Principi di economia

ECONOMIA
INDICE
Prefazione XIII
Gli autori XIV
Parte 1
Introduzione all’economia
CAPITOLO 1 Cos’è l’economia 1
Economia e sistemi economici, 1
Il problema economico, 2; Scarsità e scelte, 2
Le decisioni individuali, 3
Gli individui devono scegliere tra alternative (trade-off), 3; Il costo-opportunità, 4; Pensare «al margine», 4; Gli individui rispondono agli incentivi, 5
L’interazione tra individui, 5
Lo scambio può essere vantaggioso per tutti, 5; Il sistema economico capitalista, 6; I mercati possono essere uno strumento efficace per organizzare l’attività economica, 6; A volte l’intervento dello Stato può migliorare il risultato prodotto dal mercato, 7 Il funzionamento del sistema economico nel suo complesso, 8
Microeconomia e macroeconomia, 8; Il tenore di vita di un paese dipende dalla sua capacità di produrre beni e servizi, 8; I prezzi aumentano quando lo Stato stampa troppa moneta, 9
POST SCRIPTUM
Adam Smith e la mano invisibile del mercato, 7
PRIMA PAGINA
Il capitalismo oggi, 10
Riepilogo, 10 • Domande di ripasso, 11 • Problemi e applicazioni, 11
CAPITOLO 2 Pensare da economista 13
Introduzione, 13
La metodologia economica, 14
L’economia come scienza, 14; I modelli, 14; Due tipi di ragionamento, 16; Gli esperimenti economici, 18; Le teorie, 20; Il principio di falsificabilità, 20; Il ruolo delle ipotesi, 22
Le scuole di pensiero, 22
L’economia neoclassica, 23; L’economia femminista, 23; L’economia marxista, 23; La scuola austriaca, 23
L’economista come consigliere politico, 24
Analisi positiva e analisi normativa, 24
Perché gli economisti sono spesso in disaccordo, 25
Differenze di interpretazione scientifica, 25; Differenze di valori, 25; Il processo decisionale in economia, 26
ANALISI DI UN CASO
L’esperimento del reddito di base garantito, 19
PRIMA PAGINA
Modelli, teorie e realtà, 27
Riepilogo, 28 • Domande di ripasso, 28 • Problemi e applicazioni, 29
Parte 2
La teoria dei mercati concorrenziali
CAPITOLO 3 Le forze di mercato della domanda e dell’offerta 30
Le ipotesi del modello del mercato concorrenziale, 30
I mercati concorrenziali, 31
La domanda, 32
La curva di domanda: la relazione tra prezzo e quantità domandata, 32; I movimenti lungo la curva di domanda, 32; Domanda di mercato e domanda individuale, 33
Gli spostamenti della curva di domanda e i movimenti lungo la curva di domanda, 34
Gli spostamenti della curva di domanda, 34
L’offerta, 36
La curva di offerta: la relazione tra prezzo e quantità offerta, 36; I movimenti lungo la curva di offerta, 37; Offerta di mercato e offerta individuale, 37; Gli spostamenti della curva di offerta, 37
L’interazione di domanda e offerta, 40
L’equilibrio, 40; L’algebra dell’equilibrio, 42
I prezzi come segnali, 43
Il prezzo come segnale per i compratori, 43; Il prezzo come segnale per i venditori, 43; L’aumento del prezzo nei mercati concorrenziali, 43
Analizzare le variazioni dell’equilibrio, 44
Riepilogo, 47
L’elasticità, 48
L’elasticità della domanda al prezzo, 48
L’elasticità della domanda al prezzo e le sue determinanti, 48; Calcolare l’elasticità della domanda al prezzo, 49; Metodi di calcolo dell’elasticità al prezzo, 50; Le tipologie di curva di domanda, 51; Spesa totale, ricavo totale ed elasticità della domanda al prezzo, 51; Elasticità e spesa totale lungo una curva di domanda lineare, 54
Altri tipi di elasticità della domanda, 54
L’elasticità della domanda al reddito, 55; L’elasticità incrociata della domanda al prezzo, 55
L’elasticità dell’offerta al prezzo, 56
L’elasticità dell’offerta al prezzo e le sue determinanti, 56; Calcolare l’elasticità dell’offerta al prezzo, 57; Le tipologie di curve di offerta, 58; Ricavo totale ed elasticità dell’offerta al prezzo, 58
Le applicazioni dell’elasticità della domanda e dell’offerta, 60
Perché il prezzo dei biglietti del treno cambia a seconda della fascia oraria?, 60; Perché il reddito degli agricoltori è diminuito nonostante l’aumento della produttività?, 62
ANALISI DI UN CASO
Perché gli economisti pongono il prezzo sull’asse verticale?, 41
PRIMA PAGINA
Analizzare il mercato dell’olio di colza, 64
Riepilogo, 63 • Domande di ripasso, 65 • Problemi e applicazioni, 66
CAPITOLO 4 Dietro la domanda: le scelte del consumatore 68
Il modello economico standard, 68
Il valore, 69
Il vincolo di bilancio: ciò che il consumatore può permettersi di acquistare, 70
Una variazione del reddito, 72; Una variazione dei prezzi, 72
Le preferenze: ciò che il consumatore desidera acquistare, 74
Rappresentare le preferenze con le curve di indifferenza, 74; Rappresentare graficamente le curve di indifferenza, 74; Le quattro proprietà delle curve di indifferenza, 75; Utilità totale e utilità marginale, 76; Il saggio marginale di sostituzione, 77; Due esempi estremi di curve di indifferenza, 77
L’ottimizzazione: ciò che il consumatore sceglie, 78
La scelta ottima del consumatore, 78; L’effetto delle variazioni del reddito sulle scelte del consumatore, 79; L’effetto delle variazioni dei prezzi sulle scelte del consumatore, 80; Effetto di reddito ed effetto di sostituzione, 80; Derivare la curva di domanda, 83; Il sentiero di espansione del reddito, 84; La curva di Engel, 85; Approcci comportamentali alle scelte del consumatore, 88; Gli individui ripongono un’eccessiva fiducia in se stessi, 88; Gli individui attribuiscono un peso eccessivo a poche osservazioni più vivide di altre, 88; Gli individui sono poco disposti a cambiare idea, 89; Gli individui hanno una naturale tendenza a ricercare esempi che confermano le loro opinioni o ipotesi precostituite, 89; Gli individui adottano regole pratiche o procedimenti euristici, 89
ANALISI DI UN CASO
Le curve di Engel ambientali, 87
PRIMA PAGINA
Modello economico standard e procrastinazione, 90 Riepilogo, 92 • Domande di ripasso, 92 • Problemi e applicazioni, 93
CAPITOLO 5 Dietro l’offerta: i costi di produzione delle imprese 94
I costi di produzione, 94
Il costo come costo-opportunità, 94; Il costo del capitale come costo-opportunità, 95
Produzione e costi, 95
La funzione di produzione, 96; Dalla funzione di produzione alla curva di costo totale, 97
Le diverse misure di costo, 98
Costi fissi e costi variabili, 98; Costo medio e costo marginale, 98; Le curve di costo e la loro forma, 99; Le tipiche curve di costo, 101
I costi nel breve e nel lungo periodo, 102
La relazione tra costo medio totale di breve e di lungo periodo, 102
Riepilogo, 103
I rendimenti di scala, 103
Economie e diseconomie di scala, 104; I diversi tipi di economia di scala, 104; Le economie di scala esterne, 106; Le implicazioni delle economie di scala, 108
ANALISI DI UN CASO
L’analisi economica delle grandi navi da carico, 108
PRIMA PAGINA
Economie di scala ed energia verde, 110 Riepilogo, 109 • Domande di ripasso, 110 • Problemi e applicazioni, 111
CAPITOLO 6 Dietro l’offerta: le imprese in un mercato concorrenziale 113
Cos’è un mercato concorrenziale?, 113
Il ricavo di un’impresa in regime di concorrenza, 113; Ricavo totale, costo totale e profitto, 114
La massimizzazione del profitto e la curva di offerta dell’impresa in regime di concorrenza, 115
Un esempio semplice di massimizzazione del profitto, 115; Profitto normale ed extraprofitto, 116; La curva di costo marginale e le decisioni di offerta dell’impresa, 116; La decisione di sospendere temporaneamente la produzione nel breve periodo, 118; I costi sommersi, 118; La decisione di entrare o uscire dal mercato nel lungo periodo, 119; Misurare graficamente il profitto dell’impresa in regime di concorrenza, 120
La curva di offerta in un mercato concorrenziale, 121
Il breve periodo: l’offerta di mercato con un numero fisso di imprese, 121; Il lungo periodo: l’offerta di mercato con libertà di entrata e di uscita, 122; Uno spostamento della curva di domanda nel breve e nel lungo periodo, 123; Perché la curva di offerta di lungo periodo potrebbe avere pendenza positiva, 125
Le decisioni di produzione delle imprese, 125
Isoquanti e isocosti, 125
Gli isoquanti, 126; Le rette di isocosto, 127
La combinazione di fattori di minimo costo, 128
Riepilogo, 130
Conclusione: dietro la curva di offerta, 130
ANALISI DI UN CASO
Sopravvivere alla pandemia di COVID-19, 121
PRIMA PAGINA
Mercati perfettamente concorrenziali, 131
Riepilogo, 132 • Domande di ripasso, 132 • Problemi e applicazioni, 132
CAPITOLO 7 Consumatori, produttori ed efficienza dei mercati 134
Il surplus del consumatore, 135
La disponibilità a pagare, 135; Usare la curva di domanda per misurare il surplus del consumatore, 135; Una diminuzione del prezzo accresce il surplus del consumatore, 136; Cosa misura il surplus del consumatore?, 138; Il surplus del consumatore è sempre un valido indicatore del benessere economico?, 138
Il surplus del produttore, 139
Il costo e la disponibilità a vendere, 139; Usare la curva di offerta
per misurare il surplus del produttore, 140; Un aumento del prezzo accresce il surplus del produttore, 141
L’efficienza del mercato, 142
Efficienza economica e spreco, 142; Valutare l’equilibrio del mercato, 143; Efficienza ed equità, 145
ANALISI DI UN CASO Mercati ed efficienza, 145
PRIMA PAGINA
Vaccini e surplus totale, 146
Riepilogo, 148 • Domande di ripasso, 148 • Problemi e applicazioni, 148
Il problema del free rider, 177; Alcuni beni pubblici importanti, 178; Le difficoltà dell’analisi costi-benefici, 179; La quantità ottima di un bene pubblico, 180
Le risorse collettive, 181
La tragedia dei terreni comuni, 181; Alcune importanti risorse collettive, 182
I beni meritori, 183
L’istruzione come bene meritorio, 184; Servizi sanitari, assicurazioni e pensioni come beni meritori, 184; I beni demeritori, 185
Conclusione, 185
ANALISI DI UN CASO
Le risorse collettive finiscono sempre in tragedia?, 183
Parte 3
L’intervento pubblico nei mercati
CAPITOLO 8 Domanda, offerta e politiche economiche 150
I controlli dei prezzi, 150
Gli effetti di un livello massimo di prezzo, 151; Gli effetti di un livello minimo di prezzo, 152; Riepilogo, 153
Le imposte, 154
Gli effetti di un’imposta sulle vendite, 154; Elasticità e incidenza delle imposte, 158
I sussidi, 159
Gli effetti di un sussidio, 159; Implicazioni, 160
Il sistema tributario, 160
Imposte ed efficienza, 160
La perdita secca di benessere provocata dalla tassazione, 161
Gli effetti della tassazione sui partecipanti al mercato, 161; La perdita secca di benessere e i benefici dello scambio, 163; Le determinanti della perdita secca di benessere, 164; Perdita secca di benessere ed entrate fiscali al variare dell’ammontare dell’imposta, 165
L’onere amministrativo, 166
La strutturazione del sistema tributario, 167
Le quattro regole della tassazione di Adam Smith, 167; Aliquote marginali e aliquote medie, 168; Le imposte in somma fissa, 168
Imposte ed equità, 168
Il principio del beneficio, 169; Il principio della capacità contributiva, 169; Incidenza delle imposte ed equità, 170; Conclusione, 171
ANALISI DI UN CASO
Il livello minimo di prezzo per gli alcolici in Scozia, 153
PRIMA PAGINA
Il trattamento di integrazione salariale, 172 Riepilogo, 172 • Domande di ripasso, 174 • Problemi e applicazioni, 174
CAPITOLO 9 Beni pubblici, risorse collettive e beni meritori 176
I diversi tipi di bene, 176
I beni pubblici, 177
PRIMA PAGINA
Il cambiamento climatico: un caso estremo di tragedia dei terreni comuni?, 186
Riepilogo, 186 • Domande di ripasso, 187 • Problemi e applicazioni, 188
CAPITOLO 10 Fallimento del mercato ed esternalità 189
Il fallimento del mercato, 189
Le Esternalità, 189
I giudizi di valore, 189; I costi sociali e i benefici sociali delle decisioni, 190
Esternalità e inefficienza del mercato, 191
L’economia del benessere: un riepilogo, 191; Le esternalità negative, 192; L’ottimo sociale o risultato socialmente efficiente, 192; Le esternalità positive, 194; Le esternalità posizionali, 195
Le soluzioni private alle esternalità, 196
I tipi di soluzione privata, 196; Il teorema di Coase, 196; Perché le soluzioni private non sempre funzionano, 197
L’intervento pubblico e le esternalità, 198
Provvedimenti di comando e controllo: la regolamentazione, 198; Politiche di mercato: le imposte e i sussidi pigouviani, 199; I permessi di emissione negoziabili, 200
Soluzioni pubblico/private alle esternalità, 201
I diritti di proprietà, 201; Il controllo delle corse agli armamenti posizionali, 203; Le obiezioni all’analisi economica dell’inquinamento, 203
Il fallimento dello stato, 203
L’importanza del potere, 203; La teoria della scelta pubblica, 204; La mano invisibile e l’interesse pubblico, 204; Gli incentivi degli elettori, 204; Gli incentivi dei politici, 205; Gli incentivi dei burocrati, 205; L’influenza dei gruppi di interesse, 205; Il rent seeking, 206; La preferenza per il breve periodo, 206; L’inefficienza nel settore pubblico, 207; Il clientelismo, 207; L’inefficienza nel sistema tributario, 207
Conclusione, 207
ANALISI DI UN CASO
Una pandemia di notifiche, 193
PRIMA PAGINA
Cosa può dirci la teoria della scelta pubblica in merito alla lotta al cambiamento climatico?, 208
Riepilogo, 209 • Domande di ripasso, 210 • Problemi e applicazioni, 210
Parte 4
Il comportamento delle imprese e le strutture di mercato
CAPITOLO 11 Strutture di mercato I: il monopolio 212
La concorrenza imperfetta, 212
Perché esistono i monopoli, 213
Il monopolio delle risorse, 213; I monopoli di Stato, 214; Il monopolio naturale, 214; La crescita esterna, 215
Le decisioni di produzione e di prezzo in regime di monopolio, 215
Monopolio e concorrenza, 216; Il ricavo di un monopolista, 216; La massimizzazione del profitto, 218; Il profitto del monopolista, 219
Il costo del monopolio in termini di benessere, 219
La perdita secca di benessere, 220; Il profitto del monopolista: un costo sociale?, 221
La discriminazione di prezzo, 223
Un caso esemplare di strategia di prezzo, 223; La morale della favola, 224; Gli aspetti analitici della discriminazione di prezzo, 225; Esempi di discriminazione di prezzo, 226
Monopoli e politica economica, 226
La regolamentazione, 227; La proprietà pubblica, 228; Non intervenire, 229
Conclusione: la prevalenza del monopolio, 229
POST SCRIPTUM
Perché l’impresa monopolistica non ha una curva di offerta, 219
ANALISI DI UN CASO
Un abuso di potere di monopolio, 222
PRIMA PAGINA
Facebook e Kustomer, 230
Riepilogo, 230 • Domande di ripasso, 231 • Problemi e applicazioni, 232
CAPITOLO 13 Strutture di mercato III: l’oligopolio 247
Le caratteristiche dell’oligopolio, 248
La differenziazione, 248; L’interdipendenza, 248; L’esempio del duopolio, 248; Concorrenza, monopolio e cartello, 249; L’equilibrio in regime di oligopolio, 249; Gli effetti delle dimensioni dell’oligopolio sul risultato del mercato, 250
La teoria dei giochi e l’economia della cooperazione, 251 Il dilemma del prigioniero, 252; Gli oligopoli come dilemmi del prigioniero, 253; Altri esempi di dilemma del prigioniero, 254; Il dilemma del prigioniero e il benessere sociale, 257; Perché a volte si riesce a cooperare, 257; I giochi sequenziali, 259; La natura della credibilità, 260; Minacce e credibilità, 261
Le barriere all’entrata nell’oligopolio, 261
Politiche pubbliche e oligopolio, 262
Restrizione agli scambi e leggi sulla concorrenza, 262; Le polemiche sulla politica antitrust, 263
Conclusione, 265
ANALISI DI UN CASO
Il torneo di dilemma del prigioniero, 258
PRIMA PAGINA
Tassare le imprese tecnologiche, 266
Riepilogo, 265 • Domande di ripasso, 265 • Problemi e applicazioni, 266
CAPITOLO 14 Strutture di mercato IV: i mercati contendibili 269
La natura dei mercati contendibili, 270
Mercati perfettamente contendibili ed efficienza, 270; Contendibilità ed economie di scala, 272
I limiti della teoria dei mercati contendibili, 274
I costi fissi come barriere all’entrata, 274; I costi sommersi, 274; La strategia di prezzo limite, 275; La differenziazione del prodotto, 275
Conclusione, 276
ANALISI DI UN CASO
I servizi fintech, 273
CAPITOLO 12 Strutture di mercato II: la concorrenza monopolistica 234
La concorrenza con prodotti differenziati, 235 L’impresa in concorrenza monopolistica nel breve periodo, 235; L’equilibrio di lungo periodo, 236; Concorrenza monopolistica e concorrenza perfetta a confronto, 237; Concorrenza monopolistica e benessere sociale, 238
La pubblicità e il branding, 239 Il dibattito sulla pubblicità, 239; La pubblicità come segnale di qualità, 240; Marchi e branding, 242
Conclusione, 243
ANALISI DI UN CASO
A cosa serve davvero la pubblicità?, 241
PRIMA PAGINA
I locali notturni, 244
Riepilogo, 244 • Domande di ripasso, 245 • Problemi e applicazioni, 245
PRIMA PAGINA
Il mercato britannico della vendita al dettaglio di prodotti alimentari, 276
Riepilogo, 277 • Domande di ripasso, 278 • Problemi e applicazioni, 278
Parte 5
I mercati dei fattori di produzione
CAPITOLO 15 L’economia dei mercati dei fattori 279
La teoria della distribuzione basata sul prodotto marginale, 279
La domanda di lavoro, 279
L’impresa concorrenziale che massimizza il profitto, 280; La funzione di produzione e il prodotto marginale del lavoro, 280;
Il valore del prodotto marginale e la domanda di lavoro, 281; La domanda di fattori e l’offerta di beni e servizi: due facce della stessa medaglia, 282; Gli spostamenti della curva di domanda di lavoro, 282
L’offerta di lavoro, 282
Il trade-off tra lavoro e tempo libero, 282; L’influenza del salario sull’offerta di lavoro, 283; Gli spostamenti della curva di offerta di lavoro, 285
L’equilibrio nel mercato del lavoro, 285
Gli spostamenti della curva di offerta di lavoro, 286; Gli spostamenti della curva di domanda di lavoro, 286
Altre teorie del mercato del lavoro, 286
La teoria marxista del lavoro, 287
L’economia femminista e il mercato del lavoro, 288
Il monopsonio, 290
I differenziali salariali, 291
I differenziali di compensazione, 291; Il capitale umano, 291; Talento, impegno e casualità, 292; Un altro punto di vista sull’istruzione: la teoria dei segnali, 292; Il fenomeno delle superstar, 292; I salari superiori al livello di equilibrio: leggi sul salario minimo, sindacati e salari di efficienza, 294
L’analisi economica della discriminazione, 297
Misurare la discriminazione nel mercato del lavoro, 297; La discriminazione praticata dai datori di lavoro, 298; La discriminazione ad opera dei consumatori o del governo, 299; Il modello di Becker delle «preferenze del datore di lavoro», 299
Gli altri fattori di produzione: terra e capitale, 300
L’equilibrio nei mercati della terra e del capitale, 300; I collegamenti tra i fattori di produzione, 301
La rendita economica, 302
Conclusione, 303
ANALISI DI UN CASO
Una penuria di lavoratori nel Regno Unito, 293
POST SCRIPTUM
Cos’è il reddito da capitale, 302
PRIMA PAGINA
Una settimana lavorativa di quattro giorni?, 304
Riepilogo, 304 • Domande di ripasso, 305 • Problemi e applicazioni, 306
I provvedimenti di lotta alla povertà, 318
Le leggi sul salario minimo, 318; La sicurezza sociale, 319; L’imposta negativa sul reddito, 319; I trasferimenti in natura, 320; Programmi antipovertà e incentivi al lavoro, 320
Conclusione, 321
ANALISI DI UN CASO
Disuguaglianza e COVID-19, 314
PRIMA PAGINA
Capitalismo, liberalismo e disuguaglianza, 322
Riepilogo, 321 • Domande di ripasso, 323 • Problemi e applicazioni, 323
Parte 7
Il commercio internazionale
CAPITOLO 17 Interdipendenza e benefici dello scambio 324
La frontiera delle possibilità produttive, 324
La forma della frontiera delle possibilità produttive, 326; Uno spostamento della frontiera delle possibilità produttive, 327
Il commercio internazionale, 328
Una descrizione semplificata dell’economia moderna, 328; Le possibilità produttive, 330; Specializzazione e scambio, 331
Il principio del vantaggio comparato, 332
Il vantaggio assoluto, 332; Costo-opportunità e vantaggio comparato, 333; Vantaggio comparato e scambio, 333; È conveniente per i paesi europei instaurare relazioni commerciali con altri paesi?, 334
Le determinanti dello scambio, 335
L’equilibrio in assenza di scambi, 335; Prezzo mondiale e vantaggio comparato, 335
Vincitori e vinti nel commercio internazionale, 336 I guadagni e le perdite di un paese esportatore, 336; I guadagni e le perdite di un paese importatore, 337
Le restrizioni al commercio internazionale, 339
Gli effetti di un dazio, 340; Gli effetti di un contingentamento delle importazioni, 341; Le barriere non tariffarie, 343; Le argomentazioni a favore delle restrizioni al libero scambio, 344
Le critiche alla teoria del vantaggio comparato, 346
Altre teorie del commercio internazionale, 347
Parte 6
La disuguaglianza
CAPITOLO 16 Disuguaglianza del reddito e povertà 307
Misurare la disuguaglianza, 308
La disuguaglianza del reddito, 308; La curva di Lorenz, 309; Il coefficiente di Gini, 310; I problemi di misurazione della disuguaglianza, 311; La mobilità economica, 312; Il tasso di povertà, 312
La filosofia politica e la ridistribuzione del reddito, 315
L’utilitarismo, 315; Il liberalismo, 316; Il libertarismo, 317; Il paternalismo libertario, 318
La dotazione dei fattori di produzione: la teoria di Heckscher-Ohlin, 347; La teoria di Stolper-Samuelson, 347; L’ipotesi del ritardo nell’imitazione, 349; La teoria del ciclo del prodotto, 349; I gusti dei consumatori: la teoria di Linder, 350
Conclusione, 351
POST SCRIPTUM
L’eredità di Adam Smith e David Ricardo, 334; Gli altri vantaggi del commercio internazionale, 339
ANALISI DI UN CASO
Perché l’Africa non ha prosperato?, 350
PRIMA PAGINA
Il ruolo del commercio internazionale nella lotta al cambiamento climatico, 352
Riepilogo, 351 • Domande di ripasso, 353 • Problemi e applicazioni, 354
Parte 8
L’economia eterodossa
CAPITOLO 18 Economia dell’informazione e comportamentale 355
Principale e agente, 355
L’informazione asimmetrica, 356
Le azioni nascoste e il rischio morale, 356; Le caratteristiche nascoste: la selezione avversa e il problema dei «bidoni», 358; L’invio di segnali per fornire informazioni private, 359; Lo screening per indurre la rivelazione di informazioni, 360; Informazione asimmetrica e politiche pubbliche, 360
L’economia comportamentale, 362
Non sempre l’individuo è razionale, 362; L’equità è importante, 364; L’incoerenza temporale, 364
Conclusione, 365
ANALISI DI UN CASO
La perdita secca del Natale, 361
PRIMA PAGINA
L’economia comportamentale e la pandemia, 366 Riepilogo, 365 • Domande di ripasso, 366 • Problemi e applicazioni, 367
CAPITOLO 19 Teorie economiche eterodosse 369
Introduzione, 369
Il mondo prima dei mercati, 370; L’economia classica, 370; Economia neoclassica e marginalismo, 371; Le critiche emerse dopo la crisi del 2007-2009, 371
L’economia istituzionale, 372
La razionalità limitata, 373; I costi di transazione, 373; I filoni di ricerca dell’economia istituzionale, 374; Riepilogo, 375
L’economia femminista, 376
La metodologia economica, 376; La macroeconomia, 377; Il mercato del lavoro, 378
L’economia della complessità, 379
Le caratteristiche fondamentali dell’economia della complessità, 379
Conclusione, 381
ANALISI DI UN CASO
Istituzioni formali e informali, 375
PRIMA PAGINA
La pandemia da una prospettiva femminista, 382 Riepilogo, 381 • Domande di ripasso, 382 • Problemi e applicazioni, 382
Parte 9
I dati della macroeconomia
CAPITOLO 20 Misurare il benessere e il livello dei prezzi di una nazione 384
L’economia marxista, 384
La scuola austriaca, 385
L’economia keynesiana, 386
Il monetarismo, 386
La natura della macroeconomia, 387
Il reddito e la spesa del sistema economico, 387 Il flusso circolare del reddito, 387
La misurazione del prodotto interno lordo, 389
«Il PIL è il valore di mercato…», 389; «… di tutti…», 389; «… i beni e i servizi…», 390; «… finali…», 390; «… prodotti…», 390; «… in un paese…», 390; «… in un dato periodo di tempo», 390
Le componenti del PIL, 391
Il consumo, 391; L’investimento, 392; La spesa pubblica, 392; Le esportazioni nette, 392
PIL reale e PIL nominale, 393
Un esempio numerico, 394; Il deflatore del PIL, 395; Il metodo del concatenamento, 395
I limiti del pil come misura del benessere, 397
L’analisi economica della felicità, 397; Le misure del benessere individuale, 399
Differenze internazionali del PIL e qualità della vita, 399
Misurare il costo della vita, 399
L’indice dei prezzi al consumo, 400
Come si calcola l’indice dei prezzi al consumo, 400; I problemi nella misurazione del costo della vita, 402; L’IPC, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo e gli altri indici dei prezzi al consumo, 403; Il deflatore del PIL e l’indice dei prezzi al consumo, 405
Depurare i valori delle variabili economiche dagli effetti dell’inflazione, 405
Somme diverse in periodi diversi, 406; L’indicizzazione, 406; Tassi di interesse reali e nominali, 406
Conclusione, 408
POST SCRIPTUM
Altri indicatori del reddito, 391; Cosa contiene il paniere dell’IPC?, 404
ANALISI DI UN CASO
Le revisioni dei dati sul PIL, 393
PRIMA PAGINA
Il benessere individuale nel Regno Unito, 409
Riepilogo, 408 • Domande di ripasso, 410 • Problemi e applicazioni, 410
Parte 10
L’economia reale nel lungo periodo
CAPITOLO 21 Produzione e crescita 412
La crescita economica nel mondo, 412
La teoria della crescita, 413
La produttività, 414
Perché la produttività è così importante, 414; Le determinanti della produttività, 415
Le determinanti della crescita economica, 416
L’equilibrio di lungo periodo, 416
Le cause della crescita, 419
Le variazioni del saggio di risparmio, 419; Le variazioni della popolazione, 419; Il progresso tecnologico, 422; Riepilogo, 422
La teoria della crescita endogena, 423
Crescita economica e politiche pubbliche, 424
L’importanza del risparmio e dell’investimento, 424; Rendimenti decrescenti ed effetto catch-up, 425; L’investimento estero, 425; L’istruzione, 426; Salute e alimentazione, 427; Diritti di proprietà, stabilità politica e buon governo, 427; Il libero scambio, 428; Ricerca e sviluppo, 429; La crescita demografica, 429
Conclusione: l’importanza della crescita di lungo periodo, 429
POST SCRIPTUM
La magia della composizione e la regola del 70, 413; Thomas Malthus, 422; Crescita economica e cambiamento climatico, 430
ANALISI DI UN CASO
Democrazia e crescita, 418
PRIMA PAGINA
La crescita economica e i rendimenti crescenti, 431
Riepilogo, 430 • Domande di ripasso, 432 • Problemi e applicazioni, 432
CAPITOLO 22 La disoccupazione e il mercato del lavoro 433
Definire la disoccupazione, 434
Cos’è la disoccupazione?, 434; Come si misura la disoccupazione?, 434
Le cause della disoccupazione, 436
La disoccupazione frizionale, 436; La disoccupazione strutturale, 436; Le imperfezioni del mercato del lavoro, 437; La disoccupazione dovuta a un’insufficienza di domanda, 440; Riepilogo, 440
Il tasso naturale di disoccupazione, 442
Per quanto tempo i disoccupati restano tali?, 443; La ricerca di lavoro, 443; Perché la disoccupazione frizionale è inevitabile, 444; Politiche pubbliche e ricerca di lavoro, 444; L’indennità di disoccupazione, 445; Le critiche all’ipotesi del tasso naturale di disoccupazione, 446
Marx e l’esercito di riserva dei disoccupati, 447
Il costo della disoccupazione, 448
Il costo della disoccupazione per l’individuo, 448; Il costo della disoccupazione per la società e il sistema economico, 449
Conclusione, 450
ANALISI DI UN CASO
Cambiamento climatico e mutamenti settoriali, 441
PRIMA PAGINA
Disoccupazione e isteresi, 451
Riepilogo, 450 • Domande di ripasso, 452 • Problemi e applicazioni, 452
Parte 11
La
macroeconomia nel lungo periodo
CAPITOLO 23 Risparmio, investimento e sistema finanziario 453
Le istituzioni finanziarie nell’economia, 453
I mercati finanziari, 454; Gli intermediari finanziari, 456; Altri strumenti finanziari, 457; Riepilogo, 459
Il valore attuale: misurare il valore del denaro nel tempo, 459
Applicazioni pratiche del concetto di valore attuale, 460
Gestire il rischio, 460
L’avversione al rischio, 460; Il mercato delle assicurazioni, 461; Attribuire un prezzo al rischio, 462; La diversificazione del rischio idiosincratico, 463; Il trade-off tra rischio e rendimento, 464
La valutazione delle attività finanziarie, 465
L’analisi fondamentale, 465
Risparmio e investimento nella contabilità nazionale, 465
Alcune importanti identità, 466; Il significato del risparmio e dell’investimento, 468
Il mercato dei fondi mutuabili, 468
La domanda e l’offerta di fondi mutuabili, 468; Provvedimento 1. Gli incentivi al risparmio, 470; Provvedimento 2. Gli incentivi all’investimento, 471; Provvedimento 3. Avanzi e disavanzi del bilancio pubblico, 471; La scelta intertemporale, 472
POST SCRIPTUM
I valori chiave del mercato azionario, 457
ANALISI DI UN CASO
Debito e deficit, 467
PRIMA PAGINA
I tassi di interesse reali, 474
Riepilogo, 473 • Domande di ripasso, 473 • Problemi e applicazioni, 474
CAPITOLO 24 Il sistema monetario 476
Il significato della moneta, 477
Le funzioni della moneta, 477; La liquidità, 477; Le forme della moneta, 477; La moneta nell’economia, 478
Il ruolo delle banche centrali, 481
Le funzioni delle banche centrali, 481
La banca centrale europea e l’eurosistema, 482
La Bank of England, 483
Le banche e l’offerta di moneta, 483
Lo stato patrimoniale di una banca, 483
Gli strumenti di controllo monetario della banca centrale, 487
Le operazioni di mercato aperto, 487; Il tasso di rifinanziamento, 487; Il quantitative easing, 488
Crescita della moneta e inflazione, 489
Cos’è l’inflazione?, 490
La teoria classica dell’inflazione, 490; Il livello dei prezzi e il valore della moneta, 490; Offerta di moneta, domanda di moneta ed equilibrio monetario, 491; Gli effetti di una iniezione di liquidità, 491; Il processo di aggiustamento in sintesi, 493; La dicotomia classica e la neutralità della moneta, 493; La velocità della moneta e l’equazione dello scambio, 495; La scuola austriaca e la velocità della moneta, 496; L’imposta da inflazione, 496; L’effetto Fisher, 497
I costi dell’inflazione, 497 Perdita di potere d’acquisto? Un errore comune, 498; I costi del-
le suole delle scarpe, 498; I costi di listino, 498; La variabilità dei prezzi relativi e la cattiva allocazione delle risorse, 499; Le distorsioni del sistema fiscale provocate dall’inflazione, 499; Confusione e inconvenienti, 500; Un costo particolare dell’inflazione inattesa: la ridistribuzione arbitraria della ricchezza, 501
La deflazione, 501
Conclusione, 502
ANALISI DI UN CASO
La scuola austriaca e la «vera» offerta di moneta, 480
PRIMA PAGINA
Le valute virtuali, 504
Riepilogo, 503 • Domande di ripasso, 503 • Problemi e applicazioni, 504
Parte 12
Le fluttuazioni economiche di breve periodo
CAPITOLO 26 I cicli economici 533
Il tasso di crescita tendenziale, 534
Capire i dati macroeconomici, 534; I trend, 537; Andamento prociclico e anticiclico dei dati macroeconomici, 538; Gli indicatori economici, 538
Le cause dei cambiamenti nel ciclo economico, 539
Le decisioni di spesa delle famiglie, 539; Le decisioni di produzione delle imprese, 540; Forze esterne, 540; Le politiche pubbliche, 540; Fiducia e aspettative, 540
I modelli del ciclo economico, 541
CAPITOLO 25 La macroeconomia delle
economie aperte 506
Il flusso internazionale di beni e capitali, 506
Il flusso di beni e servizi: esportazioni, importazioni ed esportazioni nette, 506; Il flusso delle attività finanziarie: il deflusso netto di capitali, 507; L’uguaglianza tra esportazioni nette e deflusso netto di capitali, 507; La relazione tra risparmio, investimento e flussi internazionali, 508
I prezzi nelle transazioni internazionali: tassi di cambio reali e nominali, 510
I tassi di cambio nominali, 510; I tassi di cambio reali, 512
Una semplice teoria della determinazione del tasso di cambio: la parità del potere d’acquisto, 513
La logica alla base della parità del potere d’acquisto, 513; Le implicazioni della parità del potere d’acquisto, 514; I limiti della teoria della parità del potere d’acquisto, 514
I regimi di tassi di cambio, 515
I tassi di cambio fluttuanti, 516; I tassi di cambio fissi, 516; Riepilogo, 518
Una teoria macroeconomica delle economie aperte, 518
Domanda e offerta di fondi mutuabili e di valuta, 518
Il mercato dei fondi mutuabili, 518; Il mercato dei cambi, 520
L’equilibrio nell’economia aperta, 521
Il deflusso netto di capitali: un ponte tra i due mercati, 521; L’equilibrio simultaneo nei due mercati, 521
Gli effetti di eventi e provvedimenti sull’economia aperta, 524
Un disavanzo del bilancio pubblico, 524; La politica commerciale, 525; La fuga di capitali, 527
Conclusione, 528
POST SCRIPTUM
La bilancia dei pagamenti, 510; Lo standard di potere d’acquisto (SPA), 515; La parità del potere d’acquisto come caso speciale, 525
ANALISI DI UN CASO
Tassi di cambio, 523
PRIMA PAGINA
La bilancia dei pagamenti del Regno Unito, 530 Riepilogo, 529 • Domande di ripasso, 529 • Problemi e applicazioni, 530
Il lato dell’offerta: il nuovo modello classico, 541; Il lato dell’offerta: il modello neokeynesiano, 542; Il lato della domanda: il nuovo modello classico, 542; Il lato della domanda: il modello keynesiano, 543; La teoria del ciclo economico reale, 543
I modelli macroeconomici, 545
I modelli di equilibrio economico generale dinamico stocastico, 545; Gli elementi costitutivi dei modelli DSGE, 545; Gli usi e il valore dei modelli DSGE, 546
Conclusione, 547
ANALISI DI UN CASO
L’inflazione in Europa, 544
PRIMA PAGINA
La teoria austriaca del ciclo economico, 548
Riepilogo, 547 • Domande di ripasso, 549 • Problemi e applicazioni, 549
CAPITOLO 27 L’economia keynesiana e il modello IS-LM 550
La croce keynesiana, 551
Spesa programmata e spesa effettiva, 551; L’equilibrio di un sistema economico, 551
L’effetto moltiplicatore, 553
Una formula per il moltiplicatore della spesa, 554; Altre applicazioni dell’effetto moltiplicatore, 555; L’equilibrio tra prelievi e apporti programmati, 556
Le curve IS e LM, 558
La curva IS, 558; La curva LM, 559
L’equilibrio economico generale nel modello IS-LM, 560
Gli effetti di un cambiamento della politica fiscale, 560; Gli effetti di un cambiamento della politica monetaria, 561
Dal modello IS-LM alla domanda aggregata, 562
Le critiche al modello IS-LM e il modello di Romer, 563; Un ritorno al pensiero keynesiano?, 566
Conclusione, 567
ANALISI DI UN CASO
Il principio dell’acceleratore, 554
PRIMA PAGINA
I provvedimenti di politica fiscale in risposta alla pandemia di COVID-19, 568
Riepilogo, 568 • Domande di ripasso, 569 • Problemi e applicazioni, 570
CAPITOLO 28 Domanda aggregata e offerta aggregata 571
Le fluttuazioni economiche: tre dati di fatto, 571
Primo: le fluttuazioni economiche sono irregolari e imprevedibili, 571; Secondo: la maggior parte delle variabili macroeconomiche fluttua in sincronia, 571; Terzo: se la produzione diminuisce, la disoccupazione aumenta, 572
Spiegare le fluttuazioni economiche di breve periodo, 572
Le differenze tra il breve e il lungo periodo, 572; Il modello di base delle fluttuazioni economiche, 573
La curva di domanda aggregata, 574
Perché la curva di domanda aggregata ha pendenza negativa?, 574; Riepilogo, 575; Cosa può provocare uno spostamento della curva di domanda aggregata?, 575
La curva di offerta aggregata, 576
Perché la curva di offerta aggregata è verticale nel lungo periodo?, 576; Cosa può provocare uno spostamento della curva di offerta aggregata di lungo periodo?, 577; Riepilogo, 578; Un nuovo modo di rappresentare graficamente la crescita economica di lungo periodo e l’inflazione, 578; Perché nel breve periodo la curva di offerta aggregata ha pendenza positiva?, 579; Riepilogo, 581; Cosa può provocare uno spostamento della curva di offerta aggregata di breve periodo?, 581
Due cause delle fluttuazioni economiche, 582
Gli effetti di uno spostamento della curva di domanda aggregata, 583; Gli effetti di uno spostamento della curva di offerta aggregata, 584
L’economia neokeynesiana, 586
Le caratteristiche dell’economia neokeynesiana, 587
ANALISI DI UN CASO
La stagflazione, 585
PRIMA PAGINA
Stringere o non stringere?, 588
Riepilogo, 587 • Domande di ripasso, 589 • Problemi e applicazioni, 589
CAPITOLO 29 L’influenza della politica monetaria e fiscale sulla domanda aggregata 591
L’influenza della politica monetaria sulla domanda aggregata, 591
La teoria della preferenza per la liquidità, 592; La pendenza negativa della curva di domanda aggregata, 594; Le variazioni dell’offerta di moneta, 595; Il ruolo dei tassi di interesse, 597
L’influenza della politica fiscale sulla domanda aggregata, 598
Le variazioni della spesa pubblica, 598; Le variazioni della tassazione, 598
Usare la politica economica per stabilizzare l’economia, 601
Le argomentazioni a favore di una politica attiva di stabilizzazione, 601; Le argomentazioni contrarie alle politiche attive di stabilizzazione, 602; Gli stabilizzatori automatici, 603
Conclusione, 603
POST SCRIPTUM
I tassi di interesse nel lungo e nel breve periodo, 596
ANALISI DI UN CASO
I moltiplicatori fiscali, 600
PRIMA PAGINA
Se solo la politica monetaria e la politica fiscale fossero così facili!, 604
Riepilogo, 605 • Domande di ripasso, 606 • Problemi e applicazioni, 606
CAPITOLO 30 Il trade-off di breve periodo tra inflazione e disoccupazione 608
La relazione tra inflazione e disoccupazione, 608
David Hume, 608; Tinbergen e Klein, 609; Arthur Brown, 609
La curva di Phillips, 609
Le origini della curva di Phillips, 610; Domanda aggregata, offerta aggregata e curva di Phillips, 611
Gli spostamenti della curva di Phillips: il ruolo delle aspettative, 612
La curva di Phillips di lungo periodo, 612; Riconciliare teoria e realtà, 614; La curva di Phillips di breve periodo, 615; Il trade-off tra inflazione e disoccupazione, 616
La curva di Phillips di lungo periodo verticale come argomentazione a favore dell’indipendenza della banca centrale, 618
Gli spostamenti della curva di Phillips: il ruolo degli shock dell’offerta, 619
Il costo della riduzione dell’inflazione, 620
Il tasso di sacrificio, 620; Le aspettative razionali e la possibilità di una disinflazione senza costi, 622
L’inflation targeting, 625
Tipologie di targeting, 625; La regola di Taylor, 626; L’adozione di un obiettivo di PIL nominale, 627
Riflessioni sulla curva di Phillips, 628
Una curva di Phillips piatta?, 630
Conclusione, 632
POST SCRIPTUM
La teoria della curva dei salari, 623
ANALISI DI UN CASO
La curva di Phillips e la pandemia di COVID-19, 631
PRIMA PAGINA
L’inflazione è destinata ancora una volta a diventare un problema?, 634
Riepilogo, 633 • Domande di ripasso, 633 • Problemi e applicazioni, 633
CAPITOLO 31 Le politiche dell’offerta 636
Gli spostamenti della curva di offerta aggregata, 636
L’importanza dell’output gap, 638; Una crescita sostenibile, 639
I tipi di politiche dell’offerta, 640
Le politiche dell’offerta orientate al mercato, 640; Le politiche dell’offerta interventiste, 646
Conclusione, 648
ANALISI DI UN CASO
La curva di Laffer e l’economia dal lato dell’offerta, 643
PRIMA PAGINA
I progetti infrastrutturali, 649
Riepilogo, 648 • Domande di ripasso, 648 • Problemi e applicazioni, 650
Parte 13
La macroeconomia internazionale
CAPITOLO 32 Gli shock economici 651
La crisi finanziaria del 2007-2009, 652
Le cause della crisi, 652; L’aumento dei casi di insolvenza, 652; Verso la recessione globale, 653; L’ipotesi dei mercati efficienti, 653; L’ipotesi dei mercati efficienti: una causa della crisi finanziaria?, 654; Le bolle dei prezzi delle attività, 655; L’ipotesi dell’instabilità finanziaria di Minsky, 656
La crisi del debito sovrano, 657
La crisi del debito greco, 657; Lo sviluppo della crisi, 657
Le politiche di austerità: troppo e troppo in fretta?, 658
Disavanzi ciclici e strutturali, 658; Il consolidamento dei conti pubblici, 659; Austerità o crescita?, 661
La teoria monetaria moderna, 661
Un paese che emette valuta è diverso da un nucleo familiare, 662; La contabilità macroeconomica, 663; Perché c’è bisogno della tassazione, 663; Le critiche alla teoria monetaria moderna, 664; Riepilogo, 665
La globalizzazione, 665
Le ragioni della globalizzazione, 665
Costi e benefici della globalizzazione, 667
I benefici della globalizzazione, 667; I costi della globalizzazione, 667; Le conseguenze della globalizzazione in senso lato, 669; La sensibilità culturale e religiosa, 669
La gig economy, 669
La natura della gig economy, 670; Il dibattito sulla gig economy, 670; I contratti a zero ore, 672
La digitalizzazione e l’industria 4.0, 672
Cos’è l’Industria 4.0?, 672; Le implicazioni dell’Industria 4.0, 674
ANALISI DI UN CASO
Impresa tecnologica o impresa di trasporti?, 671
PRIMA PAGINA
Agri4.0, 674
Riepilogo, 675 • Domande di ripasso, 676 • Problemi e applicazioni, 676
CAPITOLO 33 L’Unione europea 677
Le aree valutarie, 677
L’euro, 678
Il mercato unico europeo, 679
I benefici e i costi di una valuta comune, 680
I benefici della moneta unica, 680; I costi della moneta unica, 681
La teoria delle aree valutarie ottimali, 683
Le caratteristiche che riducono i costi della moneta unica, 683; Le caratteristiche che aumentano i vantaggi della moneta unica, 685
L’europa è un’area valutaria ottimale?, 686
Il grado di integrazione commerciale, 686; La flessibilità dei salari reali, 687; La mobilità del lavoro, 687; La mobilità del capitale finanziario, 687; La simmetria degli shock della domanda, 688; Riassumendo: l’Europa è un’area valutaria ottimale?, 689
La politica fiscale e le aree valutarie, 690
Il federalismo fiscale, 690; Le politiche fiscali nazionali in un’unione monetaria: il problema del free rider, 691
Il fiscal compact, 692
Il futuro dell’Unione Europea, 693
Il populismo, 693; L’UE dopo la Brexit, 695
ANALISI DI UN CASO
Come reagisce il mercato del lavoro agli shock asimmetrici, 689
PRIMA PAGINA
Un regime europeo di assicurazione contro la disoccupazione, 696 Riepilogo, 696 • Domande di ripasso, 698 • Problemi e applicazioni, 698
CAPITOLO 34 L’economia della sostenibilità 700
La sostenibilità, 700
Le domande fondamentali sulla sostenibilità, 701; Come cambia l’approccio alla sostenibilità, 701; Definizioni di efficienza, 703
Il cambiamento climatico, 704
Il rapporto Stern, 705; Il rapporto Stern, con il senno di poi, 706; La COP26, 708
Conclusione, 708
ANALISI DI UN CASO
Agricoltura e metano, 703
PRIMA PAGINA
La crisi climatica, 709
Riepilogo, 710 • Domande di ripasso, 710 • Problemi e applicazioni, 710
Glossario 713
Elenco formule 724
Indice analitico 727
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Prefazione
Questa edizione di Principi di economia riflette le ultime evoluzioni della disciplina economica alla luce di un periodo di profondi cambiamenti e sconvolgimenti per l’economia europea e mondiale. Negli ultimi anni abbiamo dovuto affrontare e gestire una pandemia globale e i notevoli problemi che ne sono derivati. Inoltre, in molte parti del mondo continuano a combattersi conflitti di portata globale. Tutti questi fattori presentano una serie di sfide per lo stato attuale dell’economia e della nostra capacità di comprenderla, che abbiamo cercato di rispecchiare in parte in questa edizione. Gli accademici di tutta Europa sono impegnati in un vivace dibattito sulle direzioni future della disciplina, per quanto riguarda sia il modo in cui viene insegnata nei corsi universitari, sia come dovrebbe essere condotta la ricerca finalizzata allo sviluppo di nuove conoscenze. Questa edizione riflette parte di questo dibattito, pur mantenendo una forma e una struttura familiari a chi legge. Inoltre, il testo è stato adattato dall’edizione statunitense del libro best seller di Gregory Mankiw, Principles of Economics, al fine di
venire incontro alle esigenze specifiche dei corsi universitari europei. A ogni nuova edizione, il testo adattato si evolve e sviluppa un’identità distinta dall’edizione originale statunitense su cui è basato.
Abbiamo mantenuto lo stile vivace e coinvolgente delle scorse edizioni, tenendo sempre a mente le matricole dei corsi di Economia. Attraverso l’uso di esempi e le schede Analisi di un Caso e Prima Pagina abbiamo voluto fornire un contesto alle teorie e alle spiegazioni esposte nel testo, mentre le schede Post Scriptum offrono una serie di approfondimenti teorici. Gli articoli riportati nelle schede Analisi di un Caso e Prima Pagina sono accompagnati da domande ideate per incoraggiare chi legge a pensare in modo indipendente, a riflettere criticamente e a mettere in discussione sia le conoscenze acquisite, sia ciò che può capitare loro di leggere o sentire sulle questioni economiche contemporanee. Benvenute e benvenuti nel meraviglioso mondo dell’economia: imparate a pensare da economiste ed economisti e un mondo completamente nuovo si aprirà davanti ai vostri occhi.
Gli autori
N. Gregory Mankiw è docente di Economia presso la cattedra Robert M. Beren dell’Università di Harvard. Ha svolto i suoi studi di economia presso l’Università di Princeton e il Massachusetts Institute of Technology (MIT). Durante la sua carriera di docente ha insegnato macroeconomia, statistica e principi di economia. Mankiw è un autore prolifico e partecipa regolarmente ai dibattiti accademici e politici. Oltre alle sue attività di docente, ricercatore e scrittore, ha svolto anche il ruolo di ricercatore associato del National Bureau of Economic Research, nonché di consulente del Congressional Budget Office e delle banche della Federal Reserve di Boston e New York. Dal 2003 al 2005 è stato direttore del Council of Economic Advisers del presidente degli Stati Uniti, e durante le elezioni presidenziali statunitensi del 2012 è stato consulente del candidato presidenziale Mitt Romney.
Mark P. Taylor è docente emerito di Finanza presso la cattedra Donald Danforth della Olin Business School all’Università Washington a St. Louis. In precedenza ha insegnato finanza ed economia alla Warwick Business School dell’Università di Warwick, nel Regno Unito, della quale è stato anche rettore. Ha conseguito la laurea in filosofia, politica ed economia presso l’Università di Oxford e successivamente ha ottenuto un master e un dottorato in economia e finanza presso l’Università di Londra. Taylor ha insegnato economia e finanza in diverse università (tra cui Oxford, New York, Bordeaux e Aix-Marseille) e a vari livelli (corsi di base, corsi avanzati universitari e post-laurea, e così via). È stato inoltre senior economist presso il Fondo monetario internazio -
nale e la Bank of England, e amministratore delegato presso BlackRock, la più grande società di investimento del mondo, dove ha gestito un fondo di investimento globale basato sull’analisi macroeconomica. Le sue ricerche sono state ampiamente pubblicate su varie riviste accademiche ed è attualmente uno degli economisti più citati al mondo.
Andrew Ashwin (coautore) è docente associato presso il dipartimento di Management della Lincoln International Business School dell’Università di Lincoln, nel Regno Unito. Ashwin insegna e sostiene gli studenti che seguono corsi di laurea e master in Leadership e Management attraverso una serie di moduli; inoltre, insegna Gestione Commerciale e Operativa agli studenti che seguono corsi di laurea magistrale presso il Lincoln Institute for Agricultural Technology. Ha conseguito un master presso l’Università di Hull e un dottorato di ricerca in valutazione e nozione di concetti soglia in economia presso l’Università di Leicester. Ashwin è un autore esperto, ha scritto numerosi testi per studenti universitari di diversi livelli e pubblicazioni su riviste relative alla sua ricerca di dottorato, oltre a lavorare allo sviluppo di materiali didattici online presso l’Institute of Learning and Research Technologies dell’Università di Bristol. Ashwin è stato presidente degli esaminatori per un importante ente di certificazione per l’economia e l’imprenditoria del Regno Unito; è anche un consulente specializzato in economia e ha ricevuto l’accreditamento come Chartered Assessor presso il Chartered Institute of Educational Assessors. Ha inoltre curato la rivista pubblicata dall’Economics, Business and Enterprise Association.

Le forze di mercato della domanda e dell’offerta
Questo capitolo introduce alla teoria della domanda e dell’offerta, analizzando il comportamento di compratori e venditori e le loro reciproche interazioni; inoltre, mostra come i prezzi agiscono da segnali che guidano le decisioni di venditori e compratori, che a loro volta definiscono l’allocazione delle risorse scarse del sistema economico. Il modello del mercato basato su domanda e offerta, come ogni altro modello, si fonda su una serie di ipotesi. A queste ipotesi sono state mosse varie critiche: secondo alcuni non riflettono la realtà e, di conseguenza, il potere predittivo del modello è limitato.
cedere è importante tenere a mente le ipotesi che sono alla base del modello.
LE IPOTESI DEL MODELLO DEL MERCATO CONCORRENZIALE
I termini domanda e offerta si riferiscono al comportamento di individui che interagiscono in un mercato. Un mercato è l’insieme dei compratori e dei venditori di un determinato bene o servizio: il gruppo dei compratori determina la domanda, quello dei venditori ne stabilisce l’offerta.
mercato l’insieme dei venditori e dei compratori di un determinato bene o servizio
Altri hanno affermato che il modello è sufficientemente rappresentativo e riveste quindi un valore nell’offrire un punto di riferimento utile con cui confrontare il comportamento reale di molti mercati. Perlomeno il modello fornisce un quadro teorico che ci aiuta a comprendere come interagiscono gli agenti economici. Molti corsi di base sui principi dell’economia includono il modello di domanda e offerta come parte centrale della spiegazione della microeconomia. Questo capitolo si occuperà proprio di questo, e nel pro -
Il modello del mercato rappresenta una visione neoclassica dell’allocazione delle risorse. Questa concezione si è sviluppata durante il diciannovesimo secolo a partire dal lavoro di Adam Smith. Uno dei principi fondamentali del modello del mercato è che, se le ipotesi sono confermate, di conseguenza l’allocazione delle risorse che ne risulta sarà «efficiente». Questo significa che il prezzo pagato dai compratori nel mercato riflette il valore o utilità che essi ottengono dall’acquisto del bene, e che il prezzo ricevuto dai venditori riflette il costo di produzione, che comprende
(a) Offerta perfettamente anelastica: elasticità = 0
Prezzo (€) Offerta
1. Un aumento del prezzo...
4
2. ... lascia inalterata la quantità offerta.
(c) Offerta con elasticità unitaria: elasticità = 1
Prezzo (€) Offerta
1. Un aumento del prezzo del 22%...
2. ... provoca un aumento della quantità offerta del 22%.
(e) Offerta perfettamente elastica: elasticità in nita
Prezzo (€) Offerta
1. A qualsiasi prezzo maggiore di 4 euro, la quantità offerta è in nita.
2. Al prezzo di 4 euro i produttori sono disposti a vendere qualsiasi quantità.
3. A qualsiasi prezzo minore di 4 euro, la quantità offerta è zero.
(b) Offerta anelastica: elasticità < 1
Prezzo (€) Offerta
1. Un aumento del prezzo del 22%...
2. ... provoca un aumento della quantità offerta del 10%.
(d) Offerta elastica: elasticità > 1
Prezzo (€) Offerta
1. Un aumento del prezzo del 22%...
2. ... provoca un aumento della quantità offerta del 67%.
Quantità
Figura 3.17
L’elasticità dell’offerta al prezzo
L’elasticità dell’offerta al prezzo determina la pendenza della curva (ipotizzando che la scala usata sugli assi sia sempre la stessa). Tutti i valori percentuali sono stati calcolati con il metodo del punto medio e arrotondati.
Figura 3.18
Come varia l’elasticità dell’offerta al prezzo
Poiché spesso le imprese hanno una capacità produttiva limitata, l’elasticità dell’offerta può essere molto elevata per bassi volumi di produzione e molto bassa per elevati volumi di produzione. Nel nostro esempio un aumento del prezzo da 3 a 4 euro accresce la quantità offerta da 100 a 200. Dato che l’aumento della quantità offerta del 67%, calcolato con il metodo del punto medio, è maggiore dell’aumento del prezzo (29%), la curva di offerta è elastica. Per contro, se il prezzo aumenta da 12 a 15 euro, la quantità offerta aumenta soltanto da 500 a 525 unità; l’aumento della quantità offerta (5%) è proporzionalmente inferiore all’aumento del prezzo (22%), perciò in questo intervallo di produzione la curva di offerta è anelastica.
Prezzo (€)
Elasticità moderata (minore di 1)
ta al prezzo. Se l’offerta è anelastica, come nella Figura 3.20 , un incremento del prezzo è accompagnato da una variazione meno che proporzionale della quantità offerta e da un aumento del ricavo totale; nel nostro esempio, se il prezzo aumenta da 4 a 5 euro, la quantità offerta si espande solo da 80 a 100 unità e il ricavo totale aumenta da 320 a 500 euro (nell’ipotesi che tutta la quantità offerta aggiuntiva sia venduta).
Se l’offerta è elastica, un analogo incremento del prezzo provoca una variazione più che proporzionale della quantità offerta e un aumento del ricavo totale. Nella Figura 3.21 ipotizziamo ancora una volta che il prezzo e la quantità offerta iniziali siano pari, rispettivamente, a 4 euro e a 80 unità, con un ricavo totale di 320 euro; se il prezzo aumenta da 4 a 5 euro, la quantità offerta si espande da 80 a 150 unità e il ricavo totale aumenta a 750 euro (ancora una volta ipotizzando che l’impresa venda tutta la quantità offerta aggiuntiva).
Elasticità elevata (maggiore di 1)
Prezzo (€)
Figura 3.19
P × Q = 500 € (ricavo totale)
La cur va di offerta e il ricavo totale
Quantità Offerta
La somma complessivamente incassata dai venditori corrisponde all’area del rettangolo evidenziato nella figura, pari a P × Q. In questo esempio, al prezzo di 5 euro la quantità offerta è pari a 100 e il ricavo totale ammonta a 500 euro.
P = 5 euro e Q = 100, il ricavo totale è pari a 5 euro × 100 = 500 euro.
Come varia il ricavo totale lungo la curva di offerta? La risposta dipende dall’elasticità dell’offer-
LE APPLICAZIONI DELL’ELASTICITÀ DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA
Perché il prezzo dei biglietti del treno varia a seconda della fascia oraria? Perché, nonostante l’aumento della produttività nel settore agricolo, il reddito degli agricoltori ha subito in media una diminuzione negli ultimi anni? A prima vista queste domande hanno poco in comune, ma entrambe riguardano i mercati, e tutti i mercati sono soggetti alle forze della domanda e dell’offerta. Comprendere il concetto di elasticità è importante per rispondere a queste e a molte altre domande.
Perché il prezzo dei biglietti del treno cambia a seconda della fascia oraria?
In molti paesi il prezzo di un viaggio in treno varia a seconda dell’orario e del giorno della settimana in cui viene effettuato. Un biglietto del treno per la tratta Birmingham-Londra tra le 6 e le 9 del mattino costa circa 85 sterline (circa 100 euro), mentre lo stesso viaggio con partenza a mezzogiorno costa tra le 6 e le 32 sterline (circa 7,2038,60 euro). Gli operatori ferroviari sanno che la domanda di viaggi in treno tra le 6 e le 9 del mattino è più elevata che durante il resto del giorno, e sanno anche che pochi pendolari possono scegliere quando arrivare sul luogo di lavoro, a una riunione, a una conferenza, e così via.
Le persone possono usare altri mezzi di trasporto, come l’automobile o il pullman, ma spesso il treno è la soluzione più comoda, pertanto il numero di sostituti è considerato basso. Di con-
Se la curva di offerta è anelastica, un incremento del prezzo provoca un aumento meno che proporzionale della quantità offerta; di conseguenza, il ricavo totale (il prodotto del prezzo per la quantità) aumenta in misura relativamente contenuta. Nel caso qui descritto, un incremento del prezzo da 4 a 5 euro provoca un aumento della quantità offerta da 80 a 100, e il ricavo totale aumenta da 320 a 500 euro.
Prezzo (€)
(€)
Offerta
Ricavo totale = 320 €
4 80
Prezzo (€)
Quantità
Offerta
0 4 80
Ricavo totale = 320 €
Quantità
(€)
Ricavo totale = 500 €
Figura 3.20
Come varia il ricavo totale al variare del prezzo quando l’offerta è anelastica
Offerta
Ricavo totale = 750 €
Se l’offerta è elastica, un incremento del prezzo provoca un aumento più che proporzionale della quantità offerta; di conseguenza, il ricavo totale (il prodotto del prezzo per la quantità) aumenta in misura relativamente pronunciata. Nel caso qui descritto, un incremento del prezzo da 4 a 5 euro provoca un aumento della quantità offerta da 80 a 150, e il ricavo totale aumenta da 320 a 750 euro.
seguenza, l’elasticità della domanda al prezzo dei viaggi in treno di prima mattina è relativamente contenuta rispetto a quella di mezzogiorno. Gli operatori ferroviari sanno che di mattina i posti a sedere sui treni saranno quasi tutti occupati, mentre durante il giorno è molto più probabile che i treni viaggino con un certo numero di posti vuoti. Conoscendo le diverse elasticità della domanda al prezzo, gli operatori ferroviari possono massimizzare il ricavo facendo pagare prezzi diversi a seconda della fascia oraria.
La Figura 3.22 descrive il mercato dei viaggi in treno. La parte (a) mostra la domanda e l’offerta di biglietti per la tratta Birmingham-Londra tra le 6
e le 9 del mattino. La curva di domanda D a è molto ripida, a indicare un’elasticità della domanda al prezzo relativamente bassa. Al prezzo di 80 sterline vengono acquistati 1000 biglietti, con un ricavo di 80 000 sterline per l’operatore ferroviario. La parte (b) mostra la curva di domanda D e e una curva di offerta simile a quella tracciata nella parte (a). A parità di altre condizioni, l’operatore ferroviario dispone dello stesso numero di treni durante l’arco della giornata. Notiamo però come la curva di offerta sia relativamente ripida e, di conseguenza, anelastica: nonostante l’operatore ferroviario goda di una certa flessibilità nell’aumentare il numero di treni disponibili e quindi i
Quantità
Figura 3.21
Come varia il ricavo totale al variare del prezzo quando l’offerta è elastica
Figura 3.22
La sensibilità al prezzo nel mercato del trasporto ferroviario
La parte (a) rappresenta il mercato del trasporto ferroviario tra le 6 e le 9 del mattino nella tratta che collega due grandi città. In questa fascia oraria la domanda di viaggi in treno è relativamente anelastica al prezzo: i passeggeri non sono sensibili al prezzo, in quanto non dispongono di valide alternative e devono presentarsi sul luogo di lavoro o a riunioni entro un certo orario. Gli operatori ferroviari incassano un ricavo pari a 80 000 sterline, vendendo 1000 biglietti del treno a 80 sterline l’uno.
La parte (b) rappresenta il mercato dopo le 9 del mattino. Gli operatori ferroviari si confrontano con una curva di domanda diversa in questa fascia oraria, perché i passeggeri sono più sensibili al prezzo. Se l’operatore ferroviario continuasse a praticare il prezzo di 80 sterline a biglietto, la quantità domandata sarebbe di sole 100 unità, con un ricavo di 8000 sterline. Se l’operatore ferroviario riduce il prezzo a 40 sterline, la quantità domandata aumenta a 800 unità e il ricavo totale ammonta a 32 000 sterline.
posti a sedere, vi è un limite a quanto può variare la propria capacità durante la giornata.
Se l’operatore ferroviario praticasse il prezzo di 80 sterline dopo le 9 del mattino, la domanda di biglietti sarebbe molto bassa, pari a 100 unità. Di conseguenza, il ricavo totale ammonterebbe a 8000 sterline e molti posti a sedere rimarrebbero vuoti. Ciò è dovuto al fatto che l’operatore ferroviario si confronta effettivamente con un mercato differente nel corso della giornata. Chi viaggia dopo le 9 del mattino potrebbe infatti avere una possibilità di scelta: se viaggia per piacere o per incontrare un amico, potrebbe non avere la necessità di spostarsi in treno, contrariamente ai viaggiatori del mattino, che devono presentarsi al lavoro entro un certo orario.
Questi passeggeri sono sensibili al prezzo: se i prezzi praticati sono troppo elevati, sceglieranno di non prendere il treno; se invece viene offerto loro un prezzo conveniente, potrebbero scegliere di acquistare un biglietto. Se quindi l’operatore ferroviario fissa il prezzo dei biglietti del treno a 40 sterline dopo le 9 del mattino, la domanda di biglietti è pari a 800 unità e il ricavo totale è di 32 000 sterline. Ipotizzando che siano razionali, gli operatori ferroviari preferiranno un ricavo di 32 000 sterline a uno di 8000; di conseguenza, è saggio da parte loro praticare un prezzo più basso per conquistare i passeggeri più sensibili al prezzo.
Quantità di biglietti ferroviari acquistata e venduta
Quantità di biglietti ferroviari acquistata e venduta
Perché il reddito degli agricoltori è diminuito nonostante l’aumento della produttività?
In molti paesi economicamente avanzati la produzione agricola è aumentata nel corso dell’ultimo secolo. Una delle ragioni è che gli agricoltori possono utilizzare più macchinari, e il progresso scientifico e tecnologico ha favorito un aumento della produttività, ossia della quantità prodotta per ogni ettaro di terreno.
Supponiamo che un agricoltore abbia a disposizione 1000 ettari di terreno e che vi coltivi il frumento. Vent’anni fa un ettaro di terreno rendeva in media circa 2 tonnellate di frumento. Diciamo «in media» in quanto la produzione può essere influenzata da fattori che esulano dal controllo dell’agricoltore, come il clima, i parassiti, le malattie, e così via. Ipotizzando che il prezzo del frumento fosse pari a 200 euro alla tonnellata, vent’anni fa il reddito medio del nostro agricoltore sarebbe stato pari a 2000 tonnellate × 200 euro = 400 000 euro. A parità di altre condizioni, se grazie all’aumento della produttività oggi la produzione media fosse pari a 3 tonnellate per etta-
ro di terreno, il reddito dell’agricoltore ammonterebbe a 600 000 euro.
Tuttavia, l’ipotesi della parità di altre condizioni non è del tutto corretta in questo caso. Alcuni studi indicano che la domanda di cibo è relativamente anelastica al prezzo e al reddito. Nel periodo di vent’anni considerato per la nostra analisi, la domanda di frumento potrebbe essere aumentata in misura relativamente contenuta. È vero che oggi gli individui guadagnano di più rispetto a vent’anni fa, ma prove empiriche suggeriscono che la percentuale del reddito destinata alla spesa per l’alimentazione tende a diminuire all’aumentare del reddito; ovvero, se il reddito di un individuo raddoppia, è probabile che la sua spesa alimentare aumenti, ma meno del doppio. Tale relazione è detta «legge di Engel».
La Figura 3.23 descrive proprio questa situazione. Nel primo periodo di tempo, la curva di offerta corrispondente a una produttività di 2 tonnellate per ettaro di terreno interseca la curva di domanda D1 al prezzo di 200 euro alla tonnellata e il reddito dell’agricoltore è pari a 400 000 euro.
Figura 3.23
L’effetto degli aumenti della domanda e dell’offerta di frumento sul reddito degli agricoltori L’offerta di frumento di vent’anni fa è rappresentata dalla curva O1, con una produttività pari a 2 tonnellate per ettaro di terreno. La domanda di frumento in quel periodo è rappresentata dalla curva D1. Se il prezzo di mercato del frumento è pari a 200 euro alla tonnellata e la quantità è pari a 2000 tonnellate, il reddito dell’agricoltore ammonta a 400 000 euro. La produzione di frumento per ettaro di terreno aumenta al crescere della produttività; di conseguenza, oggi l’offerta di frumento è maggiore di vent’anni fa, ed è rappresentata dalla curva O2, con una produttività pari a 3 tonnellate per ettaro. Tuttavia, dato che la domanda di cibo è anelastica al prezzo e al reddito, il suo aumento è stato relativamente contenuto nel corso degli ultimi vent’anni; la nuova curva di domanda è D2. Per effetto del notevole aumento dell’offerta e del modesto aumento della domanda, gli agricoltori ottengono un prezzo più basso, pari a 100 euro alla tonnellata, e percepiscono un reddito inferiore, pari a 300 000 euro.
Vent’anni più tardi, la produttività è aumentata a 3 tonnellate per ettaro di terreno e la curva di offerta si è spostata verso destra, da O1 a O2. Tuttavia, nel corso di questi vent’anni l’aumento della domanda è stato relativamente contenuto, perché la percentuale del reddito degli individui destinata alla spesa per l’alimentazione tende a diminuire all’aumentare del loro reddito. La curva di domanda relativamente ripida indica che la domanda di cibo è relativamente anelastica al prezzo. Come risultato di tutti questi fattori, il prezzo di mercato del frumento è sceso a 100 euro alla tonnellata, a fronte di una quantità venduta di 3000 tonnellate. Il reddito dell’agricoltore è pertanto diminuito a 300 000 euro.
VERIFICA L’APPRENDIMENTO
Cosa devono essere in grado di fare le imprese che per lo stesso prodotto praticano prezzi diversi in momenti diversi, per far sì che la loro strategia di prezzo funzioni? (Suggerimento. Puoi prendere un treno all’ora di punta con un biglietto di fascia oraria non di punta?)
Prezzo del frumento (€/tonnellata)
RIEPILOGO
• Gli economisti ricorrono al modello di domanda e offerta per analizzare i mercati concorrenziali. In un mercato concorrenziale è presente una molteplicità di venditori e di compratori, ognuno dei quali ha poca o nessuna influenza sul prezzo di mercato.
• La curva di domanda descrive graficamente la quantità di un bene domandata a ogni livello di prezzo. Secondo la legge della domanda, la diminuzione del prezzo di un bene ne fa aumentare la quantità domandata. La curva di domanda, perciò, ha pendenza negativa.
CAPITOLO 21

Produzione e crescita
In questo capitolo inizieremo ad analizzare le forze che determinano il livello di crescita economica. Abbiamo esaminato le disuguaglianze del reddito all’interno di un paese e tra paesi diversi. Mediamente un individuo che vive in un paese ricco, come quelli dell’Europa occidentale, percepisce un reddito pari a più di dieci volte quello di un cittadino medio di un paese povero come l’India, l’Indonesia o la Nigeria.
L’economista e premio Nobel Robert E. Lucas si è dedicato allo studio delle differenze tra i tassi di crescita e i livelli di povertà e disuguaglianza di diversi paesi. Lucas si è interrogato sulle ragioni di tali differenze nella crescita, nonché delle ampie variazioni di tenore di vita nel mondo. Oggi la diffusione delle notizie internazionali e dei social media ci rende più che mai consci delle marcate differenze nel tenore di vita tra paesi. In effetti, negli anni 1990 Lucas scrisse: «Le conseguenze di queste domande sul benessere sono stupefacenti: una volta che si comincia a pensarci, non si riesce più a smettere». Vale la pena di soppesare le parole di Lucas. Per milioni di persone al mondo la vita è una lotta quotidiana; per molti è difficile
anche solo rifornirsi dell’acqua e del cibo necessari per la sopravvivenza. Il confronto con lo stile di vita condotto da molti individui nei paesi sviluppati ha implicazioni morali significative. Cosa spiega questa diversità? In che modo i paesi ricchi possono mantenere il proprio tenore di vita? Quali politiche dovrebbero adottare i paesi più poveri per crescere rapidamente e unirsi al mondo sviluppato? Queste sono alcune delle domande più importanti che la macroeconomia si pone. Come abbiamo visto, il prodotto interno lordo (PIL) di un’economia misura sia il totale dei redditi guadagnati, sia la spesa per l’acquisto dei beni e i servizi prodotti nell’economia. Il livello e la crescita del PIL reale sono buoni indicatori della prosperità economica. In questo capitolo ci soffermeremo sulle determinanti di lungo periodo del livello e della crescita del PIL reale.
LA CRESCITA ECONOMICA NEL MONDO
Per analizzare la crescita dei sistemi economici nel lungo periodo, tipicamente viene utilizzato il rapporto tra il livello del PIL e la popolazione di un
paese. In particolare, possiamo indentificare due misure: il PIL pro capite e il PIL per lavoratore. Il PIL pro capite è una misura del reddito medio individuale, calcolato dal rapporto tra il livello del PIL e la popolazione in un dato periodo. Questo valore è utile quando si vogliono confrontare paesi diversi; in questi casi, i valori vengono solitamente espressi in dollari statunitensi.
PIL reale pro capite
PIL reale popolazione totale =
Analogamente, è possibile misurare il reddito medio individuale della popolazione occupata, calcolando il rapporto tra il PIL e il numero di individui che lavorano:
PIL reale per lavoratore PIL reale numero degli occupati =
Uno sguardo d’insieme a qualunque serie storica sul PIL mostra che il tenore di vita varia considerevolmente da paese a paese e cambia a tassi diversi. I paesi con un PIL pro capite relativamente elevato presentano spesso livelli relativamente bassi di crescita annuale. Per esempio, dagli anni 1960 a oggi il Regno Unito ha registrato in media tassi di crescita attorno al 2-3%, mentre in Germania, Norvegia e Francia l’economia è cresciuta a un tasso annuale del 3,0-3,5% circa. Altri paesi, come gli Emirati Arabi Uniti e la Cina, hanno assistito a periodi di crescita rapida: in Cina il tasso di crescita annuo medio dal 1970 in poi è stato del 9,6% circa. Oggi la Cina è la seconda maggiore econo -
mia mondiale dopo gli Stati Uniti, anche se la popolazione cinese guadagna ancora un reddito pro capite relativamente basso. Molti paesi sviluppati dell’Europa occidentale sono stati in grado di sostenere una crescita economica di lungo periodo; pur non avendo registrato ritmi di crescita spettacolari, i cittadini di questi paesi godono di un reddito pro capite molto più elevato dei paesi che stanno attualmente crescendo a tassi annuali elevati. Questi dati dimostrano che i paesi più ricchi del mondo non hanno alcuna certezza di rimanere ricchi e che i paesi poveri non sono condannati a restare poveri.
Paesi come la Cina e l’India sono stati in grado di ottenere rapidi miglioramenti del tenore di vita di molti cittadini: in entrambi i paesi milioni di persone nel ventunesimo secolo sono state in grado di uscire dalla condizione di povertà. Al contrario, paesi come il Niger, la Repubblica Centrafricana e la Repubblica Democratica del Congo sono rimasti tra i più poveri al mondo. Nel paragrafo seguente analizzeremo le ragioni per cui in alcuni paesi il tasso di crescita economica aumenta nel tempo mentre in altri si arresta, condannando la popolazione a restare in povertà.
LA TEORIA DELLA CRESCITA
Il tasso di crescita economica di un paese varia nel tempo. I sistemi economici attraversano periodi di crescita sostenuta, altri di rallentamento e altri ancora di contrazione. Tuttavia, in un dato periodo è possibile osservare un andamento tendenziale, che
Supponete di confrontare due paesi che abbiano, rispettivamente, un tasso di crescita medio annuo dell’1% e del 3%. A prima vista non sembrerebbe una gran cosa: che differenza potrà mai fare un misero 2% all’anno?
La risposta è che fa un’enorme differenza. Sebbene i tassi di crescita sembrino modesti quando vengono espressi in valore percentuale, diventano ingenti quando si accumulano anno dopo anno.
Facciamo un esempio. Ipotizziamo che due laureati, Giorgio ed Elena, trovino entrambi una prima occupazione a 22 anni, con una retribuzione pari a 20 000 euro all’anno. Giorgio vive in un sistema economico in cui tutti i redditi aumentano
dell’1% all’anno, mentre Elena vive in un sistema in cui gli aumenti annuali sono del 3%. Bastano semplici calcoli per stabilire cosa accade. Dopo un anno Giorgio guadagna l’1% in più rispetto all’anno precedente, ossia 20 000 + 200 euro; dopo 2 anni guadagna l’1% in più rispetto ai 20 200 euro dell’anno precedente, per un totale di 20 402 euro annuali; e così via. Per calcolare l’ammontare composto nel tempo usiamo la formula M = P(1 + i )n , dove M è il valore totale alla fine del periodo, P è il valore iniziale, i è il tasso di interesse (o il tasso di crescita) e n è il numero di anni. Dopo quarant’anni Giorgio guadagna quindi 20 000 × (1 + 0,01)40 = 29 777 euro all’anno.
Dopo quarant’anni Elena guadagna invece 20 000 (1 + 0,03)40, cioè 65 240 euro all’anno. La differenza di due punti percentuali tra i tassi di crescita fa sì che dopo quarant’anni Elena guadagni più del doppio di Giorgio.
Una vecchia regola empirica, detta regola del 70, aiuta a capire l’effetto della composizione dei tassi di crescita. Secondo la regola del 70, se una variabile cresce al tasso dell’ x % all’anno, si raddoppia in un periodo approssimativo di 70/x anni. Nell’economia di Giorgio sono necessari 70 anni affinché il suo reddito raddoppi, mentre in quella di Elena ne bastano 70/3, cioè poco più di 23 anni.

L’economia della sostenibilità CAPITOLO
Èdifficile immaginare che qualcuno non sia ancora al corrente dei problemi del riscaldamento globale e del cambiamento climatico (le due espressioni sono spesso usate in maniera intercambiabile, ma non indicano lo stesso fenomeno) o di quelli che minacciano la disponibilità idrica, la biodiversità e l’ambiente in generale. È opinione comune che la crescita economica (che deriva dall’attività umana) ha generato esternalità negative le quali, a loro volta, hanno causato un aumento delle temperature medie in tutto il pianeta. Il riscaldamento globale, a propria volta, modifica il clima, determinando così un maggior numero di eventi metereologici estremi, con conseguenze disastrose in molte parti del mondo. Le emissioni di diossido di carbonio generate dall’attività umana sono considerate la principale causa di questi cambiamenti e, senza un aggiustamento di rotta, i loro effetti saranno sempre più dannosi per l’ambiente, con una conseguente perdita di biodiversità, nonché l’estinzione di numerose specie.
Se vogliamo riuscire a mitigare i danni che collettivamente stiamo infiggendo al pianeta, i gover-
ni, le imprese e gli individui di tutto il mondo devono trovare un modo di ridurre le emissioni di diossido di carbonio e cambiare le proprie abitudini di vita, di lavoro e di produzione. Secondo alcuni l’unico modo per impedire il disastro imminente è ridurre le emissioni di diossido di carbonio in maniera drastica e duratura.
LA SOSTENIBILITÀ
Il processo di trasformazione è alla base di qualsiasi attività economica. Le imprese prendono le risorse scarse e le convertono in beni e servizi che poi vendono ai loro clienti, alcuni dei quali sono individui, altri imprese e altri ancora organizzazioni, come gli enti benefici, le organizzazioni non governative e le amministrazioni pubbliche. Le risorse sono scarse, e alcune lo sono più di altre; in molti casi, se si esauriscono non saranno più disponibili per ulteriori utilizzi, spesso perché non sono rinnovabili. Di conseguenza, le generazioni future potranno non avere a disposizione quanto oggi noi diamo per scontato e, a causa dell’operato delle imprese attive nel presente, il pianeta che ere-
diteranno potrebbe essere un luogo molto diverso da quello a cui siamo abituati noi.
Con il termine sostenibilità si indica la capacità dell’attività economica di produrre beni e servizi per gli usi correnti senza compromettere la possibilità che le generazioni future avranno di soddisfare i propri bisogni economici. Riconoscere che l’attività umana comporta costi che vanno al di là del prezzo dei fattori utilizzati nella produzione è fondamentale per il concetto di esternalità di cui abbiamo parlato precedentemente in questo libro. L’idea che la produzione possa comportare sia benefici, sia costi per terze parti non coinvolte nel processo decisionale che ha generato tale produzione non è nuova, ma risale al diciannovesimo secolo, quando il filosofo ed economista inglese di tradizione utilitarista Henry Sidgwick (18381900) concepì la nozione di «ricaduta di costi e benefici». Lo sviluppo della teoria delle esternalità ha permesso alle imprese di cominciare a produrre resoconti che tengono conto dei costi e benefici esterni delle loro azioni correnti. È però ancora difficile per le imprese determinare il proprio grado di sostenibilità, perché non sono in grado di comprendere pienamente l’impatto complessivo delle proprie azioni su ambiente, ecosistemi, risorse naturali, clima e biodiversità, nonché a produrre stime precise dei costi e benefici associati a tali azioni.
Le domande fondamentali sulla sostenibilità
Forse la prima cosa da dire sulla sostenibilità è che è un argomento estremamente complesso, oltre che soggettivo, nonché molto sentito da entrambe le fazioni coinvolte nel dibattito; quindi, nell’affrontare l’argomento della sostenibilità, è importante ricordarsi di farlo pensando da economista. A questo scopo dobbiamo ricercare i fatti, comprendere i problemi, concentrarci sulle evidenze, cercare di quantificare costi e benefici; in altre parole, dobbiamo adottare una prospettiva sul problema che sia di natura positiva, anziché normativa. Come avviene per qualsiasi problema afflitto da un elevato tasso di disinformazione, fraintendimenti, dicerie e speculazioni, il compito degli economisti è quello di collaborare per giungere a una comprensione più efficace del problema e presentare opzioni di politica economica che siano fondate sull’obiettività.
La questione della sostenibilità solleva una serie di domande fondamentali, e in questo capitolo ne vedremo alcune. Molti di voi, leggendo queste pagine, potranno sentirsi stimolati a studiare l’argomento in maniera più approfondita nei corsi che frequenteranno in futuro.
Di seguito presentiamo alcune delle domande più importanti che riguardano la sostenibilità.
1. Come possiamo bilanciare il bisogno di svolgere attività per soddisfare le necessità e migliorare il tenore di vita odierni con i bisogni e i desideri delle generazioni future?
2. Come possiamo misurare queste scelte intertemporali? Per esempio, per ridurre il livello di emissioni di gas serra in modo da limitare gli effetti del cambiamento climatico, dobbiamo modificare il nostro comportamento e, di conseguenza, sostenere un costo nel presente per permettere alle prossime generazioni di ottenere benefici nel futuro. Come possiamo mettere a confronto il valore dei costi delle scelte che facciamo oggi con quello dei benefici che potranno essere prodotti tra 20, 50 o persino 100 anni?
3. Efficienza vuol dire ridurre al minimo gli sprechi; ma come possiamo definire l’efficienza nel contesto della sostenibilità? Per riuscire a realizzare un cambiamento a livello globale, che migliori le prospettive di sostenibilità, dobbiamo tutti sviluppare una comprensione degli obiettivi che stiamo cercando di raggiungere ed elaborare una definizione di efficienza verso la quale profondere il nostro impegno collettivo.
4. Chi dovrebbe avere il compito di progettare e mettere in pratica i cambiamenti necessari a migliorare la sostenibilità, e chi dovrebbe sostenerne i costi? Dovrebbero forse essere i governi a farlo? Se sì, quali governi dovrebbero attribuirsi la maggiore responsabilità: quelli che hanno contribuito all’aumento delle emissioni di gas serra negli ultimi due secoli di rapida industrializzazione, o quelli che stanno oggi cercando di «mettersi al passo» con gli altri ed elevare milioni di persone dalla loro condizione di povertà, ma per farlo utilizzano tecnologie non sostenibili secondo la definizione che abbiamo dato in precedenza? Le imprese dovrebbero assumere un ruolo di primo piano, oppure la responsabilità di cambiare il proprio comportamento dovrebbe ricadere su tutti noi, in quanto abitanti del pianeta Terra?
Le risposte a queste domande non sono semplici e suscitano numerose controversie, ma devono essere affrontate se vogliamo che la sostenibilità diventi qualcosa di più che un semplice argomento di cui è alla moda discutere.
sostenibilità la capacità dell’attività economica di produrre beni e servizi per gli usi correnti senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni economici
Come cambia l’approccio alla sostenibilità
Riconoscere che le attività delle imprese hanno un effetto più ampio sulla società e sull’ambiente non
greenwashing l’indicazione o l’allusione al fatto che un prodotto o servizio sia sostenibile, amico dell’ambiente o «verde», la quale è però fuorviante o falsa
catena del valore tutti i processi in cui l’impresa è coinvolta che producono valore aggiunto
è una novità; a essere relativamente inedita è la crescente consapevolezza da parte del pubblico circa l’entità di questo impatto. Lo sviluppo dei nuovi media, l’espansione dei social media e i miglioramenti nell’istruzione sono tutti fattori che hanno contribuito a portare in primo piano i problemi che minacciano il pianeta e il suo futuro. La crescente aspettativa che le imprese si occupino della propria «impronta ambientale» le ha spinte a produrre resoconti di responsabilità ambientale e sociale, in aggiunta a quelli più tradizionali su finanze e contabilità.
Molti di questi resoconti sembrano desiderosi di dimostrare un impegno da parte dell’impresa a tagliare i costi attraverso un utilizzo più efficiente delle risorse e una riduzione dell’impronta ambientale delle proprie operazioni. Alcune imprese sono state accusate di utilizzare questi tentativi di assunzione di responsabilità sociale come esercizi di marketing, una pratica a volte definita greenwashing, espressione con cui si indica un ambientalismo che è solo di facciata. Ma in ultima analisi molte di queste imprese vengono giudicate sulla base di indicatori del loro successo in senso tradizionale, ossia la loro capacità di generare rendimenti sugli investimenti e realizzare profitti. Ridurre i costi è nell’interesse delle imprese; ma c’è differenza tra tagliare i costi e impegnarsi realmente per la sostenibilità. Questi resoconti hanno l’effetto di incoraggiare le imprese a valutare i propri costi in maniera più ponderata e, di fatto, a riflettere su ciò che considerano come un costo. Se è vero che le imprese si concentrano solo sui costi che sostengono nella produzione, allora dovrebbero cominciare a considerare anche i costi (e i benefici) esterni della loro attività? Fino a che punto dovrebbe spingersi questo processo? Se bisogna tenere conto anche dei costi e benefici esterni, come si può stimarli con precisione? Molte imprese operano in mercati relativamente maturi, in cui è difficile realizzare una crescita. Una possibilità è espandere l’attività a livello globale come mezzo per incrementare ricavi e profitti; un’altra è considerare tutta la catena del valore per individuare le opportunità di migliorare profitti, rendimenti ed efficienza. L’espressione catena del valore indica tutti i processi in cui l’impresa è coinvolta che producono valore aggiunto, i quali non si limitano semplicemente al processo di trasformazione dei fattori in prodotto, ma comprendono anche la reputazione dell’impresa, le sue attività di marketing, il grado di sviluppo del suo marchio, la sua riconoscibilità, i servizi che offre ai clienti e le sue attività amministrative.
Esaminando sempre in maggiore dettaglio le proprie catene del valore, alcune imprese cercano
di comprendere più pienamente la relazione che sussiste tra le proprie operazioni e alcuni aspetti più generali legati all’ambiente e agli ecosistemi. Per esempio, la produzione di cibo dipende dalla coltivazione di ingredienti essenziali come i cereali, la verdura e la frutta, che sono poi impiegati nella produzione di altri alimenti. Per riuscire a realizzare un buon raccolto è spesso necessaria la presenza di insetti e altri animali impollinatori: di conseguenza, le imprese che producono cibo dovranno includere il valore delle esternalità positive fornite dagli insetti e dagli altri animali nei loro costi di produzione. In un resoconto pubblicato nel 2017, la Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES) ha stimato che il 35% del volume della produzione alimentare globale dipende dagli insetti e dagli altri animali impollinatori; pertanto, il «servizio» fornito da insetti e animali ha un valore di cui le imprese possono tenere conto. Il problema è attribuire un prezzo a questi elementi della catena del valore. Secondo le stime dell’IPBES, il valore di mercato associato agli animali impollinatori è compreso tra i 235 e i 577 miliardi di dollari statunitensi (206-508 miliardi di euro). Se si considera il valore di questa esternalità positiva, è logico concludere che le imprese dovrebbero trovare un modo per proteggere gli animali impollinatori. Una simile argomentazione si applica anche ad altri aspetti della sostenibilità, in particolare in relazione all’uso di risorse non rinnovabili, come certi tipi di energia, le foreste, le paludi, i fiumi, gli oceani, e così via. Tutti questi fattori contribuiscono in modi diversi alla produzione mondiale di beni e servizi, pertanto fanno parte delle catene del valore delle imprese e hanno un valore economico, che forse in passato non è stato pienamente apprezzato, ma che oggi è sempre più diffusamente riconosciuto.
Incorporare e comprendere i costi e i benefici associati a una produzione sostenibile è diventato quindi parte del discorso economico, nonché un elemento essenziale per generare profitti non soltanto nel presente, ma anche nel futuro. Un maggior numero di imprese ha riconosciuto che minimizzare il proprio impatto ambientale è fonte di profitto. Di conseguenza, sempre più spesso le imprese pianificano la produzione e gli investimenti futuri sulla base di questo approccio e la sostenibilità sta diventando sinonimo di sopravvivenza a lungo termine.
GLI INVESTIMENTI SOCIALMENTE RESPONSABILI Per pianificare la produzione futura, tenere conto di costi e benefici esterni e assicurarsi una
redditività – e, quindi, la sopravvivenza – a lungo termine, le imprese devono investire. I processi di aggiustamento comportano un trade-off nel breve periodo; pertanto, le imprese possono dover sopportare un aumento dei costi e una diminuzione dei profitti nel presente se vogliono riuscire a sopravvivere nel lungo periodo, a ottenere vantaggi competitivi e a realizzare profitti nel futuro. Per investire in innovazione e analizzare la propria catena del valore, l’impresa ha bisogno di fondi. Un altro beneficio esterno collegato alla sostenibilità di cui le imprese si stanno avvantaggiando è la capacità di assicurarsi fondi per l’investimento. Con l’espressione investimento socialmente responsabile (o «finanza etica») si fa riferimento alla scelta di individui e imprese di destinare i propri fondi a investimenti dotati di certificazioni etiche e di sostenibilità. Questi investitori possono evitare di destinare fondi a un’impresa se, per esempio, questa esternalizza le proprie operazioni ad aziende che utilizzano lavoro minorile, è coinvolta nel gioco d’azzardo, corrisponde salari bassi, produce armi o non può dimostrare di prendere seriamente il problema della sostenibilità. Le somme di denaro coinvolte sono significative: secondo il Forum for Sustainable and Responsible Investment, nel 2020 i fondi destinati agli investimenti socialmente responsabili hanno superato i 17 100 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti (contro gli 8700 miliardi di dollari del 2016).
Come è evidente, la sostenibilità si è evoluta e ora le imprese la considerano dotata di un valore economico reale nel lungo periodo. Comprendere e attribuire un prezzo a tutti gli elementi della propria catena del valore, inclusi i costi e i benefici esterni, può aiutare le imprese a rimanere redditizie e resilienti anche nel lungo periodo.
VERIFICA L’APPRENDIMENTO
In che modo le imprese possono riuscire ad adeguare i propri processi produttivi per migliorarne la sostenibilità?
Definizioni di efficienza
L’economia si occupa di come la società alloca le risorse scarse ai loro usi alternativi. Si può affermare che gli «scarti» e gli «sprechi» siano quanto gli economisti apprezzano meno, in quanto sinonimi di stravaganza priva di valore o scopo, che non può essere utilizzata in alcun modo. Gli scarti sono anche un sottoprodotto della produzione, insito nel processo produttivo, e come tale la loro eliminazione – o, quantomeno, la loro riduzione – riveste un ruolo centrale nella scienza economica. Per raggiungere l’efficienza, è necessario eliminare gli scarti o ridurli al minimo. Come abbiamo visto in capitoli precedenti, nei mercati perfettamente concorrenziali, all’equilibrio di lungo periodo le imprese producono in corrispondenza del punto più basso lungo la propria curva di costo medio, una condizione definita di efficienza produttiva. In corrispondenza di tale punto si ottiene il massimo livello di prodotto a partire dalla minima quantità di fattori. Trovare la combinazione ottima di fattori per produrre un dato livello di prodotto è detta efficienza tecnica. Tuttavia, non c’è beneficio nel produrre secondo queste definizioni se i consumatori non attribuiscono valore a quanto viene prodotto; in altre parole, i beni e i servizi vengono prodotti e distribuiti secondo i bisogni e i desideri dei consumatori, i quali si riflettono nel prezzo che sono disposti a pagare per ottenerli. Si ha efficienza allocativa quando il valore attribuito a un’unità di prodotto – misurato dall’utilità marginale conferita dal suo consumo – è uguale al costo marginare di produrre quell’unità.
Abbiamo anche visto che le imprese possono produrre in maniera efficiente anche se non tengono conto dei costi e dei benefici esterni delle loro decisioni di produzione. Di conseguenza, si ha efficienza sociale quando la somma dei costi e benefici sociali e privati della produzione è uguale alla somma dei costi e benefici privati e sociali del consumo.
In un articolo pubblicato nell’agosto del 2021, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) osservava che il letame e il rilascio gastrointestinale producono quasi un terzo delle emissioni di metano causate dall’attività umana. Il metano è considerato un gas serra 80 volte più potente del diossido di carbonio in un arco di tempo di vent’anni. I produttori di carne e riso (an-
investimento socialmente responsabile le decisioni di investimento che tengono conto dei fattori di sostenibilità ed etica nella gestione d’impresa
che le risaie sono fonte di emissioni di metano) potrebbero non tener conto dei danni ambientali imposti dalle loro emissioni di metano; di conseguenza, il prezzo della carne e del riso potrebbe non riflettere il costo sociale di produrli. In tal caso, il loro consumo sarà eccessivo rispetto al livello socialmente efficiente. Pertanto, incentivare gli allevatori e gli agricoltori a trovare modi per ren-
dere il metano «utile» in qualche modo e a contenerne l’impatto ambientale, nonché incoraggiare i consumatori a ridurre il consumo di carne e riso, produrrebbe un risultato socialmente più efficiente. Mettere in pratica questo proponimento è però più difficile di quanto non sembri in teoria, e solleva una serie di domande. Se allevatori e agricoltori riducono la produzione di carne e riso, il loro tenore di vita ne risentirà? I governi (il che equivale a dire i contribuenti) dovrebbero ricompensare gli allevatori e gli agricoltori che riducono la produzione di carne e riso, e/o dovrebbero investire per trovare un modo di rendere «utile» il metano, anziché considerarlo semplicemente uno «scarto» di produzione (secondo la definizione che abbiamo visto nel paragrafo precedente)? Quali sono gli aspetti etici di convincere i consumatori a ridurre il consumo di carne e riso? Che diritto ha un governo o un altro ente o organizzazione di dire agli individui ciò che dovrebbero e non dovrebbero mangiare? Le persone sono sufficientemente informate sui costi e i benefici esterni del consumo, così che possano prendere decisioni appropriate e informate? Queste domande evidenziano altrettante difficoltà che si incontrano nell’affrontare il problema della sostenibilità.
La tecnologia può essere d’aiuto per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di metano. Per esempio, gli allevatori potrebbero impiegare un mangime più nutriente, che renda la produzione di carne più «efficiente». Si potrebbero usare tipi diversi di mangime al fine di ridurre la produzione di metano da parte del bestiame. Un ulteriore contributo potrebbe derivare da una gestione più efficiente del letame. Inoltre, il metano potrebbe essere «raccolto» per produrre biogas. Si potrebbe migliorare la gestione degli allagamenti delle risaie in modo da ridurre il rilascio di metano. Tutti questi cambiamenti potrebbero rendere più efficiente la gestione delle emissioni di metano e contribuire a raggiungere l’obiettivo di contenere l’innalzamento delle temperature mondiali a 1,5 gradi centigradi, come previsto dall’accordo di Parigi sul cambiamento climatico.

Le emissioni di metano generate dall’agricoltura e, soprattutto, dall’allevamento hanno destato preoccupazioni in merito alla loro sostenibilità. La tecnologia sarà in grado di fornire nuovi modi per ridurre le emissioni di metano?
DOMANDE:
1. Tracciate un grafico di domanda e offerta che illustri come la produzione di carne può essere socialmente inefficiente.
2. Considerate alcune delle domande poste nel paragrafo che avete appena letto in merito ai metodi per ridurre le emissioni di metano. Quali sono alcune delle questioni pratiche ed etiche che emergono da queste domande?
3. Se incoraggiando gli allevatori a utilizzare un mangime più nutriente si riduce la produzione di metano, che tipo di efficienza si realizza? Spiegate.
4. In che misura, secondo voi, il metano è uno «scarto» di produzione secondo la definizione data in questo capitolo? ( Suggerimento . Considerate come potrebbe essere utilizzato il metano per altri scopi, come quelli suggeriti in questo paragrafo.) Considerate i costi e i benefici associati a questi approcci.
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Il cambiamento climatico è diventato uno dei problemi più importanti che l’umanità deve affrontare. In sintesi, negli ultimi due secoli circa, l’attività umana ha determinato un significativo incremento delle emissioni di «gas serra», che a loro volta hanno fatto aumentare le temperature medie sul pianeta. Tale aumento delle temperature può produrre effetti catastrofici duraturi e pervasivi, tra cui un incremento della frequenza e della gravità degli eventi climatici estremi. Questi eventi provocano danni ingenti in termini non solo economici, ma anche di vite umane, nonché degli ecosistemi che sostengono la vita.
Da molti anni si parla di come contrastare il cambiamento climatico riducendo le emissioni dannose, modificando i metodi produttivi per renderli maggiormente sostenibili dal punto di vista ambientale, e cambiando i comportamenti umani al fine di ridurne l’impatto ambientale. Gli esperti pongono enfasi sulla scala del problema che tutti noi ci troviamo ad affrontare, e delle difficoltà che si incontrano nel tentativo di raggiungere un accordo globale sulla gestione di tale problema. Queste sfide sono al centro della scienza economica, in quanto studio di come la società alloca le risorse scarse per soddisfare bisogni e desideri in competizione tra loro.
Il rapporto Stern
Una prima incursione nel campo dell’economia del cambiamento climatico è il rapporto Stern (Stern Review on Climate Change). Pubblicato nel 2006, il rapporto consta di 700 pagine ed è stato il primo studio approfondito dell’economia del cambiamento climatico. Il rapporto Stern trae una serie di conclusioni:
1. Le prove a sostegno del cambiamento climatico sono «oggi schiaccianti».
2. «I benefici di un’azione decisa e precoce superano di gran lunga i costi economici dell’inazione».
3. «Centinaia di milioni di persone potranno soffrirne».
4. «I costi e i rischi complessivi del cambiamento climatico saranno equivalenti alla perdita di almeno il 5% del PIL ogni anno da qui all’eternità».
5. «Prendendo in considerazione una gamma più ampia di rischi ed effetti, il danno potrebbe anche superare il 20% del PIL».
6. Il costo di intervenire «può essere contenuto all’1% del PIL mondiale annuo».
7. Se non si interviene, i gas serra nell’atmosfera «potrebbero raggiungere un livello doppio rispetto a quello precedente all’industrializzazione già nel 2035».
8. Ciò farà aumentare le temperature medie sul pianeta di 2-5 gradi centigradi.
9. La stabilizzazione del diossido di carbonio ai livelli attuali richiede una riduzione del 25% –«o forse più» – delle emissioni entro il 2050.
10. «Le emissioni possono essere contenute attraverso un incremento dell’efficienza energetica, cambiamenti della domanda e l’adozione di tecnologie di generazione energetica, riscaldamento e trasporto puliti».
11. Il cambiamento climatico «è il più grande fallimento del mercato nella storia del mondo».
Il rapporto Stern elenca una serie di altre questioni:
Se le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide occidentale cominciano a sciogliersi in maniera irreversibile, nell’arco di alcuni secoli o millenni il mondo sarà condannato ad aumenti sostanziali del livello dei mari compresi tra i 5 e i 12 metri. L’effetto immediato potrà essere un raddoppiamento del tasso di crescita del livello dei mari e pari a 1-3 millimetri all’anno in Groenlandia e fino a 5 millimetri all’anno nella calotta glaciale dell’Antartide occidentale (WAIS). In altre parole, se questi aumenti si realizzassero entro la fine del secolo, si stima che il
valore massimo dell’incremento del livello dei mari supererebbe il metro entro il 2100. Entrambe queste calotte glaciali mostrano già segni di vulnerabilità, con un’accelerazione dei flussi in uscita su vaste aree, ma la soglia oltre la quale si innescano cambiamenti su ampia scala rimane ignota.
LE DOMANDE EMERSE DAL RAPPORTO
STERN Se ipotizziamo che la scienza del cambiamento climatico sia corretta, si impone una serie di domande. In primo luogo, quali sono i costi di non intervenire? In secondo luogo, quali sono i costi di agire oggi rispetto ai benefici che si otterranno in futuro e, soprattutto, come possiamo misurare il valore di questi costi e benefici, e quando dobbiamo misurarli?
L’analisi costi-benefici è una parte importante del modo in cui gli economisti ragionano sul mondo e sui problemi. Per poter prendere una decisione informata è necessario attribuire un valore ai costi e ai benefici di tale decisione. Per esempio, se i costi del cambiamento climatico sono stimati al 5% del PIL mondiale annuo per i prossimi cinquant’anni, allora possiamo basare la nostra decisione su questa informazione. Se agire adesso può permetterci di ridurre i costi all’1% del PIL mondiale annuo per i prossimi cinquant’anni, questo dato può costituire una base per valutare i benefici di un’azione immediata.
Tuttavia, gli economisti si chiederebbero quali siano i costi da sostenere per ottenere questi benefici: se sono inferiori al valore dei benefici (ipotizziamo che il costo di ottenere questi benefici sia pari allo 0,0025% del PIL mondiale), si può concludere che sia d’obbligo intraprendere un cambiamento immediato. Ma se i costi fossero pari al 3,7% del PIL mondiale, l’indicazione fornita da questa informazione sarebbe altrettanto chiara? E se invece i costi equivalessero al 3,95% del PIL mondiale?
Ovviamente, se i costi di ottenere i benefici fossero superiori al 4% del PIL mondiale, sarebbe logico concludere che, poiché i costi superano i benefici, sarebbe probabilmente meglio evitare di intervenire. Misurare i costi e i benefici è un’impresa molto difficile, e lo diventa sempre più man mano che si amplia l’orizzonte temporale, perché aumentano il livello di incertezza e il numero di variabili che influiscono sui risultati.
VERIFICA L’APPRENDIMENTO
Quanto pensate sia importante un rapporto come quello di Stern per l’economia, come contributo allo studio di problemi quali il cambiamento climatico?
VALUTARE COSTI E BENEFICI
L’argomentazione avanzata dal rapporto Stern per combattere il cambiamento climatico si basa in parte sull’«equità intertemporale», ossia sul confronto di valore tra i benefici o costi attuali e i benefici o costi futuri. In economia, tale valutazione è uno dei fattori alla base del processo decisionale.
Per condurre questa analisi dobbiamo considerare il valore del benessere di chi vive oggi con quello che avranno le future generazioni. In un capitolo precedente abbiamo visto come misurare il valore del denaro nel tempo utilizzando il valore attuale (VA ), che permette di tenere conto della svalutazione del denaro nel tempo. Rammentate la formula del valore attuale:
PV = x/(1 + r)n
dove r è il tasso di sconto, x la somma che si otterrà tra n anni e n il numero di anni.
Stern si occupa anche di definire le ipotesi alla base della sua analisi. Il tasso di sconto utilizzato nell’analisi è quindi un fattore importante per determinare la validità e l’affidabilità dell’argomentazione avanzata da Stern. Nella ricerca scientifica l’affidabilità è la possibilità di replicare i risultati di un «esperimento» o studio ottenendo un risultato identico o molto simile a quello dello studio iniziale, mentre la validità è la misura in cui i risultati di un esperimento o di un modello possono essere generalizzati e quindi applicati anche ad altri contesti.
Il tasso di sconto utilizzato dal rapporto Stern è un fattore importante per l’argomentazione relativa al benessere delle generazioni future e, quindi, al sacrificio che deve sostenere la generazione attuale per generare tali benefici futuri. Se il tasso di sconto è basso, il sacrificio odierno deve essere maggiore per generare i benefici richiesti in futuro. Stern afferma: «L’argomentazione avanzata nel capitolo e nell’appendice, nonché da molti altri economisti e filosofi che hanno esaminato questi problemi etici di lungo periodo, è che l’“attualizzazione pura” è rilevante solo per tenere conto dell’eventualità esogena di estinzione. Secondo questa prospettiva, dovrebbe avere un valore basso».
Naturalmente, se ipotizziamo che il tasso di sconto abbia un valore basso, dobbiamo concludere che i sacrifici oggi necessari per assicurare il benessere delle generazioni future sono relativamente elevati. Utilizzando un diverso tasso di sconto si può giungere a conclusioni diverse. Questo esempio illustra come le ipotesi sulle variabili coinvolte influiscano sull’argomentazione avanzata. Il rapporto cita numerose fonti a sostegno della tesi che presenta; da economisti possiamo aspettar-
ci un tale uso dei dati per sostenere un’argomentazione, ma dobbiamo domandarci anche quali dati non siano stati utilizzati, che potrebbero fornire un punto di vista diverso sull’argomento. In tale contesto dobbiamo affidarci ad altri ricercatori, che commentano o offrono argomentazioni contrarie alla ricerca in oggetto (in questo caso il rapporto Stern).
Il rapporto Stern, con il senno di poi
All’inizio del libro abbiamo osservato che «tutti i modelli si basano su ipotesi»; di conseguenza, la forza di qualunque modello dipende dalla precisione e dall’affidabilità delle ipotesi su cui si fonda. Gli economisti dovrebbero mettere in discussione le ipotesi incorporate nei modelli, e in effetti gran parte delle divergenze tra economisti è dovuta non tanto alla natura della relazione di causa ed effetto, ma alla forza di tale relazione, perché l’entità degli effetti può dipendere dalle ipotesi iniziali.
Come abbiamo visto, le ipotesi utilizzate da Stern sono fondamentali per sostenere le argomentazioni da lui avanzate in merito al valore dei costi e benefici associati alla lotta al cambiamento climatico. Partha Dasgupta, docente a Cambridge, è tra gli economisti che hanno esaminato il rapporto Stern e messo in dubbio le ipotesi lì utilizzate. Nel suo blog, Gregory Mankiw ha osservato: «Partha Dasgupta ha letto il rapporto Stern sul cambiamento climatico e, come Bill Nordhaus, non lo ha apprezzato». William Nordhaus, docente di economia a Yale, ha studiato il riscaldamento globale e il cambiamento climatico per molti anni. Nordhaus e Dasgupta mettono in dubbio le ipotesi relative alle misure utilizzate da Stern per calcolare i costi e benefici futuri e confrontarli con quelli attuali. Dasgupta sottolinea che il tasso di sconto ipotizzato è basso in confronto a quello utilizzato da altri economisti.
Rammentate che nel primo capitolo di questo libro abbiamo affermato che gli individui razionali pensano al margine. Il concetto di utilità marginale è importante per mettere a confronto la soddisfazione tratta dal consumo corrente con quella associata al consumo futuro. Un metodo per calcolarla è utilizzare una misura della variazione dell’utilità totale (l’utilità marginale) e fornire una stima di come questa cambi in relazione al consumo nel tempo. Si può quindi produrre una stima di questa variabile nel presente e a una data futura. Dasgupta chiama questa variabile «eta», che esprime il grado di maggiore soddisfa-
zione degli individui nel futuro rispetto al presente. Per esempio, appena cinquant’anni fa le persone non avrebbero mai immaginato i miglioramenti della tecnologia e delle abitudini di consumo di cui godiamo oggi. Dasgupta sottolinea che le ipotesi utilizzate nel rapporto Stern suggeriscono che l’attuale generazione dovrebbe risparmiare per il futuro circa il 97% del PIL. Mentre scriviamo, Dasgupta riferisce che nel Regno Unito il saggio di risparmio è pari circa al 15% del PIL e osserva: «Accettare [questa conclusione] è come affermare che nell’economia modello la generazione attuale dovrebbe letteralmente affamarsi per permettere alle generazioni future di godere di livelli di consumo sempre crescenti».1
Un altro dubbio espresso dagli economisti riguarda i valori attribuiti da Stern ai costi delle esternalità. Ipotizzando che il diossido di carbonio rappresenti un’esternalità negativa (alcuni individuano nel fatto che le cellule viventi dipendono dal diossido di carbonio la prova che definirlo un agente inquinante non sarebbe del tutto corretto), dev’esserci un modo di attribuire un valore al costo di tale esternalità negativa. Se ancora una volta utilizziamo il concetto di margine, quale sarebbe il costo sociale di un’unità aggiuntiva di diossido di carbonio? Diversi studi hanno attribuito valori differenti a questo costo sociale. Sia Dasgupta, sia Nordhaus sottolineano come le conclusioni che è possibile trarre da qualunque analisi dipendono, ovviamente, dai valori utilizzati. Dasgupta fa riferimento al valore del prezzo sociale del diossido di carbonio, una misura del danno causato da una tonnellata aggiuntiva di diossido di carbonio, riportato da Nordhaus come pari a 13 dollari statunitensi alla tonnellata; invece il rapporto Stern vi attribuisce un valore di circa 310 dollari alla tonnellata. Correggendo il tasso di sconto utilizzato nel rapporto Stern secondo il modello di Nordhaus, si ottiene un prezzo sociale del diossido di carbonio che corrisponde a circa 150 dollari alla tonnellata. La definizione delle variabili utilizzate nei modelli climatici può quindi avere un effetto significativo sui risultati previsti. Nordhaus ha condotto ulteriori ricerche per stimare il costo sociale del diossido di carbonio (SCC). Nel 2017 ha pubblicato un articolo nel quale tale costo era stimato a 32 dollari alla tonnellata, riscontrando però che le incertezze circa gli effetti del diossido di carbonio e su come questi vengono incorporati nei diversi modelli usati per calcolarne il costo sociale determinano in tutta probabilità «un’incertezza strutturale estremamente elevata in merito al SCC persino all’interno dei singoli modelli».2
Dieci anni dopo la pubblicazione del rapporto Stern, Climate Central, un’organizzazione indipendente composta da scienziati di rilievo e giornalisti che si occupano del cambiamento climatico e del suo impatto sul pubblico, ha pubblicato un articolo nel quale domandava a un gruppo di economisti del clima di fornire una valutazione del lavoro di Stern. È opinione condivisa che il rapporto Stern sia un lavoro importante, che ha contribuito a focalizzare l’attenzione sull’azione e sull’inazione, e sulla misura in cui entrambe porrebbero problemi significativi. Con il trascorrere del tempo il dibattito è mutato, e alcuni degli intervistati hanno osservato che oggi si incentra su come raggiungere l’obiettivo di un’economia a basse emissioni di diossido di carbonio e su come la tecnologia e l’innovazione abbiano cominciato ad affrontare alcuni dei relativi problemi. Tuttavia, nonostante l’ottimismo espresso riguardo al futuro, si è profilato un considerevole grado di cautela in merito all’entità delle sfide da affrontare. Tecnicamente l’idea di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi entro il 2050 è fattibile; a essere messa in dubbio è la volontà politica di raggiungere tale obiettivo.
L’obiettivo di 1,5 gradi centigradi è emerso dall’operato del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change), che nel 2018 ha pubblicato un resoconto sull’impatto di un aumento della temperatura media mondiale di 1,5 gradi oltre il livello preindustriale, commentando: «Si stima che l’attività umana abbia provocato il riscaldamento della Terra per circa 1,0 °C oltre il livello preindustriale, con un intervallo stimato di 0,8-1,2 °C. Se continua ad aumentare al tasso corrente, è probabile che il riscaldamento globale raggiungerà 1,5 °C tra il 2030 e il 2052». 3
Il IPCC sottolinea di aver fornito questa stima «con un elevato grado di certezza». Le conseguenze di tale scenario comprendono una maggior frequenza di eventi climatici estremi e un aumento del livello dei mari, ma una perdita di biodiversità e di specie per estinzione inferiore a quanto si avrebbe con un aumento della temperatura media mondiale superiore a questo livello. In ogni caso, anche un aumento di 1,5 gradi avrebbe elevate probabilità di causare problemi di sicurezza alimentare, disponibilità idrica, sostentamento e crescita economica. Il raggiungimento di un accordo volto a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi entro il 2050 è stato un punto centrale della Conferenza delle Parti (COP, Conference of Parties) riunitasi nel novembre del 2021 a Glasgow, in Scozia.
¹ Dasgupta, P. (2007). «Commentary on the Stern Review’s Economics of Climate Change», qed. econ.queensu.ca/pub/ faculty/garvie/econ443/ debate/dasgupta%20 commentary%20stern%20 review.pdf.
2 Nordhaus, W. D. (2017). «Revisiting the Social Cost of Carbon». PNAS, vol. 114, n. 7, www.pnas.org/ doi/10.1073/ pnas.1609244114. 3 www.ipcc.ch/site/assets/ uploads/sites/2/2019/06/ SR15_Headlinestatements.pdf.
La COP26
Nel 2021 si è tenuta la ventiseiesima COP annuale, che ha riunito i rappresentanti di quasi tutte le nazioni del mondo. La COP26 è stata presieduta dal Regno Unito, che si è quindi dedicato alle fasi di pianificazione insieme agli altri paesi sulla base delle proposte e degli accordi finali raggiunti dalla conferenza. La COP21, tenutasi a Parigi, ha prodotto il cosiddetto accordo di Parigi, con il quale i paesi si sono impegnati a collaborare nel tentativo di raggiungere un obiettivo di innalzamento delle temperature globali inferiore ai 2,0 gradi, limitandolo se possibile a 1,5 gradi. Ciascun paese ha accettato di produrre piani, detti NDC (Nationally Determined Contribution «contributo determinato a livello nazionale») per delineare i modi in cui intende ridurre le emissioni di gas serra, con l’aspettativa che venissero aggiornati ogni cinque anni. I piani aggiornati sono stati quindi presentati alla COP26. Secondo alcuni osservatori, nonostante le grandi promesse e gli impegni presi a Parigi, negli anni precedenti alla COP26 non era stato fatto abbastanza per raggiungere gli obiettivi concordati. La COP26 è stata pubblicizzata come l’«ultima chance» per fare la differenza.
GLI ACCORDI RAGGIUNTI ALLA COP26 Nei mesi precedenti alla COP26 e durante i 13 giorni della conferenza si sono svolte intense negoziazioni tra i rappresentanti di molti paesi. Il risultato finale è stato il Patto per il Clima di Glasgow (Glasgow Climate Pact), a cui hanno aderito circa 200 paesi e che si è concentrato su come velocizzare gli interventi che ciascun paese avrebbe intrapreso nei dieci anni successivi come parte dell’impegno generale verso il contenimento del riscaldamento globale a 1,5 gradi. La conferenza si è occupata principalmente di quattro obiettivi: ridurre le emissioni (un processo detto mitigazione), aiutare chi già subisce le conseguenze del cambiamento climatico (adattamento), aiutare i paesi a rispettare gli impegni presi (finanza) e collaborare per «compiere azioni più incisive».
I principali punti e risultati dell’accordo sono:
• Riaffermare il desiderio di limitare il riscaldamento globale a non oltre 1,5 gradi centigradi.
• Stabilire la Glasgow Financial Alliance for Net Zero, destinata a raccogliere 1300 miliardi di dollari statunitensi in capitali privati da investire per accelerare la transizione verso un’economia a emissioni zero.
• Un accordo di circa 23 paesi, cinque dei quali utilizzano grandi quantità di energia prodotta a partire dal carbone, per ridurre il ricorso a questa fonte energetica negli anni 2030 e 2040.
• La c onsegna da parte dei paesi sviluppati di 100 miliardi di dollari all’anno ai paesi in via di sviluppo come contributo alla riduzione delle emissioni e alla transizione verso un’economia a emissioni zero (si tratta in realtà della riaffermazione di un impegno precedentemente preso).
• L’impegno da parte di 140 paesi a cessare il processo di deforestazione entro il 2030.
• Un accordo bilaterale tra Cina e Stati Uniti in merito al loro impegno a combattere il cambiamento climatico, che comporta la cooperazione allo sviluppo di regolamenti e standard relativi a: riduzione delle emissioni di gas serra nei dieci anni successivi, transizione verso fonti di energia pulite, decarbonizzazione ed elettrificazione, design verde e utilizzo di risorse rinnovabili.
Come sempre avviene con questo tipo di conferenze, la COP26 è stata fonte di ottimismo ma anche di un certo grado di cinismo. Secondo quanto notato da alcuni commentatori, il linguaggio utilizzato nel comunicato finale era in qualche misura «più morbido» di quanto si poteva sperare e, nonostante il fatto che le promesse relative a deforestazione, fornitura di aiuti finanziari e riduzione delle emissioni non fossero una novità, non c’erano prove evidenti che gli impegni fossero stati mantenuti. Questo giro di promesse e impegni si sarebbe forse dimostrato diverso?
CONCLUSIONE
Esiste un ampio consenso sul fatto che il nostro pianeta dovrà affrontare sfide significative negli anni a venire; non solo, ma che il tempo per intervenire è agli sgoccioli, se si vuole incidere sui risultati che potranno verificarsi se le emissioni non verranno ridotte e l’innalzamento delle temperature medie mondiali supererà 1,5 gradi entro il 2050. Molti ancora ritengono che non stiamo facendo abbastanza, in quanto collettività, per evitare la catastrofe mondiale. Nel ventunesimo secolo si è sviluppata una consapevolezza crescente in merito alla necessità di riflettere sui nostri comportamenti in quanto individui, imprese, governi e comunità globale. Si può tracciare un parallelo tra le previsioni fatte da Malthus alla fine del diciottesimo secolo e quelle avanzate oggi. Dobbiamo cercare di prendere in considerazione le innovazioni tecnologiche che potranno profilarsi nei prossimi anni, le quali potrebbero rivoluzionare il nostro modo di produrre, consumare e comportarci, nonché le modalità con cui generiamo e utilizziamo l’energia. Potrebbero emergere tecniche
per utilizzare il diossido di carbonio e compensarne le emissioni. Il futuro è pieno di incertezze, ma gli economisti – e gli scienziati di altre discipline – saranno in prima linea nella ricerca per capire non solo come ridurre le emissioni di gas serra, ma anche come gestire le nostre risorse in maniera più efficace ed efficiente. Questa storia continuerà
a dispiegarsi negli anni a venire. I governi, le imprese e gli individui saranno sottoposti a pressioni sempre maggiori affinché intervengano e modifichino i propri comportamenti al fine di proteggere e preservare il pianeta su cui abitiamo, oltre a impegnarsi a trovare modi per innalzare il tenore di vita delle persone in tutto il mondo.
Per affrontare qualunque problema è fondamentale porsi in maniera critica, mettendo in discussione le ipotesi, ponendo domande sulle questioni in gioco e cercando di separare le affermazioni positive da quelle normative. Il cambiamento climatico è un problema che genera dibattiti appassionati. In molti paesi i cosiddetti «attivisti del clima» scendono in strada per mostrare la propria rabbia e sfiducia nei confronti dei politici e delle promesse non mantenute fatte ai summit come la COP26.
Nel gennaio del 2021 il Copernicus Climate Change Service (CCCS) dell’Unione europea ha pubblicato una ricerca sul clima, secondo la quale i sette anni precedenti al 2021 sono stati i «più caldi mai registrati» sul pianeta. Secondo il CCCS, nel 2021 la temperatura media ha superato di 0,3 gradi centigradi quella registrata nel periodo 1991-2020 e di 1,1-1,2 gradi quella relativa al periodo preindustriale (18501900).
Le stime del CCCS hanno inoltre mostrato che nel 2021 la concentrazione di diossido di carbonio e i livelli di metano hanno continuato a crescere. È stato riconosciuto che alcuni dei problemi climatici erano però stati causati dal fenomeno meteorologico Niña, che si verifica periodicamente nelle zone del Pacifico equatoriale, in cui le temperature medie del mare sono più basse, e che ha conseguenze per gli eventi meteorologici su un’area più vasta. Altri resoconti della ricerca del CCCS hanno menzionato una serie di eventi metereologici estremi verificatisi nel 2021, tra cui le inondazioni in Germania e Cina, gli incendi negli Stati Uniti e le ondate di caldo negli Stati Uniti e in Europa. Questi resoconti hanno spesso utilizzato espressioni come «la madre di tutte le ondate di caldo» e «incendi che infuriavano», nonché titoli quali «Il

cambiamento climatico supera le pandemie e le malattie infettive come principale minaccia globale secondo gli esperti intervistati».
Fonti: www.theguardian.com/environment/ 2022/jan/10/climate-crisis-last-sevenyears-the-hottest-on-record-2021-data-shows; climate.copernicus.eu/copernicus-globallyseven-hottest-years-record-were-last-seven.
SPUNTI DI DISCUSSIONE
1. Perché, secondo voi, è importante esaminare con occhio critico gli articoli, le notizie, e così via?
2. Perché, secondo voi, i politici e i rappresentanti delle nazioni partecipano a eventi come la COP26, facendo promesse che poi non mantengono?
3. Il resoconto del CCCS riferisce che i sette anni precedenti al 2021 sono stati i «più caldi mai registrati». Commentate questa affermazione con il vostro «occhio critico». Quale tipo di domande porreste in
merito a questa affermazione, e quali ipotesi vorreste conoscere in maggior dettaglio per poterla valutare?
4. Co mmentate gli esempi sopra riportati delle espressioni usate dai giornalisti in merito ai problemi del cambiamento climatico (per esempio, cosa pensate si intenda con il termine «esperti»?). Quale ruolo ha il linguaggio usato nel facilitare la comprensione dei problemi come il cambiamento climatico? Pensando «da economisti», come vi approccereste a questo tipo di titoli ed espressioni linguistiche?
5. «Quasi tutti gli eventi metereologici estremi vengono oggi collegati in qualche modo al cambiamento climatico. Ciò non contribuisce a sviluppare una maggiore comprensione e un più elevato riconoscimento delle sfide che si pongono al genere umano nell’affrontare questo problema». In che misura concordate con la precedente affermazione?
RIEPILOGO
• La sostenibilità è l’uso delle risorse finalizzato a soddisfare desideri e bisogni in modo tale da non compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri desideri e bisogni.
• Uno dei principali problemi per la sostenibilità è riuscire a misurare correttamente il prezzo dell’impatto ambientale sia oggi, sia in futuro.
• La sostenibilità solleva quattro importanti questioni: bilanciare i bisogni odierni con quelli futuri, misurare le scelte intertemporali, definire cosa si intende per «efficienza», e stabilire chi debba sostenere i costi e ottenere i benefici dell’ideazione e dell’applicazione dei cambiamenti comportamentali volti a raggiungere una condizione di sostenibilità.
• Og gi molte imprese riconoscono e si interessano sempre di più al proprio ruolo in relazione alla sostenibilità.
• L’investimento socialmente responsabile è il processo attraverso il quale individui e imprese indirizzano le proprie scelte di investimento sulla base della presenza di certificazioni etiche e di sostenibilità.
• Si può considerare l’efficienza in diversi modi: efficienza produttiva e tecnica, efficienza allocativa ed efficienza sociale.
• Il cambiamento climatico è sempre più diffusamente considerato il problema più importante che l’umanità deve affrontare; con questa espressione si indicano gli effetti climatici causati dall’attività umana, soprattutto attraverso l’emissione di gas serra, che contribuiscono al riscaldamento del pianeta.
• Il rapporto Stern, pubblicato nel 2006, ha costituito uno dei primi tentativi di quantificare economicamente gli effetti climatici dell’attività umana.
• Il rapporto Stern è ampiamente considerato un importante contributo al dibattito sul cambiamento climatico, ma alcuni economisti ne hanno messo in dubbio le ipotesi sottostanti.
• Uno dei problemi di intraprendere un cambiamento volto a ridurre l’impatto climatico e ambientale è la difficoltà di valutare costi e benefici oggi e in futuro. Inoltre, i paesi non concordano su chi dovrebbe assumersi la maggiore responsabilità della riduzione delle emissioni di gas serra.
• Una conferenza annuale sul clima tenutasi nel 2021 ha riaffermato l’impegno delle nazioni a contenere l’innalzamento delle temperature mondiali a 1,5 gradi centigradi entro il 2050.
• La COP26 ha inoltre concluso una serie di altri accordi volti a contrastare e limitare l’impatto ambientale dell’attività umana.
1. Cosa si intende per «sostenibilità»?
2. Descrivi le quattro questioni fondamentali della sostenibilità.
3. Cosa si intende per «greenwashing»? Fate un esempio di greenwashing.
4. Cos’è l’investimento socialmente responsabile, e quali benefici pensate che apporti per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità?
5. Definite e fornite esempi delle quattro diverse misure dell’efficienza. Quale ritenete sia la definizione più appropriata per il raggiungimento di una condizione di sostenibilità?
6. Quali sono, secondo voi, le tre conclusioni più importanti del rapporto Stern, sulla base della lista di punti presentata in questo capitolo?
7. In che modo le ipotesi sottostanti il rapporto Stern eviden-
ziano le difficoltà di formulare gli interventi di gestione del cambiamento climatico da parte dei responsabili delle politiche economiche?
8. Commentate le opinioni di Dasgupta e Nordhaus in merito al rapporto Stern. I loro commenti riducono il valore del rapporto Stern?
9. L’IPCC ha fornito le sue stime in merito agli effetti sul pianeta dell’aumento di 1,5 gradi centigradi delle temperature medie globali «con un elevato grado di certezza»: cosa vuol dire questa espressione in questo contesto, e quanto affidabile pensate che siano tali stime in relazione al processo decisionale relativo ai futuri interventi sul cambiamento climatico?
10. Quali sono stati i principali risultati della COP26 tenutasi a Glasgow nel 2021?
PROBLEMI E APPLICAZIONI
1. È p ossibile misurare i costi e i benefici per le persone a una certa data futura? Se sì, quanto in là negli anni si può provare a misurarli?
2. Gli economisti sviluppano modelli che li aiutano a riflettere sul mondo e a prendere decisioni. Alla luce del contesto del cambiamento climatico e di ciò che avete letto sul rapporto Stern, discutete alcuni dei benefici e dei limiti dei modelli economici in relazione alla sostenibilità e al cambiamento climatico.
3. Dovremmo preoccuparci del fatto che tra cento anni le persone saranno relativamente svantaggiate se, anziché intervenire immediatamente, non facciamo nulla per ridurre le emissioni di diossido di carbonio?
4. Alcuni analisti hanno sottolineato il fatto che gli esseri umani sono stati in grado di adattarsi e sopravvivere nonostante le
temperature medie in determinate regioni del mondo, e all’interno di tali regioni, varino moltissimo. Ciò suggerisce forse che non dovremmo preoccuparci del cambiamento climatico?
5. Alla fine del diciottesimo secolo Malthus ha previsto che l’umanità sarebbe andata incontro alla propria rovina. Le sue previsioni più immediate si sono rivelate sbagliate. Ci sono insegnamenti che possiamo apprendere da Malthus e dagli eventi storici accaduti da allora, e che possono essere applicati al problema del cambiamento climatico?
6. L e analisi di Dasgupta, Nordhaus e altri suggeriscono forse che gli esseri umani non dovrebbero preoccuparsi del cambiamento climatico?
7. «Il rischio di una catastrofe umana come conseguenza del cambiamento climatico è niente in confronto ad altri proble -
mi più pressanti, tra cui la povertà, le risorse idriche, il terrorismo globale, e la possibilità di un conflitto nucleare e di guerra/terrorismo batteriologico». In che misura concordate con questo punto di vista? Spiegate il vostro ragionamento.
8. «Il problema è che la riduzione delle emissioni è un “bene pubblico globale” estremo, perché nessuna nazione può tenere per sé una parte sostanziale dei benefici derivanti dalla riduzione delle emissioni che riesce a realizzare». In che misura ritenete che questa prospettiva sulla riduzione delle emissioni sia
la causa delle difficoltà esperite dai paesi che hanno sottoscritto gli accordi globali sulle emissioni di diossido di carbonio?
9. Quale importanza riveste la teoria dei giochi per le difficoltà incontrate dai governi nel raggiungimento di un accordo sulle misure da intraprendere per combattere il cambiamento climatico?
10. In che misura concordate con il punto di vista secondo cui gli incontri come la COP26 producono tante parole vuote e nessun reale intervento?
Glossario
A
affermazione normativa una dichiarazione che tenta di asserire come il mondo dovrebbe essere
affermazione positiva una dichiarazione che tenta di spiegare il mondo come è agente un individuo che compie un’azione per conto di un altro individuo, detto principale agenti economici gli individui, le imprese e le organizzazioni che svolgono un ruolo attivo all’interno dell’economia aliquota marginale l’importo aggiuntivo di imposte da pagare sull’unità addizionale di reddito aliquota media il rapporto tra l’importo totale delle imposte pagate e il reddito individuale totale
ampiezza la differenza tra un picco e la valle successiva analisi costi-benefici lo studio che mette a confronto i costi e i benefici sociali legati alla fornitura di un bene pubblico
analisi fondamentale lo studio dei bilanci e delle prospettive future di una società al fine di determinarne il valore anticiclica una variabile che è sotto il trend quando il PIL è superiore al livello tendenziale
apertura commerciale il rapporto tra la somma di esportazioni più importazioni e il prodotto interno lordo apprezzamento l’aumento del valore di una valuta, misurata in termini di quantità di valuta estera che può acquistare arbitraggio il processo di acquisto di un bene in un mercato a un prezzo basso per poi rivenderlo in un altro mercato a un prezzo più elevato per trarre profitto dalla differenza di prezzo area Schengen i 29 paesi, di cui 25 membri dell’UE e 4 no (tra cui Svizzera e Norvegia), che permettono la libera circolazione tra di essi senza passaporto o controlli alle frontiere area valutaria un’area geografica all’interno della quale circola un’unica valuta accettata come mezzo di scambio area valutaria ottimale un gruppo di paesi per i quali è ottimale adottare una valuta comune e costituire un’unione valutaria aspettative adattive un approccio secondo cui gli individui e le organizzazioni basano le proprie aspettative di inflazione futura sui tassi di inflazione effettivi osservati nel passato aspettative razionali la teoria secondo la quale gli individui, nel formulare previsioni per il futuro, utilizzano in maniera ottimale le informazioni di cui dispongono, incluse quelle relative alle politiche perseguite dal governo attività economica il volume degli acquisti e delle vendite che avvengono nell’economia in un dato periodo di tempo
avanzo (o surplus) commerciale l’eccesso di esportazioni rispetto alle importazioni
avanzo (o surplus) di bilancio il risparmio pubblico di segno positivo che si ha quando lo Stato incassa più denaro con il gettito fiscale di quanto ne spende
avversione al rischio la manifestazione della preferenza a evitare l’incertezza
azioni i titoli rappresentativi di una quota di proprietà di un’impresa e di un diritto sui suoi profitti
Bbanca centrale l’istituzione preposta a regolamentare la quantità di moneta nel sistema economico
Banca centrale europea (BCE) la banca centrale comune ai 20 paesi che aderiscono all’Unione economica e monetaria europea (UEM) baratto lo scambio di un bene o di un servizio per un altro bene o servizio barriere all’entrata tutto ciò che impedisce a un’impresa di entrare in un mercato o settore
bene demeritorio un bene che viene consumato in quantità eccessiva se lasciato interamente al mercato e che genera costi privati e sociali ignorati da chi prende le decisioni di consumo
bene di club un bene esclusivo ma non rivale nel consumo
bene di Giffen un bene la cui quantità domandata aumenta all’aumentare del prezzo
bene inferiore un bene per il quale, a parità di altre condizioni, un aumento del reddito provoca una diminuzione della quantità domandata (e viceversa)
bene meritorio un bene che può essere fornito dal mercato, ma che potrebbe essere consumato in quantità insufficiente in presenza di conoscenza imperfetta sui suoi benefici
bene normale un bene per il quale, a parità di altre condizioni, un aumento del reddito provoca un aumento della quantità domandata (e viceversa)
bene privato un bene esclusivo e rivale nel consumo
bene pubblico un bene non esclusivo e non rivale nel consumo
benessere oggettivo una misura della qualità della vita effettuata tramite indicatori specifici
benessere soggettivo la felicità o soddisfazione personale valutata dal singolo individuo
beni complementari due beni per i quali l’aumento del prezzo dell’uno provoca una diminuzione della domanda dell’altro (e viceversa)
beni sostituti due beni per i quali l’aumento del prezzo dell’uno provoca un aumento della domanda dell’altro (e viceversa)
bilancia commerciale la differenza tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni di un paese; è sinonimo di esportazioni nette bilancia dei pagamenti il conto ufficiale dei pagamenti internazionali relativi alle importazioni ed esportazioni di beni, servizi e capitali
branding (o differenziazione del marchio) i mezzi attraverso i quali un’impresa crea la propria identità e sottolinea la propria peculiarità rispetto ai concorrenti
breve periodo l’orizzonte temporale entro il quale alcuni fattori di produzione non possono essere variati
Titolo originale: Economics, 6th Edition by N. Gregory Mankiw adapted by Mark P. Taylor with contributor by Andrew Ashwin.
Copyright © 2023 Cengage Learning EMEA. All rights reserved.
Edizione basata su Principles of Economics, 9th Edition di N. Gregory Mankiw.
Copyright © 2021 Cengage Learning Inc. All rights reserved.
© 2025 Zanichelli editore S.p.A., via Irnerio 34, 40126 Bologna [79940] www.zanichelli.it
Traduzione: Matilde Soligno
Revisione: Fabrizio Ferretti
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Coordinamento editoriale: Daniele Bonanno
Redazione: Francesca Divano
Indice analitico: Matilde Soligno
Impaginazione: Garon, Cremona
Copertina:
– Progetto grafico: Falcinelli & Co., Roma
– Immagine di copertina: Richard Drury/Getty Images
Prima edizione italiana: gennaio 1999
Seconda edizione italiana: settembre 2002
Terza edizione italiana: settembre 2004
Quarta edizione italiana: luglio 2007
Quinta edizione italiana: novembre 2011
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Sesta edizione italiana: dicembre 2015
Settima edizione italiana: dicembre 2018
Ottava edizione italiana: novembre 2022
Nona edizione italiana: maggio 2025
Ristampa: prima tiratura 5 4 3 2 1 2025 2026 2027 2028 2029
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N.Gregory Mankiw, Mark P. Taylor Principi di economia
Nona edizione italiana
L’economia è una disciplina che evolve a stretto contatto con la realtà e con le sfide che essa pone. È quindi naturale che questi anni di rivolgimenti e cambiamenti profondi abbiano portato chi se ne occupa a interrogarsi sul suo futuro, sia rispetto a come viene insegnata e trasmessa, sia sul modo migliore di sviluppare nuove conoscenze. Questa nona edizione italiana di Principi di economia riflette il dibattito in corso, pur mantenendo la struttura e lo stile consueti. L’analisi degli effetti che la pandemia globale, le guerre e la Brexit hanno avuto sull’economia mondiale e in particolare europea si concentra soprattutto nell’ultima parte, La macroeconomia internazionale Il nuovo capitolo L’economia della sostenibilità affronta i problemi del riscaldamento globale e del cambiamento climatico, i temi della disponibilità idrica e della minaccia alla biodiversità e all’ambiente. Parlare di sostenibilità, infatti, è diventato cruciale: significa imparare a produrre beni e servizi senza compromettere la possibilità che le generazioni future facciano altrettanto.
N.Gregory Mankiw è docente di Economia presso l’Università di Harvard a Cambridge, Massachusetts. È stato ricercatore associato del National Bureau of Economic Research e consulente del Congressional Budget Office e delle banche della Federal Reserve di Boston e New York. Dal 2003 al 2005 è stato direttore del Council of Economic Advisers del presidente degli Stati Uniti.
Mark P. Taylor è docente emerito di Finanza presso la Olin Business School dell’Università Washington a St. Louis, Missouri. È stato inoltre senior economist presso il Fondo monetario internazionale e la Bank of England, e amministratore delegato presso BlackRock, la più grande società di investimento del mondo.
Inquadra e scopri i contenuti
L’impianto didattico dell’opera continua a sostenersi sugli esempi e sulle numerose schede che negli anni hanno dimostrato la loro efficacia:
• i box Analisi di un caso presentano casi di studio legati a eventi della vita reale;
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• i quiz Verifica l’apprendimento, disseminati lungo il testo, permettono una veloce autovalutazione di ciò che si è appena studiato;
• alla fine del capitolo, il Riepilogo per punti aiuta a organizzare lo studio.
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