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gior ni di Cronaca, Politica, Spor t e Cultura

N. 10 anno X - 14 marzo 2015 - € 1,00 ISSN 1974-2932 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, Dr/CBPA - Catania

Alfano show di Nunzia Scalzo Il Tar di Palermo con una sentenza che ha riportato fiducia e speranza in coloro i quali si battono per evitare quelle antenne della marina militare americana dichiara illegittimo il Muos; i comitati e le mamme no Muos esultano per la vittoria, seppur parziale, ma un bicchiere mezzo pieno è pur sempre una vittoria anche se amarognola. Mentre tutti sono contenti e festeggiano il ministero dell’Interno con in testa il ministro dell’Interno Angelino Alfano non si smentisce e disattende la sentenza. Come suo solito, ormai, il ministro dell’Interno si libra ad altezze che sono inaccessibili ai più e autorizzato dalla sua testa rinascimentale e dalle sue granitiche certezze fa di testa sua ponendosi al di là della sentenza, oltre essa, disattendendola. Come se i fatti che riguardano i niscemesi e la sentenza del Tar Palermo non riguardassero lo Stato italiano, il prode Alfano decide di mandare la polizia (ma cerano anche i carabinieri) a scortare gli operai per farli entrare all’interno del cantiere della discordia e consentire loro di preseguire i lavori. La notizia si commenta da sé e non serve aggiungere altro. Quello che lascia basiti, oltre all’inqualificabile agire di Alfano, è l’atteggiamento messo in atto continua a pag 12

Caso Helg

Catania

Smascherato un altro paladino dell’antimafia

Le strade della vergogna

Servizi

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G . B u sà

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MARZO 2015 - Politica regionale

L’arresto di Roberto Helg scoperchia un “va d i Maria de lo s Angeles Ga rcia L’arresto del presidente - Le immagini di Roberto Helg in manette hanno avuto, per molti, l’effetto di un pugno allo stomaco. Il notissimo presidente della Camera di Commercio di Palermo e vice presidente della Gesap, la società che gestisce l’aeroporto di Punta Raisi, è infatti un uomo-simbolo dello storico rapporto tra la politica e l’imprenditoria siciliana. Basta scorrere la storia di tutte le grandi operazioni finanziarie siciliane degli ultimi venti anni, per trovare il suo nome, in prima fila, accanto a quello dei politici “dominanti”. Non si diventa – infatti – presidente di una Camera di Commercio, senza il “gradimento” del presidente della Regione, del presidente della Provincia, del sindaco e dei presidenti delle associazioni degli imprenditori: confindustria, confcommercio, confagricoltura. E ci vuole un “consenso” politico ancora più ampio per “scalare” i vertici delle società aeroportuali, in cui – ancora una volta in veste di “soci” finanziatori - siedono Regione, Province, Comuni... Roberto Helg, che ha ottanta anni, ha cominciato la sua lunga carriera imprenditoriale occupandosi di articoli da regalo. Poi, pur mantenendo il controllo delle sue aziende, ha cominciato a occuparsi di “politica”. Dapprima dando la scalata al sistema-Confcommercio. Poi entrando a pieno titolo negli apparati pubblici. Helg è stato a lungo presidente della Confcommercio palermitana e membro dell’esecutivo sia regionale che nazionale, con ruoli direzionali all’interno del consozio fidi dell’associazione. Diventato – nel 2006 - presidente della camera di Commercio, è stato di recente confermato nella carica fino al 2016. Fa parte del consiglio direttivo di UnionCamere regionale e di quello nazionale, così come della giunta di InfoCamere, gli organismi di coordinamento territoriale dell’attività delle camere

E così, alla fine, s’è scoperto il motivo del “grande interesse” di politici e imprenditori per gli aeroporti: sono gigantesche “slot machine” pronte a “erogare” milioni e milioni di tangenti per tutte le attività in “concessione” di commercio. In Gesap è entrato nel 2001, in qualità – appunto – di vice presidente, carica che non ha mai abbandonato. Cavaliere della Repubblica nel 1976, Grand’Ufficiale nel 2003 e Commendatore nel 2012. E’ stato Console onorario della repubblica Slovacca. Fa parte del consiglio d’amministrazione dell’istotuto Giuglielmo Tagliacarne e del consiglio di territorio di Unicredit in Sicilia. La polizia giudiziaria lo ha filmato mentre intascava una tangente di 100 mila euro, parte in contanti, il resto in assegni, da un imprenditore che gli aveva chiesto di prorogare l’affitto del suo negozio all’interno dell’aeroporto intitolato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Come d’usa in questi casi, Helg pare si sia offerto di risolvere le “difficoltà” burocratiche del rinnovo, intavolando una vera e propria trattativa commerciale sull’importo da pagare e sulle modalità di versamento. Trattativa registrata dalla polizia, a cui l’imprenditore taglieggiato si era rivolto. Al momento dell’arresto, nel suo ufficio alla Camera di Commercio – secondo le informazioni diffuse dagli inquirenti – Helg aveva ancora addosso sia il denaro in contanti che gli assegni versati dall’imprenditore. La morale della favola - La morale della favola, è tutta qui: il sistema delle tangenti è vivo in mezzo a noi. Non riguarda più

solo la politica e la burocrazia, ma è riuscito a “impregnare” anche il sistema imprenditoriale, ai più alti livelli. Smentendo quell’antico assioma per cui “cane non mangia cane”. Se è vero che un imprenditore con la storia e il “fatturato” di Roberto Helg arriva a pretendere una tangente da 100 mila euro da un commerciante più piccolo di lui, è lecito chiedersi quante e quali tangenti siano stati chiamati a pagare gli operatori che, all’interno dell’aeroporto di Punta Raisi, gestiscono attività ben più remunerative che quella di un punto commerciale? E se, fatti rapidamente due conti, tanto mi da tanto, appare chiaramente una seconda morale di questa stessa favola: che riguarda gli aeroporti. Che sono diventati il più grande business gestito a due mani, da pubblico e privato. Fino ad oggi al riparo da occhi indiscreti. Le società aeroportuali - Eggià. Le società aeroportuali infatti, “stricto iure”, sono a tutti gli effetti delle società private. Che gestiscono sì una concessione pubblica. Ma private. Il pubblico ci mette i soldi. La gestione invece è affidata al “libero arbitrio” dei consigli d’amministrazione. Che si muovono sulla base delle regole del diritto privato. Certo, la legge impone in questi casi l’adozione delle procedure cosiddette di “evidenza pubblica”. Le società aeroportuali, insomma, non dovrebbero poter

Roberto Helg fare contratti superiori a un certo importo – che varia caso per caso – senza ricorrere a un avviso pubblico, mettendo – almeno - in concorrenza le offerte di tutti i privati interessati. Ma, si sa, fatta la legge, trovato l’inganno. Gli avvisi si fanno, le “gare” si bandiscono. Ma alla fine il risultato si può in qualche modo immaginare prima. E il caso che ha coinvolto il vice presidente della società aeroportuale lo dimostra, con forte evidenza: il versamento dell’imprenditore era stato pattuito per superare le “difficoltà”. E quali sono, nel pubblico, le difficoltà: l’obbligo di offrire al pubblico i locali della cessata locazione, organizzando, per la nuova assegnazione, una vera e propria “asta”, che avrebbe certamente fatto aumentare il gettito a favore della Gesap. I centomila euro, servivano infatti, non solo a scongiurare l’asta, ma anche a tenere “basso” il canone della concessione. Una attività – si badi – che per un funzionario pubblico o per un politico sarebbe stata considerata “corruzione”. Per un privato, è diventata invece “estorsione”. La marmellata aeroportuale - Noi non entriamo, ci mancherebbe, nella vicenda giudiziaria che riguarda l’ottuagenario presidente della Camera di Commercio di Palermo. Anche in questo caso, vale la presunzione d’innocenza dell’accusato. Che varrà, in base alle regole della Costituzione, fino al pronuncia-

mento di un verdetto giudiziario “definitivo”. Ci permettiamo però, in punta di piedi, di avanzare delle osservazioni. A proposito, intanto, del sistema di gestione degli aeroporti siciliani. In grande ritardo rispetto al resto d’Italia, la Sicilia si sta dotando di un sistema aeroportuale articolato su più livelli. Accanto ai due grandi scali internazionali di Palermo e Catania e ei più piccoli, storici scali delle isole minori, Lampedusa, Ustica e Pantelleria, negli ultimi anni sono stati aperti al traffico civile gli aeroporti di Comiso e Trapani. Mentre Boccadifalco, a Palermo, ha sviluppato la sua vocazione al traffico privato. Attorno a questo fermento, si gioca una grande partita, che vede coinvolti i più grandi gruppi industriali ed economici, insieme ai notabili della politica regionale. L’obiettivo è quello di assicurasi il “controllo” delle società di gestione e del loro giro d’affari milionario. Una “marmellata” che fa gola a molti. E che ha visto, in questi anni, delle lotte sotterranee combattute senza esclusione di colpi. Le Camere di Commercio - Le Camere di commercio, come dimostra in maniera lapalissiana il caso Helg, sono soggetti di primissimo piano di questo conflitto “plurilivello”. La battaglia per il controllo presente – ma soprattutto futuro delle società aeroportuali, passa

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“vaso di Pandora”: aeroporti, che passione! infatti per alcuni “incroci” tra pubblico e privato che, negli ultimi anni, hanno fatto registrare – non a caso – altissimi livelli di conflittualità. In tutta la Sicilia le battaglie per il controllo delle Camere rappresenta insomma una delle imprescindibili stazioni di questa “via Crucis”. Molti ricorderanno, ad esempio, le violentissime polemiche e il fiume di carta bollata che è stato necessario per determinare l’assetto della giunta camerale. Ma il controllo delle “Camere”, da solo non basta. Dei consigli d’amministrazione delle aziende fanno parte i rappresentanti delle province. E, sorpresa, le Province regionali, in Sicilia sono commissariate da oltre un anno. Perchè? Qualcuno dirà: per lo stesso motivo per cui sono “commissariati” i consorzi delle aree di sviluppo industriale. Così come – di fatto – sono “commissariate” le aziende sanitarie locali. Perchè lo “spoil system” parossistico a cui Saro Crocetta ha sottoposto tutti i centri di spesa siciliani, sono funzionali al suo accordo strategico con Confindustria. Un accordo che non è certamente segreto né nascosto. Ma che rappresenta, senza possibilità alcuna di smentita, uno dei più gravi e plateali casi di conflitto d’interessi mai registrato nella storia della pubblica amministrazione siciliana. Il silenzio della politica - Un fatto è certo: dinanzi alla sfrontataggine di Crocetta e dei suoi pards, la politica siciliana, tutta la politica siciliana, sta zitta e buona. Nessuno osa sfidare il Conducator, probabilmente per paura delle sue offensive “antimafiose”. Uno strumento certamente usurato e abusato, ma di cui tutti, dico tutti, hanno certamente timore. Lo ha confermato l’estabilishment del pd siciliano, che ha celebrato la scorsa settimana sé stesso e i suoi successi nel corso di quella che è stata definita la “Faraona”, la scimmiottatura in salsa palermitana da parte di Davide Faraone, della più famosa “Leopolda” fiorentina del suo leader maximo, Matteo Renzi. Alla “Faraona” è stato attribuito il compito di tracciare il programma per il pd prossimo venturo. E il primo, obbligatorio, momento di verifica è toccato al governo regionale. Di cui

non si sono messi sotto accusa gli “svarioni” politici e amministrativi. No. Si è stigmatizzato invece, con forza, l’insistente ricorso alla denuncia e allo scudo antimafioso. Uno schema trito, improduttivo e perfino fastidioso per i neo-faraoniani. Ma nulla di più. “Il governo Crocetta non si tocca” è stato il risultato di tanta approfondita analisi. E a meno che non si tratti di una replica del più famoso motto “stai sereno”, scagliato come un anatema da Matteo Renzi al “povero” Enrico Letta, c’è da credere che per Davide Faraone l’attuale situazione politica regionale rappresenti un ottimo campo da gioco. In silenzio, in punta di piedi per non scatenare la furia mediatica del buon Saro, Faraone sta infatti facendo proseliti. E quanti ne sta facendo... Alla sua kermesse – lo hanno scritto in molti – c’erano tutti i “soliti noti” della politica siciliana. Quegli animali politici che hanno un gran passato democristiano o socialista e che sono stati forzitaliani quando comandava Miccichè. Che sono stati cuffariani quando il potere siciliano spirava da Raffadali verso Palermo. Che si sono riscoperti autonomisti all’epoca del governo “assoluto” di Raffaele Lombardo. Che si sono “riscattati” con la benedizione del potere crocettiano dopo aver baciato la pantofola di Beppe Lumia. E che adesso possono finalmente dichiararsi più renziani di Renzi, dinanzi al Faraone suo proconsole in Sicilia. L’agonia del governo regionale - Forse si tratta di “dietrologia”. Ma è inevitabile, parlando di questi temi e di questi personaggi. Però non c’è dubbio che la parabola discendente del governatore è iniziata proprio il giorno dopo la “normalizzazione” del governo regionale. L’ultimo rimpasto, quello che ha portato in giunta i rappresentanti “ufficiali” del pd nazionale – a partire da Lorenzo Baccei – ha subito avuto il sapore amaro del commissariamento. E dall’esterno, in singolare coincidenza spazio-temporale, sono arrivati sul governatore una serie di siluri che avrebbero affondato una corazzata: i rilievi dell’Olaf, l’organizzazione antifrode dell’Unione europea sul caso dei fondi extrabudget; le sentenze della Corte dei Con-

ti sempre a proposito dei soldi pagati in eccedenza sui contratti; le sentenze del Tar che ha bocciato il governo sia sulla questione Muos che sul dossier Homanitas; per non parlare del rifiuto di costituzione di parte civile nel processo per le tangenti sulle discariche. Oltre a questo diluvio di sentenze che inchiodano il governatore alle sue pesantissime responsabilità, c’è poi stato il caso “Nicole”, che ha svelato le crepe del sistema sanitario regionale e le pesanti deficienze gestionali del governo. E adesso arriva il caso “aeroporti”. A “faraona” appena chiusa. Non c’è dubbio che il governatore avrebbe passato brutti momenti se qualcuno avesse appena calcato la mano, sul piano mediatico, su questi temi. Ma la sua maggioranza ha taciuto. Nessuno lo ha difeso, è vero, Ma nessuno ha detto una sola sillaba. Neanche dei banchi dell’opposizione. Come se – il dubbio è legittimo – tutti stiano puntando sul fattore “tempo” per attendere il definitivo, autonomo, logoramento del potere del governatore e del suo cerchio magico. A nessuno conviene tirare la testa fuori dalla trincea. Tutti aspettano che la “febbre” fiacchi la resistenza di Crocetta. Questo gioco, che certamente non è a favore dei siciliani, potrebbe alla portare a un rafforzamento dei “faraonidi”. Prova ne sia la mancata difesa – alla kermesse palermitana – delle posizioni di Lucia Borsellino. Che probabilmente aspettava, proprio da quella assise a cui ha assicurato la sua presenza, un segnale di solidarietà contro le pesantissime invettive del ministro della salute a proposito del caso Nicole. Segnale di solidarietà che non è arrivato. Faraone e i suoi attendono, evidentemente, che anche in questo caso la crisi esploda, per piazzare nuove pedine nello scacchiere regionale. La sanità come grimaldello - La questione sanità rimane infatti al centro del dibattito politico “di strada”. In attesa di diventare argomento di dibattito parlamentare. Al centro dell’attenzione tre argomenti abbastanza “solidi”. Da una parte c’è la lettera di censura e di diffida inviata al governo siciliano dal ministero

della salute non lascia spazio a interpretazioni: la Sicilia deve chiudere i sei punti nascita che hanno in attivo meno di 500 parti l’anno. E deve attivare, senza ulteriori esitazioni, il sistema di emergenza neonatale. Tempo massimo giugno. Ogni inadempienza provocherà l’immediato “commissariamento”. Il secondo fronte di tensione è rappresentato invece, nientemeno che da una sentenza del Tar Sicilia, il tribunale amministrativo regionale, che ha a sua volta censurato il governo regionale, a proposito della vicenda Humanitas: la casa di cura privata che aveva previsto di realizzare 70 nuovi posti letto di oncologia a Misterbianco, sulla base di un vero e proprio “contratto” firmato dall’assessore Lucia Borsellino. Quando la notizia “esplose” sui media, scoppiò la bagarre. In quelle stesse ore infatti il parlamento regionale stava discutendo della redistribuzione dei posti letto: in corso c’era una vera e propria guerra di campanili che vedeva opposti deputati degli opposti schieramenti, schierati a difesa dei propri territori di riferimento. Un ulteriore “taglio” dei posti ospedalieri “pubblici” a favore dell’ampliamento di una iniziativa privata, decisa al chiuso dell’assessorato all’insaputa del parlamento, suonò – allora – come una provocazione politica bella e buona. Il presidente della regione, colto in contropiede, dapprima negò. Poi tentò di spiegare. Alla fine indusse la Borsellino a “ritrattare” la scelta, il decreto e perfino la delibera che – nel frattempo – la giunta aveva approvato. Adesso il Tribunale amministrativo ha imposto alla Regione il rispetto del contratto firmato con Humanitas: non c’erano le motivazioni per annullarlo. E le procedure seguite non sono state quelle previste dalle leggi sulla trasparenza. Humanitas, insomma, ha diritto alla convenzione. E la Regione – che intanto aveva approvato la nuova distribuzione dei posti letto – dovrà rimettere mano al piano. Per trovare i 70 posti da assegnare a Humanitas e per cancellare quelli che erano assegnati ai punti nascita adesso da cancellare. Ma sul fronte sanitario c’è un’altro fronte difficile. Il terzo. A Palermo. Si chiama Ismett, l’istituto mediterraneo trapian-

ti nato dalla collaborazione dell’assessorato alla sanità con il ministero della salute e l’università di Pittsburgh. La convenzione scade il 31 marzo. Ma qualcuno, dalle parti del governo, pare restio a un rinnovo tour court. L’ipotesi più accreditata, contro il parere degli altri due partner, pare sia quella di una “sforbiciata” al finanziamento regionale. Ci sono argomenti sufficienti a scatenare la bagarre e il filibustering parlamentare, a partire dai prossimi giorni. In commissione sanità sono già state presentate numerose richieste di chiarimenti. Mentre forza italia ha annunciato la presentazione, in aula, di una mozione di sfiducia nei confronti di Lucia Borsellino. Ma niente paura: l’agenda parlamentare è sufficientemente “soporifera” da lasciare spazio a tutte le manovre diversive che il governo sarà in grado di mettere in campo. Basti pensare che da oltre sei mesi “giace” in attesa di essere inserita all’ordine del giorno la proposta di censura contro la segretaria generala di palazzo d’Orleans, Patrizia Monterosso, che intanto continua a collezionare addebiti a suo carico dalla Corte dei Conti e perfino dall’Olaf. Nessuno si turbi prima del tempo, insomma. Il presidente della Regione potrà contare, fino alla fine della legislatura, su una maggioranza sufficientemente solida, che ha già dimostrato di perseguire due soli obiettivi di “alta politica”: conservare la propria indennità parlamentare ed evitare, in qualsiasi modo, di diventare bersaglio delle invettive “antimafiose” del governatore. La “pax” parlamentare, quindi, è garantita. Anche in occasione del bilancio che – in un modo o nell’altro – l’assemblea di Sala d’Ercole, prima o poi, dovrà approvare. Vale la pena ricordare che – ad oggi – il parlamento ha appena “onorato” solo l’approvazione del Pdf: un adempimento che, in tempi normali, deve essere esitato più o meno in settembre. Siamo con sei mesi pieni di ritardo rispetto ai tempi previsti per il bilancio 2014. O se volete, correggendo le date e aggiornando qualche cifra, potremmo anche affermare di essere di sei mesi di anticipo sull’attività del 2015... Questione di punti di vista.

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MARZO 2015 - Opinione

Gli eroi dell’antimafia che vengono arrestati di Claudio Mec Melchiorre Anni fa, il mio professore di Economia e Politica del Lavoro, Prof. Innocenzo Cipolletta, che tanti ruoli ha ricoperto in Italia, spiegò chiaramente che all’interno di una Pubblica Amministrazione possiamo mettere il migliore dei manager, ma alla fine sempre burocrate sarà, considerato che deve obbedire a norme e organizzazioni rigide e burocratiche. Come è giusto che sia. La lezione di cui vi parlo mi fu impartita nel 1987, non una novità, possiamo dire. Eppure in Sicilia ci si ostina a fare confusione tra imprenditori e attività pubbliche. Con il risultato che gli imprenditori diventano burocrati o corrotti, come le nostre regole prevedono. Questa volta è toccato a Roberto Helg, commerciante notissimo a Palermo e da tempo immemorabile ai vertici di Confcommercio. Memorabile, invece, a questo punto, resterà la sua fedele perorazione in favore di Angelo Montante, nel momento in cui è stato accusato di mafia da ben tre pentiti. Il vicepresidente della società aeroportuale di Palermo è stato arrestato, con prova video e audio, mentre intascava una tangente di centomila Euro da un ristoratore. L’imprenditore aveva chiesto la proroga della sua concessione aeroportuale e si era sentito chiedere la somma di centomila Euro da consegnare in contanti, con garanzia di un assegno senza data.

Il fatto che Roberto Helg sia collega imprenditore, nonché rappresentante della sua vittima, non fa che impressionare ulteriormente. Lo stesso esponente del meglio della società civile palermitana rivendicava da tempo una sua militanza antimafia e antipizzo. Qualche mese fa a dire il vero era stato accusato da un suo collega di Confcommercio e dal politico Fabrizio Ferrandelli di essere persona diversa da quella che raccontava l’agiografia, ma la cosa fu presa come conflitto tra antimafie più o meno autentiche, più o meno professionali. Tutto questo è fumo negli occhi. La verità e la sostanza stanno nella capacità delle norme e delle prassi attuali di generare corruzione e illegalità. Se un imprenditore e ricco commerciante arriva a preferire la carriera da amministratore per poi essere arrestato con l’accusa di concussione o corruzione, vuol dire che questi ruoli attirano queste dinamiche. E le regole le consentono, se addirittura non le attivano. Non si può nemmeno pensare che Helg possa essere solo nella gestione proprietaria di una infrastruttura di interesse pubblico come l’aeroporto. Solo se fosse solo, potremmo

L’aeroporto di Palermo pensare che ci sia la sua esclusiva capacità di ottenere la proroga di una concessione in favore di un ristoratore. Non basta. Non è servito assolutamente a nulla ridurre gli emolumenti degli amministratori dell’aeroporto a poche decine di migliaia di Euro. Ridurre gli emolumenti è solo una breve strada per spingere a rubare di più e più rapidamente. Dobbiamo mettere i nostri rappresentanti nella condizione di non avere scuse. Ed essere condannati duramente, quando rubano. Siamo certi che buona parte della Sicilia stia al momento dando del mascalzone a questo alfiere della retorica eroica dell’imprenditoria italica e siciliana. Siamo anche certi che un’altra parte della Sicilia stia ripetendo come un mantra: ma a me sembrava tanto una brava persona. La cosa che non va giù a nessuno è che questo ennesimo nuovo fatto di malaffare avvenga in un’isola in ginocchio e senza prospettiva, dove,

ogni giorno che passa, si scopre un altro pezzo della classe dirigente entrare nella banda numerosa di quanti spolpano le nostre ricchezze. E troppo pochi ricordano che quelle ricchezze sono in realtà accumulate con le tasse che i più poveri siciliani sono obbligati a pagare, in favore di ricchi e farabutti. Il Mec ha chiesto alla regione l’azzeramento di tutti i Consigli di Amministrazione degli aeroporti siciliani, ma soprattutto delle Camere di Commercio. E’ noto, infatti, che questi enti sono figli degli stessi soggetti istituzionali che ora non possono che essere sotto accusa. Le Confcommercio, le Confindustrie, i sindacati confederali silenziosi, la regione soggetta ai desiderata dei poteri che non sarebbero nemmeno forti, ma solo determinati, sono tutti colpevoli. E poco credibili. Dobbiamo cominciare a rimettere le cose a posto e finirla con la retorica falsa e la falsa coscienza. Basta agli imprenditori manager. Basta ai giudici assessori. Basta ai professionisti con il vizio della politica, fatta non come attività civica, ma per tutelare gli interessi propri e di quelli dei loro clienti. La regione deve immaginare una

governance civica che metta sotto controllo appalti e gestioni pubbliche. Potrà sembrare fantascientifico, ma in realtà la cosa più semplice, come misura immediata e veloce, sarebbe quella di mutuare dall’antica Roma l’istituto dei tribuni del popolo. Rispetto a quelli, dobbiamo stabilire che siano estratti a sorte, che abbiano poteri ispettivi assoluti e che restino in carica per soli dodici mesi. Dovrebbero funzionare come un’autorità di controllo alla quale i cittadini possano rivolgersi per capire cosa accade e come vengono gestiti i nostri patrimoni. Di sicuro, non possiamo restare come stiamo. Troppe spese sbagliate, che si chiamano sprechi. Troppa corruzione e troppo poca cogenza delle norme. E’ probabile che Roberto Helg non arrivi nemmeno a concludere il processo. Ma i danni che ha procurato a noi, quelli sono già completamente dispiegati. Finiamola con la retorica, quindi. Fuori gli imprenditori dai beni pubblici. Fuori i giudici dalle amministrazioni. Che ognuno riprenda il suo ruolo e si redigano norme capaci di resistere ai mascalzoni. Coinvolgendo noi, i consumatori che pagano sempre e tutto, senza ottenere granché, in cambio. Continuare a mettere imprenditori ad amministrare cose pubbliche, con queste regole, significa solo produrre nuovi mascalzoni. Cambiamo le regole. Ma facciamole bene.

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FEBBRAIO 2015 - Catania

Processo Farmacia: una vicenda, una città e una realtà disillusa d i Ma rco Bena nt i

E’ una terribile vicenda di cui ha parlato anche la stampa nazionale; ma non solo: anche al cinema è stato possibile rivivere momenti di grande emozione. Attorno ad un laboratorio. Ribattezzato dei “veleni”. E a quello che per anni e anni è routato attorno alla facoltà di Farmacia dell’università di Catania. C’è stato un processo che ha visto un’assoluzione plenaria, ma le parti civili, le famiglie colpite da lutti non vogliono arrendersi a quello che sembra un epilogo molto discutibile, se non ingiusto. Per questo i legali delle famiglie che hanno visto giovani ricercatori morire dopo anni passati in quei luoghi vogliono continuare la battaglia. Anzi, l’avvocato Santi Terranova, uno dei protagonisti di questa vicenda giudiziaria e umana, ha dichiarato in conferenza

stampa: “per noi il processo Farmacia comincia oggi”. Gli avvocati delle parti civili, presenti anche con Pierfrancesco Iannello e Vito Presti, hanno annunciato che non ricoreranno in appello. Né –per altro- si sono opposti alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura della Repubblica nel procedimento penale che ipotizza l’omicidio colposo e lesioni. Resta aperta, però, la “porta” della possibile riapertura delle indagini. Gli avvocati hanno, inoltre, reso noti alcuni passaggi delle motivazioni della sentenza del processo di primo grado che, a loro avviso, non possono non essere tenuti in considerazione sia rispetto alla richiesta di archiviazione dell’altro proce-

I sigilli dei Carabinieri all’ingresso della facoltà

dimento sia rispetto alla possibilità di riaprire le indagini. In particolare, i legali hanno fatto riferimento alla circostanza che le condizioni dei laboratori furono evidenziate in sede processuale. In quell’occasione emersero non poche criticità dalle testimonianze, ma anche da quella che a oggi sarebbe per i legali “una vera e propria prova”: il memoriale del ricercatore Emanuele Patanè. Uno dei momenti e delle testi-

monianze più drammatiche di una vicenda che tanta parte di Catania ha vissuto col solito distacco, al limite del cinismo. Malgrado il fatto che i morti sono continuati, fino a poco tempo fa, con un caso dove è emerso un male uguale a quello del giovane Patanè. Eppure, lo stesso Patanè aveva scritto in modo molto chiaro quanto accadeva in quel laboratorio. Il suo memoriale –ha sottolineato l’avvocato Terra-

nova- è stato “ampiamente valorizzato durante il dibattimento” e richiamato anche nelle motivazioni della sentenza (quando i giudici si riferiscono “all’esistenza di un ambiente lavorativo caratterizzato da odori molesti e irritanti”). Insomma, ci sono non pochi elementi che i legali evidenziano. “Non può dirsi acquisita prova certa della contaminazione del terreno sottostante l’edificio” – è stato scritto in sentenza. “C’è scritto prova certa non nessuna prova” dicono ricordando che le perizie furono “effettuate su un luogo già bonificato”. Niente male! Nelle motivazioni, più volte richiamate dai legali di parte civile, si usano inoltre parole dure (“testimonianze fastidiosamente accomodanti”) nei confronti “di alcuni docenti universitari chiamati a testimoniare” che “minimizzarono” la situazione dei laboratori in sede di dibattimento.

Pippo Perni. L’uomo roccia è morto E’ difficile. Molto difficile. Raccontare della morte di un amico che non è solo un amico, ma una colonna portante, anche nel senso fisico, è doloroso. E’ morto Pippo Perni. Questo il laconico sms ricevuto sabato alla 19 e 52. Il commento è arrivato dopo, ma è una cosa privata. Per dirla come l’avrebbe detta lui, “m’arrivau na timpulata oscuru”. E ha scelto lui che la sua vita era arrivata al giro di boa. Pippo che sapeva ascoltare, che sapeva intrattenere, che

al telefono rispondeva: -Nunzia me soru, ti abbraccio - e abbracciava sul serio. Pippo che non si è mai piegato a nessuno, testardo fino all’inverosimile, finissimo ristoratore, prezioso oratore dal sorriso contagioso, Pippo dalla faccia pulita, Pippo l’ingenuo che è sempre stato se stesso anche quando è diventato la vittima consapevole di chi diceva di amarlo e invece lo spingeva nel baratro… ecco quel Pippo non è più: e non è nel vero senso della parola. Da uomo coerente fino alla

distruzione ha scelto di farsi cremare e ha voluto che le sue ceneri fossero gettate in mare. Pippo, l’Ulisse redivivo, l’uomo sempre alla ricerca della sua Itaca, ma anche un po’ Telemaco, in attesa che qualcuno venisse a salvarlo da se stesso, ha deciso che tutto poteva tollerare tranne l’ipocrisia e la menzogna e ha tolto tutti dall’imbarazzo di portare fiori, di andare al suo funerale, di costringere i familiari a ricevere visite e condannarli all’indolenza di

amici e parenti, perché sapeva che certe cose sono solo di circostanza; Pippo che riusciva a dialogare con tutti “tranni chi bestia. Ne sumpottu”, a far ridere chiunque di tutto e di tutti. Pippo che sapeva anche scrivere - è stata una delle penne più raffinate e uno degli autori più letti dei nostri Quaderni dell’Autonomia – e odiava l’approssimazione (confondere la melanzana masculina dalla femminina su una ricetta che ci aveva inviato ha comportato l’addio alla rubrica “la cucina di

Pippo” dopo due sole uscite). L’ultima volta che l’ho visto mi ha portato l’introduzione di un libro su cui stava lavorando perché la leggessi “mi pari ca ci manca qualcosa”, chiosò. Non mancava nulla, ma temeva di non essere riuscito a controllare tutto come era solito fare. Era perfetta, come sempre. “Amo molto la tua pazzia” dissi io.“E io amo di più la dismisura delle tue emozioni”. Ci siamo lasciati così. E così lo consegno al ricordo di chi lo ha amato. N.S.

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MARZO 2015 - Catania

Dal centro storico alla zona industriale strade piene di buche d i G iu l ia no Busà

Una settimana di fila di pioggia battente e oltre ai soliti disagi relativi alla viabilità e agli allagamenti, dovuti al pessimo quanto atavico funzionamento dei tombini e dei canali di scolo, i catanesi stavolta devono far fronte ad un altro nemico figlio dell’incuria della manutenzione stradale: le buche. Altro che buche, vere e proprie voragini scavate dalla potenza e dal perdurare dei fenomeni piovosi che in questa stagione non hanno dato tregua alla città. Sta decisamente mancando un intervento tempestivo da parte degli operatori comunali, e ogni viaggio in auto lungo la città è un ulteriore rischio per la tenuta delle autovetture e per la sicurezza. Particolarmente critica è poi la zona industriale, che al pari dei villaggi adiacenti l’aeroporto è strutturalmente esposta ad allagamenti e dissestamenti dell’asfalto anche con poche gocce di pioggia, figurarsi con temporali e giorni di ininterrotta pioggia battente. Tanto che molti lavoratori hanno avuto più di una difficoltà a raggiungere fabbriche e sedi di lavoro, data anche la scarsa illuminazione notturna delle zone e l’impossibilità di cambiare percorso o persino di evitare qualcuna delle

suddette voragini. Nonostante i ripetuti reclami però ancora nessun operatore comunale è stato visto rimediare a questi pericolosissimi disagi. In tal senso si è mosso anche uno dei sindacati più attivi sul campo, l’Ugl di Catania, che fa sapere che “Non possiamo discutere di sviluppo, se prima non saranno sanate definitivamente queste essenziali condizioni. Una situazione indecente, che offende la città, i suoi lavoratori e che rappresenta un pessimo biglietto da visita per i numerosi clienti, fornitori e addetti ai lavori che arrivano nella zona da tutta Italia e dall’estero, impedendo in tal modo anche nuovi e ulteriori potenziali investitori, fonte di sviluppo e occupazione. Chiediamo pertanto alle istituzioni di competenza di occuparsi seriamente e urgentemente delle infrastrutture pubbliche che riguardano la zona industriale catanese, mettendo in sicurezza le strade con il ripristino del manto (e non con il classico rattoppo catanese), con l’installazione di un’adeguata illuminazione e la bonifica di determinate aree ridotte ormai a pericolosa discarica”. E in effetti la zona industriale è sede di eccellenze internazionali come l’St, che ogni giorno riceve decine di visitatori e potenziali investitori stranieri. Affatto insen-

sato quindi il riferimento ad una reputazione che va difesa, se non per il bene degli automobilisti, almeno per le possibilità di sviluppo economico che sono messe a repentaglio. Non va meglio a Nesima: anche qui ad autentiche voragini sparse sull’asfalto in certe zone – segnatamente quelle antistanti la piscina – si accompagna la mancanza di una adeguata illuminazione. E anche qui non sono mancati gli incidenti: ne sono stati denunciati tre solo negli ultimi tre mesi, dell’ultimo è stata vittima un’atleta in uscita proprio dalla piscina, che con la proprio auto è finita contro un palo per evitare una buca. Anche qui di operatori per rabberciare l’asfalto non se ne sono ancora visti. Eppure giorni fa è stato annunciato il reperimento di fondi pari a

circa 350mila euro per la sistemazione di questa annosa questione. Piccola parentesi: i maligni dicono che parte di questa cifra provenga dallo spropositato numero di verbali che nell’ultimo periodo sta falcidiando gli automobilisti catanesi. Sta di fatto che, come al solito, la prima risposta dell’amministrazione è puramente simbolica. L’assessore Bosco – che ancora deve rispondere del disastro del Tondo Gioeni, che nessuno ha dimenticato – ha infatti annunciato la riattivazione del servizio telefonico cosiddetto “I Tappabuchi”, al quale i catanesi potranno rivolgersi per segnalare la presenza di buche nelle strade cittadine chiamando il numero verde 800 594444. E se qualche mini cantiere si è visto in via Domenico Tempio, tante

altre zone della città restano ad alto livello di criticità, specialmente per la mole di traffico che ogni giorno devono sopportare. Particolarmente preoccupanti le condizioni del manto in via Santa Sofia, in via duca degli Abruzzi, in via Cifali e in alcune strade di Barriera, segnatamente quelle che collegano il quartiere alla zona Nord della città. Dalla zona di Santa Sofia in particolare, sia i tanti studenti che frequentano il quartiere che qualche autista di autobus (Brt nello specifico), fanno sapere che molteplici sono già state le segnalazioni fatte alle autorità competenti, finora inaccolte. E non va certo meglio in una zona più centrale della città, quella della stazione. Sia il viale Africa, che la via Sei Aprile che la zona della nuovissima piazza Galatea e del nuovissimo piazzale Oceania, sono dei veri e propri campi minati, in certi punti rabberciati alla meglio, con strati di asfalto “nuovo” anch’essi divelti dalle nuove intense precipitazioni. Insomma, servirebbe un intervento intensivo ed immediato, se non altro per evitare nuovi disagi, dato che non si è potuto far fronte ai vecchi. Come al solito però oltre ai mezzi, pare proprio che manchi un metodo d’intervento adeguato. Siamo alle solite.

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MARZO 2015 - Giarre

Ospedale di Giarre: i coccodrilli e l’avanspettacolo d i Se verino Pa t a nè

Due cose sono emergono nella vicenda (fine) dell’ospedale di Giarre: i coccodrilli, quelli delle lacrime colpevoli per antonomasia e l’avanspettacolo o i cinque minuti di notorietà in un TG regionale, la foto sul giornale. Al di là della rimodulazione della Rete Ospedaliera, dell’ultima invenzione degli ospedali riuniti, del numero dei posti letto attribuiti sulla carta, attribuiti in quota minore di quella prevista, al di là dei refusi, dei tagli del nastro, delle sorti variabili, da ospedale di comunità a polo specializzato, ci sono due cose cose cui guardare con attenzione: la prammatica e la politica. La prammatica sono i fatti: i costi di costruzione e dotazione della struttura, gli attuali cosi di gestione, tra personale e spese di mantenimento in funzione della struttura e il servizio effettivamente reso, i primi due elementi sono eccessivi (specie il primo) rispetto all’efficacia del terzo. C’è stato un periodo in cui i primi due elementi, l’investimento economico iniziale

e i costi di gestione, risultavano giustificati in ragione della qualità del terzo, che poi è la qualità della tutela di un diritto non secondario quale quello alla salute. Ma sia chiaro in tutta la vicenda dell’ospedale due cose sono davvero centrali, e non sono la salute pubblica: gli interessi e la politica. Si dirà “ma è la politica che rappresenta gli interessi” ed è vero, bisogna chiedersi però “quelli di chi?”. E’ bene chiarire che le responsabilità del progressivo depauperamento dell’Ospedale tramite il trasferimento di reparti, risorse umane e macchinari hanno una regia che è tutta politica e si badi però che per indicare i rappresentanti politici all’Ars il voto dei cittadini dell’area jonico etnea viene conteggiato alla stessa maniera di quello dei vicini acesi e brontesi, quindi i coccodrilli sono quelli che per anni hanno consegnato la rappresentanza a gruppi di potere politico che perseguivano gli interessi legittimi di altri territori e si interessavano poi della mappa del potere degli ospedali di Catania città, perché è lì che si

L’ingresso dell’ospedale di Giarre

vede chi ha il potere e chi no. I coccodrilli dunque sono tutti quei cittadini che hanno consegnato un patrimonio di voti e rappresentanza alle persone inadatte, i coccodrilli sono i giarresi e il piagnisteo di associazioni, risvegliatesi talvolta liste civiche, ma che non hanno mai raggiunto il risultato. C’è una responsabilità politica che non è solo della classe politica, ma è del disinteresse per la cosa pubblica che porta

ampi segmenti della società a votare quelli che scambiano i diritti con l’ultimo dei favori e restituiscono il favore (che favore non è) attribuendo a quegli stessi, che nel tempo hanno spogliato la città di tutti quei servizi, che poi ad altro non servono se non a rendere effettivi i diritti, un mandato a rappresentarli. C’è una grande colpa di una classe politica totalmente inadeguata ma c’è il risvolto della medaglia, una

società civile apatica se non talvolta collusa, i coccodrilli appunto, quelli dalle lacrime colpevoli e irredimibili. L’avanspettacolo invece è quello del sindaco, che della filiera di gente inadeguata a rappresentare politicamente l’hinterland jonico etneo e Giarre che ne era la città guida, è l’ultimo prodotto. E’ passato dalla foto ricordo con la Lorenzin (che avrebbe dovuto significare cosa? Visto che i decisori sono a Palermo e Catania) a una rassegna stampa che lo descrive come un rivoluzionario. Cerchiamo di essere chiari che risultato procurerà questa occupazione? Nessuno. E’ stato netto su questo Enzo Caragliano che ha spiegato che agisce così per nascondere la crisi nella sua maggioranza. Ecco Bonaccorsi è inadeguato e l’interland jonico-etneo paga il fatto di averlo sindaco della città capofila del distretto sanitario e di non avere rappresentanza all’Ars. C’è speranza allora? Certo c’è sempre, augurarsi di godere di buona salute e credere in una giustizia, rigorosamente divina, di là da venire.

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MARZO 2015 - Gela

Si avvicinano le elezioni e aumentano le visite di Crocetta di Liliana Blanco Le visite del Governatore della Sicilia nella sua città natale si moltiplicano durante le manovre elettorali di questo periodo. La versione ufficiale del presidente è l’appoggio al sindaco uscente ma non tutti sono convinti . Per supportare l’appoggio a Fasulo si parla inevitabilmente della chiusura dell’industria pesante, percepita dai gelesi come un tradimento all’economia della città. “L’Eni a Gela non chiude – ha ribadito il Governatore nel corso dell’ultima conferenza stampa - a Gela si riconverte con una nuova economia . Lo stabilimento avrebbe dovuto chiudere anni fa perché fuori dai canoni previsti nelle normative europee. La nostra era diventata una fabbrica illegale. Bruciare pet coke significa condannare i bambini a nascere malformati. Magari l’avessi avuta da sindaco la possibilità di poter intervenire per riconvertire”. Oltre ai 450 milioni di euro stanziati dalla Regione per sviluppare il piano economico, sono in arrivo 32 milioni di euro per il piano ‘compensativo’. Abbiamo chiesto lo stato di crisi, previsto nel protocollo del 6 novembre. “

Non si perderà neanche un posto di lavoro - prosegue il Presidente - se l’Eni non rispetta gli accordi la Regione può sempre tirarsi indietro. Il lavoro verrà dato anche attraverso le perforazioni per l’estrazione di metano e la chimica verde che potrà essere realizzata con gli scarti agricoli. La città deve avere chiaro il ragionamento che si è fatto, anche se c’è chi vuole pescare nel torbido parlando di trivellazioni di petrolio’. I termini del protocollo dovrebbe

essere chiariti da un convegno organizzato sull’argomento. Ma le rassicurazioni del Presidente non convincono. Prima l’Eni ha parlato di scarsa produttività e solo due settimane fa è stato reso noto il bilancio con i numeri in attivo. La riconversione green della Raffineria Eni diversi punti oscuri elencati in un dossier diretto al Mise, dai tecnici del ministero dell’agricoltura. La produzione di biodiesel da olio di palma e quella di bioetano-

lo da paglia e fieno proveniente dalla Russia. Il diesel verde, non rientra più negli obiettivi dell’Ue che invece è orientata verso la valorizzazione energetica di rifiuti, residui e sottoprodotti per la produzione di biocarburante ecosostenibile. L’investimento previsto di circa 750 milioni per 750 mila tonnellate di produzione l’anno. Gli impianti italiani per la produzione di biodiesel soddisfano gli obiettivi fissati dalle politiche energetiche na-

zionali e europee; inoltre l’olio di palma sarà importato quindi la ricaduta economica positiva non è chiara. La produzione di bioetanolo del gruppo Mossi & Ghisolfi dovrebbe avvenire con due impianti di 80mila tonnellate utilizzando paglia comune. L’azienda impiegherebbe 100150 posti di lavoro e 150 in agricoltura, con 600-800 occupati in fase di costruzione. La materia sarebbe importata dai mercati dell’ex Unione delle Repubbliche Socialistiche Sovietiche. Non sono previsti contributi per le bio coltivazioni da raffineria per i lavoratori locali, quindi dove sta il rilancio economico?. Eppure Crocetta sostiene che le produzioni green è l’unica possibilità economica per il petrolchimico perché, il prezzo del petrolio è crollato ela crisi mondiale non aiuta , perché gli impianti dell’industria sono vecchi e il pet-coke crea l’inquinamento, anche se solo qualche anno fa sembrava che tutto fosse a norma con quei pochi interventi realizzati a fronte di promesse dell’Eni che sfioravano i 900 milioni di euro, finiti poi nel dimenticatoio.

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MARZO 2015 - Messina

Popolari in Movimento: omaggio a Bergoglio e Mattarella di Pietro Frazzica Si è svolto nel comlesso sorto nella Ex Pescheria di Barcellona Pozzo di Gotto, oggi adibito a sito per le attività culturali, il convegno dei “Popolari in Movimento” dal tema “Papa Francesco e Sergio Mattarella: due nuove stelle nel firmamento della speranza”. Ha presentato l’iniziativa l’ex assessore della giunta Collica, Cosimo Recupero che da qualche mese ha anche lasciato il partito di Italia dei Valori in cui militava da diversi anni. Giovanni Frazzica, Coordinatore dei Popolari in Movimento, ha svolto la relazione introduttiva nel corso della quale ha cercato di spiegare che la scelta di riferirisi ai valori alti che dovrebbero governare il mondo della politica è tipica della tradizione del popolarismo che trae le sue origini dal pensiero sturziano. Ad affermare emblematicamente e simbolicamente questi nobili valori della tradizione cattolica si ravvisano

oggi le figure di Bergoglio e Mattarella, che rappresentano un punto di riferimento importante per tutti gli gli italiani. Tuttavia il loro stile di vita ed il loro buon esempio non è sufficiente per dare una svolta al Paesese se ogni cittadino e, soprattutto, ogni operatore politico non ne coglie il significato più profondo e non fa la sua parte nel suo agire quotidiano operando virtuosamente nel tessuto della pubblica amministrazione e della politica. E’ stata particolarmente apprezzata la presenza in sala ed il discorso dell’ex Sindaco Franco

Scicolone, Frazzica, Grasso e Recupero Speciale, primo cittadino di Barcellona alla fine degli anni 90, quando Giovanni Frazzica guidava il Ppi provinciale del Ppi ed il Partito era rappresentato ai massimi vertici anche a Messina, con Franco Providenti, ed a Lipari con Michele Giacomantonio sindaco. Altri interventi

importanti che hanno caratterizzato la serata barcellonese dei popolari sono stati quelli di Maurizio Ballistreri, segretario provinciale del PSI, dell’avv. Antonio Gallo, Presidente provinciale delle ACLI, del dr. Concetto Trifirò, ex-Sindico di Torregrotta, del Prof. Cosimo

Inferrera, Ordinaro di Anatonia patologica dell’Università di Messina, del Consigliere comunale di Milazzo Franco Scicolone, dell’on. Bernadette Grasso, Sindaco di Rocca di Caprileone e Coordinatrice di FI e dell’ing. Basilio Ridolfo, Segretario provinciale del PD. L’on. Franco Rinaldi ed il Capogruppo del Pd al Comune di Messina, Paolo David, sono giunti appena in tempo per portare un saluto ai convegnisti. Maurizio Ballistreri, leader dei socialisti messinesi, ha detto che “il tema dei diritti sociali è fortemente sostenuto da Papa Bergoglio, a fronte di una sinistra acritica nei confronti del mercato e delle banche, priva di valori; mentre da Mattarella ci si attende un rientro dal fenomeno della ‘presidenzializzazione del Capo dello Stato’, basato sulla supplenza politica, che ha segnato il novennato di Napolitano”.

Terme, turismo e mal di pancia della maggioranza. Si naviga a vista ad Acireale di Saro Faraci Nicola D’Agostino ha conquistato la platea della Leopolda all’assemblea di domenica scorsa a Palermo. L’ha fatto parlando di termalismo e turismo, due temi a lui cari anche per le dirette implicazioni sul territorio e la comunità di Acireale, il suo feudo elettorale. Ed è riuscito a mettere d’accordo tutti, detrattori e sostenitori della privatizzazione degli stabilimenti termali. I primi, fortemente radicati nella frangia più oltranzista del PD, si son visti riconoscere la legittima aspettativa che si metterà presto mano ad un disegno di riforma del termalismo, più in linea con la legge nazionale del 2000. I secondi, da sempre favorevoli al passaggio di mano ai privati, sono stati accontentati con la promessa che, entro marzo, sarà definito il bando di gara per l’affidamento a terzi della gestione degli stabilimenti. Notizie rassicuranti da Palermo,

dunque. La realtà è che né l’assessore all’Economia Baccei né il presidente della Regione Crocetta né l’assessore al Turismo Li Calzi hanno le idee chiare su cosa fare del termalismo in Sicilia e, stretti nella morsa degli indugi della burocrazia regionale, sono costretti a fare dichiarazioni di comodo per tranquillizzare le agitate comunità di Sciacca (molto attiva negli ultimi tempi) e di Acireale (più dormiente, come al solito). Nicola D’Agostino ha abilmente sfruttato questi interstizi lasciati liberi dalla politica governativa ed è riuscito a fare presa sulla platea della Leopolda ai lavori del tavolo tematico su turismo e termalismo dove si è rivisto, dopo tanto tempo, anche il portavoce del comitato civico Terme di Acireale, il dottor Salvatore La Rosa che con D’Agostino però ha sempre litigato. Da Palermo ad Acireale. C’è qualche mal di pancia, seppur non dichiarato

società civile, indignata per quanto accaduto. Ad Acireale ci sono ancora sacche di illegalità cui l’azione amministrativa del primo cittadino dà sicuramente fastidio. Il sindaco Barbagallo è capace di occuparsi di molte cose contemporaNicola D’Agostino neamente ed ufficialmente, all’interno della evidentemente il superamento di maggioranza politica che sostie- questa inerzia, che prima facene il sindaco Roberto Barbagal- va comodo a molti, ha finito per lo. Al primo cittadino, di recente toccare qualche nervo scopervittima di un gesto intimidatorio to. Il punto, tuttavia, è un altro. (gli è stata bruciata la propria Sono le fibrillazioni all’interno auto), è arrivata la piena solida- della maggioranza e di Cambiarietà e il massimo sostegno di mo Acireale che evidenziano una tutte le parti politiche, compre- condizione politica generale non se quelle di opposizione, e della rassicurante. Il sindaco è tutto-

fare, quindi un po’ accentratore, ma procede bene per la sua strada. Alla corte del re, purtroppo, ci sono sia quelli con la forte brama di potere e coloro che sognano un reale cambiamento della politica. I primi si agitano perché, dopo aver sostenuto Barbagallo e giurato fedeltà a D’Agostino, vorrebbero più spazi da gestire e scalpitano anche all’interno del consiglio comunale. I secondi, che hanno creduto in un totale rinnovamento della politica, sono insofferenti ad una visione della politica come continua gestione delle emergenze e sperano in uno slancio che la nuova amministrazione potrebbe avere solo con una progettualità più ampia e di largo respiro, in grado di coinvolgere le forze migliori cittadine. Intanto, sembra che uno dei revisori dei conti debba dimettersi per incompatibilità e forse anche questo è uno dei motivi di fibrillazione della maggioranza.

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MARZO 2015 - Messina

asdfEt volorro tem faccatem remporem qui dol di Giovanni Frazzica asdfDebitiande dis etur ma aspere volupta nihillabo. Sapid que rest accum qui id et repercim apissinisi ut am voloreh enducim agnisci consent urepudi picaboribus atem dolore explabore corpos di illum es dit et a consequo blaut magnat quibusd anitas ius molesti beribus apisit, illorporio moluptate et quam harum fugitae mi, accum ium fugia si sume volores am, consequibust andam, con nimuscidior sam, ipsus dunte labor res doluptatem landant ditem nihicipit, nemquaectint voluptaquiat labo. Nam eati ipicillabo. Et ari te saestia voluptat volut etus ex eumquo magnis molupta temque dolorpore rem quissit iliquae dolor acea conse id mint dus quiae nihilit, omnimus et lit restist et modi conseque dior alictum quodis qui od qui occumquia sitatur, quis earum sequis dolo magniscia dolut el mi, sam alitatio. Ipitamus. Loreribust quati dolest officiis doloren iendic tecusam aut untur? Rum estrum nullatur sapellitione comnihilis proreptius dolorunt ratiatum aligenet omnis comnis accabore nossum sus. Reruntore venimaior re pero eius et as acipsam, etur alis aut eaquis aut optuscitium cum, quatem des audita nostem re sapedissum qui re ilique ilitatis rae sape odi comnis res doluptae. Ovidende am volupienti nostemo lorestiis

volenis alitiis quasinventur aliquiatem sam ilia volorem labor sin ra sum fuga. Nempel ium fugiatur, ute vel iduntincte dolorer chillaborem nita doloruntio is nis nis dem vellor as pliqui vent acepedi raerum nis solest volorei ustruptiasim dus, acilignihil etust volupta spitatiumque quis et plit, ut ate incturit laccusamus re eius doluptio tem facium seriatquam quissec erestincte maxim di audi volore ped que eum rem. Minctas autest, incto cuptaquam, sum con cum nonsecto molo dolupta tinihillatur aut ium si odi consed magnit quos molor secae modigen ditinve litatiu sciaeceaque plit que quam qui aut pre ea cus deni omnimax impore consed quist omni nos cupiet omnia verum asperrore que perae venissum enit es nobita serecaborit, te magnis aute eum, totat. Endunt illant dit int quia doles del il iligene ctist, iliquibus et laudaerum apel inullac eatur? Doloreh entio. Itatem. Et ilitibus ipsum quis aut experepudae volores doloreh entiore volenie ndandunti conseque occat voloreped minvellam quia doluptatur, unt apedisq uaecus ut am, quam, utaquib uscius dolupid et es cum laccaep tatatiatis de plibus. Bus ex ex expeliquam reiciat uribusa quam dio. Unt et facitat. Mos aborecaborem utem. Da cum ut que veniendam et etur? Hil magnimo luptate moloreped

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solor atia iunt. Remolor sitatquat. Voluptae volleni musdae sitis dem arum asperov itibus in nimint a cus int, conserum fugitas et et expeditatur sequamus adipicillab ipsa dit, sendant qui cora dollatius, sene dollore vendiae ceaquaecae nonecea quibus, qui reped unt, tes alitiscidus dernatia ni nonet, sant explabo renimus, ea volorporro blabore hendandis nosserc hiciis exeribus ratur aut antisinctus ex et ea consend enditatur, optatur ecuptat iorerit, voluptatibus ad ut hariore iliqui asiminctem vid quatibus, ut unt vereratem videssitas exerfernatur aligenit faccatur, cuptate cupti cone dolupta volecte liti dolorias mi, quae pliscim ossimag nimaxim poreritati corem. Et voloris pa quiatur, as solore cor sinum fugiam exero officiisci berferis aut venectore eum faccate dolute velit harum quaepro qui velesequam repudit odistium, se occat. Ullestibus apicto magnis venditas sunt ad evendis ulparit et mi, etur sandisit et experem eumende rrumet que nis doluptatem. Ita inum quibus sitat qui quam as in remperr ovidestempe nitia vendae nonsequo tem qui doles iur aut rerehent fuga. Otatia non nobit laborum et haribus tiosan-

ditem ea porecest volore ipicil mos mi, simagni mendae vel is auda eatisinvelia erchit, voluptate core, ut que ipsapedi omnis dolutet volo omniet aut ipis experch illiti cum ercit incim auta quuntur? Unt rerum id qui que cus, teniet liquiatur sit apicaborum laborest, non re, que nis aperro et lis a coressequam eum repta sequia ipsus ex endis preheni mporectius dolor re volupta ssunto dicium quiae. Obitatiant et lantur sume sit rehent. Mus et modipid usamus distet fuga. Ictempo reperum verepernatur remque nihilla cersped expediam hictiisquas et prem. Udae corrum et ut veligendebis apelese mi, suntibero quae. Nam, odic tessinci dolorenim rem sae omniet quam sanderit, exceperspis entiaep errovit ecatio et et pedi sum ditatuste volor accullu ptatem volor audae doluptam eos unt lacest aut labor rehendaes eatium at. Bist aut et dici dellor sum aut evelitio. Mus doluptatiis estento to ommolorem sinum fuga. Et experch ilibeaquis eturitatur sit ent excerem inctoreribus que dit eos volorum quiae ius estectem reperuptium et earuptamus iur, am renimol uptur? Em incim fugiatat. Ut que nulpa cus eaquia nem re doluptat qui blaccae. Ro odis es coris vel et modi consequi diasperrum sequo volore od qui sendis doluptin rem. Nam conse doluptaquas solumquis vendit

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MARZO 2015 - Niscemi

Il Paginone segue dalla prima dalle sottilissime menti della questura che tentavano di far entrare gli operai in modo subdolo per evitare che gli attivisti se ne accorgessero. Come se anteporre gli interessi americani sia prioritario al punto da andare oltre una sentenza del nostro Stato. Sono stati vergognosamente sgamati e hanno fatto una signorile figura barbina. Quindi tensioni. Gli operai però non si sono persi d’animo e sono entrati lo stesso con buona pace degli attivisti, delle mamme No Muos, dei giudici amministrativi, e dello Stato italiano, tutti mandati sonoramente a quel paese a fare una gita e magari restarci. Non capire le ragioni che spingono Alfano e il governo italiano ad agire con tutti questi sotterfugi è stupido, ma vedere la luce dove si proietta l’ombra è da ciechi. Sappiamo tutti che lo Stato italiano è amico degli Stati uniti. E fin qui meraviglie e mirabilie. A scuola ci hanno insegnato che gli americani ci hanno liberati dal Regime cattivo tanto che noi celebriamo la cosiddetta Festa della liberazione il 25 aprile di ogni anno. Ma dal 1945 a oggi sono passati 70 anni: quanto deve durare questo debito di riconoscenza verso gli americani? Ma non eravamo amici? Abbiamo sbagliato qualcosa? Forse non abbiamo capito noi il concetto di amicizia o non lo hanno capito gli americani? O molto semplicemente siamo governati da irredimibili lecchini. Per il loro intervento abbiamo pagato e paghiamo tutt’ora un prezzo altissimo: basi militari ovunque e, come non bastasse, oltre Sigonella, con la scusa del controllo del Mediterraneo questo mega impianto satellitare i cui danni sulla salute dell’uomo sono tutt’altro che presunti. E lui, Angelino Alfano, l’uomo che dovrebbe alzare lo scudo e la spada sui cittadini e far rispettare le leggi dello Stato italiano, fa quello che gli viene meglio: non risponde, non parla, non dice niente, lui fa… il ministro dell’Interno ovviamente a modo suo. Che non abbia mai brillato per solerzia e perspicacia, è un dato di fatto. Che politicamente sia alla canna del gas e cerchi di attaccarsi sugli specchi perché di lui si abbia un ricordo memorabile, è comprensibile, ma che addirittura disattenda una sentenza del Tar è il segnale più evidente che se questi sono i nostri rappresentanti, che ci tradiscono, siamo davvero messi male, moltro male. E c’è davvero poco, si direbbe nulla da stare allegri. Nunzia Scalzo

A Niscemi è allarme. Il Muos ha ripres di L i li ana B lanco Allarme in contrada Ulmo: le antenne del Muos hanno ripreso a funzionare, in barba al veto del Tribunale amministrativo regionale. La sentenza del Tar del 13 febbraio scorso, infatti, aveva dichiarato il sistema satellitare statunitense nocivo per la salute dei cittadini e ha decretato il blocco dei lavori che però sono stati ripresi. Gli attivisti e il comitato delle mamme No Muos si sono dati appuntamento i davanti il cancello principale della base statunitense per contrastare la presa di posizione. Il comitato che monitora la zona militare costantemente è riuscito a fermare alcuni camion con a bordo una decina di operai ed ha tentato di bloccare i mezzi dei militari americani: una lunga fila di mezzi, almeno una decina di auto dietro le quali le volanti delle forze dell’ordine. Gli attivisti No muos non hanno potuto far nulla davanti all’alt del consistente dispiegamento del Ministero dell’interno: il cantiere Muos è stato dichiarato abusivo. La zona era protetta da cinque volanti della polizia, una gazzella dei carabinieri che hanno fermato gli attivisti per permettere ai marines di entrare nella base. Dopo essere entrati nell’area che contiene le parabole del Muos, il sistema è stato riattivato. “Assistiamo all’ennesimo episodio di mancanza assoluta di rispetto da parte del ministero degli Interni della volontà de-

gli organi magistratuali – hanno detto gli attivisti No Muos che hanno calpestato le decisioni difendendo gli abusivi e permettendo l’ennesimo scempio. La sentenza al Tar rappresenta per i tutori della legalità carta straccia di fronte il padrone americano”. Gli attivisti hanno comunicato la loro volontà di presidiare la zona con blocchi permanenti per evitare che il completamento dell’opera abusiva americana. “Non sono stato di recente sul posto – ha detto il sindaco Francesco La Rosa – e la notizia mi giunge nuova ma non ho motivo di dubitarne conoscendo l’impegno del comitato”. Mentre si consuma l’ennesimo abuso in un’altra zona, la città di Niscemi celebrava l’ennesimo convegno contro il sistema saltellitare che mai è stato accettato dai cittadini e contrastato strenuamente da Giuseppe Maida con manifestazioni romane che hanno acceso i riflettori sul caso. Gli avvocati del coordinamento regionale dei Comitati No Muos, avvocati Paola Ottaviano, Nello Papandrea e Nicola Giudice, hanno notificato un “atto monitorio” al ministero dell’Interno, alla Questura di Caltanissetta, al Commissariato di Ps di Niscemi ed alla stazione dei carabinieri di Niscemi, allegando copia della sentenza del Tar Palermo dello scorso 13 febbraio. “L’iniziativa si è resa necessaria- spiegano i legali - dopo

che, lo scorso 26 febbraio un ingente spiegamento di forze dell’ordine: polizia e carabinieri ha scortato dentro la base di Contrada Ulmo a Niscemi un convoglio formato da militari ed operai. Poteva apparire una normale squadra addetta alla manutenzione degli impianti presenti nella base, senonché dopo il loro ingresso è stata notata la movi-

mentazione delle parabole del Muos. In base alla sentenza del Tar Palermo depositata il 13 febbraio, l’istallazione del Muos è avvenuta in assenza di valide autorizzazioni. L’annullamento, infatti, ha efficacia sin dall’origine ed i lavori sono da considerare integralmente abusivi. A prescindere da ogni altra conseguenza,

Muos, storia di una sovranità nazion di Alb er to Car di llo Il Mobile User Objective System, meglio noto come Muos, è un moderno sistema di telecomunicazioni satellitari ideato dalla marina militare americana che, grazie a cinque satelliti in orbita e quattro stazioni di terra, permetterà agli Usa di controllare e coordinare tutte le unità navali, aeree e terrestri dislocate nel mondo, compresi i droni (aerei senza piloti). Una di queste quattro stazioni di terra ci riguarda da molto vicino, perché si trova a Niscemi, in provincia di Caltanissetta. È qui che trasmettono tre parabole satellitari dal diametro di 20 metri e di due antenne alte 150. Un grosso problema di carattere strategico, diplomatico e sanitario, se non altro perché sorge in un’area protetta dove vivono persone che hanno paura di assistere inermi ad un bombardamento di onde elettromagnetiche. A differenza di quanto pensano i

cultori dell’americanismo senza compromessi, i timori per le ripercussioni sulla salute non se li sono inventati i siciliani. Il professor Massimo Zucchetti, esperto di “Protezione dalle Radiazioni” al politecnico di Torino e ricercatore dell’Institute of Technology del Massachusetts, ebbe a dichiarare nel 2011 che le tre parabole avrebbero aumentato i rischi per la popolazione in modo esponenziale. Studi e perizie dimostravano infatti che il Muos sarebbe potuto essere nocivo e portatore di tumori, leucemie, cataratte, riduzione della fertilità. Proprio per scongiurare questi rischi nel 2010 nacque il movimento -politicamente trasversale- “No-Muos”, con l’intento di sensibilizzare le istituzioni e di bloccare il progetto. Le forti proteste locali contribuirono addirittura a mettere sotto sequestro il cantiere americano, grazie ad una decisione assunta il 6 ottobre 2012 dalla Procura di Caltagirone. I giudici ritenevano

inaccettabile che il Muos potesse sorgere in una area protetta come quella dalla riserva naturale della Sughereta di Niscemi. I sigilli, tuttavia, durarono appena venti giorni, perché il tribunale della Libertà di Catania accolse il ricorso del ministero della Difesa, revocando il sequestro. A questo punto entrò in gioco la Regione Siciliana e Rosario Crocetta. Il governatore, spinto dalle crescenti proteste del mondo politico, sociale, medico e culturale, nel gennaio 2013 si scaglio contro il placet dello Stato italiano al progetto americano. Convinto sostenitore della pericolosità di queste tre parabole satellitari, l’11 marzo Crocetta riuscì a raggiungere un’intesa col governo per bloccare i lavori di costruzione, almeno fino a quando non ci fossero state perizie mediche e ambientali complete. L’accordo si concretizzò alla fine di marzo con una nuova chiusura del cantiere, questa volta ad opera della Regione Sicilia.

E’ in questo momento che arriva la svolta dell’intera vicenda. Il governo nazionale piuttosto che promuovere con razionalità un dibattito sull’argomento, magari coinvolgendo medici, associazioni ed opinione pubblica, pensò bene di rivolgersi al Tar della Sicilia chiedendo la revoca del blocco dei lavori, oltretutto pretendendo un cospicuo risarcimento danni dalla Regione. In soldoni: lo Stato mette in piedi una guerra in famiglia pur di non disattendere il volere degli americani Nonostante ciò, il 9 luglio 2013, con la grande sorpresa degli addetti ai lavori, il Tar respinse il ricorso del ministero della Difesa, definendo più che legittima la decisione di sospensione della Regione. Ma nella migliore tradizione siculo-italiana ecco il coup de théâtre del governatore siciliano: Crocetta inspiegabilmente cambiò idea, optando per la ripartenza dei lavori. Dopo la sen-

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reso a funzionare in barba alla sentenza del Tar

Manifestanti no-Muos quindi, anche il loro utilizzo, in qualsiasi forma è da considerare illecito. Si è reso necessario, quindi, trasmettere il testo della sentenza alle forze dell’ordine, benché sia già di comune conoscenza essendo stato pubblicato e richiamato da fonti di stampa, sottolineandone il significato ed i passaggi salienti.

Conseguentemente abbiamo ammonito le stesse forze dell’ordine che è loro preciso dovere prevenire e sanzionare il perpetrarsi di illeciti all’interno della base ad uso esclusivo della Marina militare Statunitense di Contrada Ulmo. Conseguentemente sarebbe loro dovere verificare che operai o attrezzature son siano fatti entrare per opera-

re sulle parabole del Muos. Abbiamo anche chiesto che ci sia comunicato chi comandava l’operazione congiunta di polizia e carabinieri del 26 febbraio e se abbia verificato l’illecito utilizzo delle parabole immediatamente successivo all’ingresso del convoglio oggetto di scorta ed abbia provveduto alla doverosa denuncia all’autorità giudi-

ziaria penale. Nei prossimi giorni saranno prese altre iniziative anche in considerazione dell’assoluto immobilismo degli Enti che sarebbero preposti a far rispettare il giudicato del Tar. Frattanto va chiarito ancora una volta che la base di Niscemi è ad uso esclusivo della forze armate Usa e non base Nato, che

è un’opera abusiva le cui autorizzazioni sono state annullate perché pericolosa per la salute umana e per il traffico aereo, non è opera realizzata per la nostra difesa nazionale ed è comunque inutilizzabile allo stato, non solo per lo stop del Tar, ma perché ancora non è completa nella sua architettura mancando i lancio di due satelliti”.

zionale “Usa e getta” tenza del Tar, l’Istituto di Sanità Superiore dello Stato dichiarò che alcuni studi dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sulle parabole del Muos dimostravano “che tutti i limiti previsti dalla legislazione italiana in materia di protezione della salute umana dai campi elettromagnetici erano stati rispettati in larga misura”. Quindi per lo Stato, ancora oggi, non c’è nessun pericolo per la salute e per l’ambiente; Crocetta pertanto non ebbe dubbi. Ecco allora che il 25 luglio 2013, con un incredibile e plateale dietrofront, la Regione Sicilia revocò la chiusura dei cantieri, permettendo la ripresa dei lavori agli americani. “Crocetta Vergona”, all’indomani della decisione, fu questo lo slogan del movimento No-Muos che riassunse la rabbia per il voltafaccia incredibile del governatore. Il “Crocetta contro tutto e tutti” alla fine si era piegato al diktat

dello Stato italiano, il quale a sua volta è schiavo del volere degli Usa. Lui si difese, affermando di aver ricevuto pressioni dai poteri forti e addirittura dalla Cia (i servizi segreti americani). La paura di combattere qualcosa di troppo forte lo convinse a lasciare i NoMuos da soli e inascoltati. A questo punto il comune di Niscemi rimase solo in un nuovo ricorso al Tar. Il 13 febbraio di quest’anno ennesimo colpo di scena: il Tar accoglie il ricorso. All’interno della sentenza, i giudici amministrativi evidenziano diverse falle nell’iter burocratico -e non solo- che ha portato alla costruzione delle antenne satellitari Usa. Le antenne americane sono “abusive”. Dopo la sentenza, però, l’impianto non si ferma, le auto degli operai del Muos e dei marines americani scortate da “cinque volanti della polizia, il commissario (Gabriele Presti, ndr), un’auto dei carabinieri”, sono entrate nella struttura giudicata

interdetta da un tribunale italiano. “Dopo pochi minuti le parabole del Muos, rimaste ferme dopo la sentenza del Tar, sono state riattivate e sono al momento in movimento”, raccantano gli attivisti del movimento NoMuos. La scorta delle forze dell’ordine italiane al personale americano dimostrano la linea del governo e del ministero degli Interni: calpestare coscientemente le legittime decisioni della giustizia italiana scortando e difendendo gli abusivi americani. Una storia di rinnovata vergogna. Le proteste contro l’invadenza americana non sono nuove, specie in Sicilia. Sono oltre 113 le

Stazione di terra Muos a Wahiawa installazioni militari a stelle e strisce dislocate sul nostro territorio nazionale. Un conto salatissimo che la nostra nazione ha pagato e continua a pagare per la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. Un enorme falla nella sovranità nazionale che ha più volte riacceso il dibattito “sull’occupazione americana”. È giusto che gli Usa, ancora oggi,

detengano una presenza così forte e ben radicata in Italia? Ma soprattutto è giusto che ogni decisione di Washington venga accolta con tacito consenso dalle nostre istituzioni, come se il concetto di sovranità nazionale sia solo un’inutile definizione in un libro di Scienza Politica o di Diritto Internazionale? Of course, little Italy.

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Spese folli: una bomba chiamata “getto d i Ros a To ma rchio Dopo Agrigento e Priolo scoppia il caso anche a Siracusa. I Cinquestelle preparano un altro affondo nei confronti del Comune a proposito di spese nella pubblica amministrazione. I pentastellati,dopo aver eseguito una meticolosa “inchiesta” a Palazzo Vermexio durata un anno, oggi vogliono richiamare l’attenzione sulle attività del Consiglio comunale, sulla scia di Girgenti “gettonopoli” o “rimborsopoli”. C’è da aggiungere che, proprio in questi giorni, un gruppo di lavoro ad hoc costituito da consiglieri comunali di tutte le forze politiche presenti in aula, sta lavorando a una riforma vera e propria all’interno dell’assetto politico amministrativo del Vermexio, intanto prevedendo una riduzione delle commissioni da otto a sei. I grillini vorrebbero la diminuzione della metà con conseguente decurtazione delle spese al cinquanta per cento. Ma il punto cruciale è un altro. E’ una “falla” nel regolamento sui rimborsi e i gettoni di presenza ai capigruppo consiliari che partecipano alle commissioni. O meglio, secondo quanto riferiscono i grillini, l’errata ed arbitraria interpretazione del regolamento a beneficio di cui percepirebbe il gettone. Gettoni che, naturalmente, frattanto, sono aumentati facendo raddoppiare i costi complessivi della politica. Oggi i Grillini portano alla luce, con tutti i chiarimenti del caso, questa “falla” e tutto ciò che ci sta dentro o dietro. L’inchiesta dei meetup siracusani è stata condotta a cavallo tra il 2014 ed il 2015 e si è conclusa nei giorni scorsi con novità importanti sul caso “gettoni di presenza al Consiglio Comunale di Siracusa”, a seguito del quale il portavoce del M5S Stefano Zito ha presentato il 25 febbraio scorso il Disegno

di legge “Revisione della normativa regionale sui consiglieri comunali”, nonché una interrogazione “Chiarimenti sull’operato del Consiglio Comunale di Siracusa in riferimento alla disciplina dei gettoni di presenza dei consiglieri comunali e ai rimborsi alle aziende private di cui gli stessi siano dipendenti”. Di seguito proponiamo il testo integrale della nota di Zito e dei Cinquestelle di Siracusa che sicuramente non tarderà a ricevere legittime reazioni: “In questi giorni si possono leggere numerosi comunicati stampa del presidente del Consiglio comunale di Siracusa, Leone Sullo, e di alcuni consiglieri, i quali annunciano di come siano al lavoro per mettere mano al regolamento al fine di ridurre i costi del consiglio comunale. Al di là dei numeri che riguardano l’attività dei consiglieri comunali di Siracusa nelle commissioni consiliari, oggetto di una nostra approfondita analisi che potete visionare integralmente sul nostro sito all’indirizzo http://www.siracusa5stelle.it/ gettonopoli-siracusana/ e che abbiamo inviato alla redazione di Striscia la Notizia, quello che non è possibile accettare è la presa in giro perpetrata ai danni di tutti i cittadini siracusani. Perché? Perché è stato questo stesso consiglio comunale che, tra i primissimi atti dopo l’insediamento, ha approvato una delibera con la quale ha esteso la possibilità di percepire il gettone di presenza anche ai capigruppo, o loro delegati, che avrebbero partecipato alle attività delle commissioni consiliari, aumentando del 16% i costi del gettone di presenza, nel solo periodo che va da Agosto 2013 a Dicembre 2014. Dalla disamina dei documenti si evince che, la commissione regolamento, si é riunita 204 volte fino a dicembre 2014, cioè più di tre volte a settimana da inizio mandato.

Palazzo Vermexio, municipio di Siracusa Ci si domanda, quindi, di cosa abbiano discusso, così tante volte, questi consiglieri, se alla fine si è dovuto ricorrere ad un Gruppo di Lavoro? Ma proviamo a ricostruire i fatti. Da mesi, attraverso il portavoce del M5S Stefano Zito, sono state inoltrate richieste di accesso agli atti per conoscere il numero delle presenze dei consiglieri comunali e circoscrizionali, soprattutto per avere la possibilità di visionare i verbali delle commissioni consiliari permanenti e verificare i dati sulle presenze dei consiglieri. I numeri delle presenze sono “faticosamente” pervenuti, mentre, per i verbali delle commissioni si sta ancora attendendo e dal tamtam mediatico di queste settimane si può intuire bene il perché. Ma non solo. Il 25 febbraio scorso il portavoce del M5S Stefano Zito ha presentato il DDL n. 961 “Revisione della normativa regionale sui consiglieri comunali”, nonché l’interrogazione n. 2844 del 23.02.15 “Chiarimenti sull’operato del Consiglio Comunale di Siracusa in riferimento alla disciplina dei gettoni di presenza dei consiglieri comunali e ai rimborsi alle aziende private di cui gli stessi siano dipendenti”. L’analisi dei dati sui costi di funzionamento del Consiglio comunale e delle

Commissioni consiliari siracusane è impietosa. Nel 2013 si è avuta una spesa di 760.000 euro per i gettoni di presenza (capitolo 260) e di 1.200.000 per i rimborsi alle società (capitolo 291); mentre per il 2014 si è rilevata una spesa approssimativa di 811.000 per i gettoni di presenza (cap.260) e una spesa prevista di 760.000 euro per i rimborsi (cap.291). Siamo passati da una spesa di circa 1,5 milioni di euro nel 2012, a quasi 2 milioni di euro nel 2013, con la previsione di una leggera diminuzione nel 2014, ma i dati certi si potranno conoscere solo tra qualche mese. Tuttavia, nel leggere le cifre riportate nelle determine di pagamento c’è ben poco da stare allegri sembra che la spesa, anziché ridursi, abbia continuato a lievitare. L’attuale amministrazione ha collezionato nel 2014, i seguenti numeri: - 12.611 presenze tra commissioni e consigli comunali - 1201 riunioni di commissione - 56 consigli comunali - 811.000 € il costo stimato per il funzionamento di consiglio e commissioni, 717 mila € la somma. In questo specchietto i paragoni tra i tre casi: Siracusa, commissioni 8, riunioni commissioni 1201, riunioni consiglio 56, costo gettone di presenza: 717.329,50 euro. Agrigento:

6 commissioni, 1133 riunioni di commissioni, 52 riunioni di consiglio, costo gettone presenza 308 mila euro. Ragusa: 6 commissioni, 137 riunioni di commissioni, 68 riunioni consiglio comunale, costo gettone presenza 218 mila euro. I dati si riferiscono al 2014. “Ma come dicevamo prima, continua Zito - il fatto che ha dell’incredibile è contenuto nella delibera n°109 del 2013: “Interpretazione autentica ai sensi dell’art.3 del regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale e del Regolamento delle Commissioni Consiliari permanenti e di studio. Chiunque nel leggerla farebbe un salto dalla sedia. Partendo da una “difficoltà interpretativa” del Regolamento, tra l’art.8 che stabilisce le regole di partecipazione e funzionamento delle commissioni, e l’art.9 che prevede una forma di “indennità di presenza” per i capigruppo o delegati, il nuovo Consiglio Comunale, insediatosi qualche settimana prima, si è accorto all’improvviso di questa “falla” nel Regolamento e l’ha sfruttata per rendere effettivo il gettone di presenza anche ai capigruppo, o delegati, che partecipano alle commissioni. Questo “scherzetto” ha avuto l’effetto di raddoppiare il numero dei componenti delle Commissioni Consiliari, e quindi aumentare i costi per il gettone di presenza. Essendo 9 i gruppi politici in consiglio, e quindi 9 capigruppo, il numero dei componenti le commissioni è praticamente raddoppiato, passando da 9 a 18. Infatti, da Agosto 2013 in poi (la delibera era retroattiva), la presenza dei capigruppo, o loro delegati, alle attività delle commissioni è diventata una costante. Carte alla mano, si è provveduto ad analizzare i dati, mese per mese, contando le presenze dei capigruppo, o delegati, in commissione, e cal-

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ttonopoli” sta per scoppiare a Siracusa colando il costo aggiuntivo che i contribuenti hanno dovuto pagare grazie alla famigerata delibera 109: da Settembre 2013 a Dicembre 2014 abbiamo avuto 16.835 presenze tra commissioni e consigli comunali, per una spesa totale di 955.314,1 euro!!! Nel 2014 la spesa è stata di 717.329,5 euro!!! • Per effetto della famigerata delibera 109 i capigruppo, o loro delegati, hanno accumulato 4010 presenze nelle commissioni consiliari. Il costo dovuto a questa modifica del regolamento, è stato di 152.915,90 euro!!!A questo punto ci si è domandato se questa “interpretazione” fosse corretta, ed è stato chiesto un parere all’Assessorato alle Autonomie Locali della Regione Sicilia. Il quale, in soli 13 giorni, ne ha dato riscontro. Nella nota si legge che l’interpretazione che ha attribuito il Consiglio Comunale è assolutamente illegittima!!! “…i Capigruppo che partecipano alle sedute delle commissioni consiliari dello stesso ente, senza esserne componenti, ancor di più senza diritto di voto, non maturano il diritto alla percezione del gettone di presenza, che non può, conseguentemente, estendersi ad un eventuale delegato, né possano usufruire di eventuali permessi…” Non c’è discussione!!! La delibera è illegittima ed i consiglieri dovranno restituire le somme indebitamente percepite!!! Quello che lascia allibiti è il fatto che, sarebbe stato semplice per il Presidente Sullo, il Segretario Costa, i consiglieri, chiedere, così come si è fatto in questa occasione, un parere all’Assessorato. Ci chiediamo, pertanto, come mai l’Assessorato competente non sia stato preventivamente interpellato.

Tutto questo avveniva durante le prime settimane di vita della nuova amministrazione comunale a maggioranza Pd. Tutto questo avveniva dietro le quinte, in silenzio, in una perfetta sinergia di intenti tra maggioranza e opposizione (opposizione?), mentre davanti alle telecamere e sulle pagine dei giornali il Sindaco Garozzo raccontava ai cittadini di essersi ridotto lo stipendio, e di aver avviato una drastica riduzione delle spese della politica. Come gruppo di cittadini siracusani del Movimento 5 Stelle, insieme al nostro portavoce Stefano Zito, ci permettiamo di suggerire alcuni provvedimenti da adottare, soprattutto immediatamente eseguibili, che inciderebbero positivamente nei rapporti tra le istituzioni ed i cittadini se ci fosse una reale volontà politica: 1. revocare immediatamente la delibera 109/2013 2. restituire le somme percepite in seguito all’approvazione della delibera 109/2013 3. adottare la diretta streaming di tutte le riunioni delle commissioni consiliari 4. pubblicare online l’ordine del giorno e i verbali delle riunioni delle

Specchietto gettoni dei 5stelle commissioni consiliari, sul sito istituzionale, in ottemperanza agli obblighi di trasparenza delle pubbliche amministrazioni. 5. di collegare il gettone di presenza alla partecipazione ad almeno il 75% della riunione di commissione o consiglio. 6. ridurre le commissioni consiliari permanenti da 8 a 4. 7. una “reale” modifica del regolamento (art.8 e art.9) che veda al ribasso ogni ulteriore fonte di spesa 8. l’utilizzo di badge personale, ad ogni entrata ed uscita dalla seduta. Che la durata della partecipazione del consigliere ai fini della corresponsione del gettone di presenza sia effettuata con sistema elettronico mediante il passaggio del badge su apposito lettore, in entrata e

in uscita da parte dello stesso, il quale provvederà a ritirarlo e a riconsegnarlo al personale della Segreteria che assiste a fine della seduta”. L’intero dossier è in viaggio verso la Corte dei Conti siciliani. E poi c’è il caso Priolo. Sul caso “gettone di presenza d’oro” che i consiglieri comunali avrebbero percepito sino al 2013, la federazione provinciale di Forza Nuova si chiede come sia stato possibile accettare -per circa un decennio- “questo schiaffo alla povertà diffusa in un tempo di caratterizzato da una grave congiuntura economica, politica e sociale dalla quale non siamo ancora usciti”. Nella sua nota, FN chiede “come è stato possibile un tale spreco in una città

che sta pagando ancora l’altissimo prezzo di una “crescita” che non ha tenuto conto della qualità della Vita e della salubrità ambientale?”. E aggiunge: “Ha fatto bene la Corte dei Conti a segnalare questa “anomalia” che aveva comunque già portato il segretario generale del Comune di Priolo a sollevare il dubbio di legittimità sull’importo obbligando di fatto l’amministrazione a riportare a 30 euro il gettone dei consiglieri. Resta il fatto che questo spreco di soldi pubblici viene discusso dopo dieci anni durante i quali i consiglieri comunali di Priolo hanno percepito 123,50 euro per ogni seduta del consiglio comunale gravando sulla comunità per un totale di 650.000 euro”. Non mancano le repliche da Palazzo Vermexio. Ci sono casi e casi, consiglieri e consiglieri. Perché è anche vero che ci sono consiglieri comunali che svolgono libera professione e consiglieri comunali che invece sono dipendenti di aziende private ed enti pubblici. “E’ un tema che non tratto – replica un consigliere comunale componente di due commissioni a cui dice di partecipare attivamente ma solo a quelle -. Non prendo rimborsi per datore di lavoro e riceverò lo stesso un’onda anomala di fango per colpa degli altri che hanno abusato. Sono troppo arrabbiato. Ma dovrò starmene zitto e buono – conclude il consigliere che per ovvi motivi preferisce restare nell’anonimato - . Tutti indagano contro il Consiglio comunale di Siracusa come se i problemi dell’Italia siano legati solo a questo. Pazienza, dovrò sopportare”. Da registrare il no comment da parte dell’opposizione e del PD, partito di governo a Siracusa.

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All’Alberghiero due giorni intensi sulla violenza contro le donne d i L e l l a Ba t t ia t o All’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania, due giorni intensi sulla “Violenza contro le donne oggi, e non solo…” un importante incontro per motivare i nostri studenti su un tema oggi pressante: il femminicidio, come osserva il dirigente scolastico Daniela Di Piazza. L’incontro, a cura dell’Associazione Nazionale Antimafia “Alfredo Agosta”, è stato condotto da Marisa Scavo, procuratore aggiunto della Repubblica, Salvatore Di Bella, responsabile della sezione di P.G. Polizia di Stato, Fausto Sanfilippo, presidente associazione nazionale “Alfredo Agosta” e il vicepresidente Carmelo La Rosa, il procuratore Agata Consoli e Giuseppe Agosta. Durante l’evento Lella Seminerio ha presentato il suo libro “La casa del mandorlo”, che ha rappresentato un valore aggiunto nell’interazione con la platea degli studenti. Alcuni di loro intervenendo hanno fatto emergere come il problema sia toccante non solo come “fatto sociale” ma a volte personale, anche intervenendo in terza persona”. “Il filo rosso dell’incontro, sottolinea il dirigente, ha percorso un binomio congiunto tra epiloghi eclatanti scaturiti da fatti accaduti, ma anche il percorso culturale e le forme di maschilismo che aleggiano sovente nel nostro tessuto sociale ancora oggi, affondando le radici in realtà del più vicino passato ambientato nella nostra Sicilia,

oltretutto le pieghe descrittive di realtà contadine, superbamente narrate nel romanzo di Lella Seminerio, nostra concittadina autrice de “La casa del mandorlo”. Andando su e giù nelle narrazioni anche giornalistiche che fino al 1981 contemplavano tra le norme anche quelle del delitto d’onore, attenuante per gli uomini omicidi, nei confronti di mogli, sorelle, figlie”. Il procuratore aggiunto Marisa Scavo ha posto una domanda “I femminicidi sono prevedibili? Gli atti di violenza in famiglia sono campanelli d’allarme che dovrebbero indurre la donna a denunciare. Ma dai dati statistici, quasi il 94% delle donne che subisce violenza non denuncia. Perché?”. Spiega in modo esaustivo le motivazioni: “Si colpevolizza, tutto sommato l’ha meritato!; paura di non essere creduta soprattutto quando si tratta di violenza psicologica che sono le violenze più insidiose perché la donna perde l’autostima sentendosi una nullità nei confronti della famiglia, del

Redazionale

La crisi che vive all’agricoltura siciliana e la latitanza della classe politica regionale nazionale e del sottosegretario all’agricoltura non ha alcun precedente. La costituzione di altri paesi europei tutela il diritto al lavoro, l’Italia invece calpesta e nega questo principio. L’agricoltura è un impero economico che crea ricchezza di una nazione permettendo sviluppo sociale, culturale ed economico .. Da vent’anni si parla di valorizzare le risorse agricole del territorio ad essa connesse: ad oggi nulla non è stato fatto. La burocrazia siciliana (grazie governatore) mette lacci e lacciuoli al PSR, di piccolo e medio agricoltore che non può presentare istanze di contributo per che è sicuro di non entrare in graduato-

Marisa Scavo e l’Asociazione antiracket marito e dei figli; le violenze psicologiche sono le più difficili da provare a livello giuridico perché difficilmente provabili; non sono autosufficienti economicamente e hanno paura del processo penale! È necessaria la sinergia con la scuola e con i giovani e la collaborazione con i docenti”. L’autrice legge commovendo gli studenti alcuni brani del romanzo e chiarisce “il mio libro nasce da una serie di racconti di vita vissuta: donne anziane, ho voluto che questo mondo fosse noto alle nuove generazioni che ignorano la reale vita delle donne della nostra terra settant’anni addietro. Ho raccontato la storia

di Mara una donna sensibile, ma non debole, perché è la storia di tutte le donne che nel tempo sono state sottomesse e umiliate. E accendere una luce su tutte le violenze subite in passato dalle donne, di cui nessuno ha parlato mai”. Il vicequestore Di Bella indica quali sono i passaggi per condurre un’indagine nelle fattispecie: espletiamo le indagini a seguito di delega dell’Autorità Giudiziaria. Questo gruppo di lavoro è costituito da ispettori, in buona parte donne, che sono preposti al settore fortemente volute dalla Procura della Repubblica”; anche l’ammonimento, è uno strumento amministra-

tivo, con il quale si chiede al questore di ammonire la persona a comportarsi in modo corretto. In Inghilterra c’è l’assistente sociale che ha la presa in carico del caso, in Italia non abbiamo protezione o tutela come nei collaboratori di giustizia, il legislatore non ha deliberato in tal senso; abbiamo, una rete di collegamento con i centri di volontariato e con disponibilità telefonica delle forze di polizia. Il procuratore Consoli chiarisce “prevenire e denunziare e affidarsi alle forze di polizia che sono in grado di offrire immediata e rapida tutela, grazie alle riforme introdotte dal 2014, che hanno consentito di ricorrere a misure limitative delle libertà personali in favore di chi denunzia”. Il presidente dell’associazione invita i ragazzi a consultare sempre il sito, e il dirigente scolastico informa che il link dell’associazione sarà inserito in quello della scuola. Giuseppe Agosta, figlio del maresciallo dell’Arma dei carabinieri ucciso alla mafia, presenta l’associazione nata da meno di un anno, l’unica ad avere inserito nel suo sito: l’osservatorio sulla criminalità organizzata, violenza, reati ambientali, patrimoniali, trasparenza e correttezza pubblica amministrazione, violenza contro le donne e violazione dei diritti umani. Carmelo La Rosa informa che nel sito si può trovare l’area giovani: sport, formazione-lavoro e 36 agenzie interinali per collegamenti, tirocini formativi, stage gratuitamente.

Sicilia: agricoltura alla deriva ria, una cosa così assurda e antidemocratica. Con il governo regionale e con quello nazionale viviamo in una oligarchia deprimente. I politici non hanno capito che la crisi del settore agricolo comporta una crisi sociale generale, non è ammissibile che importiamo agrumi dall’estero, non è ammissibile andare a pagare l’imu sull’incolto quando un fondo non produce reddito, non è possibile che il popolo agricolo continui ad e esseretartassato dalla testa ai piedi. L’imu e la tari la comunità europea le dichiarate illegittime , non volute dalla ma voluto e imposto, quindi considerati anticostituzionali. Gli agricoltori sono ormai in ginocchio, le recenti avversità atmosferi-

che sono state delle vere e proprie mazzate per il comparto. : prima il vento, poi la tromba d’aria, poi la grandine, poi ancora una incredibile quantità di pioggia, hanno creato ingenti danni anche per la nuova produzione. La caduta dei prezzi, il crollo dei consumi per la povertà raggiunta dei cittadini monoreddito sta portando ad una vertiginosa caduta libera che nemmeno in Grecia si è verificata. Il signor Renzi anziché dare € 80 avrevbbe dovuto intervenire sul pacchetto economico abbassando tutti i generi di prima necessità introducendo il cosiddetto calmiere dei prezzi. Non è più possibile giocare sulla pelle degli onesti cittadini. La settimana scorsa alcuni

agricoltori stanchi dalla situazione ormai insostenibile ganno consegnato le chiavi della proprie proprietà. al prefetto di Catania. . Parecchie aziende hanno chiuso, altre lo faranno molto presto Politici vergognatevi, le promesse da marina, o sarebbe meglio chiamarle bugie, hanno le gambe corte. Adesso gli agricoltori hanno preso una grande decisione di non andare più a votare. Gli agricoltori si trasferiranno all’estero. Sono così altrove potranno respirare la libertà e la dignità di uomini veramente liberi. Angelo Privitera presidente associazione agrumicola Riviera dei limoni

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MARZO 2015 - Opinione

Miliardi e cannoni: le trame del potere riarmano il mondo d i Sal vo A rdizzo ne Nel mondo d’oggi le spese per armamenti non obbediscono all’esigenza di assicurare sicurezza alle Nazioni, servono piuttosto a sostenere le strategie aggressive degli imperialismi, a suscitare guerre per procura, a mantenere in sella gruppi di potere che spadroneggiano su molti Stati usandone le ricchezze come cosa propria, attraverso commesse miliardarie servono anche a comprare i servizi delle Nazioni che le producono, piegandone le politiche secondo la convenienza. Per questo la spesa militare è da sempre il termometro più immediato e sicuro per indicare le aree di crisi e di tensione, e quelle dove esistono squilibri tali da mettere in discussione gli assetti di potere interni dei Paesi. Inoltre, la provenienza dei materiali militari e dei capitali necessari agli acquisti definisce, più d’ogni altra cosa, il tipo di relazione fra le Nazioni, il loro collocamento geopolitico, le loro aree di influenza o il grado più o meno ampio di sudditanza nei confronti di altre. L’International Institute for Strategic Studies (Iiss) britannico ha appena pubblicato il Military Balance 2015, uno studio con cadenza annuale dedicato alle capacità militari ed alla spesa relativa dei singoli Paesi. Il volume e l’incremento delle spese in esso registrati, come pure la nazionalità dei materiali e dei capitali per acquistarli (che molto spesso non sono sborsati dai destinatari degli armamenti), disegna perfettamente la situazione internazionale, spesso anticipandone gli sviluppi. Coerentemente al dilagare delle aree di crisi e di tensioni, dal rapporto emerge che nel 2014 la spesa globale per armamenti è tornata a crescere dopo essere stata in contrazione dal 2010, a dispetto di una congiuntura economica ancora pesantemente negativa per molti Paesi; questo aumento non è tuttavia omogeneo, ma corrisponde alle aree di tensioni ed ha motivazioni ben precise, che nella realtà poco hanno a che fare con il legittimo scopo di garantire la sicurezza delle Nazioni. Il continente che più degli altri ha inciso sulla spesa globale è l’Asia, e la stragrande maggioranza di essa si concentra in Cina e nei Paesi confinanti o rivieraschi del Mar Cinese,

Un carro armato dell’Esercito italiano uno scenario lontano per noi Europei, illusi ancora d’essere il centro d’un mondo che da tempo ha spostato laggiù il suo baricentro, ma cruciale. Il motivo è semplice quanto noto: Pechino ha abbandonato il profilo basso degli anni passati, per una politica assai più assertiva a sostegno del suo nascente imperialismo. Per questo alimenta il suo strumento militare con spese crescenti (nel 2014 ufficialmente 132 Mld, ma solo ufficialmente perché molti altri sono celati fra le pieghe d’un bilancio che è tutto fuorché chiaro, comunque un più 12% sul 2013), finalizzate a proiettare la sua egemonia su tutto il Mar Cinese, innescando contenziosi con tutti i Paesi rivieraschi che, per reazione, incrementano le proprie in una corsa agli armamenti che vede il Giappone come primo attore contrapposto (nel 2014 42 Mld di spese militari, aumentate per il 3° anno consecutivo). È in questo clima che il suo premier, Shinzo Abe, intende modificare l’articolo 9 della costituzione pacifista, con l’intenzione di dare peso politico e diplomatico a un colosso economico fin’ora rimasto confinato nelle sue isole e che ora vuole proiettarsi anch’esso nel mondo, ribattendo punto su punto alle crescenti provocazioni cinesi. Di qui un moltiplicarsi di punti di frizione in cui Pechino tasta la capacità di reazione dei suoi rivali e degli Usa (che tentano di contenerla senza aver deciso come): dalla contesa per le Senkaku e per tutti gli scogli dispersi nell’oceano (che celano enormi risorse nei fondali), al controllo delle rotte vitali per quei Paesi. È tutto quel qua-

drante che è in crescente tensione, fino all’Australia, anch’essa contagiata dalla febbre del riarmo; una tensione da troppi sottovalutata che, di gradino in gradino, potrebbe sfuggire di mano sfociando in una crisi repentina quanto disastrosa. Altro quadrante che vede un aumento vorticoso delle spese in armamenti è quello mediorientale, con quattro dei cinque bilanci militari cresciuti percentualmente di più nel 2014 e un baricentro nettamente posizionato nel Golfo (Arabia Saudita + 300% negli ultimi 10 anni, con 81 Mld di spesa nel 2014 ha il 4° posto nel mondo; Oman ha addirittura un + 115% sul 2013). Il motivo risiede nella guerra che l’Arabia ha mosso all’Iran e al mondo sciita nel suo complesso: per Riyadh la visione politica e religiosa di Teheran è inaccettabile perché mina alla base il suo sistema di potere, minacciandone l’assolutismo più completo e gl’immensi privilegi che permettono ad una esigua minoranza, costituita essenzialmente dalla sterminata famiglia reale, di godere senza alcun limite e controllo degli enormi introiti petroliferi. Per questo, seguita dalla altre petro-monarchie del Golfo, ha scatenato una serie di guerre per procura e golpe che stanno insanguinando il Medio Oriente: in Siria e in Iraq il sangue scorre ormai da anni grazie a un fiume di denaro e armi che compra e arma miliziani; in Egitto enormi capitali sono serviti a finanziare il colpo di stato con cui al-Sisi ha preso il potere e a finanziare le sue Forze Armate, schiacciando nel sangue la Fratellanza Musulmana; in Libia soldi e armamenti affluiscono a quel ge-

nerale Heftar e al suo “Esercito Nazionale” (e alle milizie collegate) per aizzare lo scontro fra il Governo di Tobruk e quello di Tripoli. Gli sterminati acquisti di materiale militare, tuttavia, se da un canto servono ad armare i propri alleati, vedi appunto Egitto e le varie bande mercenarie che combattono le sue guerre, dall’altro, ed è il più, non sono finalizzate tanto ad equipaggiare gli eserciti degli Stati del Golfo (che non avrebbero come e a chi fare utilizzare quella marea di mezzi sofisticati quanto costosi) quanto a ripagare l’appoggio e la protezione delle Nazioni disposte a vendersi insieme alle armi, vedi il tradizionale alleato Usa, la Francia ultimamente così sollecita a sostenere le ragioni saudite grazie a contratti miliardari, l’Inghilterra beneficata anch’essa a suon di petrodollari. Altra area di crescenti spese militari è l’Europa dell’Est, con la Russia protagonista indiscussa; già da tempo Mosca ha inteso riacquistare peso internazionale puntando su due assets tradizionali: le risorse energetiche e lo strumento militare. Con un più 33% nel triennio passato e un + 10% nel 2014, Putin ha inteso ridare credibilità a Forze Armate che da lunghi anni erano cadute nel più completo abbandono (mezzi invecchiati e privi di manutenzione, aerei senza pezzi di ricambio, navi ferme nei porti perché impossibilitate a salpare, uomini demotivati e privi d’addestramento), e i primi risultati si sono già visti contro l’Esercito di Kiev. Inoltre, l’aver rivitalizzato un’industria bellica boccheggiante, ha dato a Putin la possibilità non solo di fare cassa con massicce forniture militari ma, attraverso esse, di rinvigorire rapporti diplomatici e commerciali con diversi Stati come l’India, l’Iran, un’infinità di Stati africani (la Russia è la prima fornitrice d’armamenti di quel Continente) e tanti altri nel mondo. La crisi suscitata da Washington in Ucraina per bloccare la rinascita russa, spezzando i sempre più stretti rapporti con i Paesi europei e, soprattutto, con la Germania, ha accelerato questo processo già avviato, coinvolgendo diverse Nazioni dell’Est Europa, spingendole a una nuova contrapposizione innaturale e ridando vigore a

una Nato che aveva perso ogni significato. Di qui un’impennata dei bilanci della Difesa; la stessa Germania, dopo decenni di sostanziale smantellamento dello strumento militare dopo la Guerra Fredda, ha deciso un massiccio incremento delle spese per il futuro, secondo le parole del Ministro delle Finanze Schauble e della Difesa von der Leyen: in sostanza ha accettato di acquisire un peso militare equiparato al suo peso politico ed economico, archiviando il complesso che l’aveva caratterizzata dal ’45. Il rombo dei cannoni nella Novorossija è stato così un ottimo affare per fabbriche di armi e per le Nazioni che le vendono. Gli Usa, dal canto loro, ufficialmente avrebbero ridotto la loro incidenza sul totale delle spese militari globali dal 47% del 2010 al 38% del 2014, ma a leggere bene fra le cifre è un dato sostanzialmente bugiardo perché, se è vero che la somma complessiva s’è contratta, le voci drasticamente ridimensionate riguardano le Overseas Contingency Operations (Oco), vale a dire quelle legate alle guerre in Iraq e Afganistan, che hanno divorato un mare di denaro, finito nelle tasche di industrie, società di servizi e potentati vari, nella stragrande maggioranza vicine al Pentagono. Ultima notazione che si evince dall’esame dei dati, è la stupefacente e persistente crescita in termini percentuali delle spese militari nei Paesi dell’Africa Sub Sahariana; tranne l’eccezione dell’Angola (+ 174% negli ultimi 10 anni), che spicca su tutti anche in termini assoluti, non sono cifre rilevanti, ma enormi se rapportate ai bilanci di Nazioni per lo più poverissime, alle prese con drammatiche crisi umanitarie, segnate dalla fame, carestie ripetute, sottosviluppo endemico e cronica mancanza d’infrastrutture. Circa 1.550 Mld di $, a questo ammonta il costo complessivo degli armamenti nel 2014, nella realtà anche maggiore perché molte spese vengono dissimulate fra le pieghe dei bilanci; un’immensità di risorse, previste in forte crescita per il 2015, che poco o nulla hanno a che vedere con la sicurezza e il mantenimento della pace (come troppe volte stucchevolmente dichiarato) e molto con l’avidità di imperialismi e cricche di potere.

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MARZO 2015 - Rubriche

La pagina delle rubriche Una conferenza europea sui debiti sovrani di Maurizio Ballistreri

Sembra già finito il “vento rivoluzionario” che spirava dalla Grecia, nei confronti dell’Europa monetarista e tecnocratica. Tsipras, con una buona dose di “realpolitik”, si sta muovendo nell’interlocuzione con la Germania e l’Unione europea (ma anche nei confronti di tutta la Troika!), per trovare una mediazione su ristrutturazione del debito sovrano, nuovi crediti internazionali e, contemporaneamente, revisione dei diritti sociali. Ad ogni buon contro, ciò che è evidente è che l’Europa così come l’abbiamo conosciuta dall’introduzione dell’euro in poi, dovrà cambiare profondamente. Le politiche di stabilizzazione monetaria e di austerity hanno condotto i paesi del Sud d’Europa ad un tracollo del PIL, tra deflazione, elevato debito, alta disoccupazione e povertà che ha toccato ormai anche il ceto

Da la foto della

medio. Per questo appare incomprensibile, non solo da punto di vista dell’analisi economica ma a tutti gli osservatori di buon senso, parlare di uscita dalla crisi con tassi di crescita per l’Eurozona ancora molto deboli (0,8% nel 2014 e 1,1% per il 2015). Un passo in avanti importante è certamente rappresentato dalle decisioni fortemente volute da Mario Draghi sul Quantitative Easing: in questa fase della crisi infatti, la Banca Centrale Europea possiede la chiave di volta per superarla e la politica di flessibilità quantitativa è una delle misure necessarie per un’uscita collettiva e sostenibile nell’Eurozona. Se adottata, sarà la benvenuta, nonostante arrivi con grande ritardo. Ma la politica monetaria, fondata peraltro sull’immissione di liquidità indiretta attraverso l’acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario detenuti dalle banche, da sola non è in grado di portare fuori l’Europa dalle secche della stagnazione. Serve una politica fiscale espansiva che dia impulso alla crescita e agli investimenti, che accompagni un vero e proprio New Deal europeo fondato su un programma keynesiano di investimenti in settori ad alto valore aggiunto e in infrastrutture e un piano di reindustrializzazione, in primo luogo, verso quelle economie nazionali segnate da un tasso di disoccupazione più elevato. Last but not least, si deve inter-

venire sui debiti sovrani. Nella dura “guerra di posizione” tra la Grecia del premier Tsipras e la Germania della “Cancelliera di ferro” Frau Merkel, da parte ellenica è venuta fuori una proposta che, depurata dalla forte vis polemica, potrebbe essere utile in questa direzione: una conferenza europea sul debito, sul modello di quella svoltasi a Londra del 1952-53. La conferenza si concluse con il cosiddetto “Accordo sul debito esterno tedesco”, privato e pubblico, formatosi durante la guerra, e dei prestiti concessi con il Piano Marshall. Per gran parte del debito derivante dalle sanzioni decise dal Trattato di Versailles del 1919 (le riparazioni che dovevano essere pagate dalla Germania per la sconfitta nella 1° Guerra mondiale, furono poi nel 1921 stabilite in 132 miliardi di marchi), i pagamenti erano fermi dal 1934, a seguito della decisione di Hitler. Il totale di 38,8 miliardi di debito tedesco fu ridotto a 14,5 miliardi, sulla base del principio che la Germania doveva essere messa in grado di pagare i debiti mantenendo un alto livello di crescita economica e di benessere della popolazione. Quel modello potrebbe servire oggi, attualizzato, per ristrutturare i debiti sovrani di paesi come la Grecia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo e la stessa Francia: perché il nostro governo non si assume l’onere dell’iniziativa?

(Innocenti? Nella fossa comune!) La dimenticanza è la fortuna del male di Enzo Trantino La fortuna del male sta nella dimenticanza. Si mischia al bene e si inabissa. E’ come la cancellazione dei debiti, per immaginaria amnistia. Perché il male un debito è: attacca, distrugge, lacera, imbratta vite, storie, reputazioni. E la calunnia ne è figlia maggiore. L’innocente viene colpito due volte: quando si è ricevuto lo sfregio senza colpa alcuna, quando cala il sipario e si finisce tutti nella fossa dell’oblio. Il colpevole gongola, mentre invece del risarcimento, l’incolpevole subisce una nuova, perfida gogna: “è un nome familiare, ne ho sentito parlare, è sicuramente un soggetto chiacchierato”. Triste evenienza: fa parte del mucchio, con soddisfazione indiretta di chi contava nell’assemblaggio, perché si potesse ancora dire: “Di notte tutti i gatti sono bigi”. Perché poi sulla ferita della ingiustizia si spalma il pepe: “è stato un fortunato, si accontenti”, è l’editto del circolo dei cialtroni, di quelli che parlano su tutto, forti della ignoranza di tutto. E, intanto, l’ingiustizia arranca e gonfia il mucchio di quelli avvitati al crepacuore. Dei giusti, mai riconosciuti tali. Fate caso al ripetersi di un evento. Si alza alle quattro, Giovanna L. (nome rispettosamente immaginario, storia verissima); prende due treni, lascia con la “grande” (otto anni) tre piccoli (6,4,2 anni), corre (come sempre) mentre impasta una preghiera veloce per il marito, falciato a 35 anni da un’auto pirata, e arriva infreddolita (in questo terribile inverno) nell’azienda, dove, per seicento euro al mese, pulisce le latrine. Sei giorni su sei; ritorna alle 18, i soliti due treni, alle 20,30 rientra a casa, quel che resta di lei…(che si considera “una fortunata”…). Qualcuno se ne è mai occupato? Nessuno ( a nostra conoscenza) oltre noi, per avere appreso la storia da un parente che vive a Catania, e cercava di meglio (a noi, fuori dal “giro”!). Se, invece, ti trovi a Sanremo, sfotti un bambino grasso o vomiti parolacce gratuite, si consolida la fama, se ce l’hai; esplode se sei “così, così”… La reazione legittima di chi legge potrà essere l’interruzione di un… privato servizio: la lettura. A pensarci meglio però lo scopo non è il brevetto del potere di sollievo dell’acqua fresca nella calura, ma il disinteresse per l’arsura. Tutti vogliamo giustizia nei comportamenti (costo zero!), tutti ci giriamo dall’altra parte, anzi, se ascoltiamo commenti acidi su persona calunniata, ci affidiamo alla viltà del silenzio, pur sapendola innocente. Così procedendo, ci siamo prenotati un posto in prima fila tra le tre scimmiette che non vedono, non parlano, non sanno. Non aspiriamo a brevetti. Ci basta quello del malessere, nello scoprirci irrilevanti, mentre Giovanna L. continua a viaggiare nel suo deperito involucro umano, con gli occhi di una morta. E chi potrebbe spiegarle che la sua è vita?

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MARZO 2015 - Redazionale

Dalla parte del debitore di Gio va nni Pa st o re Questo articolo termina la ricerca che abbiamo fatto a partire da un articolo del quotidiano il Sole 24 ore del 5 luglio dove abbiamo trovato un riassunto della linea difensiva seguita dagli uffici legali delle banche sulla questione usura: 1) Esiste una normativa primaria di riferimento ed una normativa secondaria sul tema dell’usura 2) Le decisioni assunte dall’ABF manifestano e consolidano orientamenti che possono essere utilizzate in giudizio nei tribunali Abbiamo analizzato il testo della legge 108 del 96 ed abbiamo visto che il ruolo della Banca d’Italia è quello di RILEVARE trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse. Abbiamo cercato sui principali vocabolari della lingua italiana il significato di RILEVARE, abbiamo dimostrato che il termine rilevare ha una connotazione esecutiva, il termine non contiene nessun intento dispositivo. Quindi la legge è linguisticamente precisa: la Banca d’Italia rileva, non dispone dei criteri di rilevazione che, lo ribadiamo, sono già stabiliti dalla legge. Abbiamo affidato il giudizio su questo comportamento della B.d’Italia alle considerazioni del pm Michele Ruggiero della Procura di Traninella versione fornita dal Fatto Quotidiano del 11 giugno 2014: un magistrato conseguente ha avuto il coraggio di dire che il re è nudo. Passiamo ora al punto 2 dell’autodifesa delle banche: Cos’è l’Arbitro Bancario Finanziario: la 1) miglior risposta è sintetizzare quello che è riportato sul sito stesso dell’ABF: a) la storiadei provvedimenti attraverso cui si arriva alla costituzione dell’ABF: Anche lo stato italiano deve seguire i • principi europei espressi nella Raccomandazione della Commissione Europea del 30 marzo 1998 riguardante i gli organi responsabili per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di consumo (98/257/CE). • il Testo unico bancario (TUB) introdotto dalla legge sul risparmio (legge n. 262/2005) e in particolare il Titolo VI, che disciplina la materia della trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti, e prevede l’istituzione di sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie insorte tra intermediari e clienti (art. 128bis) Il Comitato Interministeriale per il Cre•

dito e il Risparmio (CICR) con Delibera n. 275 del 29 luglio 2008 ha stabilito i criteri per lo svolgimento delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie e ha affidato alla Banca d’Italia il compito di curarne l’organizzazione e il funzionamento. • In applicazione della Delibera del CICR la Banca d’Italia ha adottato le disposizioni del 18 giugno 2009 che regolano il funzionamento del sistema stragiudiziale ABF nel suo complesso (Normativa - Funzionamento dell’ABF). b) Il funzionamento viene descritto nel sito alla voce “chi siamo”, L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) si articola sul territorio nazionale in tre Collegi: uno a Milano, uno a Roma e uno a Napoli. La composizione di ciascun Collegio assicura che siano rappresentati gli interessi dei diversi soggetti coinvolti. Ciascun Collegio l’Organo decidente è composto da cinque membri: • il Presidente e due membri sono scelti dalla Banca d’Italia • un membro è designato dalle associazioni degli intermediari • un membro è designato dalle associazioni che rappresentano i clienti (imprese e consumatori). L’attività di segreteria tecnica per ciascun Collegio è svolta da personale della Banca d’Italia. Quindiin ogni collegio dell’ABF il rapporto fra rappresentanti del mondo bancario e rappresentanti dei clienti è di 4 a 1, è una falsità grave l’affermazione del sito: La composizione di ciascun Collegio assicura che siano rappresentati gli interessi dei diversi soggetti coinvolti. Come se non bastasse l’attività tecnica (fondamentale in questo tipo di controversie) non è conferita a soggetti terzi ma a funzionari della Banca d’Italia. Valgono quindi per l’ABF che è un’emanazione della Banca d’Italia le considerazioni fatte sulla Banca d’Italia stessa: la legge 108/96 e le successive conferme di Cassazione assegnano alla Banca d’Italia compiti esecutivie nondispositivi. Vogliamo terminare con una nota che, se non fosse coinvolta la vita di migliaia di imprenditori suicidatisi anche in seguito dell’usura praticata dalle banche, potrebbe essere ironica per l’arroganza della cultura giuridica dei difensori delle banche ed è invece tragica:

lo stesso sito dell’ABF nega ogni valenza giuridica erga omnes delle sue decisioni: riportiamo dalla voce “domande frequenti”: (l’evidenziazione è nostra) Che valore hanno le decisioni dell’ABF? Le decisioni dell’ABF non sono vincolanti e non hanno l’effetto tipico delle sentenze del giudice…. Cosa accade se la decisione dell’ABF non soddisfa le parti o non pone fine alla controversia? Entrambe le parti sono libere di ricorrere a ogni altro strumento di tutela previsto dall’ordinamento. Resta infatti possibile instaurare il procedimento giudiziario o ricorrere alla conciliazione o all’arbitrato. Confrontiamo infine queste precisazioni lapidarie con la subdola interpretazione dell’attività dell’ABF che danno: INTESA SANPAOLO: La funzione di Compliance attua il costante monitoraggio delle decisioni assunte dall’ABF su ogni tematica, al fine di rilevare il manifestarsi e l’eventuale consolidamento di specifici orientamenti che fanno oggetto di approfondimento con le competenti funzioni legali. UBI I pronunciamenti giurisprudenzialie dell’ABF sono considerati un importante punto di riscontro della conformità dell’impianto procedurale di gestione e controllo delle soglie usura posto in essere. A tal fine sono attentamente monitorate e valutate dalle strutture interne del Gruppo, sia le decisioni relative alle contestazioni avanzate dalla nostra clientela, che quelle più rilevanti registrate a livello di sistema e pubblicate dallo stesso ABF BANCO POPOLARE La Compliance del Banco Popolare analizza costantemente i pronunciamenti giurisprudenziali e le decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario - sia che coinvolgano società del Gruppo BP, sia che vengano prese nei confronti di altre banche - al fine di attivare tempestivamente le eventuali azioni correttive. Insomma, gli uffici legali delle banche vogliono realizzare l’antico sogno degli alchimisti medioevali: trasformare il piombo in oro.

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MARZO 2015 - Spettacolo

Bellini: tre solisti per Beethoven uno per Strauss d i Al d o Ma t t ina E’ un vero e proprio tour de force quello che sta vedendo impegnato Xu Zong (ex Direttore artistico e adesso Direttore dell’Orchestra Stabile) al teatro Massimo ‘Bellini’ di Catania. Nell’arco di un mese (sostanzialmente tutto febbraio) l’artista cinese è stato sul podio dell’orchestra per dirigere La bohème di Puccini, alternandosi con Antonino Manuli; ma non solo, perché ha preso parte anche a tre concerti, sia in veste direttoriale sia in veste pianistica, in ambito sinfonico ed in ambito cameristico. Il secondo di questi concerti lo ha visto contemporaneamente dirigere e suonare il pianoforte; intendiamo riferirci alla esecuzione del ‘Triplo Concerto in do maggiore’ per pianoforte, violino, violoncello e orchestra, op.56 di Ludwig van Beethoven. A completare l’organico solistico del ‘Triplo’ sono intervenuti due musicisti di spicco dell’or-

Il maestro Xu-Zhong chestra catanese, il violino di spalla Vito Imperato ed il primo violoncello Vadim Pavlov, i quali per l’occasione hanno lasciato il loro posto in orchestra per assumere quello ancor più impegnativo e prestigioso di solisti. E’ stata una esecuzione ricca di colori ed improntata ad una valenza ritmico-dinamica di grande impatto. Xu Zhong ha

esaltato la ‘eroicità’ del dettato beethoveniano lasciando libero sfogo all’espansione espressiva dei due solisti che avevano modo di mettere in mostra le loro qualità tecniche e la disinvoltura del fraseggio, morbido e ‘cantabile’ quello di Pavlov, calibrato e squillante quello di Imperato; e non mancavano, per entrambi, i tratti del puro virtuosismo. Le note ben stagliate

ed incisive del pianoforte di Xu Zhong (che al contempo dirigeva se stesso e gli altri) contribuivano ad equilibrare l’intero discorso musicale. Nella seconda parte del concerto si cambiava registro ed epoca storica con un consistente salto in avanti; dapprima Richard Strauss con i suoi stupefacenti ‘Quattro ultimi lieder’, ultima composizione del musicista (scritta nel 1948, un anno prima della morte) costituita da quattro liriche su testi di Herman Hesse e di Joseph von Eichendorff, intrise di una meditativa contemplazione della vita e della morte, senza rimpianti ma quasi con la malinconica ri-

capitolazione della sua opera e del suo essere, artista ed uomo. Il giovane soprano rumeno Gabriela Istoc ne ha dato una lettura piena di suggestioni timbriche, soffuse mezzevoci, gradevoli vibrati, restituendo pienamente l’atmosfera delle quattro liriche: Primavera, Settembre, Andando a dormire, Al tramonto. Peccato soltanto che l’ingombrante accensione orchestrale voluta da Xu Zhong tendesse a coprirne, spesso e volentieri, la voce. Poi ritornando quasi alle origini del suo descrittivismo meditativo veniva accostato, in chiusura di programma, il poema sinfonico ‘Morte e trasfigurazione’, composto dallo stesso Strauss quasi sessant’anni prima con un preciso intento poeticoletterario, indicato dallo stesso autore, quello di “rappresentare musicalmente in un poema sinfonico i momenti che precedono la morte di un uomo, la cui vita fosse stata un continuo tendere ai supremi ideali: un tale uomo è per eccellenza l’artista».

Al teatro Musco Juri Camisasca cantore per Rilke ‘Come il vecchio Timotej morì cantando’ è un breve racconto dello scrittore praghense Rainer Maria Rilke. Vi si narra la commovente storia del figlio del cantore Timotej, cui il padre nega la trasmissione orale degli antichissimi canti russi di cui è depositario, a causa delle nozze contratte, contro il volere del padre, con una giovane contadina. Il figlio è posto dinanzi ad un bivio, deve scegliere tra l’amore per la contadina e quello per il padre che per lui significherebbe anche la rinuncia a proseguirne la missione di cantore. Qualche tempo dopo aver abbandonato la casa paterna per sposare la fanciulla, il figlio decide però di tornare al capezzale del padre morente riconquistandone amore e fiducia: potrà prendere il suo posto e andare in giro per i villaggi mentre la moglie, Nastienka, resta a Kiev

vivendo in povertà, di elemosine, ma senza alcun rimpianto. Il regista Gioacchino Palumbo ha preso le mosse da questo spunto narrativo per trarre liberamente un breve adattamento scenico (da lui stesso disegnato con i costumi di Riccardo Cappello e le luci di Franco Buzzanca) dal rinnovato titolo ‘Nastienka e il Cantore’, presentato al Teatro Musco per la stagione dello Stabile “Il teatro che fa testo”. Il racconto è narrato attorno al fuoco in una fredda sera da Nastienka, la brava e commovente Ilenia Maccarrone, ad una compagna di miserie, Marta Cirello, giovane allieva della Scuola d’Arte Drammatica “Umberto Spadaro”. Ma ciò che arricchisce lo spettacolo, diventandone di fatto il ‘cuore’, è la presenza di Juri Camisasca e dei brani musicali da lui composti ed eseguiti

della musica orientale con un profondo intento di sincretismo che avvicina e affratella le più diverse culture. Si andava dal mirabile Inno greco a Maria “Agni Parthene” (Pura Vergine Signora/ Madre di Dio immacolata/ Juri Camisasca Ave o Sposa dal vivo con l’ausilio di un pic- non sposata…) alle “Danze e colo Armonium (nella variante Canti di Seid” dettate dal filosofo ‘indiana’, quello che si suona con e scrittore mistico armeno Guruna mano mentre l’altra aziona dieff al pianista e compositore un piccolo mantice a soffietto). russo Thomas de Hartmann. AlOtto brani in tutto che scrutano e cuni versi del poeta mistico perattraversano l’ancestrale sacralità siano Gialal-Din Rumi offrivano

a Camisasca il destro per improvvisare una delicata nenia modale prima di passare al Mantra sanscrito del rituale vedico. Axion Estin (E’ veramente giusto proclamarti beata, o Madre di Dio) si poneva come ideale ‘ponte’ di trasmissione fra la tradizione bizantina (è tratto dall’Inno Theotokos – madre di Dio) e il rito cristiano. E, ancora, l’improvvisazione di un Kyrie, la declamazione del Pater Noster in Aramaico e un conclusivo e modulante Canto Mediorientale, producevano l’effetto di una rasserenante ricerca di pace interiore attraverso la speranza di una fede universale che non conosca barriere. Uno spettacolo di grande intensità quello ideato con grande raffinatezza da Palumbo, che fa riflettere e, soprattutto, riconcilia con la vita e con sé stessi. A.M.

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MARZO 2015 - Rubriche

Il libro della settimana

Conoscere il cervello per tenerlo in forma di Giovanni Vecchio

Davide Faraone – Parlando alla Leopolda in terra sicula il sottosegretario all’Istruzione con diploma da Perito chimico e l’accento gutturale, ha detto: “qualcuno fa antimafia per motivi propri e sono quelli dell’antimafia “a lupo a lupo” e danneggiano chi fa antimafia sul serio”. Il riferimento era certamente al senatore Lumia e ancor di più al presidente della Regione siciliana Crocetta, al quale si deve chiedere perché su Montante, il presidente di Confindustria Sicilia e dominus del suo governo, tace? “Quando l’antimafia – ha aggiunto Faraone – viene usata come costruzione di percorsi politici si mette in moto una nuova omertà, quella di chi manda tutto in procura”. 7 – bravo, il perito….!

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Natalia Aspesi – Spartacus vede la giornalista Natalia Aspesi in tv alle prese con un violento “corpo a corpo” dialettico con la parlamentare (Non esattamente un “titano” culturale…, ma con belle gambe) di Forza Italia Laura Ravetto e sbotta: “il solito radicalume chic italico e poi quegli occhiali neri, sembra Gloria Swanson ne ‘Il viale del tramonto’, un uccello di malaugurio!”. 0 – tramontata! Sergio Marchionne – Nel mentre gli Stati Uniti la classifica J.D. Power pubblicata dall’Associated Press pone le auto Fiat all’ultimo posto per affidabilità (forse troppo eccessivo il giudizio negativo!), giunge la notizia che l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne ha in mano circa l’1% del capitale del gruppo auto. La posizione è stata incrementata esercitando le opzioni ricevute in cambio della fedeltà al gruppo: ora ha in portafoglio 14,4 milioni di titoli. La sua partecipazione è pari a circa l’1% del capitale: agli attuali prezzi di Borsa ha un valore di 198 milioni di euro e ne fa il primo azionista individuale. -1 -….inaffidabile, ma ricco, anzi ricchissimo!!

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Leonard Nimoy - Durò solo tre stagioni televisive, dal 1966 al ’69 (a parte tre film al cinema), eppure Star Trek fu un fenomeno di cui ci si ricorda ancora oggi a quasi 50 anni di distanza. La prima immagine che viene in mente a ricordare quella storica serie tv è proprio quella di lui, Leonard Nimoy, interprete del famoso signor Spock, metà umano e metà alieno (di Vulcano), con le sue orecchie a punta, le sopracciglia all’insù e il saluto con indice e medio separati da anulare e mignolo, la mano alzata mentre pronuncia le parole: «Vivi a lungo e prospera». Leonard Nimoy è mancato nella sua casa di Bel Air, sulle colline di Los Angeles dopo una lunga malattia ai polmoni. Aveva 83 anni ed ha usato Twitter per lasciare ai fan un ultimo messaggio commovente: «Una vita è come un giardino. Momenti perfetti si possono vivere, ma non preservare, se non nella memoria». 8 – attore fantascientifico!

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Lucia Borsellino - “Non ho presentato le mie dimissioni, è stato un annuncio legato alla sensazione di delegittimazione (dopo le parole del ministro Lorenzin ndr): è una decisione che mi riservo di assumere”. L’ha detto l’assessore regionale alla Salute Lucia Borsellino, a margine dei lavori della “Leopolda siciliana” a Palermo, riferendosi alle polemiche sulla morte della piccola Nicole, la neonata, partorita in una clinica privata a Catania, che sarebbe deceduta durante il trasporto in ambulanza all’ospedale di Ragusa perché non ci sarebbero stati posti disponibili nelle unità di terapia intensiva di tre ospedali del capoluogo etneo. Le poltrone piacciono…..! 2 – seduta….!

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Romano Prodi – Dopo la seconda trombatura alla presidenza della repubblica, l’uomo che ci ha portato nell’euro (e nelle braccia del IV Reich della Merkel…), è tornato a parlare. “Mortadellone” rottama la riforma delle popolari voluta da Renzie: “quelle banche sono un esperimento unico”. Giusto, peccato sia un bell’assist all’amico Bazoli e alla sua Ubi banca “bianca”. 3 – sempre con i “poteri forti”

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I nostri voti

di S par tacus

tività cerebrale”. Nei primi due capitoli Angela descrive come il cervello si costruisce nei primi vent’anni di vita fino a giungere alla maturazione completa. Nel secondo e terzo capitolo si addentra nella descrizione intima della macchina cerebrale per individuare come nascono le emozioni e le memorie che influenzano la vita di ciascun essere umano. Quindi l’autore sale verso la “parte più nobile della rete nervosa” dove si formano le immagini e i pensieri e si sofferma a questo punto su intelligenza, razionalità e creatività. Non manca poi una parte riservata ai sogni per giungere successivamente all’insieme delle aree cerebrali che danno origine al comportamento e alle scelte di ciascuno di noi. Egli si pone delle domande che sfiorano persino tematiche filosofiche quando si chiede quanto siano libere queste scelte e come l’intelligenza ci può aiutare a “conquistare maggiori spazi di libertà”. Il discorso non rimane affatto avulso dal contesto della società di oggi, caratterizzata da cambiamenti rapidissimi, che richiedono la flessibilità necessaria per governare il rapporto tra l’intelligenza e la macchina e, dunque, un’accelerazione dell’opera educativa. La parte conclusiva, come abbiamo preannunciato, ci presenta le ricerche più accreditate a livello internazionale con suggerimenti per tenere in forma il cervello e la mente in tutto il corso della vita, dal periodo fetale fino all’età avanzata. La conclusione è certamente condivisibile: “Lo sviluppo di una società, oggi molto più che nel passato, è direttamente legato allo sviluppo dei suoi cervelli: è il livello educativo che permette non solo di sviluppare la mente, ma anche di elevare il reddito. L’intelligenza può essere una fonte infinita di ricchezze, materiali e immateriali: basta saperla usare nel modo giusto”.

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Nel corso dei decenni mi è capitato di leggere delle opere divulgative del giornalista Piero Angela, che ha svolto in Italia un’opera meritoria consentendo a un pubblico molto ampio di conoscere in modo corretto gli apporti della scienza e delle ricerche nei vari settori del sapere. Mi ha incuriosito l’ultima sua pubblicazione dal titolo “Viaggio dentro la mente” (Mondadori, Milano 2014) con il sottotitolo in copertina “Conoscere il cervello per tenerlo in forma”. L’opera in tutta la prima parte (la più corposa) è costituita da un susseguirsi di domande e risposte a tutti i possibili quesiti che potrebbero essere posti da un interlocutore interessato. Bisogna ammettere che davvero in questo libro si può trovare il frutto positivo di una lunga attività di divulgatore di Angela, il quale riesce in modo mirabile ad affrontare una tematica talora ostica, con un linguaggio chiaro e accessibile come non mai, senza per nulla tradire il rigore scientifico. Nella parte finale, invece, riporta i risultati più recenti e accreditati sull’argomento con i riferimenti bibliografici, pur nella linearità espressiva che lo contraddistingue da sempre. Egli inizia la sua introduzione consentendo al lettore di farsi un’idea della complessità del cervello umano: “In un solo centimetro cubo, cioè in uno spazio poco più grande di una nocciola, vi sono mediamente da 50 a 70 milioni circa di cellule nervose, ognuna piena di diramazioni, con centinaia di punti di contatto. Una rete sterminata, continuamente percorsa da impulsi elettrochimici che scaricano ad altissime velocità (millesimi di secondo), usando sostanze chimiche di diverso tipo. Non solo, ma in quello stesso spazio coabitano forse altrettante cellule gliali, che collaborano con quelle nervose per generare l’at-

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Giochi matematici a cura di M a ssi m i l i a n o C a l a n d r i n o

Somme

Gino è alle prese con la seguente somma. 1 D C 6 A + D C E A 2 + B 2 1 E 0 = _______________________ 1 B D B A C Aiutate Gino trovando i giusti valori, non nulli, per le incognite A,B,C,D e E

Resti

Qual è il resto che otteniamo se dividiamo il numero 15^473 per 6?

La spesa di Lucia

La scorsa settimana Lucia si è recata tre volte al mercato per fare la spesa. La prima volta ha comprato 18 kg di limoni, 4 litri di ammorbidente e 7 saponette e ha speso comlessivamente 40 euro. La seconda volta ha comprato 8 kg di limoni, 2 litri di ammorbidente e 3 saponette e ha speso comlessivamente 18 euro. La terza volta ha comprato solamente 4 kg di limoni e 1 litro di ammorbidente e ha speso comlessivamente 6 euro. Quanto le è costato 1 kg di limoni?

Soluzioni dei giochi pubblicati sullo scorso numero Coefficienti: 8; Divisioni: 3; Virus: 699050

Il film consigliato

Le soluzioni sul prossimo numero

La finestra sul mondo

The search Un film di Michel Hazanavicius. Con Bérénice Bejo, Annette Bening, Maxim Emelianov, Abdul-Khalim Mamatsuiev, Zukhra Duishvili. Anomala l’attesa che ha diviso questo The Search dal pubblico italiano… Presentato allo scorso Festival di Cannes e riproposto al pubblico di Oltreoceano al Festival di Toronto, sembra essersi fatto di tutto per far passare sotto silenzio il nuovo vero e proprio lungometraggio del Michel Hazanavicius che tra 2011 e 2012 conquistò tutti con il suo The Artist. Certo, dopo un film tanto particolare - e soprattutto dopo la minuta partecipazione al dimenticabile Gli infedeli - non era compito banale quello di vendere un film bellico-sociale dalle radici fortemente umane tanto caro al regista (che ci ha investito una budget considerevole) da averlo scritto lui stesso in prima persona e aver affidato il ruolo principale alla propria compagna, la sempre bellissima Bérénice Bejo. Forse troppo bella la sua Carole, protagonista principale di questo viaggio nell’Inferno ceceno durante la seconda guerra ambientata nella repubblica caucasica nel 1999. Troppo bella e troppo fortunata, in più di un caso, anche se non in maniera sempre ‘consueta’. Una salvatrice pietosa che si aggira tra i dolenti, metà Dante e metà Madre Teresa. E il ruolo materno non è ispirato a caso, visto che gran parte della dinamica del film sta nell’intreccio delle diverse linee narrative proprio nella casa della spaesata occidentale e nell’accoglienza del piccolo fuggiasco in cerca di famiglia. Un film dagli ottimi presupposti e dalla buona fattura, tecnica e registica soprattutto, ma che fallisce nella realizzazione delle intenzioni quando non sceglie se essere denuncia o favola, Edipo o Orfeo. In parte, il difetto sta nel manico, ovvero nell’originario omonimo del 1948 di Fred Zinnemann del quale questo è un remake, ma certo nella scelta di un materiale tanto ricco emotivamente e nelle forti motivazioni di cui sopra sarebbe stato lecito attendersi più pathos e meno ‘pulizia’. In fondo ambiente e contesto erano già ‘sporchi’ di per sé e l’impressione è che siano stati predisposti per il passaggio della elegante europea e per la sua missione bontà. Restiamo convinti che non si sarebbe perso nulla del percorso esistenziale e sentimentale e umano di Carole, né del dramma del piccolo profugo alienato e disperato prestando meno cura a questo tipo di dettagli e più a mantenere il realismo necessario a farne un film Vero. In parte anche per una forma di rispetto - sicuramente voluto e condiviso anche programmaticamente - per la storia rappresentata.

Amore incondizionato? Amore Animale di Danila Intelisano Credono in ciò che l’uomo ha smarrito: fedeltà, gratitudine e affetto. Ci proteggono, ci difendono, ci parlano col loro linguaggio e ci attendono scodinzolanti alla fermata di una stazione. E qualcuno di essi non si è rassegnato al distacco e geme lontano dalla casa dove è cresciuto. Entrano nelle nostre famiglie e diventano parte della nostra vita e dei nostri affetti e non ci dimenticano, anche quando siamo costretti a lasciarli. Come Fido che tutti i giorni ostinatamente si reca al cimitero a piangere sulla tomba della sua padrona. Ci salvano dalla solitudine persino dell’anima e sono l’orientamento per un cieco, la compagnia per chi è solo, il gioco per un bimbo, la difesa per chi ha paura. Chiedono, proprio come noi, amore, cura e approvazione e conoscono come proteggere i loro cuccioli, mentre molte madri umane li sopprimono. Spesso vagano per le strade abbandonati, malmenati e affamati, ma altre volte sono anche diventati personaggi celebri televisivi e cinematografici. Sono in tanti alla ricerca di un’adozione e desiderosi di invecchiare insieme a noi. Wiley ha trascorso la sua vita occupandosi, con un impegno ammirevole, di accompagnare i veterani di guerra quando ritornavano e, fino all’ultimo, ha svolto il suo compito con una meravigliosa devozione, che dovrebbe essere educativa per l’uomo. Che strano… nella natura “inferiore” prevale l’istinto di protezione; nell’uomo, quello di distruzione! Cosmo hai gli occhi lucidi… Penso al mio pastore tedesco: Gero che si è buttato nel mare in tempesta per salvarmi. E mi ha sostenuto fino all’arrivo dei miei genitori. La natura va osservata, rispettata e conservata. E non solo a parole. Se un cane muore aspettando il padrone, vuol dire che il suo istinto continua a preservare quello che l’uomo ha scordato. Siamo sicuri che la natura è, per certi versi, inferiore a quella umana? O ha in sé la grande capacità di farci commuovere e riflettere? Anche un cucciolo può insegnarci ad amare. Gero, amico della mia infanzia, buon riposo.

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