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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 11 anno X - 21 marzo 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Pd atto primo: ammucchiata di Nunzia Scalzo Roba nostra, roba siciliana munita di marchio di fabbrica renziano, però. Abbiamo politici che Dio ce ne scansi e liberi, potrebbe domarli (forse) solo un’esorcista, tanto sono affamati di potere. Gente che prima (in pubblico) si scanna e grida al mondo: siamo divisi e non andremo mai d’accordo, spaccature irricomponibili. Noi (dicono quelli del pd) con gli indagati, gli sporchi e i collusi mai. Gli altri dal canto loro: noi con questi comunisti, mai. Quando poi tutto sembra perduto, miracolo. Si tratta. E alla fine, quando gli uni e gli altri si rendono conto che l’interesse collettivo è mantenere potere e privilegi, le spaccature scompaiono ed è subito ammucchiata, intreccio davvero disgustoso di braccia, di gambe, di corpi, di musi, di salive e di interessi vari. Viste mille volte, lo si è visto anche alla convention di Articolo 4 con malinconico e (schifato) distacco. Questa gente ci è venuta a nausea. Ma fa finta di non comprenderlo. La nostra politica siciliana si conclude immancabilmente con atti osceni, sotto un refolo che spinge al conformismo (trasformismo come dice qualcuno, ma secondo noi è già troppo). Forse qui in Sicilia siamo già al partito unico, autentica vocazione regionale e anche nazionale. Il fascismo si impose continua a pag 12

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Siracusa

Politica regionale

Caso “gettonopoli” la città nel caos

E la rivoluzione di Crocetta approda in tribunale

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E come volevasi dimostrare la favola de d i Maria de lo s Angeles Ga rcia La favola è finita - Anche il governatore della rivoluzione, il paladino della legalità, è finito per rimanere invischiato nel labirinto della giustizia. La favola del rigore non è riuscita a compiere il suo terzo compleanno. E’ stata “rottamata” insieme a tutto il logorroico, petulante, armamentario giustizialista che è stato il corollario che ha fatto da sottofondo al vorticoso girotondo di assessori che salivano e scendevano dalla “giostra” di palazzo d’Orleans. Questa settimana segna certamente una “svolta” nella cronaca della vita del governo regionale, che sembra messo “sotto” al gioco dello schiaffo del soldato: negli ultimi giorni le sberle e i ceffoni sono arrivati da tutte le parti. Mentre il governatore, al centro del fuoco di fila, sembra perfino più confuso del normale. E parla di “normali rapporti” con tutti. Mentre la magistratura lo mette alla sbarra, il governo nazionale lo mette alla porta e i sindacati gli proclamano contro uno sciopero unitario per il 20 marzo... Quando “eccedere” diventa reato - La notizia più eclatante arriva dalla Procura della Repubblica del tribunale di Palermo. Che ha iscritto nel registro degli indagati il governatore, gran parte del suo secondo governo e Antonio Ingroia, nella sua funzione di amministratore di Sicilia e-servizi, la società mista che si occupa della informatizzazione dell’amministrazione regionale. La notizia è “notizia” perchè segna una clamorosa inversione di tendenza. Crocetta ci aveva abituati sì ai suoi viaggi in Procura. Ma quei viaggi vedevano lui nella veste di paladino della legalità, intento a denunciare e ad accusare – a torto o a ragione, si vedrà – tutti i suoi predecessori, assessori, dirigenti: benefattori e beneficiari di presunti abusi di potere, di “pastette” e misfatti di ogni genere. Il caso vuole che, adesso, Crocetta debba tornare in Procura. Non per accusare. Ma per difendersi dall’accusa di aver abusato del proprio ufficio. I magistrati – per capire di cosa

Saro Crocetta: bocciato dal Tar e dalla Corte dei Conti è adesso indagato dalla Procura. Il governatore è indagato per abuso d’ufficio – Il Tar del Lazio azzera le nomine al CGA – La Corte dei Conti bacchetta il governo – Scoppia lo scandalo sui precari del “territorio” - Il Tar boccia il pasticcio della sanità catanese - E il governo nazionale minaccia di impugnare il bilancio stiamo parlando - hanno dato seguito alla inevitabile complicanza “penale” della stipula di 76 contratti di lavoro a Sicilia e-servizi, firmati da Antonio Ingroia su decisione del governo. In barba – dicono i magistrati - alla norma che prevede il blocco – assoluto – di tutte le assunzioni nell’amministrazione regionale. I nostri – attentissimi – lettori, ricordano certamente che, per lo stesso motivo, Crocetta, Ingroia e quasi tutta la giunta, sono già finiti anche nel mirino della Corte dei Conti. Che chiede alle stesse persone di restituire alla casse della Regione quasi 800 mila euro. A tanto ammonterebbe il danno erariale finora accertato. Somma destinata a lievitare fino a due milioni e mezzo, per l’effetto “trascinamento” del pagamento degli stipendi dei 76 dipendenti fino alla scadenza naturale dei contratti, prevista per quest’anno. Legalità è... - Secondo l’enciclopedia Treccani, il principio di legalità è uno dei caratteri essenziali dello Stato di diritto: con l’avvento del costituzionalismo liberale, infatti, si afferma l’idea che ogni attività dei pubblici poteri debba trovare fondamento in una legge, quale atto del Parlamento, a suo volta unico organo diretta espressione della sovranità popolare. Crocetta che aveva promesso – con i suoi coloriti governi - la rivoluzione, purtroppo non è riuscito a modificare nulla, se non in peggio, nell’economia e nell’assetto sociale della Regione. Ma

ha certamente rivoluzionato questa elementare ma fondamentale equazione che sorregge il rapporto tra cittadini e istituzioni. I rappresentanti delle istituzioni, insomma, dovrebbero operare in stretta osservanza della volontà popolare, osservando scrupolosamente le leggi ei regolamenti approvati dal Parlamento. Semplice in fondo. A parole Nella pratica, invece, capita che anche Crocetta - come molti avevano già fatto nella storia prima di lui - ha trovato più semplice applicare la legge “contro” i suoi nemici e interpretarla, adattarla, “a favore” dei suoi amici. La legge sul blocco – assoluto – delle assunzioni e del turn over era stata – è vero – scritta e voluta da Raffaele Lombardo. Basterebbe solo questo, forse, a spiegare perchè Crocetta l’abbia ignorata. Ma c’è un piccolo particolare che rende grottesca tutta la vicenda. E riguarda proprio la riproposizione e l’approvazione della stessa legge e degli stessi principi, da parte del governo Crocetta. Circostanza accaduta nel corso della prima fase di governo, quando sembrava che tutto andasse bloccato. Tutto fosse da cambiare o emendare. Anche Sicilia e-servizi. Che doveva essere smantellata, per affidare le sue funzioni a un nuovo “ufficio speciale” alle dipendenze della presidenza della Regione. Poi il buon Saro è diventato pragmatico. Ha assaporato il piacere del potere. Ed è tornato sui suoi passi. Ha deciso di riattivare tutto,

Rosario Crocetta di commissariare tutto, di sbloccare tutto. Sfruttando al massimo ogni angolo, ogni anfratto del potere e – soprattutto -, del cosiddetto “sottogoverno”: l’humus di coltura del potere più sopraffino, quello che sfugge all’attenzione dei più, ma che costa e rende tantissimo. In termini sia politici che economici. Parliamo del terreno di gioco più frequentato dai “poltronisti” di professione. Che erano democristiani ai tempi di Mannino, forzitaliani ai tempi di Miccichè, Cuffariani prima e autonomisti poi negli ultimi dieci anni. Che due anni fa si sono ritrovati Crocettiani e che da sei mesi sono diventati improvvisamente Renziani. Il premiato nominificio - Per Crocetta, quella delle nomine è diventata una sorta di “ludopata”: non riesce a passare una settimana senza nominare qualcuno a qualche carica. E quando di cariche disponibili da assegnare non ce ne sono, per evitare la crisi d’astinenza, Crocetta sfoga i suoi istinti spostando di carica e di funzione commissari, consiglieri, consulenti, capi di gabinetto, direttori. Perfino assessori. Le cronache sono zeppe dei rendiconti dei vorticosi “mulinelli” che interessano ormai decine e decine di persone, ogni settimana. Paralizzando, di fatto, ogni settore della pubblica amministrazione. Ce n’è abbastanza da far impallidire la memoria della pur frenetica attività “noministica” di “Ar-Raffaele” Lombardo. A

quell’epoca, per bloccare quella che sembrava una interminabile serie di nomine, l’Assemblea regionale fu perfino costretta a varare in fretta e furia una legge “blocca-nomine”. Nel caso di Crocetta, come vedremo, la sola legge non basta. Occorrono le sentenze. E a volte non sono sufficienti neanche quelle. Questo “sposta da qui”, “metti quello là”, “richiama quello da lì”, “sostituisci questo con quello”, spesso fa a cazzotti con la logica. Per non parlare dell’etica. Mentre, a volte, si finisce perfino col “forzare” la legge. Quella stessa legge che, come abbiamo visto, dovrebbe essere il “faro” della pubblica amministrazione. Le libere interpretazioni - E’ proprio quello che è accaduto – dicono i giudici – nel caso delle assunzioni di Sicilia e-servizi. Il governo, per dirla con parole semplici e chiare, avrebbe semplicemente “abusato” del proprio potere applicando una “libera interpretazione” che ha consentito di adottare atti diametralmente opposti alle leggi in vigore. Il metodo che rischia di passare alla storia del diritto amministrativo con il nome – anzi il cognome – del governatore siciliano, questa settimana è stato censurato – ancora solo in via amministrativa – altre due volte. Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia infatti ha detto, chiaro e tondo, che il governo regionale non aveva alcun valido motivo per bloccare la

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della rivoluzione è finita... in tribunale nomina a manager della sanità, a Catania, di Paolo Cantaro e Angelo Pellicanò. In nome della legalità, Crocetta aveva “stoppato” i contratti dei due manager, applicando il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che vieta l’affidamento di incarichi pubblici a pensionati della pubblica amministrazione. Peccato che le nomine fossero state fatte mesi prima del decreto. E peccato anche che Crocetta la stessa norma abbia deciso di non applicarla – dopo – in numerosi altri casi di nomina di suoi... fedelissimi. Il tribunale amministrativo del Lazio, invece, ha – al contrario – censurato due nomine, al Consiglio di giustizia amministrativa, fatte dal governo siciliano. Le nomine di Titti Bufardeci e Elisa Nuara a componenti laici del tribunale amministrativo di secondo grado, sono frutto – dice il Tar del Lazio, dell’errata interpretazione della legge. Crocetta, appena eletto, aveva infatti revocato la nomina avanzata dal governo Lombardo – dell’avvocato Salvatore Zappalà, per “difetto dei requisiti”. E aveva avanzato la nomina di Bufardeci, ex deputato di grande sud bocciato alle regionali e della Nuara, che era stata suo vice sindaco a Gela. Il Tar di Roma ha affermato che l’avvocato Zappalà è in pieno possesso dei requisiti richiesti: 15 anni di anzianità e l’iscrizione alle giurisdizioni superiori. Titti Bufardeci e Elisa Nuara, tra l’altro, secondo il Tar, non possiedono alcuna esperienza nelle attività scientifiche che il governo regionale aveva ritenuto determinanti per la loro nomina. A meno che non si voglia considerare attività scientifica la partecipazione a qualche dibattito, o la mera attività politica. Il Tribunale ha infine osservato, bocciando senza appello le decisioni del governo regionale, che mentre Zappalà svolge attivamente l’attività forense, la Nuara ha smesso di fare l’avvocato nel 1997. Bufardeci ha appeso la toga al chiodo nel 2000. Adesso dovranno abbandonare la toga un’altra volta: quella di giudici amministrativi, con paga da consiglieri di Stato. C’è stato danno erariale? E in questo caso si configura l’abuso d’ufficio? Ai tribunali l’ardua (?) sentenza... Territorio e formazione - No. Non abbiamo finito. C’è il caso

dei precari dell’assessorato al territorio, che grida vendetta. Sono 36. Non percepiscono lo stipendio da 14 mesi. Non sono coperti da nessuna assicurazione e la loro “assunzione” - si fa per dire – non è mai stata comunicata all’inps. Per non dire dei contributi, che non sono mai stati versati. Ecco perchè Maurizio Pirillo, uno dei dirigenti generali “globe trotter” fedelissimi di Saro Crocetta, appena insediatosi all’assessorato al territorio – terzo dirigente generale in tre mesi – li ha subito messi alla porta. La situazione va risolta. Ha scritto, prendendo in carico un problema vecchio di anni. I 36 precari di cui parliamo lavorano da anni – di proroga in proroga - all’assessorato regionale al territorio, occupandosi di impatto ambientale e di rischio idrogeologico. Nel 2013, il Commissario dello Stato impugnò una ulteriore proroga, proposta – quella volta - dal governo Crocetta. I 36 reagirono, citando la Regione all’ufficio del lavoro. E in quella sede, quattordici mesi fa, il governo regionale decise di “transigere”, accordando loro un contratto triennale. I 36 sono così tornati al lavoro. Ma i loro contratti non si sono mai sbloccati: la ragioneria regionale – che ha questo potere – li aveva ritenuti illegittimi. Adesso il nuovo dirigente generale ha scoperchiato la pentola in cui questo pasticciaccio burocratico stava marcendo. Vedremo come si comporterà, dinanzi alla ineludibile realtà, il governo della legalità. Eppoi c’è il caso “formazione”, che si tinge di nuove sfumature di...giallo. Eggià. Perchè la Corte dei Conti è tornata sulla vicenda del recupero del danno erariale provocato con il pagamento dei cosiddetti “extrabudget” agli enti di formazione. Non ci sono scuse, secondo il tribunale contabile. La Regione ha l’obbligo di attivarsi per recuperare le somme chiedendone il pagamento alle persone che sono già state condannate perchè ritenute responsabili del danno erariale. Si tratta, di una lista di nomi che si apre, nientepopodimenoche, con quello della Segretaria generale della Regione Siciliana, Patrizia Monterosso. Seguita dall’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo e da parecchi altri. Secondo la Corte dei Conti, la Regione – la stessa Monterosso

cioè prima che chiunque altro – dovrebbe chiedere a sé stessa di restituire i primi 800 mila euro di danno “consolidato”. Come? Magari pignorando presso la ragioneria regionale un “quinto” del suo favoloso stipendio. E tutte le altre indennità “accessorie” percepite come componente di comitati, consigli d’amministrazione, commissioni regionali e nazionali d’ogni tipo. Sembra quasi una barzelletta. E invece si tratta di una vicenda che ha già assunto i contorni, delicatissimi, del conflitto istituzionale. Crocetta infatti con il garbo che gli è proprio, aveva rintuzzato chi gli rimproverava la difesa a oltranza della Monterosso affermando che la condanna della Corte dei Conti era assimilabile a una sanzione amministrativa: una multa insomma. Nulla di più. Ma la risposta del tribunale contabile, come abbiamo visto, non si è fatta attendere. “Le sentenze della Corte – ha sibilato la presidente nel corso della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario – sono il frutto di una attività giudicante. E non sono in alcun modo assimilabili alle sanzioni amministrative”... Chi vuol intendere intenda, insomma. Il bilancio, oh caro... - Ci sono – poi - le drammatiche notizie che viaggiano su impercettibili – sottilissimi – canali di comunicazione tra il governo nazionale e quello regionale. A quei livelli - dentro il Ppd e all’interno della stessa area Renzi - è evidentemente in corso una battaglia. Non visibile però, dai comuni mortali. L’assessore al bilancio, Alessandro Baccei, ex dipendente di una banca privata mandato in Sicilia da Graziano del Rio, accusa il governo nazionale di aver “affamato” la Sicilia. Poi vola a Roma per trattare, con lo stesso governo, delle risorse aggiuntive che sarebbero state promesse proprio da Matteo Renzi, ma che nessuno riesce ad ottenere. Crocetta un giorno rompe e accusa, l’altro blandisce e ricuce. Un giorno strilla, l’altro “olia”. E’ un gran lavoro, che però – almeno fino a questo momento – non ha partorito neanche il classico topolino. La scorsa settimana, da Roma, qualcuno ha tentato il “colpo gobbo”. E’ bastata la “voce”, incontrollata e incotrollabile, della decisione del governo, di “impugnare” dinanzi alla Corte costituzionale, il bilancio provvisorio della Regione, per gettare Paler-

mo nello sgomento più nero. Che vuol dire che il governo impugna il bilancio provvisorio? Vuol dire che, se accadesse, entro 90 giorni in Sicilia si tornerebbe alle urne per nominare una nuova assemblea regionale. L’Apocalisse, insomma. E – in realtà – i presupposti perchè ciò avvenga ci sono tutti. Il bilancio provvisorio approvato dall’assemblea regionale prevede entrate che sono tutte da verificare. E prevede un indebitamento di dubbia legittimità: un mutuo stipulato per finanziare “cassa”. In base alle regole della contabilità pubblica, infatti, le entrate appostate in bilancio devono essere dimostrabili, così come le uscite. Circostanza che è difficilmente verificabile. E così, se il governo nazionale dovesse decidere di far finta di niente, sappiate che si tratterebbe di una scelta politica. Ecco perchè della preoccupazione del governatore. C’è un mese e mezzo di tempo: Cinquanta giorni scarsi per venire fuori da una situazione di difficile disavanzo. I nervi tesi, tesissimi, di tutti i componenti della compagine governativa non giovano. Bisogna ancora scrivere il bilancio definitivo. E’ vero. E c’è la possibilità che il passaggio in aula del documento contabile riservi qualche sorpesa. Questo Crocetta lo sa bene. E tenta – in tutti i modi - di allentare la tensione. Mentre lui è impegnato a gestire i rapporti romani, però, nei corridoi di palazzo dei Normanni si respira aria di fronda. C’è – sui temi finanziari – baruffa su tutta la linea. E si annuncia – come sempre – con l’ostruzionismo sugli ultimi progetti prebilancio. C’è baruffa a prppèosito dei centri storici: 35 associazioni chiedono al governo di cambiare la legge. C’è baruffa in tema di punti nascita e di posti letto. Di tagli ai costi del personale e alla legge sull’acqua. Sulla chiusura delle discariche e sui diritti della motorizzazione. Il governo, insomma, non ne azzecca una. Che sia una. Si passa da un abuso a una gaffe, da una disattenzione al danno erariale, con naturalezza. Quasi con leggiadra eleganza. La “stasi” politica - La verità è che il panorama politico è in ebollizione. Basti pensare che in Sicilia – a sud dell’impero – stanno operando le due diverse “leghe” venete: quella ortodossa di Salvini e quella autarchica di Tosi. Venuti fin qui per conten-

dersi quel che resta delle briciole del potere. In queste ore c’è infatti la corsa sfrenata al posizionamento in casa pd. Una corsa che è vista male da molti all’interno del partitone della sinistra italiana, che ormai imbarca tutti e di tutto. Al punto che – ad Agrigento – si parla di un possibile patto elettorale tra pd e “pezzi” di forza italia. Dinanzi all’ipetrofia sinistrorsa in nome di Renzi santo subito, la desta continua invece a frantumarsi in gruppi e correnticole: come se una epidemia di febbre tafazziana abbia improvvisamente preso il sopravvento all’interno di quello che una volta si chiamava il polo delle libertà. Ma tant’è. Il brivido antimafioso - A dare un brivido di novità, in questo contesto piuttosto grigio e greve, per fortuna c’è l’antimafia, quella vera. Aveva iniziato Antonello Montante, che da responsabile della legalità di Confindustria e membro dell’agenzia dei beni confiscati, si è ritrovato al centro di due inchieste nate dalle dichiarazioni di pentiti. Può succedere. In Sicilia può succedere. Poi è accaduto che Rosy Bindi, in visita – non ci crederete – proprio a Gela, ha annunciato una indagine sull’antimafia da parte della Commissione parlamentare antimafia. Oddio, non era mai accaduto. Ma Gela è a un passo da Agrigento, terra di Luigi Pirandello... Nelle stesse ore, Roberto Helg, presidente – antimafioso – della Camera di Commercio di Palermo, è riuscito a farsi arrestare mentre incassava una mazzetta da 100 mila euro. E spiegava – alla vittima della sua richiesta – che non avrebbe avuto difficoltà ad “aggiustare” la pratica. Perchè “altri tre” facevano i loro affari sotto i suoi occhi. E lui non aveva mai messo bocca. La guardia di finanza, per scoprire chi siano questi altri tre, ha intanto messo sotto accusa una quindicina di dirigenti dell’aeroporto di Palermo, teatro di questa spartizione di “favori”. Il sospetto è che decine di appalti siano stati – negli anni – pilotati. Infine, è arrivato anche don Ciotti. Che ha annunciato – senza null’altro aggiungere – altre eclatanti – e inquietanti - notizie “a carico” di altrettanti volti noti dell’antimafia nazionale. Terminate le guerre di mafia, dobbiamo rassegnarci alle guerre d’antimafia?

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Articolo 4 nel Pd: i dem sognano con cuffariani e lombardiani d i G iu l ia no Busà Una volgare cooptazione mascherata da grande manovra di convergenza democratica. Quella che si è consumata negli ultimi giorni, e ufficializzata pubblicamente attraverso un incontro ai limiti del ridicolo in quel della sala principale delle Ciminiere di Catania, è una delle pratiche più diffuse sia in politica in generale che in particolare in distretti ad alta densità clientelare come quelli siciliani, segnatamente all’ombra del Vulcano. L’ala catanese e scissionista di Articolo 4, formazione nata dal volere politico di Lino Leanza di mettersi in proprio dopo l’addio a Raffaele Lombardo e la breve parentesi all’Udc (giusto il tempo di prendere un seggio alla Regione), dopo aver detronizzato e salutato il predetto Leanza, carica di preferenze, approda incredibilmente dentro al Partito Democratico. Diciamo dentro non a caso: nessuno ha votato questa proposta, che, appunto, è stata imposta dai vertici del Pd siciliano e non discussa o messa al vaglio del gruppo dirigente del partito. Principale fautore della manovra è il sottosegretario Davide Faraone, messo alla berlina in diretta tv proprio per questa vicenda da Marco Travaglio. Non si sa davvero cos’è peggio: se il fatto di aver aperto le porte a ex lombardiani, cuffariani o personaggi di dubbia onestà politica o l’aver venduto alla stampa, ai quadri, ai militanti e agli elettori questo gioco di potere come una grande possibilità per il partito. Faraone, a chi lo critica, insiste sulle “seimila perso-

ne presenti”, non specificandone però la natura o il motivo della presenza – cosa che vale per la maggior parte di chi era presente alle Ciminiere quel pomeriggio. La quasi totale maggioranza era infatti il motivo della manovra stessa, ovvero i clientes, i seguaci fedeli ai protagonisti di questo salto mortale: parliamo ovviamente di Valeria Sudano, Luca Sammartino, Raffaele detto Pippo Nicotra e degli altri amministratori a loro vicini. Quello che le voci autorevoli del Pd – neanche, per fare dei nomi, Enzo Napoli o Enzo Bianco, il quale ha preferito non esprimersi a riguardo – non hanno detto infatti è che l’unica ragione per la quale personaggi con idee politiche diciamo liquide come i succitati hanno deciso di buttarsi dentro al Pd è che i democratici, al momento, sono il partito di governo, a qualsiasi livello. Del resto, perché sennò passare da Cuffaro a Lombardo a Leanza e adesso al Pd? Non è complicato capire cosa questi leader e partiti abbiano in comune: il potere, momentaneo quanto assoluto, di decidere, disporre, fare e disfare. Quindi: chi opta per l’ingresso nel Pd porta in dote le proprie preferenze – tante – e i propri voti, nel senso di appoggio a proposte ed emendamenti da votare nei palazzi del potere e a

consistenza delle varie maggioranze di governo. In cambio, c’è una bella fetta – grande quanto gli aiuti scaturiti dalle due dinamiche appena descritte – di potere sotto forma di incarichi di sottogoverno e voce in capitolo su partecipate e aziende controllate dalle amministrazioni pubbliche, che poi, non scopriamo nulla di nuovo, sono l’anima delle clientele e quindi dei meccanismi, quelli veri, che regolano la politica dalle nostre parti. Se il gruppo dirigente del Pd ha architettato questa mossa, puntando ad una gestione per così dire ecumenica e quanto più larga possibile del potere politico, la base, i militanti e anche qualche pezzo grosso, non hanno potuto fare a meno di esprimere il proprio dissenso. Perché, passino le motivazioni di longevità politico-amministrativa e la voglia di non avere opposizione nei vari consigli, c’è anche da vedere la qualità delle persone tirate dentro il Partito Democratico. Le critiche più aspre sono piovute addosso a Raffaele Nicotra, detto Pippo, il cui cursus honorum pieno di peripezie al limite (o

a volte oltre) dell’illegalità, ha fatto impallidire e quindi passare in secondo piano le telefonate che Luca Sammartino fece fare, durante la campagna elettorale per le ultime regionali, in una clinica oncologica per fare in modo che i malati lo votassero. Ma si diceva di Nicotra: già cuffariano, già lombardiano, già leanziano, ora democratico. Da sindaco di Aci Catena è stato recentemente condannato per danno erariale: dovrà risarcire la città per circa 60mila euro a causa di cinque incarichi esterni assegnati violando diversi principi di trasparenza, secondo quanto disposto dalla Corte dei Conti. Ben più gravi però le questioni legate alla mafia. Nel 1995 infatti il Comune di Aci Catena fu sciolto per mafia durante la sindacatura di Nicotra – poi incredibilmente rieletto e più volte membro di commissioni antimafia – e il nostro finì nel registro degli indagati in un’inchiesta per voto di scambio nella quale era coinvolto il clan dei Santapaola. Insomma, una carriera invidiabile, culminata nel trionfale approdo al Pd. E come la pensa Nicotra, in merito a questa sua continua voglia di cambiamento? A domanda ha risposto che “nella Prima Repubblica c’erano partiti storici, non ci si muoveva, mentre adesso sono sigle”. Così,

con grande libertà e naturalezza, anche Nicotra ci svela l’arcano, che arcano non era. Si diceva dei cori di dissenso che si sono levati con forza dall’interno del Partito Democratico. Il più autorevole e deciso è sicuramente quello di Giovanni Burtone, deputato alla Camera e politico democratico di lungo corso, che scrive così: “Come alcuni di voi sapranno, oggi si è svolta a Catania una manifestazione politica che dovrebbe segnare l’avvicinamento se non addirittura l’ingresso nel Pd di nuovi esponenti politici. Io volutamente non ho partecipato a questa iniziativa, non per superbia ma perché – prosegue Burtone – penso che il trasformismo sia una delle nostre patologie più gravi che mortificano la nostra terra: dobbiamo superare il concetto del peso dei voti perché il consenso è un’altra cosa. Ho contrastato il cuffarismo e il lombardismo non certo per ritrovarci un Pd a porte girevoli. Non è – conclude – paura di confrontarsi ma semplicemente coerenza”. La posizione di Burtone non è minoritaria nei simpatizzanti e nei militanti del partito, ancorati ad un’idea di appartenenza a valori che a livello macro si vorrebbero di sinistra e a livello micro si vorrebbero di contrasto al sistema politico-clientelare che in Sicilia ha dominato gli ultimi vent’anni. Ebbene, chi comanda nel Pd non è dello stesso avviso e chi lo vota e chi ne fa parte dovrebbe farsene una ragione: il partito si è sporcato e non basterà la retorica di qualche giovane brillante o la voglia, chissà, un giorno, di voltare a pagina a cancellare quest’onta.

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Bilancio regionale e le (eterne) attese siciliane di Claudio Mec Melchiorre

Leggendo dell’età periclea sul libro di testo di mia figlia, si legge che lo stratega ateniese volle realizzare molte riforme nella città attica. Tra queste figurano: la scelta per sorteggio di tutte le cariche pubbliche. Sono passati circa duemilacinquecento anni, ma a questo punto di maturità noi non siamo arrivati. Il Governo Crocetta, il 21 agosto 2014 prepara un bozzone di bilancio e lo trasmette a tutte le amministrazioni e istituzioni da coinvolgere. Lo fa ricordando che dal 2015 non basterà approvare un bilancio classico, per dotazioni finanziarie e capitoli di bilancio, ma anche previsioni puntuali e il corredo dei bilanci di cassa. In parole povere, da quest’anno non basterà mettere nel documento di bilancio la volontà dell’Assemblea Regionale, più o meno separata dalla realtà, come accade da quasi sempre. Dal 2015 si dovrà mettere in documento collegato non solo la previsione finanziaria sulla base delle somme teoricamente presenti nel bilancio, ma anche quelle effettive. Potrà sembrare strano ma fino a quest’anno le Pubbliche Amministrazioni non avevano alcun obbligo formale di

prevedere spese in base ai soldi in cassa, ma solo in base ai soldi che esse stesse dichiaravano di avere. La cosa era attesa ed è un’altra delle novità imposte dall’Unione Europea. Una buona cosa, visto che obbliga i politici a dire un po’ più di verità. Eppure, questa previsione per rispettare la quale abbiamo avuto tempo tre anni per prepararci, è stata catastrofica per Saro Crocetta. Il governatore si era impegnato a far approvare il bilancio entro il 31 dicembre 2014. In realtà, dal 21 agosto, data di trasmissione del “bozzone di bilancio” (anche nel linguaggio siamo decaduti), ad oggi il documento contabile è ancora in alto mare. Il tentativo di approvarlo senza bilancio provvisorio e pur avendo completato l’intero iter attraverso le Commissioni, lo scorso 5 Gennaio, è fallito. Nel corso della discussione plenaria, il documento, emendato da due provvedimenti governativi, ha mostrato la corda. Rinvio in Commissione e proteste delle opposizioni di quasi governo, come per esempio il Movimento 5 Stelle. Ad oggi, la Regione Siciliana è ancora in regime di bilancio provvisorio e siamo ormai a fine marzo. La situazione è talmente confusa che è sembrato a molti plausi-

bile che il Governo nazionale potesse impugnare l’esercizio provvisorio. In effetti, da quest’anno non c’è più il Commissario dello Stato che poteva impugnare i provvedimenti. E a molti l’assenza di tutela sarà sembrata cosa impossibile. Da qui la polemica sull’impugnazione da parte dello Stato. Ma ormai non serve più l’alta tutela di Roma. Grazie alle nuove procedure per la preparazione del bilancio abbiamo scoperto che il debito complessivo della Regione Siciliana è di 25,5 miliardi. Anni fa, con un certosino lavoro di complesse addizioni, il sottoscritto, suscitando l’attenzione del quotidiano Libero, scrisse a chiare lettere che il debito cumulato delle amministrazioni regionali, vale a dire Regione, provincie e comuni, superava ampiamente i 40 miliardi. La somma non è stata ancora definita in questa gravità, ma già sapere che le entrate per cassa difficilmente potranno superare i 18 miliardi, mentre il debito accertato è di sette miliardi e mezzo superiore al bilancio annuale, è una pessima notizia. Se facessimo i conti basandoci sul Pil siciliano, potremmo avere l’impressione che il nostro indebitamento non sia troppo grave. In fondo, si tratta

pur sempre solo del 30%, più o meno. Nemmeno la Germania potrebbe vantare un simile record. Saremmo floridi, apparentemente. Ma le cose non stanno così. Tra i nostri debiti dobbiamo virtualmente considerare anche la nostra quota di debito nazionale, pari a duecento miliardi. Il totale del nostro debito, se considerassimo tutte le poste negative, sarebbe quindi di duecentoquaranta miliardi: due volte e mezzo il nostro Prodotto Interno Lordo. Ma non è solo il debito che ci deve preoccupare. In virtù delle nuove regole di bilancio, le somme riferite ai fondi straordinari dell’Unione Europea o dello Stato devono essere espunti dal bilancio regionale. Saranno gestiti separatamente, come accadeva fino al primo Governo Cuffaro. In questo modo, i conti sono più trasparenti. Nel bilancio regionale devono restare solo le somme stanziate per cofinanziare le azioni europee. A questo fine, e anche per provare a spendere i residui del vecchio stanziamento comunitario, la Regione ha provato a interrogare le amministrazioni locali circa le loro intenzioni sui progetti che volevano attivare.

Quelle non hanno potuto fare molto. Tra debiti propri, incertezze sui trasferimenti regionali, e tardive approvazioni di bilanci, i Comuni e le Provincie non hanno inviato alla Regione praticamente niente. Pare proprio che questo, il 2015, sarà l’anno della resa dei conti, in senso letterale. Ospedali che non funzionano, teatri allo sbando, festival internazionali come quelli di Agrigento e Taormina Arte in pericolo, dopo la fine delle Orestiadi di Gibellina, immondizia esportata a pagamento per incapacità nostra di gestire la raccolta differenziata, sprechi di acqua e di soldi. La Sicilia è questo. E non c’è molto da commentare: in questo quadro, andare a picco è l’unica cosa possibile. Vogliamo vedere la cosa in positivo? Bene. Cambiamo davvero questa classe politica. Pensioniamo chi ha governato a qualsiasi titolo in questi ultimi vent’anni. Diciamogli che ha fatto bene, se ci tiene. Ma per favore, portiamo al Governo persone per bene e competenti. Se pensiamo di non averne, adottiamo Pericle. Prendiamoli per sorteggio. Ma basta, questa vergogna di una terra ricca che continua a flagellarsi ed impoverirsi da sola non si può tollerare.

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MARZO 2015 - Giudiziaria

Giudiziaria: ecco l’appello per Raffaele Lombardo d i Marc o Bena nt i

Dopo tanto attendere, è ormai molto vicino l’avvio del secondo grado del processo contro l’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, condannato in primo grado. Il 27 marzo avrà inizio, infatti, l’appello per l’ex governatore, al centro di una controversa e travagliata vicenda giudiziaria, con l’accusa di presunti rapporti con ambienti mafiosi. E il solito strascico di polemiche, di contestazioni, di dichiarazioni e altro. A distanza di 13 mesi, quindi, si ricomicia davanti ai giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Catania. In primo grado, l’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, è stato condannato a 6 anni e 8 mesi dal Gup del Tribunale di Catania, Marina Rizza, nell’ambito del processo, col rito abbreviato e che lo vedeva imputato per

concorso esterno in associazione mafiosa e voto si scambio aggravato. Per l’ex presidente della Regione, il Gup ha deciso anche l’interdizione dai pubblici uffici. La sentenza fu letta, al termine di una camera di consiglia durata circa cinque ore. Per l’ex governatore siciliano, la Procura aveva chiesto una condanna a 10 anni di reclusione. Per quanto riguarda il reato elettorale, e’ stato assorbito da quello di concorso esterno nell’associazione mafiosa. Su questa base si è determinata la pena. Raffaele Lombardo invece è stato assolto per il capo d’imputazione relativo ai rapporti con il clan mafioso dei Cappello. Soddisfatto, allora, il capo della Procura Giovanni Salvi: “abbiamo fatto un lavoro importante”, con una “Procura unita che ottiene un bel risultato”.”Oggi e’ avvenuto un fatto storico – aggiunse Sal-

Raffaele Lombardo

vi – si ha per la prima volta la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa per un presidente della Regione Siciliana. Frutto di un lavoro importante che ha avuto anche collaboratori importanti a sostegno dell’accusa”. Allora, Lombardo, accompagnato dai suoi legali (il prof. Guido Ziccone e l’avv. Alessandro Benedetti) tenne una

conferenza stampa in un albergo del centro cittadino.”Sono di una serenità infinita, mi aspettavo questa sentenza, non ne aspettavo una diversa”- disse l’ex governatore, che ha altresì affermò: “il giudice ha espresso professionalità, impegno, indipendenza e onestà” nel suo operato. “Ma -aggiunse l’ex presidente della regione- ci voleva un coraggio

superiore al genere umano per resistere alle pressioni della Procura con sei su 16 membri della procura distrettuale antimafia che hanno seguito questo processo. E poi la pressione mediatica”. Lombardo ancora dichiarò: “riattiverò il mio blog e ci metto gli atti giudiziari e anche le intercettazioni. Perchè tutto processo si sappia, anche i miei interrogatori anche quelli dei collaboratori di giustizia”. “Siamo fiduciosi -concluse Lombardo- anche se i miei avvocati sono dispiaciuti perchè non si aspettavano questa sentenza, avendo condotto una difesa veramente straordinaria. Io invece sono stato molto più realista anche perchè conosco un po’ di più il contesto, per rifarci a Sciascia. Via via che la tensione si attenuerà, nei passaggi successivi affermeremo la verità “. Ora, si ricomicia: e ci sarà da seguirlo con attenzione, il processo.

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MARZO 2015 - Gela

Il comitato No Muos non si arrende e riparte la protesta d i L ilia na Bla nco

Giuseppe Maida torna alla carica e dopo due anni e mezzo si rimette dentro la cassa da morto per protestare contro la presa di posizione dello Stato degli Usa che ha forzato l’area di contrada Ulmo ed ha riacceso le antenne Muos nonostante la sentenza del Tar. Lo ha fatto sabato 7 marzo a Palermo davanti il Palazzo d’Orleans, per dimostrare che i niscemesi non si arrendono di fronte a nessuno. La sentenza del Tar del 13 febbraio scorso, infatti, aveva dichiarato il sistema satellitare statunitense nocivo per la salute dei cittadini ed ha decretato il blocco dei lavori che però sono stati ripresi ed il comitato No Muos ha fatto di tutto per fermare i mezzi degli americani che alla fine sono entrati nella base. “Non posso stare a guardare di fronte a questo ennesimo scempio – ha detto Maida – e torno a fare sentire la voce dei Niscemesi. Ho scelto la sede della Regione perché è l’unico luogo dove si riuniscono i nostri rappresentanti che dovrebbero difenderci, anche se siamo sempre al punto di partenza dopo anni di lotte”. Gli avvocati del coordinamento regionale dei comitati No Muos, avvocati Paola Ottaviano, Nello Papandrea e Nicola Giudice, hanno notificato un “Atto Monitorio” al ministero dell’Interno, alla questura di Caltanissetta, al Commissariato di Ps di Niscemi ed alla stazio-

Le proteste dei No Muos

ne dei carabinieri di Niscemi, allegando copia della sentenza del Tar Palermo dello scorso 13 febbraio. “L’iniziativa si è resa necessaria- spiegano i legali - dopo che, lo scorso 26 febbraio un ingente spiegamento di forze dell’ordine: polizia e carabinieri ha scortato dentro la base di contrada Ulmo a Niscemi un convoglio formato da militari ed operai. Poteva apparire una normale squadra addetta alla manutenzione degli impianti presenti nella base, senonché dopo il loro ingresso è stata notata la movimentazione delle parabole del Muos. In base alla Sentenza del Tar Palermo depositata il 13 febbraio, l’istallazione del Muos è avvenuta in assenza di valide autorizzazioni. L’annullamento, infatti, ha efficacia sin dall’origine ed i lavori sono da considerare integralmente abusivi. A prescindere da ogni

altra conseguenza, quindi, anche il loro utilizzo, in qualsiasi forma è da considerare illecito. Si è reso necessario, quindi, trasmettere il testo della sentenza alle forze dell’ordine, benché sia già di comune conoscenza essendo stato pubblicato e richiamato da fonti di stampa, sottolineandone il significato ed i passaggi salienti. Conseguentemente abbiamo ammonito le stesse forze dell’ordine che è loro preciso dovere prevenire e sanzionare il perpetrarsi di illeciti all’interno della base ad uso esclusivo della Marina militare statunitense di contrada Ulmo. Sarebbe loro dovere verificare che operai o attrezzature son siano fatti entrare per operare sulle parabole del Muos. Abbiamo anche chiesto che ci sia comunicato chi comandava l’operazione congiunta di polizia e carabinieri del 26 febbraio e se abbia verificato l’illecito

utilizzo delle parabole immediatamente successivo all’ingresso del convoglio oggetto di scorta ed abbia provveduto alla doverosa denuncia all’autorità giudiziaria penale. Nei prossimi giorni saranno prese altre iniziative anche in considerazione dell’assoluto immobilismo degli Enti che sarebbero preposti a far rispettare il giudicato del Tar. Va chiarito ancora una volta che la base di Niscemi è ad uso esclusivo della forze armate Usa e non base Nato, che è un’opera abusiva le cui autorizzazioni sono state annullate perché pericolosa per la salute umana e per il traffico aereo, non è opera realizzata per la nostra difesa nazionale ed è comunque inutilizzabile allo stato, non solo per lo stop del Tar, ma perché ancora non è completa nella sua architettura mancando i lancio di due satelliti”.

Il giorno dopo l’8 marzo delle donne di Niscemi è stato celebrato con un corteo contro l’installazione delle antenne satellitari del sistema militare Usa in contrada Ulmo a Niscemi. Un centinaio di donne No Muos ha organizzato la manifestazione proprio in occasione della giornata dedicata alla donna come momento e manifestazione di resistenza e protagonismo delle donne siciliane che in questi anni hanno dato vita alla lotta contro l’impianto americano e per rilanciare la lotta contro il sistema satellitare americano dopo la sentenza del Tar di Palermo lo scorso 13 febbraio che identifica il Muos come antenna dannosa per la vita. Un corteo unito dietro lo striscione “Assemblea Donne No Muos in Lotta” scandito da cori è giunto davanti gli ingressi della base e lì sono stati bruciati due fantocci rappresentanti le figure di Matteo Renzi e Barack Obama e sono state tagliate simbolicamente le reti di recinzione della base davanti ad un imponente spiegamento di forze dell’ordine, sovradimensionato rispetto alle reali dimensioni del corteo.

La compagna elettorale entra nel vivo, ecco i colpi bassi La campagna elettorale mette a nudo e magari amplifica tutte le inadempienze dell’attuale amministrazione comunale che, naturalmente difende i suo operato nonostante le inchieste, le defallance ed i servizi deficitari. In questi giorni sono emerse una serie di irregolarità che scandalizzano il mondo della politica e lasciano indifferenti i cittadini che non reagiscono. L’appalto per il servizio di sosta a pagamento è stato messo sotto accusa dal presidente della commissione comunale sviluppo economico Terenziano Di Stefano , di opposizione. Di Stefano ha denunciato presunte irregolarità sulla gestione del regolamento mai trasmesso al consiglio comunale. “Il bando pubblicato – dice Di Stefano

– è inaccettabile. Non ci sono i requisiti per la partecipazione. E’ sufficiente avere esperienza sulla sosta a pagamento. Quindi ogni azienda che, per poco tempo, si è occupata di parcheggi può partecipare alle gare? L’amministrazione ha pubblicato un bando una clausola che obbligherebbe la società aggiudicataria ad accettare un possibile cambiamento delle regole del servizio? Così si rischia il danno erariale. Nel 2011, dopo l’assegnazione del servizio alla Aj Mobilità, quando venne proposto un nuovo regolamento in consiglio comunale , il dirigente consigliò di ritirarlo perché non era possibile cambiare la disciplina ad appalto già aggiudicato”. Di Stefano chiederà agli uffici co-

munali la lista completa degli operatori impegnati nel servizio”. L’unica nota positiva è che i parcheggi in questi giorni non si pagano. Poi c’è il servizio di refezione scolastica. Il sindaco Angelo Fasulo ha già avviato l’iter organizzativo per agevolare il subentro della società “Le Palme” nel rispetto della sentenza del tar di Palermo che ha giudicato illegittima l’assegnazione dell’appalto. L’attuale gestore prima di andarsene ha affermando di avere subito pressioni da parte dei sindacalisti decisi a “promuovere” i dipendenti del loro sindacato. Indiziato numero uno Emanuele Scicolone, segretario della Cgil, che ha denunciato irregolarità sul servizio garantito dal consorzio sociale

“Glicine”, presieduto da Damiano Costanzo, ed ha parlato di mancato rispetto del contratto di lavoro. Costanzo ha detto che i sindacalisti gli avrebbero ‘suggerito’ di acquisire personale senza titoli per destinarli a mansioni superiori. “Nessuna richiesta – risponde Emanuele Scicolone – anzi abbiamo difeso i diritti dei dipendenti. “Abbiamo garantito i controlli necessari al mantenimento del servizio – dice l’assessore all’istruzione Giovanna Cassarà - l’unico problema è stato il mancato pagamento degli stipendi. Il consorzio “Glicine” non ha onorato gli accordi e la verifica ci ha permesso di venire a conoscenza del fatto che le fatture del consorzio non erano in formato elettronico”.

Ma l’entrata in vigore, per i Comuni, dell’obbligo della fatturazione elettronica è fissata per il 31 marzo 2015. Un’altra irregolarità riguarda i rifiuti ed in particolare la raccolta dei cartoni. Un mezzo con due operato risi muove ogni giorno anticipando i compattatori della Tekra e raccogliendo tonnellate di cartoni. Il danno erariale stimato è di 7 tonnellate al giorno per un controvalore stimato di diecimila euro, in due settimane. La denuncia è di Alessio Balestrieri, amministratore delegato della Tekra, società campana che gestisce il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti in città che si è già rivolto alle forze dell’ordine per denunciare l’abuso. L.B.

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MARZO 2015 - Gela

La giunta Bonaccorsi non riesce a volare alto Niscemi - Tre consigli comunali, uniti in un unico consesso, in sessione straordinaria. Non ci credeva nessuno come nessuno credeva che i consigli comunali avrebbero deliberato a seguito della legge regionale n. 8/14. Non vogliono perdere l’occasione del secolo: autodeterminarsi modificando l’assetto amministrativo del proprio territorio divenuto “stretto” per le proprie esigenze e per l’attuazione dei loro programmi e dei loro bisogni e si sono riuniti per parlarne invitando tanti altri. Lo scopo è “smacchiare il gattopardo in Sicilia”, come ha detto qualcuno. A rendere speciale ed unico, nella storia della Regione Siciliana, questo consiglio, il primo di lunga serie, è stato il fatto che erano presenti in rappresentanza dei loro comuni anche il sindaco di Gela, Angelo Fasulo, il sindaco di Niscemi, Francesco La Rosa, il vice sindaco del comune di Piazza Armerina, Giuseppe Mattia; il sindaco di San Cono, Salvatore Barbera, assieme al presidente e vice presidente del consiglio comunale; il sindaco di San Michele di Ganzaria, Giovanni Petta, con il presidente del consiglio comunale; il sindaco di Mirabella Imbaccari, Vincenzo Marchingiglio, ed il presidente del consiglio comunale. Hanno parlato anche i deputati On. Giuseppe Arancio, del PD, On. Francesco Cappello, del M5S, e l’On. Antonio Malafarina, del Megafono, il professore Salvatore Curreri, che insegna di diritto costituzionale presso la KORE Enna e le rappresentanze del Libero Consorzio Ionico Etneo di Acireale. Inoltre il Comitato per lo Sviluppo dell’Area Gelese-Unione di Associazioni e il Comitato Pro Referendum di Piazza Armerina che hanno sollecitato l’evento organizzato,poi,

Il consiglio comunale congiunto dal vice presidente del consiglio di Niscemi, Luigi Gualato. I consiglieri hanno ascoltato le voci che provenivano da più parti tutte convergenti in un’unica direzione: non c’è tempo da perdere, il legislatore siciliano deve sbloccare l’iter della legge delle ex provincie dando attuazione alla legge regionale n.8 del 2014. L’on. Malafarina ha spiegato i meccanismi del disegno di legge in discussione mettendo in evidenza che i suoi sforzi sono tesi a far si che la nuova legge contenga delle norme che decentrino, il più possibile, funzioni ai nuovi enti di area vasta. Dall’altro lato l’on Cappello ha manifestato preoccupazione “perchè in commissione non si tiene conto della volontà popolare” ed ha rivendicato gli effetti del referendum che, comunque, pongono delle riflessioni al legislatore e che si batterà fino in fondo perchè l’espressione referendaria non sia mortificata. Non ci sta, invece, il costituzionalista Curreri a cambi di rotta del legislatore il quale dice che è il principio di legalità, in cui ancora crede, a spingerlo ad

accostarsi a questa “battaglia” politica ed ha ricordato che il referendum che si è celebrato, di natura confermativa, è quello per mezzo del quale, e meglio di altri, serve a manifestare la volontà popolare. A questo punto dice “sono due le strade: una politica e l’altra giudiziaria”. Il sindaco di Gela si è detto pronto “ad andare fino in fondo” e perseguire anche le vie legali adendo la Corte Costituzionale e la Corte dei Diritti dell’Uomo, se fosse necessario, perchè “abbiamo rispettato e seguito la legge regionale n.8/14” difenderemo i diritti acquisiti dalle città che si sono espresse. Anche perchè, dice La Rosa, sindaco di Niscemi, non si po’ tornare indietro: dopo la presa di posizione effettuata nel rispetto della legge sarà impossibile proseguire il dialogo con le vecchie provincie e poi la necessità di unire i territori omogenei nasce da evidenze anche banali: “alla sagra dei carciofi i turisti mi chiedono come si arriva alla Villa Romana del Casale, a Piazza Armerina”, ciò significa che nel pensiero generale questi territori sono unici.

I sindaci di Mirabella Imbaccari e San Cono e San Michele di Ganzaria hanno denunciato lo stato di abbandono in cui versano i Comuni. Abbiamo “bisogno di muoverci in fretta per costruire il futuro” dice Marchingiglio e Barbera sostiene che “solo consorziandosi si possono affrontare i mercati che apprezzano i prodotti dei nostri territori mentre ora il clima di incertezza destabilizza i territori”. Siamo pronti a fare una nuova delibera dice Mattia, di Piazza Armerina, “qui c’è la maggioranza del consiglio comunale che chiede conto dei 70mila euro spesi per il referendum” e Cimino, consigliere comunale, dice “gli arbitri non possono cambiare le regole del gioco a partita conclusa. Non è leale.” Murella del comitato pro referendum di Piazza Armerina ha avvertito: “quando il popolo si lamenta non c’è problema. È quando sta zitto ed osserva che ci si deve preoccupare. In questo momento stiamo osservando in silenzio”. A seguire ed in chiusura, Filippo Franzone: “è a rischio la credibilità delle istituzioni. Non è possibile che i Borboni e Mussolini hanno cambiato gli assetti territoriali mentre la democrazia non riesce ad attuare se stessa.” Alla fine si è deciso di inviare due documenti con due indirizzi diversi: uno il Quirinale, l’altro

palazzo dei Normanni. Al più alto inquilino del Quirinale, nostro conterraneo, con una lettera aperta è stato chiesto, “disperatamente ed all’unisono”, un’attenzione particolare per la Costituzione, nel timore che il legislatore Siciliano possa, “gattopardescamente”, scivolare nella deriva, poco salutare per la democrazia, di non tener conto della volontà popolare espressa con i referendum confermativi che sono stati celebrati e di privare i cittadini della facoltà di autodeterminazione. Questo perchè “Oggi più che mai abbiamo tutti necessità di credere nelle istituzioni” “ed in particolare qui, nella nostra amata terra di Sicilia, dove spesso le istituzioni hanno fatto cattiva mostra di sé”. L’altro documento da inviare ai deputati di palazzo dei Normanni, pronto in bozza, ma che sarà approvato nei prossimi giorni dai consigli comunali, denuncia la preoccupazione “dello stallo dell’iter legislativo” e delle “voci di stampa che lascerebbero intendere una “marcia indietro” del legislatore rispetto alla legge approvata”. Infine si tenderà a ricordare che “ignorare la volontà popolare” “sarebbe un atto dalle conseguenze nefaste per la democrazia e per la credibilità” dell’operato degli stessi politici. Pertanto “in una stagione in cui ogni risorsa va spesa per ridare credibilità e fiducia alla politica e alle Istituzioni” i consigli comunali chiederanno che, con fermo atto di responsabilità” i deputati di palazzo dei Normanni “prendano atto dei risultati referendari e diano seguito al percorso intrapreso con la legge regionale n. 8 del 24/3/2014 attuando i nuovi assetti territoriali richiesti ed attesi dalle popolazioni L.B.

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MARZO 2015 - Messina

asdfasdfIquaepellenis dolorro volorem dis deliqui tem di Pietro Frazzica asdfUlpa nate lam, corum fugita solupta quiaept atemque pro es rest, quae non pernatu repeles eiumeniam con essedici quaecus dolupta doluptio corit, sedio con reseque dolori consequia veria asit, vel min cuptiur? Ebisque vero ma secabor possunt doluptati sit optur? Quis res remped que prae niaescit exceatae eatem ulla dolori dis quuntib usanducitior sum rehendis voluptatur se iunt, quam volore corum nus, simagni hiliquiam et odi aped esto ero dolorior antiosam quae sita dolestem natius sersperia il idellit quid quam etur aut alibus qui nonsedi pitemqui core il es voloria tiist, ex eost, cum que et ut fuga. Ficilla borion corem andipsa menecte mporrum verunt. Imincit dus dem landis dolorae volutatus, ne commolores resti ati beresequi il ipsa quis et optas mil incipsa eperect ustora idellam diciae vit es iducit voluptatur? Porion perum laut ati-

beat iaernate et ommodio nseditatis rerum reperferi del is magniet et, quis poriatis siminctem rest enis idicipicid quam eligenis es aliquibus corempelendi ut omnimus. Agnietur? Tur, cum et ma simus, ius re consecerci officae mi, voluptae as et quae. Officil et aut aspicil ipsum excepero que sum nonet renecus del iliquo venimpor aut quossimpor ad quiaecte mil etus es volor re plia adis quae. Totaece senectio. Orum volora dolo bea volorio beatest fugiatem. Oluptatur? Aximagnimus de offic te pel

asdfasdfasdfsdafdsafdf mos nimosam, idia dolorepre dolleseque pra qui berro ma ipsa que acit adi consect enisquiatem evelenist lamet alitaectius exerum fugitat ad qui utat auteces quam vento qui odipsapel im rem sunditaquae non evelis re nos rero ommolorro molum delest volum harum adiae pel il-

lor aut quam fuga. Sae por sum, voluptiatent lam rectassime ilit quiat verspient rem et rem doluptas eatque num doluptatur reped eatur, cone illacca boreium qui officit magnimi, qui de sum imi, officiditia quaspe qui doluptat. Eperia et mincil moloribus de-

bit poreptat quid el ide nos ulpa quos et int, undic to torro enda am, quiatur, eossequam fugia dolut odi tem ad et untotas et occus sus nobit omnient odi blaut volorit as pro quiaera volor as sit, to iur, andunt hilles planihi tasiti ommos ant illeseq uatquae. Ra cuptaquatusa nullecaborem ut ea volorem quatquunt endaessi doleni a in cus aut invent evenima ximusda mendem nisqui beaquo tecum facearion porum aut eum escimus qui dipsapel magnis volest facia dest, tem faccum enisciatem doles dolorum endernat quatur, cuptam eic tendandit vid molore esequis eat et, quibus saeruptat entibusae vide porendit eossin rehendia iliquia doluptamet volupta ssusant lisi ne pa con conserumquia quis duciendam volorrum vit iliquat ipitiat estibus, aut ellenihicid magni officil loribus resent laborer cipsae. Adit, oditendem. Et aut est quae venda destint

asdfasdfasdIhicimporpos aceate culparum comnim audaest, ut aut dis magni ut di Saro Faraci asdfDaepudae dempor adi sedis dolum erro dunte ereic te debit vitatum unt ratemporunt volupta ectibeaquidi is venis atus as volupta debitat. At alis veles volenih iligene quam, aceped es volent, sinis doloreseque con nate sit quatis et ex es expedio. Et aut laut quiam, nonsecat rem vent del ipsam lam, voluptas si utecatet quam velestotam que etusam, ab id que pernatio occullam eaquisc ientium experupis explit inimpor rovitate rem venderunt fugiatem remperuptate con ratiisquis iunt optatempor magnisitio blam velia nihilis velectorro magnist iamusandunt, consed quissin tibus. Us mos ex exernate licatur? Quidi doloribus, qui optas es aut ium quam qui bea invendes quatemquamus nis aut apiet int in rerum illabor as duciur, cullam voluptatur a inverum ente pro iunt. Aquiam, sus moloraectiam fac-

cae volore, tet, occum re nobisci istrum, ut optiis debiti ut dolut opta vent ut laut verit eatiam excesti usapicientur sa dolo escit odigenis volupta ssundae vent quo et quo molo imust, sit laut volut lit faccaectur suntibus abor sitas ullic to et laces se laccatur aditatis moluptatiis este nissitisquo consenis modi non nonescias que nest fuga. Ita sed quias illanda dios rescient, odion pre pro bere coriorerum faccus. Gendanis et rem. Itata nis eius et, eria aliquam ipsaepro blaborest, ilit quam, volecum volupitio quas et volorunt, corupta quat volores minvenet officiis ut apellab invenia voluptiore et facererum ellitatia corepudi blatis dolo que assimin ne eum iditiae consequae simust opti aut veliquas aliquiasi ullenditat et quaesci diore officitionem hicidelit qui dolupta qui dit officia perchillibus volut vel inulloruptae cuptibus aliquis sitiam solore essimet faccae estios escil is ip-

con ni digenis volut electem porrumqui tes mossusam event, ommo odio et alitas ratecte mperspe ditatas pelent, velenime ditae et optaestem la pedigenectus cume am aliquos asi resequis atiate nulla venis dolumquis id es ea nis estibus. asdfasdfsdafsdaf N e m sunt accum quatur, sit alit, sum, inumquam rerum, nonsequo cullabo. Nempor arum dolorib exere quassimus il int volest usapeles ullores dolores pore no- erum qui quae core lab id quabis doluptatem voloribust, sequis tur, offictate non cus alitatur reet eosam non porepudi cupta que rionem excea custempor seque conseque possite quo oditiistem si omnis evel inctium suntem. aut min ent ad quam nonseque Itatemquam, vides ut ent atur voloreh endebit omnihil ium reptibus re dios vollandae nonseexplabo reptate mpore, nosam re perrovid molorereic tet, quam ipsae dolupta sperunt fuga. Ibus, doloribus earumquate sitae ne in

pra siti odigeni modit, venis et eostorioste nullesc iendam, am elligenimus vollate velest, to tem facest quam haruptatium erchill antibus. Equia eatur, aut vel es endaerro enimagnimus, sam sequas ea ides rerio. Itatias sequasp ercimilibus et arum alit aria nobist, eaturis aut unt volorep erferferem quae. Nam rempossum harum ident aut faccuptat. Est qui quiatio nseque nim re, sunt, volorio rerrum fuga. Temperuntis dolorae nos que etur? Sitat everum qui to blaboremque evento optatem iusti dolectem ere precatet lam inciatem faccae voluptatur? Imin reperis et litas maio. None porem est, velitatqui beriamet eatem eserum laboreius ipsam, omnis re quidictame eratemporis dollandicit debiti volupta nobitas sinias aut omnis erovidus, quas etur? Equo dolor am rendis dolupiderio eliquae vendanim et ea d

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MARZO 2015 - Messina

Milazzo niente primarie Pd, Barcellona il sindaco sfiduciato? di Giovanni Frazzica La Commissione di Garanzia regionale del Pd, salvo diverse interpretazioni, avrebbe accolto il ricorso presentato dai sostenitori di Carmelo Pino avverso la sua esclusione dalle primarie. Pertanto il sindaco di Milazzo, che risulta iscritto al partito da novembre 2014, potrebbe essere riammesso alla competizione. Chi dissente rispetto a tale decisione è il Comitato organizzatore che ha emanato un comunicato in cui ribadisce lo svolgimento delle primarie. Nel tentativo di dare un contributo di chiarezza interviene il segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, con questo comunicato: «Ancora una volta mi trovo costretto a intervenire in merito alle prossime elezioni amministrative del Comune di Milazzo, e ancora una volta mi tocca ribadire quanto già detto: il candidato sindaco sarà il vincitore delle Primarie che si terranno il15 marzo secondo le regole stabilite dalla riunione congiunta dei direttivi dei Circoli di Milazzo, alla presenza della Segreteria Regionale e Provinciale di Messina». Il segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, interviene sulla querelle legata alla partecipazione del sindaco Carmelo Pino alla consultazione popolare di domenica. «A questo proposito il dispositivo della “Commissione regionale di Garanzia” ha ribadito quanto già espresso in

quelle sedi, cioè la necessità di rispettare lo Statuto e il Codice Etico, oltre all’impossibilità a dare deroghe a chi non è in linea con i principi espressi da quei documenti – riprende – In questo senso, in piena sintonia con la Segreteria Nazionale del Partito, abbiamo valutato e deciso la non ammissibilità alle Primarie del sindaco uscente Carmelo Pino: decisione, questa, che confermiamo anzitutto dal punto di vista politico». Raciti invoca il rispetto delle regole. Il riferimento più o meno velato è rivolto agli assessori Stefania Scolaro e Salvatore Gitto. «Invito pertanto chi pensa di interpretare le regole secondo la propria convenienza, ad evitare di tentare di sporcare le nostre primarie e decidere, una volta per tutte, se stare dentro il Partito Democratico, se essere candidati nella nostra lista o se invece essere lo strumento che Carmelo Pino utilizza per tentare di indebolire il nostro Partito, la nostra coalizione e il nostro candidato sindaco». I Dr, alleati di ferro del Pd, però appaiono infastiditi da questa altalenante situazione, definiscono le Primarie del Pd una vicenda paradossale e scrivono:“La questione delle primarie del Pd a Milazzo sta assumendo una dimensione incomprensibile”. Il segretario provinciale dei Dr, Santi Calderone (l’on. Picciolo da sempre ha visto con simpatia la candidatura di Giovanni Formica), ora si “sfi-

alle primarie, in termini statutari, del dott. Carmelo Pino. Stante così le cose – conclude la nota di Calderone – verificheremo nei prossimi giorni ogni condizione di agibilità politica che si verrà a creare”. Alla luce di quanto sta succedendo le primarie di Milazzo verranno sospese ed i seggi resteranno chiuCiccio De Pasquale si. Si è tenuta infatti la” e preferisce guardare dall’e- una riunione riservata tra Ciccio sterno. “Chi e perché doveva e De Pasquale, Giovanni Formica poteva partecipare alle primarie e Salvatore Presti, candidati ufandava chiarito in tempi non so- ficiali, che avrebbero deciso di spetti, evitando oggi di mettere rinviare la consultazione per eviin serie difficoltà gli aderenti tare che l’esclusione di Carmelo al PD ma anche chi, come noi, Pino possa portare all’ annullamilita in movimenti e partiti che mento del voto. Non si sa ancora dovrebbero essere naturalmen- se i tre candidati continueranno a te alleati – scrive Calderone – I correre per la sindacatura separacittadini non capiscono! e non ti o si creeranno alleanze, anche sono interessati a comprendere se tra Formica e Presti sta prevaquestioni legate ad articoli e a lendo la seconda ipotesi in modo postille dello statuto del Pd. Ci da prepararsi alla sfida in modo troviamo in imbarazzo di fronte compatto, ma De Pasquale non a questo rincorrersi di comunica- è convinto. Intanto a Milazzo ti che vedono le fazioni in campo aumenta a dismisura il numero trincerarsi attorno a posizioni di dei candidati alla carica di sinostilità, che avranno come pale- daco, alla candidatura di Lorense conseguenza l’impossibilità zo Italiano, leader indiscusso del di stare assieme dopo il risultato centro-destra, si sono aggiunte delle primarie. Per questo ci ti- quelle di Maurizio Capone e di riamo fuori, indipendentemente Carmelo Formica. A Barcellona, da una legittima reintroduzione dove pende sulla testa del sinda-

co la mannaia della sfiducia, il direttivo del Pd ha dato mandato ai consiglieri comunali di votarla se non ci sarà un azzeramento della giunta e la costituzione di un esecutivo tecnico. “La Direzione del partito – scrive il segretario Francesco Russo – ha preso atto che il sindaco non ha dato una risposta alla responsabile richiesta del PD di azzeramento della giunta nei termini precisati nel precedente comunicato, ma ha temporeggiato con i consiglieri non firmatari della mozione, ai quali ha annunciato una astratta proposta di negoziazione da intavolarsi dopo l’ottenimento della fiducia, proposta che chiunque abbia buon senso non può che reputare inopportuna ed inaccettabile. Il PD ribadisce la posizione già assunta e resa pubblica ed invita il sindaco ad assumersi le sue responsabilità di fronte alla città, accettando con spirito di servizio l’azzeramento così come proposto dal PD e dalle altre forze politiche della sua coalizione. Su tali basi, interpretando il comune sentire del proprio elettorato, il Pd da mandato ai suoi consiglieri di votare la sfiducia”. All’incontro era presente la maggioranza del partito, assente il consigliere Orazio Calamuneri. Ora è prevedibile un effetto domino sugli indecisi. Tutto però porta a ritenere che l’unica via percorribile per salvare la poltrona di Sindaco sarà l’azzeramento della giunta.

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MARZO 2015 - Siracusa

Il Paginone segue dalla prima come partito unico, la Democrazia cristiana, fu un partito mamma in cui c’era posto per tutti: liberali, conservatori, clericofascisti, briganti, chierichetti rossi, duri, puri, froci, ammanicati con le banche, cani e porci. Ora è la volta del Pd di Renzi e di Faraone, che sembra essere riuscito laddoce aveva fallito persino Berlinguer: accoppiare due bigottismi, quello dei baciapile e quello dei compagni. E difatti i Sudano, lo zio Mimmo e la nipote Valeria (vecchia Dc) con le mani nel grande affaire della spazzatura di Motta sant’Anastasia e di Misterbianco, sono entrati nel Pd per non rischiare di doversi lavare le mani... Pippo Nicotra, ex tutto, condannato dalla Corte dei conti e tutt’ora indagato, ora è uomo del pd. Luca Sammartino, eletto con l’Udc poi Articolo 4, è entrato nel Pd perchè il pd li accoglie tutti, accampando motivi di coerenza. Mi chiedo cosa direbbe Genovese, della coerenza del suo partito… Gente vomitevole. Razza non identificata di asini che per non perdere il potere sarebbe pronta a qualsiasi cosa. Il Pd apre le porte a tutti questi riciclati in cambio di voti utili e, per sanare la ferita del 2001, punta a un risultato pari a quello ottenuto da Berlusconi in Sicilia, il famoso 61 a 0. Parola del sottosegretario e master Faraone. Che tristezza. Chi ha dato il proprio voto al Pd siciliano e ai compagni per essere alternativi agli ex Dc, agli ex lombardiani, agli ex centristi, agli ex tutto, ora si ritrova sullo stesso zatterone pilotato dai Sudano e dai Nicotra e dai lombardiani, e via andare. Che si vuol fare, in Sicilia è così: per rompere la monotonia ci si distrae con l’ammucchiata. Preludio dell’ennesimo partito unico? Tutti negano, ma tutti partecipano all’orgia e sperano nella perpetuazione –anche formale – del godimento collettivo. Le vie della politica saranno strette, ma quelle dell’intesa per mantenere potere e privilegi sono larghe, larghissime. Nunzia Scalzo

Siracusa e il caos “Gettonopoli”, tra cla di Ros a T omar chi o Gettonopoli a Sangue&Arena il passo è breve. Ancora più massacrante per Siracusa Si ai tagli dei gettoni del 20% e alla riduzione del numero delle commissioni. E’ l’esito del gruppo di lavoro che da alcune settimane stava lavorando a questa modifica di regolamento prima che esplodesse il caso “gettonopoli al Vermexio”. Ad aprile la modifica verrà portata in Consiglio Comunale per la votazione. Questo accade dentro il Palazzo. Ma fuori? Siracusa silente. Le rivoluzioni popolari o si fanno bene o, se si resta in silenzio, si richiede quanto meno la richiesta di spiegazioni giuste. In piazza Duomo una 40ina di persone, il numero è già un successo. La piazza praticamente divisa in tre: quelli accalorati, i veri incazzati, che sputano ogni consigliere comunale che entra a Palazzo, gli fischiano e gli fanno fanno le corna. Poi, il “siracusano medio” che si posiziona in mezzo alla piazza, facendo finta di niente, mostra evidente dubbi: che faccio, mi schiero o non mi schiero? E, infine, la schiera dei “falsi neutrali”, dei non interventisti, qualcuno li etichetta “marmellata” nello slang vorrebbe dire “finti borghesi-moralisti-quasi

asociali, omofobi, della serie “non possiamo mischiarci a questi quattro straccioni”. E c’è una quarta faces della città: chi aspetta l’estate per poter lavorare. Albergatori, commercianti, ristoratori, titoli di bar, pub, locali notturni e souvernir, di qualsiasi tipologia merceologica che abbia a che fare in maniera diretta con le migliaia di stranieri in visita per 4 mesi l’anno in Ortigia. Commercianti e piccoli imprenditori che oggi temono gravi ripercussioni del caso Gettonopoli sull’economia della città. E che si apostrofano “stupidi” (per non dire l’aggettivo vero, crudo) per consegnare il 70 per cento dei loro incassi all’erario comunale, tradotto in tasse. “Viviamo o no in una città turistica? E allora, se ci sarà danno all’immagine di Siracusa che si denunci alle forze dell’ordine” - dicono i commercianti di Ortigia - . Chi tutelerà le nostre esigenze? Chi darà conto di quei 650 mila euro? A questi signori consiglieri è giusto ricordare che la politica è una missione, e che in certe fasi della vita economica amministrativa di una città, basterebbero i soli rimborsi benzina e rinunciare alle altre 1300 euro. Soprattutto, quando eredito un disastro poli-

Una veduta aerea tico-finanziario”. Che tristezza! I cassonetti della spazzatura rivoltati in pieno centro storico, proprio come nelle “favalas”. In queste ore Ortigia doveva essere invasa da turisti, e invece

resta silente. Adesso spunta un altro enigma: che sia vero, che ci sia una regia occulta al di là dei Grillini? Una manovra politica che usa e strumentalizza il deputato pentastellato Zito? Se

E al Consiglio comunale va in onda Siracusa al centro dell’Arena nazionale. Il sindaco non c’era e nemmeno il vice Italia (si sa che sia a Berlino per la borsa del turismo). Stranamente “muto” il presidente del Consiglio Leone Sullo, circondanto da una trentina di consiglieri (quasi assente la opposizione, tranne Rodante), forse 4 gli assessori venuti a dare manforte all’assise. Pacche sulle spalle, incitamenti, suggerimenti da dietro le quinte, incoraggiamenti (bravo, bene, bis). Magari fosse sempre cosi in consiglio comunale. Il quadro è molto triste. Al quarto piano va in onda il massacro di Siracusa. Sotto il silenzio, nemmeno un coro di indignazione. Nemmeno una ciambella di salvataggio alla povera Aretusa che affoga. Ma è il dietro della tela che conta di più. Dinnanzi a Giletti sono comparsi i 4 capigruppo (su 9?) delle forze politiche in Consiglio Comunale che, con importanti defezioni al suo interno, ha fatto ovviamente la clack e il suggeritore dietro le spalle di Castelluccio, Pappalardo, Palestro e Cavarra i soli ad esporsi verbalmente davanti alla

sospetta gogna mediatica. Tutto questo per dire che le scene più vere e crude sono state quelle del backstage e dei fuori onda. Con la inviata di Giletti che riprendeva sistematicamente i più focosi, Palestro e Cavarra, quest’ultimo si è pure sentito male, si è lasciato andare su una sedia come un boxer stremato al corner del ring, facendo intervenire anche il collega Moscuzza. medico nella vita di tutti i giorni che, nel frattempo, aveva abbandonato l’arena siracusana per una boccata d’aria in terrazzo. L’aria del resto era davvero pesante in aula. A Salvo Cavarra, che non è riuscito nemmeno a trattenere le lacrime oltre che la rabbia per vedere cosi infangata la città di Siracusa e il Consiglio Comunale, il merito di aver “arringato” con passione e trasporto, a Carmen Castelluccio, capacità esclusiva delle donne, quello di aver preso di petto la questione con il giusto aplomb e self control :”Che non passi il messaggio che questa Città è un covo di accattoni e ladri. Siamo pronti a rivedere la legge regionale n. 30 per la quale esiste già

una presa di posizione all’Ars del Pd”. Al consigliere Alberto Palestro poi il compito di affondare la lama nella piaga di Stefano Zito, principale accusatore nell’Arena di Giletti: “Certamente singolare che da quando l’on. Zito ricopre tale carica la madre (Maria Italia) abbia per incanto ricevuto l’incarico di presidente della Commissione esami dei corsi di formazione indetti dalla Comunità Europea con decreto assessoriale della Regione Siciliana. Seguirebbero altri due, tra affondi di tal guisa, ma già uno basta per ar comprendere quanto sia scaduto di tono il dibattito e quanto gli interlocutori siano andati fuori pista”. Al capogruppo Pappalardo re non sia stato dato nemmeno il tempo di completare o enunciare gli atti amministrativi portati a termine dal consiglio comunale grazie al lavoro propedeutico svolto dalle commissioni, otto, per un totole complessivo di 1201 sedute (fossero anche di più non cambierebbe nulla perche sempre 26 sarebbero le sedute riconosciute ai fini del gettone di presenza). In-

La protesta d somma, questa domenica nazionale pare che nessuno ci abbia azzeccato. Nemmeno Giletti. Perchè la vera, unica domanda da formulare, semmai, sarebbe stata:i “Possono i capigruppo consiliari prendere il gettone di presenza, si o no?”. Fatto salvo che la legge regionale 30 va modificata e rivista, che tutti sono d’accordo che non è una legge di quest’amministrazione, ma

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clamorose proteste e tanta, troppa, indifferenza

ta aerea di Siracusa lo chiedono pure i commercianti. “Quello che preoccupa di più è che stiamo diventando burattini ignari a cui dare contentini. Quali? E’ noto che, quando un cittadino viene spremuto come

un’arancia, non ha tempo di capire bene ciò che sta accadendo intorno. Disinformazione, mancanza di mezzi di cultura e di occupazione non fanno crescere uomini e donne nella vita in ge-

nerale, figuriamoci in politica. Il sistema globale non funziona, in più abbiamo fatto la cravatta all’ignoranza da quando, paradossalmente, è stato inventato il network sociale filo americano in Europa. Metti questo strumento nella politica (sistema berlusconiano) e il passo è breve, la corruzione, l’illegalità. Se è vero che c’è una grande regia occulta, ci sarà pure una scena e un dietro le quinte: il problema lobbie che divide il popolo dal potere”. In questo momento, centinaia di siracusani (compresa chi scrive, ndr) chatta dal pc per protestare. Perche non in piazza duomo per gridare “vergogna!”. E invece nessuna saracinesca abbassata, tutti al proprio posto di lavoro o sulla tastiera. Bene, adesso la gente si aspetta il rimborso dei gettoni di presenza per il 2015. E tornano a tuonare i commercianti di Ortigia: “Abbiamo fatto tanto per risollevare l’immagine di Siracusa alla vigilia della bella stagione e del turismo che la posizione dei commercianti appare adesso disperata, non troviamo un interlocutore valido, nemmeno tra i cittadini”. I “quattro” che continuano a fischiare, a protestare contro il Palazzo sono disoccupati, operai, cassintegrati, padri di famiglia che non ricevono lo stipendio da

mesi. Loro hanno tutte le ragioni di sputare amaro. Sono quelli che non soffrono che stanno in silenzio. E se fosse una macchina del fango organizzata artatamente per screditare l’amministrazione Garozzo? La destra nazionale è stata scavalcata dalla sinistra nazionale. Ma a livello locale gli interessi sono sempre gli stessi, fortissimi. IL consigliere Salvo Cavarra, in effetti, ha detto a Giletti una mezza -verità: il sistema è marcio. Ma le vittime restano quelle che soffrono e non posso soffocare la loro rabbia stando in silenzio o in disparte. Come quel commerciante - imprenditore di Ortigia che ha ricevuto ben 21 ispezioni in sei mesi. “Io pago, vivo nel terrore che possa cadere anche una foglia di lattuga a terra - dice - Io do l’esempio ai miei collaboratori: rispettare le regole. Perchè chi sta al Comune non lo fa? Spendere 656 mila euro di bilancio non te lo puoi permettere in questa città..E poi, perchè Zito Il sindaco Garozzo forse è l’unico ad ammettere che 1200 commissioni in un anno. “Non voglio nemmeno rivolgermi male nei confronti dei Cinquestelle perche pensiamo che ci sia qualcos’altro di più grosso dietro – dice il primo cittadino aretuseo -, stiamo raccogliendo i dati per saperne

di più”. Il riferimento è presto fatto. Come mai nel corso della trasmissione Rai viene citato anche il caso Pillirina e del marchese imprenditore De Gresy? Un fatto che ha dato una serie di segnali dentro il Palazzo: forse ci sono dei poteri forti che si stanno vogliono pestare i piedi all’amministrazione comunale? Probabilmente il Consiglio comunale di Siracusa non ha saputo spiegare bene la mole di lavoro prodotta in 1200 sedute, e si potrebbe fare l’esempio del Comune di Bari che di sedute di commissioni ne conta 3000 in un solo anno. Intanto, al Vermexio, i consiglieri comunali stanno mettendo in campo una serie di correttivi delle spese con una serie di modifiche. “Se questa regia occulta pensa che noi rallenteremo su qualcosa che intendiamo portare termine, sta sbagliando metodo” – dichiara il sindaco. Del caso è stata già coinvolta anche la deputazione siracusana, PD tutta, per rivedere la famigerata legge 30 del 2000 a sostegno della riforma Baccei. “Eventuale responsabilità mia? La legge 30 ha 15 anni di vita – precisa il sindaco -, la procedura è assolutamente burocratica. Se qualcuno vuole intimorirci la porta a cui stanno bussando è totalmente sbagliata”.

da il massacro della città, il sindaco assente

protesta davanti al municipio ricevuta in eredità dalle passate amministrazioni (nel 2000), il punto, ribadiamo, è: è vero che i capigruppo non possano prendere gettoni di presenza senza far parte delle commissioni e senza avere diritto di voto, a prescindere se le presenze superino o meno le 26?. E se è così, è possibile recuperare al più presto i soldi intascati “indebitamente”? Sarebbe questo il succo della in-

chiesta avviata dai Cinquestelle che poi, non sisa come, è andata a strabordare verso altri lidi e contesti che nulla avevano a che fare col tema attuale: “gettonopoli”.De Gresy, la Pillirina, villaggio turistico si o no, ecomafia, appalti condizionati. Altra triste nota per la povera Siracusa: in piazza a protestare non è sceso nessuno. Solo in tre erano li sotto l’orologio di Piazza Archimede a constatare che questo popolo non riesce più nemmeno ad indignarsi, oltre a non difendersi. Che tristezza! Non finisce qui. Penso che anche Giletti vorrà ritornare sul caso domenica prossima. La fiera continua con la bella stagione quasi alle porte e il nostro trend del + 12% di

incremento turistico nonostante quell’86° posto in classifica nazionale per qualità della vita. Un fatto è certo: il grosso danno all’immagine di Siracusa. Potrebbe essere una occasione storica per i siracusani, rompere il silenzio della rassegnazione (per non dire omertà) e scegliere di porre fine a questo delirio. Qualcuno pensa che i 40 dovrebbero autosospendersi e cavalcare l’onda lunga del rinnovamento. Ma sino a quando la piazza sarà disertata, Siracusa resterà condannata al nichilismo. “Devono chiedere scusa altrimenti da qui non ce ne andiamo”. E poi, fischi, improperi, persino sputi verso qualsiasi consigliere comunale che varcava la soglia di Palazzo Vermexio. L’apoteosi di parolacce, poi, si dice, pare sia stata raggiunta alla presenza del consigliere Salvo Cavarra il quale ha dichiarato pubblicamente all’Italia che per andare in consiglio comunale spende 400 euro al mese di benzina (abitando lui a Priolo). Da li l’infelice battuta di un ospite dell’Arena “i consiglieri di Siracusa hanno la Por-

che”. Va da sè, che stamattina al quarto piano l’assise civica si è riunita per ascoltare la relazione semestrale del sindaco Garozzo. L’aula era piena per la presenza (pare programmata da giorni) di alcune classi dei licei Gargallo e Corbino che aveva chiesto di “far conoscere agi studenti l’amministrazione comunale della propria città e cosa essa svolgesse a beneficio della collettività. Insomma, la quarantina di indignati che si erano dati appuntamento sotto il Palazzo, non è stata fatta entrare in aula consiliare dalla Polizia Municipale solo perchè non c’era spazio. E forse, vista la presenza di minorenni seppur accompagnati dai docenti, non era il caso considerato anche il tema troppo caldo da affrontare, “gettonopoli”. Troppi riflettori accesi su questa vicenda, sarebbe opportuno smorzare luce e toni e dare un po’ di tregua alla povera Siracusa che ne esce davvero malconcia. Cosi la pensano i commercianti, alcuni, del centro storico che nei prossimi giorni intendono prendere una posizione precisa su questa vicenda

scoppiata al Comune. Parlano di “danno all’immagine della città turistica e quindi all’economia, al turismo”. Dall’altra parte la rassicurazione del sindaco Garozzo alla Borsa del Turismo : “A Berlino è tutto tranquillo e la promozione della nostra città sta andando a gonfie vele”. Ma la miniprotesta sotto il Palazzo incalza. “Devono chiedere scusa a tutti, specie a chi non ha mille euro per campare la famiglia - urlano gli indignati di Gettonopoli - . Nessuno ammette di aver sbagliato come se per fare commissioni potessero bastare un miliardo di vecchie lire”. Ma i consiglieri comunali continuano a spiegare di aver agito nel pieno della propria legittimità (la copertura della ormai famosa legge regionale 30 del 2000), rispondo i cittadini: “E’ una scelta morale, potevate rinunciare”. I toni si fanno più forti quando qualche consigliere (cosi raccontano gli indignati) ride in faccia al gruppo di insorti, “istiga” urlando: “Guardali lì, quattro ignoranti che chiedono le dimissioni!”. R.T.

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MARZO 2015 - Agrigento

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MARZO 2015 - GIARRE

La giunta Bonaccorsi non riesce a volare alto “C’è qualcosa di antico nel sole oggi”. E’ così che si risveglia ogni giorno, da qualche mese, la politica a Giarre Contemporanea. Quel “qualcosa di antico” è il “tirare a campare”, quello andreottiano, che si accompagna ad un cinico “sempre meglio che tirare le cuoia”. Il tutto è poco contemporaneo, poco comunicativo, poco fruibile sui social network, troppo lento. Non è chiaro quando tutta questa lentezza sia cominciata, se quando sono finiti gli annunci e non sono seguiti i fatti, quando sull’allargamento di Piazza Duomo è scoppiato il caso e il sindaco ha fatto retromarcia, quando è finito l’entusiasmo, quando alle elezioni europee il partito del sindaco e del senatore Pagano ha fatto un incredibile tonfo, quando è arrivata la notizia dell’indagine catanese sul falso ideologico nella redazione del bilancio del Comune di Catania, o quando quelle che molti chiamano cambiali elettorali sono divenute troppe, dal medesimo oggetto, tanto da renderle inesigibili per nessuno dei sostenitori del sindaco durante la campagna elettorale. E così se per parte loro gli sponsor si sono ritrovati con

Il Comune di Giarre il loro sostegno-investimeto per il sindaco dal valore della carta straccia, i sindaco si è ritrovato scoperto in consiglio comunale, con una maggioranza divisa, frazionata in singoli, fino ad essere una minoranza in un consiglio ostile. E forse questo è il tratto che più di tutti ha rimesso in sintonia il consiglio comunale e

la città: l’ostilità al sindaco. La colpa più grave dell’uomo solo al comando? Essere rimasto solo e illudersi di governare una città per il sol fatto che comunica delle cose. Ma il governo è una macchina fatta di ingranaggi politici e burocratici e se di quelli politici si è detto, di quelli burocratici c’è da evidenziare come

alcuni dirigenti siano gravati da procedimenti dell’autorità giudiziaria, quello della prima area attende di conoscere la sua sorte dal CGA, mentre il RUP del contratto di quartiere di via Teatro è all’origine di quella che rischi di essere una bomba sociale: l’assegnazione dei nuovi alloggi con misure notevolmente inferiore

a quelle degli alloggi che prima li accoglievano. Il quadro è sconfortante e al fumo della comunicazione del sindaco si aggiungono le incertezze relative alle sorti di chi, in ruoli chiave, ha fatto da cinghia di trasmissione del potere politico, i dirigenti. Non è quindi un caso che Giarre non eserciti più un ruolo guida nei paesi dell’hinterland, non è più in grado, e guarda assopita e invidiosa all’attivismo dei primi cittadini e degli assessori delle città vicine. I vuoti come sempre vengono colmati e se un sistema di governo non è all’altezza del compito un altro lo sostituisce. Ma chi paga il vuoto del decisore politico giarrese? Lo pagano i giarresi. Non è un caso che la Confcommercio, ultimo motore della città che fu, non faccia che recriminare su fatti di vita quotidiana della città rispetto ai quali il sindaco e la giunta hanno perso il controllo e l’interesse. A giarrecontemporane si tira a campare, il domani non è all’ordine del giorno e il futuro declina in un eterno presente, la progettualità della politica cede alla gestione dell’ordinario. DLM

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MARZO 2015 - Redazionale

Dalla parte del debitore Questa settimana approfondiremo il quadro nazionale del contrasto dell’usura bancaria. In tutta Italia si moltiplicano le cause promosse dalle aziende e dalle famiglie contro questa moderna piaga sociale. In particolare nelle ultime settimane anche i grandi organi di informazione intervengono sulla questione usura bancaria. L’Espresso fa un’intervista ad un imprenditore milanese introducendo l’articolo con questa chiara sintesi: Sul tavolo c’è una questione spinosa come quella dell’usura. Non quella applicata dalla criminalità organizzata, ma l’usura bancaria. Un fenomeno difficile da quantificare con precisione. Le uniche cifre sono quella della Fondazione SDL, un centro studi basato a Brescia, di cui fanno parte avvocati, commercialisti e imprenditori come G.P. Analizzando circa 150 mila prodotti bancari, SDL dice di aver rilevato nel 71 per cento dei casi la presenza di usura oggettiva ai sensi del codice penale. E sulle 19 mila pratiche giudiziarie intentate finora contro le banche, afferma di aver ottenuto per i propri clienti, quasi sempre tramite transazioni, diverse decine di milioni di euro. ……………. G.P., ci racconti in breve la sua storia personale. Nel 2012, grazie ad un amico che fa il perito per le banche, ho scoperto che sui conti correnti e sui mutui delle mie aziende venivano praticati tassi d’usura. Mi sono allora rivolto alla studio legale SDL, del professor Serafino Di Loreto, il quale mi ha spiegato come, in base alla legge 108 del 1996, mi veniva effettivamente praticata usura. Ha fatto causa alle banche? Sì, ho fatto una decina di cause. Ovviamente per recuperare quanto pagato ingiustamente, ma anche per un senso di responsabilità civile: riflettendo su quanto mi stava accadendo, ho capito che dovevo farlo per non lasciare ai miei figli una società in cui la classe dirigente, in questo caso quella bancaria, esercita usura sulla piccola e media impresa e sulle famiglie. Alla fine le cause le ha vinte? La prima l’ho vinta, a Milano: nel conto corrente di una mia azienda la perizia disposta dal tribunale ha rilevato usura penale per 50 mila euro. Le altre cause sono ancora in corso. Concretamente, in che cosa consiste questo

trattamento privilegiato? (verso le banche) Tutto si gioca sulle perizie che il tribunale dispone per analizzare i conti correnti e ravvisare se vi è stata o meno usura. Nel resto d’Italia prevalgono le indicazioni di redigere la perizia sulla base dei criteri della legge 108 del 1996 e delle successive conferme della Cassazione. A Milano, invece, la linea predominante è quella di analizzare i conti correnti non sulla base della legge dello Stato, ma seguendo le istruzioni secondarie della Banca d’Italia. E qual è il problema? Il problema è che le istruzioni della Banca d’Italia sono decisamente più vantaggiose per gli istituti. E non è un caso, visto che gli azionisti della Banca d’Italia sono le stesse banche…………………. Lei però ha detto che a Milano una causa l’ha vinta, in realtà. Sì, è vero. L’ho vinta perché la banca aveva talmente esagerato che, nonostante siano stati applicati i criteri favorevoli della Banca d’Italia, il conto corrente è risultato essere comunque in usura. Sullo stesso argomento, commentando un doloroso fatto di cronaca, interviene Repubblica: Cresce sempre di più la tensione tra i piccoli imprenditori e le banche prestatrici sul credito, e su uno dei suoi effetti più spiacevoli: le cause legali per usura bancaria. Dopo anni di una crisi mai vista prima, che ha provocato una pesante restrizione del credito e triplicato le sofferenze in pancia agli istituti (quasi tutte derivanti da crediti finiti in mora) gli animi si stanno esasperando. Lo dimostra il gesto drammatico di Giuseppe Oneda, imprenditore travolto dal fallimento dell’ azienda Omb a Brescia che ha preferito bruciare la villa di Azzano Mella, costruita con i risparmi di una vita, piuttosto che farsela pignorare dalla banca creditrice. Qualche giorno fa, Oneda ha sparso cherosene sui due piani dell’ abitazione, ha acceso il fuoco poi ha telefonato all’ istituto: “Ecco, ora potete venire a prendervi la casa”. Oneda è stato arrestato, e ricoverato per accertamenti all’ ospedale di Montichiari. La sua storia, di umiliazione, solitudine, amarezza, non è però isolata. Da tre anni i contenziosi tra imprenditori e istituti si moltiplicano, e mettono a dura prova una normativa ambi-

gua, interpretabile dai giudici e soggetta alle pressioni ambientali delle banche, per difendersi da un nuovo avversario: il cliente. Tutto avviene in punta di diritto, con due giurisprudenze contrapposte: la prima richiama le fonti normative, che dalla legge 108/96 conteggiano, nell’ usura, tutti gli interessi applicati a un prestito; la seconda sfronda alcuni costi e ne estrae dal calcolo altri, in base alle circolari di Banca d’ Italia, e si rivela più clemente con gli istituti. Forse non è un caso che la seconda linea sia prevalente al foro di Milano, dove molte banche italiane hanno sede. Anche i giornali locali iniziano ad intervenire nella polemica: La voce di Mantova scrive: Il boom delle cause alle banche negli ultimi tre anni ha sfiorato anche Mantova, dove i giudici hanno dato ragione al querelante. In Italia il fenomeno è in netto aumento, come spiegano i dati della fondazione Sdl.. Ad aver fatto sì che il capoluogo lombardo sia diventata la roccaforte legale degli istituti di credito non c’ è solo il fatto che al Tribunale milanese si presentino i migliori avvocati per difendere le banche dalle accuse che vengono loro mosse. È che a Milano giocano in casa. Questo, almeno, sostiene Andrea Greco, penna di punta di “Repubblica”, esperto di Finanza che nei giorni scorsi ha gettato un occhio sulla situazione delle contese legali tra le banche e gli imprenditori che le accusano di usura. Se a Milano gli istituti vengono quasi sempre prosciolti dalle accuse, nel resto dello Stivale la situazione sorride invece alle presunte vittime. Anche a Mantova si è registrato un caso in cui i giudici hanno dato ragione al querelante, così come nelle aule di giustizia dei tribunali di Fermo, Teramo, Pavia, Enna, Palermo, Trani e Pescara. E a Catania? Ci rivolgiamo ai nostri lettori, se siete coinvolti o avete notizia di usura bancaria scriveteci: ufficio stampa@sdlcentrostudi.it

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MARZO 2015 - Cultura

Andy Warhol da sabato 21 in mostra a Taormina

In alto Palazzo Corvaja e a destra il manifesto della mostra Si svolgerà a partire dal prossimo sabato, fino al 7 giugno, la mostra “Masde in Warhol” inserita all’interno della programmazione di TAORMINA ARTE, e con il patrocinio del Comune di Taormina, organizzata da Studio Soligo e curata da Giuseppe Stagnitta e Julie Kogler con la consulenza scientifica dello psicologo dell’arte Alberto Angelini, documenta la grande forza comunicativa della personalità più ecclettica e importante dell’arte del ‘900: Andy Warhol. Le opere esposte saranno 60, provenienti dalla famosissima Collezione Rosini-Gutman (dalla nota Campbell’s Soup e Brillo alla celebre Marilyn Monroe e Mao, da Man Ray a John Gotti e Liz Taylor e la rara opera su tela di Liza Minelli per citarne alcuni…). Nello stesso tempo l’esposizione proporrà quella celebrazione di “cose”, “persone” e “simboli” ricorrenti nella business art di Andy Warhol (dando un taglio all’esposizione strettamente “analitico” che si concentrerà più sulla personalità dell’artista, grazie anche al contributo dello psicoanalista Alberto Angelini) che lo hanno reso forse il più famoso artista dell’era contemporanea: i manifesti dei suoi film, le copertine dei dischi tra cui quelle dei Rolling Stones, Velvet Underground, Graces Jones, alcuni abiti da lui disegnati e autoritratti video. Si troverà in mostra, inoltre, la

proiezione di una rarissima intervista realizzata dal giornalista Vanni Ronsisvalle nel 1977 a Roma, dove l’artista viene ripreso nel suo vagabondare per la Città Eterna, incontra personaggi proprio del tessuto sociale romano di quel periodo, come Federico Fellini e si sofferma contemplando le architetture barocche del centro città. Fama, notorietà, moda, fungono da agenti scatenanti per i prodotti d’arte, piuttosto che opere, realizzati dal manager/artista Warhol. Prodotti in cui l’unicum artistico è sublimato nella forza violenta e dirompente della serigrafia, la silkscreen che concede la riproducibilità di una matrice, di originali che rimangono tali, che diventano strumenti di comunicazione. Una produzione seriale di oggetti/soggetti quotidiani, decontestualizzati e resi accessibili al grande pubblico grazie alla loro immagine/icona che non richiede più interpretazioni o letture che sempre hanno indirizzato, limitandola, la visione dell’opera d’arte verso spettatori preparati. I ritratti di alcuni tra i più famosi vip del jet set internazionale testimoniano il periodo “mondano” e glamour intrapreso da Andy Warhol durante il quale all’artista vennero commissionati ritratti da ogni parte del mondo e dalle più disparate categorie sociali di personaggi, purché facoltose (“Pittore di corte degli anni settanta” è come il critico Robert Rosenblum de-

finisce Warhol). L’evolversi delle attitudini comunicative, virtuali e non, ha confermato con il trascorrere dei tempi la funzionalità, a tratti subliminale, delle scelte estetiche e stilistiche della produzione made in Warhol in relazione al potere persuasivo dell’immagine. Un potere sempre più ineluttabile, elemento primario all’interno di tutti i contesti sociali e sociologici in cui Warhol comunica, suggestiona, trasmette i suoi valori e le sue tecniche e citazioni. All’interno dello spazio espositivo si troverà anche il percorso culturale Made in Benanti: l’arte contemporanea e soprattutto la Pop Art, così strettamente legata al marketing e alla comunicazione, si avvicina al vino e al suo modo di comunicarlo, con un “Progetto” per l’Azienda Vinicola Benanti, TRASFORMANDO la bottiglia che contiene il vino, ed il vino stesso, in Opera d’Arte. Tre artisti per tre etichette: Danilo Bucchi, Emilio Leofreddi e Marco Tamburro creeranno, attraverso un evento ogni mese, nel “giardino interno” del Palazzo Corvaja, un’opera dal vivo sulle casse di vino, sistemate come per creare un grande muro/tela sul quale fare esplodere la dirompente energia comunicativa di matrice neo pop dei tre artisti.

Tutto quello che serve sapere Titolo: Made in Warhol Luogo: Palazzo Corvaja, Taormina Inaugurazione: venerdì 20 marzo alle ore 18,30 Data: dal 21 Marzo 2015 al 7 Giugno 2015 Curatela: Julie Kogler e Giuseppe Stagnitta Catalogo con testi di: Julie Kogler, Giuseppe Stagnitta, Alberto Angelini, intervista di Vanni Ronsisvalle del 1977. Organizzazione: A.c, Studio Soligo, Roma Cura scientifica: Fondazione Rosini-Gutman, Prof. Alberto Angelini Con il sostegno di: Azienda Vinicola Benanti, Giovannetti Collezioni Patrocini: Unione Europea, Regione Sicilia, Comune di Taormina, Taormina Arte Informazioni: Giuseppe Stagnitta +39 3382777142 - stagnittagiuseppe@gmail.com

Info biglietteria

Orari apertura: 10,30 – 13,00 | 16,30 – 21,00 Biglietto: 7 euro intero - 4 euro ridotto Per acquistare i biglietti Biglietteria Uffici Taormina Arte (0942 628730) o direttamente al Palazzo Corvaja. I biglietti possono essere acquistati anche nei punti vendita Box Office Sicilia (call center 095 7225340). Acquisto biglietti online su www.taormina-arte.com www.ctbox.it

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MARZO 2015 - Attualità

Al “Karol Wojtyla” due giorni sulla violenza contro le donne di L ella B atti ato All’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania, due giorni intensi sulla “Violenza contro le donne oggi, e non solo…” un importante incontro per motivare gli studenti su un tema oggi pressante: il femminicidio, come osserva il dirigente scolastico Daniela Di Piazza. L’incontro, a cura dell’associazione nazionale antimafia “Alfredo Agosta”, è stato condotto da Marisa Scavo, procuratore aggiunto della Repubblica, Salvatore Di Bella, responsabile della sezione di P.G. Polizia di Stato, Fausto Sanfilippo, presidente associazione nazionale “Alfredo Agosta” e il vicepresidente Carmelo La Rosa, il procuratore Agata Consoli e Giuseppe Agosta. Durante l’evento Lella Seminerio ha presentato il suo libro “La casa del mandorlo”, che ha rappresentato un valore aggiunto nell’interazione con la platea degli studenti. Alcuni di loro intervenendo hanno fatto emergere come il problema sia toccante non solo come “fatto sociale” ma a volte personale, anche intervenendo in terza persona”. “Il filo rosso dell’incontro, sottolinea il dirigente, ha percorso un binomio congiunto tra epiloghi eclatanti scaturiti da fatti accaduti, ma anche il percorso culturale e le forme di maschilismo che aleggiano sovente nel nostro tessuto sociale ancora oggi, affondando le radici in realtà del più vicino passato ambientato nella nostra Sicilia, oltretutto le pieghe descrittive di realtà contadine, superbamente narrate nel romanzo di Lella Seminerio, nostra concittadina autrice de “La casa del mandorlo”. Andando su e giù nelle narrazioni anche giornalistiche che fino al 1981 contemplavano tra le norme anche quelle del delitto d’onore, attenuante per gli uomini omicidi, nei confronti di

Marisa Scavo e l’associazione antiracket mogli, sorelle, figlie”. Il procuratore aggiunto Marisa Scavo ha posto una domanda “I femminicidi sono prevedibili? Gli atti di violenza in famiglia sono campanelli d’allarme che dovrebbero indurre la donna a denunciare. Ma dai dati statistici, quasi il 94 per cento delle donne che subisce violenza non denuncia. Perché?”. Spiega in modo esaustivo le motivazioni: “Si colpevolizza, tutto sommato l’ha meritato!; paura di non essere creduta soprattutto quando si tratta di violenza psicologica che sono le violenze più insidiose perché la donna perde l’autostima sentendosi una nullità nei confronti della famiglia, del

marito e dei figli; le violenze psicologiche sono le più difficili da provare a livello giuridico perché difficilmente provabili; non sono autosufficienti economicamente e hanno paura del processo penale! È necessaria la sinergia con la scuola e con i giovani e la collaborazione con i docenti”. L’autrice legge commovendo gli studenti alcuni brani del romanzo e chiarisce “il mio libro nasce da una serie di racconti di vita vissuta: donne anziane, ho voluto che questo mondo fosse noto alle nuove generazioni che ignorano la reale vita delle donne della nostra terra settant’anni addietro. Ho raccontato la storia di Mara

una donna sensibile, ma non debole, perché è la storia di tutte le donne che nel tempo sono state sottomesse e umiliate. E accendere una luce su tutte le violenze subite in passato dalle donne, di cui nessuno ha parlato mai”. Il procuratore Consoli chiarisce “prevenire e denunziare e affidarsi alle forze di polizia che sono in grado di offrire immediata e rapida tutela, grazie alle riforme introdotte dal 2014, che hanno consentito di ricorrere a misure limitative delle libertà personali in favore di chi denunzia”. Il presidente dell’associazione invita i ragazzi a consultare sempre il sito, e il dirigente scolastico informa che il link

dell’associazione sarà inserito in quello della scuola. Giuseppe Agosta, figlio del maresciallo dell’Arma dei carabinieri ucciso alla mafia, presenta l’associazione nata da meno di un anno, l’unica ad avere inserito nel suo sito: l’osservatorio sulla criminalità organizzata, violenza, reati ambientali, patrimoniali, trasparenza e correttezza pubblica amministrazione, violenza contro le donne e violazione dei diritti umani. Carmelo La Rosa informa che nel sito si può trovare l’area giovani: sport, formazione-lavoro e 36 agenzie interinali per collegamenti, tirocini formativi, stage gratuitamente.

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MARZO 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche Un nuovo diritto del lavoro dalla tutela nel posto alla tutela nel mercato? di Maurizio Ballistreri

Alla fine il Job Act è stato approvato e con esso le nuove norme sui licenziamenti individuali. Non si tratta di un provvedimento di “manutenzione” del nostro diritto del lavoro, sul versante della regolazione dei rapporti individuali, ma di un vero e proprio cambio di prospettiva, come ha illustrato nel corso di un convegno svoltosi presso la Corte di Cassazione, l’eminente giurista del lavoro Alessandro Garilli. Sono state eccepite da importanti settori della dottrina giuslavoristica e da parte della Cgil molte criticità nelle norme in questione, tra eccessi di delega, trattandosi di legge delega del parlamento al governo, e violazioni al principio di uguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, della Costituzione, a causa del doppio regime in materia di disciplina del recesso datoriale, con il mantenimento dell’art. 18 riformato dalla “legge Fornero” del 2012, per chi era occupato alla data di approvazione della legge delega e le previsioni del “contratto a tutele crescenti” per i nuovi; ma hic rhodus hic salta e con il Job Act il sistema economico e sociale, oltre che gli studiosi e gli interpreti dovranno confrontarsi, poiché la sua portata è tale da innovare profondamente l’ordina-

Da

mento del lavoro in Italia. L’elemento fondamentale di cultura giuslavoristica della riforma è il passaggio dal modello della tutela nel posto di lavoro a quello nel mercato del lavoro. Da un sistema cioè di tutela del lavoro basato sulla job property, legato al modello della stabilità dell’impiego, a un sistema di protezione ispirato a quello nord-europeo della flexsecurity, che ha nelle politiche sociali della socialdemocrazia danese il paradigma. La flessibilità aziendale consentirà scelte aziendali in materia di riduzione degli organici e organizzazione del lavoro non influenzate dalle eventuali pronunzie giurisdizionali, ma da un costo di fine rapporto predefinito in ragione dell’anzianità di servizio del lavoratore e minimo all’inizio del rapporto di lavoro. La security, a sua volta, prevede che al lavoratore venga assicurata un sostegno del reddito offerto dalla nuova ASpI e servizi di ricollocazione. Su quest’ultimo aspetto, la legge-delega approvata recepisce, rispetto a quello che possiamo definire come “modello tedesco” di servizi per l’impiego, il Bundesanstalt für Arbeit e cioè una grande organizzazione esclusivamente pubblica, il modello “anglo-olandese”, con la sinergia tra strutture pubbliche e aziende private specializzate. La legge-delega infatti, è incentrata anche sul ruolo strategico delle agenzie specializzate nei servizi di placement e di outplacing, per mezzo del cosiddetto “contratto di ricollocazione”, attraverso il quale il lavoratore potrà scegliere una delle agenzie specializzata e autorizzate a livello regionale, impegnandosi a cooperare per il suo reinserimento nel mondo del lavoro, a pena della perdita dell’integrazione al reddito.

Il servizio di flexiecurity verrà coordinato da un’agenzia statale nazionale per il lavoro. Ma a parte le perplessità sul coordinamento istituzionale StatoRegioni, per un’operazione così complessa quale è quella della ricollocazione dei lavoratori, che già nel passato su altri istituti, come l’apprendistato, ha evidenziato forti carenze, e quelle economiche sulla (giusta) generalizzazione di un reddito minimo garantito a chi si trova senza lavoro (18 miliardi di euro il costo stimato!), c’è un punto che nel Job Act non ha adeguato rilievo: la semplificazione delle norme in materia di lavoro. La stratificazione e la farraginosità delle norme in materia di lavoro rende sovente difficile rendere effettivo il diritto, generando incertezze per le parti contraenti e frequente il ricorso alla giurisdizione, segnata da superfetazione delle domande. Servirebbe un codice del lavoro in forma semplificata (esiste in tal senso una proposta del senatore e giuslavorista Pietro Ichino), scritto in forma semplice e intelligibile da parte di tutti i cittadini, senza formule arcane, quando non barocche, di difficile comprensione, di non più di 50 articoli, in cui sintetizzare le norme del codice civile del Libro V, lo Statuto dei lavoratori e tutte le leggi in materia di rapporto di lavoro. E probabilmente, andrebbe ripensato lo stesso sistema giurisdizionale del lavoro, introducendo forme arbitrali più efficaci, come auspicò, anche dalle colonne di “Mondoperaio”, Gino Giugni. Insomma, per il diritto del lavoro in Italia non bisogna comprimere le tutele ma semplificarlo e renderlo effettivo sul piano sostanziale.

(“Lunga vita a Nerone”) Al peggio non c’è fine di Enzo Trantino “Le due raccolte di fiabe più belle che l’Italia possiede ci vengono dalla Sicilia e dalla Toscana”. Così Italo Calvino (un gigante!) “consacrava più di cinquant’anni fa, la monumentale raccolta che Giuseppe Pitrè (altro gigante!) aveva dato alle stampe nel 1875”. Il geniale medico siciliano apprese da un monaco certosino l’anatomia del cuore e dell’anima siciliana, con una varietà emozionale riservata ai geni autentici, e non uscì più dalla sala operatoria. Sono quattro volumi, l’atlante della ricca storia della povera gente. Abbiamo prelevato per leggerle e comunicarle storie varie, che possono essere rassegnate senza scelte, tanta è la saggezza educativa da confortare la bellezza quale linguaggio popolare. Vi offriamo una perla di attualissima attrattiva. (La fiaba porta il n. 261 del quarto volume). Così comincia: “Nerone era un re che trattava male tutto il popolo e tutti ne parlavano male. Lui, malizioso, andava in giro travestito per le cantine e le taverne per capire l’umore della gente e sentire chi delle persone importanti parlava male e chi bene, ma di lui nessuno parlava bene”. Un giorno Nerone incontrò una vecchina che raccoglieva frutti caduti dagli alberi (allora le arance erano merce preziosa. Allora…). Travestito da cavaliere, chiese del re, di Nerone. A sorpresa si sentì rispondere “Che il Cielo ce lo guardi e ce lo conservi”. Nerone restò di sasso: “ma come tutti ne parlano male, e tu, invece, lo elogi con tanto entusiasmo. Come mai?”. E la donna curva sino a quel momento, alzò la testa e lo guardò negli occhi: “Cavaliere, ascoltate: prima avevamo un re cattivo. Poi morì, e ne prese il trono uno più cattivo. Anche questo è morto ed è arrivato Nerone. E’ bene che resti a lungo a comandare. Al peggio non c’è fine”. O santa profezia! Diceva un grande politico (quando la politica era “bella”) che siamo specialisti storici nel fare rimpiangere il predecessore. La vecchina di Pitrè non vantava letture e conoscenze. Ma aveva buon senso e occhio lungo. Così consegna la “storia” ai nuovi tempi. Quando tutti concordavano sul peggio insuperabile, ecco le tante sorprese. Quando sembra che siamo al centro del buio, riusciamo a scoprire un buio ancora più nero. In Sicilia poi la gamma dei colori sconvolge per ripetute “novità” (traduzione del buio nerissimo). Con una aggiunta letteraria: “Facciamo del nostro meglio, per inventare il peggio”. Montale, senza saperlo, si è ispirato alla vecchina di Pitrè.

la foto della

settimana

Con l’Europa investiamo nel vostro futuro!

Liceo statale “G. Lombardo Radice” - Via Imperia, 21 - Catania

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MARZO 2015 - Spettacolo

“‘A birritta cu’ i ciancianeddi” riproposta nella versione originaria d i L e lla Ba t t ia t o La commedia, riprende le tematiche delle due novelle La verità e Certi obblighi, scritta in dialetto siciliano per l’attore Angelo Musco col titolo ‘A birritta cu’ i ciancianeddi. I lavori per la rappresentazione della pièce furono caratterizzati dalle continue tensioni tra il professore e Musco (con questo nome Musco usava chiamare Pirandello), poiché quest’ultimo voleva, da attore abituato a rappresentazioni brillanti, sottolinearne l’aspetto comico. Pirandello la definiva “una commedia nata e non scritta” (“venuta di getto in meno di 7 giorni”): in altri termini viva, non costruita, a sottolineare il contrasto tra verità e finzione. Contrasto che trova nello scrivano Ciampa, interpretato abilmente da Miko Magistro personaggio in apparenza grottesco ma in realtà straziante, una delle espressioni più moderne di tutta la galleria degli “eroi” pirandelliani, messa in scena felicemente al teatro Brancati nella versione originaria con la regia di Romano Bernardi e sul palco la partecipazione straordinaria di Tuccio Musumeci con un pregevole cast. La prima versione dell’opera è rimasta a lungo inedita prima

Un momento della rappresentazione di venire alla luce a cura di Sarah Zappulla Muscarà, docente dell’università di Catania. “Il ritrovamento dello smarrito manoscritto originale ha consentito il recupero della primitiva stesura, di ben più forti spessore psicologico e intensità drammatica, in cui risiede, unitamente alla maggiore pregnanza, vivacità, ricchezza del dialetto, il suo fascino”, spiega la professoressa. “Eppure, racconta la docente, trascorrerà quasi un anno per la prima al Teatro nazionale di Roma, dopo che l’autore avrà operato però, dietro le pressanti

sollecitazioni dell’attore-mattatore, tagli consistenti sulle battute dell’altro personaggio-chiave, la “cimentosa” Biatrici Fiorica (Deborah Bernardi), la più sacrificata, unitamente alla gnà Momma (Olivia Spigarelli) e a don Fifì (Riccardo Maria Tarci), mortificandone così la carica di aggressività contro il maschio/ marito, fortemente somatizzata, il suo desiderio di emancipazione che ne fanno un personaggio di rottura inconsueto nella tipologia femminile isolana”. In un luogo sospeso nello spazio e nel tempo, ma preciso nei

riferimenti e apparire reale, si intrecciano i caratteri dei personaggi. ‘A birritta cu’ i ciancianeddi è la storia di un uomo che, tradito dalla moglie, accetta la condanna e la pena di spartire l’amore della propria donna con un altro uomo pur di non perderla. Il berretto a sonagli è il berretto da buffone, da “becco”, da cornuto: il peso dell’apparire, del giudizio altrui, del salvare l’onore e il marito tradito non ammazzerà moglie e amante (Cindy Cardillo), ma userà l’arma cara a Pirandello, la sola capace di far cadere apparenze e convenzioni sociali: la pazzia… della signora Fiorica, che potrà sfogare la sua corda pazza e rivelare la verità a tutti, e fare scandalo, nonostante la madre (Alessandra Costanzo) la inciti a desistere e non ascoltare l’apprezzata e simpatica donna Rocca ‘a Saracina (Margherita Mignemi) e nelle battute si parla sempre di salvare l’onore, una maschera che protegge, anche se al contempo impedisce di comunicare, e solo i pazzi possono ignorare sia la corda seria che la corda civile. Dov’è la verità? È semplice: non c’è. Con un’incredibile interpretazione il protagonista riassume le tematiche pirandelliane nella descrizione dello strumento, ovvero delle tre corde (civile,

seria, pazza) che abbiamo tutti in testa e che possiamo regolare per “civilmente” districarci fra essere ed apparire, fra serietà e pazzia. Anche il delegato Spanò, nella splendida interpretazione di Tuccio Musumeci principalmente preoccupato di non far torto al Cavaliere, rappresenta la visione che Pirandello aveva dello Stato. Un giardino interno aristocratico, dove le vicende colorano di tragedia una commedia che gioca tra la pulsione e il calcolo nelle scene pensate da Susanna Messina. Una scelta di regia legata al gruppo di attori che dà vita all’intrigo e alla soluzione; essi sono certo affiatati e la calata dialettale li favorisce nell’interazione, fra di loro e nell’accoglienza del pubblico, e Magistro da attore navigato riceve applausi a scena aperta, perché riesce a dimostrare la tesi coniugando emozioni e valori e il suo Ciampa vincerà. Uno spettacolo della tradizione teatrale italiana che l’affezionato pubblico del Brancati ha avuto il privilegio di assistere accostandosi in modo quasi giocoso a Pirandello e al suo gioco di realtà nella finzione e finzione nella realtà, rappresentata in maniera ottimale dalla compagnia e dalla regia e dai costumi delle sorelle Rinaldi.

Teatro Metropolitan CATANIA

2014-2015 Alessandro e Gilberto Idonea

“LIOLÀ”

di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

“L’ALTALENA” di Nino Martoglio

Alessandro Idonea e Plinio Milazzo

“MIA NO TUA NEMMENO” di Vincenzo Mulè

Pino Caruso

“NON SI SA COME” di Luigi Pirandello

Gilberto Idonea

“SEGUE BRILLANTISSIMA FARSA” dalla commedia dell’arte

La prelazione per gli abbonati della stagione 2014-15 scade giovedì 8 maggio

5 SPETTACOLI IN ABBONAMENTO Prezzi: poltronissime € 70 - poltrone € 60 - Distinti € 50

Ridotti over 60, under 18 e universitari: Poltronissime € 60 - Poltrone € 50 - Distinti € 40 Prevendita al botteghino del teatro ore 10/ 13 - 17/20 TURNI: SABATO ORE 17.30 / 21.00 - DOMENICA ORE 17.30 La direzione si riserva il diritto di apportare modifiche al programma

Catania - Via S. Euplio, 21 - Tel. 095 322323 - www.metropolitan.catania.it - info@metropolitan.catania.it -

Teatro Metropolitan Catania

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Allo Stabile a regia esemplare di Peter Stein d i Al d o Ma t t ina E’ tempo di grande teatro ( e di grandi registi) per lo Stabile etneo con due capolavori del Novecento che ormai si possono definire ‘classici’ avendo ampiamente superato l’accezione di teatro contemporaneo: Il primo è “Il ritorno a casa” di Harold Pinter con la regia (per la prima volta a Catania) del grande Peter Stein (ce ne occuperemo in questo articolo); il secondo è “Aspettando Godot” di Samuel Beckett con la regia di Maurizio Scaparro “Il ritorno a casa” è stato proposto al teatro Verga in un allestimento frutto della coproduzione fra il Teatro Metastasio Stabile della Toscana e Spoleto56 Festival dei 2 Mondi, nella traduzione di Alessandra Serra con le scene di Ferdinando Woegerbauer, i costumi di Anna Maria Heinreich e le luci di Roberto Innocenti. Ma l’attesa più grande, naturalmente, era per la realizzazione registica di Peter Stein, il grande artista berlinese, fondatore dello Schaubuehne, da anni residente in Italia (in Umbria), sposato l’attrice Maddalena Crippa. E l’attesa non è andata delusa; la sua è risultata una lettura veramente esemplare, esteticamente perfetta, del ruvido testo di Pinter. Scritto nel ‘65, “Il ritorno a casa” è incentrato sullo scontro uomo-

Due mommenti della rappresentazione donna e sulla totale carenza d’amore. Più di ogni altra pièce di Pinter, giustifica e disegna quel “precipizio che sta sotto i discorsi di ogni giorno” con la quale motivazione gli venne assegnato il premio Nobel nel 2005. La vicenda si svolge in un ampio soggiorno tipicamente inglese (ma al tempo stesso claustrofobico ed opprimente), con una scala che porta al piano superiore. Lì vive un nucleo familiare tutto maschile rimasto orfano di donne dopo la scomparsa della madre. Tutto ha inizio quando Teddy, il primogenito dei tre fratelli, docente di filosofia, dopo anni di assenza fa ritorno alla casa paterna per una visita portando con sé la moglie Ruth sposata all’insaputa dei familiari poco prima di lasciare Londra per poi trasferirsi in America.

L’originaria famiglia in cui rientra non ha più nulla a che vedere (almeno apparentemente) con la sua indole gentile e educata. Il padre è un ex macellaio. Un fratello, Lenny, si occupa di affari che si riveleranno essere poco raccomandabili; un altro, Joey, trova nella boxe un riscatto al proprio ritardo mentale e lo zio (unico personaggio ‘normale’ e positivo della famiglia è impiegato come autista. L’arrivo della donna si rivelerà l’elemento perturbatore. Figli e padre cominciano a corteggiarla, senza trovare resistenza e senza che il marito si scomponga più di tanto. Volutamente fraintesa e usata dalla famiglia, Ruth si ritroverà a soddisfare gli umori più egoisti e insensibili dell’intera famiglia, accettando il ruolo di consolatrice, madre e amante, fino ad ab-

bandonare marito e figli (rimasti in America) per integrarsi nella nuova “famiglia” e poi prostituirsi esigendo tanto di contratto, ma dettando le sue condizioni di donna libera, che dominerà, infine, quel branco di esseri umani ridotti a bestie. Come si vede è una storia dura, scritta con un linguaggio disordinato e immediato che evidenzia il fallimento della comunicazione (come sempre avviene in Pinter), una storia scandalosa che fece scalpore al debutto ma che, a giudicare dalle reazioni del pubblico catanese, probabilmente ne suscita ancora, dimostrando come la carne viva dell’ipocrisia sociale e familiare siano ancora tristemente presenti. Il perfetto equilibrio registico di Stein coniuga in modo esemplare

l’apparente naturalità del linguaggio giornaliero (in un contesto scenico volutamente realistico, quasi minimalista) con il cesello attoriale delle frasi, dei silenzi, della mimica, ricercati quasi maniacalmente, fino a produrre un effetto che nella sua scarna essenzialità assurge ad una rabbiosa epicità. La compagnia di attori, collaudatissima e attentamente scelta da Stein, si rivela duttile e amalgamata, pur evidenziando l’estrema professionalità dei singoli, a partire dallo strepitoso Paolo Graziosi nel ruolo del padre; Alessandro Averone, Antonio Tintis e Andrea Nicolini sono i fratelli; Elia Schilton lo zio, Arianna Scommeglia la bravissima Ruth che, per questo ruolo ha ricevuto meritatamente il Premio Ubu 2014, quale migliore attrice teatrale della stagione.

Mussorgskij s’insinua nel sinfonismo anglosassone Doveva essere un percorso interamente anglosassone, con un direttore statunitense a dirigere autori inglesi e americani, Holst, Barber, Britten ed una conclusione che ne “I Pianeti” di Holst avrebbe avuto il suo culminante crescendo; ma proprio quest’ultima pagina è misteriosamente sparita dal programma per essere sostituita (ancora una volta, ma quando si finirà quest’anno?) con i più ‘popolari’ e abusati “Quadri di un’esposizione” di Modest Mussorgskij, nella trascrizione orchestrale di Maurice Ravel. Il compositore russo ha finito così per risultare quasi un ‘intruso’ e gli effetti si sono osservati proprio nella esecuzione dei ‘Quadri’, quasi avulsi dal contesto interpretativo del suo direttore, James Meena. Possiamo solo supporre che l’esecuzione de “I Pianeti” sia stata cassata a causa dell’organico che, magari, avrebbe previsto ulteriori professori d’orchestra

‘aggiunti’; ma allora perché programmarla? Ma lasciamo perdere le supposizioni e andiamo avanti. Il programma proposto nella prima parte è risultato senza dubbio il più interessante, perché ha proposto pagine non abusate del repertorio sinfonico (e teatrale), permettendo di entrare in relazione col repertorio anglosassone, così poco frequentato nel nostro teatro, ma non per questo meno rilevante. La “St Paul’s Suite” op. 29 n.2 per archi, di Gustav Holst è una pagina raffinata e ricca di colori, composta alle soglie della prima guerra mondiale (nel 1913), celebre soprattutto per il quarto tempo,‘Finale’, che contiene al

James Meena suo interno un celebre motivo tradizionale inglese, Greensleves. Meena l’ha diretto con mano sicura e proprietà stilistica ottenendo dall’orchestra etnea ora suoni vellutati, ora sfavillanti; così come, d’altra parte, la “Second Essay” op.17 per orchestra dello statunitense Samuel Barber, un breve ed intenso brano del 1942 dalla tavolozza orchestrale coloritissima. Ma erano sicuramente i “Quattro interludi marini”, op 33 di

Benjamin Britten, il più grande compositore inglese del Novecento, a destare il massimo interesse. Tratti dal capolavoro teatrale “Peter Grimes” scritto nel 1945 e ispirato all’opera di George Crabbe “The Borough”, gli interludi evidenziano la perizia compositiva di Britten, la sua capacità ‘narrativa’ di ricavare inedite nuances con un’armonizzazione moderna (ma non avanguardistica) capace di sfruttare anche insoliti accosta-

menti timbrici fra gli strumenti. Fin qui James Meena ha dimostrato eleganza di gesto e completa padronanza del repertorio. Nella seconda parte, dicevamo, entravano in campo i “Quadri di una esposizione” di MussorgskijRavel. La trascrizione orchestrale di Ravel (dall’originale pianistico del compositore russo) è uno sfolgorio di colori che dimostra la genialità del musicista francese nel trattamento dell’orchestra; in effetti lo spirito mussorgskiano viene forse tradito a favore di una ricerca dell’effetto timbrico e dinamico che ne fa una vera e propria opera autonoma rispetto all’originale. Sotto la bacchetta di Meena i tempi si sono dilatati a dismisura quasi a voler addirittura trascendere le possibilità foniche degli strumenti, magari a discapito di una equilibrata ricercatezza ed esaltazione dei suoni, fino all’apoteosi finale della “Grande porta di Kiev”. A.M.

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MARZO 2015 - Rubriche

Il libro della settimana “Sorsi di memoria”, primo romanzo dell’acese Giuseppe Massimino di Giovanni Vecchio

Sergio Mattarella - Gli ambiti alloggi del Quirinale erano destinati al segretario generale e ai consiglieri. Oggi l’affollamento è da tempio indù, palazzi interi, dalle Scuderie lungo via della Dataria, per quasi una sessantina, dicasi una sessantina, di appartamenti occupati da dirigenti, capi servizio e poi fin giù per tutti i vari rami. Il tutto pressoché gratis! Il low cost del nuovo inquilino sul Colle fatale riguarderà anche loro? Ergo sfratto!! 6 – Low cost, anche al Quirinale?

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Luigi Ciotti – E sempre a proposito dell’arresto di Helg, sentite questa: “Mi pare di cogliere, e poi non sono in grado di dire assolutamente altro, che fra pochi giorni avremo altre belle sorprese, che sono in arrivo, che ci fanno soffrire. Perché riguardano personaggi che hanno sempre riempito la bocca di legalità, di antimafia”. L’ha detto, a margine di un incontro a San Lazzaro di Savena nel bolognese, il fondatore di Libera, Luigi Ciotti. Notizie che il prete “antimafia” ha avuto da rivelazioni divine o più terrene, dalle lobby dell’”Antimafia di professione”, che perderanno qualche pezzettino? 4 – ispirato o….informato? Marco Travaglio - Rovente polemica a “Servizio pubblico” di Santoro su La 7, tra il “plenipotenziario ” di Renzi in Sicilia, il sottosegretario Davide Faraone e il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, che ha detto: “Guardando Miseria e Nobiltà (uno dei capolavori di Totò, ndc) si ha la percezione di cosa siano le difficoltà della Sicilia: i partecipanti alla Leopolda siciliana sono quasi come i personaggi del film, persone pronte ad aggrapparsi ad una nuova speranza. Alla Leopolda di Faraone – la Faraona – c’erano gli avanzi delle giunte Cuffaro e Lombardo, giunte cadute per mafia”. 6 – “manettaro” ma realista!

Voto

Roberto Helg – Era uno dei “paladini” della legalità e della lotta alla mafia, prima di finire dietro le sbarre per un estorsione da 100mila euro. Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio, vicepresidente della società di gestione dell’aeroporto e presidente della Confcommercio di Palermo forse ha aperto la strada a nuovi arresti tra i vertici di un’altra Conf… in Terra di Sicilia! 0 – vergognoso!

Voto

Vincenzo De Luca - Un nome che fa sempre discutere, quello di Vincenzo De Luca, signore e padrone di Salerno, vincitore delle primarie del Pd per le elezioni regionali in Campania. Ex comunista, dalemiano, fassiniano, veltroniano, bersaniano e ora renziano. Sempre sul carro dei vincitori. Ecco chi è “Vicienzo ‘o funtanaro”, con qualche noia giudiziaria passata e, come dice il soprannome, appassionato di fontane che ha disseminato a Salerno da sindaco. Il “nuovo che avanza”….. 3 – inossidabile

Voto

Giampiero Mughini – Stravagante? Bizzarro? Mah, forse solo fuori di testa! Il giornalista-scrittore “variopinto” ha esortato l’Inter a restituire lo scudetto 2006, tolto alla Juventus (di cui è tifoso…) per Calciopoli. Ma lo sa Mughini che se la Juventus dovesse restituire tutti gli scudetti vinti… con l’aiutino degli arbitri, rimarrebbe con sulla maglia solo lo sponsor!?!? 1 – fuori… di testa!

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di S par tacus

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I nostri voti

scino della bellezza e dell’intelligenza. Nel romanzo, infatti, sono presenti e ben descritte alcune figure di donne da lui incontrate e per le quali egli avvertì un trasporto fisico e sentimentale, ma che purtroppo chiuderanno la loro esistenza in modo tragico. Non stiamo qui a raccontare la trama, diciamo soltanto che l’immagine della copertina, che riproduce la Lettura della lettera, un’opera di Pablo Picasso del 1921, certamente non è casuale in quanto il protagonista, dopo qualche tempo dalla morte della madre, nella casa dove lei aveva abitato fino alla fine ritrova nel cassetto delle lettere, in una delle quali c’è un riferimento a un personaggio, il dottor Tom William Carson, tenente medico al seguito delle truppe inglesi nell’ultima guerra, di stanza ad Acireale, che aiutò la sorella Cecilia durante una malattia determinando la sua guarigione e visse dei momenti felici con Elena, una ragazza orfana che la madre di Federico aveva accolto in casa come una figlia. Il protagonista decide di recarsi in Inghilterra per incontrare il vecchio tenente e fargli leggere una lettera, tra le tante, che la madre aveva scritto con delle informazioni molto importanti, ma che aveva deciso di non spedire. Da lì avrà inizio la vicenda della sua vita di uomo ormai maturo e la condivisione affettiva con Sharon, la figlia adottiva di Carson nonché il suo trasferimento definitivo a Cambridge. Si apprezza particolarmente in questo primo romanzo non solo la prevedibile competenza linguistica, ma anche la capacità narrativa basata su un “montaggio strategico” che supera la prevedibilità dell’esposizione lineare e tiene desta l’attenzione del lettore coinvolgendolo di volta in volta in modo ammirevole. Un’ultima considerazione: mi sembra di cogliere nell’opera un significato profondo, che ci aiuta a riflettere sulla vita e sulla morte, sui valori che contano e permangono e sulla caducità delle azioni umane.

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Mi è stata data l’opportunità tra i primi di leggere, fresco di stampa, il romanzo di esordio di Giuseppe Massimino dal titolo “Sorsi di memoria” (A&B Editore, Acireale 2015). L’autore, già docente di Lettere nella scuola media e poi dirigente scolastico quale vincitore di concorso, una volta concluso il suo servizio attivo nella scuola, ha avviato un percorso di memoria sugli eventi della propria vita che lo hanno segnato profondamente e ha avuto la felice idea di superare la dimensione autobiografica per creare un vero e proprio romanzo in cui la fantasia e l’immaginario ben si coniugano con una visione realistica degli anni dell’infanzia e dell’adolescenza trascorsi nella città natìa di Acireale. La lettura dell’opera è agevole e allettante, coinvolge il lettore e gli fornisce utili spunti culturali oltre che sentimentali. Nello stesso tempo lo svolgimento delle vicende del protagonista, Federico, si intrecciano con i fatti storici che vanno dal periodo bellico degli anni Quaranta fino al nuovo secolo e forniscono spunti per la comprensione dei modelli di vita di ieri e di oggi in Sicilia, e ad Acireale in particolare, nonché nei paesi europei ed extraeuropei dove Federico si recava quando, superate le perplessità sul prosieguo degli studi superata la licenza media e dopo alcune esperienze lavorative, decise di riprendere lo studio e lo fece con tale impegno da giungere non solo alla laurea, ma persino alla docenza universitaria. Dalla povertà molto dignitosa delle origini familiari, con il sostegno e il sacrificio della madre Assunta, solo tra i fratelli e l’unica sorella (che sceglierà di diventare suora), arriverà a tali livelli professionali. Il racconto si snoda con continui fleshback tra il passato e il presente, con un’attenzione al vissuto interiore (e non solo) nei confronti del sesso femminile e delle donne, delle quali il giovane protagonista coglie il fa-

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MARZO 2015 - Rubriche

Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Sequenze numeriche

E’ data la sequenza numerica riportata in figura. 8 9 6 4 5 6 2 Adoperando solamente le operazioni di addizione e sottrazone, trovate la giusta sequenza delle operazioni al fine di ottenere il valore +10.

Sport

Luigi, Marco e Andrea sono atleti di fondo. Devono fare 10 giri di pista. Partono tutti e tre allo stesso istante. Se Luigi impiega 4 minuti per fare un giro completo di pista, se Marco di minuti ne impiega 7 e Andrea ne impiega 3, dopo quanti minuti si ritroveranno tutti e tre al punto di partenza?

Differenze

E’ data la differenza riportata in figura. A B C 9 D 4 1 D C 6 D A 6 4 3 = ____________________ 6 9 6 3 incognite A, B, C e D, in Trovate i valori, non nulli, delle modo che la suddetta operazione sia verificata

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Somme: A=5, B=3, C=7, D=8, E=4; Resti: 3; La spesa di Lucia: 1 euro

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

Nessuno si salva da solo

Quando il cuttigghio sfrenato riecheggiava per tutta la via Etnea

Un film di Sergio Castellitto. Con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Anna Galiena, Marina Rocco, Massimo Bonetti.

di Danila Intelisano

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, secondo la ditta Castellitto – Mazzantini. Nessuno si salva da solo è il lavoro che riporta al cinema la coppia di talentuosi coniugi, in un tragicomico affresco del cuore tra il dramma di stampo borghese e la commedia sentimentale. È una bella novità per il duo di artisti che nei casi precedenti, Non ti muovere e Venuto al mondo, ha sempre privilegiato il racconto del sentimento amoroso come forza capace di spezzare i vincoli delle barriere sociali. Anche in Nessuno si salva da solo i due protagonisti provengono da ambienti differenti. Delia (Jasmine Trinca) è una donna della middle class, ansiosa e seriosa, mentre Gaetano (Riccardo Scamarcio) è un provinciale di Ostia, bonario e semplice. Eppure questa volta il conflitto di classe serve a portare avanti i generi mescolati nel film, tragedia e commedia, e creare così un riuscito meló contemporaneo. La storia d’amore di Delia e Gaetano copre una vasta gamma di momenti, ripercorsi dai due protagonisti a ritroso durante una cena che somiglia più a un incontro di boxe. Innamoramento, passione, progettualità, gelosia, traumi e tradimento; nel dizionario amoroso di Castellitto c’è spazio per le più infinitesimali pieghe e tic dell’amarsi contemporaneo. Non crediate però che ci si ritrovi di fronte ad un polpettone stereotipato pensato solo per far sognare gli spettatori. Nessuno si salva da solo rinnova il dramma sentimentale con una verve umoristica e un dinamismo, incarnati dal personaggio di Gaetano, che fa da contrappeso alle nevrosi borghesi di Delia. È proprio questo incontro di caratteri, visioni del mondo, ambienti (il Villaggio Olimpico di Roma sostituisce i viali alberati dei quartieri più altolocati), a fare del film un ritratto intimo e personale, con qualche caduta nella banalità, delle cinquanta sfumature dei rapporti personali di oggi.

Accadeva nella casa di Iano Pandolfini e Saridda D’urso nel lontano 1920, quando, in ricordo della famosa opera del grande Vincenzo Bellini, il maestro Nino Martoglio teneva a battesimo quella che, anche secondo il New York Times, è la pasta più buona del mondo. Ma nonna Saridda, riferisce il nipote Niky Pandolfini, che l’ha conosciuta fino ai suoi quattordici anni, era anche la realizzatrice di un magico sugo al nero di seppie, che preparava spesso per il cognato, l’attore Turi Pandolfini, che spesso raccontava di una passeggiata a Milano, nella galleria Vittorio Emanuele, insieme all’amico Luigi Pirandello, dove ambedue pensarono di dare un riconoscimento letterario ad un uomo un uomo vestito di nero e scansato dai negozianti. E così nasceva “La Patente”. Saridda, ricorda Niky, era madre di sette figli e aveva un aspetto maestoso e un temperamento affettuoso e ospitale. Erano numerosi gli amici commediografi, scrittori e attori che frequentavano la loro casa e la loro cucina: Luigi Pirandello, Giovanni Grasso, Pippo Marchese, e lo zio Angelo Musco. Indimenticabile il profumo di cibi e cultura che si respirava e dei racconti, che finivano sempre con la storia diventata leggenda: “Donna Saridda, “sta pasta è na’ Norma!”. E il cuttigghio sfrenato risuonava in tutta la via Etnea, il salotto catanese. Ai nipoti, Saridda riservava anche le sue cotolette, speciali come le sue fiabe e le sue carezze materne. Una famiglia unita e tradizionalista che è diventata orgoglio della nostra città: ironici, intuitivi, fantasiosi, geniali e col dono naturale della battuta fino ad oggi. Come quando il tenace nonno Iano, scomparso nell’81 a novantasei anni, fino all’ultimo, si intratteneva nelle vie della città a chiacchierare amabilmente con amici e concittadini e, solo in ultimo, chiedeva all’interlocutore: “Scusa, ma cu si?”. Di cosa chiacchierava concitatamente? Senza offesa, amico Cosmo ma tu hai l’età per ricordare… Di Maria Callas e della profezia del principe Antonio De Curtis. Ora vado a teatro ma alla prossima, ci vediamo ai Quattro Canti con Totò e compagnia bella.

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