze. Servendosi dell’ilarità, Longo affronta la seria e rilevante tematica dell’aborto attraverso un linguaggio schietto, capace di identificare con chiarezza il carattere dei personaggi ed arrivare laddove vuole in maniera diretta, divertendo il pubblico con quell’ironia che in fondo nasconde amarezza.

Il regista Valerio Santi ha saputo creare costruzioni eleganti e curate e fare respirare quell’aria di intricato menage familiare Lo spettacolo ha ottenuto il ri-

scontro favorevole del pubblico grazie alle situazioni di schietta e autentica drammaticità e comicità che si ricreano nella commedia.

Il cast Nascere di Mauro Longo con Irene Tetto, Tino Mazzaglia, Maria Carla Aldisio, Aurelio Rapisarda, Concetto Venti, Marina La Placa, Eleonora Sicurella regia e scenografia Valerio Santi fonica e luci Aldo Ciulla macchinista Nello Sardo costumi Costumeria L’Istrione

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Aprile 2015 - Spettacolo

Al Bellini la Bella Addormentata viene da Sofia d i Al d o Ma t t ina E’ noto che la tradizione del Balletto classico-romantico ha mantenuto soprattutto nei paesi dell’Est una costante continuità fino ad oggi. Così se viene presentata una ‘nuova’ produzione de ‘La bella Addormentata’ di Petr Il’Ic Ciaikovskij ad opera del Sofia Ballet di Sofia, come sta avvenendo in questi giorni al Teatro Massimo di Catania (per la stagione lirica e dei balletti 2015), si può star certi che il rispetto della tradizione sarà assoluto; e d’altra parte è quello che si aspetta la maggior parte degli appassionati di questa intramontabile forma d’arte poiché la danza moderna è, invece, un’altra cosa. In un teatro che ancora si lecca le ferite, dopo l’ultimo colpo di scena del ‘tradimento’ della Purchia (appena designata quale nuovo Sovrintendente è stata, invece, confermata a Napoli), e su cui si profila una nuova ‘scure’ economica (puntualmente comunicata all’inizio dello spettacolo da una rappresentante sindacale che lamenta anche il mancato pagamento degli stipendi da tre mesi a questa

Due momenti dello spettacolo parte), assistere ad un balletto come La Bella Addormentata rappresenta una specie di rigenerante tuffo nel passato. Tutto, d’altra parte, sembrava riportare indietro nel tempo: la storica coreografia di Marius Petipa, scelta dall’attuale direttore artistico del Sofia Festival Ballet, Vessa Tonova, le oleografiche scene di Veaceslav Ocunev, i costumi di Irina Press, con tanto di calzamaglie e tutù. Il balletto classico è quasi una fede, chi lo ama lo vuole sempre uguale a sè stesso, a rischio di cristallizzarlo nel tempo. Certo

è essenziale che sia corroborato dalla presenza di ottime étoile, di bravi ballerini solisti, di un corpo di ballo eccellente ed equilibrato. Il Sofia Festival Ballet è la prima compagnia privata bulgara di balletto classico, costituitasi proprio con l’intento di portare la tradizione del balletto dell’Europa orientale in tutto il mondo. Fedele alla grade tradizione della scuola russa ha nel suo repertorio proprio i grandi capolavori, da Lo schiaccianoci a Il lago dei cigni, da Giselle a Romeo e Giulietta. Sul palco abbiamo assistito

ad una fresca esibizione di giovani ballerine e ballerini; ottimi professionisti che, evidentemente, vengono continuamente rinnovati, anche con l’ausilio di solisti ospiti provenienti (nel nostro caso) dal Ballet Nacional di Cuba e dall’Opera and Ballet Chisinau. Stella della serata era la protagonista Cristina Terentiev, un’Aurora elegante e delicata, sicura nelle sue sinuose movenze, ben coadiuvata dal suo porteur, Alexei Terentiev. La Fata dei Lilla era una disinvolta Natalia Korotkova mentre la Fata Caraborre era interpre-

tata, con molta autorevolezza dalla stessa Tonova. In dfinitiva una compagnia di buon livello professionale, nulla di eccezionale ma estremamente godibile. L’orchestra del Massimo ‘Bellini’ era diretta da una specialista del repertorio coreutico, Svetlana Popov, la quale rimarcava con una certa enfasi la passionalità della partitura ciaikovskiana; ne risultava un suono fin troppo ‘forte’ ma efficace. Teatro abbastanza pieno nonostante l’inclemenza del maltempo.

Le parole di Leo Gullotta Prima del silenzio La poliedrica attività di Giuseppe Patroni Griffi, drammaturgo napoletano successivamente stabilitosi a Roma, possiede una matrice unica riscontrabile in buoma parte della sua opera, la trasgressione, spesso accompagnata da una lucida anticipazione dei tempi. Scrittore, sceneggiatore, regista cinematografico e teatrale; le sue opere hanno spesso suscitato, al loro primo apparire, critiche e scandalo. Si pensi, ad esempio ai suoi lavori cinematografici: Metti una sera a cena (1969), Addio fratello crudele (1971), Divina creatura (1976). Sono film portatori di una visione del mondo sensuale e libertaria che tende a scardinare i tabù sociali legati alla sessualità e le sue storie sono come laboratori di sperimentazione di tutte le dinamiche erotico-sentimentali possibili, in cui, fra l’altro, l’omosessualità ha un ruolo di primo piano. Altro tema ricorrente è quello dell’incomunicabilità tra generazioni e la descrizione di rapporti relazionali spesso contorti che porta i suoi personaggi a prendere coscienza del fallimen-

to personale, magari scegliendo l’autoemarginazione sociale. Partendo da queste premesse si possono ben centrare temi e dinamiche di “Prima del silenzio”, Gullotta e Franceschini scritto nel 1979 ed ora riportato sulla scena dal Teatro sfuggevole non hanno niente in Stabile Verga di Catania, per la comune: anagraficamente, fisiregia di Fabio Grossi con Leo camente, e ancora più concetGullotta magnifico protagonista, tualmente rappresentano due affiancato da un validissimo Eu- momenti della vita distanti e ingenio Franceschini. La produzio- compatibili: sono un adolescente ne è del Teatro di Roma in col- e un uomo maturo. Eppure c’è laborazione con Teatro Eliseo e qualcosa che li unisce, che và Fuxia Contesti d’Immagine. oltre l’apparenza, e delinea due E’ la storia dell’incontro e modi di porsi nei confronti deldella convivenza di un non più la vita: entrambi si sentono degli giovane poeta cinquantenne (ge- emarginati, dei senza posto nella nericamente Lui) e di un giova- società. Il vecchio poeta, consane che non ha ancora vent’anni pevole del fascino delle parole, (il ragazzo). Ad uno sguardo cerca con tutte le sue capacità di

affascinare il ragazzo; nei suoi racconti confonde il presente con il passato dando nuova vita ai morti e gloria agli avvenimenti storici. Il ventenne inizialmente si lascia trasportare ma ben presto nasce in lui una crescente diffidenza verso quel mondo in cui ravvisa solo illusioni e racconti. Resta anche ambiguo e latente il rapporto omosessuale fra i due; lo si coglie nel bellissimo finale quando Lui viene abbandonato dal Ragazzo e il suo pianto disperato trova un apparente conforto nella ‘parola’, visualizzata da una caduta di vocali e consonanti dal cielo che Lui cerca vanamente di raccogliere con le mani. La cifra ‘digitale’ della rappresentazione conferisce un valore aggiunto alle scelte registiche di Grossi. I video realizzati da Luca Scarzella (con l’ausilio di Umile Vanieri per il disegno luci, Luca

Filaci per la risoluzione scenica e franco Patimo per il disegno audio) rappresentano un valore aggiunto alla drammatizzazione, anche per la sofisticata realizzazione che porta in perfetta sincronia tre personaggi pre-registrati: la moglie di Lui, impersonata da Paola Gassman, il figlio Andrea Giuliano e il cameriere Sergio Mascherpa, mentre le appropriate musiche si dovevano a Germano Mazzocchetti. Resta un testo eminentemente di parola, ricco, complesso e proprio al potere della parola sono dedicati alcuni intensi monologhi cui Leo Gullotta conferisce una carica emotiva assolutamente carismatica. Proprio l’esaltazione del potere della poesia, della parola, cozzava con la distrazione, con l’indifferenza di chi, accanto alla nostra poltrona, trascorreva il proprio tempo giocando col telefonino, mandando messaggini, incurante del disturbo procurato. Anche questa è incomunicabilità, o forse mancanza di sensibilità; ma allora perché andare a teatro? A.M.

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Aprile 2015 - Rubriche

Il libro della settimana Il racconto di un viaggio a Santiago , un percorso dall’insofferenza all’accoglienza di Giovanni Vecchio

Giovanni Battista Pizzo - Giovanni Battista Pizzo, assessore delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione siciliana, cova un sogno: sottrarre ai canali tradizionali, la politica in primis, le opere che cambiano la vita al territorio. Siccome crede ai sogni, ha convocato esperti, professionisti, addetti ai lavori a Caltanissetta, al Cefpas, per sperimentare le concrete possibilità di realizzarli. Bene, bravo, bis: una domanda ma Pizzo che competenze ha in materia? 3 – da interrogare…..

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Antonio Di Pietro – “Cancellato” dalla scena politica dall’inchiesta della trasmissione televisiva Report di Milena Gabannelli (gli immobili del suo partito, Italia dei Valori, erano stati intestati ad una società di proprietà della famiglia), l’”eroe” di Mani pulite è tornato a tuonare contro la corruzione sugli schermi televisivi, dopo lo scandalo che ha investito l’ex ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi. Peccato che Di Pietro sia stato nel 1996, governo Prodi, proprio ministro dei Lavori Pubblici e sia dimesso per un’inchiesta! -1 – moralista, con gli altri….. Nunzia De Girolamo – La “trasversale” (è sposata con il senatore del Pd Francesco Boccia) capogruppo alla Camera del Nuovo Centro Destra, dopo lo scandalo del ministero delle Infrastrutture è “onnipresente” su tutti gli schermi televisivi. E con il suo sorriso corredato da denti giganteschi (sembra il “dentone” portato sul grande schermo da Alberto Sordi), con il suo accento da “vajassa” napoletana pontifica sul garantismo. Ma lo sai che l’Ncd è ad alto tasso di indagati? 2 - Alice nel paese delle meraviglie

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Ignazio Marino - Anche il nome di Francesco Totti è finito nel mirino per un caso di “affitti sospetti”. Il capitano della Roma, infatti, figura nel libro “I re di Roma, destra e sinistra agli ordini di Mafia Capitale” per una vicenda di spreco di denaro pubblico. Il “Pupone” non è indagato, ma risulterebbe che tre società immobiliari che fanno riferimento a lui avrebbero messo a disposizione del Comune, attraverso i Centri di assistenza abitativa temporanea, 35 appartamenti arredati nel quartiere Tor Tre Teste per la “modica” cifra di 5 milioni di euro di affitto in sei anni. Il sindaco Marino (solito doppiopesista, aggravato dall’espressione “intelligente”) ha dichiarato: “Totti a Roma non si può toccare perché Totti è Totti”. 0 – doppiopesista

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Leoluca Orlando – Il sindaco di Palermo e presidente dell’Associazione dei Comuni di Sicilia, attaccando il presidente della Regione siciliana, ha detto che “polemizzare con Crocetta è come sparare sulla Croce Rossa”. Giusto. Ha dimenticato di dire che polemizzare con Orlando sarebbe come bombardare una casa di riposo per anziani. 2 – incompleto….

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Angelino Alfano – Nonostante Renzi tratti lui e tutto l’Ncd come maggiordomo e camerieri, a fronte di forti pressioni nel suo partito ad uscire dal governo, l’ex delfino di Berlusconi (che lo definì senza “quid”) dallo sguardo panoramico e da dentoni in concorrenza con quelli della De Girolamo, non ne vuol sapere di mollare le poltrone: e subito si sentono le note di una canzone di Nilla Pizzi “avvinto come l’edera!”. 0 – poltronista!

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di S par tacus

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I nostri voti

cuore,” ella mormora percorrendo i chilometri per giungere alla meta e San Giacomo sembra ascoltarla. “Sarà merito del canto gregoriano, delle funzioni religiose cui mi costringo ogni giorno, della fatica che comincia ad accumularsi, dell’energia che assorbo dalla terra, mi sento di essere diversa. Dopo tanti anni, mente e cuore sono tornati a marciare affiancati, chissà quanto durerà …”. Nei luoghi della spiritualità – annota l’autrice – il tempo non disperde, semmai concentra”. Finalmente all’orizzonte Santiago appare come un sogno, con l’ultimo sforzo le due amiche arrivano nel posto dove una grande insegna indica la città e la foto è d’obbligo. In mezzo alla calca riescono a infiltrarsi dentro il tempio e assistono all’accensione del botafumeiro , il gigantesco incensiere che ondeggia e spande una densa nuvola odorosa. Il ritorno a casa, alle “usate cose”, alle comodità turba la coscienza che ad intermittenza avverte una forma di smarrimento: “Adesso la mente è inceppata, mentre il cuore è carico di un rimpianto dolce”. Alla fine, però, prevale, pur nella consapevolezza dell’importanza del lungo e imperfetto cammino, il recupero della serenità dei propri luoghi di vita, della terra che ci appartiene, tra gli affetti più cari che riportano a casa. “Si parte per tornare”, questa è la conclusione dell’autrice. Come riporta la seconda di copertina, ”l’intervallo tra quando si parte e quando si torna, diventa, come spesso fa il tempo, un intervallo spirituale, sentimentale e fisico, il passaggio pensoso e divertito dall’insofferenza all’accoglienza”. E’ un libro che forse soltanto una donna era in grado di scrivere con la sua sensibilità, la capacità di leggere nel proprio vissuto talvolta con commiserazione talaltra con ironia, demitizzando e rimitizzando il pellegrinaggio su una delle rotte classiche della cristianità. E’, infatti, un percorso dell’anima senza alcuna retorica, basta provare a scorrerne le pagine, che fluiscono con leggerezza e stile inconfondibile.

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“A Santiago con Celeste” di Giuseppina Torregrossa (Nottetempo srl, Roma, 2014) è un romanzo sui generis, molto diverso da quelli di successo della stessa autrice siciliana, medico e scrittrice dal linguaggio apparentemente leggero. Questa volta ci troviamo di fronte ad un racconto di un’esperienza nuova avviata con un impeto dell’anima che vuole uscire dal tran tran quotidiano, ma che poi si rivela complessa e piena di imprevisti. Si racconta di un viaggio da Roma a Santiago di Compostela (quello che era considerato nel Medioevo il punto finale del mondo) intrapreso dalla stessa scrittrice assieme ad una amica di nome Celeste, caratterialmente molto diversa da lei con la quale dovrà condividere le vicende di un travagliato itinerario nel rispetto della tradizione che vuole che i pellegrini affrontino lo sforzo e il sacrificio di percorrerlo a piedi per circa trecento chilometri. La molla che fa scattare la scintilla è costituita dal suggerimento dell’amica che le propone un viaggio per respirare aria fresca e scoprire nuovi orizzonti, che agevolino la riflessione tramite un cammino. E da qui si snocciola tutto il racconto, dalla preparazione per il viaggio alla vita da pellegrina. Le numerose contrarietà durante il viaggio rischiano di assumere “le dimensioni di una catastrofe” e poi – confessa – “camminare mi è penoso, quasi fosse una prova di funambolismo su una corda tesa tra me e quello che appare come un fallimento inevitabile”. Durante il percorso le due amiche, così diverse, scoprono ambienti naturali e umani, notano cose piccole e grandi, vivono sentimenti buoni e cattivi, fanno sforzi indicibili per resistere, specialmente l’autrice, la quale più volte si pente di aver fatto una scelta forse avventata. Ma ad un certo punto, quando finalmente la meta è vicina, la “pellegrina” avverte come un cambiamento, una nuova dimensione, quasi una liberazione dai condizionamenti che la vita comoda produce. ”Scioglimi il

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Aprile 2015 - Rubriche

Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Autolavaggio

Paolo lava la sua automobile in 1 ora e 30 minuti. Lavorando insieme ad Anna impiega 40 minuti. Quanti minuti impiegherebbe Anna, da sola, a lavare l’auto?

Coefficienti

E’ dato il seguente polinomio. (X^3 -3X + 4)^80 - (2X^2 - 6)^40 +7X -4. Qual e’ la somma algebrica dei suoi coefficienti?

Numeri

Avete un numero a due cifre AB non nulle. Aggiungete 2 sia in testa che in coda ad AB. Trovate il piu’ piccolo numero AB in modo che il numero 2AB2 sia divisibile per 17.

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero L’acquario mezzo pieno e mezzo vuoto: 60 kg; Il mattone: 20 kg; Numeri a quattro cifre: 1245

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

L’ultimo lupo Un film di Jean-Jacques Annaud. Con Shaofeng Feng, Shawn Dou, Shwaun Dou, Ankhnyam Ragchaa, Yin ZhuSheng Lo spirito della natura più ruvida, che costringe a chiederti chi sei e il richiamo politicizzato a una maggiore attenzione ai temi ambientali, sono i due temi al centro dell’ultimo film di Jean-Jacques Annaud, presentato al Bif&est 2015. Il regista francese, che ha già abituato il pubblico alla narrazione eroica con Sette anni in Tibet, non delude le aspettative di quanti vedono nel suo cinema una sintesi perfetta di spiritualità e grandi mezzi da kolossal hollywoodiano. Anche questa volta la visione è stratosferica e il messaggio politico-esistenziale non retrocede di fronte agli scenari naturali della Mongolia più selvaggia. Una sintesi difficile da compiersi soprattutto perché il punto di partenza di L’ultimo lupo è il best seller cinese Il totem del lupo di Jiang Rong, un’opera che nel paese asiatico è seconda come diffusione e popolarità solamente al Libretto rosso di Mao Zedong. Malgrado ciò Annaud non retrocede di fronte all’opera monumentale, né tantomeno oscilla davanti alla sensibile sfida tecnica di girare nelle steppe cinesi, ma piuttosto trasforma una storia molto ben localizzata, nell’epopea di un uomo e di un’umanità sedotta dalla potenza della natura come antidoto potente alla dittatura di massa. Lo scopo della permanenza di Chen Zhen (Shaofeng Feng), uno studente di Pechino che nel 1967 viene spedito dal governo per due anni a vivere all’interno delle comunità nomadi della Mongolia interna con l’obbiettivo di educare la tribù ai principi della Rivoluzione Culturale, sarà presto rivoluzionato dal contatto diretto con un branco di lupi. Per Jean-Acques Annaud, essa è sempre il mezzo che costringe l’umanità a spogliarsi di eventuali stereotipi proiettati dall’alto. Questa volta però la descrizione della forza naturale, compresa anche quella dei lupi, supera di gran lunga ogni aspettativa. Maneggiando i toni cruenti, passando per le grandi scene d’azione, sperimentando l’uso della tecnologia del 3D e soprattutto non facendo sconti all’etica che pervade tutto il film, il regista francese gira un’opera dal sapore decisamente sublime. Una pellicola, portata termine dopo ben sette anni di gestazione, della quale si apprezza la dimensione epica a partire dal primo singolo fotogramma.

Salvare il lato A e perdere il lato B di Danila Intelisano Questa è la storia di tutti i Presidenti che mostrano il lato A ma perdono quello B. Era la seconda metà del XVIII secolo, quando il marchese Domenico Cardillo di Sant’Agostino, di natali siciliani ma spesso a Napoli, in qualità di presidente della Regia Camera Sommaria, veniva ammesso a vizi e capricci della corte del Regno di Napoli da Ferdinando I, il re “lazzarone”, nonostante la sua repulsione per la toga. Ma la vita di corte non é facile e nel 1860 Alexander Dumas ne: “I Borboni di Napoli”, volle rendere nota una particolare difficoltà del Marchese in questione che, al pari di sua maestà, amava appassionatamente la caccia. Venuto, infatti, il Re a conoscenza della magnifica tenuta di Illice del Presidente, si autoinvita una sera prima della battuta di caccia. Il reale, smanioso per tutta la notte, si leva all’alba e, armato di candela illuminatrice, si dirige verso la camera del feudatario per vedere che figura facesse un Presidente sul suo letto. Ma il poveretto, senza parrucca e in camicia da notte, era già seduto sul trono a cui tutti, al mattino, rivolgiamo massima attenzione. Il reale gli mette la candela sotto il naso e circumnaviga pensieroso l’improvvisato trono, mentre il presidente, abbrancicato con le mani sul seggio mobile, accompagna Sua Maestà con un movimento circolare del capo. Infine, l’uno al cospetto dell’altro: “Sire- dice il Marchese siciliano dal temperamento focoso- questo specifico caso, non è previsto dall’etichetta: Devo dunque alzarmi o restare seduto?” – Il Re lazzarone, senza scomporsi minimamente: “Rimanga pure seduto, ma non ci faccia aspettare“. E per quella mattina, Cosmo, caro amico di tante avventure, il presidente Cardillo, andò incontro a cervi, daini e cinghiali, affannato dall’ingombro. Questa è una storia che accomuna aristocrazia, borghesia e plebe. Ma mentre i primi mostrano solo il lato A: potere ed esteriorità. Gli ultimi possono mostrare il lato”B” regnando liberamente sul loro trono e godendo in pace del più grande atto di libertà.

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