BIOCHIMICA PER LE SCIENZE MOTORIE
A cura di
Antonio Di Giulio
Amelia Fiorilli
Claudio Stefanelli





Principi di
A cura di
Antonio Di Giulio
Amelia Fiorilli
Claudio Stefanelli
Principi di
acura di
Sapienza Università di Roma
A cura di:
Università Vita-Salute San Raffaele Milano
Antonio Di Giulio
Università degli Studi dell’Aquila
Gianni Pozzi
Università degli Studi di Siena
Amelia Fiorilli
Università degli Studi di Milano
Gian Maria Rossolini
Claudio Stefanelli
Università degli Studi di Siena
Università di Bologna
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Realizzazione editoriale: Epitesto (MI)
Impaginazione: BaMa, Vaprio d’Adda (MI)
Copertina: 46xy
Disegni: Giuseppe Maserati
Prima edizione: ottobre 2011
Ristampa
4 3 2 1 0 2011 2012 2013 2014 2015
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Stampato da Geca Industrie Grafiche via Magellano 11, Cesano Boscone (MI) per conto della C.E.A. Casa Editrice Ambrosiana viale Romagna 5, 20089 Rozzano (MI)
Antonio Di Giulio, Università degli Studi dell’Aquila
Amelia Fiorilli, Università degli Studi di Milano
Claudio Stefanelli, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Carlo Bergamini, Università degli Studi di Ferrara
Veronica Carnicelli, Università degli Studi dell’Aquila
Lucia Cavallini, Università degli Studi di Padova
Roberta Ceci, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”
Gabriele D’Andrea, Università degli Studi dell’Aquila
Nicola Franceschini, Università degli Studi dell’Aquila
Vincenzo Lanzara, Università degli Studi di Ferrara
Antonello Lorenzini, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Riccardo Marzocchini, Università degli Studi di Firenze
Giovanni Miotto, Università degli Studi di Padova
Nadia Papini, Università degli Studi di Milano
Alberto Passi, Università dell’Insubria, Varese
Carla Pignatti, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Stefania Sabatini, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un continuo aumento d’interesse verso il movimento e l’esercizio fisico, sia per quanto riguarda l’aspetto sportivo e legato alla prestazione fisica, sia per quanto riguarda gli effetti sulla salute e sul benessere. Questi temi hanno trovato una loro collocazione anche nell’ambito universitario con l’istituzione dei corsi di studio in Scienze motorie. Il numero di questi corsi è aumentato esponenzialmente nel corso degli ultimi dieci anni e attualmente numerosi Atenei propongono nella loro offerta formativa la possibilità di conseguire lauree relative al movimento e allo sport, sia sotto forma di laurea triennale di primo livello che di laurea magistrale. Una caratteristica fondamentale dei corsi in Scienze motorie è l’estrema multidisciplinarietà, indispensabile per la formazione di una figura professionale in grado di affrontare le innumerevoli sfaccettature legate al mondo dell’attività fisica. La base della preparazione del laureato nelle discipline motorie rimane però l’approfondita conoscenza dei meccanismi alla base del movimento e del funzionamento dell’organismo impegnato nell’esercizio, da cui deriva un’importanza fondamentale della Biochimica, che descrive a livello molecolare la struttura, le proprietà e il funzionamento degli organismi viventi. Una buona conoscenza della Biochimica è indispensabile per comprendere al meglio le materie, a mano a mano sempre più applicative, che lo studente dovrà poi affrontare, come la Biologia applicata, l’Anatomia, la Fisiologia, la Nutrizione, la Teoria del movimento e la Metodologia dell’allenamento.
In commercio esistono numerosi e ottimi testi di Biochimica, che vanno dal trattato ampio e generalista al compendio sintetico finalizzato a specifici corsi. Questi testi però raramente trattano argomenti legati all’esercizio e in genere si limitano a illustrare il meccanismo della contrazione muscolare. Vi sono invece numerosi libri stranieri dedicati alla Biochimica dello sport, in quanto in molti paesi, specialmente quelli anglosassoni e del nord e centro Europa, l’approccio scientifico all’esercizio fisico è una realtà da diversi decenni. Questi testi però sono spesso molto prossimi alla Fisiologia ed estremamente finalizzati, per cui in genere si adattano in modo limitato alle esigenze didattiche dei corsi italiani. Questo libro vuole quindi colmare una lacuna, in quanto è nato dall’esigenza di disporre di un unico testo completo e aggiornato sul quale gli studenti potessero impostare lo studio della Biochimica.
In base alla nostra esperienza ormai ultradecennale nell’insegnamento nei corsi di Scienze motorie, riteniamo che per acquisire al meglio la materia, agli studenti sia utile un corso di Biochimica impostato in modo molto “tradizionale”, ma applicativo. Pertanto il testo tratta sostanzialmente di biochimica umana e, ogniqualvolta si presenta l’occasione, ai diversi argomenti sono associati i collegamenti con l’esercizio fisico. Dopo una prima parte che richiama i concetti basilari di Chimica (capp. 1-3), si passa allo studio delle molecole che costituiscono la materia vivente (capp. 4-7). Seguono quindi i fondamentali capitoli su Biofisica e Bioenergetica (capp. 8-10), dopodiché vengono analizzati alcuni aspetti di Biochimica funzionale con forti ricadute sull’esercizio (capp. 11-13). Si giunge quindi alla parte centrale del lavoro, rappresentata dallo studio del metabolismo; questa sezione è preceduta da una parte introduttiva (capp. 14-16) nella quale si esaminano le caratteristiche metaboliche di alcuni organi e, in modo più approfondito, la biochimica della cellula muscolare. Nella sezione di Biochimica metabolica sono quindi esaminate le principali vie metaboliche con frequenti richiami all’esercizio (capp. 17-23). Infine, l’ultima sezione esamina specificatamente il metabolismo muscolare nell’esercizio e la Biochimica dell’allenamento (capp. 24 e 25).
Nella stesura del testo abbiamo tenuto conto dell’esistenza di due problemi principali. Il primo è relativo alla grande eterogeneità nella preparazione di base degli studenti che approdano ai corsi di Scienze motorie, per cui non è infrequente il caso di studenti che nelle scuole superiori non hanno mai affrontato lo studio della Chimica. Abbiamo cercato di ovviare inserendo la parte introduttiva di propedeutica biochimica e mantenendo la trattazione, per quanto possibile, a un livello relativamente semplice. Il secondo problema riguarda le notevoli differenze che il peso della Biochimica ha nei corsi dei diversi Atenei. Questo libro nasce fondamentalmente per l’insegnamento nei corsi triennali in cui, nonostante la notevole variabilità, all’insegnamento specifico di Biochimica nella maggioranza dei casi sono dedicati più o meno 6 crediti. È evidente però che il testo deve essere considerato come “modulare”, in quanto sarà il docente che, nella sua autonomia decisionale e in funzione delle ore assegnate, potrà decidere quali parti svolgere nel corso triennale e quali parti invece vadano destinate ai corsi magistrali. Proprio in quest’ottica, saremo grati ai colleghi che vorranno segnalarci nuovi argomenti che potrebbero essere inseriti o parti che meriterebbero un diverso approfondimento. Nelle nostre intenzioni, infatti, questa edizione rappresenta il punto di partenza verso la costruzione di un testo completo di Biochimica per le Scienze motorie, che possa accompagnare lo studente sia nel corso di primo livello, sia nei corsi superiori.
Antonio Di Giulio, Amelia Fiorilli, Claudio Stefanelli
Capitolo 1
Capitolo 2
3.1
3.3
5.3
5.4
5.5
5.6
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
6.6
Capitolo 7
e acidi
7.1 Struttura dei nucleotidi
7.2 Generalità sulla funzione dei nucleotidi (trasporto di energia e regolazione biochimica)
7.3 Coenzimi contenenti nucleotidi
7.4
Capitolo 8
Principi di bioenergetica
8.1 Cenni su principi di termodinamica. Energia libera ed entropia
8.2 Le variazioni di energia libera e l’equilibrio chimico
8.3 I fattori che influenzano le variazioni di energia libera
8.4 Reazioni esoergoniche ed endoergoniche. Reazioni di accoppiamento
8.5 Reazioni di ossidoriduzione (redox) e potenziale redox
8.6 L’ATP come moneta cellulare di scambio energetico
8.7 Dettagli sulla struttura e proprietà dell’ATP
8.8 Composti altamente energetici: introduzione a creatina e fosfocreatina
Capitolo 9
Enzimi e catalisi enzimatica
9.1 Velocità di reazione e catalizzatori
9.2 Classificazione degli enzimi, un po’ di storia
9.3 Cofattori e coenzimi. Le vitamine come coenzimi
9.4 Gli enzimi come catalizzatori biologici
9.4.1 Catalisi acido-base
9.4.2 Catalisi da ioni metallici
9.5 Cenni di cinetica enzimatica
9.5.1 La velocità delle reazioni enzimatiche può essere misurata
9.6 I fattori che influenzano la velocità delle reazioni enzimatiche
9.7 Inibizione dell’attività enzimatica
9.7.1 L’inibizione reversibile
9.7.2 L’inibizione irreversibile
9.8 Cenni sugli enzimi allosterici e sul loro significato
Capitolo 10
fosforilazione ossidativa
10.1 Le ossidazioni come fonte di energia utile
10.2 I mitocondri: significato della compartimentalizzazione
10.3 I complessi respiratori e la catena respiratoria: il trasferimento degli elettroni
10.4 Meccanismo della fosforilazione ossidativa e sintesi di ATP
10.5 Regolazione dell’accoppiamento tra catena respiratoria e fosforilazione ossidativa. Gli inibitori. Il rapporto P/O
10.6 Proteine disaccoppianti e termogenesi 150
10.7 Specie reattive dell’ossigeno e radicali liberi. Correlazione con l’attività fisica
10.7.1 Specie reattive dell’ossigeno (ROS)
10.7.2 Specie reattive dell’azoto o RNS 152
10.8 Cenni sui meccanismi di difesa. Antiossidanti
di verifica
Capitolo 11
Trasporto e utilizzo dell’ossigeno di Riccardo Marzocchini
11.1 Cenni sui gas e sull’ossigeno atmosferico
L’ossigeno atmosferico
11.2 Emoglobina: struttura e funzione
Il gruppo eme
11.3 Il legame dell’emoglobina con l’ossigeno
11.3.1 Comportamento allosterico dell’emoglobina
11.3.2 Il legame con l’ossigeno e l’effetto cooperativo
11.4 Fattori che influenzano l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno
11.4.1 Legame con ioni H+ e ruolo del pH
11.4.2 Trasporto di anidride carbonica 166
11.4.3 Legame con 2,3-bisfosfoglicerato
11.4.4 Effetto della temperatura
11.4.5 Emoglobina fetale 168
11.5 Alterazioni acquisite o ereditarie dell’emoglobina e della sua funzione
11.5.1 Derivati dell’emoglobina
11.5.2 Emoglobine anomale
11.6 La mioglobina: struttura e funzione
11.7 L’eritrocita e l’eritropoietina: cenni sull’uso come doping 173
11.7.1 Il globulo rosso 173
11.7.2 L’eritropoietina
Sommario
Domande di verifica
Capitolo 12
Trasporto attraverso la membrana e biosegnalazione di Riccardo Marzocchini
12.1 Struttura e funzione delle membrane biologiche
12.1.1 Costituzione delle membrane biologiche
12.1.2 Struttura delle membrane biologiche
12.2 Trasporto attraverso la membrana
12.3 Biosegnalazione
12.4 Trasduzione del segnale
12.4.1 Modificazioni post-traduzionali di proteine
13.1 Classificazione degli ormoni e degli organi endocrini
13.2 Cenni al concetto di gerarchia ormonale: ipotalamo e ipofisi
13.3 Introduzione alla struttura e alle funzioni di alcuni ormoni
per l’attività
13.6.3
Capitolo 15
Funzioni metaboliche in diversi tessuti di Carla Pignatti
15.1 Il sangue trasporta ossigeno, nutrienti, metaboliti, ormoni
15.1.1 Composizione del plasma
15.1.2 Cellule del sangue
15.1.3 Regolazione del pH ematico
15.2 Il fegato trasforma svariate sostanze e immagazzina glucosio
15.2.1 Fegato e metabolismo glucidico
15.2.2 Fegato e metabolismo lipidico
15.2.3 Fegato e metabolismo delle sostanze azotate
15.2.4 Fegato e detossificazione
15.3 Il tessuto adiposo immagazzina lipidi e secerne ormoni
15.3.1 Funzione di riserva energetica
15.3.2 Funzione termica
15.3.3 Funzione endocrina
15.4 Il rene mantiene l’equilibrio idrico-salino
15.4.1 Il liquido extracellulare e l’osmolarità
15.4.2 Filtrazione e riassorbimento renale
15.4.3 Filtrazione e riassorbimento
15.4.4 Controllo del pH
15.5 Il cervello trasmette impulsi elettrici e informazioni
15.5.1 Le cellule del sistema nervoso
15.5.2 Caratteristiche metaboliche del SNC
Funzione endocrina
Capitolo 16
La cellula muscolare e l’esercizio fisico: introduzione di Claudio Stefanelli
16.1 La cellula muscolare
16.1.1 Struttura delle cellule muscolari
16.1.2 Il sarcomero
16.1.3 Reticolo sarcoplasmatico e tubuli T
16.1.4 Il muscolo scheletrico contiene tipi distinti di fibre
16.2 Le proteine dell’apparato contrattile
16.2.1 Filamenti spessi
16.2.2 Filamenti sottili
16.2.3 Altre proteine del sarcomero
16.2.4 Proteine di connessione
16.3 Il meccanismo della contrazione muscolare
16.3.1 Accoppiamento eccitazione-contrazione: ruolo del calcio
16.3.2 Il ciclo dei ponti trasversali
16.4 La richiesta energetica per la contrazione muscolare e i parametri dell’esercizio
Domande di verifica
Capitolo 17
Glucosio, glicolisi e metabolismo del glicogeno di Roberta Ceci, Stefania Sabatini
17.1 Digestione e assorbimento
17.2 La glicemia e il suo controllo ormonale
17.3 Ingresso del glucosio nelle cellule. I trasportatori del glucosio
17.4 Destino del glucosio in relazione alle richieste energetiche e prima tappa della glicolisi
17.5 La glicolisi e la sua regolazione
17.6 Resa energetica della glicolisi
17.7 Effetto dell’esercizio sulla glicolisi muscolare
17.8 Destino del piruvato
17.9 Ossidazione del piruvato
17.10 Formazione di lattato: la lattato deidrogenasi
17.11 Metabolismo del glicogeno: glicogenolisi e glicogenosintesi
17.11.1 Sintesi del glicogeno
17.11.2 Demolizione del glicogeno
17.11.3 Regolazione del metabolismo del glicogeno
17.12
del fruttosio e del galattosio
17.13 Utilizzo di carboidrati correlato all’attività fisica
17.14 Cenni sulla via del pentoso fosfato
Capitolo 18 Il
18.1 Ossidazione dell’acetato e
del ciclo e reazioni
19.5 La degradazione degli acidi grassi (b-ossidazione). Ruolo della carnitina
19.6 La resa energetica dell’ossidazione degli acidi grassi
19.7 I corpi chetonici: formazione, metabolismo, funzioni
19.8
di acidi grassi e corpi chetonici correlato all’attività
Capitolo 20
Lipogenesi e glucogenesi di Nadia Papini
20.1 Sintesi di acidi grassi. Allungamento e insaturazione della catena. Acidi grassi essenziali
20.2 Cenni sulla sintesi del colesterolo (provenienza dell’acetil-SCoA)
20.3 Effetto dell’esercizio fisico sulla sintesi dei lipidi e sui lipidi ematici
20.4 La leptina e l’attività fisica nel controllo della massa grassa
20.5 La gluconeogenesi. Conversione del piruvato in glucosio
20.6 Molecole glucogeniche
20.7 Effetto dell’esercizio sulla gluconeogenesi epatica
Capitolo 21
21.1 Digestione e assorbimento
21.2 Anabolismo e catabolismo delle proteine. Il turnover proteico
21.3 Cenni sulla degradazione delle proteine
21.4 Effetto di ormoni sul turnover proteico: effettori anabolici e catabolici
21.5 Attività fisica e metabolismo proteico. Implicazioni per la regolazione
della massa muscolare
21.6 Traffico inter-organo degli aminoacidi
Capitolo 22
Metabolismo degli aminoacidi
22.1 Visione d’insieme del metabolismo degli aminoacidi
22.2 La transaminazione degli aminoacidi. Le transaminasi
22.3 Deaminazione ossidativa
22.4 Destino dell’ammoniaca. Ciclo dell’urea
22.5 Destino degli aminoacidi: aminoacidi glucogenetici e chetogenetici
22.6 Catabolismo degli aminoacidi ramificati
22.7 Utilizzo energetico degli aminoacidi nell’attività fisica
Capitolo 23
Metabolismo di composti azotati e del ferro
23.1 Metabolismo dei nucleotidi: cenni su sintesi e degradazione dei nucleotidi
23.1.1 Sintesi de novo dei nucleotidi purinici
23.1.2 La via di recupero delle purine
23.1.3 La degradazione dei nucleotidi purinici, formazione dell’acido urico
23.1.4 La sintesi e la degradazione delle pirimidine
23.1.5 La sintesi dei deossiribonucleotidi
23.2 Metabolismo dell’eme: degradazione, formazione dei pigmenti biliari
23.3 Metabolismo del ferro
23.3.1
23.4
23.4.2
Capitolo 24
24.1.3 Sistema dei fosfati ad alta energia
24.3.1
24.4.1 Fibre a contrazione lenta, ossidative, di tipo I
24.4.2 Fibre a contrazione rapida, glicolitiche, di tipo II
24.5 Esercizio aerobico prolungato di lieve o media intensità
24.5.1
24.7.4
Capitolo 25
25.1.5
25.1.6
25.3
25.2.1
25.2.2
25.2.3
25.2.4
25.2.5
25.3.1
Obiettivi
Dopo aver richiamato le principali caratteristiche dell’atomo e delle particelle subatomiche, il lettore sarà in grado di:
• spiegare come si legano due atomi e conoscere le caratteristiche dei vari tipi di legame
• conoscere la differenza fra molecola polare e molecola elettricamente carica
• definire l’equilibrio di una reazione e la costante di equilibrio
• dare una definizione di acido e base, distinguere tra acidi e basi forti e deboli, conoscere il concetto di pH delle soluzioni
• descrivere la funzione e l’importanza di una soluzione tampone
• conoscere i concetti di ossidazione e riduzione
La materia può essere definita come qualunque cosa che occupi uno spazio e che abbia una massa. Tutta la materia è costituita da elementi chimici o da loro combinazioni. La chimica ha come scopo la comprensione delle proprietà degli elementi, della loro interazione e di come essi si combinano per formare composti che a loro volta possono modificarsi. Dato che il numero di composti noti è veramente vasto e cresce nel tempo, è stato necessario definire delle regole per classificarli e stabilire i nomi da usare; l’Unione Internazionale per la Chimica Pura ed Applicata (IUPAC) si occupa appunto di questo.
L’atomo è la porzione più piccola di un elemento che possieda le proprietà caratteristiche di quell'elemento e che possa esistere da solo oppure in combinazione con altri atomi dello stesso o di altri elementi. Ma come si è arrivati a provare l’esistenza di queste particelle all’interno della materia? I nostri sensi in effetti non ci danno alcuna percezione sull’esistenza degli atomi, anzi ci fanno sembrare la materia come qualcosa di continuo; solo all’inizio del XIX secolo venne elaborata una teoria atomica da John Dalton che in seguito fu largamente rivista, per cui anche se il concetto di atomo è antico (risale ai filosofi greci) la dimostrazione sperimentale dell’esistenza degli atomi è abbastanza recente.
Tabella 1.1 Le principali caratteristiche delle particelle subatomiche.
Massa (u)Massa (g) Carica relativa
Protone
Neutrone
Elettrone
1,00731,673 x 10–24 +1
1,00871,675 x 10–24 0
0,000559,11 x 10–28 –1
Unità di massa atomica (u) 1,00 1,661 x10–24
Struttura
Le particelle che costituiscono gli atomi sono il protone, il neutrone e l’elettrone. Il protone e il neutrone hanno approssimativamente la stessa massa; il protone è carico positivamente ma il neutrone non ha carica; queste due particelle si trovano in un volume piccolo e molto denso dell’atomo detto nucleo. Gli elettroni, invece, sono carichi negativamente, hanno una massa molto più piccola e si muovono nello spazio intorno al nucleo in zone dette orbitali. Il modo in cui gli elettroni si distribuiscono nello spazio determina le proprietà chimiche dell’atomo. Tutti gli atomi sono neutri in quanto contengono lo stesso numero di elettroni e protoni. Ad ogni atomo è associato un numero atomico (Z), che corrisponde al numero di protoni presenti nel nucleo, compreso tra 1 e 109
Isotopi
Nello stesso elemento gli atomi contengono ugual numero di elettroni e protoni ma possono differire per il numero dei neutroni. Il numero di massa (A) è la somma del numero dei protoni e dei neutroni. Gli isotopi hanno numero atomico uguale ma numero di massa diverso. Il numero di massa viene indicato in alto a sinistra rispetto al simbolo dell’elemento. L’idrogeno possiede tre isotopi tra cui 1H è quello più abbondante e contiene solo un elettrone e un protone; il deuterio 2H che ha un protone, un elettrone e un neutrone; infine il trizio 3H che è radioattivo. Il carbonio ha tre isotopi: il 12C, quello più abbondante in natura, contiene 6 protoni e 6 neutroni e viene preso come unità di riferimento di massa atomica; il 13C e il 14C (radioattivo).
La massa atomica relativa o peso atomico
Gli atomi hanno una massa troppo piccola per essere pesata, quindi è impossibile misurare la massa assoluta di un atomo, ma si può misurare la massa relativa di atomi differenti, cioè un valore che si basa su un altro preso come riferimento. Attraverso l’uso di uno spettrometro di massa si può determinare la massa relativa di atomi differenti e il valore standard che viene preso come riferimento è l’isotopo 12C. Per definizione la massa di un singolo atomo dell’isotopo 12C è esattamente pari a 12 unità di massa atomica (u.m.a.). Le masse atomiche sono tutte misure relative a 12C; infatti 1 u.m.a. è definita come 1/12 della massa di un atomo di 12C.
Un elemento, come viene definito dalla IUPAC, è materia costituita da atomi aventi tutti la stessa carica positiva sul nucleo (protoni), oppure, più semplicemente, un elemento è una sostanza composta da un solo tipo di atomo. I composti, invece, sono le specie chimiche formate da atomi diversi. Ogni elemento ha un simbolo che viene accettato a livello internazionale. Gli elementi furono organizzati in una tabella da D.I. Mendeléeff, il quale, studiando le proprietà chimiche osser vò che, se gli elementi erano ordinati per peso atomico crescente, esse si ripetevano in maniera periodica. Nella tabella di Mendeléeff gli elementi che hanno proprietà chimiche simili sono nella stessa colonna e le colonne vengono chiamate gruppi. Le righe orizzontali sono dette periodi.
2LiBeBCNOFNe 6.949.01 10.81112.0114.0016.0018.9920.18 1112 131415161718
3NaMg 3456789101112 AlSiPSClAr
22.9924.31 IIIBIVBVBVIBVIIBVIIIBVIIIBV
192021222324252627282930313233343536
4KCaScTiVCrMnFeCoNiCuZnGaGeAsSeBrKr 39.1040.0844.9647.8850.9452.0054.9455.8558.9358.6963.54665.3969.7272.6174.9278.9679.9083.80 373839404142434445464748495051525354
5RbSrYZrNbMoTcRuRhPdAgCdInSnSbTeIXe 85.4787.6288.9191.2292.906495.94(98)101.07102.91106.42107.87112.41114.82118.71121.75127.60126.90131.30 5556138.91727374757677787980818283848586
6CsBa*LaHfTaWReOsIrPtAuHgTlPbBiPoAtRn 132.91137.33138.91178.49180.95183.85186.21190.2192.22195.08196.97200.59204.38207.2208.98(209)(210)(222) 878889104105106107108109
7FrRaAcRfDbSgBhHsMt (223)(223)(227)(261)(262)(263)(264)(265)(268)
5859606162636465666768697071 LantanidiCePrNdPmSmEuGdTbDyHoErTmYbLu 140.12140.91144.24(145)150.36151.97157.25158.93162.50164.930167.26168.93173.04174.97 90919293949596979899100101102103 AttinidiThPaUNpPuAmCmBkCfEsFmMdNoLr 232231238237(244)(243)(247)(247)(251)(252)(257)(258)(259)(260)
In particolari condizioni gli atomi possono accettare o cedere uno o più elettroni. Un atomo di cloro può accettare un elettrone e un atomo di sodio può cederne uno; si forma così la molecola di cloruro di sodio (NaCl), il comune sale da cucina. Le specie che si formano in seguito ai trasferimenti di elettroni si chiamano ioni. Uno ione è una particella carica elettricamente perché ha perso (ione positivo) o acquistato elettroni (ione negativo).
Numero o stato di ossidazione
Il concetto di numero o stato di ossidazione (n.o.) di un atomo in una molecola è un artificio, diciamo che serve per scrivere la formula di un composto oppure per bilanciare una reazione in cui c’è un trasferimento di elettroni da una specie all’altra: queste reazioni sono le reazioni di ossidoriduzione che vedremo in seguito. Il numero di ossidazione di un atomo in un composto è la carica che avrebbe se gli elettroni fossero attribuiti all’atomo più elettronegativo. Per determinare il n.o. si seguono alcune regole: il n.o. di un elemento è 0, il n.o. dell’idrogeno è +1 eccetto che negli idruri metallici (ad esempio NaH), in cui ha –1. Il n.o. dell’ossigeno è –2; il n.o. di atomi come sodio (Na), che è uno dei metalli alcalini, è uguale a +1; il n.o. dei metalli alcalino-terrosi come il calcio (Ca) è +2. Infine la somma algebrica dei n.o. di tutti gli elementi in un composto è uguale a 0 se il composto è elettricamente neutro o equivale per valore numerico e per segno alla carica di uno ione.
Gli atomi possono esistere anche sotto forma di raggruppamenti atomici chiamati molecole; queste sono degli aggregati di atomi tenuti insieme da legami ed elettricamente neutre. Viene definita mole la quantità di sostanza in grammi pari al peso molecolare o al peso atomico; dalla tavola periodica (fig. 1.1) possiamo leggere direttamente la massa molare; ad esempio, la massa molare di 12C è 12 g. La costante di
Figura 1.1 Tavola periodica degli elementi.
Avogadro (NA) è il numero di molecole o di atomi o ioni contenuti in una mole di sostanza pura ed è uguale a 6,022 × 1023 particelle elementari.
Gli atomi si legano in maniera spontanea per formare le molecole in quanto l’energia contenuta in una molecola è minore di quella degli atomi isolati. Per potersi legare, due atomi devono essere sufficientemente vicini in modo che gli elettroni esterni possano interagire, in quanto sono questi a essere coinvolti direttamente nei legami. Gli atomi dei gruppi principali della tavola periodica (quelli che si trovano ai lati della tavola) si combinano in modo da raggiungere il numero di otto elettroni nel livello esterno e questa è la cosiddetta regola dell’ottetto. La formazione e la scissione dei legami coinvolge sempre una certa quantità di energia chimica. L’energia può essere distinta in energia potenziale (o energia di posizione) ed energia cinetica, energia di moto.
Le molecole possiedono entrambi i tipi, infatti gli atomi che le costituiscono, vibrando, si muovono uno rispetto all’altro e modificano la distanza reciproca. Quando si formano o si rompono i legami chimici durante una reazione chimica c’è una variazione di energia. La quantità di energia chimica è direttamente associata alla forza dei legami coinvolti; quando degli atomi si legano per formare una molecola, una certa quantità di energia viene rilasciata all’esterno per ottenere così un sistema a minor contenuto energetico e più stabile. Al contrario, quando un legame viene rotto, occorre avere disponibilità di energia perché questo è un processo endoergonico.
Un legame covalente tra due atomi implica la condivisione di una o più coppie di elettroni del livello esterno, detti elettroni di valenza. Se la coppia condivisa è una, il legame è semplice, se sono due o tre il legame è doppio o triplo; i legami doppi e tripli sono molto diffusi nei composti organici tra gli atomi di carbonio. Gli elettroni condivisi sono attratti dai rispettivi nuclei e a questa forza attrattiva si deve la formazione del legame. Differenti tipi di atomi hanno una diversa capacità di attirare gli elettroni e quindi in una molecola gli elettroni di legame saranno spostati su uno dei due atomi. La capacità di un atomo di attirare gli elettroni su di sé viene definita elettronegatività. Nella tavola periodica l’elettronegatività cresce in modo regolare da sinistra a destra lungo un periodo nella tavola degli elementi e decresce scendendo lungo un gruppo, quindi sono molto elettronegativi l’ossigeno, il cloro, l’azoto. La differenza di elettronegatività (∆e) tra due atomi ci fornisce un’indicazione sulla natura del legame che si formerà. Il legame che si stabilisce tra due atomi uguali con ∆e = 0 è un legame covalente puro o omeopolare; la molecola di ossigeno O2 è formata da due atomi che condividono due coppie di elettroni. Il legame è covalente polare se i due atomi sono diversi e la ∆e è minore di 1,9; ovviamente la densità elettronica di legame sarà spostata verso l’atomo più elettronegativo. I legami covalenti polari sono presenti nelle molecole di H2O, HCl, CO2 in cui una zona della molecola ha una parziale carica positiva (δ+) e l’altra una parziale carica negativa (δ–). L’energia dei legami covalenti è tra 200 e 500 kJ/mol.
Il legame ionico
Quando tra due atomi c’è una differenza di elettronegatività > 1,9 gli elettroni si trasferiscono dall’atomo meno elettronegativo a quello più elettronegativo, il quale diventa uno ione negativo; in questo caso sugli atomi c’è una carica netta anche se la molecola è complessivamente neutra. Un esempio è una molecola molto comune, il cloruro di sodio, NaCl, in cui il cloro è uno ione negativo e il sodio è positivo; ogni atomo di sodio si circonda di 6 atomi di cloro e viceversa, formando un reticolo cristallino. I composti ionici sono tenuti insieme dalla forza di attrazione tra gli ioni di carica opposta, cioè una forza elettrostatica.
ObIettIvI
Partendo dallo studio delle caratteristiche generali di questa classe di molecole biologiche, lo studente sarà in grado di:
• comprendere le funzioni svolte dai glucidi
• conoscere la struttura e la classificazione dei monosaccaridi
• conoscere la struttura dei vari tipi di polisaccaridi e in particolare del glicogeno
In tutte le cellule, sia animali che vegetali, è presente una classe di composti organici, detti glucidi o zuccheri, con formula bruta Cn(H2O)n, dove n è un numero intero uguale o maggiore di tre. Alcuni di essi contengono una quantità diversa di atomi di ossigeno rispetto a quella indicata in questa formula (desossizuccheri) e alcuni contengono anche azoto (aminozuccheri). Questi composti possono essere chiamati comunemente anche carboidrati, che significa “idrati del carbonio”, termine che descrive la struttura di questa categoria di molecole nella formula generale sopracitata.
Negli organismi viventi i glucidi rappresentano una classe di molecole estremamente versatili; la loro importanza è senza dubbio evidente in quanto il ciclo energetico nella biosfera si fonda sul contributo dei glucidi. Durante il processo della fotosintesi, gli organismi vegetali riducono la CO2 presente nell’atmosfera utilizzando l’energia solare e sintetizzano i carboidrati. Gli organismi animali utilizzano i composti organici presenti negli organismi vegetali e li utilizzano per ricavare energia. I carboidrati presenti nelle piante sono la fonte di carbonio e di energia per tutti gli organismi animali.
Dal punto di vista chimico i glucidi contengono una funzione aldeidica (CHO) oppure una chetonica (C=O) e ogni atomo di carbonio, eccetto quello carbonilico, è legato a gruppi ossidrilici (-OH). I glucidi sono quindi poliidrossialdeidi o poliidrossichetoni, oppure composti che li forniscono per idrolisi; sono solubili in acqua, hanno sapore dolce e sono comunemente detti zuccheri. I glucidi sono composti molto versatili per cui svolgono funzioni strutturali e protettive in vari tipi di organismi; alcuni si legano a proteine o lipidi e diventano molecole segnale; alcuni glucidi complessi associati a proteine costituiscono la parete batterica oppure sono costituenti dei tessuti connettivi.
Pur essendo coinvolti in molti fenomeni e avendo funzionalità diverse, i glucidi
figura 4.1
Il ciclo dell’energia nella biosfera. Nella fotosintesi le piante usano l’energia della luce solare per combinare il biossido di carbonio e l’acqua a dare carboidrati, liberando ossigeno nel processo. Nella respirazione, sia le piante sia gli animali ossidano i carboidrati prodotti dalle piante, rilasciando energia e liberando nuovamente CO2 e H2O.
Sole
Fotosintesi
C6H12O6
6O2 + 6CO2
6H2O +
Respirazione
rappresentano una fonte di energia notevole per il nostro organismo, per cui la funzione energetica è sicuramente più conosciuta rispetto alle altre. I glucidi possono essere classificati in base alla struttura in monosaccaridi, oligosaccaridi e polisaccaridi. I monosaccaridi sono costituiti da una singola unità di carboidrati, gli oligosaccaridi sono costituiti da qualche unità di carboidrati legate tra di loro, i polisaccaridi sono costituiti da molte unità di carboidrati legati (un numero >10).
In chimica è importante studiare il concetto di isomeria. Due molecole possono essere costituite dallo stesso numero e dallo stesso tipo di atomi ma questi sono legati in maniera diversa. Due molecole con queste caratteristiche costituiscono due isomeri Esistono vari tipi di isomeria e quello fondamentale in ambito biochimico è la stereoisomeria o isomeria ottica. Due isomeri ottici hanno la particolare proprietà di far ruotare il piano di una luce polarizzata che l’attraversa, una molecola la fa ruotare verso destra e una verso sinistra. Questi due isomeri sono uno l’immagine speculare dell’altro e due immagini speculari non sono tra loro sovrapponibili.
Questo concetto può essere compreso se si pensa alle immagini speculari formate dalle nostre mani. Possiamo sovrapporre le nostre mani solo se le congiungiamo, se guardiamo la mano sinistra allo specchio l’immagine che otteniamo non sarà mai sovrapponibile all’immagine originale. Due molecole sono isomeri ottici o enantiomeri se hanno un carbonio legato a quattro sostituenti diversi, detto carbonio asimmetrico o chirale (C*). Un enantiomero che ruota il piano della luce polarizzata in senso orario si dice che è destrogiro, indicato con il segno (+), mentre uno che la fa ruotare in senso antiorario è levogiro, indicato con il segno (–).
I monosaccaridi sono le unità di base che costituiscono i carboidrati più complessi e quindi non possono essere idrolizzati a formare glucidi più piccoli. Possono essere classificati in aldosi, se il gruppo carbonilico è un gruppo aldeidico, e chetosi se il gruppo carbonilico è un gruppo chetonico; inoltre possono essere raggruppati anche a seconda del numero degli atomi di carbonio contenuti nella molecola. Un aldoso avrà i gruppi ossidrilici legati a tutti gli atomi di carbonio tranne quello che ha il gruppo carbonilico. Un chetoso avrà un gruppo ossidrilico su ogni atomo di carbonio tranne quello legato al carbonio carbonilico. La gliceraldeide e il diidrossiacetone sono due zuccheri molto semplici a tre atomi di carbonio dai quali deriva la stereoisomeria di tutti i monosaccaridi. Se osserviamo la gliceraldeide, il C2 ha quattro sostituenti diversi ed è quindi un carbonio chirale. Questo monosaccaride è presente in due forme che fanno ruotare la luce polarizzata in modo opposto.
La forma che ha il gruppo –OH del carbonio chirale posizionato sulla destra viene indicata con il prefisso d, mentre la gliceraldeide, che ha il gruppo –OH posi-
zionato sulla sinistra, è indicato con l; esistono quindi la d-gliceraldeide e la l-gliceraldeide. In base quindi alla posizione del gruppo –OH rispetto al carbonio chirale possiamo denominare la forma d oppure la forma l della molecola. Nel caso in cui siano presenti più carboni chirali, ci si riferisce al gruppo –OH del carbonio più distante dalla funzione aldeidica o chetonica (ad esempio nel glucosio si farà riferimento al C5, vedi oltre).
Dalle forme d ed l della gliceraldeide deriva quindi la suddivisione in d e l dei monosaccaridi. La maggior parte dei monosaccaridi naturali sono però in forma d I due triosi gliceraldeide e il diidrossiacetone rivestono un’enorme importanza biochimica perché si formano in seguito alle trasformazioni cataboliche di molecole più complesse che avvengono nelle cellule e dalle quali si ricava una quantità considerevole di energia. Anche tra i monosaccaridi pentosi ce ne sono alcuni che svolgono un ruolo importante nel metabolismo e in campo fisiologico. Lo xilosio, ad esempio, è un costituente del muscolo cardiaco; il ribulosio si forma durante la via metabolica detta via dei pentoso fosfati, che produce il ribosio-5-fosfato. Il d-ribosio si trova nelle nostre cellule in molecole complesse come l’acido ribonucleico, RNA; è inoltre presente anche nel DNA come 2-deossi-d-ribosio, cioè manca un ossigeno sul C2 in quanto il gruppo –OH è stato ridotto; queste molecole trasferiscono l’informazione genetica e servono per la sintesi proteica. Tra gli esosi il glucosio è uno zucchero aldoso che si trova in grandi quantità in tutto il mondo vivente (formula bruta C6H12O6); la sua struttura fu determinata verso la fine del secolo scorso da Emil Fischer. Questo composto è utilizzato da tutte le cellule animali e in particolare è la fonte energetica preferita dal tessuto nervoso e dagli eritrociti, che sono privi dei mitocondri. La salute del nostro organismo dipende largamente dal mantenimento di una concentrazione relativamente costante di glucosio nel sangue ed è per questo che esiste una fine regolazione di tutte le vie metaboliche implicate nell’omeostasi del glucosio. I carboidrati ingeriti con la dieta, una volta assorbiti e degradati sono costituiti al 90% da glucosio. Gli altri monosaccaridi sono trasformati quasi tutti in glucosio all’interno delle cellule. Per capire l’importanza di questo monosaccaride basta pensare all’uso che se ne fa per via endovenosa quando si deve “somministrare” velocemente energia.
Il fruttosio è un chetoso, isomero del glucosio, che si trova come monosaccaride libero in grandi quantità nella frutta e nel miele. La fonte principale è il disaccaride saccarosio, che è il comune zucchero da tavola. Il fruttosio, a parità di peso, è molto più dolce del saccarosio per cui può essere usato come dolcificante. Dal punto di vista metabolico il fruttosio è la molecola in cui viene trasformato il glucosio durante le vie di trasformazione che portano alla produzione di energia. Alcuni monosaccaridi differiscono solo per la configurazione di un carbonio; per esempio, lo zucchero mannosio differisce dal glucosio per la configurazione del C2. Il mannosio non è quasi mai presente in natura nella forma libera ma è sempre inserito in molecole complesse; è presente in certe piante, batteri o funghi; nei batteri va a formare le glicoproteine di membrana usate durante le infezioni. Il mannosio viene rapidamente trasformato in glucosio e poi metabolizzato.
figura 4.2
Strutture chimiche della gliceraldeide e del diidrossiacetone.
figura 4.3
La serie dei d-aldosi. Nelle forme di proiezione riportate in figura sono mostrati i d-aldosi aventi da tre a sei atomi di carbonio. Appare evidente dalle strutture dei singoli glucidi che ciascuna serie deriva dalla precedente per aggiunta di un gruppo CHOH in posizione 2. Il nome di ciascun membro della famiglia è riportato sotto la relativa formula.
Il galattosio ha invece una diversa configurazione del C4, può essere sintetizzato a partire dal glucosio-1-fosfato. È prodotto in piccole quantità nel nostro organismo e da esso possono essere sintetizzate molecole anche complesse come glicolipidi, glicoproteine e alcuni fosfolipidi. Il galattosio è inoltre un costituente del lattosio, che è lo zucchero del latte e può essere utilizzato per produrre energia; per far questo è necessaria l’azione di un enzima che lo trasforma in glucosio. In una malattia genetica detta galattosemia, questo enzima è difettoso e il galattosio non può essere convertito in glucosio. I bambini affetti da questa malattia non possono assumere il latte perché il galattosio si accumula nel sangue e può arrecare danni al sistema nervoso; attualmente questo difetto genetico può essere diagnosticato nei neonati.
In soluzione acquosa la maggioranza dei monosaccaridi, e più precisamente quelli con cinque o più atomi di carbonio, è presente in forme diverse rispetto a quelle descritte finora, le quali sono in equilibrio tra loro; queste forme derivano da reazioni che avvengono tra due gruppi interni alla molecola. Il gruppo carbonilico reagisce
Obiettivi
L’obiettivo principale del capitolo è quello di consentire l’integrazione delle precedenti nozioni di bioenergetica, di biochimica funzionale e metabolica, riunendole in un quadro unico applicato all’esercizio fisico. Il lettore dovrà quindi essere in grado di:
• descrivere le principali caratteristiche biochimiche e metaboliche dei diversi tipi di cellule muscolari
• conoscere i processi bioenergetici responsabili della produzione di ATP durante i diversi tipi di esercizio
• comprendere i principali meccanismi alla base della regolazione del metabolismo nell’esercizio
• descrivere le principali integrazioni metaboliche tra diversi organi durante l’esercizio
NeLL’eSeRCiZiO
Abbiamo visto nel capitolo 16 che la contrazione muscolare richiede energia sotto forma di ATP. La richiesta energetica aumenta rapidamente durante l’attività fisica, portando a un rapido consumo di ATP, che deve essere rapidamente rigenerato attraverso processi aerobici (fosforilazione ossidativa) o anaerobici (trasferimento diretto di un gruppo fosfato ad alta energia alla molecola di ADP). Questi processi sono alla base dei tre meccanismi energetici (detti anche endoergonici) utilizzati dal muscolo durante l’esercizio: uno aerobico – il catabolismo ossidativo – e due anaerobici – la glicolisi anaerobica e il sistema dei fosfati ad alta energia. In linea di massima, tutti questi meccanismi energetici sono attivi e si sovrappongono durante un esercizio. Ciò che determina il prevalere, a volte quasi assoluto, di uno sull’altro è la durata dello sforzo e la sua intensità, cioè la quantità di ATP richiesta nell’unità di tempo (fig. 24.1). A basse intensità di esercizio, il catabolismo ossidativo può fornire ATP per un tempo praticamente illimitato purchè siano disponibili substrati da ossidare. Se l’intensità cresce, il muscolo ha bisogno di maggiori quantità di ATP e aumenta l’afflusso di sangue con un maggiore apporto di ossigeno e sostanze nutrienti. Se però l’intensità dell’esercizio è tale per cui la quantità di ATP formato nella fosforilazione ossidativa non è più sufficiente, allora si supera la cosiddetta soglia anaerobica e i meccanismi anaerobici diventano predominanti, in quanto sono in grado di generare grandi quantità di ATP in tempi brevi, anche se per un periodo limitato.
Figura 24.1
Fonti di energia metabolica per la contrazione muscolare. Per produrre ATP sono utilizzati meccanismi differenti in relazione all’intensità del lavoro muscolare. I processi anerobici (glicolisi anaerobica e sistema dei fosfati ad alta energia) sono usati nelle attività ad alta intensità. Il catabolismo ossidativo aerobico fornisce l’ATP per le attività a intensità media o bassa.
Momenti di attività intensa
Glicogeno muscolare
Attività leggera o riposo
Acidi grassi, glucosio, corpi chetonici dal sangue
Catabolismo ossidativo
Glicolisi anaerobica
Lattato
Processi anaerobici
Processi aerobici
24.1.1 Catabolismo ossidativo
Fosfati al alta energia
CO2 Creatina
Fosfocreatina
Momenti di attività intensa
In questo meccanismo aerobico gli elettroni derivati dai glucidi, dagli acidi grassi, dai corpi chetonici e dagli aminoacidi nel corso delle vie cataboliche esaminate nei capitoli precedenti sono trasportati alla catena respiratoria generando ATP nella fosforilazione ossidativa. I macronutrienti sono quindi degradati completamente a molecole semplici, come anidride carbonica, ammoniaca e acqua, permettendo di ottenere la massima resa energetica.
Normalmente il glucosio e gli acidi grassi sono i principali “combustibili”. Come regola generale possiamo dire che i lipidi sono preferiti a basse intensità, mentre il contributo dei carboidrati cresce a mano a mano che lo sforzo si fa più intenso (fig. 24.2). L’uso dei vari substrati energetici è comunque influenzato dall’intensità e dalla durata dell’esercizio, dal grado di allenamento, dallo stato nutrizionale e in genere dalla loro disponibilità.
Il catabolismo ossidativo è il meccanismo energetico fondamentale per le attività aerobiche, ma è importante anche per quegli esercizi finalizzati allo sviluppo della forza caratterizzati da numerose ripetizioni di un breve sforzo anaerobico, poiché durante le pause tra una ripetizione e l’altra permette di ottenere ATP necessario per ripristinare l’omeostasi cellulare e quindi continuare l’allenamento.
24.1.2 Glicolisi anaerobica
Questo meccanismo, che è stato esaminato in dettaglio nel capitolo 17, è estremamente importante per l’organismo, in quanto è l’unico processo in cui si ha una resa netta di ATP anche quando l’ossigeno è assente o comunque limitante. Nel muscolo è fondamentale per le attività ad alta intensità, che vedono impegnate principalmente le fibre rapide di tipo II. Viene utilizzato in larga misura il glicogeno immagazzinato nelle cellule e questo conferisce un vantaggio energetico durante l’esercizio. Infatti la glicolisi anaerobica permette la formazione di 3 ATP partendo dal glicogeno, contro i 2 che si ottengono partendo dal glucosio prelevato dal sangue.
La glicolisi anaerobica è un meccanismo lattacido, in quanto porta alla formazione di lattato, che in queste condizioni è il prodotto finale del catabolismo glucidico nel muscolo.
24.1.3 Sistema dei fosfati ad alta energia
È rappresentato dall’ATP presente nel miocita e dalla fosfocreatina che permette di rigenerarlo rapidamente, inoltre si può comprendere in questo sistema anche la reazione della miocinasi, che porta alla rigenerazione di un ATP da due molecole di ADP. È definito anche sistema dei fosfageni ed è un processo anaerobico alattacido, in quanto non comporta la formazione di lattato. L’ATP normalmente presente nel miocita permette la contrazione solo per tempi nell’ordine di 1-2 secondi in quanto il suo contenuto è limitato (~5 mmoli/kg). L’ATP, infatti, è un potente modulatore allosterico di molte reazioni enzimatiche e pertanto non può essere accumulato perché questo porterebbe alla perdita della regolazione di numerosi processi, con gravi conseguenze per la cellula.
Nelle fibre muscolari è pertanto presente questo sistema di rigenerazione immediata, che è sempre funzionante e permette di mantenere costante il contenuto di ATP per brevi periodi di grande richiesta energetica. Il sistema dei fosfati ad alta energia è essenziale in tutti gli esercizi “esplosivi” ad alta intensità. Vista la loro importanza per il metabolismo muscolare, la fosfocreatina e la reazione della miocinasi saranno esaminate in maggiore dettaglio nei paragrafi seguenti.
Le cellule muscolari immagazzinano energia nel legame fosfato ad alto contenuto energetico della fosfocreatina, spesso indicata anche come creatina fosfato (vedi cap. 8). Nei momenti di richiesta energetica, la fosfocreatina cede il gruppo fosfato all’ADP, rigenerando ATP. Questo processo è reso possibile dall’enzima creatina cinasi (CK), che catalizza lo scambio reversibile di un gruppo fosfato tra ATP e creatina, come abbiamo visto nel paragrafo 8.8:
ADP + H+ + Fosfocreatina ↔ ATP + Creatina
Poiché la reazione è reversibile, procederà in un senso o nell’altro in funzione della concentrazione dei reagenti, in particolare dei nucleotidi adenilici ATP e ADP. Nel muscolo a riposo, l’ATP è continuamente prodotto mediante il catabolismo ossidativo ed è abbondante in quanto non vi è una massiccia richiesta di energia per la
Figura 24.2
Schema generale dell’utilizzo percentuale dei glucidi (glucosio plasmatico più glicogeno muscolare) e dei lipidi (acidi grassi liberi plasmatici più triacilgliceroli intramuscolari) come fonti energetiche in funzione dell’intensità dell’esercizio.
MOTORIE
A cura di
Antonio Di Giulio
Amelia Fiorilli
Claudio Stefanelli
Una caratteristica fondamentale dei corsi in Scienze motorie è l’estrema multidisciplinarietà, indispensabile per la formazione di una figura professionale in grado di affrontare le innumerevoli sfaccettature legate al mondo dell’attività fisica. La base della preparazione del laureato nelle discipline motorie rimane però l’approfondita conoscenza dei meccanismi alla base del movimento e del funzionamento dell’organismo impegnato nell’esercizio, da cui deriva un’importanza fondamentale della Biochimica, che descrive a livello molecolare la struttura, le proprietà e il funzionamento degli organismi viventi. Una buona conoscenza della Biochimica è indispensabile per comprendere al meglio le materie, a mano a mano sempre più applicative, che lo studente dovrà poi affrontare, come la Biologia applicata, l’Anatomia, la Fisiologia, la Nutrizione, la Teoria del movimento e la Metodologia dell’allenamento.
In base all’esperienza ultradecennale nell’insegnamento nei corsi di Scienze motorie, gli autori hanno ritenuto che per acquisire al meglio la materia, fosse utile un corso di Biochimica impostato in modo molto “tradizionale”, ma applicativo. Pertanto il testo tratta sostanzialmente di biochimica umana associando ai diversi argomenti i collegamenti con l’esercizio fisico. Dopo una prima parte che richiama i concetti basilari di Chimica (capp. 1-3), si passa allo studio delle molecole che costituiscono la materia vivente (capp. 4-7). Seguono quindi i fondamentali capitoli su Biofisica e Bioenergetica (capp. 8-10), dopodiché vengono analizzati alcuni aspetti di Biochimica funzionale con forti ricadute sull’esercizio (capp. 11-13). La parte centrale del volume, affronta lo studio del metabolismo preceduta da una parte introduttiva (capp. 14-16) nella quale si esaminano le caratteristiche metaboliche di alcuni organi e, in modo più approfondito, la biochimica della cellula muscolare. Nella sezione di Biochimica metabolica sono quindi esaminate le principali vie metaboliche con frequenti richiami all’esercizio (capp. 17-23). Infine, l’ultima sezione esamina specificatamente il metabolismo muscolare nell’esercizio e la Biochimica dell’allenamento (capp. 24 e 25).
DIGIULIO*BIOCHIMICA SC. MOTORIE(CEA Q
ISBN 978-88-08-18148-0