Moreno Bonda
Riccardo Senatore
Moreno Bonda
Riccardo Senatore
Tra CLIL e approccio cognitivo
STUDI E STRUMENTI PER L’ITALIANISTICA
STUDI E STRUMENTI PER L’ITALIANISTICA
UNIVERSITÀ DI VYTAUTAS MAGNO
Moreno Bonda
Riccardo Senatore
Tra CLIL e approccio cognitivo
Kaunas, 2024
Recensioni di Rūstis Kamuntavičius, professore associato presso l’Università di Vytautas Magno, Kaunas, Lituania; Novella di Nunzio, professore associato presso l’Università di Vilnius, Vilnius, Lituania.
Approvato dal Dipartimento di Lingue e letterature straniere e studi sulla traduzione dell’Università di Vytautas Magno il 12 dicembre 2023 (protocollo 2023-12-12 n. 8/2)
Approvato per la stampa dal Consiglio della Facoltà di Scienze Umane dell’Università di Vytautas Magno il 19 dicembre 2023 (protocollo 2023-12-19 n. 8/3)
Approvato per la stampa dal Consiglio della Facoltà di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Klaipėda il 20 dicembre 2023 (protocollo 2023-12-20 n. 45SHMF-05)
Se non indicato altrimenti, le cartine sono state generate con National Geographic Map Maker. Le immagini sono produzione originale degli autori o pubblicate con attribuzione Creative Commons CC BY 4.0. La casa editrice si è fatta parte diligente al fine di individuare eventuali aventi diritto in relazione ai materiali presenti nel testo, talvolta senza peraltro ottenere riscontro. Essa rimane comunque a disposizione per ogni evenienza.
Proprietà letteraria riservata
Stampa digitale ottobre 2024, Kaunas
Dati bibliografici registrati nel catalogo collettivo delle biblioteche di Lituania (LIBIS) ibiblioteka.lt
ISBN 978-609-467-616-1 (Online) https://doi.org/10.7220/9786094676161
© Moreno Bonda, 2024
© Riccardo Senatore, 2024
© Università di Vytautas Magno, 2024
Questo manuale è destinato (principalmente) a studenti stranieri che, oltre alla lingua italiana, vogliono conoscere anche la storia della regione in cui si è formata. Specificamente, il testo è scritto e pensato per gli studenti dell’ultimo anno del corso di Italianistica e lingue romanze organizzato dall’Università Vytautas Magno di Kaunas, in Lituania. Questo programma di laurea di primo livello prevede, oltre all’apprendimento della lingua e alla riflessione sulla cultura italiana, lo studio di almeno un’altra lingua romanza e mira alla formazione di traduttori e mediatori capaci di comprendere appieno i testi e le persone di entrambe le società per le quali faranno da tramite e, in senso più ampio, da interpreti. Ciò non è possibile senza una profonda comprensione della geografia dell’area mediterranea e senza conoscere la storia che ha definito tanto le lingue studiate, quanto le persone che utilizzano quelle lingue per esprimere il loro pensiero e, quindi, l’arte, la concezione politica, la fede ecc.
Per comprendere meglio ciò che intendiamo, invitiamo lo studente straniero a tradurre il breve testo proposto nell’esercizio 5 , nelle pagine per il seminario, al fondo di questo capitolo, ipotizzando si tratti di una richiesta ufficiale di traduzione per un piccolo dépliant pubblicitario. Per necessità grafiche si richiede un testo che non superi le 600 battute, spazi esclusi. Come ogni traduttore professionista, lo studente può fare uso di ogni strumento disponibile, inclusi supporti digitali, dizionari ecc. Prima di procedere con la lettura di questo paragrafo, si invitano gli studenti a confrontare le diverse traduzioni.
Una buona traduzione – una traduzione, cioè, in grado di far percepire ad uno straniero il testo (quasi) come lo comprenderebbe un madrelingua italiano –non può in questo caso essere sempre letterale. Già rustico potrebbe generare qualche dubbio se semplicemente collegato alla forma architettonica dell’edificio e non all’ambiente della campagna. Inoltre, se si vuole essere precisi, le vacanze
toscane non sono percepite da un italiano solo come “vacanze in Toscana”, ma anche come “vacanze che permettono di fare esperienza di ciò che comunemente si associa alla Toscana”, ovvero godere di paesaggi collinari dai quali emergono qua e là eleganti ville circondate da cipressi, beneficiare del clima mediterraneo, e degustare i celebri prodotti gastronomici e i vini di questa regione. Inoltre, il termine collina è per un italiano molto preciso: indica una zona non pianeggiante, ma sotto i 600 metri s.l.m. e quindi non in montagna. Il fatto che la Lituania sia quasi interamente pianeggiante ha condizionato anche la lingua, così, spesso, kalnas può essere impiegato sia per riferirsi ad una collina, sia per indicare una montagna. Un ulteriore ostacolo nella traduzione potrebbe essere costituito dalla resa dell’espressione macchia mediterranea – un realia legato allo specifico ecosistema e al clima tipico del Mediterraneo. Tradotto con maquis risulterebbe incomprensibile al lettore lituano, e quindi addirittura dannoso alla pubblicità su cui si sta lavorando. Lo stesso vale per transumanza Sono problemi di transizione da una cultura all’altra.
La competenza linguistica non basta: un bravo traduttore conosce geografia, storia, società. ecc.
Si consideri, per illustrare il concetto di problemi culturali nella traduzione l’espressione ‘le ultime due settimane dell’estate’. Se resa letteralmente con paskutinės dvi vasaros savaitės si commetterebbe un clamoroso errore: il calendario lituano è civile – le ultime due settimane di agosto sono anche le ultime due dell’estate; il calendario italiano, al contrario, è astronomico e pertanto l’estate inizia con il solstizio d’estate (il 21 giugno) e finisce con l’equinozio d’autunno (22 settembre). Se traduciamo letteralmente in lituano ‘le ultime due settimane dell’estate’, rischiamo di invogliare i turisti ad andare in Toscana ad agosto e a patire così un caldo torrido, oltre a privarli della possibilità di provare la maggior parte dei prodotti caseari che si trovano invece con il rientro del bestiame dagli alpeggi, attorno al 20 settembre appunto Non è, insomma, immaginabile che traduzione, interpretariato, mediazione culturale e qualsiasi altra attività che richieda relazioni transnazionali, possa essere svolta senza conoscere bene entrambe le società tra le quali si fa da tramite. La sola competenza linguistica non basta.
La lingua non è solo comunicazione; è anche un mezzo per rappresentare il mondo. ecc.
Tuttavia, bisogna riconoscere un ostacolo rilevante nella stesura di un testo a carattere didattico su un tema storico-culturale come quello che si propone questo manuale. Raccontare in italiano la storia del Mediterraneo ad un pubblico non madrelingua è un compito ambizioso e rischioso. La lingua non è solo grammatica e sintassi: le parole hanno significati che rispecchiano la cultura, la storia e anche i preconcetti della persona che le usa. Una storia del Mediterraneo scritta in italiano è “una descrizione del Mediterraneo visto dall’Italia” o dalla civiltà
“Occidentale” o, almeno, una narrazione europocentrica della vicenda umana nell’area geografica chiamata Mediterraneo. Sarà, insomma, una rappresentazione soggettiva, e questo modo di vedere “colonizzerà” tutta la storia. Ad esempio, non si è obiettivi se si racconta la storia del Mediterraneo secondo una periodizzazione europea e si usa un’etichetta come Medioevo in riferimento a tutta l’area. Il termine è stato coniato (inventato) per denominare un periodo oscuro e di decadenza “in mezzo” (medio) a due epoche (evo, pl. evi) “civili” – quella romana e il Rinascimento. Medioevo ha un’accezione semantica (significato) negativa perché in Gran Bretagna, Francia, Germania e nella Penisola Italica, tra V e XIV secolo dominavano caos e decadenza (o almeno questa è l’imprecisa visione più comunemente condivisa dagli storici europei dell’Ottocento). Nello stesso periodo, però, altre aree del Mediterraneo erano ricche, fiorenti (crescevano) ed erano molto “civilizzate”. Ad esempio, nel X secolo a Cordova, capitale del califfato omonimo, c’erano oltre quaranta ospedali e trecento bagni pubblici; era attiva una vivace comunità scientifica; si trovava una biblioteca con 400'000 libri; fioriva un’elegante architettura. Allo stesso modo, mentre nel Medioevo l’Europa Occidentale si frammentava in ducati e principati in cui si dava la caccia alle streghe, l’Impero Bizantino era guidato da una donna – Irene d’Atene, Basilissa dei Romei, cioè imperatrice d’Oriente – e a Fes, capitale del Maghreb al-Aqsa (che in parte coincide con l’attuale Marocco), la ricca araba musulmana Fatima al-Fihri (al-Qayrawan, 800 circa-Fes, 880) fondava l’università di Al Quaraouiyine, forse la più antica al mondo. Il Medioevo non fu un’epoca buia, ma il termine italiano che distingue il periodo ce lo fa pensare. Essere consapevoli di questa soggettività è un primo passo verso la decolonizzazione della storia, cioè, per noi europei, la capacità di abbandonare la prospettiva europocentrica. Eppure, scegliere una lingua per raccontare la storia significa preferire una prospettiva – un punto di osservazione specifico sia culturalmente sia geograficamente. È evidente, ad esempio, la prospettiva imposta quando si usa l’espressione italiana di origine latina Mar Mediterraneo. Se diciamo Mediterraneo pensiamo subito ad un “mare racchiuso tra le terre” (medi- indica appunto lo “stare in mezzo”) – ing. Mediterranean Sea, ted. Mittelmer, fr. Mer Méditerranée, ber. ilel Agrakal (cfr. gr. ant. Mesogeios con lo stesso significato di “mare in mezzo alle terre”; cfr. anche lat. Mare Internum – espressione usata da Sallustio nella Guerra giugurtina). Basta pronunciare questo nome per immaginare un mare come quello in cartina 1. È un mare con al centro l’Italia e Roma – simbolo della cristianità e del diritto – ma anche la Grecia, culla della civiltà occidentale e del pensiero teologico.
L’etichetta Medioevo è un’opinione italocentrica e cristiana sulla storia.
630 e.v. Isidoro di Siviglia usa il termine Mediterraneo come “mare tra Terrasanta e Roma”.
Inoltre, anche se le parole e i nomi non cambiano o cambiano di poco nella loro forma esterna, spesso il loro significato si trasforma molto rapidamente e già nel corso di alcuni secoli può passare attraverso sfumature semantiche molto diverse. ‘Iste est Mediterraneus’ – quando Isidoro, vescovo di Siviglia, usa per primo questo nome (c. 630 e.v.), non pensa, come farebbero un italiano o un greco, ad un mare circondato da terre come quello della cartina 1; il vescovo usa l’espressione specificamente per riferirsi al mare tra la Terrasanta e la terra dei cristiani, dominata da Roma. Per lui il Mediterraneo va dalla Penisola Italica all’attuale costa della Siria, del Libano, di Israele e della Palestina; tutto quel tratto di mare che oggi chiamiamo Mediterraneo Occidentale non era, per Isidoro di Siviglia, Mediterraneo. Inoltre, la parola italiana Mediterraneo costringe a immaginare un mare circondato da terre, come se tale caratteristica fosse esclusiva di questo mare: eppure tutti i mari sono circondati da terre e alcuni in maniera ben più evidente di quello Mediterraneo (si pensi al Mar Nero o al Mar Caspio).
In secondo luogo, questa percezione geografica – con Roma e Atene al centro – porta a interpretare in chiave classica o latino-cristiana la storia dell’intera regione mediterranea. Così la storia della costa settentrionale del continente africano è intesa come storia degli avversari di Roma, o storia dell’espansione dell’impero oppure, in altre epoche, come storia dei partner commerciali dei Greci, di colonie francesi o italiane.
Decolonizzare la storia significa cercare prospettive diverse rispetto alla nostra.
Decolonizzare la storia significa anche pensare che esistono altre prospettive, altri punti di vista e quindi altre parole per raccontare il passato: guardiamo, per curiosità, a questo mare dall’Anatolia. Da una prospettiva come quella nella cartina 2 – che pone il moderno Iraq al centro – non vediamo più un mare tra le terre, ma piuttosto una terra (parte della moderna Turchia, della Siria e dell’Iraq) tra tanti mari tutti chiusi tra le terre: il Mar Nero a nord; il Mar Rosso a sud; e il “Mare Bianco” ad ovest. “Mare Bianco” è infatti la traduzione del turco Ak Deniz, il Mediterraneo appunto. La nuova prospettiva produce un contesto nuovo e stimolante per la nostra percezione dell’area geografica: si nota infatti che tre mari su quattro sono definiti da colori – in senso antiorario, nero, bianco, rosso.
1.
il mare tra le terre . Rappresentazione della percezione che irradia dalla P enisola Italica e da quella Calcidica.
Jean Piaget: apprendere significa ripensare il nostro modo di vedere noi stessi e il mondo.
I colori usati per i nomi dei mari derivano da una tradizione altaica (poi slava e turca) che associa ai punti cardinali – Nord, Sud, Ovest, Est – rispettivamente i colori nero, rosso, bianco, blu. Cambia la prospettiva, cambiano alcuni nomi: “nero” è il mare settentrionale (il Mar Nero appunto, v. tur. Kara Deniz); “bianco” è il mare occidentale (il Mediterraneo, v. tur. Ak Deniz letteralmente “Mar Bianco”); il mare “rosso” è quello meridionale ecc. Ampliando ulteriormente la prospettiva si noterà che sistemi di riferimento simili si ritrovano nella definizione dei punti cardinali in Cina e presso vari popoli del Nord e Centro America. L’originalità del Mediterraneo svanisce (scompare) e anche solo cambiando prospettiva si vedono i vari “mari mediterranei” d’Europa e Asia Occidentale. A questo proposito, ancora nel Sedicesimo secolo José de Acosta scriveva che ‘nel Nuovo Mondo non si è ancora scoperto un Mediterraneo come ce ne sono in Europa e Asia.’ Questa nuova prospettiva non solo permette di comprendere il nome dato ai mari Rosso e Nero anche in lingua italiana, ma può anche aiutare il lettore lituano a soddisfare uno dei compiti più importanti nel processo di apprendimento, così come lo ha definito Jean Piaget: l’apprendimento, oltre a correggere idee preconcette, dovrebbe anche permettere di riformulare la nostra percezione del mondo e riconsiderare l’individuo in questo nuovo contesto.
Ad esempio, in riferimento ai colori assegnati ai punti cardinali in varie culture, si nota che atlanti geografici e storici indicano una “Russia Bianca” (la Bielorussia), una “Russia Rossa” (la Rutenia e l’Ucraina o, in latino, Russia Rubra) e una “Russia Nera” (la Moscovia). Si potrà allora forse ipotizzare che il Mar Baltico (letteralmente “Mare Bianco”, cfr. lit. baltas “bianco”) e i Balti (“Bianchi”) abbiano ricevuto questa denominazione per la loro posizione ad ovest di chi ha dato loro questo nome, per la stessa ragione per cui i turchi chiamano Bianco il Mar Mediterraneo (cartina 2)
L’approccio cognitivo alla storia non distingue Stati; studia fenomeni transnazionali.
Accettare questo approccio cognitivo è problematico perché non si possono distinguere popoli e culture: l’umanità è considerata come cultura unica dove tante civiltà e nazioni “diverse” pensano e rappresentano il mondo nella stessa maniera. Nonostante questo problema di perdita d’identità, l’approccio cognitivo permette di comprendere fenomeni indecifrabili se non messi in relazione tra loro in modo comparativo. Perciò in questo manuale la storia non è intesa in senso politico come storia di Stati; questi sono partizioni arbitrarie (soggettive e non razionali). Si preferisce invece studiare il linguaggio come strumento per rappresentare la storia. Questa è allora intesa come narrativa, non successione di eventi.
Cartina 2. Mediterraneo, il M are B ianco O ccidentale . Centrando la prospettiva su Turchia O rientale, Iraq e Siria si ha l’impressione di una terra circondata da mari, i quali sono indicati per mezzo di colori: il Mar Nero a nord, l’ O ceano Indiano (Mare Rosso) ovvero Mare Rubrum o Erythra Thalassa a sud, l’ Ak Deniz –il “Mare Bianco”, in turco, ad ovest.
La regione del Mediterraneo non è l’insieme degli Stati che si affacciano su questo mare.
Un’altra difficoltà che si incontra quando si tenta di scrivere una storia del Mediterraneo è quella di cadere nella tentazione di definire l’area di studio come “gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo”. È però pericoloso trattare di storia secondo una suddivisione politica: la storia dell’Italia, la storia greca, quella del Marocco ecc. I popoli del Mediterraneo sono sempre stati in contatto tra loro o, più precisamente, si sono sempre “mescolati” creando una koinè, cioè un “mix” di popoli e di culture. Questa koinè è il popolo del Mediterraneo, luogo dove culture e lingue si contaminano continuamente formando una cultura mediterranea. Parliamo di una cultura comune che ha tratti pressoché identici sulle coste della Penisola Italica, su quelle dell’Occitania, della Provenza, della Costa Azzurra e delle coste del Maghreb a nord dei monti dell’Atlante. Al contrario, non condividono questa cultura le aree dell’entroterra francese, di gran parte della Pianura Padana e della regione a sud della catena montuosa dell’Atlante. Insomma, non tutta l’Italia è “mediterranea” così come “mediterranea” è solo una parte della Francia o una (piccola) parte del Marocco o della Tunisia. Ancora più evidente è l’arbitrarietà della suddivisione politica della storia se si guarda alla carta politica delle aree meridionale ed orientale del Mediterraneo: le linee rette che dividono Libia ed Egitto o Siria e Iraq nulla hanno a che vedere con divisioni etniche, linguistiche o culturali (cartina 3). Le suddivisioni politiche sono arbitrarie partizioni di una sola civiltà che è quella del Mediterraneo: la koinè mediterranea.
I nomi del Mediterraneo. Tanti nomi, altrettante prospettive per studiarne la storia.
Per esemplificare il concetto di koinè (termine greco utilizzato solitamente per definire la lingua comune greca antica parlata dai diversi popoli Greci che usavano idiomi non sempre comprensibili a tutti), si può notare come l’arabo moderno nomini il Mediterraneo albahr al-abyad al-mutawassit cioè “Mare Bianco di Mezzo” – un esempio di ibrido arabo-turco-latino dove il Bianco deriva dal sistema di punti cardinali di origine turco-altaica, il Mezzo è eredità della visione romano-cristiana e il tutto è espresso attraverso la lingua araba.
I nomi del Mediterraneo, e quindi le prospettive di studio, sono innumerevoli. Infatti il Mediterraneo è stato identificato con il Mare Occidentale nell’ebraico del Deuteronomio; negli antichi testi siriani e fenici è più frequente la denominazione Mare Grande (tale è, infatti, rispetto al Mar Rosso e altri mari minori dell’Asia Occidentale).
Cartina 3. Ceci n’est pas la Méditerranée . La suddivisione politica della regione del Mediterraneo non è di particolare importanza per la storia sociale e culturale dei popoli che vi abitano. Tuttavia, lo studente si assicuri di conoscere i nomi (in italiano) di tutti gli S tati che si affacciano su questo mare , scrivendoli in questa cartina politica muta . Si scrivano anche i nomi delle maggiori città .
Quest’ultima denominazione è comunque attestata ancora in tempi relativamente recenti, ad esempio nell’Inglese Medio dei Canterbury Tales (XIV sec.).
Per riferirsi al Mediterraneo, oltre alle denominazioni geografiche, sono state adottate etichette “politiche” o “etniche”. Significativo, in questa prospettiva, è il nome Mare Nostrum usato dai Romani con riferimento al Mar Tirreno prima, e poi, dopo la conquista della Penisola Iberica e dell’Egitto (c. 30 p.e.v.), all’intero Mediterraneo. All’opposto, nella letteratura araba antica Bahr al-Rūm indicava letteralmente “il mare dei romani”. Allo stesso modo, ma da prospettiva antropologica, i Cartaginesi si riferivano al mediterraneo come al Mare Siriaco, mentre per gli Israeliti esso era il Mare dei Filistei. Alla serie di esempi citati si può aggiungere una prospettiva “in negativo”: per liberarsi dalla visione europocentrica bisogna sapere che alcune nazioni e civiltà che noi consideriamo, almeno in parte, mediterranee non lo erano secondo il loro punto di vista. Così era probabilmente per l’antica civiltà egizia preellenica (III millennio p.e.v.-332 p.e.v.) che si considerava “figlia del Nilo” e, di conseguenza, individuava nel delta del fiume il confine settentrionale del paese. Il confine nord dell’Egitto antico si chiamava come la divinità Wadj-wer “Grande Verde”, ed era descritto in alcuni testi come terra del limite settentrionale: l’Egitto finiva con il delta del Nilo e non nel Mediterraneo. Come si può allora decolonizzare la storia se scriviamo e pensiamo in italiano? Quale prospettiva si può adottare per studiare la “Storia del Mediterraneo”? La domanda è importante anche perché sono sempre più le università che offrono corsi sul Mediterraneo. Tanto in passato quanto in tempi recenti, in quest’area si sono sviluppati fenomeni e si sono verificati eventi che hanno cambiato l’Europa, l’Africa e, in parte, il resto del mondo: la formazione di civiltà; le migrazioni antiche e quelle moderne dei rifugiati di guerra; le rivoluzioni culturali e gli interventi militari; le rivoluzioni agricole e urbanistiche ecc. Di conseguenza, quest’area si studia nei programmi di Scienze Politiche in termini di eventi, vicende culturali ed economiche di singoli Stati. Per gli archeologi il Mediterraneo è identificato di volta in volta con le civiltà greca, fenicia, romana. Gli storici del secolo scorso tendevano a trattare di Mediterraneo come di un’estensione della storia dell’Europa e del suo confronto con altre civiltà.
Tutti questi approcci offrono però solo frammenti di una storia: sono tante storie discontinue perché si occupano di fatti (sono storie evenemenziali). Tale è The Mediterranean in History dell’inglese David Abulafia pubblicato nel 2011 di cui, comunque, si consiglia la lettura a studenti stranieri.
Esistono però prospettive diverse per studiare la storia del Mediterraneo in modo unitario. In primo luogo, si possono studiare fenomeni di lunga durata piuttosto che eventi; in secondo luogo, si può definire la storia in senso non politico e indagare la relazione tra eventi politici o militari, clima, geografia, sviluppo della società, economia, agricoltura ecc. È proprio questo l’approccio della École des Annales rappresentata da storici come Lucien Febvre, Marc Bloch e soprattutto Fernand Braudel, l’autore di La Méditerranée et le Monde Méditerranéen à l’Epoque de Philippe II, pubblicato la prima volta nel 1949. Nei due volumi di Braudel non si studiano eventi o fatti, ma tendenze di lungo periodo, ovvero fenomeni che durano nel tempo e cambiano con ritmi secolari oppure si ripetono ciclicamente, e che influenzano a distanza di millenni le trasformazioni del Mediterraneo e di chi lo abita.
La scuola delle Annales: fenomeni di lungo periodo, non storia evenemenziale.
Per esemplificare, le migrazioni di popoli possono essere considerate un fenomeno comune di lungo periodo e raggio medio-lungo che da millenni caratterizza la storia del Mediterraneo, dalle migrazioni dell’Homo Erectus e del Sapiens a quelle, forse mitiche, di Enea e Ulisse, fino alle odissee dei profughi di guerra e delle vittime della tratta degli schiavi in ogni epoca, certamente includendo l’attuale “crisi dei migranti”.
L’impostazione indicata da Braudel è più adatta anche agli obiettivi di questo libro di testo: è anti-cronologica e non analitica, usa termini il più possibile neutrali e un approccio globale alla storia. In questa prospettiva elementi fondamentali per la storia sono la morfologia del territorio, il clima, le risorse agrarie e naturali. L’azione dell’uomo è sia dipendente da queste risorse, sia uno dei fattori che le trasforma. In questa prospettiva anche Stati e civiltà sono considerati nel lungo periodo come fattori che influenzano e sono influenzati da altri. Il rapporto tra l’attività umana e l’ambiente è biunivoco: uno dipende dall’altro. In conclusione, segnaliamo che questo manuale è pensato anche per favorire l’approccio CLIL (Content and Language Integrated Learning) durante le lezioni di storia. Espressioni, temi e problemi sono selezionati anche alla luce del fine secondario di contribuire allo sviluppo delle competenze linguistiche. A tale scopo, si proporranno nelle prossime unità esercizi linguistici e di scrittura simili a quelli che chiudono questa premessa. Per maggiori dettagli sull’approccio didattico scelto si veda Bonda, Moreno ‘Insegnare italiano attraverso la storia. l’approccio CLIL e il peso di conoscenze pregresse e curriculum di studio nella definizione del rapporto tra contenuto e lingua’, Bergen Language and Linguistics Studies, 10(1) 2019, 45-59.
La storia è decisa da morfologia del territorio, clima, risorse naturali ecc.
SEMINARIO. COMPRENDERE, DEFINIRE E ILLUSTRARE TERMINI
E CONCETTI CHIAVE
ESERCIZIO 1. SCEGLI LA RISPOSTA CORRETTA.
Decolonizzare la storia significa
Far conoscere e studiare la storia delle colonie degli Stati europei per capire i problemi causati ai popoli sottomessi, ad esempio in Africa.
Cercare di studiare la storia da prospettive che non pongono al centro “noi” o la “nostra cultura”, evitando, ad esempio, espressioni come “La Scoperta dell’America”
Comprendere che la storia di certi territori che noi europei chiamiamo colonie è in realtà la stessa storia dei Paesi dell’Europa perché tutti sono parte di una stessa civiltà.
ESERCIZIO 2. LEGGI LE DUE DEFINIZIONI DATE, POI USA IL LESSICO DI QUESTO
ESERCIZIO E DEL PRECEDENTE COME MODELLO PER DEFINIRE GLI ALTRI CONCETTI
CHIAVEPRESENTATINELLA PREMESSA
a. Si definisce macchia mediterranea un ecosistema tipico delle coste che circondano il Mediterraneo. È un ecosistema che si sviluppa dove c’è un clima mediterraneo con piogge in autunno e in primavera, inverni miti ed estati brevi e secche. La macchia mediterranea è costituita da cespugli e arbusti che sostituiscono il leccio, albero tipico dei boschi antichi di queste aree.
b. Con il termine koinè in linguistica si intende una lingua comune o con caratteri uniformi parlata in un vasto territorio, in contrasto con i dialetti locali. Ad esempio, si parla di koinè riferendosi alla lingua greca comune usata dal IV sec. p.e.v. nei territori conquistati da Alessandro il Macedone.
c. .................................................. fenomeno di lunga durata ............................................... ..............................................................................................................................................
d. .................................................. koinè mediterranea ........................................................ ..............................................................................................................................................
e. .................................................. storia evenemenziale ....................................................... .............................................................................................................................................. ..............................................................................................................................................
ESERCIZIO 3 RILEGGI LA PREMESSA E INDIVIDUA LE ESPRESSIONI UTILI PER INTRODURRE E PRESENTARE ESEMPI AL FINE DI CHIARIRE CONCETTI E ARGOMENTAZIONI. DAI POI ESEMPI PER CHIARIRE I CONCETTI ELENCATI SOTTO. INTRODUCI OPPORTUNAMENTE GLIESEMPI.
a Il concetto di “problemi culturali nella traduzione”
b. Il termine Medioevo esprime una visione cristiana e italocentrica della storia…
c. I nomi del Mediterraneo, e quindi le prospettive di studio, sono innumerevoli… ...................................................................................................................
d. I fenomeni di lungo periodo…
ESERCIZIO 4. DAL MEDIOEVO AL MEDITERRANEO. MEDI(O)- O MESO-? SCRIVI IL PREFISSO GIUSTO E POI VERIFICA SE GLI STESSI TERMINI SI USANO ANCHE NELLA TUA LINGUAMADRECOMEPRESTITIADATTATI, NONADATTATI, OCALCHI FAIATTENZIONE ALLE ESPRESSIONI USATEPERDEFINIRECERTITERMINI
a. Il mare posto tra i continenti europeo, africano ed asiatico in italiano si chiama ………terraneo.
b Le antiche civiltà dell’America Centrale sono dette ………americane.
c. Spesso si parla della ………potamia, la terra tra i fiumi Tigri ed Eufrate, come “culla della civiltà”.
d. Il periodo intermedio dell’Età della Pietra, tra Paleolitico e Neolitico è detto ………litico.
e. Con ………evo nei manuali per le scuole italiane ci si riferisce al periodo storico tra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la Scoperta dell’America.
f. Il termine ………zoico indica l’era geologica successiva al Paleozoico e che ha preceduto quella in cui viviamo adesso, il Cenozoico.
Moreno Bonda, Riccardo Senatore Manuale di storia della regione del Mediterraneo
Tra CLIL e approccio cognitivo
Progetto grafico di Rasa Švobaitė
Numero d'ordine K24-033
Stampa digitale realizzata nel mese di ottobre 2024
presso Vytautas Magnus University
K. Donelaičio g. 58, LT-44248, Kaunas, Lituania www.vdu.lt | leidyba@vdu.lt
Immagine di copertina: figurina cicladica (riproduzione). Marmo, terzo millennio p.e.v.
1. Storia della regione del Mediterraneo. Tra CLIL e approccio cognitivo
2. Perelà uomo di fumo. Lettura graduata B1 Con traduzione lituana
4 Italų kalbos ir kultūros vadovėlis 1 [Manuale di lingua e cultura italiana 1 per classi monolingue lituane]
3. L’italiano dei giovani per i giovani. Glottodidattica dell’italiano LS