
Michael Lieberman
Allan D. Marks
Michael Lieberman
Allan D. Marks
Michael Lieberman
Allan D. Marks
Edizione italiana a cura di Carlo Guarnieri
Università di Bologna
con la collaborazione di:
Serenella Astancolle
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Enrico Bertoli
Università Politecnica delle Marche
Amos Casti
Federica Rizzi
Università degli Studi di Parma
Diego Ingrosso
Rosanna Capasso
Seconda Università di Napoli
Giorgio Lenaz
Francesca Bonafé
Emanuela Fiumana
Maria Luisa Genova
Università di Bologna
Riccardo Zucchi
Università di Pisa
Titolo originale: Marks’Basic Medical Biochemistry:a Clinical Approach, 3/e
Copyright ©2009 Lippincott Williams & Wilkins, a Wolters Kluwer business.
Copyright ©2010 C.E.A.Casa Editrice Ambrosiana
Traduzione autorizzata dell’edizione originale in lingua inglese Marks’Basic Medical Biochemistry:a Clinical Approach, 3/e, di Lieberman, Michael A., Ph.D., pubblicata da Lippincott Williams & Wilkins, USA
Lippincott Williams & Wilkins/Wolters Kluwer Health non ha partecipato alla traduzione di questo testo
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Revisione:Carlo Guarnieri
Traduzione:Serenella Astancolle (capitoli 27, 28, 29, 30 e 31), Enrico Bertoli (capitoli 1, 2, 3, 4, 22, 32, 36 e 38), Francesca Bonafé (capitolo 47), Rosanna Capasso (capitoli 25 e 44), Amos Casti (capitoli 23, 26 e 33), Emanuela Fiumana (capitoli 10 e 49), Maria Luisa Genova (capitoli 19 e 20), Carlo Guarnieri (capitoli 21, 34, 35, 37, 39, 41, 42, 45 e 48), Diego Ingrosso (capitoli 24, 40 e 46), Giorgio Lenaz (capitoli 5, 6, 7, 8, 9, 15 e 16), Federica Rizzi (capitoli 11, 17, 18 e 43), Riccardo Zucchi (capitoli 12, 13 e 14),
Realizzazione editoriale:Epitesto, Milano
Impaginazione:Pre&Stampa srl, Segrate
Prima edizione:1992
Seconda edizione:giugno 2010
Ristampa 43210 20102011201220132014
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Prefazione all’edizione italiana xi
Prefazione alla Terza Edizione americanaxii
PARTE PRIMA
V.Linee guida dietetiche 16 A.Raccomandazioni generali16
B.Frutta, verdura e cereali17
A.Glucosio nel sangue e ruolo del fegato durante il digiuno32
B.Ruolo del tessuto adiposo durante il digiuno34
C.Modificazioni metaboliche durante un breve digiuno: una sintesi34
II.Cambiamenti metabolici durante il digiuno prolungato 35
A.Ruolo del fegato durante il digiuno prolungato 35
B.Ruolo del tessuto adiposo durante il digiuno prolungato36
PARTE SECONDA
Fondamenti chimici e biologici della Biochimica
4Acqua, acidi, basi e tamponi
43
I.Acqua 44
A.Compartimenti fluidi nell’organismo umano44
B.Legami idrogeno nell’acqua45
C.Elettroliti46
D.Osmolalità e movimento dell’acqua46
II.Acidi e basi 46
A.pH dell’acqua47
B.Acidi forti e deboli47
III.Tamponi
e stato post-prandiale22
I.Digestione e assorbimento 23
II.Modifiche dei livelli ormonali dopo un pasto 24
III.Destino del glucosio dopo un pasto 25
A.Conversione a glicogeno, triacilglicerolo e CO2 nel fegato25
B.Metabolismo del glucosio in altri tessuti 25
IV.Destino delle lipoproteine nello stato post-prandiale 27
V.Destino degli amminoacidi nello stato post-prandiale 27
VI.Stato post-prandiale: una sintesi 28
3Stato di digiuno 31
I.Stato di digiuno
49
IV.Acidi metabolici e tamponi 49
A.Sistema tampone bicarbonato50
B.Bicarbonato ed emoglobina negli eritrociti51
C.pH intracellulare52
D.Ioni idrogeno, ammonio e fosfato urinari52
E.Acido cloridrico52
5Struttura dei principali componenti dell’organismo 56
I.Gruppi funzionali dei composti biologici 57
A.Composti biologici57
B.Gruppi funzionali57
C.Polarità dei legami e cariche parziali59
D.Nomenclatura60
II.Carboidrati 60
A.Monosaccaridi60
B.Glicosidi63
III.Lipidi 64
A.Acidi grassi64
B.Acilgliceroli66
C.Fosfoacilgliceroli66
D.Sfingolipidi67
E.Steroidi67
IV.Composti azotati
67
A.Amminoacidi67
B.Strutture cicliche contenenti azoto67
V.Radicali liberi
6Amminoacidi nelle proteine
I.Struttura generale degli amminoacidi
69
73
75
II.Classificazione delle catene laterali degli amminoacidi 76
A.Amminoacidi non polari alifatici76
B.Amminoacidi aromatici 78
C.Amminoacidi alifatici polari non carichi 79
D.Amminoacidi solforati 79
E.Amminoacidi acidi e basici 79
III.Variazioni della struttura primaria 80
A.Polimorfismi nella struttura proteica 82
B.Famiglie e superfamiglie di proteine 83
C.Variazioni della struttura proteica fra tessuti e con lo sviluppo83
D.Variazioni di specie nella struttura primaria dell’insulina84
IV.Amminoacidi modificati 85
A.Glicosilazione 85
B.Acilazione o prenilazione 86
C.Modificazioni regolatorie 86
D.Altre modificazioni post-traduzionali degli amminoacidi88
E.Selenocisteina 88
7Relazioni struttura-funzione nelle proteine92
I.Caratteristiche generali della struttura tridimensionale 94
A.Descrizioni delle strutture proteiche94
B.Requisiti della struttura tridimensionale94
II.Struttura tridimensionale dello scheletro peptidico 95
III.Struttura secondaria 95
A. -Elica
C.Strutture
D.Motivi
IV.Struttura
A.Domini nella struttura terziaria 98
B.Ripiegamenti nelle proteine globulari 98
C.Solubilità delle proteine globulari in ambiente acquoso100
D.Struttura terziaria delle proteine transmembrana 101
V.Struttura quaternaria 101
VI.Determinazione quantitativa del legame con un ligando 102
VII. Relazioni tra struttura e funzione nella mioglobina ed emoglobina 102
A.Gruppo eme e suo legame con l’ossigeno 103
B.Cooperatività del legame dell’O2 nell’emoglobina 104
VIII.Relazioni fra struttura e funzione nelle immunoglobuline 106
IX.Avvolgimento (folding) delle proteine 106
A.L’avvolgimento è determinato dalla struttura primaria106
B.Denaturazione delle proteine 109
8Enzimi come catalizzatori 116
I.Reazione catalizzata dall’enzima 117
A.Sito attivo118
B.Siti di legame del substrato119
C.Complesso dello stato di transizione120
II.Meccansimo catalitico della chimotripsina 121
A.Reazione in assenza di enzima121
B.Strategie catalitiche nella reazione catalizzata dalla chimotripsina123
C.Diagramma energetico in presenza della chimotripsina125
III.Gruppi funzionali nella catalisi 125
A.Gruppi funzionali sulle catene laterali amminoacidiche126
B.Coenzimi nella catalisi126
C.Ioni metallici nella catalisi130
D.Ruoli non catalitici dei cofattori130
IV.pH e temperatura ottimali 130
V.Inibitori basati sul meccanismo di reazione 131
A.Inibitori covalenti131
B.Analoghi dello stato di transizione e composti che mimano stadi intermedi della reazione131
C.Metalli pesanti134
9Regolazione degli enzimi
I.Un quadro d’insieme
II.Regolazione da concentrazione di substrato e prodotto 141
A.Velocità e concentrazione del substrato141
B.Inibizione reversibile nel sito attivo143
III.Regolazione tramite cambiamenti di conformazione 144
A. Cambiamenti conformazionali negli enzimi allosterici144
B.Cambiamenti di conformazione da modificazioni covalenti146
C.Cambiamenti di conformazione per interazioni proteina-proteina148
D.Scissione proteolitica149
IV.Regolazione mediante cambiamenti nella quantità di enzima 149
A.Regolazione della sintesi degli enzimi150
B.Regolazione della degradazione delle proteine150
V.Regolazione delle vie metaboliche 150
A.Principi di regolazione delle vie metaboliche151
10Relazioni tra biologia cellulare e biochimica156
I.Compartimentazione nelle cellule 157
II.Membrana plasmatica 158
A.Struttura della membrana plasmatica158
B.Trasporto delle molecole attraverso la membrana plasmatica161
C.Trasporto vescicolare attraverso la membrana plasmatica 165
III.Lisosomi 166
A.Idrolasi lisosomiali166
B.Endocitosi, fagocitosi e autofagia166
IV.Mitocondri
IX.Citoscheletro 170
A.Microtubuli170
B.Filamenti di actina171
C.Filamenti intermedi172
11Segnalazione cellulare mediante messaggeri chimici 176
I.CARATTERISTICHE GENERALI DEI MESSAGGERI
CHIMICI 178
A.Caratteristiche generali dei messaggeri chimici: il funzionamento del recettore nicotinico dell’acetilcolina178
B.Azioni endocrine, paracrine e autocrine179
C.Tipi di messaggeri chimici180
II.Recettori intracellulari che funzionano come fattori di trascrizione 181
A.Recettori intracellulari e recettori di membrana a confronto181
B.Superfamiglia dei recettori degli ormoni steroidei/tiroidei182
III.Recettori situati sulla membrana plasmatica e trasduzione del segnale 183
A.Classi principali dei recettori di membrana184
B.Trasduzione del segnale attraverso un recettore dotato di attività tirosina chinasica185
C.Trasduzione del segnale attraverso i recettori di tipo JAK-STAT187
D.Recettori dotati di attività serina-treonina chinasica189
E.Trasduzione del segnale attraverso i recettori a sette eliche190
F.Adattamenti cellulari in risposta alla segnalazione193
IV.Terminazione del segnale 193
PARTE
A.Localizzazione del DNA 200
B.Scoperta della struttura del DNA 201
C.Concetto di appaiamento fra le basi 202
D.I filamenti del DNAsono antiparalleli 204
E.Doppia elica 204
F.Caratteristiche del DNA 206
II.Struttura dei cromosomi 207
A.Dimensioni della molecola di DNA 207
B.Superavvolgimento del DNA 207
C.Genoma umano 208
III.Struttura dell’RNA 210
A.Caratteristiche generali dell’RNA 210
B.Struttura dell’mRNA 210
C.Struttura dell’rRNA 211
D.Struttura del tRNA 212
E.Altri tipi di RNA 212
13Sintesi del DNA 216
I.Sintesi del DNAnei procarioti 217
A.La replicazione è bidirezionale217
B.La replicazione è semiconservativa217
C.Separazione dei filamenti parentali218
D.Azione della DNApolimerasi218
E.Eliminazione degli errori di appaiamento delle basi219
F.Funzione dei primer di RNA220
G.Sintesi del DNAalla forcella di replicazione 220
H.Funzione della DNAligasi220
II.Sintesi del DNAnegli eucarioti 220
A.Ciclo cellulare degli eucarioti220
B.Punti di origine della replicazione222
C.DNApolimerasi degli eucarioti222
D.Complesso di replicazione degli eucarioti222
E.Replicazione dei telomeri224
III.Riparazione del DNA 225
A.Azioni dei mutageni225
B.Meccanismi di riparazione226
IV.Riarrangiamenti genici 228
A.Ricombinazione generale od omologa228
B.Traslocazioni229
C.Trasposoni229
V.Trascrittasi inversa 230
14Trascrizione: sintesi dell’RNA 233
I.Azione della RNApolimerasi 234
II.Tipi di RNApolimerasi 235
A.Sequenze dei geni 236
B.Riconoscimento dei geni da parte della RNApolimerasi237
C.Promotori dell’mRNA 237
III.Trascrizione nei batteri 240
IV.Trascrizione negli eucarioti 240
A.Sintesi dell’mRNAnegli eucarioti 241
B.Sintesi dell’rRNAnegli eucarioti 244
C.Sintesi del tRNAnegli eucarioti 245
V.Differenze tra le dimensioni del DNAdei procarioti e degli eucarioti 246
A.Le cellule umane sono diploidi 246
B.I geni umani contengono introni 247
C.Sequenze ripetitive nel DNAdegli eucarioti 247
D.Differenze fra il DNAe l’RNAdei procarioti e degli eucarioti: una sintesi 248
15Traduzione: sintesi delle proteine 254
I.Codice genetico 255
A.Il codice è degenerato ma non ambiguo
B.Il codice è quasi universale
C.Il codice non è sovrapposto e non ha punteggiatura
II.Relazione tra mRNAe prodotto proteico
III.Effetti delle mutazioni 257
A.Mutazioni puntiformi 258
B.Inserzioni, delezioni e mutazioni con spostamento del quadro di lettura 258
IV.Formazione dell’amminoacil-tRNA 259
V.Processo di traduzione 260
A.Inizio della traduzione 260
B.Allungamento della catena polipeptidica 262
C.Terminazione della traduzione
VI.Polisomi
VII.Modificazione (processing) delle proteine
VIII.Modificazioni post-traduzionali
IX.Indirizzamento delle proteine a localizzazioni subcellulari ed extracellulari
264
264
265
16Regolazione dell’espressione genica271
I.L’espressione genica è regolata perl’adattamento e il differenziamento
II.Regolazione dell’espressione genica nei procarioti
272
273
A.Operoni273
B.Regolazione del legame della RNApolimerasi da parte di repressori274
C.Stimolazione del legame della RNApolimerasi276
D.Regolazione del legame della RNApolimerasi ai fattori sigma277
E.Attenuazione della trascrizione278
III.Regolazione della sintesi proteica negli eucarioti 278
A.La regolazione dell’espressione genica negli eucarioti avviene a livelli multipli278
B.Regolazione della disponibilità dei geni alla trascrizione279
C.Regolazione a livello della trascrizione281
D.Modificazione post-trascrizionale dell’RNA287
E.Regolazione a livello della traduzione e della stabilità dell’mRNA289
F.Trasporto e stabilità dell’mRNA290
17Impiego delle tecniche del DNA ricombinante in medicina
I.Tecniche del DNAricombinante
294
296
A.Strategie per ottenere frammenti di DNAe copie di geni296
B.Tecniche per l’identificazione di sequenze di DNA298
C.Tecniche per l’amplificazione del DNA301
II.Impiego delle tecniche del DNAricombinante perla diagnosi delle malattie
304
A.Polimorfismi del DNA304
B.Identificazione dei polimorfismi305
III.Impiego delle tecniche del DNAricombinante perla prevenzione e il trattamento delle malattie
308
A.Vaccini
B.Produzione di proteine per scopi terapeutici308
C.Piccoli RNAinterferenti (siRNA)310
D.Consulenza genetica311
E.Terapia genica311
F.Animali transgenici313
IV.Proteomica 313
18Biologia molecolare del cancro
I.Cause del cancro
II.Danni al DNAche possono causare mutazioni
318
319
321
A.Modificazioni chimico-fisiche del DNA321
B.Mutazioni di tipo gain-of-function in proto-oncogeni322
C.Mutazioni negli enzimi di riparazione del DNA323
III.Oncogeni
324
A.Oncogeni e cascata di trasduzione del segnale324
B.Oncogeni e ciclo cellulare 326
IV.Geni oncosoppressori 328
A.Geni oncosoppressori che regolano direttamente il ciclo cellulare329
B.Geni oncosoppressori che interferiscono con i recettori e con i meccanismi di trasduzione del segnale 330
C.Geni oncosoppressori che influenzano l’adesione cellulare331
V.Cancro e apoptosi 331
A.Normali vie di attivazione dell’apoptosi 332
B.Le cellule cancerose diventano resistenti all’apoptosi335
VI.Il cancro si sviluppa quando si accumulano molteplici mutazioni 335
VII.Alivello molecolare il cancro è una patologia complessa 336
Ossidazione dei substrati energetici e produzione di ATP
19Bioenergetica: ATP e O2 345
I.Energia disponibile percompiere lavoro 347
A.Legami fosforici altamente energetici dell’ATP347
B.Variazione di energia libera (∆G) durante una reazione348
C.Reazioni esotermiche ed endotermiche 349
II.Trasduzioni energetiche percompiere lavoro meccanico e di trasporto 351
A. Lavoro meccanico 351
B.Lavoro di trasporto 351
III.Lavoro biochimico 351
A.Additività dei valori di ∆G0 352
B.Dipendenza del ∆G dalla concentrazione dei prodotti e dei substrati353
C.Legami altamente energetici degli intermedi attivati354
IV.Termogenesi 355
V.Energia del metabolismo ossidativo degli alimenti 356
A.Trasduzione di energia attraverso la fosforilazione ossidativa356
B.Ruolo del NADPH nelle reazioni di ossido-riduzione359
C.Glicolisi anaerobica360
VI.Ossigenasi e ossidasi non coinvolte nella produzione di ATP 360
A.Ossidasi360
B.Ossigenasi360
VII.Bilancio energetico 361
20Ciclo degli acidi tricarbossilici 366
I.Uno sguardo al ciclo degli acidi tricarbossilici 368
II.Reazioni del ciclo TCA 368
A.Formazione e ossidazione dell’isocitrato369
B.Conversione dell’ -chetoglutarato a succinil-CoA 370
C.Produzione di GTP 370
D.Ossidazione del succinato a ossalacetato 370
III.Coenzimi del ciclo TCA 371
A.FAD e NAD+ 371
B.Ruolo del CoAnel ciclo TCA372
C.Complessi dell’ -chetoacido deidrogenasi 373
IV.Resa energetica del ciclo TCA 376
A.Efficienza complessiva del ciclo TCA 376
B.Reazioni termodinamicamente e cineticamente reversibili e irreversibili 377
V.Regolazione del ciclo TCA 378
A.Regolazione della citrato sintasi 379
B.Regolazione allosterica della isocitrato deidrogenasi 379
C.Regolazione della -chetoglutarato deidrogenasi 380
D.Regolazione dei metaboliti intermedi del ciclo TCA 380
VI.Precursori dell’acetil-CoA 381
A.Fonti di acetil-CoA 381
B.Complesso della piruvato deidrogenasi 381
VII.Intermedi del ciclo TCAe reazioni anaplerotiche 382
A.I componenti del ciclo TCAsono intermedi biosintetici382
B.Reazioni anaplerotiche 383
21Fosforilazione ossidativa e funzione mitocondriale 389
I.Fosforilazione ossidativa 391
A.Descrizione della fosforilazione ossidativa391
B.Componenti delle reazioni di ossido-riduzione nella catena di trasporto elettronico393
C.Trasferimento dei protoni395
D.Produzione di energia dal trasporto elettronico396
E.Trasferimento sequenziale nella catena respiratoria e sua inibizione397
II.Disfunzioni della fosforilazione ossidativa 397
A.DNAmitocondriale e malattie mitocondriali causate dalla disfunzione della fosforilazione ossidativa397
B.Altre malattie genetiche legate alla fosforilazione ossidativa399
III.Accoppiamento del trasporto elettronico con la sintesi di ATP 400
A.Regolazione mediante accoppiamento400
B.Disaccoppiamento della sintesi di ATPdal trasporto elettronico400
IV.Meccanismi di trasporto attraverso le membrane mitocondriali interne ed esterne 403
A.Trasporto attraverso la membrana mitocondriale interna 403
B.Trasporto attraverso la membrana mitocondriale esterna404
C.Poro della transizione di permeabilità mitocondriale404
22Produzione di ATP dal glucosio: la glicolisi408
I.Glicolisi 409
A.Reazioni della glicolisi410
B.Destino ossidativo del piruvato e del NADH413
C.Glicolisi anaerobica414
II.Altre funzioni della glicolisi 417
III.Regolazione della glicolisi sulla base delle richieste di ATP 418
A.Correlazioni tra le concentrazioni di ATP, ADPe AMP418
B.Regolazione delle esochinasi419
C.Regolazione della PFK-1420
D.Regolazione della piruvato chinasi421
E.Regolazione della glicolisi e della piruvato deidrogenasi 421
IV.Acidosi lattica 422
23Ossidazione degli acidi grassi e corpi chetonici 427
I.Acidi grassi come substrati energetici 429
A.Caratteristiche degli acidi grassi utilizzati come substrati energetici 430
B.Trasporto e attivazione degli acidi grassi a lunga catena430
C. -Ossidazione degli acidi grassi a lunga catena 433
D.Ossidazione degli acidi grassi con catena di media lunghezza 436
E.Regolazione della -ossidazione 437
II.Vie alternative di ossidazione degli acidi grassi 438
A.Ossidazione degli acidi grassi nei perossisomi 438
B. -Ossidazione degli acidi grassi 440
IIIMetabolismo dei corpi chetonici 441
A.Sintesi dei corpi chetonici 441
B.Ossidazione dei corpi chetonici come substrati energetici443
C.Vie alternative del metabolismo dei corpi chetonici 443
IV.Ruolo degli acidi grassi e dei corpi chetonici nell’omeostasi dei substrati energetici 443
A.Utilizzo preferenziale degli acidi grassi 444
B.Tessuti che utilizzano corpi chetonici 444
C.Regolazione della sintesi dei corpi chetonici 445
24Tossicità dell’ossigeno e danno da radicali liberi 449
I.O2 e produzione di specie reattive dell’ossigeno 451
A.Natura radicalica dell’O2 451
B.Caratteristiche delle specie reattive dell’ossigeno451
C.Fonti principali delle specie reattive dell’ossigeno nella cellula 453
II.Reazioni di radicali liberi dell’ossigeno con i componenti cellulari 454
A.Attacco alle membrane biologiche: formazione di radicali lipidici e lipoperossidi454
B.Proteine e peptidi456
C.DNA456
III.Ossido d’azoto e specie reattive dell’azoto-ossigeno 456
A.Ossido d’azoto sintasi 456
B.Tossicità dell’NO457
IV.Formazione di radicali liberi durante la fagocitosi e l’infiammazione 458
A.NADPH ossidasi 458
B.Mieloperossidasi e HOCl 459
C.RNOS e infiammazione 460
V.Sistemi di difesa cellulare contro la tossicità dell’ossigeno 460
A.Enzimi di difesa antiossidante461
B.Antiossidanti non enzimatici (scavenger di radicali liberi)462
25Metabolismo dell’etanolo 470
I.Metabolismo dell’etanolo 472
A.Alcol deidrogenasi 472
B.Acetaldeide deidrogenasi 473
C.Destino dell’acetato 474
D.Sistema di ossidazione microsomiale dell’etanolo (MEOS)474
E.Variazioni nel metabolismo dell’etanolo 475
F.Rendimento energetico dell’ossidazione dell’etanolo476
II.Effetto tossico del metabolismo dell’etanolo 476
A.Effetti acuti dell’etanolo derivanti dall’aumento del rapporto NADH/NAD+ 477
B.Tossicità dell’acetaldeide479
C.Etanolo e formazione di radicali liberi479
D.Cirrosi epatica e perdita della funzione epatica480
Metabolismo dei carboidrati
26Regolazione del metabolismo dei substrati energetici da parte dell’insulina, del glucagone e di altri ormoni 489
I.Omeostasi metabolica 491
II.Principali ormoni dell’omeostasi metabolica 492
III.Sintesi e rilascio di insulina e glucagone 495
A.Pancreas endocrino495
B.Sintesi e secrezione di insulina495
C.Stimolazione e inibizione del rilascio di insulina496
D.Sintesi e secrezione del glucagone497
IV.Meccanismo d’azione dell’ormone 498
A.Segnali di trasduzione da parte degli ormoni che si legano ai recettori della membrana plasmatica 499
B.Trasduzione del segnale ad opera del cortisolo e di altri ormoni che interagiscono con recettori intracellulari501
C.Segnali di trasduzione ad opera dell’adrenalina e noradrenalina501
27Digestione, assorbimento e trasporto dei carboidrati 505
I.Carboidrati della dieta 508
II.Digestione dei carboidrati della dieta508
A. -Amilasi salivari e pancreatiche 509
B.Disaccaridasi presenti sull’orletto a spazzola dell’epitelio intestinale 510
C.Metabolismo dei glucidi da parte della flora batterica intestinale512
D.Intolleranza al lattosio 513
III.Fibre della dieta 514
IV.Assorbimento dei carboidrati 516
A.Assorbimento a livello dell’epitelio intestinale 516
B.Trasporto dei monosaccaridi nei tessuti 519
V.Trasporto del glucosio attraverso la barriera emato-encefalica e nei neuroni 520
28Sintesi e degradazione del glicogeno524
I.Struttura del glicogeno 526
II.Funzione del glicogeno nel muscolo scheletrico e nel fegato 526
III.Sintesi e degradazione del glicogeno 528
A.Sintesi del glicogeno528
B.Glicogenolisi529
IV.Disordini del metabolismo del glicogeno 530
V.Regolazione della glicogeno sintesi e della glicogenolisi 531
A.Regolazione del metabolismo del glicogeno nel fegato531
B.Regolazione della sintesi e della degradazione del glicogeno nel muscolo scheletrico537
29Processi metabolici dei monosaccaridi: via dei pentoso fosfati, metabolismo del fruttosio e del galattosio 542
I.Fruttosio 544
A.Metabolismo del fruttosio544
B.Sintesi del fruttosio nella via dei polioli545
II.Metabolismo del galattosio – Conversione a glucosio 1-fosfato 546
III.Via dei pentoso fosfati 547
A.Fase ossidativa della via dei pentoso fosfati 547
B.Fase non ossidativa della via dei pentoso fosfati548
C.Ruolo della via dei pentoso fosfati nella produzione di NADPH550
30Sintesi di glicosidi, lattosio, glicoproteine e glicolipidi 557
I.Interconversioni che coinvolgono i derivati nucleotidici dei glucidi 558
A.Reazioni dell’UDP-glucosio558
B.UDP-glucuronato: una risorsa di cariche negative559
C.Formazione dei glucuronidi559
D.Sintesi dell’UDP-galattosio e del lattosio partendo dal glucosio560
E.Formazione di glucidi per la sintesi di glicolipidi e glicoproteine562
II.Glicoproteine 562
A.Struttura e funzione562
B.Sintesi 564
III.Glicolipidi 565
A.Funzione e struttura565
B.Sintesi567
31Gluconeogenesi e omeostasi del glucosio nel sangue 572
I.Metabolismo del glucosio nel fegato 574
II.Gluconeogenesi 575
A.Precursori della gluconeogenesi576
B.Formazione di intermedi della gluconeogenesi da varie fonti di carbonio577
C.Schema della gluconeogenesi577
D.Regolazione della gluconeogenesi580
E.È necessaria energia per la sintesi di glucosio584
III.Variazioni dei livelli di glucosio nel sangue dopo un pasto 584
A.Livelli di glucosio nel sangue nello stato di buona alimentazione585
B.Livelli di glucosio nel sangue nello stato di digiuno587
C.Livelli del glucosio nel sangue nello stato di digiuno prolungato589
D.Fonti di glucosio nel sangue: una sintesi590
E.Livelli di glucosio nel sangue durante l’attività fisica591
PARTE SESTA
Metabolismo lipidico
32Digestione e trasporto dei lipidi assunti con la dieta 597
I.Digestione dei triacilgliceroli 598
A.Azione dei sali biliari 599
B.Azione della lipasi pancreatica599
II.Assorbimento dei lipidi assunti con la dieta 600
III.Sintesi dei chilomicroni 602
IV.Trasporto dei lipidi assunti con la dieta nel circolo ematico 604
V.Destino dei chilomicroni 605
33Sintesi degli acidi grassi, dei triacilgliceroli e dei principali lipidi di membrana 609
I.Sintesi degli acidi grassi 612
A.Conversione del glucosio ad acetil-CoAcitosolico613
B.Conversione dell’acetil-CoAa malonil-CoA614
C.Complesso dell’acido grasso sintasi615
D.Allungamento degli acidi grassi617
E.Insaturazione degli acidi grassi618
II.Sintesi dei triacilglicerolI e delle particelle VLDL 620
III.Destino deI triacilgliceroli delle VLDL 620
IV.Deposito dei triacilgliceroli nel tessuto adiposo 621
V.Rilascio degli acidi grassi dai triacilgliceroli del tessuto adiposo 623
VI.Regolazione del rilascio degli acidi grassi mediante gliceroloneogenesi 624
VII.Metabolismo di glicerofosfolipidi e sfingolipidi 625
A.Sintesi dei fosfolipidi contenenti glicerolo625
B.Degradazione dei glicerofosfolipidi628
C.Sfingolipidi630
VIII.Gli adipociti come organo endocrino 630
A.Leptina630
B.Adiponectina632
34Assorbimento, sintesi, metabolismo e destino del colesterolo 638
I.Assorbimento intestinale del colesterolo 641
II.Sintesi del colesterolo 642
A.Fase 1: sintesi del mevalonato dall’acetil-CoA642
B.Fase 2: conversione del mevalonato a due unità isoprenoidi 644
C.Fase 3: condensazione di sei unità isoprenoidi a 5 atomi di carbonio per formare il composto squalene a 30 atomi di carbonio 644
D.Fase 4: conversione dello squalene nella struttura steroidea costituita dalla condensazione di 4 anelli646
III.Più destini del colesterolo 646
IV.Sintesi dei sali biliari 648
A.Conversione del colesterolo ad acido colico e chenocolico648
B.Formazione dei sali biliari648
V.Destino dei sali biliari 650
VI.Trasporto del colesterolo nel sangue mediante le lipoproteine 650
A.Chilomicroni651
B.Lipoproteine a bassissima densità (VLDL)651
C.Lipoproteine a densità intermedia e a bassa densità651
D.Lipoproteine ad alta densità (HDL)653
VII.Ingresso delle lipoproteine nelle cellule perendocitosi 656
VIII.Recettori delle lipoproteine 658
A.Recettore delle LDL658
B.Proteine del recettore delle LDL(LRP)659
C.Recettori di rimozione nei macrofagi660
IX.Aspetti anatomici e biochimici dell’aterosclerosi 661
X.Ormoni steroidi 662
A.Sintesi del cortisolo664
B.Sintesi dell’aldosterone666
C.Sintesi degli androgeni surrenalici666
D.Sintesi del testosterone667
E.Sintesi degli estrogeni e del progesterone667
XI.Sintesi della vitamina D 668
35Metabolismo degli eicosanoidi
675
I.Sorgente degli eicosanoidi 677
II.Sintesi degli eicosanoidi 678
A.Via della ciclo-ossigenasi: sintesi di prostaglandine e trombossani678
B.Via della lipossigenasi: sintesi di leucotrieni, HETE e lipossina682
C.Via del citocromo P450: sintesi e azione degli epossidi e dei derivati HETE e HETES684
D.Sintesi degli isoprostani684
E.Sintesi degli endocannabinoidi684
III.Meccanismo d’azione degli eicosanoidi 686
36Integrazione del metabolismo glucidico e lipidico 689
I.Regolazione del metabolismo dei carboidrati e dei lipidi dopo il pasto 690
A.Meccanismi che influenzano la sintesi epatica del glicogeno e dei triacilgliceroli 690
B.Meccanismi che influenzano il destino dei chilomicronie delle VLDL693
C.Meccanismi che governano l’accumulo di triacilgliceroli nel tessuto adiposo693
II.Regolazione del metabolismo dei carboidrati e dei lipidi a digiuno 694
A.Meccanismi di mantenimento dei livelli glicemici da parte del fegato694
B.Meccanismi che influenzano la lipolisi nel tessuto adiposo695
C.Meccanismi che governano la produzione epatica dei corpi chetonici695
D.Regolazione del consumo muscolare di glucosio e di acidi grassi697
III.Importanza dell’AMPe del fruttoso 2,6-bisfosfato 698
IV.Riassunto generale 699
PARTE SETTIMA
Metabolismo dell’azoto
37Digestione delle proteine e assorbimento degli amminoacidi
708
I.Digestione delle proteine 709
A.Digestione delle proteine nello stomaco 709
B.Digestione delle proteine ad opera di enzimi contenuti nel fluido pancreatico710
C.Digestione delle proteine ad opera di enzimi intestinali711
II.Assorbimento degli amminoacidi 711
A.Co-trasporto di Na+ e amminoacidi 711
B.Trasporto degli amminoacidi nelle cellule 713
III.Turnoverdelle proteine e riempimento del pool intracellulare degli amminoacidi 713
A.Lisosomi e turnover delle proteine 714
B.Via dell’ubiquitina-proteasoma 714
38Destino dell’azoto amminoacidico:
ciclo dell’urea 719
I.Destino dell’azoto amminoacidico 721
A.Reazioni di transaminazione 721
B.Rimozione dell’azoto amminoacidico come ammoniaca721
C.Ruolo del glutammato nel metabolismo dell’azoto amminoacidico723
D.Ruolo dell’alanina e della glutammina nel trasporto dell’azoto amminoacidico al fegato724
II.Ciclo dell’urea 725
A.Reazioni del ciclo dell’urea726
B. Origine dell’ornitina727
C. Regolazione del ciclo dell’urea728
D. Funzione del ciclo dell’urea nel digiuno729
E. Alterazioni del ciclo dell’urea730
39Sintesi e degradazione degli amminoacidi735
I.Ruolo dei cofattori nel metabolismo degli amminoacidi 738
II.Amminoacidi derivati da intermedi della glicolisi 739
A.Serina739
B.Glicina740
C.Cisteina741
D.Alanina742
III.Amminoacidi e intermedi del ciclo degli acidi tricarbossilici 742
A.Amminoacidi correlati all’ -chetoglutarato/glutammato742
B.Amminoacidi correlati con l’ossalacetato (aspartato e asparagina) 744
C.Amminoacidi che formano fumarato 745
D.Amminoacidi che formano succinil-CoA 745
IV.Amminoacidi che formano acetil-CoAe acetoacetato 748
A.Fenilalanina e tirosina 748
B.Triptofano 748
C.Treonina, isoleucina, leucina e lisina 749
40Tetraidrofolato, vitamina B12 ed
S-adenosilmetionina 755
I.Tetraidrofolato (FH4) 757
A.Struttura e forme del FH4 757
B.Vitamina folato758
C.Ossidazione e riduzione delle unità monocarboniose del tetraidrofolato758
D.Fonti di unità monocarboniose trasportate dal FH4 758
E.Accettori delle unità monocarboniose760
II.Vitamina B12 761
A. Struttura e forme della vitamina B12 761
B. Assorbimento e trasporto della vitamina B12 762
C. Funzioni della vitamina B12 763
III. S-Adenosilmetionina 764
IV. Correlazioni tra folato, vitamina B12 e SAM 765
A. Ipotesi della trappola dei metili765
B. Iperomocisteinemia765
C. Difetti del tubo neurale766
V.Colina e metabolismo dell’unità monocarboniosa 766
41Metabolismo delle purine e delle pirimidine770
I.Purine e pirimidine 771
II.Biosintesi purinica 771
A.Sintesi “de novo” dei nucleotidi purinici772
B.Via di salvataggio delle purine775
III.Sintesi dei nucleotidi pirimidinici 777
A.Sintesi “de novo”777
B.Via di salvataggio delle basi pirimidiniche779
C.Regolazione della sintesi “de novo” delle pirimidine 779
IV.Produzione dei deossiribonucleotidi 780
V.Degradazione delle basi puriniche e pirimidiniche 782
A.Basi puriniche782
B.Basi pirimidiniche782
42Metabolismo degli amminoacidi nei tessuti786
I.Pool di amminoacidi nel sangue 787
A.Flusso di amminoacidi tra tessuti nel digiuno788
B.Regolazione del flusso degli amminoacidi tra i tessuti790
II.Utilizzazione degli amminoacidi nei singoli tessuti 791
A.Rene792
B.Muscolo scheletrico 793
C.Intestino797
D.Fegato798
E.Cervello e sistema nervoso798
IIICambiamenti del metabolismo degli amminoacidi in risposta alla dieta e alle diverse condizioni fisiologiche 799
A.Pasto a elevato contenuto di proteine800
B.Condizioni ipercataboliche801
Metabolismo dei tessuti
43Azione degli ormoni che regolano il metabolismo energetico 810
I.Fisiologiche dell’insulina 812
II.Azioni fisiologiche del glucagone 812
III.Azioni fisiologiche di altri ormoni controregolatori 813
A.Somatostatina813
B.Ormone della crescita814
C.Catecolammine (adrenalina, noradrenalina, dopamina)819
D.Glucocorticoidi820
E.Ormoni tiroidei823
F.Ormoni gastrointestinali che regolano il metabolismo dei substrati energetici827
G.Segnali nervosi che controllano la secrezione dell’insulina e degli ormoni controregolatori832
H.Sistema degli endocannabinoidi e omeostasi energetica832
44Biochimica degli eritrociti e delle altre cellule del sangue 839
I.Le cellule del sangue 840
A.Classificazione e funzione di leucociti e trombociti840
B.Anemia841
II.Metabolismo degli eritrociti 842
A.Eritrociti maturi842
B.Precursori degli eritrociti e sintesi dell’eme844
III.Membrana dei globuli rossi 848
IV.Agenti che influenzano il legame dell’ossigeno 850
A.2,3-Bisfosfoglicerato850
B.Legame dei protoni (effetto Bohr)850
C.Anidride carbonica850
V.Ematopoiesi 851
A.Citochine ed ematopoiesi852
B.Eritropoiesi854
C.Anemie nutrizionali854
VI.Emoglobinopatie, persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale e cambiamento delle catene globiniche dell’emoglobina nel corso dello sviluppo (switch dell’emoglobina) 855
A.Emoglobinopatie: anomalie nella struttura o nella quantità di catene globiniche855
B.Talassemie 855
C.Persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale 856
D.Switch dell’emoglobina 857
E.Struttura e regolazione trascrizionale dei loci dei geni pere -globina 858
45Proteine plasmatiche, coagulazione e fibrinolisi 862
I.Le proteine del plasma favoriscono la distribuzione di acqua tra il sangue e i tessuti 863
A.Mantenimento della distribuzione dei fluidi tra il sangue e i tessuti863
B.Albumina: la più importante proteina del siero863
II.Il plasma contiene proteine responsabili della difesa immunitaria 864
III.Le proteine del plasma mantengono l’integrità del sistema circolatorio 864
A.Formazione del tappo emostatico865
B.Reazioni a cascata della coagulazione866
C.Processo della coagulazione867
D.Regolazione del processo coagulativo per mezzo di meccanismi retroattivi di amplificazione e inibizione871
E.Effetto antitrombotico dell’endotelio vascolare872
F.Fibrinolisi873
G.Regolazione della fibrinolisi874
46Metabolismo del fegato 878
I.Anatomia del fegato 879
II.Tipi di cellule del fegato 880
A.Epatociti880
B.Cellule endoteliali880
C.Cellule di Kupffer880
D.Cellule epatiche stellate881
E.Pit cell881
III.Principali funzioni del fegato 881
A.Il fegato è il centro di raccolta e riciclaggio centralizzato dell’organismo881
B.Inattivazione e detossificazione di composti xenobiotici e metaboliti882
C.Regolazione dei livelli ematici di glucosio 886
D.Sintesi e rilascio in circolo di colesterolo e triacilgliceroli886
E.Ammoniaca e ciclo dell’urea 886
F.Formazione di corpi chetonici 887
G.Biosintesi dei nucleotidi 887
H.Sintesi di proteine del sangue 888
I.Sintesi di glicoproteine e proteoglicani 888
J.Via del pentoso fosfati889
IV.Substrati energetici peril fegato 889
A.Metabolismo dei carboidrati890
B.Glucosio come substrato metabolico890
C.Metabolismo lipidico891
D.Metabolismo amminoacidico nel fegato 895
E.Metabolismo degli amminoacidi nelle malattie epatiche 896
V.Malattie del fegato 897
47Metabolismo del muscolo a riposo e durante l’esercizio fisico 901
I.Tipi di cellule muscolari 902
A.Muscolo scheletrico902
B.Cellule muscolari lisce904
C.Cellule muscolari cardiache904
II.Segnali nervosi nella contrazione muscolare 904
III. Metabolismo glucidico e degli acidi grassi nelle cellule muscolari 907
IV.Substrati utilizzati dal muscolo cardiaco 908
A.Condizioni normali908
B.Condizioni ischemiche908
V.Substrati utilizzati dal muscolo scheletrico 909
A.ATPe creatina fosfato909
B.Utilizzazione dei substrati a riposo910
C.Utilizzazione dei substrati durante il digiuno911
D.Utilizzazione dei substrati durante l’esercizio fisico911
VI.Esercizio prolungato di intensità lieve e moderata 915
A.Ridotto rilascio di lattato nel corso dell’esercizio fisico915
B.Glucosio circolante come substrato915
C.Acidi grassi come fonte di energia916
D.Amminoacidi ramificati917
E.Ciclo dei nucleotidi purinici917
F.Acetato917
VII.Effetti metabolici dell’allenamento nel metabolismo muscolare 917
48Metabolismo del sistema nervoso 921
I.Tipi cellulari del sistema nervoso 923
A.Neuroni923
B.Cellule neurogliali924
II.Barriera emato-encefalica 925
A.Struttura dei capillari925
B.Trasporto attraverso la barriera emato-encefalica925
III.Sintesi di neurotrasmettitori derivati da amminoacidi 926
A.Caratteristiche generali della sintesi dei neurotrasmettitori927
B.Dopamina, noradrenalina e adrenalina928
C.Metabolismo della serotonina933
D.Metabolismo dell’istamina933
E.Acetilcolina934
F.Glutammato e GABA935
G.Altri amminoacidi neurotrasmettitori937
IV.Encefalopatie metaboliche e neuropatie 937
A.Encefalopatia ipoglicemica938
B.Encefalopatie ipossiche939
C.Relazione tra la sintesi del glutammato e le reazioni anaplerotiche della piruvato decarbossilasi e metilmalonil-CoAmutasi939
V.Sintesi lipidica nel cervello e nel sistema nervoso periferico 939
A.Sintesi e ossidazione lipidica nel cervello940
B.Sintesi della mielina 941
49Matrice extracellulare e tessuto connettivo946
I.Composizione della matrice extracellulare 947
A.Proteine fibrose 947
B.Proteoglicani953
II.Integrine 958
III.Proteine d’adesione 958
IV.Metalloproteinasi della matrice 959
Appendice - Risposte alle “Domande di riesame”964
Indice analitico 982
Sul sito www.testtube.it sono disponibili materiali integrativi.
La terza edizione americana di Marks. Biochimica medica. Un approccio clinico è un testo di aggiornamento non solo di Biochimica generale, ma anche di Biochimica nutrizionale, endocrina, dei tessuti e della fisiopatologia umana.
L’espansione esplosiva delle conoscenze biochimiche e di biologia molecolare registrata in questi ultimi anni rende sempre più urgente la realizzazione di compendi chiari e aggiornati in grado di fornire i concetti fondamentali di queste discipline ai futuri medici.
Il pregio maggiore del volume Marks. Biochimica medica è la semplicità con cui vengono descritti i processi biochimici con le loro regolazioni metaboliche e ormonali, senza comunque trascurare i dettagli ma evitando che gli studenti si smarriscano perdendo di vista i principi generali. Molto importante a questo riguardo è la separazione della descrizione dei cicli metabolici dal loro significato metabolico e patologico. Di rilievo, ancora, l’inserimento della descrizione delle più attuali metodologie di biologia molecolare, particolarmente utile per la preparazione del medico moderno.
L’insegnamento frontale della Biochimica dovrebbe aiutare lo studente nella comprensione dei processi metabolici, spesso complessi, sollecitandone l’attenzione e la curiosità in riferimento al funzionamento del proprio corpo e rendendolo consapevole che le conoscenze biochimiche acquisite non sono fine a se stesse ma lo potranno aiutare nel corso degli studi clinici successivi. Aquesto scopo, durante il corso delle lezioni si rivelerebbe utile la discussione, possibilmente a piccoli gruppi, a partire dai casi pratici presentati, nei quali i concetti biochimici vengano ripresi per comprendere e affrontare particolari situazioni fisio-patologiche descritte nell’uomo (Biochemistry and Molecular Biology Education, 2007, 35:397-403). Il volume, infatti, inserendo in ogni capitolo la presentazione di numerosi casi clinici discussi in chiave biochimica e sollecitando una riflessione da parte dello studente attraverso una serie di domande poste per lo più in chiave clinica, favorisce questo tipo di insegnamento, che oltretutto ha il vantaggio di migliorare il grado di ritenzione delle nozioni acquisite (Advances in Health Science Education Theory Practice, 2010, 15:109-128).
Questo metodo didattico, a cui il testo è in grado di dare un contributo fattivo proprio con i suoi continui riferimenti a casi clinici, consentirà allo studente di verificare le nozioni dei processi biochimici apprese, consolidando così l’idea che quanto si sta studiando è di fondamentale importanza nella comprensione a livello molecolare della formazione e cura delle più frequenti disfunzioni e dei maggiori adattamenti metabolici a cui va incontro l’uomo.
Sulla base di queste considerazioni, Marks. Biochimica medica. Un approccio clinico è da ritenersi particolarmente utile non solo per gli studenti del corso di Medicina e Chirurgia, ma anche per quelli delle lauree Triennali Sanitarie e per tutti gli specializzandi che ritrovano l’insegnamento della Biochimica all’interno del loro indirizzo di studio, e potrà accompagnare come strumento di consultazione anche il futuro medico nella sua attività professionale.
Degna di rilievo è stata l’opera estremamente accurata del gruppo di Colleghi che hanno contribuito alla traduzione del testo originale inglese, Marks’Basic Medical Biochemistry. A Clinical Approach, perché sulla base delle proprie competenze scientifiche e didattiche non hanno solamente svolto con attenzione il proprio lavoro, ma hanno anche inserito dove necessario opportune annotazioni di aggiornamento e di descrizione di situazioni più pertinenti a quelle nazionali rispetto a quelle americane. Atutti va un doveroso ringraziamento.
Carlo
Guarnieri
Sono passati 4 anni da quando è stata pubblicata la seconda edizione, nella quale della prima edizione erano state conservate le principali impostazioni pedagogiche, ma ne era stato aggiornato completamente il testo, risalente a ben 8 anni prima. Sulla base di ampie recensioni provenienti dai docenti e dagli studenti, la terza edizione ha ottimizzato le caratteristiche della seconda edizione nel modo seguente.
1.Le figure sono state rese a colori (non più di due colori per figura). Ciò ha consentito agli Autori di illustrare meglio i concetti importanti che hanno inteso esprimere. La maggior parte delle figure sono le stesse della seconda edizione; in alcuni casi sono state raggruppate in uniche figure, in altri sono completamente nuove.
2.Le note inserite a margine dei capitoli nelle precedenti edizioni sono state eliminate, in particolare quelle che non sono state considerate necessarie per la comprensione della biochimica di base, mentre quelle che si sono dimostrate ancora utili sono state incluse nel testo.
3.Le note contrassegnate dallo “stetoscopio”, già presenti nella seconda edizione e che aggiornano il lettore sui progressi ottenuti nella cura dei pazienti, sono state mantenute.
4.Nella terza edizione è stato inserito un nuovo tipo di nota a margine, sulle metodologie. Quando un medico prescrive delle prove di laboratorio, le metodiche usate in tali prove sono legate alla chimica e alla biochimica. Spesso lo studente di medicina, quando passa a svolgere la sua attività nella clinica, dimentica che i test di laboratorio che utilizza si basano proprio sulle conoscenze acquisite durante il suo primo anno di studio. L’introduzione di queste note metodologiche ha lo scopo di far apprezzare agli studenti l’utilità dello studio della biochimica per la loro futura carriera.
5.Alla fine di ogni capitolo è stato inserito un paragrafo dal titolo “Concetti chiave” che riassume, a grandi linee, i principali argomenti trattati.
6.La discussione sulla sindrome metabolica è stata ampliata rispetto alla seconda edizione. Dato che si tratta di un argomento molto complesso e non pienamente compreso, nel testo sono state inserite solo quelle informazioni che a tutt’oggi sono generalmente accettate dalla letteratura, escludendo i dati ancora controversi. Questi aspetti sulla sindrome metabolica sono stati inseriti nella Parte Sesta del volume, soprattutto nei Capitoli 33, 34 e 36.
7.Il Capitolo 17 sulle tecniche molecolari utilizzate nella medicina moderna è stato aggiornato inserendo una descrizione sul silenziamento dell’RNA(e il suo impiego potenziale nella terapia) e l’analisi mediante microarray (con le sue applicazione future nella diagnostica).
8.La maggior parte dei meccanismi enzimatici sono stati trasferiti dal testo al paragrafo “Osservazioni biochimiche” nei capitoli appropriati.
9.La descrizione dettagliata del meccanismo con cui l’ossigeno si lega all’emoglobina (mostrando i cambiamenti strutturali che si verificano sui residui della proteina) è stata inserita nelle “Osservazioni biochimiche” del Capitolo 7.
Nell’aggiornare il volume, che si rivolge principalmente agli studenti di Medicina, gli Autori hanno avuto qualche dubbio sull’opportunità di inserire i recenti progressi nel campo della Biochimica. Sono state quindi riportate quelle anticipazioni che permetteranno allo studente di intendere meglio il ruolo della Biochimica negli studi della Medicina moderna e nella comprensione dei metodi utilizzati nella futura diagnostica. Inoltre, uno degli obiettivi più rilevanti di questo testo è quello di fornire agli studenti un libro che possa sostenerli anche nella pratica medica.
Di eventuali errori presenti nel testo sono responsabili gli Autori, che saranno lieti se verranno loro notificati, qualora vengano trovati.
In questa edizione sono stati mantenuti i nomi dei pazienti. L’impiego di tali nomi è da intendere come uno strumento didattico e non vuole essere irrispettoso dei pazienti o delle loro condizioni.
COME USARE QUESTO LIBRO
Alcune icone connotano le diverse parti del libro: la presentazione dei pazienti all’inizio di ogni capitolo; le note cliniche; le note metodologiche; le domande e le risposte; i concetti chiave, le osservazioni cliniche e le osservazioni biochimiche alla fine di ciascun capitolo. Ogni capitolo inizia con un riassunto che sintetizza le informazioni, in modo che gli studenti siano in grado di riconoscere le parole chiave e i concetti che andranno a imparare. Segue la “Sala d’aspetto”, nella quale vengono descritte in dettaglio le condizioni dei pazienti e gli eventi che li hanno portati a cercare assistenza medica:
indica un paziente di sesso femminile
indica un paziente di sesso maschile
indica un paziente bambino o bambina
Nel corso dei capitoli, a margine delle pagine, si susseguono alcune icone che identificano alcune informazioni relative a quanto riportato nel testo:
indica una nota clinica, di solito correlata ai pazienti presentati a inizio capitolo nella “Sala d’aspetto”. Vengono riportati segni o sintomi di un paziente o fornite alcune ulteriori informazioni cliniche pertinenti al testo principale; indica una nota metodologica che spiega come la biochimica sia in grado di spiegare e interpretare i comuni test di laboratorio.
Le domande e le risposte a margine del testo dovrebbero contribuire a mantenere viva l’attenzione degli studenti sugli argomenti: indica una domanda;
indica la soluzione alla domanda. La risposta a un quesito è sempre posizionata nella pagina successiva. Se due questioni appaiono in una pagina, le risposte sono date in ordine nella pagina seguente.
Ogni capitolo si conclude con i “Concetti chiave”, le “Osservazioni cliniche e le “Osservazioni biochimiche”.
I “Concetti chiave” sintetizzano le conoscenze essenziali che lo studente dovrebbe possedere dopo la lettura dell’intero capitolo.
Le “Osservazioni cliniche” forniscono ulteriori informazioni cliniche, descrivendo spesso il trattamento terapeutico e il risultato ottenuto.
Le “Osservazioni biochimiche” aggiungono informazioni che non sono state inserite nel testo o illustrano alcuni aspetti innovativi della biochimica.
La “Bibliografia consigliata” posta alla fine di ogni capitolo si rivolge a quegli studenti che desiderano approfondire maggiormente un particolare argomento.
Infine, al termine di ogni capitolo sono presentate alcune “Domande di riesame”, scritte in un formato simile alla United States Medical Licensing Examination (USMLE) e con un taglio per la maggior parte clinico. Le risposte sono fornite nell’“Appendice” del volume, con spiegazioni dettagliate.
RINGRAZIAMENTI
Gli Autori desiderano ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a migliorare con ottimi suggerimenti la revisione dei capitoli del testo. Un particolare ringraziamento a Matt Chansky, per la realiazzazione delle illustrazioni. Ringraziamenti sono rivolti a Liz Stalnaker e Jessica Heise, coordinati dal capo redattore Kathleen Scogna, che hanno avuto una grande pazienza con gli Autori durante la realizzazione di questa terza edizione. Infine, profondo riconoscimento va al contributo iniziale di Dawn Marks, per l’impostazione che ha saputo dare a questo testo di Biochimica rivolto agli studenti di Medicina, già evidente nella prima edizione e ancora più confermata nell’attuale terza edizione.
Per sopravvivere, gli esseri umani devono essere in grado di sintetizzare, nelle proprie cellule, tutto ciò che non viene fornito dalla dieta ed essere in grado di proteggere il proprio corpo dalle tossine e far fronte ai cambiamenti dell’ambiente esterno. Per soddisfare queste esigenze, l’organismo metabolizza i componenti della dieta grazie all’intervento di quattro vie metaboliche: metabolismo ossidativo dei nutrienti, vie metaboliche che portano alla conservazione o alla liberazione di energia, vie biosintetiche e vie di detossificazione o smaltimento delle sostanze non utilizzate. La cooperazione tra i diversi tessuti e le risposte ai cambiamenti dell’ambiente esterno sono possibili grazie a sistemi di trasporto e sistemi di comunicazione intercellulari (fig. I.1).
Gli alimenti introdotti con la dieta forniscono l’energia sotto forma di calorie. Questa energia è utilizzata per svolgere diverse funzioni necessarie per la sopravvivenza, come il movimento, le attività intellettuali e la riproduzione. Quindi, una serie di vie metaboliche costituisce il metabolismo ossidativo che permette di estrarre dai nutrienti l’energia necessaria per le vie biosintetiche e per il lavoro muscolare. Ma qual è la fonte di energia del nostro organismo lontano dai pasti o durante il riposo? Come riesce una persona che fa lo sciopero della fame, come si legge sulle testate giornalistiche, a sopravvivere così a lungo? Ciò è possibile poiché abbiamo a disposizione delle vie metaboliche che provvedono alla conservazione dell’energia. L’energia conservata può essere mobilizzata durante il digiuno o quando aumenta la richiesta energetica del nostro organismo.
La dieta deve fornire tutti i composti che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare, mentre gli altri composti sono sintetizzabili attraverso le vie biosintetiche. Ad esempio, la dieta deve fornire alcuni amminoacidi, mentre altri amminoacidi possono essere sintetizzati nell’organismo partendo dalle riserve e da precursori azotati assunti con la dieta. I composti che devono essere assunti con la dieta includono alcuni amminoacidi, vitamine e gli acidi grassi essenziali.
Le vie di detossificazione e smaltimento delle sostanze di scarto sono vie metaboliche dedicate alla eliminazione di sostanze tossiche che possono essere presenti negli alimenti che assumiamo o nell’aria che respiriamo o che possono essere introdotte nel nostro organismo come farmaci o che possono essere generate nel nostro organismo come intermedi metabolici di altri composti. Le sostanze che non sono utili al nostro organismo e che devono essere eliminate sono chiamate xenobiotiche
In generale, le vie biosintetiche (incluse le vie che portano al deposito di energia) fanno parte delle vie metaboliche anaboliche, che portano alla sintesi di grandi molecole a partire dai loro precursori. La sintesi di proteine a partire dai singoli amminoacidi è un esempio di via anabolica. Le viecataboliche sono le vie metaboliche che portano alla degradazione di grandi molecole nei loro singoli componenti. Le vie ossidative rappresentano un esempio di vie cataboliche.
Nell’uomo l’esigenza di cellule diverse a svolgere funzioni differenti ha portato alla differenziazione metabolica di cellule e tessuti. Ad esempio, il tessuto adiposo è specializzato al deposito di energia sotto forma di grasso e quindi possiede vie metaboliche che gli permettono di svolgere tale funzione. Tuttavia, il tessuto adiposo è carente di vie metaboliche che portano alla sintesi di altri composti a partire
Componenti della dieta
Substrati energetici: Carboidrati Grassi
Proteine
Xenobiotici
Digestione, assorbimento, trasporto
Composti cellulari
Vie metaboliche di biosintesi
Componenti strutturali
Vie di detossificazione e di smaltimento
Vitamine Minerali H2O
da precursori assunti con la dieta. Sono quindi necessari dei sistemi di trasporto attraverso il circolo ematico e dei sistemi di comunicazione intercellulari per permettere alle cellule di cooperare difronte alle necessità metaboliche del nostro organismo nei cambiamenti dello stato nutrizionale, del ritmo sonno-veglia, dello stato di salute e dell’attività fisica. Una via di comunicazione che informa i diversi tessuti sullo stato nutrizionale dell’individuo è rappresentata dagli ormoni. Ad esempio, il segnale che informa l’organismo dell’assunzione di un pasto, è fornito dall’ormone insulina, che dà il segnale, al tessuto adiposo, di immagazzinare energia sotto forma di grasso.
Prodotti di scarto
Depositi di energia
Vie metaboliche di deposito Vie metaboliche ossidative
FIGURA I.1. Vie metaboliche dei componenti della dieta. Le diverse vie metaboliche sono rappresentate in rosso.
In questa parte, verranno forniti una panoramica dei diversi componenti della dieta ed esempi di vie metaboliche coinvolte nella loro utilizzazione. Saranno descritti i componenti della nostra dieta, i prodotti della loro digestione e le principali vie del metabolismo ossidativo a cui vanno incontro i nutrienti nei diversi tessuti. Verranno anche descritti i cambiamenti metabolici durante un pasto, lontano dai pasti in condizioni di breve digiuno o di digiuno prolungato. Verranno poi introdotte le principali patologie che implicano alterazione del normale metabolismo dei nutrienti. Queste patologie saranno ripetutamente riprese nei capitoli successivi e approfondendo i processi biochimici sarà possibile osservare che sono collegate tra loro.
È importante sottolineare che questa parte del libro contiene una panoramica del metabolismo di base, con l’obiettivo di presentare le patologie a un livello elementare e di suscitare l’interesse dello studente nei confronti della biochimica fornendogli le conoscenze fondamentali per comprendere che cosa essa sia nel suo complesso. Non è quindi esauriente, poiché questi argomenti saranno discussi più dettagliatamente nelle successive parti (4-8) del testo. Nella Parte Seconda saranno descritte le basi della biochimica e la relazione tra chimica di base e i processi che avvengono in tutte le cellule degli organismi viventi.
Metabolismo energetico. L’organismo ottiene energia principalmente da carboidrati, grassi e proteine presenti nella nostra dieta. Durante un pasto, i componenti della dieta vengono digeriti e assorbiti. I prodotti della digestione sono riversati nel torrente ematico, entrano nei diversi tessuti e possono essere captati dalle cellule e ossidati per produrre energia. Per convertire completamente i nutrienti in diossido di carbonio (CO2) e acqua (H2O), è necessario l’ossigeno (O2). Noi respiriamo per captare l’ossigeno ed eliminare il diossido di carbonio (CO2) che è prodotto a seguito dell’ossidazione dei nutrienti.
Conservazione dell’energia. L’energia in eccesso rispetto al fabbisogno energetico dell’organismo viene depositata soprattutto sotto forma di triacilgliceroli (trigliceridi o grassi) nel tessuto adiposo, come glicogeno (un carboidrato) nel muscolo, nel fegato e in altre cellule e, in una certa misura, come proteine nel muscolo. Durante il digiuno, tra un pasto e l’altro e durante il riposo notturno, questi depositi vengono mobilizzati e ossidati per produrre energia (fig 1.1).
Richiesta di energia. Il nostro organismo richiede l’energia necessaria per esercitare tutte le funzioni basilari e per sostenere l’attività fisica. Se, ogni giorno, non si assume cibo in quantità adeguta a fornire l’energia di cui si ha bisogno, le riserve forniscono l’energia richiesta e si cala di peso. Viceversa, se si consuma più cibo rispetto all’energia di cui si ha bisogno, le riserve aumentano e si aumenta di peso.
Richiesta di altre sostanze introdotte con la dieta. Oltre a fornire energia, la dieta fornisce anche precursori per la biosintesi di composti necessari alla struttura, funzione e sopravvivenza di cellule e tessuti. Tra questi precursori ci sono gli acidi grassi e gli amminoacidi essenziali (ossia composti di cui l’organismo necessita ma che non è in grado di sintetizzare). La dieta deve anche fornire vitamine, minerali e acqua
Smaltimento di molecole di scarto. I componenti della dieta che il nostro organismo utilizza vengono definiti nutrienti. Tuttavia, se la dieta o l’aria che respiriamo contengono xenobiotici, composti che non utilizziamo e che possono essere tossici, queste sostanze sono eliminate con le urine e le feci insieme ai composti metabolici di scarto.
Eccesso di substrati energetici
Fase di alimentazione
Riserve di energia: Grassi
Glicogeno
Proteine
Fase di digiuno
Ossidazione
Energia
FIGURA 1.1. Destino metabolico a cui vanno incontro i substrati energetici in eccesso in condizioni di alimentazione o di digiuno.
Calore
Produzione di energia attraverso l’ossidazione di
Carboidrati
Lipidi
Proteine
Utilizzazione di energia
Biosintesi
Detossificazione
Contrazione muscolare
Trasporto attivo di ioni
Termogenesi
Percy Veere è caduto in un grave stato di depressione dopo la morte della moglie. Inoltre, deve affrontare il comportamento stravagante, tale da mettere a repentaglio la vita, di suo nipote Dennis Veere, iperattivo. O 2
ADP + Pi
FIGURA 1.2. Ciclo dell’ATP-ADP. Le vie metaboliche di produzione di energia sono indicate in rosso; le vie di utilizzazione di energia sono indicate in blu.
Acidi grassi
Glucosio Amminoacidi
Percy Veere è un insegnante di 59 anni che è stato in buona salute fino a quando sua moglie non morì improvvisamente. Da quel momento, provò una crescente sensazione di stanchezza e perse interesse per numerose attività che prima apprezzava. Subito dopo la perdita della moglie, uno dei suoi figli andò ad abitare lontano da casa. Da allora Veere cominciò a perdere appetito. Un giorno una vicina lo trovò che dormiva ancora vestito, trasandato e un po’confuso, e chiamò l’ambulanza. Veere fu ricoverato presso l’ospedale psichiatrico con una diagnosi di depressione associata a disidratazione e malnutrizione.
Otto Shape, uno studente di medicina di 25 anni molto impegnato nelle attività atletiche durante le scuole superiori, venne a trovarsi “fuori forma”. Da quando aveva iniziato gli studi di medicina, era aumentato di peso (con un’altezza di 1,55 metri, pesava 85 kg). Egli decise di consultare un medico presso il servizio sanitario studentesco, prima che le condizioni di salute peggiorassero.
Ivan Applebod è un ragioniere di 56 anni che da molti anni soffre di una grave obesità. Egli mostra un’obesità centrale, detta “a mela”, causata da un eccessivo deposito di tessuto adiposo nell’area addominale. Le sue principali attività ricreative sono guardare la TVmentre beve alcolici e fare occasionalmente giardinaggio. Aun picnic con gli amici, mentre giocava a baseball rimase “senza fiato” e, quindi, decise che era arrivato il momento di fare una visita generale da un medico. Alla visita, pesava 120 kg con un’altezza di 1,78 m. La sua pressione era leggermente alta, con pressione sistolica pari a 155 mmHg (normale = 120 mmHg o meno) e pressione diastolica pari a 95 mmHg (normale = 80 mmHg o meno).
Ciclo
Acetil-CoA TCA
Catena di trasporto degli elettroni
FIGURA 1.3. Sintesi di ATP a partire dai substrati energetici durante la respirazione. Il glucosio, gli acidi grassi e gli amminoacidi sono ossidati ad acetil-CoA, un substrato per il ciclo degli acidi tricarbossilici (ciclo TCA). In questo ciclo, gli acidi tricarbossilici sono completamente ossidati a CO2. Quando i composti sono ossidati, gli elettroni (e–) sono trasferiti all’O2 attraverso la catena di trasporto degli elettroni e l’energia liberata è utilizzata per la sintesi di ATP.
Ann O’Rexia ha 23 anni ed è commessa in un negozio di abbigliamento femminile. Nonostante sia alta 1,70 m e pesi solo 45 kg, è convinta di essere sovrappeso. Due mesi fa, iniziò un programma di esercizi che consisteva in 1 ora di jogging ogni mattina e 1 ora di camminata ogni sera. In seguito decise di consultare un medico per una dieta volta a ridurre il peso corporeo.
I principali composti energetici che introduciamo con la dieta sono i carboidrati, le proteine e i grassi. Quando questi composti sono ossidati nelle cellule a CO2 e H2O, viene rilasciata energia attraverso il trasferimento di elettroni all’O2. L’energia che deriva da tale processo genera calore e adenosina trifosfato (ATP) (fig. 1.2). Il diossido di carbonio circola nel sangue fino ad arrivare ai polmoni, dove è espirato, mentre l’acqua è eliminata con le urine, il sudore e altre secrezioni. Sebbene il calore generato dall’ossidazione sia necessario per mantenere costante la temperatura corporea, il principale scopo di questo processo è la sintesi di ATP. L’ATPfornisce l’energia necessaria per le reazioni cellulari come quelle di biosintesi, per la contrazione muscolare, per il trasporto attivo attraverso le membrane cellulari. Come questi processi consumano energia, l’ATPè convertito in adenosina difosfato (ADP) e fosfato inorganico (Pi). La generazione e utilizzazione di ATPè nota come ciclo dell’ATP-ADP.
L’ossidazione dei composti energetici per generare ATPè chiamata respirazione (fig. 1.3). Prima di essere ossidati, i carboidrati sono convertiti principalmente in
(dieta)
(riserva)
FIGURA 1.4. Struttura dell’amido e del glicogeno. L’amido, il principale carboidrato della dieta, e il glicogeno, la principale riserva di glucosio nell’uomo, hanno strutture molecolari simili. Sono polisaccaridi costituiti da diverse unità del monosaccaride glucosio. I disaccaridi assunti con la dieta sono costituiti da due unità di monosaccaride.
glucosio, i grassi in acidi grassi e le proteine in amminoacidi. Le vie di ossidazione del glucosio, degli acidi grassi e degli amminoacidi hanno molti tratti in comune. Prima sono ossidati ad acetil-coenzima A(acetil-CoA), un precursore del ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA). Il ciclo degli acidi tricarbossilici è una serie di reazioni che completano l’ossidazione dei composti energetici a CO2 (Capitolo 20). Gli elettroni rilasciati dai composti durante l’ossidazione sono trasferiti all’O2 grazie ai complessi della catena di trasporto degli elettroni (Capitolo 21). L’energia derivante da questo trasporto è utilizzata per convertire ADPe Pi in ATP, attraverso un processo noto come fosforilazione ossidativa.
Le vie di ossidazione sono cataboliche; infatti, le molecole più complesse sono demolite. Al contrario, nelle vie anaboliche sono sintetizzate molecole a partire dai loro precursori.
Quando si parla di metabolismo e nutrizione, l’energia è spesso espressa in calorie. Il termine “calorie” in questo contesto indica le kilocalorie (kcal). Il termine “calorie” era inizialmente indicato con la lettera maiuscola “C”, ma da quando è diventato d’uso comune, il maiuscolo è stato abbandonato. Pertanto, quando ad esempio troviamo una bibita a 1 caloria, in realtà essa fornisce 1 Caloria (1 kilocaloria) di energia. L’energia è espressa anche in joule (J). Una kilocaloria equivale a 4,18 kilojoule (kJ). I medici tendono a utilizzare il termine caloria, in parte perché è il termine più familiare e conosciuto dai loro pazienti. Una kilocaloria equivale alla quantità di energia richiesta per innalzare di 1 grado Celsius (1°C) la temperatura di 1 litro (L) di acqua.
A.Carboidrati
I principali carboidrati presenti nell’alimentazione umana sono l’amido, il saccarosio, il lattosio, il fruttosioe il glucosio. L’amido è un polisaccaride prodotto dalle cellule vegetali come riserva di carboidrati. Il saccarosio (il comune zucchero da tavola) e il lattosio (lo zucchero del latte) sono disaccaridi e il fruttosio e il glucosio sono monosaccaridi. La digestione converte le molecole più complesse in monosaccaridi che sono assorbiti e riversati nel torrente ematico. Il glucosio è il principale monosaccaride presente nel sangue (fig. 1.4).
L’ossidazione dei carboidrati a CO2 e H2O nell’organismo produce circa 4 kcal/g (tab. 1.1). In altre parole, ogni grammo di carboidrati assunti con la dieta fornisce 4 kcal di energia. I carboidrati sono molecole che contengono una rilevante quantità d’ossigeno e sono parzialmente ossidati prima di entrare in circolo (fig. 1.4).
Tabella 1.1Contenuto calorico dei substrati energetici Kcal/g Carboidrati4 Grassi9
Legame peptidico
Proteina
Amminoacido
Le proteine sono costituite da amminoacidi che sono uniti tra loro a formare delle catene lineari (fig. 1.5). Oltre al carbonio, l’idrogeno e l’ossigeno, le proteine contengono azoto in un rapporto di circa il 16% del loro peso. Il processo digestivo demolisce le proteine in amminoacidi che entrano nel torrente ematico. La completa ossidazione delle proteine a CO2, H2O ed NH4+ fornisce al nostro organismo circa 4 kcal/g.
C.Grassi
L’analisi della dieta di Ann O’Rexia indicava l’assunzione di 100 g di carboidrati, 20 g di proteine e 15 g di grassi al giorno. Quante calorie Ann assumeva, approssimativamente, durante il giorno?
D:I grassi sono lipidi costituiti da triacilgliceroli (anche noti come trigliceridi). Una molecola di triacilglicerolo contiene tre acidi grassi esterificati a una molecola di glicerolo (fig. 1.6). I grassi contengono meno ossigeno rispetto ai carboidrati o proteine. Pertanto, i grassi sono più ridotti e forniscono più energia quando sono ossidati. La completa ossidazione dei triacilgliceroli a CO2 e H2O fornisce al’organismo circa 9 kcal/g, più del doppio delle calorie fornite con la stessa quantità di carboidrati e proteine.
CH2 (CH2)14 O O CCH3
FIGURA 1.5. Struttura generale delle proteine e degli amminoacidi. Ciascun amminoacido nella figura è indicato con un colore diverso e ha una diversa catena laterale (R). Ad esempio, R1 potrebbe essere –CH3; R2, –CH2OH; R3, –CH2–COO–. In una proteina gli amminoacidi sono uniti dal legame peptidico. CH (CH2)7 O CO CHCH CH3 (CH2)7
CH2 (CH2)16 O O CCH3
Triacilglicerolo
Glicerolo
OH
(CH2)14
(CH2)7
(CH2)16
Palmitato Oleato Stearato
FIGURA 1.6. Struttura del triacilglicerolo. Il palmitato e lo stearato sono acidi grassi saturi, ossia non hanno doppi legami. L’oleato è un acido grasso monoinsaturo (un solo doppio legame). Gli acidi grassi polinsaturi hanno più di un doppio legame.
La Biochimica si è sviluppata come disciplina autonoma quando i chimici cominciarono a studiare le molecole di cellule, i tessuti e i fluidi biologici e i medici cominciarono a studiare le basi molecolari di diverse patologie. Oggi, la pratica medica dipende dalla comprensione dei ruoli e delle interazioni dell’enorme numero di differenti sostanze chimiche che consentono la funzionalità del nostro organismo. Il compito è meno gravoso se sono note le proprietà, la nomenclatura e le funzioni delle classi di composti, come i carboidrati e gli enzimi. Lo scopo di questa parte del volume è di analizzare alcune di queste informazioni in un contesto rilevante per lo studio della Medicina. Gli studenti si avvicinano agli studi di Medicina con diverse formazioni scientifiche, per cui alcune delle informazioni saranno familiari per molti di loro.
Nel Capitolo 4 viene discussa la relazione degli acidi metabolici e dei tamponi con il pH del sangue. Il Capitolo 5 verte sulla nomenclatura, la struttura e alcune proprietà delle maggiori classi di composti presenti nell’organismo umano. La struttura di una molecola ne determina la funzione e il destino; il nome comune di un composto può spesso fornirci delle informazioni sulla sua struttura.
Le proteine sono catene lineari di amminoacidi che si avvolgono in complesse strutture tridimensionali. Le loro funzioni includono il mantenimento della struttura delle cellule e dei tessuti, il trasporto e il movimento delle molecole. Alcune proteine sono enzimi, cioè catalizzatori che aumentano enormemente la velocità delle reazioni chimiche intracellulari. I Capitoli 6 e 7 descrivono gli amminoacidi e le loro interazioni nelle proteine da cui originano proteine con una struttura tridimensionale flessibile e funzionale. I Capitoli 8 e 9 descrivono le proprietà, le funzioni e la regolazione degli enzimi.
Le nostre proteine e altri composti funzionano all’interno di un ambiente specializzato che è definito dalla loro compartimentazione nelle cellule o nei fluidi biologici. Il loro funzionamento è parzialmente dipendente dalle membrane che limitano il libero movimento delle molecole. Il Capitolo 10 comprende un breve esame dei componenti delle cellule, della loro organizzazione in organelli subcellulari e del modo in cui vari tipi di molecole si muovono dentro le cellule e tra compartimenti all’interno di una cellula.
In un organismo complesso come quello umano, differenti tipi di cellule assolvono funzioni diverse. Questa specializzazione funzionale richiede che le cellule siano in grado di comunicare tra loro. Uno dei meccanismi con i quali le cellule comunicano è attraverso la produzione di messaggeri chimici che trasmettono il segnale tra le varie cellule. Nel Capitolo 11 sono descritti alcuni dei principi della segnalazione cellulare e alcuni dei sistemi di trasmissione chimica del messaggio. Sia in questo volume che nella pratica medica, sarà necessario interconvertire differenti unità di misura usate per il peso e la dimensione dei composti e per la loro concentrazione nel sangue e negli altri fluidi. La tabella II.1 fornisce le definizioni di alcune unità usate per queste interconversioni.
La nomenclatura usata per descrivere i pazienti può includere il nome di una classe di composti. Ad esempio, un paziente con il diabete mellito che presenta iperglicemia ha iper (elevate) concentrazioni di carboidrati (glic) nel sangue (emia).
Da un punto di vista biochimico, la maggior parte delle malattie metaboliche sono causate da una alterazione funzionale di enzimi e altre proteine; i farmaci usati per il trattamento di queste malattie correggono questi difetti. Ad esempio, individui con aterosclerosi, che hanno livelli elevati di colesterolo nel sangue, sono trattati con un farmaco che inibisce un enzima della via metabolica per la sintesi del colesterolo. Anche un’infezione batterica può essere considerata una malattia che coinvolge primariamente delle proteine, se si considera che le tossine sono proteine e che gli enzimi delle nostre cellule sono influenzati da queste tossine e dalla risposta immunitaria contro questi batteri.
Di Abietes ha un elevato livello di glucosio nel sangue, 684 mg/dL. Qual è la concentrazione molare del glucosio nel sangue di Di Abietes? Suggerimento: il peso molecolare del glucosio (C6H12O6) è 180 g/mol. D:
I clinici negli Stati Uniti esprimono normalmente la concentrazione del glucosio nel sangue in milligrammi per decilitro (mg/dL). Una concentrazione di 684 mg/dL corrisponde a 684 mg per 100 mL di sangue, o 6480 mg/L, o 6,48 g/L. Se 6,48 g/L sono divisi per 180 g/mol, si ottiene un valore di 0,038 mol/L, che è 0,038 M, o 38 mM.
R:Tabella II.1.Unità comuni espresse in modo equivalente
1 M 1 mol/L Peso molecolare in g/L
1 mM 1 millimol/L 10–3 mol/L
1 µM 1 micromol/L 10–6 mol/L
1 nM1 nanomol/L10–9 mol/L
1 mL1 millilitro10–3 L
1 mg%1 mg/100 mL10–3 g/100 mL
1 mg/dL1 mg/100 mL10–3 g/100 mL
1 mEq/L1 milliequivalente/LmM x valenza dello ione
1 kg 1000 g 1 cm 10–2 m
Approssimativamente il 60% del nostro organismo è costituito da acqua, che agisce come solvente per le sostanze di cui abbiamo bisogno, come K , glucosio, adenosina trifosfato (ATP) e proteine. L’acqua è importante per il trasporto di molecole e calore. Molti dei composti prodotti nel nostro organismo e sciolti in acqua contengono gruppi chimici che agiscono come acidi o basi, rilasciando o accettando ioni idrogeno. Il contenuto di ioni idrogeno e la quantità di acqua dell’organismo umano sono metabolicamente controllati per mantenere un ambiente costante, chiamato omeostasi (fig. 4.1). Deviazioni significative da un ambiente costante, come l’acidosi o la disidratazione, possono essere pericolose per la vita. Questo capitolo descrive il ruolo dell’acqua nell’organismo umano e i sistemi tampone usati per una protezione dagli acidi e dalle basi prodotti dal metabolismo.
Acqua. L’acqua è distribuita tra compartimenti intracellulari ed extracellulari. Questi ultimi comprendono i fluidi interstiziali, il sangue e la linfa. Poiché l’acqua è una molecola dipolare con una distribuzione disuguale degli elettroni tra gli atomi di idrogeno e di ossigeno, essa forma legami idrogeno con altre molecole dipolari e agisce come solvente. pHdell’acqua. L’acqua si dissocia in piccola quantità per formare ioni idrogeno (H+) e ioni idrossilici (OH–). La concentrazione degli ioni idrogeno determina l’acidità della soluzione, espressa in termini di pH. Il pH di una soluzione è il log negativo della concentrazione degli ioni idrogeno della soluzione stessa.
Acidi e basi. Un acido è una sostanza che può rilasciareioni idrogeno (protoni) e una base è una sostanza che può accettare ioni idrogeno. Quando un acido forte viene sciolto in acqua, quasi tutte le sue molecole si dissociano e rilasciano ioni idrogeno; invece, solo una piccola percentuale delle molecole totali di un acido debole si dissocia. Un acido debole ha una caratteristica costante di dissociazione, Ka. La relazione tra pH di una soluzione, la Ka di un acido e il suo grado di dissociazione è data dalla equazione di Henderson-Hasselbalch
Tamponi. Un tampone è una miscela di un acido indissociato e della sua base coniugata (la forma dell’acido che ha perso il suo protone). Un tampone rende una soluzione resistente a variazioni di pH quando H o OH vengono aggiunti ad essa. Un tampone ha la sua maggiore capacità tamponante in un intervallo di pH vicino al suo pKa (il logaritmo negativo della sua Ka). Due fattori determinano l’efficacia di un tampone: il suo pKa relativo al pH della soluzione e la sua concentrazione.
Acidi e basi metabolici. Il metabolismo normale genera CO2, acidi metabolici (es. acido lattico e corpi chetonici) e acidi inorganici (es. acido solforico) La principale fonte di acido è la CO2, che reagisce con l’acqua per produrre acido carbonico.Per mantenere il pH dei fluidi dell’organismo umano in un intervallo compatibile con la vita, il nostro organismo contiene tamponi come il bicarbonato, il fosfato e l’emoglobina (fig. 4.1). Infine, i meccanismi respiratori rimuovono l’acido carbonico attraverso l’espirazione di CO2 e i reni espellono H+ sotto forma di ione ammonio (NH4+) e altri ioni.
Fluidi corporei
Tamponi
Bicarbonato
Fosfato
Emoglobina
FIGURA 4.1. Mantenimento del pH nell’organismo umano. In condizioni normali l’organismo produce a livello metabolico approssimativamente dalle 13 alle 22 moli/die di acido. Il nostro organismo è protetto da questa acidità mediante tamponi che mantengono il pH neutro e mediante l’espirazione della CO2 attraverso i polmoni e l’escrezione di NH4+ e altri ioni attraverso i reni.
Di Abietes ha una chetoacidosi. Quando la quantità di insulina che si inietta è inadeguata, Di Abietes rimane in una condizione simile allo stato di digiuno anche se ingerisce cibo (Capitoli 2 e 3). Il suo fegato continua a metabolizzare acidi grassi trasformandoli nei corpi chetonici, acido acetoacetico e acido -idrossibutirrico. Questi composti sono acidi deboli che dissociano per produrre anioni (rispettivamente acetoacetato e -idrossibutirrato) e ioni idrogeno, abbassando il pH nel sangue e nelle cellule sotto il livello normale. Poiché la causa dell’acidosi è la dissociazione dei corpi chetonici, questa viene classificata come chetoacidosi.
Dianne (Di) Abietes è una donna di 26 anni alla quale è stato diagnosticato all’età di 12 anni il diabete mellito di tipo 1. Dianne soffre di una carenza assoluta di insulina, dovuta alla distruzione autoimmune delle cellule del pancreas. Di conseguenza, Dianne dipende da iniezioni quotidiane di insulina per prevenire gravi aumenti nel sangue di glucosio e corpi chetonici.
Il giorno in cui Di Abietes non si svegliò dopo un breve sonno pomeridiano, la sua compagna di stanza chiamò un’ambulanza e Dianne fu portata in coma al pronto soccorso dell’ospedale. La compagna riferì che Dianne aveva sofferto di nausea, sonnolenza e vomito per 24 ore. Dianne dimostrò di essere clinicamente disidratata con una pressione sanguigna bassa. La respirazione era profonda e continua e la frequenza cardiaca alta. Il respiro aveva un odore “fruttato” di acetone.
Per misurare pO2 e pCO2 vengono usati i cosiddetti emo-gas analizzatori con impiego di specifiche membrane permeabili ai gas (il concetto è simile a quello delle membrane specifiche per gli ioni discusse nel Capitolo 1). Per l’ossigeno viene usato l’elettrodo di Clark; l’ossigeno diffonde attraverso una membrana specificatamente permeabile a questo gas, dopodiché diffonde verso il catodo. Quando l’ossigeno raggiunge il catodo, gli elettroni vengono attratti dall’anodo, con riduzione dell’ossigeno ad acqua. Poiché sono richiesti 4 elettroni per ridurre l’ossigeno molecolare (formando 2 molecole d’acqua), la misura del flusso di corrente può quantificare la quantità di ossigeno che ha raggiunto il catodo. La pCO 2 viene misurata usando l’elettrodo di Severinghaus, che consiste in una membrana esterna selettivamente permeabile alla CO2 e di un tampone bicarbonato all’interno dell’elettrodo. Una volta che la CO2 ha attraversato la membrana, il gas interagisce con il bicarbonato, alterando l’equilibrio tra CO2, acido carbonico e bicarbonato. Questo altera il pH in modo direttamente proporzionale alla quantità di CO2 gassosa che è entrata nell’elettrodo e la variazione di pH può essere usata per calcolare la pCO2. Il miglioramento delle tecnologie ha permesso l’introduzione di microelettrodi e circuiti miniaturizzati, aumentando notevolmente la maneggevolezza di queste apparecchiature.
Furono prelevati dei campioni di sangue per la misura del pH del sangue arterioso, della pressione parziale della CO2 arteriosa (PaCO2), del glucosio e del bicarbonato (HCO3 ) nel siero. Inoltre, siero e urine furono analizzati per la presenza di corpi chetonici. Dopo il prelievo, Dianne venne trattata con una soluzione fisiologica per via endovenosa e con insulina. I risultati del laboratorio furono: pH del sangue 7,08 (intervallo di riferimento, da 7,36 a 7,44); presenza di corpi chetonici sia nel sangue che nelle urine; glicemia 648 mg/dL(intervallo di riferimento, da 80 a 100 mg/dLdopo una notte di digiuno e non superiore a 200 mg/dLin un campione casuale preso senza considerare il tempo trascorso dall’ultimo pasto).
Dennis Veere, di 3 anni, fu portato al pronto soccorso dal nonno, Percy Veere. Mentre era a casa del nonno, Dennis era salito su una sedia e aveva preso dal bancone della cucina un flacone per metà contenente compresse di aspirina (acido acetilsalicilico) da 325 mg. Percy Veere riuscì a rimuovere dalla bocca del nipote le pasticche di aspirina introdotte, ma non fu in grado di dire quante compresse avesse già ingerito. Quando nonno e nipote arrivarono al pronto soccorso, il bambino appariva allegro e cosciente, ma Percy Veere era in iperventilazione.
L’acqua è il solvente della vita. Essa idrata le nostre cellule, scioglie e trasporta i composti nel sangue, fornisce un mezzo per il movimento delle molecole dentro e da un compartimento cellulare all’altro, separa le cariche, dissipa il calore e partecipa alla reazioni chimiche. La maggior parte dei composti dell’organismo, incluse le proteine, devono interagire con un mezzo acquoso. Nonostante la variabilità della quantità di acqua che viene ingerita o produciamo ogni giorno con il metabolismo, l’organismo mantiene una quantità quasi costante di acqua che è circa il 60% del peso corporeo (fig. 4.2).
A.Compartimenti fluidi nell’organismo umano
L’acqua costituisce all’incirca il 50-60% del peso totale di un individuo adulto e il 75% del peso totale di un bambino. Poiché il grasso contiene relativamente poca acqua, gli individui obesi hanno una minore percentuale di acqua corporea rispetto ai magri; le donne tendono ad avere una minore percentuale di acqua rispetto agli uomini e gli anziani ne hanno una percentuale minore rispetto ai giovani. Circa il 60% del totale di acqua contenuta nell’organismo umano è intracellulare e il 40% extracellulare (fig. 4.2). L’acqua extracellulare include il fluido del plasma (sangue dopo la rimozione delle cellule) e il liquido interstiziale (il fluido negli spazi tessutali, compresi tra le cellule). L’acqua transcellulare è una piccola percentuale specializzata dell’acqua extracellulare che include le secrezioni gastrointe-
Ametà del XX secolo, il DNAè stato identificato come materiale genetico ed è stata determinata la sua struttura. Partendo da questa conoscenza, i ricercatori hanno poi scoperto i meccanismi con cui l’informazione genetica viene ereditata ed espressa. Durante l’ultimo quarto del secolo, la comprensione in questo settore critico della scienza, noto come Biologia molecolare, è cresciuta a un ritmo sempre più rapido. Ora sono disponibili le tecniche per sondare il genoma umano che rivoluzioneranno completamente il modo di praticare la medicina nel XXI secolo.
Il genoma di una cellula è costituito da tutte le informazioni genetiche codificate nel DNA(acido deossiribonucleico). Negli eucarioti, il DNAè localizzato soprattutto nei nuclei, ma piccole quantità si trovano anche nei mitocondri. I geni nucleari sono localizzati nei cromosomi, che sono costituiti da DNAe proteine impachettati in strutture avvolte a spirale (Capitolo 12).
Il meccanismo molecolare della trasmissione dei geni implica un processo noto come replicazione, nel quale i filamenti di DNAparentale servono come modelli per la sintesi di copie del DNA(fig. III.1) (Capitolo 13). Dopo la replicazione del DNA, le cellule si dividono e queste copie del DNAsono trasferite alle cellule figlie. Alterazioni nel materiale genetico possono avvenire per ricombinazione (scambio di materiale genetico tra cromosomi) o per mutazione (il risultato di cambiamenti chimici che alterano il DNA). I meccanismi di riparazione del DNAcorreggono gran parte di questi danni, ma nonostante ciò numerose alterazioni dei geni possono essere trasferite alle cellule figlie.
L’espressione dei geni all’interno delle cellule richiede due processi: la trascrizione e la traduzione (fig. III.1) (Capitoli 14 e 15). Il DNAè trascritto in acido ribonucleico (RNA). I principali tipi di RNAtrascritti dal DNAche partecipano al processo di traduzione (la sintesi delle proteine) sono tre. L’RNAmessaggero (mRNA) trasporta l’informazione genetica dal nucleo al citoplasma, dove avviene la traduzione sui ribosomi, strutture che contengono proteine complessate con l’RNAribosomiale (rRNA). L’RNAtransfer (tRNA) trasporta i singoli amminoacidi ai ribosomi, dove vengono uniti, tramite legami peptidici, per formare le proteine. Durante la traduzione, la sequenza di basi dell’mRNAviene letta a gruppi di tre (ogni serie di tre basi costituisce un codone) e la sequenza dei codoni nell’mRNAdetermina la sequenza di amminoacidi nella proteina. Le proteine partecipano alla struttura cellulare, intervengono nei processi di segnalazione e catalisi e, quindi, determinano l’attività delle cellule e dell’organismo nel suo complesso. La regolazione dell’espressione genica (Capitolo 16) definisce quali proteine saranno sintetizzate e la loro quantità, consentendo in tal modo alle cellule di svilupparsi, di differenziarsi e di rispondere alle mutevoli condizioni ambientali.
Molti farmaci utilizzati per trattare le infezioni batteriche sono volti a interferire con la capacità di sintetizzare RNA e proteine da parte dei batteri. Per comprendere il meccanismo di azione di questi farmaci è necessario che gli studenti di medicina conoscano le basi della replicazione del DNA, della sintesi dell’RNA e della sintesi proteica dei batteri.
Replicazione
DNA
Trascrizione
RNA
Traduzione
Proteine
FIGURA III.1. Replicazione, trascrizione e traduzione. Replicazione: il DNA funge da stampo per produrre copie del DNA stesso. Trascrizione: il DNA funge da stampo per la sintesi dell’RNA. Traduzione: l’RNA fornisce l’informazione per la sintesi delle proteine.
I progressi tecnologici della Biologia molecolare comportano problemi etici. Si consideri, ad esempio, il caso di un paziente affetto da un deficit moderato di ornitina transcarbamilasi, un difetto del ciclo dell’urea che comporta elevati livelli di ammoniemia associati a disturbi neurologici. Il paziente era trattato efficacemente con un regime dietetico povero in proteine. Nel 1999 venne trattato con un virus che recava il gene normale che codifica per l’ornitina transcarbamilasi e sviluppò purtroppo una grave reazione immunitaria che lo condusse a morte. Questo caso clinico solleva importanti questioni legate al consenso informato, ai criteri di inclusione in studi clinici sperimentali e al tipo di malattie per le quali è opportuna una terapia genica. Si tratta di questioni che ci si strova ad affrontare non appena si inizia a esercitare la professione medica.
La ricerca nel campo della biologia molecolare ha prodotto una serie di tecniche, note generalmente come tecnologia del DNAricombinante, biotecnologia o ingegneria genetica, che possono essere utilizzate per la diagnosi e il trattamento delle 197
I tumori possono essere benigni o maligni. Un tumore è maligno se invade i tessuti circostanti o se cellule tumorali si distaccano dalla massa originaria e si disseminano in altre parti del corpo, producendo nuovi focolai di accrescimento (denominati metastasi) che distruggono i tessuti ove si sono localizzati. Molti dei farmaci usati per trattare i tumori maligni inibiscono la replicazione del DNA. Questi agenti chemioterapici risultano più tossici per le cellule cancerose che per le cellule normali, in quanto le prime si riproducono più rapidamente. Tuttavia questi farmaci danneggiano anche cellule normali che vanno incontro a una riproduzione rapida, quali le cellule del midollo osseo (determinando una riduzione del numero di leucociti) o le cellule dei follicoli piliferi (determinando la perdita dei capelli).
malattie genetiche (Capitolo 17). Queste tecniche sono in grado di rilevare in anticipo una serie di malattie che in precedenza potevano essere diagnosticate solo dopo la comparsa dei loro sintomi. La diagnosi di queste malattie può essere fatta con una notevole precisione anche prima della nascita, studiando i genitori o il feto durante la gravidanza.
Con i recenti sviluppi nel campo della terapia genica, alcune malattie che per secoli sono state considerate senza speranza sono potenzialmente curabili, anche se per gran parte di esse la terapia genica è oggi ancora sperimentale. Tuttavia, è verosimile che nel corso del XXI secolo i medici possano utilizzare routinariamente tecniche di ingegneria genetica, sia per la diagnosi che per il trattamento dei pazienti.
Nell’uomo i processi di replicazione e divisione cellulare sono altamente regolati. Il cancro è un gruppo di malattie in cui una cellula del corpo viene trasformata e comincia a crescere e moltiplicarsi senza controllo (Capitolo 18). È il risultato di mutazioni multiple o cambiamenti nella struttura dei geni che attivano la crescita cellulare, chiamati proto-oncogeni, e di quelli che assicurano che la replicazione e la riparazione del DNAsiano corrette, chiamati geni soppressori della crescita cellulare o soppressori tumorali. Mutazioni che attivano i proto-oncogeni a oncogeni possono modificare la regolazione del ciclo cellulare e il livello di proliferazione. Mutazioni che destabilizzano i geni soppressori tumorali portano a un aumento dell’incidenza di tumori. Tali mutazioni possono essere ereditate, provocando una predisposizione a un tipo di cancro. Possono anche derivare da errori di replicazione del DNA, da sostanze chimiche o radiazioni che danneggiano il DNA, dalla traslocazione di parti di cromosomi durante la replicazione o dalla incorporazione di DNAvirale nel genoma.
Nucleotidi nel DNAe nell’RNA. I nucleotidi sono le unità monomeriche che costituiscono gli acidi nucleici, DNA(acido deossiribonucleico) ed RNA (acido ribonucleico). Ogni nucleotide comprende una base azotata eterociclica, un glucide e un fosfato. Il DNA contiene le basi puriniche adenina (A) e guanina (G) e le basi pirimidiniche citosina (C) e timina (T). L’RNA contiene A, G e C, ma al posto della timina ha l’uracile (U). Nel DNAil glucide è il deossiribosio, mentre nell’RNAè il ribosio
I polinucleotidi come il DNAe l’RNAsono sequenze lineari di nucleotidi uniti fra i glucidi da legami fosfodiesterici3 -5 (fig. 12.1). Le basi dei nucleotidi possono interagire con altre basi o con proteine.
Struttura del DNA. L’informazionegenetica è codificata nella sequenza delle diverse basi nucleotidiche del DNA. Il DNAè a doppio filamento; contiene due filamenti polinucleotidici antiparalleli. I due filamenti sono uniti da legami a idrogeno fra le basi a formare coppie di basi. L’adenina si appaia alla timina e la guanina alla citosina. I due filamenti del DNAdecorrono in direzioni opposte. Un filamento decorre in direzione 5 -3 , l’altro in direzione 3 -5 . I due filamenti si avvolgono l’uno sull’altro, formando una doppia elica. La trascrizione di un gene produce un RNA a filamento singolo che ha la sequenza nucleotidica complementare di uno dei filamenti del DNA. I tre tipi principali di RNAsono l’RNAmessaggero (mRNA), l’RNAribosomiale (rRNA) e l’RNAtranfer (tRNA).
Struttura dell’RNA. L’mRNA contiene una sequenza nucleotidica che nel processo di traduzione è convertita nella sequenza amminoacidica di una proteina. L’mRNAdegli eucarioti presenta una struttura nota come cappuccio all’estremità 5 , una sequenza di nucleotidi adenilici (coda di poli(A)) all’estremità 3 e una regione codificante interposta, la quale contiene codoni che determinano la sequenza di amminoacidi di una proteina o trasmettono un segnale. Ogni codone del codice genetico è una diversa sequenza di tre nucleotidi.
Gli rRNAe i tRNA sono parte dell’apparato deputato alla sintesi proteica, ma non codificano proteine. Gli rRNA mostrano estesi appaiamenti fra basi nel contesto delle loro molecole e si uniscono a proteine costituendo complessi ribonucleoproteici detti ribosomi. Durante la traduzione i ribosomi legano mRNAe tRNA. Ciascun tRNA lega e attiva uno specifico amminoacido determinandone l’inserimento nella catena polipeptidica e ha pertanto una sequenza nucleotidica diversa da quella degli altri tRNA. Una sequenza trinucleotidica unica per ogni tRNA, detta anticodone, si lega al codone complementare sull’mRNA, garantendo l’inserimento dell’amminoacido corretto. Nonostante le loro differenze, tutti i tRNAcontengono numerosi nucleotidi insoliti e assumono la stessa struttura a trifoglio.
fosfodiesterico
FIGURA 12.1. Struttura di un polinucleotide. Vengono indicati l’atomo di carbonio 5’ del glucide posto in alto e l’atomo di carbonio 3’ del glucide posto in basso.
Un adenomaè una massa di cellule in rapida proliferazione, detta neoplasia(da neo, nuova, e plasia, crescita), formata da cellule epiteliali che costituiscono strutture di aspetto ghiandolare. Le cellule che rivestono gli organi esterni e interni sono di tipo epiteliale, e la maggior parte dei tumori umani sono adenocarcinomi. I polipi adenomatosi sono adenomi che crescono nel lume del colon o del retto. Il termine “maligno” applicato a una neoplasia designa un accrescimento incontrollato e invasivo. Colin Tuma ha un adenocarcinoma, ovvero un adenoma maligno che si è accresciuto attraverso la parete del colon invadendo gli organi adiacenti. Cellule distaccatesi dagli adenocarcinomi possono diffondersi attraverso il circolo ematico e linfatico, raggiungendo altre parti del corpo, dove formano tumori secondari. Questo processo è definito metastatizzazione.
La colorazione di Gramè una metodica standard utilizzata per determinare che tipo di batteri sono presenti in una infezione. Il test si basa sulla ritenzione di uno specifico colorante (violetto di genziana) a livello della parete cellulare. I batteri Gram-positivi hanno una parete cellulare più spessa dei Gram-negativi e pertanto trattengono il colorante. Le differenze fra i batteri Gram-positivi e quelli Gram-negativi riguardano la composizione proteica e glucidica della parete cellulare, nonché le componenti lipidiche associate alla parete. A causa di queste differenze, la risposta a specifici antibiotici è diversa, pertanto la colorazione di Gram aiuta anche nella scelta della migliore terapia antimicrobica.
Ivy Sharer è una tossicodipendente di 26 anni che ha ammesso di aver condiviso per molti anni aghi non sterili con altri tossicodipendenti. Cinque mesi prima di presentarsi al pronto soccorso per profuse sudorazioni notturne, ha presentato una sindrome influenzale che si è protratta per 3 settimane, caratterizzata da febbre, malessere e mialgie. Quattro mesi fa ha notato un generalizzato ingrossamento dei linfonodi, associato a brividi, anoressia e diarrea, con perdita di peso di circa 9 kg. I test sierologici sono risultati positivi per il virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Dato che i sintomi mostrarono lo sviluppo di una sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), fu intrapresa una chemioterapia combinata che include la zidovudina (ZDV), nota in passato come azidotimidina (AZT).
Colin Tuma all’età di 45 anni sviluppò polipi intestinali, asportati per via endoscopica. Tuttavia non si presentò ai controlli colonscopici annuali che gli erano stati prescritti. All’età di 56 anni ricomparve il dolore intestinale, lamentando la perdita di sangue con le feci (melena). La sorgente dell’emorragia era un adenocarcinoma sviluppatosi su un polipo del colon. All’intervento chirurgico fu constatato che il tumore aveva invaso la parete intestinale e perforato il peritoneo viscerale. Diversi linfonodi pericolici contenevano cellule neoplastiche e nel fegato erano presenti piccoli noduli metastatici. Dopo la resezione del tumore, l’oncologo iniziò un trattamento con 5-fluorouracile (5-FU) associato ad altri chemioterapici.
Newman Itis si rivolse al proprio medico lamentando febbre e tosse produttica, con espettorato bruno-giallastro. L’esame microscopico dell’espettorato mostrò molti diplococchi Gram-positivi e l’esame colturale confermò la diagnosi di polmonite da Streptococcus pneumoniae, che risultò sensibile a penicillina, eritromicina, tetraciclina e altri antibiotici. Poiché l’anamnesi era positiva per allergia alla penicillina, fu intrapresa una terapia con eritromicina per os.
I.STRUTTURA DEL DNA
A.Localizzazione del DNA
Il DNAe l’RNAcostituiscono il materiale genetico di procarioti, eucarioti, virus e plasmidi, e in questi organismi hanno diversa localizzazione e organizzazione. Nei procarioti, il DNAnon è separato dal resto del contenuto cellulare. Invece negli eucarioti il DNAè localizzato nel nucleo, che è separato dal resto della cellula mediante la membrana nucleare (fig. 10.14). Il DNAdegli eucarioti è legato a proteine, formando un complesso denominato cromatina. Nell’interfase (cioè durante il periodo nel quale le cellule non si riproducono), la cromatina si presenta in parte diffusa (eucromatina) e in parte addensata (eterocromatina), ma non si osservano strutture distinte. Prima della mitosi (riproduzione cellulare) il DNAsi replica e durante la metafase (una fase della mitosi) la cromatina si addensa in strutture discrete, i cromosomi, che sono visibili al microscopio ottico e in questa fase appaiono costituiti da due parti identiche denominate cromatidi fratelli.
Il DNAè una molecola a doppio filamento nella quale l’instaurazione di legami a idrogeno tra i filamenti determina la formazione di coppie di basi (o paia di basi, abbreviate come bp) (vedi oltre). Le dimensioni di una molecola di DNAsono spesso espresse come bp. Ad esempio, in un tratto di DNAlungo 200 bp si intendono inclusi entrambi i filamenti, con 200 basi in ciascun filamento, per un totale di 400 basi.
Meno dello 0,1% del DNAcellulare totale è contenuto nei mitocondri e l’informazione genetica di un mitocondrio è codificata in meno di 20 000 paia di basi. Invece, l’informazione contenuta in un nucleo aploide umano (cioè nel nucleo di ovocita o di spermatozoo) è codificata in circa 3 109 (3 miliardi) paia di basi. I sistemi mitocondriali deputati alla sintesi del DNAe delle proteine sono più simili a quelli dei batteri, che sono privi di organuli intracellulari delimitati da membrane, rispetto a quelli presenti nel nucleo e nel citoplasma delle cellule eucariotiche. È stato infatti suggerito che i mitocondri derivino da antichi batteri che hanno colonizzato cellule eucariotiche primitive.
I virussono piccole particelle infettive che includono un genoma costituito da DNA o RNA(ma non da entrambi), un involucro proteico e altre proteine necessarie per la replicazione e/o per l’interazione con le cellule bersaglio. Mancano tuttavia di sistemi completi per la replicazione, trascrizione e traduzione, pertanto per riprodursi devono invadere altre cellule e utilizzare le loro strutture deputate alla sintesi delle proteine e degli acidi nucleici. Sia gli eucariori che i procarioti possono essere infettati da virus. I virus che infettano batteri sono noti come batteriofagi(o più semplicemente fagi).
I plasmidisono piccole molecole circolari di DNAche possono penetrare in batteri e replicarsi autonomamente, ovvero al di fuori del genoma ospite. Adifferenza dei virus, i plasmidi non sono agenti infettivi e non convertono le cellule che li ospitano in strutture deputate alla produzione di plasmidi. Tuttavia spesso i plasmidi trasportano geni, alcuni dei quali conferiscono resistenza agli antibiotici. Dal momento che segmenti di DNApossono essere facilmente incorporati in plasmidi, questi sono utilizzati nell’ingegneria genetica come strumenti per trasferire in batteri geni eterologhi.
B.Scoperta della struttura del DNA
Nel 1865 Frederick Meischer isolò per la prima volta il DNAdal pus ricavato da fasciature chirurgiche. All’inizio gli scienziati ipotizzarono che il DNArappresentasse una forma di deposito del fosfato inorganico, una funzione certamente importante, ma non particolarmente eccitante, che non suscitò un grande interesse a determinarne la struttura. Infatti i dettagli della struttura del DNAnon furono chiariti fino al 1953, quasi 90 anni dopo la sua scoperta, ma soltanto 9 anni dopo che era stato identificato come il materiale genetico.
Nei primi anni del XX secolo le basi del DNAfurono identificate come le purine adenina(A) e guanina(G) e le pirimidine citosina(C) e timina(T) (fig. 12.2). Il glucide fu identificato come il deossiribosio, un derivato del ribosio privo del gruppo ossidrilico sull’atomo di carbonio 2 (fig. 12.2).
Le unità monomeriche che costituiscono gli acidi nucleici sono i nucleotidi, formati da una base, un glucide e un gruppo fosforico (tab. 12.1). Nei nucleosidila base azotata è legata attraverso un legame N-glicosidico al carbonio anomerico del glucide, che può essere il ribosio o il deossiribosio. Un nucleotide è un nucleoside legato al fosfato inorganico attraverso un legame fosfoesterico che coinvolge il
Tabella 12.1Nomi delle basi e dei corrispondenti nucleosidia
Basi Nucleoside
Adenina (A) Adenosina
Guanina (G) Guanosina
Citosina (C) Citidina
Timina (T) Timidina
Uracile (U) Uridina
Ipoxantina (I) Inosinab
a Se il glucide è il deossiribosio e non il ribosio, il nucleoside ha come prefisso “deossi” (es. deossiadenosina). I nucleotidi hanno il nome del nucleoside più mono-, di- o trifosfato (es. adenosina trifosfato o deossiadenosina trifosfato).
b La base ipoxantina non si trova nel DNA ma viene prodotta durante la degradazione delle basi puriniche. Si trova invece in alcune molecole di tRNA. Il suo nucleoside, l’inosina, viene prodotto durante la sintesi dei nucleotidi purinici (Capitolo 41).
Adenina (A)
Guanina (G)
Citosina (C)
Timina (T)
Deossiribosio
FIGURA 12.2. A. Basi puriniche e pirimidiniche del DNA. B. I glucidi del DNA e dell’RNA, deossiribosio e ribosio. Gli atomi di carbonio del glucide sono numerati da 1 a 5. Quando il glucide è legato a una base, gli atomi di carbonio sono numerati da 1’ a 5’ per distinguerli da quelli della base. Nel deossiribosio X = H; nel ribosio X = OH.
Base
Nucleoside
Nucleoside monofosfato (NMP)
Nucleoside difosfato (NDP)
Nucleoside trifosfato (NTP)
Dopo che a Ivy Sharer è stato diagnosticato l’AIDS, la paziente è stata trattata con una chemioterapia combinata che include la zidovudina(ZDV), nota in passato come AZT. Questo farmaco è un analogo del nucleotide timidilico presente nel DNA (il gruppo modificato è indicato nel riquadro ombreggiato). Nell’organismo la ZDV è fosforilata dalle chinasi che normalmente fosforilano i nucleosidi e i nucleotidi. Quando il DNA virale viene sintetizzato in una cellula infetta, la trascrittasi inversa virale può pertanto inserire la ZDV all’estremità 3’-terminale. A questo punto però la sintesi del DNA si arresta perché la ZDV manca del gruppo OH in posizione 3’ e non è quindi possibile inserire ulteriori nucleotidi attraverso legami 5’ S 3’. La trascrittasi inversa ha un’affinità per la ZDV che è maggiore di quella delle normali DNA polimerasi umane e ciò conferisce una certa specificità all’inibizione della replicazione virale.
un analogo della deossitimidina
Nucleotidi
FIGURA 12.3. Struttura dei nucleosidi e dei nucleotidi, mostrata prendendo come glucide il ribosio. I corrispondenti deossiribonucleotidi sono abbreviati come dNMP, dNDP e dNTP, ove N designa la base (A, G, C, U o T).
gruppo ossidrilico presente in posizione 5 del glucide (fig. 12.3). I nomi e le abbreviazioni dei nucleotidispecificano la base, il glucide e il numero di gruppi fosforici legati (MP, monofosfato; DP, difosfato; TP, trifosfato). Nei deossiribonucleotidi l’abbreviazione è preceduta dal prefisso “d”. Ad esempio, GDPindica la guanosina difosfato (guanina unita al ribosio e a due gruppi fosforici), mentre dATPindica la deossiadenosina trifosfato (adenina unita al deossiribosio e a tre gruppi fosforici).
L’interesse a determinare la struttura del DNAcrebbe nel 1944, dopo la pubblicazione degli esperimenti di Oswald Avery, che dimostravano come il DNAfosse il materiale genetico. La digestione con enzimi specifici mostrò che il fosfato inorganico unisce i monomeri della catena polinucleotidica formando legami fosfodiesterici fra il carbonio 3 di un glucide e il carbonio 5 del glucide successivo (fig. 12.4). Un’altra indicazione cruciale fu fornita da Erwin Chargaff, che analizzò la composizione del DNAottenuto da diverse fonti e concluse che la quantità di adenina (espressa in moli) era sempre uguale alla quantità di timina, mentre la quantità di guanina era sempre uguale alla quantità di citosina.
In quegli anni James Watson e Francis Crick unirono i loro sforzi e, basandosi sui dati ottenuti da Maurice Wilkins e Rosalind Franklin con la tecnica della diffrazione dei raggi X, incorporarono tutte le informazioni disponibili in un modello della struttura del DNA. Nel 1953 in un breve articolo (di circa 900 parole) descrissero il DNAcome una doppia elicaformata da due catene polinucleotidiche unite da legami fra le basi (adenina con timida e guanina con citosina). Il modello di appaiamento fra le basida loro proposto e le sue implicazioni per la replicazione del DNAhanno costituito la base della moderna biologia molecolare.
C.Concetto di appaiamento fra le basi
Come proposto da Watson e Crick, ogni molecola di DNAè costituita da due catene polinucleotidiche unite da legami a idrogeno fra le basi. In ogni coppia di basi, una purina collocata su un filamento forma legami a idrogeno con una pirimidina collocata sull’altro filamento. Una possibilità è che un adenina di un filamento si leghi a una timina dell’altro filamento attraverso due legami a idrogeno (fig. 12.5). L’altro possibile appaiamento è formato da una guanina e una citosina ed è stabilizzato da tre legami a idrogeno. Come conseguenza dell’appaiamento fra le basi i due filamenti di DNAsono complementari, in quanto all’adenina corrisponde sull’altro filamento la timina, mentra alla guanina corrisponde la citosina, e viceversa.
Tutte le funzioni fisiologiche della cellula avvengono mediante processi di conversione dell’energia. La cellula può convertire l’energia chimica dei legami molecolari delle sostanze nutrienti in una varietà di altre forme di energia come, ad esempio, il gradiente elettrochimico della membrana plasmatica o il movimento delle fibre del muscolo, oppure la produzione di macromolecole complesse come il DNA(fig. IV.1). Questi processi di trasduzione energetica si realizzano attraverso tre fasi principali: (a) l’ossidazione dei substrati energetici (lipidi, carboidrati e proteine), (b) la conversione dell’energia così ricavata in energia di legame dei gruppi fosforici dell’adenosina trifosfato (legami altamente energetici dell’ATP) e (c) l’impiego dell’energia dei legami dell’ATPper fare avvenire svariati processi che richiedono, appunto, energia.
Le prime due fasi sono parte del processo di respirazione cellulare in cui si ricava ATPdall’ossidazione dei substrati energetici in presenza di ossigeno molecolare (O2). L’uomo ha bisogno di ossigeno principalmente perché le cellule richiedono O2 per garantire la produzione di adeguati quantitativi di ATPmediante la degradazione dei substrati energetici a CO2; oltre il 90% dell’ossigeno che inspiriamo viene, infatti, impiegato a questo scopo.
Nella fase 1 della respirazione cellulare, la trasduzione energetica è mediata da enzimi che trasferiscono gli elettroni dai substrati energetici intermedi del metabolismo ai coenzimi accettori di elettroni, NAD+ e FAD. Questi si riducono, rispettivamente, a NADH e FADH2 (fig. IV.2) e consentono di conservare l’energia ricavata dai substrati metabolici. Le vie di degradazione di gran parte dei substrati energetici (glucosio, acidi grassi, corpi chetonici e numerosi amminoacidi) convergono verso la produzione del residuo bicarbonioso che costituisce il gruppo acetilico della molecola di acetil-coenzima A(acetil-CoA). Esso potrà essere completamente ossidato a CO2 attraverso una serie di processi di trasformazione, detta ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA), in cui l’energia viene conservata principalmente in forma di NADH e FADH2
Nella fase 2 della respirazione, l’energia ricavata dai substrati energetici viene convertita in energia di legame del gruppo fosforico altamente energetico dell’ATP mediante fosforilazione ossidativa (fig. IV.2), processo in cui gli elettroni del NADH e del FADH2 vengono ceduti all’ossigeno attraverso una catena di trasportatori di elettroni localizzata nella membrana mitocondriale interna (catena respiratoria). Gli enzimi redox della catena respiratoria creano un gradiente protonico (∆p) attraverso la membrana mitocondriale interna, da cui scaturisce un potenziale elettrochimico transmembrana capace di guidare la reazione di sintesi dell’ATP, a partire da adenosina difosfato (ADP) e fosfato inorganico (Pi). Tale reazione è catalizzata dall’enzima ATPsintasi della membrana mitocondriale (anche noto come F0F1ATPasi).
Substrati
Risposta cellulare
FIGURAIV.1. Trasduzioni dell’energia nel catabolismo delle sostanze energetiche. Quando l’energia dell’ATP viene trasformata in processi cellulari come, ad esempio, la contrazione muscolare, la molecola di ATP viene scissa in ADP e Pi (fosfato inorganico). Nella respirazione cellulare, l’O2 viene consumato per ricavare ATP dalla degradazione ossidativa dei nutrienti energetici a CO2
Enzimi del ciclo TCA
b-Ossidazione degli acidi grassi
ATP sintasi
Catena di trasporto degli elettroni
DNA mitocondriale
Membrana mitocondriale esterna
Spazio intermembrana
Membrana mitocondriale interna
Matrice
Membrana permeabile
FIGURAIV.3 Metabolismo ossidativo nel mitocondrio. La membrana mitocondriale interna forma dei ripiegamenti, chiamati cristae, che racchiudono la matrice mitocondriale. Gran parte degli enzimi del ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA), della -ossidazione degli acidi grassi e della sintesi del DNA si trova nella matrice. L’ATP sintasi e i complessi proteici della catena di trasporto degli elettroni sono inseriti nella membrana mitocondriale interna. La membrana mitocondriale esterna è permeabile agli ioni di piccole dimensioni mentre quella interna è impermeabile.
Glucosio
Piruvato
Corpi chetonici
Acidi grassi
Acetil-CoA
Ciclo
Amminoacidi
Azoto
Urea
Fase 1 della respirazione
Ossidazione dei substrati energetici
Catena di trasporto degli elettroni (catena respiratoria)
Fase 2 della respirazione
Produzione di ATP durante la fosforilazione ossidativa
FIGURAIV.2. Respirazione cellulare. Gradiente protonico, ∆p.
Nella fase 3, il legame altamente energetico dell’ATPviene consumato per sviluppare processi come la contrazione muscolare (lavoro meccanico), per mantenere una bassa concentrazione intracellulare di Na+ (trasporto di soluti), per sostenere percorsi anabolici che portano alla sintesi di macromolecole come, ad esempio, il DNAo per consentire processi metabolici di detossificazione (attività biochimica). Perché ciò possa avvenire, l’ATPviene idrolizzato, direttamente o indirettamente, per formare ADPe Pi oppure AMPe pirofosfato (PPi).
La respirazione cellulare avviene nei mitocondri (fig. IV.3). La matrice mitocondriale, che è il compartimento delimitato dalla membrana interna del mitocondrio, contiene quasi tutti gli enzimi necessari per il ciclo TCAe per l’ossidazione degli acidi grassi, dei corpi chetonici e di numerosi amminoacidi. Nella membrana mitocondriale interna sono presenti, invece, i complessi enzimatici della catena di trasporto degli elettroni (catena respiratoria) oltre all’ATPsintasi che è deputata alla reazione di sintesi dell’ATPa partire da ADPe Pi. Alcune delle subunità proteiche di questi enzimi sono codificate dal DNAmitocondriale, anch’esso localizzato nella matrice mitocondriale. L’ATPviene prodotto nella matrice del mitocondrio, ma la gran parte dei processi cellulari che utilizzeranno questa molecola come fonte energetica si sviluppa al di fuori del mitocondrio. Pertanto, si assiste a un continuo flusso di molecole di ATPneosintetizzate verso il citosol, movimento che si realizza grazie all’azione di proteine trasportatrici che ne agevolano il passaggio attraverso la membrana mitocondriale interna (che è, altrimenti, impermeabile a questo tipo di soluti) e anche grazie alla presenza di canali proteici (pori) localizzati sulla membrana mitocondriale esterna.
La velocità di ossidazione dei metaboliti energetici e la velocità di consumo dell’ATPsono tra loro coordinate per effetto di meccanismi di regolazione retroattiva (feedback) che agiscono sia a livello della catena respiratoria sia a livello dei pro-
cessi catabolici. In questo modo, se la richiesta di energia da parte della cellula diminuisce, i substrati energetici in eccesso possono essere immagazzinati in forma di glicogeno, oppure di depositi lipidici nel tessuto adiposo. La velocità del metabolismo basale (BMR), il bilancio calorico e il ∆G (variazione dell’energia libera di Gibbs, che indica la quantità di energia disponibile per compiere lavoro) sono parametri utili a descrivere quantitativamente la richiesta energetica dell’organismo e la disponibilità energetica che si ricava dagli alimenti. I diversi meccanismi di regolazione enzimatica descritti nel Capitolo 9 vengono impiegati per regolare la velocità di ossidazione di svariati metaboliti al fine di ottemperare alle richieste energetiche dell’organismo.
Gli acidi grassi sono la maggiore fonte energetica per il corpo umano. Dopo un pasto, gli acidi grassi e i carboidrati che non sono stati avviati alla degradazione ossidativa vengono immagazzinati come grasso (triacilgliceroli) nel tessuto adiposo. I depositi adiposi verranno mobilizzati nell’intervallo di tempo che intercorre tra un pasto e l’altro e gli acidi grassi, rimessi in circolo e veicolati dall’albumina, potranno essere ossidati ad acetil-CoA( -ossidazione) nel muscolo, nel fegato e in altri tessuti. Le molecole di NADH e FADH2 prodotte nella -ossidazione verranno riossidate, in presenza di O2, dalla catena respiratoria e serviranno a produrre ATP (fig. IV.2). Piccole quantità di specifici acidi grassi vengono ossidate in vie metaboliche diverse che li convertono in altri substrati energetici, oppure in prodotti di escrezione (ad esempio -ossidazione perossisomiale).
Non tutte le molecole di acetil-CoAprodotte dalla -ossidazione entrano nel ciclo TCA. Nel fegato, ad esempio, l’acetil-CoApuò essere trasformato in corpi chetonici, acetoacetato e -idrossibutirrato, che vengono esportati nel muscolo e in altri tessuti, dove sono nuovamente convertiti in acetil-CoAper alimentare il ciclo TCA. I corpi chetonici costituiscono la principale fonte di energia del cervello durante il digiuno prolungato.
Anche gli amminoacidi assunti con la dieta o derivati dalle proteine dell’organismo costituiscono un potenziale combustibile che può essere ossidato ad acetil-CoA oppure trasformato in glucosio e, successivamente, degradato in maniera ossidativa (fig. IV.2); queste vie cataboliche, così come quella degli acidi grassi, producono NADH e FADH2. L’ammoniaca che si produce durante l’ossidazione degli amminoacidi è tossica per l’uomo e deve essere convertita in urea nel fegato per essere poi escreta con le urine. Esistono più di 20 amminoacidi diversi, ciascuno con un proprio percorso di degradazione dello scheletro carbonioso e di conversione del gruppo amminico in urea. Proprio per questa sua complessità, il metabolismo degli amminoacidi è trattato separatamente in una sezione del libro (Parte Settima) che è stata dedicata al metabolismo dei composti azotati.
Il glucosio è il combustibile universale per produrre ATPin tutte le tipologie cellulari del corpo umano (fig. IV.4). Durante la glicolisi, 1 mole di glucosio viene trasformata dagli enzimi citosolici in 2 moli di piruvato e 2 moli di NADH. In questo processo, si produce una piccola quantità di ATPmediante trasferimento di un gruppo fosfato da alcuni intermedi metabolici altamente energetici all’ADP(fosforilazione a livello del substrato). In condizioni aerobie il NADH della glicolisi può essere riossidato dall’ossigeno nella catena respiratoria e il piruvato può entrare nel ciclo TCA, mentre in condizioni anaerobie il NADH glicolitico viene riossidato durante la conversione del piruvato in lattato, il quale verrà poi rilasciato nel circolo ematico. Sebbene la glicolisi anaerobica consenta una resa piuttosto bassa di ATP, questa via metabolica è importante per tutti i tessuti che sono scarsamente ossigenati o che non sono ricchi di mitocondri (ad esempio la porzione midollare del rene), oppure per i tessuti che subiscono una riduzione del flusso ematico (ischemia).
Tutte le cellule consumano, continuamente, ATPe perciò richiedono un costante apporto di substrati energetici che forniscano l’energia necessaria a rigenerare la
Definizione di alcuni prefissi e suffissi utilizzati per descrivere condizioni cliniche: a-; an- Senza -emia Del sangue iper-Eccessivo, oltre la norma ipo- Carente, al di sotto della norma -osi Stato patologico o fuori dalla norma -uria Dell’urina
Glucosio
Piruvato
Lattato
Glicolisi anaerobia
FIGURAIV.4. Glicolisi, processo di conversione del glucosio a piruvato. Se il piruvato viene ridotto a lattato, la via metabolica non richiede O2 ed è, perciò, definita “glicolisi anaerobica” (schema in rosso). Se, invece, il piruvato viene convertito ad acetil-CoA per essere ossidato nel ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA), la glicolisi richiede O2 e, pertanto, è un processo aerobio (schema in nero).
molecola di ATP. Nei Capitoli 1-3 sono state fornite indicazioni sui componenti alimentari più comuni nella dieta umana e sono stati descritti i principali meccanismi per la loro utilizzazione a scopo energetico.
Le conseguenze patologiche dei disordini metabolici che coinvolgono i processi ossidativi delle molecole energetiche possono essere ricondotte a due tipologie: (a) carenza di un determinato prodotto, oppure (b) eccesso di un substrato o di un metabolita intermedio. Il prodotto per eccellenza delle vie degradative dei substrati energetici è l’ATPe sono molteplici le condizioni cliniche in cui si può verificare una inadeguata capacità di sintesi dell’ATP. Alcune condizioni estreme, come la totale assenza di ossigeno (anossia) o l’avvelenamento da cianuro, sono addirittura fatali per l’uomo. L’infarto del miocardio è provocato dalla inadeguata irrorazione sanguigna di una porzione del cuore (ischemia) che priva i cardiomiociti del necessario apporto di ossigeno e nutrienti. L’ipertiroidismo è associato a una eccessiva produzione di calore come effetto dell’ossidazione dei substrati energetici, mentre nell’ipotiroidismo la produzione di ATPpuò diminuire fino a livelli critici. Situazioni come uno stato di malnutrizione, l’anoressia nervosa o l’abuso di alcol possono limitare la disponibilità di tiamina e di Fe2+ nonché di altre vitamine e di minerali che sono necessari per il corretto funzionamento degli enzimi delle vie di ossidazione dei substrati energetici. Inoltre, anche le mutazioni del DNAmitocondriale o di quello nucleare possono portare a una alterazione del metabolismo ossidativo e a una diminuzione della sintesi di ATP.
Viceversa, le complicanze che derivano da un eccesso di substrati energetici sono quelle che si riscontrano nel diabete mellito, il quale può sfociare in una chetoacidosi con prognosi infausta poiché, quando il metabolismo ossidativo è rallentato, c’è il rischio di acidosi lattica.
La bioenergetica è lo studio delle trasduzioni energetiche che avvengono nelle cellule
Ciclo dell’ATP-ADP. Nelle cellule, l’energia chimica (energia di legame) dei substrati energetici viene impiegata per compiere processi fisiologici necessari per la vita delle cellule stesse. Il ruolo centrale che il legame altamente energeticodei gruppi fosforici dell’adenosina trifosfato (ATP)assume in questi processi è schematicamente riassunto nel ciclo dell’ATP-ADP (adenosina difosfato) (fig. 19.1). Per produrre ATPattraverso la respirazione cellulare, le molecole energetiche vengono degradate mediante reazioni di ossidazione in cui gran parte dell’energia dei legami chimici viene trasferita al NAD+ e al FAD per generare le forme ridotte di questi coenzimi, NADH e FADH2. Quando il NADH e il FADH2 vengono ossidati dall’O2 nella catena di trasporto degli elettroni (catena respiratoria), la loro energia viene impiegata per produrre ATPnel processo noto come fosforilazione ossidativa.L’energia liberata dalla scissione dei legami altamente energetici dei gruppi fosforici dell’ATPpuò essere impiegata direttamente per compiere lavoro meccanico (es. contrazione muscolare), oppure per consentire il trasporto di soluti (es. formazione di un gradiente di ioni Na+ per effetto della Na+,K+-ATPasi). Inoltre, l’energia dell’ATPpuò essere utilizzata per l’attività biochimica (reazioni che richiedono energia), come accade nelle vie anaboliche (processi di biosintesi di macromolecole, es. proteine) o nelle reazioni di detossificazione. Le reazioni di trasferimento di gruppi fosforici, le modificazioni conformazionali delle strutture proteiche e la formazione di metaboliti intermedi attivati che contengono legami altamente energetici (es. UDP-glucidi) facilitano le trasduzioni energetiche. La quota di energia che, ricavata dagli alimenti, non è impiegata per compiere lavoro (meccanico e/o metabolico) viene convertita in calore
Omeostasi dell’ATP. L’ossidazione dei substrati energetici è regolata al fine di mantenere l’omeostasi dell’ATP.Indipendentemente dal fatto che la richiesta energetica della cellula sia alta (elevata velocità di consumo dell’ATP) o bassa (moderato consumo di ATP), la quantità di ATPdisponibile nella cellula stessa viene mantenuta costante attraverso la regolazione della velocità di ossidazione dei substrati energetici. Alterazioni dell’omeostasi dell’ATPe del bilancio energetico si rilevano in situazioni di obesità, ipertiroidismo e infarto miocardico. Energia ricavata dall’ossidazione dei substrati energetici. L’ossidazione dei substrati energetici è un processo esoergonico, cioè capace di rilasciare energia. La massima quantità di energia rilasciata e che può essere impiegata per compiere lavoro (es. sintesi di ATP) è indicata come ∆G0 , la variazione di energia libera di Gibbs misurata in condizioni standard e a pH 7,0. Il ∆G0 del processo di ossidazione dei nutrienti energetici ha valore negativo, a significare che l’energia dei legami chimici dei prodotti della reazione è inferiore a quella dei rispettivi substrati, per cui è favorita la formazione dei prodotti stessi. La sintesi di ATPa partire da ADPe fosfato inorganico è un processo
Calore
CO2
Produzione di energia
Carboidrati
Lipidi
Proteine
O2
ATP
Consumo di energia
Contrazione muscolare
Trasporto attivo di ioni
Biosintesi
Detossificazione
Termogenesi
ADP + Pi
Per valutare la funzionalità tiroidea occorre capire come gli ormoni T3 e T4 vengono secreti dalla tiroide (Capitolo 43). L’ipotalamo e la ghiandola pituitaria controllano il livello di T3 in forma libera nel sangue che li irrora. Quando la concentrazione di questo ormone cala, la ghiandola pituitaria secerne l’ormone stimolante la tiroide (TSH), che induce la tiroide a secernere T3 e T4. La ghiandola pituitaria agisce sotto il controllo dell’ipotalamo, che, nelle opportune condizioni, secerne l’ormone per il rilascio del TSH (TSHRH). Pertanto, un abbassamento dei livelli sierici di T3 o di T4 può essere il segnale di un problema a carico della tiroide o della ghiandola pituitaria. Conoscendo la fisiologia, è possibile attuare i test appropriati per identificare la causa del difetto. T3 e T4 si misurano con tecniche molto sensibili basate sul principio del riconoscimento di un anticorpo (dosaggio radioimmunologico; Capitolo 43). In maniera analoga, si può misurare il livello di TSH con una tecnica “a sandwich” che richiede l’impiego di due anticorpi capaci di riconoscere il TSH.
Interpretando in maniera corretta l’esito di questi test, si può capire se si tratti di una disfunzione della tiroide o della ghiandola pituitaria e, di conseguenza, si può stabilire qual è il trattamento più appropriato.
endoergonico perché richiede energia e il valore di ∆G0 della reazione è positivo. Per realizzarsi spontaneamente, i processi metabolici della cellula devono avere ∆G0 negativo. Come possono quindi avvenire i processi anabolici come, ad esempio, la sintesi del glicogeno? Anche i processi anabolici avvengono spontaneamente perché queste vie metaboliche comprendono alcune tappe enzimatiche capaci di sfruttare legami chimici altamente energetici per portare avanti reazioni, altrimenti sfavorite, che richiedono energia. In questo modo, poiché i valori di ∆G0 delle singole tappe enzimatiche si sommano algebricamente, l’intera via metabolica risulta energeticamente favorita. I substrati energetici che vengono ossidati trasferiscono, principalmente, i loro elettroni al NAD+ e al FAD, che, a loro volta, li doneranno all’O2 nella catena respiratoria. Il valore calorico di una sostanza nutriente è perciò correlato al valore di ∆G0 del processo di trasferimento degli elettroni all’ossigeno e al potenziale di riduzione standard, E0 , che esprime la propensione di una molecola ad accettare o a donare elettroni. Poiché gli acidi grassi sono più ridotti dei carboidrati, essi hanno un valore calorico maggiore. L’elevata affinità dell’ossigeno per gli elettroni (indicata da un valore di potenziale di riduzione standard estremamente positivo) favorisce l’ossidazione dei substrati energetici e il rilascio di energia da essi, che può essere impiegata per sintetizzare l’ATPnel processo di fosforilazione ossidativa. Tuttavia, modeste quantità di ATPpossono essere prodotte anche in assenza di O2, come accade, ad esempio, nella glicolisi anaerobica. L’ossidazione dei substrati energetici produce anche NADPH, che, solitamente, viene impiegato come donatore di elettroni nelle vie biosintetiche e nelle reazioni di detossificazione dei metaboliti. Un esempio è quello delle reazioni catalizzate dalle ossigenasi, in cui il NADPH agisce da donatore di elettroni e l’O2 da accettore.
Otto Shape è uno studente di 26 anni al secondo anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia; è alto 1,78 m e quando ha cominciato l’università pesava 70 kg, il suo peso forma (Capitolo 1), ma alla fine degli esami del primo anno aveva già raggiunto gli 85 kg. Aveva calcolato che il suo metabolismo basale (BMR)è pari a 1680 kcal e che il suo dispendio energetico durante l’attività fisica equivale al 30% del BMR, per cui nell’arco di sei settimane, durante l’estate, contava di ritornare al peso di quando frequentava il liceo. Per fare ciò, ogni giorno, avrebbe dovuto ridurre la sua dieta di 576 kcal e praticare 7 ore di tennis. Purtroppo, anziché fare tennis, frequentò un tirocinio estivo e, all’inizio del secondo anno, si ritrovò a pesare 95 kg!
X.S. Teefore è un ragazzo di 26 anni che lamenta intolleranza verso il caldo con evidenti segni di eccessiva sudorazione, palpitazioni cardiache e tremore. Negli ultimi 4 mesi, è calato di peso nonostante il forte appetito, soffre di insonnia e dice di avvertire un senso di agitazione interiore. L’esame obiettivo rivela: accelerazione cardiaca (116 battiti/min), segni di nervosismo e irrequietezza, tremore posturale della mano. Il soggetto suda copiosamente; la sua pelle è calda al tatto e la palpazione della tiroide rivela un notevole aumento di volume della ghiandola, che appare almeno tre volte più grande del normale. L’analisi della funzionalità tiroidea ha messo in luce una concentrazione eccessiva degli ormoni tiroidei T4 (tetraiodiotironina)e T3 (triiodiotironina), che sono i principali ormoni tiroidei circolanti nel sangue.
Sebbene molte delle vie metaboliche descritte nei capitoli precedenti si ritrovino in tutti i tessuti dell’organismo, alcuni di essi svolgono funzioni altamente specializzate e vi si ritrovano vie metaboliche uniche, non presenti in altri distretti. Questa parte del volume descrive un certo numero di tessuti specializzati e in alcuni casi descrive anche il modo in cui essi interagiscono con il resto dell’organismo per coordinare le funzioni che svolgono. I capitoli precedenti sono stati incentrati principalmente sulle funzioni svolte dall’insulina e dal glucagone, i maggiori mediatori della regolazione dei flussi metabolici; d’altra parte, esiste un grande numero di ormoni diversi che regola l’accumulo e il metabolismo dei substrati energetici (Capitolo 43). Questi ormoni agiscono principalmente come antagonisti delle azioni dell’insulina e sono definiti ormoni controregolatori. Essi includono l’ormone della crescita, gli ormoni tiroidei, i glucocorticoidi come il cortisolo, piccoli peptidi come le somatostatine, e piccole molecole come le catecolammine. L’ormone della crescita esercita parte delle sue funzioni inducendo la sintesi dei fattori di crescita insulinosimili. Gli ormoni citati inducono risposte rapide, attraverso la modificazione covalente di enzimi particolari, ma possono anche esercitare azioni a lungo termine, inducendo la sintesi di un certo numero di enzimi bersaglio. Verranno prese in esame le interrelazioni fra questi ormoni e l’insulina e il glucagone, come pure verranno descritti i processi di sintesi, i meccanismi di secrezione e i fattori che determinano la secrezione di ciascuno degli ormoni sopra menzionati.
Le proteine e le cellule contenute nel sangue costituiscono un sistema di tessuto a sé stante (Capitolo 44). Tutte le cellule ematiche derivano da un precursore comune, una cellula staminale del midollo osseo, e si differenziano in risposta a segnali di varie citochine che inducono la differenziazione verso una particolare linea cellulare ematica. Ad esempio, quando la disponibilità di ossigeno si riduce, i reni rispondono rilasciando in circolo l’eritropoietina, un ormone che stimola in maniera specifica la produzione di nuovi globuli rossi (eritrociti).
Gli eritrociti svolgono un numero limitatato di funzioni metaboliche, dal momento che sono privi di organelli subcellulari. La loro principale funzione è di trasportare l’ossigeno legato all’emoglobina ai vari tessuti. Quando il numero di globuli rossi si riduce, si instaura una condizione di anemia. Le cause dell’anemia possono essere numerose e includono anche carenze nutrizionali o mutazioni a carico di particolari geni (anemie ereditarie). La morfologia degli eritrociti può aiutare a distinguere i vari tipi di anemia.
Il metabolismo dei globuli rossi è finalizzato a preservare la capacità di queste cellule di trasportare ossigeno e a regolare il legame dell’ossigeno all’emoglobina. La glicolisi fornisce energia e NADH per proteggere lo stato di ossidazione del ferro legato al gruppo eme. La via dello shunt degli esosi monofosfati genera il NADPH che preserva dall’ossidazione la membrana cellulare degli eritrociti. Nei precursori dei globuli rossi avviene la sintesi dell’eme, i cui atomi di carbonio sono totalmente forniti dal succinil-CoAe dalla glicina. Difetti ereditabili nella sintesi dell’eme portano a una serie di patologie note come porfirie. Poiché i globuli rossi devono essere capaci di passare attraverso capillari molto stretti, la loro membrana cellulare deve essere facilmente deformabile. L’elasticità si deve in parte alla complessa struttura citoscheletrica che circonda l’eritrocita. Mutazioni in alcune delle
proteine facenti parte di questa struttura possono portare alla produzione di cellule meno deformabili e quindi maggiormente esposte alla rottura durante il loro trasporto nella circolazione sanguigna. La conseguenza di questo fenomeno è una patologia nota come anemia emolitica.
Fra le varie funzioni svolte, il sistema ematico è anche responsabile del processo di emostasi e del mantenimento di un volume costante di sangue (Capitolo 45). La lesione di una parete vascolare può portare alla perdita di sangue: se questo processo assume vaste proporzioni, può infine risultare fatale. La riparazione del danno di un vaso sanguigno, esterno o interno, è resa possibile dalla complessa attivazione di una serie di proteine che circolano nel sangue in forma di zimogeni inattivi e si conclude con la formazione di un coagulo di fibrina (cascata coagulativa). Le piastrine svolgono un ruolo fondamentale nella coagulazione, non solo perché rilasciano fattori pro-coagulanti, ma per la loro capacità di formare aggregati all’interno di un trombo (coagulo). Il coagulo funziona come un tappo, che impedisce la fuoriuscita di sangue nel lasso di tempo richiesto affinché il danno della parete vasale sia riparato. Guardando il problema da una differente angolazione, si deve considerare che, se la coagulazione si verificasse in maniera inappropriata o accelerata all’interno di vasi che riforniscono di sangue organi e tessuti vitali, provocherebbe l’ostruzione del flusso ematico intravasale, causando una ischemia cerebrale o un infarto. Appare quindi chiaro che il processo di coagulazione deve essere strettamente controllato e a tal fine agiscono meccanismi molto complessi in grado di regolare questa funzione ematologica di vitale importanza.
Il fegato è un organo generoso che svolge numerose funzioni per gli altri tessuti (Capitolo 46). Fornisce glucosio e corpi chetonici all’organismo quando le riserve energetiche sono in quantità limitata e smaltisce l’ammoniaca proveniente dal catabolismo degli amminoacidi sotto forma di urea. Nel fegato avvengono tutte le reazioni di detossificazione degli xenobiotici e si attua la sintesi di numerose proteine che compongono il sangue. Il fegato sintetizza i triacilgliceroli e il colesterolo e li redistribuisce agli altri tessuti sotto forma di lipoproteine a bassissima densità (VLDL, very low density lipoprotein). Anche gli acidi biliari, impiegati nell’intestino per la digestione dei grassi, sono sintetizzati nel fegato. Inoltre il fegato ricicla il colesterolo e i trigliceridi, attraverso la captazione delle lipoproteine a densità intermedia (IDL, intermediate density lipoprotein), i chilomicroni e le VLDL remnants e le particelle di lipoproteine a bassa densità (LDL, low density lipoprotein). Per via della sua natura “protettiva” e della collocazione anatomica strategica, posta fra l’intestino e la circolazione sistemica, al fegato spetta il primo metabolismo di tutti i composti che raggiungono la circolazione sistemica attraverso la circolazione enteroepatica. In questo modo, le sostanze xenobiotiche dannose possono essere metabolizzate e detossificate nel fegato, prima che riescano a raggiungere altri tessuti.
Nelle cellule muscolari hanno luogo metabolismi specifici che consentono di depositare l’energia sotto forma di molecole di creatina fosfato e di regolare in modo estremamente controllato l’utilizzo degli acidi grassi come fonte energetica. La proteina chinasi attivata dall’adenosina monofosfato, l’AMPchinasi (AMPPK), è un enzima importante nella regolazione del metabolismo energetico del muscolo. Il muscolo è costituito da diversi tipi di fibre contrattili, che sfruttano fonti diverse per rifornirsi dell’energia di cui necessitano. Ad esempio, le fibre lente di tipo I, usano vie metaboliche ossidative, mentre le fibre veloci di tipo II soddisfano le proprie richieste energetiche attraverso vie glicolitiche.
Il sistema nervoso è costituito da vari tipi di cellule funzionalmente interconnesse che consentono una efficiente trasmissione del segnale (Capitolo 48). La barriera emato-encefalica protegge le cellule del sistema nervoso centrale da composti potenzialmente nocivi, impedendone l’accesso al cervello (l’ammoniaca costituisce un’importante eccezione). Le cellule del cervello comunicano fra di loro e con le cellule degli altri organi attraverso la sintesi di neurotrasmettitori e neuropeptidi. Molti neurotrasmettitori derivano da amminoacidi, la maggior parte dei quali sono
sintetizzati all’interno delle cellule nervose. Poiché il metabolismo degli amminoacidi e la biosintesi dei neurotrasmettitori richiedono la disponibilità di cofattori come il piridossale fosfato, la tiamina pirofosfato e la vitamina B12, le carenze di questi fattori si associano allo sviluppo di neuropatie, cioè disfunzioni che colpiscono particolari neuroni del sistema nervoso.
Acausa delle limitazioni imposte dalla presenza della barriera emato-encefalica, il cervello deve provvedere autonomamente alla sintesi dei lipidi di cui è costituito. Il rifornimento adeguato di lipidi è vitale per il buon funzionamento del sistema nervoso, dal momento che essi sono i principali componenti del rivestimento mielinico dei nervi, che è indispensabile per una regolare trasmissione dell’impulso nervoso. I disordini neurovegetativi, come la sclerosi multipla, sono la conseguenza di una demielinizzazione, di gravità variabile, dei neuroni.
Il tessuto connettivo, costituito principalmente dai fibroblasti, produce le sostanze della matrice extracellulare che circonda le cellule e i tessuti e ne fissa la posizione corretta all’interno dell’organo. Queste sostanze comprendono alcune proteine strutturali (collageno ed elastina), proteine di adesione (fibronectina) e glicosamminoglicani (eparan-solfato e condroitin-solfato). La caratteristica struttura delle proteine e dei carboidrati che costituiscono la matrice extracellulare consente ai tessuti di espletare molte funzioni specializzate. La perdita delle funzioni di supporto e di barriera del tessuto connettivo produce talvolta conseguenze cliniche significative in pazienti affetti da diabete mellito, come quelle che derivano dall’alterazione della microcircolazione periferica, che possono portare alla cecità, all’insufficienza renale o a neuropatie periferiche.
Molti ormoni influenzano il metabolismo energetico, inclusi quelli che regolano l’appetito e quelli che regolano l’assorbimento, il trasporto e l’ossidazione degli alimenti. La tabella 43.1 riporta i principali ormoni che influenzano il metabolismo dei nutrienti e riassume gli effetti esercitati sul muscolo, sul fegato e sul tessuto adiposo.
L’insulina è il principale ormone anabolico e promuove il deposito di riserve energetiche, come il glicogeno nel fegato e nei muscoli e i triacilgliceroli nel tessuto adiposo. Stimola inoltre la sintesi delle proteine in vari tessuti, incluso quello muscolare. Allo stesso tempo, l’insulina agisce inibendo la mobilizzazione delle riserve energetiche.
Il glucagone è il principale ormone controregolatorio. Il termine “controregolatorio” indica che le sue attività sono generalmente opposte a quelle dell’insulina (controinsulinico). La principale attività del glucagone è di mobilizzare le riserve energetiche stimolando la glicogenolisi e la gluconeogenesi. Queste attività assicurano che il glucosio possa essere reso disponibile ai tessuti glucosio-dipendenti tra un pasto e quello successivo.
Anche l’adrenalina, la noradrenalina, il cortisolo, la somatostatina e l’ormone della crescita hanno un’attività controinsulinica. Gli ormoni tiroidei devono essere classificati fra gli ormoni controregolatori poiché incrementano la velocità di consumo dell’energia e accrescono la sensibilità delle cellule bersaglio ad altri ormoni controregolatori.
L’insulina e gli ormoni controregolatori regolano il metabolismo attraverso due meccanismi (Capitolo 26). Il primo è un meccanismo di controllo a breve termine che si manifesta in un tempo variabile da qualche minuto a un ora dall’avvenuta interazione ormone-recettore: di solito produce la fosforilazione o la defosforilazione di enzimi bersaglio pre-esistenti nella cellula, con conseguente cambiamento della loro attività catalitica o cinetica. Il secondo tipo di controllo coinvolge la regolazione della sintesi di enzimi chiave attraverso meccanismi che stimolano o inibiscono la trascrizione e la traduzione di RNA messaggero (mRNA). Questi processi sono lenti e la loro attuazione può richiedere un tempo variabile da alcune ore a più giorni.
Fegato
LipogenesiLipolisi
Tessuto adiposo Up-take di Utilizzazione Sintesi Rilascio di Cheto-Gluconeo-Glicogeno-Glicogeno-Sintesi
Tabella 43.1Principali ormoni che regolano il metabolismo energetico Muscolo
Ormoni glucosiodi glucosioproteicaglucosio genesigenesilisi sintesiproteica in circolo
Ormoni anabolici Insulina ccccccTTTTTTTTccccTT
(a dosi elevate)
Ormoni controregolatori a Glucagone
Adrenalina e c
noradrenalina (iniziale)
Glucocorticoidi
(principalmente (permissiva) permissiva)
(principalmente permissiva)
Ormone della crescita
(debolmente)(debolmente)
Ormoni tiroidei— ccccc c (permissiva)
Somatostatina b a Ormoni che esercitano generalmente azioni opposte a quelle dell’insulina. b Gli effetti della somatostatina sul metabolismo sono indiretti, mediati dall’inibizione della secrezione di insulina, glucagone , ormone della crescita, ormoni tiroidei e da effetti sulla secrezione acida gastrica, sul tempo di svuotamento gastrico e sulla secrezione pancreatica esocrina ( vedi testo).
La determinazione dei livelli ematici di ormone viene eseguita generalmente usando reagenti immunologici che riconoscono in modo specifico l’ormone che si desidera dosare. Queste tecniche saranno meglio descritte nelle “Osservazioni biochimiche” di questo capitolo.
A Otto Shape, studente al terzo anno di medicina, fu chiesto di ricostruire l’anamnesi ed eseguire l’esame obiettivo di un paziente di 47 anni, da poco ricoverato, di nome Corti Solemia. Solemia aveva consultato il medico curante per un crescente senso di debolezza, affaticamento fisico e un innalzamento della concentrazione ematica di glucosio. Durante la visita del paziente, Otto notò un marcato arrossamento della pelle del viso, così come la presenza di strisce rosso-violacee (striae) sulla pelle del basso addome e delle cosce. Il grasso corporeo era redistribuito in maniera caratteristica, con depositi eccessivi localizzati a livello di volto, collo, dorso, torace e addome, mentre le porzioni distali di braccia e gambe sembravano essere quasi prive di grasso. La pelle appariva assottigliata e in molti parti del corpo erano presenti grandi lividi, per i quali Solemia non riusciva a darsi alcuna spiegazione. L’esame neurologico evidenziò una grave debolezza muscolare, soprattutto a livello della porzione prossimale delle braccia e delle gambe, dove sembrava che i muscoli fossero atrofizzati.
Sam Atotrope, un gioielliere di 42 anni, aveva ultimamente accusato emicranie di intensità sempre maggiore, con dolore localizzato nella regione retro-oculare, talvolta associate alla comparsa di improvvisi “lampi di luce” nel campo visivo. Avolte la visione appariva offuscata, rendendogli difficile l’esecuzione di alcune attività di precisione tipiche del suo mestiere. Consultò pertanto il suo medico oculista, il quale rimase colpito nel notare gli evidenti cambiamenti nei tratti somatici di Sam Atotrope, avvenuti nell’arco dei 5 anni trascorsi dall’ultima visita. Le rughe d’espressione si erano approfondite, la pelle stessa appariva ispessita, il naso e le labbra erano divenuti grossi e carnosi e la mascella più prominente. Il medico osservò inoltre come le mani del paziente apparissero più grandi e la voce fosse divenuta profonda. La visita oculistica mise in evidenza una leggera atrofia dei nervi ottici e una riduzione del campo visivo nei quadranti superiori esterni.
Gli effetti dell’insulina sul metabolismo energetico e il flusso di substrati sono stati considerati in numerosi capitoli di questo libro, in particolare nel Capitolo 26. L’insulina stimola il deposito di glicogeno nel fegato e nei muscoli e la sintesi di acidi grassi e di triacilgliceroli e il loro deposito nel tessuto adiposo. Inoltre stimola la sintesi di oltre 50 diverse proteine in vari tessuti, alcune delle quali contribuiscono alla crescita dell’organismo. Di fatto risulta difficile riuscire a separare gli effetti dell’insulina sullo sviluppo cellulare da quelli esercitati da una famiglia di proteine conosciute come somatomedine, cui appertengono anche i fattori di crescita insulino-simili I e II (IGF-I e IGF-II, insulin-like growth factors I and II; Sezione III.B.6).
Infine, l’insulina esercita un’attività paracrina sulle cellule delle isole pancreatiche (o isole di Langerhans). Quando l’insulina è rilasciata dalle cellule β, essa sopprime il rilascio di glucagone dalle cellule α
Il glucagone è uno dei principali ormoni controregolatori (o controinsulari). Esso viene sintetizzato come parte di una grande proteina precursore chiamata proglucagone. Il proglucagone è prodotto dalle cellule delle isole di Langerhans nel pan-
creas e dalle cellule Ldell’intestino. In queste cellule intestinali è contenuto un certo numero di peptidi legati in tandem: peptide glicentina-simile, peptide 1 glucagone-simile (GLP-1: glucagon-related peptide 1) e peptide 2 glucagone-simile (GLP-2: glucagon-related peptide 2). Il taglio proteolitico del proglucagone produce varie combinazioni dei suoi peptidi costituenti. Il glucagone nel pancreas è rilasciato dal proglucagone e costituisce dal 30 al 40% del glucagone immunoreattivo del sangue. La restante immunoreattività è correlata ad altri prodotti di proteolisi del proglucagone prodotti sia nel pancreas che nell’intestino. Il glucagone pancreatico possiede una emivita compresa fra i 3 e i 6 minuti e viene principalmente eliminato dal fegato e dai reni.
Il glucagone promuove la glicogenolisi, la gluconeogenesi e la chetogenesi stimolando la produzione di adenosina monofosfato ciclico (cAMP) nelle cellule bersaglio. Il fegato rappresenta il principale organo bersaglio per il glucagone, in parte perché la concentrazione di questo ormone nel sangue portale che irrora gli epatociti è superiore rispetto a quella della circolazione periferica.Il livello di glucagone nella vena porta può raggiungere concentrazioni pari a 500 pg/mL.
Infine, il glucagone stimola il rilascio di insulina dalla cellule del pancreas, anche se non è stato stabilito se questo sia la conseguenza di una stimolazione paracrina o endocrina. È possibile che il percorso del flusso sanguigno, nella rete vascolare tra le cellule delle isole pancreatiche, raggiunga prima le cellule e in seguito le cellule . Pertanto, le cellule possono influenzare la funzione delle cellule attraverso un meccanismo endocrino, mentre l’influenza sulle cellule di ormoni prodotti dalla cellule è più probabile che sia di natura paracrina.
CONTROREGOLATORI
A.Somatostatina
1.BIOCHIMICA
La preprosomatostatina, un peptide di 116 amminoacidi, è codificata da un gene localizzato sul braccio lungo del cromosoma 3. La somatostatina (SS-14), un peptide ciclico con un peso molecolare di 1600 dalton, è costituita dai 14 amminoacidi posti all’estremità C-terminale della molecola precursore. La SS-14 è stata isolata per la prima volta dall’ipotalamo e così chiamata per la sua abilità di inibire la secrezione dell’ormone della crescita (somatotropina, o GH) dal lobo anteriore dell’ipofisi (o adenoipofisi). Inoltre inibisce la secrezione di insulina. Oltre che dall’ipotalamo, la somatostatina è anche secreta dalle cellule delle isole pancreatiche, da molte aree del sistema nervoso centrale e da cellule della mucosa gastrica e duodenale. SS-14 è abbondante nel sistema nervoso centrale ed è l’unica forma secreta dalle cellule del pancreas. Nell’intestino, tuttavia, la prosomatostatina (SS-28), che si estende per ulteriori 14 amminoacidi a partire dall’estremità C-terminale del precursore, costituisce dal 70 al 75% della frazione immunoreattiva, cioè la quantità di ormone che reagisce con anticorpi anti SS-14. Il pro-ormone SS-28 risulta inoltre da 7 a 10 volte più potente di SS-14 nell’inibire la secrezione di GH e insulina.
2.SECREZIONEDI SOMATOSTATINA
I secretagoghi per la somatostatina sono simili a quelli che inducono la secrezione dell’insulina. Tra i metaboliti che incrementano il rilascio di somatostatina vi sono il glucosio, l’arginina e la leucina. Gli ormoni che stimolano la secrezione di somatostatina includono il glucagone, il peptide intestinale vasoattivo (VIP, vasoactive intestinal polypeptide ) e la colecistochinina (CCK). L’insulina, invece, non influenza in maniera diretta la secrezione di somatostatina.
La tolbutamide, una sulfonilurea che aumenta la secrezione di insulina, aumenta anche la secrezione pancreatica di somatostatina.
Un manuale di biochimica per lo studente di medicina che pone al centro dell’attenzione il paziente, colmando la distanza tra la Biochimica, la Fisiologia e la Clinica. Il volume infatti, con un approccio orientato all’analisi di casi clinici, crea un rimando continuo tra la descrizione dei processi biochimici e la pratica della fisiologia e della fisiopatologia. Il pregio maggiore di Marks Biochimica medica è la semplicità con cui vengono descritti i processi biochimici con le loro regolazioni metaboliche e ormonali, senza comunque mai rinunciare a una trattazione completa e dettagliata. Degni di nota anche i capitoli dedicati alle più moderne tecniche di biologia molecolare e alla biochimica dei tumori, particolarmente efficaci per la preparazione del medico moderno.
Oltre a un ricco e chiaro apparato illustrativo a colori, diversi sono gli strumenti di lettura offerti allo studente:
presentazione dei pazienti in “sala d’aspetto”, all’inizio di ogni capitolo;
“note cliniche” di approfondimento correlate ai pazienti o agli argomenti trattati nel testo;
“note metodologiche” in cui i test di laboratorio vengono spiegati attraverso la biochimica;
“osservazioni cliniche” in cui viene presentato il trattamento terapeutico prescritto nei casi clinici specifici;
“osservazioni biochimiche” in cui vengono approfonditi meccanismi enzimatici o aspetti innovativi della biochimica;
D: R:
domande e risposte all’interno del testo e “domande di riesame” dal taglio clinico alla fine di ogni capitolo con risposte articolate nell’appendice finale.